capitolo L’interazione elettrostatica sommario 16 16.1 Densità di carica 16.2 Esperimenti elementari di elettrostatica 16.2.1 Come si misura la carica elettrica: l’elettroscopio 16.3 La legge di Coulomb nel vuoto 16.3.1 Il principio di sovrapposizione 16.4 Il campo elettrico 16.4.1 Linee di forza e direzione del campo elettrico 16.5 Il dipolo elettrico 16.6 Esercizi 625 Capitolo 16 • L’interazione elettrostatica 626 − ++ − Figura 16.1 Atomo di Rutherford: il nucleo centrale è formato da protoni (con carica positiva) e neutroni (neutri); gli elettroni hanno carica negativa e ruotano intorno al nucleo. L’interazione elettromagnetica è, insieme alle interazioni gravitazionale, nucleare forte e nucleare debole, una delle quattro interazioni fondamentali. Nello studio della meccanica abbiamo visto che l’interazione gravitazionale si manifesta tramite una forza attrattiva che si esercita tra corpi che possiedono una particolare proprietà, detta “massa gravitazionale”. L’interazione elettromagnetica si manifesta tramite la forza elettromagnetica che agisce tra corpi che possiedono una proprietà detta carica elettrica. Questa può essere di due tipi differenti, che per convenzione si indicano con gli aggettivi positivo e negativo. Gli esperimenti mostrano che cariche di tipo diverso si attraggono, mentre cariche dello stesso tipo si respingono. Quindi la forza elettromagnetica può essere sia attrattiva che repulsiva, a differenza della forza gravitazionale che è solo attrattiva. La materia è formata in larga parte da particelle dotate di carica elettrica; infatti i suoi costituenti fondamentali, gli atomi, contengono al loro interno due tipi di particelle cariche, i protoni e gli elettroni, che hanno carica uguale in modulo, ma di tipo diverso. Per convenzione si assume che la carica del protone sia positiva e quella dell’elettrone sia negativa. Nel modello planetario proposto da E. Rutherford e illustrato nella figura 16.1, l’atomo è composto da un nucleo centrale, costituito da protoni e neutroni,1 attorno al quale orbitano gli elettroni; la forza che tiene legati gli elettroni al nucleo è dovuta all’interazione elettromagnetica tra protoni ed elettroni. I neutroni non sono dotati di carica, sono cioè neutri. Lo studio dell’interazione elettromagnetica nel caso generale in cui le cariche sono in moto è alquanto complesso e sarà affrontato in parte nei capitoli successivi. In questo capitolo studieremo l’interazione elettrostatica, ovvero la forza che si esercita tra cariche elettriche in quiete. Dalla scoperta dell’elettrone, avvenuta nel 1896 ad opera di J.J. Thomson, e da esperimenti successivi è emerso un fatto importante: la carica elettrica è quantizzata, cioè può assumere solo valori pari a multipli interi dell’unità di carica elementare e, il cui valore è: e = 1, 60206 · 10−19 C , (16.1) dove il simbolo C indica il coulomb, che è l’unità di misura della carica elettrica (si veda il prossimo box giallo). La carica dell’elettrone è pari a −e mentre quella del protone è uguale a +e. Gli esperimenti mostrano che le due cariche sono esattamente uguali in modulo, ma non vi è ancora ad oggi una spiegazione teorica del motivo di questa uguaglianza. Il protone ed il neutrone non sono particelle elementari, vale a dire indivisibili, come lo è l’elettrone; essi infatti sono formati da particelle elementari dette quark, che hanno cariche pari a frazioni di e: 23 e nel caso dei quark di tipo up e − 13 e nel caso dei quark di 1 Rutherford elaborò questo modello nella seconda decade del 1900; il neutrone fu scoperto successivamente da Chadwick nel 1932. 627 tipo down. Questo non viola l’affermazione precedente che le cariche sono multipli interi di e, perché i quark non possono esistere individualmente come particelle libere, come l’elettrone o il protone. Quindi in natura non si trovano mai valori frazionari della carica e. I vari risultati sperimentali che hanno condotto alla formulazione generale delle leggi dell’elettromagnetismo indicano che vale il principio di conservazione della carica elettrica: in qualunque processo fisico la somma algebrica delle cariche elettriche coinvolte non può mai variare, cioè la carica non può essere né creata, né distrutta. Questo principio si verifica per esempio nelle reazioni chimiche: quando un atomo cede elettroni ad un altro atomo e forma una molecola, la carica complessiva si conserva. È stato anche ampiamente verificato negli esperimenti di fisica delle particelle elementari dove si possono creare nuovi tipi di particelle. Questi processi avvengono sempre rispettando rigorosamente tale principio; per esempio se si creano due particelle cariche esse devono avere necessariamente carica +q e −q. Dimensioni e unità di misura della carica elettrica L’unità di misura della carica elettrica è il coulomb, il cui simbolo è C, in onore di Charles Augustin de Coulomb che ricavò la legge che porta il suo nome e che studieremo nel paragrafo 16.3. La carica elettrica è una grandezza derivata ed è definita a partire dalla corrente elettrica i, che definiremo nel capitolo 20, che è invece una grandezza fondamentale del Sistema Internazionale: la carica unitaria è quella che attraversa in un secondo la sezione di un filo conduttore percorso dalla corrente unitaria. Quindi le dimensioni della carica elettrica sono quelle di una corrente per un tempo: [q] = it . Come vedremo più avanti in questo volume, l’unità di misura della corrente è l’ampere il cui simbolo è A; quindi il coulomb è definito come il valore della carica che passa in un secondo attraverso la sezione di un filo conduttore percorso dalla corrente di un ampere: C=A·s. Il coulomb è un’unità di misura molto grande, quindi si utilizzano spesso dei suoi sottomultipli: mC = 10−3 C, μC = 10−6 C, nC = 10−9 C, pC = 10−12 C. La carica elettrica è quantizzata e l’unità di misura elementare della carica vale: e = 1.60206 · 10−19 C ; la carica dell’elettrone è −e mentre quella del protone è +e. Un coulomb corrisponde a 6.25 · 1018 unità elementari di carica. 628 Capitolo 16 • L’interazione elettrostatica 16.1 Densità di carica Se la carica elettrica è concentrata in una regione di spazio molto piccola, al limite infinitesima, diciamo che la carica è puntiforme; se invece essa occupa una regione estesa, dobbiamo definire una nuova grandezza fisica, la densità di carica, che descrive come la carica è distribuita nello spazio. Consideriamo un elemento di volume d V ed indichiamo con dq la carica in esso contenuta. La densità di carica (di volume) ρ è così definita: dq . (16.2) ρ= dV Si noti che questa espressione è analoga a quella della densità di massa, che è definita come il rapporto dm/d V , dove dm è la massa contenuta nel volume d V . Se la carica è distribuita su una superficie, come avviene per esempio nei conduttori in equilibrio elettrostatico, è utile definire la densità di carica superficiale σ . Se d S è un elemento della superficie e dq la carica che esso contiene, la densità di carica superficiale è σ = dq . dS (16.3) Analogamente, se la carica è distribuita su un filo, definiamo la densità di carica lineare λ, dq , (16.4) λ= dl dove dl è la lunghezza di un tratto infinitesimo di filo e dq la carica che esso contiene. Le densità λ, σ e ρ possono variare da punto a punto, oppure assumere lo stesso valore in ogni punto. In quest’ultimo caso la distribuzione di carica si dice uniforme. Dimensioni e unità di misura della densità di carica elettrica Le densità di carica lineare, superficiale e di volume hanno rispettivamente le seguenti dimensioni: [λ] = [q] , [l] [σ ] = [q] , [l 2 ] [ρ] = [q] ; [l 3 ] dato che la carica ha dimensioni di una corrente per un tempo [q] = it, si ha [λ] = itl −1 , [σ ] = itl −2 , [ρ] = itl −3 . Le unità di misura delle densità di carica lineare, superficiale e di volume sono rispettivamente C/m, C/m2 , C/m3 . 16.2 • Esperimenti elementari di elettrostatica 629 16.2 Esperimenti elementari di elettrostatica La comprensione della natura dei fenomeni elettrici e delle leggi che li regolano si è evoluta nel tempo attraverso lo studio sistematico delle forze che si esercitano tra oggetti fatti di materiali diversi, opportunamente strofinati con un panno, in modo tale da far loro acquistare una carica netta (elettrizzazione). Illustreremo ora alcuni semplici esperimenti che ci aiuteranno a capire come agisce la forza elettrostatica. Prendiamo due bacchette di materiale diverso, una di vetro e l’altra di plastica (originariamente in luogo della plastica si utilizzava l’ambra2 ) e sospendiamole tramite dei fili di seta come illustrato nella figura 16.2. Come vedremo nel capitolo 19, la seta, la plastica, il vetro, etc. sono materiali isolanti, vale a dire tali che le cariche elettriche (in particolare gli elettroni) non sono libere di muoversi al loro interno. Strofiniamo ora la bacchetta di vetro con un panno di lana e la bacchetta di plastica con un panno di pelle e lasciamole libere di muoversi: noteremo che esse si attraggono come illustrato nella figura 16.3 a). Se sospendiamo due bacchette di vetro [figura 16.3 b)] o due bacchette di plastica [figura 16.3 c)] e le strofiniamo entrambe con lo stesso panno, vedremo che le due bacchette si respingono. Il motivo di questo comportamento è che strofinando la bacchetta con il panno forniamo dell’energia che consente a una piccola quantità di carica di migrare da un corpo all’altro. Quando strofiniamo la bacchetta di vetro con il panno di lana, delle cariche negative si trasferiscono dal vetro al panno e la bacchetta rimane carica positivamente; se invece strofiniamo la bacchetta di plastica con della pelle, una piccola carica negativa passa dalla pelle alla plastica che si carica negativamente. Quindi l’esperimento mostra che due bacchette cariche di segno opposto si attraggono, mentre se sono cariche dello stesso segno si respingono. Questo è vero in generale: tra cariche di segno opposto agisce una forza attrattiva, tra cariche dello stesso segno agisce una forza repulsiva. L’esperimento appena descritto mostra la presenza di forze elettrostatiche tra oggetti elettrizzati per strofinio; tuttavia è possibile avere forze elettriche anche senza strofinare un corpo. Se per esempio sospendiamo una pallina di metallo tramite un filo isolante ed avviciniamo una bacchetta di plastica elettrizzata negativamente per strofinio come illustrato nella figura 16.4 a), si osserva che la bacchetta attrae la pallina anche se essa è scarica. Questo avviene perché i metalli sono materiali conduttori, vale a dire gli elettroni possono muoversi liberamente al loro interno, come studieremo nel capitolo 19; quando la bacchetta carica negativamente viene avvicinata alla pallina di metallo, gli elettroni su di essa tendono ad allontanarsi dalla regione che è più vicina alla bacchetta, lasciando da quella parte un eccesso di ca- 2 L’ambra è una resina fossile che nell’antico Egitto e in Grecia veniva utilizzata per fare gioielli o oggetti ornamentali. plastica vetro Figura 16.2 Le bacchette di vetro e di plastica sono sospese tramite dei fili isolanti. a) − − − ++ + plastica vetro b) ++ + ++ + vetro vetro c) − − − − − − plastica plastica Figura 16.3 Le bacchette di vetro e di plastica cariche si attraggono, mentre bacchette uguali si respingono. a) − − − plastica +− +− metallo b) − − − c) − − − −− −− Figura 16.4 Una bacchetta carica è in grado di attirare una pallina di metallo [fig. a)]. Una volta che la bacchetta tocca il metallo [fig. b)], la bacchetta e la pallina si respingono [fig. c)]. 630 Capitolo 16 • L’interazione elettrostatica rica positiva. Questo fenomeno si chiama induzione elettrostatica; il risultato è che si genera una forza di attrazione tra le cariche negative della bacchetta e le cariche positive della pallina. Mettiamo ora a contatto la bacchetta e la pallina [figura 16.4 b)] e poi allontaniamole; vedremo che tra di loro si ha una forza di repulsione, come illustrato nella figura 16.4 c). Questo si spiega perché durante il contatto una parte della carica negativa della bacchetta si trasferisce sulla pallina caricandola negativamente; di conseguenza i due corpi hanno ora una carica dello stesso segno e quindi si respingono. 16.2.1 Come si misura la carica elettrica: l’elettroscopio Figura 16.5 Elettroscopio a foglie d’oro. Gli esperimenti con le bacchette cariche consentono di mettere in luce alcune caratteristiche qualitative della forza elettrostatica e della carica elettrica; tuttavia per trovare delle leggi quantitative è necessario misurare la quantità di carica posseduta da un corpo. Uno dei primi strumenti realizzati a questo scopo fu l’elettroscopio a foglie d’oro riportato nella figura 16.5. Esso è formato da un’ampolla di vetro in cui è stato fatto il vuoto e da un’asta conduttrice che termina con due lamine sottili, anch’esse conduttrici. Si utilizza l’oro perché è il metallo più malleabile, quindi con esso si possono fare lamine molto sottili e di massa molto piccola. Nella figura 16.6 è schematizzato il suo principio di funzionamento: se si deposita sull’asta una carica q, toccando ad esempio il pomello con una bacchetta elettrizzata, la carica elettrica si distribuisce sul conduttore e sulle due lamine che, essendo cariche dello stesso segno, si respingono. La forza gravitazionale tende a portare le due lamine in posizione verticale, mentre la forza elettrostatica tende a separarle. In condizioni di equilibrio l’azione delle due forze si bilancia e dalla misura dell’angolo di apertura θ si risale al valore del modulo della carica q posseduta dalle foglioline. O Fe θ P Fe θ P Figura 16.6 L’angolo θ di apertura dell’elettroscopio dipende dal modulo della carica presente sulle lamine. Cenni storici La prime osservazioni degli effetti della forza elettrostatica risalgono all’antica Grecia e si riferiscono al fatto che strofinando un oggetto di ambra con un panno di lana o anche semplicemente con le mani asciutte, questo acquisisce la proprietà di attirare altri piccoli oggetti leggeri quali pagliuzze e foglie secche. Questo singolare fenomeno rimase una caratteristica della sola ambra fino a quando nel 1600 il fisico britannico William Gilbert iniziò uno studio sistematico sull’interazione tra corpi “elettrizzati”, ovvero strofinati con un panno di lana o una pelle di animale, e scoprì che altri materiali quali il vetro, le resine solide e molte pietre dure esibivano le stesse proprietà dell’ambra. Gilbert chiamò la forza che si esercitava tra questi corpi forza elettrica rifacendosi al nome greco dell’ambra: elektron; da esso derivano quindi i termini elettricità, elettrone, etc... 16.2 • Esperimenti elementari di elettrostatica Negli anni successivi si iniziò a studiare sistematicamente questa strana forza per comprenderne l’origine; nel 1729 Stephen Gray osservò come la “virtù elettrica” eccitata in un corpo per strofinio, potesse in alcuni casi essere comunicata ad altri corpi ed introdusse il concetto di sostanze isolanti e conduttrici. Nel 1733 Charles de Cisternay du Fay avanzò l’ipotesi dell’esistenza di due, e solo due, stati elettrici distinti che si possono manifestare per strofinio nei corpi e chiamò tali stati, rispettivamente, elettricità vetrosa e elettricità resinosa, dal nome delle sostanze nelle quali veniva più facilmente eccitata. Nel paragrafo 16.2 abbiamo descritto un esempio delle molteplici esperienze di du Fay. I fenomeni legati all’elettricità non furono studiati solo in Europa, ma anche in America, soprattutto ad opera di Benjamin Franklin, l’inventore del parafulmine ed uno dei padri della patria degli Stati Uniti. Franklin introdusse una nuova teoria “dell’unicità del fluido elettrico”, secondo la quale esiste un solo fluido elettrico distribuito in tutti i corpi. L’idea chiave di Franklin era che questo fluido ipotetico non potesse essere né creato né distrutto, ma obbedisse ad una legge di conservazione; attraverso lo strofinio era possibile far passare del fluido dal corpo al panno o viceversa, senza mai cambiare la quantità totale di fluido elettrico. Il termine carica elettrica introdotto da Franklin è entrato a far parte della terminologia della fisica ed è tuttora utilizzato, sebbene oggi non si parli più di fluido elettrico. Per spiegare i risultati sperimentali sulle forze di interazione tra le bacchette elettrizzate, la teoria di Franklin sosteneva che le particelle di fluido si respingessero reciprocamente, mentre esse venivano attratte dalle particelle di materia. In condizioni normali un corpo conteneva una quantità di fluido opportuna tale che le forze di repulsione tra porzioni di fluido e tra il fluido e la materia di cui era fatto il corpo si bilanciassero perfettamente e non si riscontrasse quindi nessuna forza di tipo elettrostatico. Strofinando un corpo con un panno era possibile alterare la quantità di fluido facendo sì che il corpo risultasse carico: nel caso in cui un corpo contenesse più fluido del normale esso era carico positivamente (questo è il caso del vetro); se ne conteneva di meno esso era carico negativamente (questo è il caso dell’ambra e della resina in generale). La teoria del fluido unico di Franklin fu rapidamente accettata dalla comunità scientifica rispetto alla teoria dei due fluidi di du Fay, sebbene osservazioni successive favorissero la teoria dei due fluidi. Alla luce delle conoscenze attuali possiamo dire che entrambe le teorie di du Fay e di Franklin si avvicinavano alla realtà; infatti oggi sappiamo che all’interno dei corpi sono presenti due tipi di cariche elettriche: i protoni e gli elettroni ai quali si può attribuire rispettivamente la proprietà di “elettricità vetrosa” (ovvero carica positiva) e di “elettricità resinosa” (ovvero carica negativa). 631 Capitolo 16 • L’interazione elettrostatica 632 Sappiamo anche che l’intuizione di Franklin è corretta: la carica elettrica si conserva rigorosamente e non può essere né creata, né distrutta. Il fluido elettrico di Franklin può essere identificato con gli elettroni. Tuttavia secondo Franklin un eccesso di fluido elettrico dà una carica positiva, mentre invece sappiamo che un eccesso di elettroni conferisce ad un corpo una carica negativa. Questa imprecisione storica condiziona ancora oggi la definizione della corrente elettrica; infatti, come vedremo nel capitolo 20, la corrente elettrica è dovuta ad un movimento di cariche che per definizione si assumono positive, mentre in un conduttore metallico la corrente elettrica è dovuta al movimento degli elettroni che sono negativi. Quindi per motivi storici si assume che la corrente elettrica abbia verso opposto al moto degli elettroni, pur essendo da essi generata. 16.3 La legge di Coulomb nel vuoto Figura 16.7 Bilancia di torsione di Coulomb. q filo 1 1 1 r 2 q2 α Intorno alla metà del 1700 gli studi sulla forza elettrica iniziarono ad affrontare aspetti quantitativi e si ipotizzò che essa avesse una dipendenza dalla distanza simile a quella della forza gravitazionale, espressa dalla legge di gravitazione universale di Newton. Nel 1785 Coulomb per la prima volta effettuò esperimenti che avevano lo scopo di determinare l’andamento della forza elettrostatica in funzione della distanza; egli progettò e realizzò la bilancia di torsione3 (si veda la figura 16.7), il cui principio di funzionamento è riportato in figura 16.8: le due palline metalliche indicate con 1 e 2, vengono posizionate inizialmente ad una distanza r nota e su di esse viene depositata una carica anch’essa nota. Le due palline si attraggono (come nel caso della figura) o si respingono facendo ruotare il filo a cui è sospesa l’asta metallica. Il filo si comporta come una molla che si oppone alla torsione, fino a quando non si raggiunge una posizione di equilibrio; dalla conoscenza della costante di torsione del filo (simile concettualmente alla costante elastica della molla) e dalla misura dell’angolo di rotazione α, si ricava la forza elettrostatica tra le due palline cariche. Da tali misure Coulomb ricavò la legge che descrive la forza con cui interagiscono due cariche elettriche, che ora descriveremo. Legge di Coulomb La forza con cui interagiscono due cariche elettriche puntiformi, ferme, nel vuoto ha: • modulo: Fe = k0 Figura 16.8 Principio di funzionamento della bilancia di Coulomb. |q1 ||q2 | , r2 (16.5) 3 Cavendish nel 1798 utilizzò la bilancia di torsione inventata da Coulomb per misurare la costante di gravitazione universale G e ricavare la densità media della Terra. 16.3 • La legge di Coulomb nel vuoto 633 dove: 1. |q1 | e |q2 | sono i moduli dei valori delle cariche puntiformi che interagiscono; 2. r è la distanza tra le cariche; 3. k0 è una costante di proporzionalità che dipende dal sistema di unità di misura. Nel Sistema Internazionale k0 si scrive nel modo seguente: k0 = 1 , 4π 0 (16.6) dove 0 è detta costante dielettrica del vuoto; 0 e k0 valgono: C2 ⇒ Nm2 Nm2 Nm2 k0 = 8.99 · 109 2 9 · 109 2 . C C 0 = 8.85 · 10−12 (16.7) Se si utilizza la definizione (16.6) il modulo della forza elettrostatica diventa 1 |q1 ||q2 | Fe = . (16.8) 4π 0 r 2 • direzione e verso: la forza è diretta lungo la retta che unisce le due cariche. Se queste hanno lo stesso segno la forza è repulsiva, se hanno segno opposto la forza è attrattiva. Questo è consistente con il terzo principio della dinamica (principio di e,12 applicata azione-reazione): se la carica q1 esercita su q2 una forza F e,21 tale che a q2 , la carica q2 esercita su q1 una forza F e,21 = −F e,12 ; F (16.9) e,12 , ma e,21 ha la stessa direzione e lo stesso modulo di F vale a dire F ha verso opposto. Inoltre ricordiamo che essa è applicata alla carica e,12 , F e,21 ) q1 . In figura 16.9 mostriamo la coppia azione-reazione (F nel caso che le due cariche abbiano segno uguale o opposto. Per esprimere la legge di Coulomb in forma vettoriale, indichiamo con r il vettore che va dalla carica q1 alla carica q2 e con r il corrispondente versore, cioè il vettore di modulo unitario che è diretto come r (si veda la figura 16.10). Consideriamo la forza che q1 esercita su q2 . In base a quanto detto, essa si può esprimere come e,12 = k0 q1 q2 r . F r2 a) Fe,21 q1 q 2 r b) r q 1 Fe,21 q 2 Fe,12 Figura 16.9 e,12 che q1 esercita su La forza F q2 è uguale e opposta alla forza e,21 che q2 esercita su q1 . Nel F caso a) le forze sono repulsive perché le cariche hanno lo stesso segno, nel caso b) sono attrattive perché q1 e −q2 hanno segno opposto. a) Fe,21 q1 ^ r O q 2 Infatti, se le due cariche hanno lo stesso segno il prodotto q1 q2 è positivo (si noti che abbiamo eliminato i moduli); quindi il prodot e,12 ha lo stesso verso di r to k0 q1 q2 /r 2 è positivo, per cui la forza F Fe,12 r b) q ^ r 1 (16.10) Fe,12 O Fe,21 q 2 Fe,12 Figura 16.10 Nel caso a) le cariche hanno lo stesso segno, nel caso b) hanno segno opposto. 634 Capitolo 16 • L’interazione elettrostatica come mostrato in figura 16.10a). Se invece le cariche hanno segno op e,12 ha posto come in figura 16.10b), il prodotto q1 q2 è negativo e F verso opposto a r. La forza che q2 esercita su q1 ha l’espressione data nella (16.10), salvo che in questo caso il vettore r va da q2 a q1 , consistentemente con l’equazione (16.9). NOTARE CHE: la forza di interazione tra cariche elettriche descritta dalla legge di Coulomb si riferisce a cariche in quiete; per questo viene detta forza elettrostatica. NOTARE CHE: la legge di Coulomb (16.5) vale nel vuoto, ma si può considerare valida con buona approssimazione anche in aria. Vedremo nel capitolo 19 come vada modificata nel caso in cui le cariche si trovino all’interno di un materiale isolante. NOTARE CHE: come la forza di gravitazione universale che descrive l’interazione gravitazionale tra due masse, anche la forza elettrostatica agisce “a distanza”, vale a dire non è necessario che le cariche che interagiscono siano a contatto tra loro. 16.3.1 Il principio di sovrapposizione q 1 Il principio di sovrapposizione stabilisce: se una carica elettrica q1 interagisce con un insieme di cariche q2 , q3 , . . . q N , la forza elettrostatica che agisce su q1 è data dalla somma vettoriale delle forze che ciascuna carica della distribuzione esercita su q1 . Fe,31 q3 Fe,ris Fe,21 q 2 Figura 16.11 e,ris è la La forza risultante F somma vettoriale delle forze che −q2 e q3 esercitano su q1 . e,ris = F e,21 + F e,31 + · · · + F e,N 1 . F (16.11) Un esempio è riportato in figura 16.11: una carica positiva q1 interagisce con le cariche −q2 , negativa, e q3 positiva. Le forze che q2 e q3 e,21 e F e,31 ; la forza risultante esercitano su q1 sono rispettivamente F e,ris è ottenuta con la è la somma vettoriale delle due. Nella figura F regola del parallelogramma ed è indicata in rosso. Confronto fra la forza elettrostatica e la forza gravitazionale Le espressioni della forza elettrostatica tra due corpi puntiformi carichi e = k 0 q1 q2 r F r2 e della forza di gravitazione universale che si esercita tra due masse puntiformi g = −G m 1 m 2 r F r2 sono formalmente molto simili: entrambe le forze sono direttamente proporzionali al prodotto delle grandezze che interagiscono, le cariche e le masse, ed entrambe sono inversamente proporzionali al quadrato della distanza tra i corpi. 16.3 • La legge di Coulomb nel vuoto 635 La differenza sostanziale sta nel fatto che la forza gravitazionale è solo attrattiva mentre quella elettrostatica può essere sia attrattiva che repulsiva, e nel valore della costante di proporzionalità: k0 = 9 · 109 Nm2 C2 e G = 6.67 · 10−11 Nm2 . kg2 Mostreremo ora che nell’atomo le forze elettromagnetiche sono molto maggiori di quelle gravitazionali. L’atomo più semplice è quello di idrogeno, che è costituito da un protone (carica +e) e da un elettrone (carica −e). Nel modello di Rutherford che rappresenta l’atomo come un piccolo sistema solare, l’elettrone ruota intorno al protone lungo un’orbita circolare. Il raggio dell’orbita è pari a r = 5.3 · 10−11 m. La massa dell’elettrone è m e = 9.11 · 10−31 kg, quella del protone è m p = 1.67 · 10−27 kg; le rispettive cariche sono −qe = q p = 1.6 · 10−19 C; pertanto in questo caso la forza elettrostatica tra le due cariche è attrattiva come la forza gravitazionale tra le due masse. Calcoliamo i loro moduli. Forza elettrostatica: Fe = k0 q p |qe | (1.6 · 10−19 )2 9 = 9 · 10 × = 8.2 · 10−8 N . r2 (5.3 · 10−11 )2 Forza gravitazionale: Fg = G m pme 1.67 · 10−27 × 9.11 · 10−31 −11 = 6.67 · 10 × = r2 (5.3 · 10−11 )2 = 3.6 · 10−47 N . Valutiamo il rapporto tra le due forze: Fe 8.2 · 10−8 = = 2.3 · 1039 . Fg 3.6 · 10−47 Quindi possiamo concludere che la forza gravitazionale tra particelle atomiche cariche è completamente trascurabile rispetto alla forza elettrostatica. Su scala planetaria invece la forza elettrostatica è completamente trascurabile rispetto alla forza gravitazionale; infatti nonostante la materia sia composta di particelle cariche, la somma delle cariche positive mediamente equivale a quella delle cariche negative, quindi la materia è mediamente neutra. Pertanto se consideriamo l’interazione tra corpi celesti, la forza gravitazionale domina su quella elettrostatica. e _ − r + p Figura 16.12 L’atomo di idrogeno è costituito da un protone e da un elettrone. Capitolo 16 • L’interazione elettrostatica 636 PROBLEMA 16.1 |x 2 | |x 3 | +q2 +q 3 F e,13 +q2 |x 1 | O a) +q1 x e,13 dovuta alla carica q1 Sulla carica q3 agisce la forza elettrostatica F e la forza elettrostatica Fe,23 dovuta alla carica q2 . Le due forze sono entrambe repulsive in quanto sia q1 che q2 hanno la stesso segno della carica q3 . Per calcolare il modulo delle due forze si utilizza la legge di Coulomb (16.5); facendo riferimento alla figura 16.13 a), la distanza tra le due coppie di cariche è: r13 = |x3 | + x1 = 3 + 2 = 5 cm ; r23 = |x2 | − |x3 | = 5 − 3 = 2 cm . F e,23 +q 3 Due cariche positive q1 = 2.6 μC e q2 = 1.5 μC si trovano in quiete in due punti dello spazio. Scegliendo l’asse x coincidente con la retta che congiunge le due cariche, come indicato in figura 16.13 a), le loro posizioni sono individuate dalle coordinate x1 = +2 cm e x2 = −5 cm. Una terza carica positiva q3 = 0.8 μC viene posta tra di esse nella posizione x3 = −3 cm. Trovare la forza elettrostatica totale che agisce sulla carica q3 . O +q1 x b) I moduli delle due forze sono: Fe,13 = k0 q1 q3 2.6 · 10−6 × 0.8 · 10−6 9 = 9 · 10 × = 7.5 N 2 (5 · 10−2 )2 r13 Fe,23 = k0 q2 q3 1.5 · 10−6 × 0.8 · 10−6 9 = 9 · 10 × = 27.0 N . 2 (2 · 10−2 )2 r23 Figura 16.13 e,13 e F e,23 ; la forza Nella figura 16.13 b) sono riportati i due vettori F Fe,13 ha verso opposto a quello dell’asse x, mentre Fe,23 è diretta nel verso positivo. Quindi il modulo della forza totale agente sulla carica q3 vale: Fe,tot = Fe,23 − Fe,13 = 27.0 − 7.5 = 19.5 N ; Fe,tot è diretta nel verso positivo dell’asse x, ovvero essa è diretta verso la carica q1 . La forza di repulsione esercitata dalla carica q2 prevale su quella della carica q1 perché, sebbene q1 sia più grande di q2 , q3 è più vicina a q2 che a q1 . PROBLEMA 16.2 y q3 r q1 r r O Figura 16.14 q2 x Tre cariche elettriche sono poste in quiete sui vertici di un triangolo equilatero di lato r = 4 cm come indicato in figura 16.14. I valori delle cariche sono rispettivamente q1 = −4 nC, q2 = 3 nC e q3 = 6 nC. Determinare la forza elettrostatica totale che agisce sulla carica q3 a causa delle altre due. Se ne calcolino le componenti nel sistema di riferimento indicato in figura, il modulo e l’angolo che essa forma con l’asse x. e,13 , dovuta alla cariSulla carica q3 agiscono le forze elettrostatiche F e,23 , dovuta alla carica q2 ; esse sono mostrate in figura 16.15. ca q1 , e F e,13 è attrattiva perché q1 e q3 hanno segno opposto, menLa forza F tre Fe,23 è repulsiva perché q2 e q3 sono entrambe positive. Calcoliamo innanzitutto il modulo delle due forze di Coulomb: ⎧ 4 · 10−9 ×6 · 10−9 |q1 |q3 ⎪ ⎪ ⎨ Fe,13 = k0 2 = 9 · 109 × = 13.50 · 10−5 N ; r (4 · 10−2 )2 q q 3 · 10−9 ×6 · 10−9 ⎪ ⎪ ⎩ Fe,23 = k0 2 3 = 9 · 109 × = 10.12 · 10−5 N . 2 r (4 · 10−2 )2 16.3 • La legge di Coulomb nel vuoto L’angolo α che le due forze formano con l’asse y è pari a 30◦ , dato che in un triangolo equilatero i tre angoli interni sono uguali e pari a 60◦ e α è pari a metà di un angolo interno. Proiettiamo le due forze sugli assi coordinati facendo riferimento alla figura 16.15: ⎧ x −5 ◦ ⎪ ⎪ Fe,13 = −Fe,13 sin α = −13.50 · 10 × sin 30 = ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ = −6.75 · 10−5 N ; ⎨ ⎪ y ⎪ ⎪ Fe,13 = −Fe,13 cos α = −13.50 · 10−5 × cos 30◦ = ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎩ = −11.69 · 10−5 N . F e,23 α y q3 F e,tot F e,13 637 α r O q1 q2 x Figura 16.15 ⎧ x ⎪ Fe,23 = −Fe,23 sin α = −10.12 · 10−5 × sin 30◦ = ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ = −5.06 · 10−5 N ; ⎨ ⎪ y ⎪ ⎪ Fe,23 = Fe,23 cos α = 10.12 · 10−5 × cos 30◦ = ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎩ = 8.76 · 10−5 N . y Le componenti della forza risultante che agisce su q3 sono pertanto: ⎧ x x x + Fe,23 = −6.75 · 10−5 − 5.06 · 10−5 = Fe,tot = Fe,13 ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎨ = −11.81 · 10−5 N ; y y y ⎪ ⎪ Fe,tot = Fe,13 + Fe,23 = −11.69 · 10−5 + 8.76 · 10−5 = ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎩ = −2.93 · 10−5 N . Il modulo della forza vale: x )2 + (F y )2 = Fe,tot = (Fe,tot e,tot = (−11.81 · 10−5 )2 + (−2.93 · 10−5 )2 = 12.17 · 10−5 N . e,tot è riportato nella figura 16.16, dove è indicato l’anIl vettore F golo θ che il vettore forma con l’asse x; utilizzando le regole della trigonometria si ricava: y tan θ = Fe,tot −2.93 · 10−5 = = 0.24809 . x Fe,tot −11.81 · 10−5 L’equazione tan θ = 0.24809 ammette due soluzioni: θ1 = arctan 0.24809 = 13.9◦ e θ2 = arctan 0.24809 + 180◦ = 193.9◦ . e,tot giace nel terzo quadrante e non nel primo, il Dato che il vettore F risultato corretto è θ2 . θ F e,tot O c) x Figura 16.16 Capitolo 16 • L’interazione elettrostatica 638 PROBLEMA 16.3 Due sferette uguali di carica positiva q e massa m = 2 g, sono appese a due fili di massa trascurabile e lunghezza L = 3 cm come indicato in figura 16.17. In condizioni di equilibrio l’angolo θ che i fili formano con la verticale è 10◦ . Si calcoli q. y θ θ Fe θ = mg diretta verso Su ciascuna massa agiscono tre forze: la forza peso P e . Dato che le due il basso, la tensione del filo T e la forza di Coulomb F cariche sono uguali questa forza è repulsiva. Il suo modulo è dato da: T O x P Fe = k0 Figura 16.17 Dato che le due sferette hanno ugual massa, i due fili formano con la verticale lo stesso angolo θ . y A L P d/2 dove d è la distanza tra le due cariche. Si noti che, dato che le masse delle due sferette sono uguali, i moduli delle rispettive forze peso sono uguali; inoltre, i moduli delle forze elettriche sono uguali per l’equazione (16.9) e quelli delle tensioni dei due fili sono uguali perché all’equilibrio = −F e − P. T Quindi i fili formano con la verticale angoli uguali e la congiungente le due cariche è una retta orizzontale. Pertanto il triangolo O P A della figura 16.18 è un triangolo rettangolo e θ θ O Figura 16.18 |q| × |q| q2 = k , 0 d2 d2 OP = x d = L sin θ . 2 In componenti, nel sistema di riferimento riportato in figura 16.17, possiamo quindi scrivere per la forza elettrica che agisce sulla carica a sinistra: 2 q e = −k0 F ,0 . 4L 2 sin2 θ Per la forza peso e la tensione della corda abbiamo analogamente = (T sin θ, T cos θ), T = (0, −mg) . P e + T +P = 0 otteniamo Imponendo la condizione di equilibrio F ⎧ q2 ⎪ ⎨−k0 + T sin θ = 0 4L 2 sin2 θ ; ⎪ ⎩T cos θ − mg = 0 ricavando T dalla seconda equazione e sostituendo nella prima si ottiene −k0 q2 4L 2 sin2 θ da cui si ricava + mg sin θ = 0 cos θ ⇒ q2 = 4L 2 mg sin3 θ k0 cos θ mg sin3 θ = k0 cos θ 2 · 10−3 × 9.8 × sin3 10◦ = 6.5 · 10−9 C. = 2 × 0.03 9 · 109 × cos 10◦ q = 2L 16.4 • Il campo elettrico 639 16.4 Il campo elettrico Come abbiamo visto, la forza di interazione elettrostatica è una forza a distanza, vale a dire si esercita tra cariche che non sono necessariamente a diretto contatto fra loro. Introdurremo ora una nuova che descrive l’effetto che una grandezza fisica, il campo elettrico E, distribuzione di cariche in quiete produce nello spazio. Iniziamo discutendo l’effetto di una carica puntiforme Q sullo spazio circostante. Supporremo che Q sia vincolata a rimanere ferma in una data posizione. Se poniamo un’altra carica q1 in un punto a distanza r da Q, per la legge di Coulomb (16.10) essa è soggetta alla e,1 , dovuta alla presenza di Q, data da forza F Qq1 Q Fe,1 = k0 2 r = k0 2 r q1 . r r (16.12) Q Ricordiamo che r è il vettore unitario (versore) che ha la direzione del vettore r che unisce Q a q1 , come indicato in figura 16.19. Analogamente, se al posto di q1 poniamo nella stessa posizione r una carica q2 , la forza a cui essa è soggetta è e,2 F Qq2 Q = k 0 2 r = k 0 2 r q2 . r r (16.13) e,1 ed F e,2 notiamo che, se consideConfrontando le espressioni di F e,1 /q1 e F e,2 /q2 , otteniamo la stessa grandezza che riamo i rapporti F non dipende dalle cariche q1 e q2 , ma solo da Q e dalla distanza r da Q del punto in cui abbiamo posto q1 e q2 : e,1 e,2 F Q F = = k0 2 r . q1 q2 r (16.14) Questo ragionamento si può ripetere per qualunque carica q, posta in un punto qualsiasi dello spazio: troveremo sempre che il rapporto tra la forza che Q esercita su q e q stessa è dato dalla (16.14) e dipende solo da Q e dalla distanza r . Possiamo dunque descrivere le forze elettriche generate dalla carica puntiforme Q associando ad ogni punto dello spazio un vettore che chiamiamo campo elettrico, dato da = Fe = k 0 Q r . E q r2 (16.15) Introducendo il campo elettrico, in pratica separiamo l’effetto prodotto dalla carica Q, che consideriamo sorgente del campo, dalla presenza o meno di altre cariche: la carica Q produce in ogni punto dello spazio il suo effetto si manifesta quando in un punto il campo elettrico E; e = qualsiasi poniamo una carica q, perché su di essa agisce la forza F q E. Dato che la carica Q è ferma, il campo elettrico che essa genera non varia nel tempo e pertanto si dice elettrostatico. ^ r + q1 F e,1 + r Figura 16.19 640 Capitolo 16 • L’interazione elettrostatica Supponiamo ora che in una data regione di spazio ci sia una distribuzione di cariche. Poniamo una carica di prova q in una data posizione: su di essa agisce una forza elettrostatica che, per il principio di sovrapposizione, è la somma vettoriale delle forze elettrostatiche che ciascuna carica della distribuzione esercita su q, come indicato nell’equazione (16.11), vale a dire e,ris = F e,1 + F e,2 + ... + F e,N . F Generalizzando quanto fatto in precedenza per una carica puntiforme, se dividiamo questa espressione per la carica q otteniamo e,ris e,1 F e,2 e,N F F F 2 + ... + E N ; (16.16) 1 + E = + + ... + =E q q q q pertanto è naturale definire il campo elettrico generato dalla distribuzione di cariche nel modo seguente: il campo elettrico generato da una distribuzione di cariche è dato e,ris divisa per la carica di prova dalla forza elettrostatica totale F = Fe,ris . E q (16.17) Il campo elettrico non dipende dalla carica di prova, ma solo dalla carica, o dalla distribuzione di cariche, che lo generano. Dall’equazione (16.16) segue che anche per il campo elettrico vale il principio di sovrapposizione, vale a dire: il campo elettrico generato da una distribuzione di cariche è la somma vettoriale dei campi elettrici generati dalle singole cariche. Nell’esempio appena considerato abbiamo assunto che la distribuzione di cariche fosse discreta, cioè che fosse formata da un insieme di cariche puniformi; tuttavia la definizione di campo elettrico data nella (16.17) vale anche se la carica è distribuita in maniera continua. In tal caso è sufficiente suddividere la distribuzione in tante cariche infinitesime dq; ciascuna di esse esercita sulla carica di prova q una forza che, divisa per q, è il campo generato dalla carica infinitesima dq. Quindi il campo totale si ottiene sommando vettorialmente tutti i contributi infinitesimi in maniera analoga a quanto fatto nell’equazione (16.16); l’unica differenza sta nel fatto che essendo i contributi infinitesimi dovremo sostituire la somma con un integrale. NOTARE CHE: se la carica Q sorgente del campo è puntiforme l’espressione del campo elettrico che essa genera è data dall’equazione (16.15), vale a dire = k0 Q r ; E (16.18) r2 16.4 • Il campo elettrico il suo modulo è E = k0 |Q| . r2 641 (16.19) Per verificare se in una data regione di spazio esiste un campo elettrico, è sufficiente porre in una data posizione una carica di prova q: se e. viene accelerata vuol dire che su di essa agisce una forza elettrica F Nota Fe , possiamo calcolare il campo elettrico E che agisce nel punto utilizzando la (16.17). Dimensioni e unità di misura del campo elettrico Dalla definizione (16.17) segue che il campo elettrico ha le dimensioni di una forza diviso una carica, vale a dire [E] = mlt −2 [Fe ] = = mlt −3 i −1 . [q] it Il campo elettrico si misura in newton/coulomb, simbolo N/C, oppure in volt/metro, simbolo V/m, come vedremo più avanti. 16.4.1 Linee di forza e direzione del campo elettrico Si definiscono linee di forza del campo elettrico le curve a cui il campo elettrico è tangente in ogni punto. Supponiamo che il campo sia generato da una carica Q puntiforme e positiva; come si vede dall’equazione (16.18) esso è diretto radialmente, quindi le linee di forza del campo sono delle rette uscenti rispetto alla carica Q, come mostrato in figura 16.20. Si noti che, dato che in ogni punto il campo elettrico ha la stessa direzione e lo stesso verso della forza che agirebbe su una carica positiva posta in quel punto, il verso delle linee di forza coincide con quello di tale forza. Da qui il nome di linee di forza. b) a) E E E E Q Q E E E E Analogamente, se la carica Q è negativa la direzione del campo è radiale, ma il suo verso è entrante rispetto a Q; quindi le linee di forza sono radiali ed entranti come mostrato in figura 16.21. Anche in questo caso la forza che agirebbe su una carica positiva posta in un dato punto ha lo stesso verso delle linee di forza. Figura 16.20 a) Il campo elettrico generato da Q è radiale e uscente rispetto a Q; b) le linee di forza del campo pertanto sono anch’esse radiali e uscenti. 642 Capitolo 16 • L’interazione elettrostatica Figura 16.21 a) Il campo elettrico generato da Q è radiale ed entrante rispetto a Q; b) le linee di forza del campo pertanto sono anch’esse radiali ed entranti. b) a) E E E E Q Q E E E 2 1 Figura 16.22 Le linee di forza del campo elettrostatico sono più fitte dove il campo è più intenso. a) b) E Facendo riferimento alla figura 16.22, confrontiamo il numero di linee di forza che attraversano i quadratini uguali 1 e 2: si noti che il quadratino 1 è più vicino alla sorgente del campo rispetto al quadratino 2, quindi nella regione 1 il campo è più intenso che nella 2. Si vede anche che nella regione 1 le linee di forza sono più fitte che nella 2, quindi ne deduciamo che le linee di forza sono più fitte dove il campo è più intenso (criterio introdotto da Faraday). In pratica, le linee di forza forniscono un modo per visualizzare il campo elettrico, che ci sarà particolarmente utile quando studieremo il fenomeno dell’induzione elettrostatica nel paragrafo 19.3: data una linea, in ogni suo punto possiamo dire come è diretto il campo e in che verso, perché esso è tangente alla linea ed ha lo stesso verso. Inoltre, come si vede dalla figura 16.22, l’intensità del campo è maggiore dove le linee di forza sono più fitte. Le linee di forza del campo elettrostatico generato da più cariche possono avere una struttura molto complessa. In figura 16.23a) mostriamo come esempio quelle relative a due cariche positive tenute ferme a distanza d; in figura 16.23b) sono invece mostrate le linee di forza relative a due cariche di segno opposto tenute ferme a distanza d. In questo caso le linee di forza escono dalla carica positiva ed entrano in quella negativa. NOTARE CHE: le linee di forza del campo elettrico non possono mai incrociarsi, eccetto che nei punti in cui si trovano le cariche o in quelli in cui il campo elettrico è nullo, come in figura 16.23 a). Infatti se in un dato punto poniamo una carica di prova e su di essa agisce una forza elettrica, questa determina in maniera univoca il campo elettrico e la linea di forza a cui esso è tangente. Pertanto la linea di forza che passa per quel punto deve essere unica. Misura della carica elementare: l’esperienza di Millikan Figura 16.23 Linee di forza del campo elettrostatico generato da: a) due cariche positive, b) due cariche di segno opposto. Negli anni 1910-1913 Robert Millikan fece un famoso esperimento per misurare la carica elementare, di cui diamo una spiegazione semplificata. Delle goccioline di olio vengono immesse tramite un nebulizzatore nella camera A. Alcune di esse sono cariche positivamente, altre negativamente. 16.4 • Il campo elettrico 643 Figura 16.24 camera A gocce di olio nebulizzatore piastra h E + + camera B pila microscopio Nella camera B c’è un campo elettrico rivolto verso il basso. Attraverso la piastra forata, alcune gocce passano nella camera diretta verso e = q E, B, dove sono soggette alla forza elettrica F l’alto per quelle con carica negativa e verso il basso per quelle con carica positiva. Fissiamo un sistema di riferimento con asse y verticale e diretto verso il basso. Consideriamo per esempio il moto di una gocciolina di massa m e carica q positiva. Dalla seconda legge della dinamica si ha ma = q E + mg ⇒ a= q E+g; m (16.20) dato che il campo è uniforme, l’accelerazione è costante ed il moto è uniformemente accelerato. Assumendo che la velocità iniziale sia trascurabile, si ha 1 y = at 2 . 2 Quindi il tempo impiegato dalla goccia per toccare il fondo è 2h , t = a dove h è l’altezza della camera B. Misurando il tempo t, noto h si ricava l’accelerazione; da questa, utilizzando l’equazione (16.20), noto E si determina il rapporto q/m. Se la massa delle gocce è nota si può quindi misurare la carica. Con questo esperimento Millikan dimostrò che la carica si presenta sempre in multipli interi di e = 1.60 · 10−19 C , quindi che la carica è quantizzata. Per questo risultato Robert Millikan fu insignito del premio Nobel nel 1923. 644 Capitolo 16 • L’interazione elettrostatica PROBLEMA 16.4 N a Un elettrone in quiete viene accelerato verso nord da un campo elettrico. Il modulo della sua accelerazione è 2.5 · 109 m/s2 . Determinare il modulo, la direzione ed il verso del campo elettrico. Si ricordi che la carica dell’elettrone è −1.6 · 10−19 C e la sua massa è 9.1 · 10−31 kg. Fe O E Nella figura 16.25 è riportato il vettore accelerazione dell’elettrone. Dal secondo principio della dinamica Fe = ma = 9.1 · 10−31 × 2.5 · 109 = 22.75 · 10−22 N . E La forza in questione è la forza elettrostatica dovuta al campo elettrico. Essa è data da: S e = qE F Figura 16.25 = Fe = − Fe ; E q |e| ⇒ nell’ultimo passaggio abbiamo esplicitato il segno negativo della carica dell’elettrone (q = −e) per mettere in evidenza il fatto che il campo elettrico ha verso opposto a quello della forza elettrostatica che agisce sull’elettrone, come illustrato in figura. In questo caso il campo elettrico è diretto verso sud ed il suo modulo vale: E= PROBLEMA 16.5 q2 q1 −d O Figura 16.26 x Una carica positiva q1 si trova alla distanza d da una carica negativa q2 tale che q2 = −4q1 . Trovare il punto sull’asse che le congiunge in cui il campo elettrico è nullo. Scegliamo un sistema di riferimento come quello indicato nella figura 16.26; poniamo la carica positiva q1 nell’origine e la carica negativa q2 nel punto di ascissa x = −d. In figura 16.27 mostriamo come sono diretti i campi elettrici generati dalle due cariche, ricordando che per una carica positiva il campo è uscente mentre per una carica negativa è entrante. E1 Figura 16.27 Fe 22.75 · 10−22 = 14.2 · 10−3 N/C . = e 1.6 · 10−19 E2 q 2 E1 E2 −d q1 E2 E1 O x Affinché il campo totale sia nullo, si deve avere tot = E 1 + E 2 = 0 E ⇒ 1 = −E 2 , E 1 e E 2 devono avere stesso modulo, stessa direzione e verso oppocioè E sto. Dalla figura si vede che nella porzione di retta compresa tra le due cariche, i due campi elettrici hanno lo stesso verso, mentre a destra di q1 e a sinistra di q2 i due campi hanno verso opposto. Di conseguenza tot = 0 deve trovarsi in una di queste due regioni. il punto P in cui E Consideriamo dapprima la regione a sinistra di q2 . Un punto qualsiasi dell’asse x in questa regione è più vicino a q2 che a q1 . Inoltre il modulo della carica q2 è maggiore di quello della carica q1 , quindi il campo generato da q2 nel punto è sicuramente maggiore in modulo del campo generato da q1 . 16.4 • Il campo elettrico Pertanto in questa regione i due campi non possono annullarsi. L’unica possibilità che rimane è che il punto cercato si trovi sull’asse x a destra di q1 , ovvero nel semiasse positivo dell’asse x. Indichiamo con x la coordinata generica del punto P. Dato che q1 si trova nell’origine delle coordinate, la distanza tra P e q1 è proprio x; mentre la distanza tra P e q2 è x + d, come si vede dalla figura 16.28; il modulo dei due campi elettrici vale: E 1 = k0 q2 q1 d O 645 E2 x E1 P Figura 16.28 q1 |q2 | 4q1 ; E 2 = k0 = k0 . x2 (x + d)2 (x + d)2 Il punto in cui la somma vettoriale dei due campi si annulla si ottiene uguagliando i due moduli: q1 4q1 = ⇒ 4x 2 = (x + d)2 ; x2 (x + d)2 questa è un’equazione di secondo grado che ha due soluzioni; estraendo la radice quadrata si ha: 2x = ±(x + d) ⇒ x1 = d e x2 = −d/3 . Il punto x2 = −d/3 non è la soluzione cercata perché si trova tra le due cariche; in quel punto i due campi elettrici hanno lo stesso modulo, ma hanno anche lo stesso verso, quindi il campo risultante è diverso da zero. La soluzione cercata è invece x1 = d, dove E 1 ed E 2 hanno lo stesso modulo ma verso opposto e la loro somma vettoriale è zero. Durante una giornata nuvolosa un ammasso di nuvole cariche produce un campo elettrico nello spazio compreso tra esse e la superficie terrestre. A causa di tale campo, un granello di polvere, che si trova vicino alla superficie e possiede una carica negativa pari a −4.0 nC, subisce una forza elettrostatica diretta verso il suolo pari a 6.0 · 10−6 N. a) Determinare modulo, direzione e verso del campo elettrico nel punto in cui si trova il granello di polvere; b) sapendo che la massa del granello è di 3 mg, determinare quanto dovrebbe valere la sua carica affinché esso resti sospeso nello spazio per effetto della forza gravitazionale e della forza elettrostatica. a) Il modulo del campo elettrico è pari a: E= 6.0 · 10−6 Fe = 1.5 · 103 N/C ; = |q| 4.0 · 10−9 la sua direzione è quella dell’asse verticale ed è diretto verso le nuvole come illustrato nella figura 16.29, dato che il granello di polvere ha carica negativa; ricordiamo infatti che se la carica è negativa il campo elettrico e la forza elettrostatica hanno sempre verso opposto. b) Affinché il granello di polvere resti sospeso in aria per l’azione della forza gravitazionale e della forza elettrostatica, quest’ultima deve essere diretta verso l’alto; di conseguenza il granello deve avere carica positiva. ;;;;;;;;; ;;;;;;;;; ;;;;;;;;; ;;;;;;;;; ;;;;;;;;; PROBLEMA 16.6 ;;; ;;; ;;; ;;; E m Fel q g Figura 16.29 646 Capitolo 16 • L’interazione elettrostatica Il suo valore si trova uguagliando i moduli delle due forze: q E = mg ⇒ q = PROBLEMA 16.7 Una pallina di plastica di massa m = 2 g viene elettrizzata strofinandola con un panno; essa viene quindi sospesa ad un filo in una regione in cui agisce un campo elettrico orizzontale di modulo E = 4.5 · 103 N/C, diretto come illustrato nella figura 16.30. Se la pallina si trova in equilibrio quando l’angolo α tra il filo e la verticale è di 15◦ , quanto vale la carica da essa posseduta? E α α T q m Fe y 3 · 10−6 × 9.8 mg = 19.6 nC . = E 1.5 · 103 Fg x Figura 16.30 Sulla pallina agiscono tre forze come illustrato in figura: la forza gravi g diretta verso il basso, la forza elettrostatica F e diretta oriztazionale F diretta lungo il filo. zontalmente verso destra e la tensione del filo T Dalla figura si evince che la forza elettrostatica ed il campo elettrico E hanno lo stesso verso, quindi la carica della pallina è positiva. Per trovare il suo modulo dobbiamo imporre che la somma vettoriale della tre forze sia nulla: g + F e + T =0. F Scegliendo gli assi coordinati come in figura e proiettando le forze sugli assi si ottiene: Fx = q E − T sin α = 0 ; Fy = T cos α − mg = 0 . Dalla seconda equazione si ottiene T = mg/ cos α che sostituita nella prima dà: q E − mg mg 2 · 10−3 × 9.8 sin α × tan 15◦ = =0 ⇒ q= tan α = cos α E 4.5 · 103 = 1.17 μC . PROBLEMA 16.8 θ = 45 y q ο q2 1 θ L θ O x r= L / 2 q 3 Figura 16.31 Quattro cariche disposte ai vertici di un quadrato di lato L. q 4 Siano date quattro cariche puntiformi di carica |q| = 2 · 10−12 C, poste ai vertici di un quadrato di lato L = 2.0 cm, come mostrato in figura 16.31. Determinare il campo elettrostatico da esse generato nel centro del quadrato, quando: a) q1 = q4 = −2·10−12 C, q2 = q3 = +2·10−12 C; b) q1 = q2 = −2 · 10−12 C, q3 = q4 = +2 · 10−12 C. Le cariche sono puntiformi e generano un campo elettrostatico radiale; dato che esse sono poste ai vertici del quadrato, nel punto O ciscuna genera un campo diretto lungo le diagonali e con verso che dipende dal segno della carica. Il centro del quadrato si trova a una distanza r da ciascuna carica, √ √ r = L 2/2 = L/ 2 , pari a metà diagonale; pertanto per l’equazione (16.19) il modulo del campo generato dalla i-esima carica qi è E i = k0 |qi | |qi | = k0 2 . 2 r L /2 16.4 • Il campo elettrico Dato che tutte le cariche hanno, in modulo, lo stesso valore, anche i campi hanno modulo uguale e pari a 2 · 10−12 E i ≡ E = 9 · 109 × = 90 N/C . (0.02)2 /2 - q 1 (16.21) a) q1 = q4 = −2 · 10−12 C, q2 = q3 = +2 · 10−12 C; 1 ed E 4 generati rispettivamente Come mostrato in figura 16.32 i campi E dalle cariche q1 e q4 hanno stessa direzione e verso opposto; poiché i moduli sono uguali e dati dalla (16.21), la loro somma vettoriale è nulla. 2 ed Analoga considerazione si può fare per i campi generati da q2 e q3 , E 3 , che hanno somma vettoriale nulla. Pertanto, per motivi di simmetria E il campo totale al centro del quadrato è nullo: ris = E 1 + E 2 + E 4 + E 4 = 0 . E b) q1 = q2 = −2 · 10−12 C, q3 = q4 = +2 · 10−12 C. Ricordiamo che i moduli dei quattro campi sono uguali ad E dato dalla (16.21). Consideriamo quelli generati in O dalle cariche q1 e q2 : essen 2 sono diretti verso le cariche, 1 ed E do le cariche entrambe negative, E come indicato in figura 16.33. Scegliendo un sistema di riferimento {x y} come indicato in figura, si vede che, per motivi di simmetria, le componenti dei campi lungo l’asse x sono uguali e opposte, per cui la loro somma è nulla: ⎧ ⎨ E 1,x = −E sin θ ⇒ E 1,x + E 2,x = 0 ; ⎩ E = E sin θ 2,x le componenti lungo y sono invece uguali e concordi: L Analogo ragionamento si può fare per i campi generati dalle cariche q3 e q4 , i cui campi in O sono mostrati in figura 16.34; in questo caso le due cariche sono positive ed i campi che esse generano sono diretti come quelli generati da q1 e q2 . Pertanto si ha e E 3,x + E 4,x = 0 ; E 3,y = E 4,y = E cos 45◦ . Il campo risultante delle quattro cariche pertanto è Eris,x = E 1,x + E 2,x + E 3,x + E 4,x = 0 , e √ Eris,y = 4 × E i,y = 4E cos 45◦ = 4 × 90 × 1/ 2 = = 254.6 N/C. 2 O E3 E2 E4 q q -4 3+ Figura 16.32 q – 1 y E1y = E2y E1 L ο θ = 45 – q 2 E2 x O E2x E1x θ q3 + + q4 Figura 16.33 q1 – E 1,y = E 2,y = E cos 45◦ . ⇒ +q E1 Il campo totale è dato dalla somma vettoriale dei quattro campi (principio di sovrapposizione). E 3,x = −E 4,x 647 y E4y = E3y 2 E3 E4 L ο θ = 45 – q O E3x x E4x θ q3 + + Figura 16.34 q4 Capitolo 16 • L’interazione elettrostatica 648 16.5 Il dipolo elettrico Un dipolo elettrico è un sistema formato da due cariche elettriche uguali in modulo ma di segno opposto, separate da una distanza fissa che indichiamo con δ. Calcoliamo il campo elettrico sull’asse del dipolo, in un punto P posto a distanza r dal centro, come mostrato in figura 16.35. Per il principio di sovrapposizione il campo in P è la somma vettoriale del + , e di quello generato dalla campo generato dalla carica positiva, E −: carica negativa E di p = E + + E − . E r q q { O E E δ P x Figura 16.35 Dipolo elettrico. + ed E − hanno la stessa direzione (quella dell’asse del dipolo) e E verso opposto, quindi la componente x del campo risultante vale E di p q q = E + − E − = k0 − (r − δ/2)2 (r + δ/2)2 2 r + δ 2 /4 + r δ − r 2 − δ 2 /4 + r δ = k0 q = (r − δ/2)2 (r + δ/2)2 2r δ = k0 q . (r 2 − δ 2 /4)2 Facciamo ora l’ipotesi che la distanza a cui calcoliamo il campo sia molto maggiore della distanza tra le due cariche, vale a dire r δ. In questa approssimazione possiamo trascurare il termine δ 2 /4 rispetto a r 2 nel denominatore, quindi otteniamo E di p = k0 (16.22) Indichiamo con δ il vettore che va dalla carica negativa a quella posi tiva, come mostrato in figura 16.36; definiamo momento di dipolo p il vettore che ha stessa direzione e lo stesso verso di δ ed ha modulo pari a p = qδ ; (16.23) δ q 2qδ . r3 q p Figura 16.36 Momento del dipolo elettrico. quindi possiamo scrivere = q δ . p Utilizzando la (16.23) il modulo del campo elettrico del dipolo sull’asse si può scrivere come y E ϕ Edip= E E P +E r ϕ q δ p Figura 16.37 (16.24) x E di p = k0 2p . r3 (16.25) q Calcoliamo ora il campo del dipolo in un punto P della retta che passa per il centro ed è perpendicolare all’asse. Scegliamo un sistema di riferimento come indicato in figura 16.37. Dato che le due cariche 16.5 • Il dipolo elettrico sono uguali in modulo e che la distanza r di ciascuna dal punto P è la + e di E − sono uguali e pari a stessa, i moduli di E q E + = E − = k0 2 ; r inoltre, se consideriamo le componenti dei due vettori lungo gli assi si ha E +,x = −E + sin ϕ E +,y = E + cos ϕ E −,x = −E − sin ϕ E −,y = −E − cos ϕ . Dato che E + = E − , da queste espressioni si ricava: q E di p,x = E +,x + E −,x = −2k0 2 sin ϕ r E di p,y = E +,y + E −,y = 0 . Dalla trigonometria si ha δ/2 = r sin ϕ quindi si ha E di p,x = −2k0 ⇒ sin ϕ = δ ; 2r q δ qδ = −k0 3 , 2 r 2r r vale a dire E di p,x = −k0 p , r3 E di p,y = 0 . (16.26) Si vede dunque che il campo di dipolo sull’asse verticale è diretto parallelamente al momento di dipolo e in verso opposto; quando la distanza r tende all’infinito il campo va a zero come 1/r 3 , cioè più rapidamente del campo della carica singola che va a zero come ∼ 1/r 2 . Se si calcola il campo in un punto qualsiasi, si vede che a grandi distanze dal dipolo esso va sempre a zero come 1/r 3 . NOTARE CHE: come vedremo in seguito, il dipolo elettrico è utile nello studio del campo elettrico della materia; infatti le molecole, pur avendo carica nulla, possono avere un momento di dipolo non nullo (per esempio la molecola dell’acqua). Dimensioni ed unità di misura del momento di dipolo elettrico Il momento di dipolo elettrico p è il prodotto di una carica per una lunghezza: [ p] = [qδ] = ql = ilt. La sua unità di misura è il coulomb·metro (C·m). Nella fisica atomica e molecolare il momento di dipolo elettrico è spesso riportato in debye (D): 1 D = 3.335641 · 10−30 C·m. 649 650 Capitolo 16 • L’interazione elettrostatica Riassumiamo • Legge di Coulomb. Due cariche puntiformi q1 e q2 ferme, e,12 e poste ad una distanza r , esercitano tra loro le forze F e,21 , tali che F e,12 = −F e,21 (terzo principio della dinamica), F date da: 1) modulo: Fe,12 = Fe,21 = |q1 ||q2 | 1 |q1 ||q2 | = k0 , 2 4π 0 r r2 dove 0 = 8.85 · 10−12 C2 /N·m2 è la costante dielettrica del vuoto e k0 = 1/4π 0 = 8.99 · 109 9 · 109 N·m2 /C2 ; 2) direzione: le due forze sono dirette lungo la retta che unisce le due cariche; 3) verso: le forze sono repulsive se le cariche hanno lo stesso segno, attrattive se hanno segno opposto. e,12 che la carica q1 esercita sulla In forma vettoriale, la forza F carica q2 è data da e,12 = k0 q1 q2 r , F r2 dove r è il vettore che va dalla carica q1 alla carica q2 e r è il versore corrispondente, cioè il vettore di modulo unitario che è diretto come r. • Principio di sovrapposizione. La forza elettrostatica che agisce su una carica Q che interagisce con un insieme di cariche q1 , . . . , qn è data dalla somma vettoriale delle forze e,1 , . . . , F e,n , dove F e,1 è la forza che la carica q1 esercita su F Q, Fe,2 è quella esercitata dalla carica q2 , ecc... generato da una distri• Campo elettrico. Il campo elettrico E buzione di cariche in un punto P è uguale al rapporto tra la forza elettrostatica che agisce su una carica di prova q posta in P e la carica stessa: = Fe . E q Il campo elettrico non dipende dalla carica di prova, ma solo dalla distribuzione di cariche che lo generano. • Principio di sovrapposizione per il campo elettrico. Il campo elettrico generato da una distribuzione di cariche è uguale alla somma vettoriale dei campi elettrici generati dalle singole cariche. • Campo elettrico di una carica puntiforme. Una carica puntiforme Q, ferma, genera in un punto P un campo elettrico dato da = 1 Q r̂ , E 4π 0 r 2 16.6 • Esercizi dove r è il vettore che unisce la carica al punto P e r̂ è il versore corrispondente. • Dipolo elettrico. Un dipolo elettrico è formato da due cariche elettriche di ugual modulo e segno opposto, separate da una distanza fissa δ. Esso è caratterizzato dal momento di dipolo , definito come p = q δ , p dove δ è il vettore che va dalla carica negativa a quella positiva. Il campo elettrico del dipolo sull’asse che congiunge le due cariche (asse del dipolo) ha modulo E di p = k0 2p . r3 16.6 Esercizi 16.1 Calcolare quanti elettroni devono essere rimossi da una pallina di gomma inizialmente neutra, per farle acquisire una carica netta di 8.0 μC. 16.2 Una bacchetta di plastica ha una carica di −4.0 nC mentre una bacchetta di vetro ha una carica di +2.4 nC. a) Quanti elettroni devono essere trasferiti dalla plastica al vetro affinché le due bacchette abbiano la stessa carica? b) Quanto vale la carica di una delle due bacchette in questo caso? 16.3 La molecola dell’acqua è formata da due atomi di idrogeno ed un atomo di ossigeno (H2 O) ed è globalmente neutra. Calcolare quanti elettroni si trovano in nove litri di acqua, sapendo che il peso molecolare dell’acqua è di 18 g/mol. Due cariche puntiformi q1 e q2 esercitano tra loro una forza di 10 N quando sono poste ad una distanza di 0.01 mm. Si calcoli la forza alla distanza di 1 mm. 16.4 Due sferette cariche positivamente si trovano alla distanza di 20 cm ed il modulo della forza con la quale si respingono è di 6 · 10−2 N. Trovare quanto vale la forza quando la distanza è ridotta a 10 cm. 16.5 La distanza tra due protoni in quiete è di 2.9 · 10−10 m. a) Trovare la forza repulsiva esercitata da ciascun protone sull’altro; b) sapendo che la massa del protone è 1.67 · 10−27 kg, determinare la conseguente accelerazione di uno dei protoni se fosse libero di muoversi. 16.6 16.7 Si calcoli la distanza a cui bisogna porre due elettroni in modo che la forza elettrostatica sia uguale alla forza peso che agisce su di essi. La massa dell’elettrone è m e = 9.1 · 10−31 kg. Un elettrone (di carica qe = −1.6 · 10−19 C e massa m e = 9.1 · kg) è mantenuto in quiete dall’azione combinata della forza peso e della forza elettrostatica esercitata da un protone fisso nello spazio. A quale distanza ed in quale posizione deve essere posto il protone rispetto all’elettrone? 16.8 10−31 651 Capitolo 16 • L’interazione elettrostatica 652 Una piccola sfera di plastica di massa m = 0.55 kg ha una carica elettrica q = 0.13 μC ed è sospesa ad un filo come mostrato nella figura 16.38. Una seconda sfera avente la stessa carica viene avvicinata alla prima dal basso finché la tensione nel filo non si è ridotta a 1/3 del valore iniziale. Quanto vale la distanza d tra le due sfere in questo caso? 16.9 T m q g d Due sferette vengono caricate con cariche q e −q e quindi attaccate agli estremi di una molla di costante elastica k = 0.1 N/m e lunghezza a riposo l0 = 7 mm. Sapendo che, raggiunto l’equilibrio, la molla si comprime di 1 mm, si calcoli q. 16.10 q Figura 16.38 Due cariche incognite q1 e q2 si trovano ad una distanza l. Il campo elettrico generato dalle due cariche si annulla in un punto che si trova sul segmento che unisce le due cariche e che dista l/3 da q1 . Quanto vale il rapporto q1 /q2 ? Specificare anche il segno relativo delle due cariche. 16.11 16.12 Una carica positiva +q viene posta nell’origine del sistema di coordinate ed un’altra carica identica viene messa lungo l’asse x nella posizione x = +0.40 m. Trovare in quale posizione deve essere messa una terza carica pari a +4q in modo tale che la forza netta sulla carica posta nell’origine raddoppi in modulo, ma non cambi direzione e verso. Due cariche puntiformi A e B, ciascuna di 30 · 10−9 C, distano tra loro 2.4 cm. a) Determinare la forza esercitata su A in modulo, direzione e verso. b) Una terza carica puntiforme C, uguale alle prime due, viene posta in modo da formare un triangolo equilatero con A e B. Trovare di nuovo la forza agente su A in modulo, direzione e verso. 16.13 16.14 Tre cariche positive uguali di carica 1 μC sono poste ai vertici di un triangolo equilatero di lato 10 cm. Una quarta carica positiva q0 = 0.1 nC viene posta al centro del triangolo. Determinare: a) la forza risultante su q0 dovuta alla presenza delle altre tre cariche; b) la forza risultante nel caso in cui una delle cariche venisse tolta da uno dei vertici del triangolo. α q1 T m Figura 16.39 q2 d 16.15 Una piccola sferetta di plastica di massa m = 80 g è appesa al soffitto come mostrato in figura 16.39; la sferetta ha una carica positiva q1 = 600 nC. Alla destra di q1 vi è un’altra sferetta che possiede una carica negativa q2 = −900 nC. In condizioni di equilibrio si raggiunge la configurazione realizzata in figura, dove le due sferette si trovano alla stessa quota e distano tra loro d = 15 cm. Trattando le due sferette come cariche puntiformi, determinare l’angolo α e la tensione T del filo. In un punto dello spazio distante 10 m da una carica puntiforme, l’intensità del campo elettrico generato dalla carica vale 10 N/C ed il campo è diretto verso la carica. Trovare il valore della carica in modulo e segno. costante. 16.17 Una distribuzione di carica genera un campo elettrico E Una carica q = 2 · 10−9 C posta in un punto P è soggetta ad una forza elettrostatica pari a 3 · 10−7 N. Quanto vale il modulo del campo elettrico? 16.16 16.18 Una particella di carica q1 = 2.6 nC, posta in un punto P dello spazio, sente una forza verticale diretta verso l’alto di 0.58 μN dovuta alla in presenza di una distribuzione di cariche. Determinare: a) il valore di E modulo, direzione e verso in questo punto; b) la forza che questo campo eserciterebbe su una particella di carica q2 = −13 nC collocata nello stesso punto P al posto di q1 . Una carica di 45 μC è situata nel punto del piano {x y} individuato dal raggio vettore r0 = (3 m, 4 m). Determinare il modulo, la direzione e il nel punto r = (7 m, −4 m). verso del vettore campo elettrico E 16.19 Tre cariche puntiformi q1 = Q, q2 = −2Q, q3 = Q, Q = 4 pC, giacciono sull’asse x di un opportuno sistema di riferimento. Le loro 16.20 16.6 • Esercizi 653 coordinate sono x1 = −2 mm, x2 = 0, x3 = 2 mm. Si calcoli: a) il campo elettrico nel punto (d, 0), d = 4 mm; b) il campo elettrico nel punto (0, d); c) la forza elettrica che agisce su una carica Q posta in (0, d). 16.21 Due cariche elettriche, di valore rispettivamente q1 = 40 μC e q2 = 150 μC, sono fissate in due punti dello spazio distanti tra loro 20.0 m. Una terza carica q3 = −5 μC viene posta sul segmento che congiunge le due cariche, ad una distanza di 5.0 m rispetto a q1 . Determinare: a) la forza totale agente su q3 , in modulo, direzione e verso; b) il campo elettrico presente nel punto dove si trova q3 , in modulo, direzione e verso. 16.22 Quattro cariche positive, ciascuna di valore 1 · 10−10 C, giacciono nei vertici di un quadrato. Nel centro del quadrato viene posta una carica negativa. Se la forza risultante agente su ciascuna delle cinque cariche è nulla, determinare il valore della carica negativa. Quattro cariche q1 = +2.0 μC, q2 = +4.0 μC, q3 = −6.0 μC e q4 = +8.0 μC sono poste ai vertici di un quadrato il cui lato è lungo l = 0.5 m come mostrato nella figura 16.40. Trovare il campo elettrico nel centro del quadrato. Supponendo di scegliere un sistema di riferimento come quello indicato in figura, in cui l’origine coincide con il centro del quadrato, si esprima il campo tramite le sue componenti e se ne indichi il modulo. 16.23 16.24 Facendo riferimento alla figura 16.40, supponiamo che le quattro cariche siano q1 = −3 μC, q2 = 2 μC, q3 = −1 μC e q4 = 4 μC e che il lato sia lungo l = 10 cm. Determinare in modulo, direzione e verso la forza elettrostatica che le tre cariche q1 , q2 e q3 esercitano su q4 . Due cariche puntiformi di carica rispettivamente q1 = 2.0 · 10−6 C e q2 = 3.0 · 10−6 C distano fra loro 0.5 m. a) Trovare il modulo, la direzione in un punto A giacente sulla retta che unisce e il verso del campo elettrico E le due cariche e che si trova ad una distanza di 0.5 m da q2 ed 1.0 m da nel punto A nel caso in cui la carica q2 q1 . b) Trovare di nuovo il campo E abbia carica −3.0 · 10−6 C. q1 16.25 Tre particelle, ognuna di carica q = 2 nC, si trovano sui vertici di un quadrato di lato d = 20 cm. Sul quarto vertice del quadrato non c’è nessuna carica. Determinare, in modulo, direzione e verso: a) il campo elettrico nel centro del quadrato; b) il campo elettrico sul vertice senza la carica. 16.26 q4 y O q2 l x q3 Figura 16.40