I linguaggi musicali dei bambini dai tre ai sei anni

Provincia autonoma di Trento
Dipartimento della conoscenza
Servizio infanzia e istruzione del primo grado
Ufficio infanzia
I linguaggi musicali dei bambini dai
tre ai sei anni
Laboratorio formativo per insegnanti di scuola dell'infanzia
a cura di Associazione QB - Quanto Basta
Formatori
Marta Abatematteo, musicista e cantante, si occupa di educazione musicale dal
2002. Conduce laboratori, percorsi e progetti musicali e sonori per bambini, anche con
i genitori, presso le istituzioni educative (dal nido alla scuola primaria), collaborando
con enti ed associazioni come Mus-e e Antoniano di Bologna, anche come formatrice.
Lavora come cantante solista in concerti e spettacoli teatrali e ha inciso alcuni brani
musicali.
Laura Francaviglia, musicista e musicoterapista, si occupa di attività musicali per i
bambini del nido, delle scuola dell'infanzia e primaria, e conduce gruppi di gioco
musicale per genitori e bambini dai 0 ai 3 anni, con una particolare attenzione per la
disabilità. È insegnante di chitarra classica e propedeutica musicale per l'Associazione
musicale Consonanze di Casalecchio di Reno (BO).
Cristian Grassilli, psicologo-psicoterapeuta, musicoterapeuta, cantautore. Svolge
attività libero professionale a Bologna, collaborando con diverse associazioni del
territorio in progetti di prevenzione, formazione e integrazione scolastica con l’utilizzo
della musica. Ha pubblicato con La Meridiana i libri con CD Psicantria: manuale di
psicopatologia cantata (2011) e Psicantria della vita quotidiana (2014).
Franca Mazzoli, pedagogista, si occupa di educazione musicale dagli anni ’70.
Lavora come formatrice freelance e ha collaborato come cultore della materia con la
Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Bologna. Dal 2009 cura
l'ideazione di laboratori ed esposizioni sonore per bambini e adulti per l'associazione
QB Quanto Basta di Bologna, di cui è presidente. Ha pubblicato articoli e libri
sull'educazione musicale.
I linguaggi musicali dei bambini dai tre ai sei anni
Indice
Premessa
7
I linguaggi musicali dei bambini
9
di Franca Mazzoli
Il valore comunicativo delle esperienze musicali
12
di Cristian Grassilli
La voce come strumento espressivo
16
di Marta Abatematteo
La cultura musicale dei bambini
19
di Franca Mazzoli
Dall'esplorazione alla combinazione dei suoni: il valore della ripetizione
23
di Laura Francaviglia
L'ascolto come dispositivo di rilancio
26
di Laura Francaviglia
Esperienze nelle scuole dell’infanzia
29
Bicicletta musicale - Scuola dell’infanzia Fucine, Sezione Aula Rossa
29
La scatola ballerina - Scuola dell’infanzia Centa San Nicolò
32
Dal torrente alla musica - Scuola dell’infanzia di Vigolo Vattaro
35
Bibliografia
37
I linguaggi musicali dei bambini dai tre ai sei anni
I linguaggi musicali dei bambini dai tre ai sei anni
Premessa
Le attività progettate nelle scuole - ideate a partire da situazioni di gioco messe in atto
spontaneamente dai bambini, che le insegnanti hanno saputo osservare e organizzare
- hanno individuato traduzioni operative coerenti dei contenuti teorici e metodologici
proposti dal percorso formativo che ha considerato la musica come ambito linguistico
da esplorare e non come prodotto da consumare.
Presentando alle insegnanti un'idea di musicalità intesa come competenza legata
all'espressione e alla comunicazione interpersonale che i bambini sviluppano rispetto
alle prime esperienze di contatto e di relazione con il proprio contesto abitativo,
abbiamo voluto sottolineare l'importanza del gioco musicale nei primi anni di vita,
come opportunità di scoperta e di appropriazione individuale delle caratteristiche
sonore del proprio corpo, degli oggetti e dell’ambiente, vissute e condivise all’interno
di un gruppo sociale significativo.
L'intervento formativo ha quindi puntato a fornire alle insegnanti alcuni strumenti
operativi che, oltre a rendere più facile il riconoscimento in ogni bambino di
competenze musicali personali, potevano creare una condivisione favorevole
all’elaborazione collettiva delle idee e delle ipotesi di gioco.
In coerenza con questa ottica pedagogica, abbiamo presentato i riferimenti teorici e
metodologici alle insegnanti anche attraverso momenti di pratica musicale che
potevano facilitare la messa a fuoco delle loro diverse idee di musica e favorire il
confronto nel gruppo.
Naturalmente, negli incontri formativi sono emersi differenti punti di vista e in più di
un'occasione ci siamo soffermati a riflettere sull’impossibilità di definire a priori le
modalità giuste per proporre l’esperienza musicale nella scuola dell’infanzia,
affermando invece la necessità di individuare di volta in volta le modalità più efficaci
per conciliare il bisogno di sperimentare dei piccoli con le tradizioni culturali e i gusti
musicali degli adulti e per concedere il tempo necessario per strutturare il lavoro di
produzione e composizione.
La riflessione metodologica, attuata nel percorso formativo anche attraverso momenti
di lavoro autogestiti dalle insegnanti, ha creato una maggiore capacità di attenzione e
sintonizzazione con il pensiero musicale dei bambini e, conseguente, ha favorito
l’ideazione di situazioni di gioco innovative e stimolanti dando vita a una riflessione a
più voci che abbiamo voluto in qualche modo documentare.
Per questo il testo utilizza anche materiali scritti dalle insegnanti, tratti da osservazioni
o dalle sintesi delle esperienze realizzate, che documentano in modo efficace alcune
buone pratiche coerenti con i riferimenti teorici qui descritti, già sperimentate nelle
scuole coinvolte.
7
I linguaggi musicali dei bambini dai tre ai sei anni
I linguaggi musicali dei bambini
Dalle molte ricerche che negli ultimi anni hanno studiato le modalità della percezione
sonora nei primi mesi di vita e le prime interazioni corporee e vocali, è nata una nuova
idea di musicalità dei comportamenti come caratteristica delle relazioni umane che
caratterizza gli scambi interpersonali di alta qualità. Il gioco musicale è considerato
un'importante forma d’interazione sociale e questa convinzione modifica la logica con
cui nella scuola si progettano le attività musicali, mettendo al centro dell’intervento
dell’adulto non più la disciplina artistica di riferimento, la musica, ma invece la
particolare musicalità dei bambini ai quali ci si rivolge, da valorizzare con un
atteggiamento di attenzione, ascolto e condivisione.
Ascolto reciproco, alternanza nel dialogo che costruisce ritmo condiviso e organizza il
tempo, rispecchiamento e sviluppo di significato sono elementi che caratterizzano i
primi scambi con la madre e le prime esperienze musicali dei bambini, molto
gratificanti perché inseriti in una cornice relazionale importante. Dare continuità a
questi elementi dell’esperienza musicale nelle proposte della scuola dell’infanzia
significa riconoscere le competenze dei singoli bambini, offrendo una situazione
favorevole al loro sviluppo, in una logica di scambio e di comunicazione allargata.
Per potersi sviluppare in modo armonico, i segnali comunicativi dei bambini devono
essere riconosciuti e sostenuti dagli adulti attraverso azioni consapevoli di
accoglienza, valorizzazione e promozione, e fatti circolare all’interno del gruppo dei
pari, trovando elementi di confronto e di ulteriore elaborazione.
Quando l’adulto recupera la propria competenza musicale facendo attenzione alle
sfumature della voce, ai ritmi dei dialoghi e delle attività di gioco, alle sonorità degli
ambienti e degli oggetti e propone situazioni di ascolto non solo legate a brani
musicali, ma anche alle sonorità prodotte dai bambini e dalle azioni quotidiane, è
possibile costruire situazioni di gioco coerenti con le competenze dei bambini e agire
anche in funzione di una musicalità diffusa come linguaggio condiviso dal gruppo.
Alcune indicazioni contenute negli «Orientamenti per le attività educative” della
Provincia autonoma di Trento sembrano in sintonia con questa ottica pedagogica,
dove si afferma: “Grazie ai linguaggi, verbali e non verbali, il bambino organizza la sua
percezione dell'ambiente naturale, apprende a conservare o a modificare l'ambiente
sociale, struttura ed esprime il suo pensiero ponendosi in comunicazione con gli altri e
costruendo insieme a loro i 'suoi' linguaggi; in quanto destinatario di messaggi, infatti,
egli riceve informazioni che rielabora, sviluppando il suo pensiero e realizzando le
comunicazioni volute. […] Cogliere la centralità del bambino nel processo di
formazione della sua competenza comunicativa significa rispettarne il ruolo di
iniziatore del processo di acquisizione, di destinatario-emittente di messaggi e di cocostruttore della sua stessa padronanza dei linguaggi»1.
«La prima educazione musicale di base va intesa come progressiva acquisizione della
padronanza e della conoscenza degli elementi fondamentali e semplici della musica.
Si tratta, cioè, di raggiungere la maturazione delle capacità sensoriali, cognitive ed
affettive - emotive che consentono di controllare, riconoscere ed interpretare gli stimoli
1
Orientamenti per le attività educative della Provincia autonoma di Trento (1995), Parte II cap. 4 Il modello
curricolare, Ambito della comunicazione.
9
sonori nelle loro valenze comunicative, espressive ed evocative. In questa prospettiva,
la scuola dell'infanzia guida il bambino al progressivo sviluppo delle capacità di
discriminazione, produzione e fruizione di eventi sonori e musicali.»2
Attraverso le attività proposte dalla scuola, ogni bambino può costruire, conoscere e
confrontare all’interno di un gruppo i significati relazionali e cognitivi dei diversi
linguaggi: vissuti all'interno di una dimensione comunicativa, i linguaggi presenti nel
contesto abitativo possono essere acquisiti in modo personale e socializzato, e dare
vita a processi di crescita significativi per ciascun bambino.
Anche la presenza dell'adulto gioca un ruolo importante nello sviluppo delle
competenze linguistiche, a seconda degli atteggiamenti che decide di assumere: a
scuola si può infatti insegnare (elementi dei singoli linguaggi, tecniche espressive
specifiche, regole di combinazione tra segni...) o invece organizzare i percorsi di
crescita e tutelare le particolari modalità con cui ogni bambino esplora i diversi ambiti
linguistici, dandogli la possibilità di combinare come vuole (per prove ed errori) gli
elementi che via, via mette a fuoco.
Secondo Howard Gardner, poiché tra i due e i sette anni la capacità del bambino di
usare, manipolare, trasformare e comprendere diversi simboli matura a un ritmo
impressionante, la scuola dell'infanzia dovrebbe essere progettata per offrire ai
bambini la possibilità di sperimentare in modo personale i diversi linguaggi, grazie a
un'azione di tutela che gli insegnanti possono svolgere nei confronti delle diverse
modalità di esplorazione e combinazione presenti in ogni gruppo.
Intervenendo a proposito dell’opportunità di tutelare lo sviluppo linguistico personale
dei bambini o invece di insegnare precocemente gli elementi di base dei diversi
linguaggi, per educare anche nei primi anni di vita le capacità artistiche, Gardner
afferma che tra i due e i sette anni «la capacità del bambino di usare, manipolare,
trasformare e comprendere diversi simboli matura a un ritmo impressionante» e che,
conseguentemente, nello stesso periodo «l’approccio che pone l’accento sullo
sviluppo naturale e spontaneo delle capacità del bambino si mostra particolarmente
valido». Solo successivamente, «con le modificazioni evolutive che accompagnano gli
anni dell’ingresso a scuola, sembra consigliabile un atteggiamento più attivo e
interventista, soprattutto in un ambiente che virtualmente non offre alcun sostegno
sociale agli sforzi artistici (contrapposti a quelli scientifici)»3
Conseguentemente, le funzioni dell’adulto a supporto della realizzazione di percorsi di
educazione musicale nella scuola dell’infanzia possono essere ricondotte ad alcune
funzioni fondamentali:
•
allestimento dei contesti di gioco che garantiscano anche il vuoto e il
silenzio;
•
progettazione di modalità di interazione musicale con i bambini;
•
osservazione e analisi della musicalità dei comportamenti infantili;
•
l’individuazione dei dispositivi di valorizzazione dei comportamenti
individuali;
•
condivisione e rilancio delle scoperte musicali individuali;
2
Orientamenti per le attività educative della PAT, Parte II cap. “Educazione ai linguaggi del suono e della
musica”
3
GARDNER H. (1993) Il bambino come artista, Anabasi, Milano, pp.162 – 70.
10
I linguaggi musicali dei bambini dai tre ai sei anni
•
attenzione al pensiero musicale dei bambini, considerando le loro attività di
gioco come occasioni per pensare “liberamente” o meglio per liberare
pensieri che, nel gioco espressivo, trovano motivazione e spazio per
definirsi.
Particolarmente utile per la messa a punto dell’intervento dell’insegnante secondo
questi criteri è il concetto di dispositivo presentato nel testo di Monique Frapat:
«Il percorso è indicato dai bambini e dai loro interessi, mentre all’insegnante spetta il
compito di introdurre dispositivi diversi e appropriati alla situazione di gioco specifica,
ma anche quello di manifestare un’aspettativa, valorizzare le scoperte individuali e
allargarle al gruppo per sollecitare l’immaginazione collettiva e aiutare ciascun
bambino ad approfondire la propria ricerca. (...) Con il termine dispositivo si intende la
mediazione concreta che l’insegnante deve individuare in riferimento alla situazione
specifica per consentire al bambino di concentrare la propria attenzione sul suono e
sulle sue caratteristiche. (...) dispositivi materiali (il modo di offrire gli oggetti); giochi
guidati (attività in cui si deve rispettare una regola precisa); dispositivi di scambio
(momenti che consentono al gruppo di conoscere le invenzioni individuali). In questo
senso il dispositivo è il supporto concreto, difficilmente definibile a priori, che
l’insegnante deve trovare e mettere a disposizione dei bambini, per facilitare
l’attivazione di una condotta musicale, lasciando sullo sfondo gli aspetti extramusicali
della situazione di gioco.
L’individuazione di dispositivi appropriati si può quindi realizzare appieno soltanto
mantenendo nei confronti dell’esperienza musicale un’attenzione costante e rigorosa,
ma anche la capacità di continuare a stupirsi di fronte alle scoperte che ogni bambini
fa giocando con i suoni, con il proprio corpo, con la voce e la disponibilità a inventare
nuovi modi per esplorare, per far evolvere le intuizioni musicali osservate. Il dispositivo
è quindi la mediazione concreta che l’insegnante deve utilizzare per rendere il suo
intervento leggero, ma nello stesso tempo profondo. Leggero perché non deve
sovrapporsi all’originalità particolare dei bambini, e quindi deve evitare di offrire
soluzioni immediate che limiterebbero l’esplorazione; ma anche profondo, perché
deve dare spazio all’elaborazione e aiutare i bambini a sviluppare e interiorizzare
un’esperienza che, lasciata alla spontaneità, facilmente andrebbe perduta.»4
4
FRAPAT M. (1994) L’invenzione musicale nella scuola dell’infanzia, Junior, Bergamo, p. 7.
11
Il valore comunicativo delle esperienze musicali
Nel periodo prenatale l’udito si sviluppa dalla sesta settimana e alla fine dell'ottavo
mese si completa; già dalla ventottesima settimana il feto sa discriminare e
memorizzare la voce umana. Un’esperienza di Feijoo (1981) mostra che il feto è
capace, a partire dal settimo mese di gravidanza, di memorizzare un messaggio
musicale. Il neonato è in grado di orientarsi verso una sorgente sonora: è sensibile
all’intensità, all’altezza e alla complessità dei suoni e, fin dalla nascita, presta
attenzione a parametri dello stimolo caratteristici degli esseri umani. Nel corso del
terzo mese il bambino diventa capace di rispondere selettivamente agli stimoli e a
certi stimoli esterni: la voce e il volto della madre piuttosto che altri. Le vocalizzazioni
compaiono intorno alla terza settimana e sono funzionalmente e morfologicamente
legate al pianto, dal quale poi gradualmente si dissociano; compaiono le prime
reazioni circolari vocali: strilli, gorgoglii suoni vocalici che vengono ripetuti con
soddisfazione e piacere. Già alla quinta settimana la voce della madre è più efficace
delle altre nel produrre delle vocalizzazioni nel bambino; verso la fine del secondo
mese ci sono le prime imitazioni vocali, come accomodazione di schemi vocali che il
bambino possiede.
Nell’incontro sono state accennate tre teorie relative alla nascita dell'intersoggettività:
la teoria dell'attaccamento di Bowlby, la teoria della socialità innata di Trevarthen, e
infine l’ipotesi di Stern che considera l’intersoggettività e l’attaccamento sistemi
motivazionali primari che si sostengono a vicenda, tanto che è difficile stabilire quali
dei due emerga prima (l'intersoggettività crea le condizioni necessarie
all’attaccamento, ma è la vicinanza a persone significative a favorirne lo sviluppo).
Si è riflettuto sul concetto di sintonizzazione affettiva proposto da Stern, con cui la
mamma esprime le qualità del sentimento condiviso con il bambino, senza imitarne
l’espressione comportamentale.
Si è affrontata anche la distinzione musica/rumore, sottolineando soprattutto la
dimensione culturale: ciò che viene considerato musica o rumore varia infatti a
seconda del contesto. Questa consapevolezza è utile per affermare l'importanza, in
ambito educativo, di un atteggiamento di disponibilità a 360 gradi nei confronti delle
produzioni sonore dei bambini, tutte da leggere, comprendere e valorizzare, evitando
di classificarle sbrigativamente in rumore privo di significato. Sono state prese in
esame le condotte musicali dei bambini che Delalande definisce, in riferimento alle tre
fasi del gioco infantile (senso-motorio, simbolico, di regole) descritte da Piaget.
Delalande fa corrispondere al gioco senso-motorio la condotta esplorativa, basata sul
lavoro di scoperta e di sperimentazione sonora di “reazioni circolari”: un suono
interessante è esercitato per se stesso, attraverso la ripetizione di azioni (picchiettare,
graffiare, battere, strofinare, ecc.) anche vocali.
Progressivamente, grazie all’assimilazione e all’accomodamento, gli schemi motori si
fissano, fino a costruire veri e propri modi di suonare. Nel bambino, come nel
musicista, il gesto acquisito infatti si modifica per conformarsi a ogni specifica
situazione.
L’esplorazione è il punto di partenza di una forma di invenzione. Inoltre, attraverso
l'esplorazione dell'oggetto, il bambino affina anche le proprie risorse sonore:
scoprendo tutto ciò che l'oggetto può offrire, cambia infatti frequentemente il proprio
12
I linguaggi musicali dei bambini dai tre ai sei anni
modo di suonare, sperimentando azioni differenti. Nell'esplorazione si possono quindi
distinguere tre fasi: l'esplorazione dell'oggetto materiale, l'inventario delle singole
possibilità sonore, e infine la scelta della singolarità sonora che dà voglia di ripeterla,
modificandola e osservandone tutte le sfaccettature.
Secondo Delalande la fase del gioco simbolico si realizza a livello musicale nella
condotta espressiva. Il bambino attribuisce al suono la capacità di rappresentare, di
avere un senso in un certo contesto, di evocare movimenti, affetti: è il risultato
intenzionale della volontà di esprimersi con i suoni. La musica è un simbolo, sta per
qualcos’altro. Il gesto produttore rimanda a connotazioni affettive: qui il motorio e
l’affettivo si ricongiungono «è il gioco del fare finta: è qui che il motorio e l'affettivo si
incontrano», ad esempio dietro a un tocco delicato c’è la delicatezza.
Un’esemplificazione interessante di quanto precedentemente affermato è presente in
un’osservazione delle insegnanti della Scuola dell'infanzia di Vigolo Vattaro:
“Al momento della merenda mattutina, i bambini sono seduti ai tavoli con la ciotolina di
plastica per lo yogurt. Finito lo spuntino, al mio sollecito nel ripulire con cura la ciotola
con il cucchiaino, iniziano a ubbidire rumorosamente facendo battere il cucchiaio
contro le pareti della plastica della ciotola stessa. Dal rumore assortito in varie
cadenze, hanno poi iniziato volutamente a produrre assieme un ritmo.”
Sembra che i bambini, seguendo le indicazioni dell'adulto e iniziando a sbattere il
cucchiaino, provochino un suono che, inizialmente non organizzato, col tempo
assume varie cadenze e diventa interessante in quanto elaborazione musicale dei
suoni della prima esplorazione che vengono formalizzati. Il suono, nato dal gesto
richiesto dall’insegnante, diventa oggetto di interesse esplorativo per il gruppo dei
bambini che, costruendo insieme un gioco inizialmente caratterizzato da condotte
senso-motorie in cui il piacere è legato alla ripetizione dell’azione, vive poi un
momento di sintonizzazione di gruppo in cui la produzione sonora si struttura su
regole “implicite” (che alle orecchie dell’insegnante sembrano caratterizzate dalla
produzione intenzionale di un ritmo, ovvero di una successione di suoni eseguiti in
maniera regolare nel tempo).
L’intenzionalità della produzione sonora è confermata dall'osservazione che prosegue:
“Alla mia richiesta di che cosa si trattasse, hanno risposto “il cavallo al galoppo”…
rallentando il ritmo dei colpi poteva invece sembrare “il cavallo al trotto”… Visibile da
parte mia è stato lo stupore che si era creato tra loro nel trovare piacere per quella
nuova scoperta e per l’azione stessa del battere. Alcuni bambini erano più agili nel
proporre il ritmo ma anche gli altri, piccoli compresi, seguivano divertiti e la novità è
stata protratta per qualche minuto. Con la loro fantasia quindi, una ciotolina vuota di
yogurt e un cucchiaio sono così diventati a sorpresa il loro cavallo al galoppo.”
In questa situazione, il passaggio dal senso-motorio al simbolico sembra avvenire
spontaneamente nel gioco musicale dei bambini che hanno collegato al suono
prodotto un elemento rappresentativo privo di valenze affettive, ma ricco di elementi
fonosimbolici simili all'immagine e al suono del “cavallo al galoppo”.
Un’altra osservazione, realizzata nella scuola dell'infanzia di Folgaria, porta ad altri
spunti di riflessione:
“Momento di gioco libero in sezione: i bambini sono invitati dalle insegnanti a scegliere
un angolo organizzato della sezione (lettura, farina, manipolazione, costruzioni,
casetta) e a giocare con uno o più compagni. Tutti si organizzano giocando con il
13
materiale a disposizione. Un bambino di tre anni si avvicina al mobile-contenitore dei
giochi da tavolo (puzzle, domino, tombola) e prende una tesserina forata al centro;
tenendola con entrambe le mani, la muove come fosse un volante, emettendo il suono
“BR-BR-BR-BRUM”. Al BRUM finale la voce si alza. Un bambino di quattro anni,
richiamato dal suono forte, prende a sua volta un altro pezzo dello stesso gioco e
segue il compagno, imitandolo a breve distanza.”
Il suono di un bambino, emesso durante un'esplorazione spontanea guidata da criteri
immaginativi personali, risulta interessante per un coetaneo che decide di condividere
il gioco musicale, imitando la scelta dell’oggetto, dell’azione e del suono che
l’accompagna. Si realizza così un momento di socializzazione, favorito dall’imitazione,
che determina una comunicazione basata su parametri mimico-sonori in cui, senza
indicazioni esplicite, i bambini iniziano a giocare insieme. Il gioco coinvolge i bambini
che lo sviluppano secondo schemi che utilizzano ripetizione e variazione:
“Dopo diversi giri della sezione, notiamo che entrambi i bambini posizionano alcune
sedie una dietro l’altra, sedendosi nel primo e secondo posto e, con la loro tesserina
in mano, proseguono il gioco emettendo in maniera vigorosa il suono “BR-BR-BRBRUM.”
Il suono emesso in “maniera vigorosa” che possiamo immaginare di un’intensità medio
- alta, oltre ad essere l'attrattore del gioco che ha messo in comunicazione i bambini,
caratterizza anche il successivo momento di rappresentazione, nel quale entrambi
sonorizzano il rombo dei loro bolidi, mettendo in comune i suoni e potenziando il
piacere legato alla produzione vocale condivisa con un risultato sonoro più intenso,
dovuto alla sovrapposizione delle due vocalizzazioni. Il gioco musicale diventa quindi
gratificante non solo per il piacere di fare insieme, ma anche per l’efficacia del risultato
sonoro che i bambini riescono a ottenere, rendendo reale un immaginario comune.
Le potenzialità evocative dei suoni, sulle quali quotidianamente i bambini
spontaneamente costruiscono azioni di gioco, sono evidenti anche in un’osservazione
realizzata nella scuola di Centa San Nicolò:
“Al momento della pulizia dei denti. Dopo aver chiesto ai bambini un po' di silenzio per
ascoltare il rumore del nostro spazzolino, un bambino, muovendo lo spazzolino, fa
notare che assomiglia a uno spazzolino; altri cambiando movimento, notano
somiglianze con la pioggia, il rumore della doccia e una motosega.”
Anche qui, come nel precedente esempio, è lampante come l’ottica dell’ascolto
proposta dall’insegnante porti i bambini a modificare il gesto abituale con lo
spazzolino, finalizzato alla pulizia dei denti, andando alla ricerca di immagini sonore
differenti, totalmente estranee all'oggetto che tengono tra le mani e alla funzione
igienica che stanno realizzando.
Sarebbe interessante capire i criteri secondo i quali i bambini cambiano il proprio
movimento per poter poi scoprire così nuove sonorità e nuove forme sonore (basta
l’indicazione dell'adulto che chiede una maggiore attenzione all'ascolto o le modifiche
della velocità sono invenzioni spontanee nate da condotte esplorative dei bambini?).
In ogni caso, possiamo notare come una maggiore attenzione al risultato sonoro di
una semplice azione quotidiana attivi nei bambini un interesse per le somiglianze
fonosimboliche che si possono attribuire ai suoni dello spazzolino che, grazie a
un'operazione di confronto e astrazione delle caratteristiche sonore, vengono
identificati come “suoni simili”.
14
I linguaggi musicali dei bambini dai tre ai sei anni
Nei giorni successivi, lo schema di gioco si rovescia: i bambini non si divertono più ad
attribuire significati evocativi diversi ai suoni emessi con lo spazzolino, ma cercano di
creare suoni particolari con le azioni:
“Nei giorni successivi, mentre ci laviamo i denti, suggeriscono di imitare con lo
spazzolino: il topolino, la doccia, la pioggia e la motosega”.
Lo spazzolino sembra essere diventato per i bambini uno strumento in grado di creare
suggestioni sonore: accanto alla funzione igienica primaria, il suono e al gesto del
lavarsi i denti offrono ai bambini la possibilità di creare immagini sonore particolari. Il
gioco del far finta viene sperimentato in due differenti versioni: nella prima, i bambini
associano a un’azione un’immagine sonora evocata, nella seconda finalizzano i gesti
alla rappresentazione di un’immagine che hanno in mente.
Grazie alla proposta iniziale dell’insegnante, che suggerendo di fare silenzio ha creato
uno spazio di ascolto valorizzante, lo spazzolino è diventato uno strumento efficace
per produrre “pastelli sonori” capaci di dare forma e colore alle timbriche e agli aspetti
fonosimbolici della realtà e dell’immaginario dei bambini.
15
La voce come strumento espressivo
La voce, attraverso il pianto, è una delle prime forme vitali del neonato, largamente
utilizzate e possibili grazie alla completa funzionalità dell'apparato uditivo, primo
organo a formarsi durante la gravidanza. Nei primi mesi e in tutto il primo anno di vita,
il contatto vocale madre-bambino, molto importante per la relazione, favorisce
l'esplorazione delle proprie potenziali vocali che, anche negli anni successivi,
continuerà e si specializzerà attraverso un gioco vocale spontaneo che affianca
l'acquisizione del linguaggio verbale e integra la comunicazione, dando espressività al
parlato.
Studiando i canti che i bambini eseguono quando sono guidati dall'adulto e
confrontandoli con i giochi vocali spontanei che accompagnano il gioco e le azioni
quotidiane, Susan Young ha osservato che le prime tipologie di gioco spontaneo
vocale continuano ad essere utilizzate dai bambini anche a tre e cinque anni e che,
grazie alle nuove capacità sociali, nei gruppi queste produzioni vocali danno vita a
interessanti interazioni tra pari, come i duetti o a trasformazioni collettive di canzoni
conosciute. Gli studi sui canti eseguiti in situazioni libere mostrano come i bambini
sviluppino la propria produzione vocale in forme funzionali agli obiettivi prioritari della
situazione specifica. La vocalità è spesso associata a movimenti del corpo e utilizzata
per giocare, per accompagnare incombenze quotidiane, per regolare il proprio stato
emotivo o anche semplicemente per il puro piacere, in situazioni individuali o
collettive.
Molte ricerche concordano sull'importanza di valorizzare il canto spontaneo,
essenziale nella formazione dell'identità del bambino per la sua funzione emotiva e
socializzante e, conseguentemente, sull'opportunità di offrire a queste attività tempi e
spazi adeguati. Alcune osservazioni realizzate nelle scuole dell’infanzia durante la
formazione hanno confermato che i bambini, anche in momenti informali, giocano
spontaneamente con la propria voce, esplorandola; e che quando l'insegnante
valorizza questi giochi, si sviluppano situazioni coinvolgenti per tutti.
Un esempio viene dalla scuola dell'infanzia di Pomarolo:
“Al momento del dopo pranzo, quando i bambini sono seduti sulle panchine in cerchio,
chiedo ai bambini di fare un minuto (controllo l'orologio) di silenzio. Un bambino
comincia a schioccare la lingua, altri lo imitano; una bambina invece soffia, facendo
vibrare le labbra; alcuni fanno il verso degli indiani. Invito i bambini a cercare altri modi
di “suonare” con la bocca: ne escono il verso del serpente, il soffio sulle mani, il suono
delle labbra che si avvicinano e si allontanano per imitare i pesci. Spesso, i bambini, in
questo momento dopo il pranzo mi chiedono di fare questo gioco, dimostrando di
provare piacere sia per il suono che per la gestualità”.
Chiedendo di fare silenzio (spesso la condizione di partenza necessaria per ascoltare
suoni e rumori che ci circondano, per concentrarsi e produrre suoni) e mostrando
interesse per ciò che i bambini proponevano, l'insegnante ha creato uno spazio
acustico favorevole e una situazione di produzione e ascolto condivisa che i bambini
hanno mostrato di apprezzare e voler mantenere. I bambini sembrano preferire la
sperimentazione di suoni e di versi di animali, attivando produzioni vocali che
testimoniano la voglia di scoprire, modulare e controllare, le proprie potenzialità
fonatorie in modo creativo, funzionale al gioco e al divertimento.
16
I linguaggi musicali dei bambini dai tre ai sei anni
Inoltre, la richiesta esplicita di ripetere giorno dopo giorno il gioco, conferma non solo il
piacere, ma anche l’importanza che i bambini attribuiscono a questa attività vocale
che, per svilupparsi, ha bisogno dello sguardo interessato e complice dell'insegnante.
Cogliere gli interessi di sperimentazione vocale dei bambini, che spesso emergono in
scoperte causali e non programmate, e che devono essere sostenuti e rilanciati
attraverso una condivisione nel gruppo, è dunque una funzione importante
dell’insegnante che accogliere e organizzare esperienze coinvolgenti, come
testimonia l’osservazione realizzata durante una passeggiata dei bambini della scuola
dell’infanzia di Vigolo Vattaro:
“Passando davanti al cantiere di una casa in costruzione, ci siamo fermati per leggere
ed osservare i segnali di attenzione o di divieto relativi al cantiere stesso. Di fronte a
noi c'era l'apertura del grande garage aperto che ci ha “rimandato” le nostre voci e con
meraviglia i bambini si sono resi conto che c'era qualcosa di strano. Alcuni bambini
hanno cominciato a vocalizzare intenzionalmente per ottenere la risposta alla loro
voce. È iniziato così un divertente gioco musicale: abbiamo provato a modulare il tono
della voce, la durata del suono, a vocalizzare con una sola voce o più voci insieme,
rispettando anche i momenti di silenzio necessari per sentire “l'eco” della nostra voce.
L’abbiamo chiamato il gioco del garage che ci ridà la voce.”
La disponibilità dell'insegnante ad accogliere il gioco musicale durante la passeggiata
comunica ai bambini un interesse che sostiene il gioco e stimola una produzione
vocale creativa.
Successivamente, a scuola, è ugualmente importante poter condividere i pensieri
messi in moto dall'esperienza in un momento di conversazione guidata che consente
di raccogliere i commenti dei bambini sul fenomeno osservato e di organizzarne
possibili sviluppi di gioco.
“L'eco parla se no i bambini non sentono. L'eco va addosso al muro e il muro rimbalza
fuori le voci, perché non c'è niente per andare avanti. Il suono deve andare sempre
diritto e non può fare le curve. È come un tappeto elastico.”
Il fenomeno dell’eco è ricco di spunti, perché collega l’ascolto a una produzione
sonora che, pur senza supporti tecnologici, mette a contatto con una trasformazione
della voce un po' magica. Sensibilizza il bambino nella percezione del tempo (bisogna
aspettare e tacere affinché la voce ritorni) e sottolinea la bellezza e la differenza tra la
voce singola e le voci sovrapposte. Il gioco con l’eco offre ai bambini la possibilità di
conoscere un fenomeno naturale, giocando e ragionando sugli elementi che lo
rendono possibile e sperimentando distanze, direzioni, intensità della voce, fino a
elaborare analogie pertinenti con altre esperienze precedenti: “È come un tappeto
elastico”.
Anche in questo caso il percorso cognitivo si realizza grazie alla capacità delle
insegnanti di individuare le potenzialità musicali della situazione esplorativa e di dare
spazio allo sviluppo di un'esperienza informale significativa per l'apprendimento
musicale. Altre osservazioni realizzate nelle scuole hanno consentito di dare
concretezza a un concetto presentato in sede formativa, il gesto concatenato al suono
o concatenato al canto che suggerisce di focalizzare l'attenzione dal movimento al
risultato sonoro che deve guidare il corpo (o una parte specifica come la mano ad es.),
invece di lasciarlo muovere da solo.
In particolare, per quanto concerne il gesto concatenato al canto, nell’incontro
formativo si è affermata l'utilità di enfatizzare una produzione vocale coi gesti o
17
movimenti per rendere più chiaro e sottolineare ciò che si dice o si canta, in accordo
con quanto afferma Delalande «i bambini accedono alla musica attraverso il gesto.»5
Il legame tra gesto e suono nel gioco musicale infantile, è chiaramente descritto in
un’osservazione realizzata nella scuola dell'infanzia di Pomarolo:
“A fine pranzo nella sala della mensa, una bambina di cinque anni comincia a fare dei
vocalizzi che assomigliano ai belati di una pecora, accompagnandoli con il movimento
delle braccia, come un direttore di orchestra, variando contemporaneamente la
posizione delle braccia e l'emissione vocale (tono, intensità, durata). A un certo punto
altri bambini del suo tavolo la imitano, cominciando a emettere dei suoni (vocali A, U)
e sembra che anche loro seguano il movimento delle braccia della compagna”.
Anche se l'osservazione non descrive nel dettaglio i criteri che determinano la
corrispondenza tra gesto e suono prodotti, ovvero quale gesto fa corrispondere a quel
determinato suono che emette con la voce, si può notare che sia la bambina che inizia
il gioco, sia i compagni che la imitano, coordinano la produzione sonora con una
gestualità particolare. L’insegnante sceglie di osservare e di evitare di intervenire nel
gioco, lasciando la bambina libera nello sviluppo della propria improvvisazione
individuale, evidentemente interessante anche per i compagni che cominciano a
imitarla. Il gioco condiviso, autorizzato dall’insegnante in un momento conviviale
importante nella quotidianità della scuola, assume un valore positivo per tutto il
gruppo.
Affrontando il tema della voce come strumento espressivo, si è considerata una
differenza sostanziale tra linguaggio musicale e parlato: il significato delle parole è
infatti stabilito arbitrariamente (ogni lingua costruisce una corrispondenza tra i suoni e i
significati), mentre le note o gli accordi non attingono significati precisi dagli spazi
extra-musicali, quindi la musica possiede aspetti autoreferenziali, dotati cioè di senso
interno. Si è inoltre sottolineata l'importanza delle filastrocche e del canto in genere
come strumenti che facilitano l’apprendimento della lingua: cantare, infatti, aiuta a
ricordare meglio vocaboli e frasi. La struttura metrico - ritmica - accentuativa delle
filastrocche organizza il materiale fonetico e fa emergere rime, assonanze,
allitterazioni sulle quali il bimbo interviene creativamente. Grazie a una struttura
formata da moduli ritmici che si ripetono frequentemente e all'alternanza di semplici e
poche note, le filastrocche permettono ai bambini di apprendere per strategia di
segmentazione: cantandole e ascoltandole possono ridurre la complessità della
struttura della frase.
Le insegnanti hanno raccontato come i bambini trasformino spesso il testo di una
canzone nota, reinventandolo sul momento e adattandolo alla situazione di gioco e di
come spesso amino modificare la melodia o manipolino uno o più elementi di una
canzone o filastrocca (ritmo, tempo, melodia, timbro di voce...). Il gruppo ha
concordato sull'utilità di osservare e ascoltare le rielaborazioni personali dei bambini
per conoscerne meglio relazioni interpersonali e gusti musicali e poter proporre attività
più coinvolgenti.
5
Cfr. DELALANDE F. (1993) Le condotte musicali, Clueb, Bologna.
18
I linguaggi musicali dei bambini dai tre ai sei anni
La cultura musicale dei bambini
“In relazione alle osservazioni da noi inviate, ci siamo confrontate collegialmente ed
abbiamo notato come in tutte le produzioni sonore dei bambini emerge un ricerca di
comunicazione spontanea. (...) Nelle osservazioni sono emerse alcune idee musicali
dei bambini che finalizzano la loro attività musicale: la sperimentazione di suoni
utilizzando alcune parti del proprio corpo e materiali presenti in aula, la ricerca di un
ritmo condiviso, l’esplorazione di rumori provenienti dalla percussione delle scatole di
cartone con utilizzo di mestoli di legno.” (scuola dell’infanzia di Folgaria)
La riflessione sviluppata nell’incontro autogestito che le insegnanti hanno svolto tra
novembre e dicembre, puntava a collegare quanto osservato nella propria sezione
con i contenuti del materiale di lettura proposto 6per cominciare a delineare anche da
un punto di vista operativo un’idea di musicalità infantile più rispondente a quella dei
bambini osservati, e stimolando le insegnanti a intervenire in modo coerente.
Alcune analisi svolte nelle scuole hanno mostrato l’utilità di questa riflessione,
sottolineando il legame tra capacità dell’insegnante di individuare gli interessi musicali
dei bambini anche in contesti extra-musicali. Come ad esempio, nella scuola
dell’infanzia di Vattaro, a proposito di due grossi pentoloni scelti come braciere per
accendere il fuoco.
“Portati in laboratorio, ne verifichiamo le caratteristiche: un bambino rovescia un
pentolone e comincia a percuoterlo con le mani producendo un ritmo. Entusiasta
chiama i compagni a imitarlo. Il gruppo si divide in due cerchi (maschi e femmine) con
i rispettivi pentoloni in centro. Incomincia l’esplorazione sonora con le mani, i pugni, i
pennarelli, le forbicine, i martelli di legno. Il bambino leader richiama l’attenzione dei
compagni esegue da solo un ritmo con i pugni e sollecita i compagni ad imitarlo, il
gruppo risponde. Altri due bambini a turno propongono un loro ritmo. L’esplorazione
sonora termina con la richiesta dei bambini di accompagnare con le pentole la
canzone “Attenti al fuoco”.”
La dinamica di gioco si è sviluppata grazie alla condivisione dell’idea musicale dei
bambini: l’insegnante ha accettato di sospendere l’attività che aveva in mente (la
ricerca del braciere per accendere il fuoco), autorizzando un gioco collettivo nel quale
è stato possibile scoprire le molte varianti del battere sul pentolone e sollecitando
dispositivi di scambio che hanno reso più interessante il dialogo. Infine, ha valorizzato
il risultato del gioco accogliendo l’idea dei bambini di formalizzare la canzone/cornice
del laboratorio del fuoco.
Stimolando un confronto sulle potenzialità di sviluppo delle azioni musicali osservate e
sui significati che i bambini stessi attribuiscono ai suoni che producono e ascoltano, la
formazione ha offerto alle insegnanti la possibilità di far emergere la propria idea
personale di musica, non sempre così consapevole.
È stato possibile inoltre mettere a fuoco comportamenti infantili riferiti a tradizioni
musicali per l’infanzia, come ad esempio la ritualizzazione di cantilene e filastrocche,
osservata nella scuola dell’infanzia Sant’Ilario di Rovereto.
6
Francois Delalande, op. cit.
19
“Tre bambine sono sedute nell’angolo morbido. La bambina di mezzo ha in mano un
libro e lo sta sfogliando. A un certo punto sento le tre bambini cantilenare “Gira, gira,
gira, gira...” accompagnando ritmando la parola con l’atto dello sfogliare. Ridono e
continuano questo gioco. Ora la bambina di mezzo dice: “Gira, gira, gira, stop” e, dopo
aver girato due pagine, chiude il libro. Le altre due si accodano al suo ritmo ed
assieme “Gira, gira, gira, stop. Gira, gira, gira, stop” continuando con questo ritmo la
cantilena e il gesto dello sfogliare e chiudere il libro con gesto secco.”
L’interesse per i giochi che consentono di sperimentare diversi modi di combinare
suoni e pause, che nell’osservazione venivano agiti spontaneamente dalle bambine, è
stato raccolto dalle insegnanti e si è sviluppato in un percorso in cui giochi cantanti e
di movimento, conte e filastrocche hanno coinvolto l’intero gruppo, mettendo in luce
diverse competenze ritmiche e abilità di conduzione anche negli stessi bambini.
Anche se non sono state ideate nuove attività, il percorso è risultato particolarmente
coinvolgente perché si è innestato su interessi personali dei bambini e quindi ha
potuto offrire uno spazio di elaborazione necessario, particolarmente apprezzato dai
bambini stessi. È importante ricordare che nelle modalità di cura e nei primi giochi
infantili si possono rintracciare influenze di tipo fisico (legate all’ambiente naturale,
culturale (sedimentate nelle tradizioni del gruppo di appartenenza) e psicologico
(relative alle idee dei genitori sul proprio ruolo), ed è facile che i bambini, nei loro
giochi di gruppo, rielaborino elementi della propria acculturazione, musicale e non. Nei
processi di memorizzazione, riproduzione e invenzione attivati dai bambini sui
materiali musicali presenti nel proprio ambiente di vita (anche appresi dalla
televisione) si possono rintracciare elementi comuni quali dimensione affettiva,
processi identitari, semplificazione della complessità musicale, ripetizione di elementi
salienti in formule originali.
Attraverso il consumo televisivo, oggi i bambini spesso ascoltano materiali musicali
che colpiscono la loro attenzione e che desiderano ricordare come strumenti di
adesione e partecipazione attiva a un immaginario che stimola processi di
rielaborazione personale, ma che non sempre risultano di facile memorizzazione.
Fin dalla nascita, i bambini entrano a contatto con i prodotti musicali veicolati dai
media (in particolare dalla TV) e crescono circondati da computer, videogiochi, lettori
di musica digitali, fotocamere, telefoni cellulari, giocattoli e gadget creati dalla
rivoluzione digitale.
A seguito dell’immersione e dell’interazione costante con questi strumenti, i bambini
apprendono e gestiscono l'informazione e la comunicazione in modo sostanzialmente
diverso dai loro genitori: secondo Marc Prensky i «nativi digitali sono oggi tutti
madrelingua e parlano il linguaggio digitale dei computer, videogiochi e Internet.»7
Alcuni videogiochi hanno poco a che fare con i processi cognitivi, poiché si limitano ad
attivare funzioni neurali di tipo percettivo - motorio e azioni automatiche, altri invece
plasmano la mente dei bambini e sviluppano l'attenzione selettiva e l’intelligenza
secondo una modalità nuova e originale, nella quale trovano spazio la cooperazione
con il gruppo dei pari e la sperimentazione di ruoli differenti all'interno del contesto del
gioco.
7
Mark Presky, citato in FERRI P. (2011) Nativi digitali, Mondadori, Milano.
20
I linguaggi musicali dei bambini dai tre ai sei anni
L'imprinting precoce a queste modalità cognitive influenza il modo di vedere il mondo
dei nativi digitali che apprendono per esperienza, costruita per successive
approssimazioni attraverso schermi, icone, suoni, giochi, navigazioni virtuali, in
costante contatto telematico con il gruppo dei pari.
La musica, largamente utilizzata nei prodotti digitali, fa parte di questo nuovo modo di
pensare il mondo che al tempo stesso contribuisce a costruire e ad alimentare,
attraverso una presenza diffusa nei cartoni, nei telefilm, nei videogiochi e negli spot.
Nell’esperienza musicale dei bambini, i significati legati alla dimensione affettiva dei
personaggi preferiti e al loro contesto narrativo si intrecciano con la qualità musicale
che li identifica e che viene velocemente memorizzata.
In un contesto educativo che valorizza la manipolazione creativa e il gioco
d'invenzione, tutti i materiali musicali possono offrire spunti utili per sviluppare
processi di esplorazione e di rielaborazione, ed è opportuno evitare di catalogare e
selezionare le musiche secondo criteri obsoleti, facilitando invece la loro circolazione
nel gruppo. L'insegnante deve comunicare ai bambini il proprio interesse nei confronti
di tutta la musica che conoscono e che possono portare a scuola, ideando situazioni
di ascolto capaci di accogliere l'immaginario che si lega ai prodotti musicali in un
tempo dedicato e con un'attenzione valorizzante.
Immersi in una cultura multimediale che offre un facile accesso a materiali musicali di
vario tipo, ma che raramente concede il tempo per l'elaborazione delle informazioni
ricevute, i bambini oggi hanno bisogno non tanto di ulteriori stimoli, ma di tempi e
spazi sufficientemente vuoti, nei quali dipanare e rielaborare gli elementi già appresi
che rischiano di confondersi e di perdersi, senza potersi sviluppare in modo armonico
ed essere interiorizzati come apprendimenti durevoli.
Come il palinsesto televisivo, anche la giornata dei bambini raramente prevede un
tempo per fermarsi a ricordare, analizzare, comprendere ciò che si è appreso ed
elaborarlo in modo consapevole. E se è possibile comprendere i motivi commerciali
che spingono i programmatori a riempire tutto il palinsesto televisivo, non è altrettanto
facile comprendere i motivi didattici che spingono gli insegnanti a programmazioni
educative che non prevedono tempi per lo sviluppo del pensiero e si limitano ad
allineare attività di vario tipo, da assimilare strada facendo.
La scuola deve sapersi proporre come luogo cruciale per l'elaborazione cognitiva,
dichiarando la sua disponibilità a mettersi in ascolto dei bambini e a favorire lo
scambio e il confronto reciproco anche su elementi che i bambini hanno appreso
altrove, da utilizzare come risorse per l'apprendimento. Riconoscere il valore dei
processi di acculturazione musicale informali e delle competenze che essi consentono
di acquisire non sminuisce il valore dell'azione educativa della scuola, ma intende
attualizzarla, rendendola più adeguata alle mutate condizioni di contesto.
In particolare, è opportuno riconoscere il ruolo che la televisione gioca
nell'acculturazione musicale dei bambini, significativo sia per la ricchezza dei materiali
musicali che propone che per la presenza di testi musicali e visivi di brevissima durata
(soprattutto spot pubblicitari e sigle) che possono essere facilmente acquisiti, anche
grazie alla loro frequente ripetizione e per un’adesione affettiva che alimenta il
desiderio dei bambini di cimentarsi con repertori complessi e sostiene la fatica di
impararli.
21
Attraverso le attività proposte dalla scuola, ogni bambino può costruire, conoscere e
confrontare all’interno di un gruppo i significati relazionali e cognitivi dei diversi
linguaggi: vissuti all'interno di una dimensione comunicativa, i linguaggi presenti nel
contesto abitativo possono essere acquisiti in modo personale e socializzato, e dare
vita a processi di crescita significativi per ciascun bambino.
Anche la presenza dell'adulto gioca un ruolo importante nello sviluppo delle
competenze linguistiche, a seconda degli atteggiamenti che decide di assumere: a
scuola si può infatti insegnare (elementi dei singoli linguaggi, tecniche espressive
specifiche, regole di combinazione tra segni...) o invece organizzare i percorsi di
crescita e tutelare le particolari modalità con cui ogni bambino esplora i diversi ambiti
linguistici, dandogli la possibilità di combinare come vuole (per prove ed errori) gli
elementi che via, via mette a fuoco. È questa la logica proposta dalla formazione in
atto, più orientata alla promozione di un pensiero musicale nei bambini che
all'acquisizione di competenze legate ad attività musicali prestabilite.
22
I linguaggi musicali dei bambini dai tre ai sei anni
Dall'esplorazione alla combinazione dei suoni: il valore della ripetizione
Fin dalla nascita il bambino usa il suono come mezzo d'espressione di sé e di
comunicazione con gli altri, inizialmente con la voce, poi con gli oggetti di uso comune
come semplici giocattoli o stoviglie o anche con piccoli strumenti musicali.
L'esperienza sonora presenta analogie con quella ludica che, secondo Piaget, può
essere distinta in fasi di gioco senso-motorio, simbolico e di regole che si sviluppano
dalla nascita fino all'età scolare. Usando il termine condotte musicali per parlare delle
modalità messe in atto dai bambini nelle diverse fasi, Delalande evidenzia una
corrispondenza trasversale per cui - ad esempio - un bambino può sperimentare le
modalità della condotta organizzativa, più pertinente al gioco di regole, anche in una
fase di gioco sensomotorio.
Come nelle diverse fasi di gioco, anche nelle varie condotte musicali il bambino ha
bisogno di tempi lunghi di assimilazione e accomodamento dell'esperienza che
compie. Ad esempio, nell'esperienza sonora esplorativa il bambino ha bisogno di
provare diversi movimenti con gli oggetti sonori, per scegliere infine quelli più efficaci,
sperimentati e più volte riproposti. Affinché l'esperienza sonora risulti significativa per il
bambino, è importante quindi rispettare i suoi tempi di apprendimento, prevedendo la
possibilità di ripetere. Nel gioco musicale con i bambini gli adulti hanno la possibilità di
sperimentare modalità di relazione diverse da quelle verbali, largamente utilizzate
quotidianamente: nell'interazione sonora si deve infatti dare maggiore attenzione
all'ascolto, all'osservazione e all'utilizzo del linguaggio non verbale.
Per poter cogliere le idee musicali dei bambini gli adulti devono infatti fare più
attenzione e osservare:
- la postura del bambino durante l'esplorazione sonora (tono muscolare teso
o rilassato, espressione del viso);
- il gesto che porta al suono;
- la qualità musicale della produzione sonora.
A proposito della qualità della produzione sonora dei bambini, riflettendo sui termini
suono e rumore ricorrenti nelle osservazioni delle insegnanti, si è notato che la parola
suono tende ad essere ricollegata a un'esperienza gradevole di ascolto, mentre si dà
alla parola rumore un'accezione tendenzialmente negativa. Dalla constatazione che
proprio questa parola era stata utilizzata per descrivere le attività musicali
spontaneamente messe in atto dai bambini a scuola, si è considerata l'impossibilità di
costruire un percorso educativo musicale continuando a considerare rumore le loro
produzioni sonore. Si è quindi cercata una strada possibile per imparare a considerare
queste produzioni come materiali d'ascolto interessanti sul piano acustico (anche se
forse non ancora esteticamente validi) individuandola in un potenziamento della
capacità delle insegnanti di cogliere analiticamente le caratteristiche dei suoni.
La capacità di cogliere la musicalità dei suoni, anche quando non sono ancora
organizzati secondo categorie musicali codificate, può infatti facilitare l'accettazione
delle produzioni infantili, accolte senza filtri di giudizio, ma invece considerate come
modi per esprimere idee musicali e comunicare.
Per imparare a definire il suono sono stati presentati i suoi quattro parametri: l'altezza,
l'intensità o volume, la durata e il timbro, ciascuno dei quali può essere definito
23
secondo due polarità: acuto-grave nel caso dell'altezza, piano-forte per l'intensità,
lungo-corto per la durata; si è anche sottolineata l'inefficienza dei due opposti altobasso che, potendosi riferire sia al volume che all'altezza, creano spesso equivoci. Si
è infine affrontata la definizione di timbro, più difficile da codificare per le molte varianti
determinate dal materiale con cui è fatto lo strumento, la sua grandezza e i modi in cui
l'oggetto viene suonato (battendo, sfregando, pizzicando, ecc.).
Si sono poi distinte altre caratteristiche delle produzioni sonore: l'andamento e
l'alternanza tra il suono e il silenzio (da considerare anche per osservare cosa
succede nei momenti di pausa: il bambino guarda l'oggetto e poi cambia il modo di
approccio, oppure si ferma per interiorizzare l'azione che ha appena compiuto per poi
ripeterla identica, ecc.). L'alternanza tra suono e silenzio a volte può portare alla
creazione di un ritmo. La possibilità di utilizzare osservazioni inviate dalle insegnanti
ha reso più semplice e meno astratto trattare gli argomenti, rilevando la necessità di
utilizzare i termini corretti per descrivere in modo più dettagliato possibile la qualità
musicale delle esplorazioni. Soltanto attraverso un'accurata osservazione analitica è
infatti possibile cogliere l'idea musicale del bambino e intervenire rinforzando e
valorizzando ciò che si vede e si sente. In che modo?
Il rinforzo può essere sviluppato:
- con l’ascolto (utilizzando anche i dispositivi d'ascolto che suggerisce Delalande)
cioè ponendo semplicemente attenzione a quello che il bambino fa con
l'oggetto sonoro;
- con la ripetizione, cioè riproponendo a specchio (rispecchiamento) il gesto
musicale e ciò che si sente;
- con le sintonizzazioni formulate dallo psicologo Daniel Stern, estrapolate dalla
relazione madre bambino dei primi mesi di vita: esatte, quando viene un
rispecchiamento identico, inesatte, quando varia una caratteristica osservata
(legata alla postura o al suono); transmodali quando in maniera empatica si
mantiene l'intenzione del bambino ma si cambia del tutto la modalità con cui
viene espressa.
Il lavoro di rinforzo deve poi trovare continuità in azioni di valorizzazione
dell’insegnante basate sul rilancio delle proposte musicali di ciascun bambino, per
poterle condividere nel gruppo; in questa logica è possibile anche prevedere attività
nuove, in linea con l’idea musicale estrapolata dal gioco.
A questo proposito è interessante analizzare un’osservazione fatta con un bambino di
quasi cinque anni che presenta un ritardo fisico e cognitivo, condotta dall'insegnante
nella scuola dell’Infanzia di Pomarolo:
“Il bambino mette da parte il pennarello e inizia a battere con entrambe le mani sulla
lavagna mantenendo un ritmo costante. Poi le mani vengono alternate seguendo più o
meno sempre lo stesso ritmo. Dopo un paio di minuti il bambino guarda l'insegnante
seduta vicino a lui, le prende la mano, la alza e la lascia andare facendola cadere sul
tavolo. La maestra inizia a battere a sua volta sul tavolo seguendo il ritmo del
bambino. Dopo un po’ questo prende la mano dell’insegnante e la porta sulla lavagna
alzandola e muovendola su e giù e, dopo averla fatta sbattere tre volte, ritorna a
battere con entrambe le sue mani sulla lavagna. L’insegnante, dopo aver battuto un
po’ sulla lavagna, sposta le mani e torna a battere sul tavolo.
Il bambino si ferma e riprende le mani della maestra mettendole nuovamente sulla
lavagna. Questo succede per altre quattro volte: ogni volta che l’insegnante sposta le
mani, il bambino gliele riprende e le porta sulla lavagna. I due vanno avanti a battere
24
I linguaggi musicali dei bambini dai tre ai sei anni
per qualche minuto anche variando il ritmo: a volte è il bambino che segue quello della
maestra e a volte è viceversa. Ogni tanto l’insegnante si ferma con le mani appoggiate
alla lavagna, allora si ferma anche il bambino, dondola la testa per qualche momento
e poi riprende. L’insegnante lo segue. L’attività finisce nel momento in cui il bambino si
alza dalla sedia e se ne va”.
In questa situazione sono presenti due tipi di sintonizzazione: la prima azione
dell'insegnante, battere la mano sul tavolo, corrisponde a una sintonizzazione
inesatta; quando poi il bambino prende la mano dell’insegnante e la sposta sulla
stessa superficie da lui esplorata - la lavagna - si realizza una sintonizzazione esatta,
con un rispecchiato sia del gesto che del suono.
Questa situazione iniziale, probabilmente rassicurante per il bambino, lo fa entrare in
relazione con l'adulto attivando un dialogo sonoro condotto a volte da lui stesso (che
viene imitato dall'insegnante), a volte dall'insegnante che propone variazioni sul ritmo
(sintonizzazione inesatta: introduce solo una variante ritmica, mantenendo uguale il
suono - mano sulla lavagna - e il gesto del battere) e in seguito prova a introdurre una
variante timbrica, ritornando a battere sul tavolo (la variante però non viene accettata
). Da notare l’efficacia della proposta, da parte dell’insegnante, della pausa-silenzio
che dà la possibilità di riportare l'azione sul piano mentale (il bambino pensa e
dondola la testa a tempo) e di riprenderla successivamente.
In molte osservazioni delle insegnanti emerge con chiarezza la relazione tra gesto e
suono prodotto, ed è possibile riflettere sui modi in cui il corpo partecipa all'esperienza
musicale, come ad esempio nella descrizione realizzata nella scuola dell'infanzia
Cesare Battisti di Rovereto:
“In sezione durante il gioco libero, una bambina di tre anni, cammina per la sezione e
batte due pennarelli fra di loro, incrociandoli, TUM TUM TUM. Poi si ferma e fa dei
saltelli sul posto, quindi batte i pennarelli nello stesso modo e fa dei saltelli nello
stesso tempo. Riprende a camminare alternando saltelli e ad ogni tre-quattro salti si
ferma e batte i due pennarelli tra loro. Si avvicina alla sua scatola dei disegni e batte
due volte un pennarello sulla scatola di cartone, TAM TAM (il suono è diverso).
Prende il foglio e va a disegnare.”
Nel gioco la bambina combina l'esplorazione di due gesti, battere e saltare, che
coinvolgono parti del corpo diverse, nel primo caso soltanto le braccia e nel secondo
tutto il corpo. La bambina esplora le possibili combinazioni dei due gesti, ripetendoli
alternativamente e realizzando un dialogo sonoro con se stessa. L'esplorazione
finisce quando la bambina batte sulla scatola di cartone, quindi quando introduce
un’ulteriore variante timbrica (il suono che i pennarelli producono sulla scatola è
diverso dagli altri due fino a quel momento prodotti).
È questa variazione timbrica a determinare il calo d'interesse nei confronti di questo
gioco sonoro? O l'esplorazione termina semplicemente perché a quel punto è arrivato
per lei il momento di disegnare? Può essere utile riflettere sul fatto che, abituandosi a
inserire nella scrittura preziosi dettagli relativi al suono, (definendo ad esempio se il
numero dei battiti dei pennarelli e dei piedi era lo stesso oppure no, descrivendo
eventuali ritmi, o le pause tra i suoni o le variazioni di intensità), diventa più facile
comprendere i modi in cui i bambini, nella ripetizione dell'azione, arricchiscono la sua
esplorazione con idee musicali originali.
Imparare a descrivere in dettaglio la qualità sonora delle azioni dei bambini è un
obiettivo da perseguire, per migliorare le proprie capacità di analisi e d’intervento
musicale.
25
L'ascolto come dispositivo di rilancio
La proposta di momenti di ascolto musicale può essere attivata dall’insegnante come
azione funzionale a sviluppare alcuni elementi osservati e individuati nelle produzioni
spontanee Per scegliere i materiali musicali da proporre ai bambini è utile avere
un'idea analitica sommaria della struttura dei brani musicali, delle caratteristiche dei
suoni utilizzati e di alcuni elementi musicali, di seguito schematizzate. Caratteristiche
comuni a tutti gli eventi sonori (produzioni dei bambini, musica dal vivo o registrata)
sono:
- alternanza tra suono e silenzio
- attacco: come si presentano i primi suoni in relazione a quelli che seguono
- pulsazione o battito: regolare o irregolare
- andamento: lento o veloce
- ritmo
- melodia: ascendente (quando i suoni vanno dal registro grave a quello acuto) o
discendente.
È inoltre utile notare la presenza di ripetizioni, relative a una melodia, alla struttura (ad
esempio strofa - ritornello), al ritmo e la prevalenza di suoni staccati o legati.
Gli strumenti musicali o gli oggetti utilizzati nell'esecuzione possono essere considerati
come:
- melodici, quando eseguono una melodia, una nota dopo l'altra (violino, flauto,
tromba);
- armonici,
quando
possono
suonare
anche
più
note-accordi
contemporaneamente (chitarra, pianoforte…)
- ritmici, quando producono ritmo (tamburi, maracas, legnetti).
Gli ascolti proposti in sezione devono ricollegarsi alle idee musicali osservate nei
bambini. Ad esempio, partendo dal battere forte una macchinina per terra, azione
individuale spontaneamente ripresa dai compagni e sostenuta dalla proposta di
un'attività esplorativa di gruppo con strumenti e oggetti di diverso materiale da
percuotere, può essere utile proporre l'ascolto di un brano in cui un tamburo esegue
un ritmo simile (per timbro, per velocità, o per un’altra caratteristica musicale) a quello
prodotto nell'esplorazione sonora.
L'ascolto rafforza l'esperienza esplorativa e dà ai bambini la possibilità di ritrasformare in movimento l’azione sonora che dal gesto ha portato al suono. Inoltre,
da un'idea musicale individuale è possibile costruire un'attività di gruppo, creando una
struttura di gioco da ripetere nel tempo, con piccole variazioni. Ad esempio, si può
proporre di trasformare un’esplorazione individuale in azione collettiva creando una
situazione di ascolto di gruppo nella quale ciascuno, a turno, può esprimersi da
protagonista proponendo ai compagni la propria produzione sonora.
Nel tempo, questa situazione di produzione/ascolto può essere riproposta inserendo
gradualmente nuovi oggetti da esplorare, per arricchire la ricerca sulle caratteristiche
timbriche dei diversi materiali e giungere a una loro combinazione funzionale alla
composizione musicale.
Non è facile stabilire un elenco di brani “adatti” all’ascolto dei bambini della scuola
dell’infanzia che, come già affermato, si attiva soprattutto se le caratteristiche musicali
di ciò che viene proposto si ricollegano a un pensiero e a un’esperienza già in atto.
Ci sembra utile comunque ricordare di seguito i titoli di alcuni brani, già sperimentati
con i bambini (e in parte proposti anche durante gli incontri formativi), specificandone
26
I linguaggi musicali dei bambini dai tre ai sei anni
alcune caratteristiche musicali che possono facilitare l'abbinamento a situazioni
specifiche, da ampliare in base ai gusti personali.
Affinché l'ascolto risulti interessante ai bambini, è infatti necessario che lo sia anche
per l'adulto che lo propone.
Canto de Xango, brano di musica afro-samba di Baden Powel e Vinicius de Morales.
Il brano è cantato da due voci: una maschile che esegue la melodia complessa della
strofa e una femminile che canta una melodia più semplice e ripetitiva che fa da
ritornello. Le voci sono accompagnate dalla chitarra e le loro melodie si intrecciano
con quella eseguita dal flauto. La struttura è ripetitiva (alternanza tra strofa e ritornello)
e questo rende più facile l'ascolto. È un pezzo con una forte, chiara e costante
presenza di due tipi di strumenti ritmici: tamburi e maracas. È possibile ipotizzare un
suo ascolto dopo un periodo di attività esplorativa con oggetti a percussione.
Monk's Mood, brano del jazzista Thelonius Monk, eseguito da strumenti a fiato,
accompagnati armonicamente da un pianoforte. È inoltre presente un sottofondo
ritmico lento e costante prodotto dal suono delle spazzole strofinate sulla pelle del
tamburo. Questa caratteristica sonora del brano è stata tradotta spontaneamente dai
bambini con lo strisciare per terra. Può essere utilizzata per attività di osservazione movimento libero in sezione.
Pata pata, della cantante sudafricana Miriam Makeba offre la possibilità di un ascolto
legato al movimento libero di tutto il corpo, all'interno di una cornice di gioco
strutturato, utile per ragionare sul tema di vicinanza-distanza, come ad esempio il
gioco della zattera in cui i bambini si muovono seguendo la musica e, quando la
conduttrice lo segnala (con la voce o interrompendo la musica, o abbassando il
volume), continuando a muoversi si devono avvicinare anche solo con un piede su
uno dei tanti fogli di giornale sparsi sul pavimento che possono diminuire
progressivamente.
Rikitiki, filastrocca non-sense musicata dal quartetto vocale pugliese Faraualla si
presta, per le sue caratteristiche ritmiche, a essere accompagnata dal movimento del
corpo, dopo un'attività di esplorazione dei diversi suoni che si possono produrre con
mani, piedi, bocca e/o provando a comporre delle piccole sequenze ritmiche
combinando 2, 3 o al massimo 4 suoni e ripetendoli ciclicamente.
Namuna, filastrocca africana tratta dal libro Ada Maty, una storia cantata a più voci, è
un dialogo cantato tra una donna e una bambina che si alternano in una logica di
domanda e risposta. Oltre alle voci sono presenti pochi strumenti ritmici che entrano
gradualmente nel gioco musicale senza togliere importanza alla componente vocale
del brano. Questo brano si presta particolarmente a giochi di rispecchiamento vocale
tra bambini e adulti.
Kutambarara del quartetto d'archi Kronos Quartet, tratto dal cd Pieces of Africa,
brano dalla struttura ripetitiva ma ricco di elementi ritmici (prodotti da strumenti a
percussione della tradizione africana, dal semplice battito di mani) e melodici (di
strumenti della tradizione occidentale, voce solista e coro di donne africane)
sovrapposti. Nel riutilizzo e riascolto del brano è possibile guidare l'attenzione di volta
in volta su una di queste diverse caratteristiche oppure semplicemente osservare quali
di questi elementi musicali catturano l'attenzione dei bambini, in base alla loro
reazione fisica.
27
Flight of the bumble bee (Il volo del calabrone) di Rimsky Korsakov - eseguito dagli
Swingle Singers, gruppo londinese specializzato nell'interpretazione a cappella di
brani che vanno dal repertorio classico a quello jazz e pop. In questo brano, la
melodia del brano di Korsakov che riprende il volo vorticoso di un calabrone, è
riprodotta mediante l'ausilio della sola voce.È possibile proporre questo ascolto dopo
attività esplorative vocali con i bambini.
È possibile ricercare brani simili a questo nel repertorio del Bobby McFerrin, cantante
jazz statunitense che ha arrangiato molti brani anche del repertorio classico,
sfruttando i diversi suoni che produce con la sua voce.
Nagoya marimba di Steve Reich, eseguito da due marimbe, strumenti musicali a
percussione di origine africana simile agli xilofoni. Il compositore del brano appartiene
alla corrente di musica contemporanea denominata "minimalista" e nelle sue
composizioni prende spunto dalla musica circolare africana. La caratteristica del brano
è la ripetizione di cellule ritmiche che gradualmente vengono ampliate ed arricchite.
Anche altri brani di musica minimalista, (ad esempio di Michael Nyman o Philip Glass)
si prestano ad attività di ascolto con i bambini, poiché nella loro ripetitività permettono
un'individuazione graduale delle strutture musicali. Non sono da escludere ascolti di
brani della tradizione popolare locale nonché delle diverse regioni italiane o del paese
d'origine dei bambini stranieri presenti in sezione, per il riconoscimento e l'accoglienza
delle diverse culture d'appartenenza.
È possibile inoltre proporre esperienze di ascolto dal vivo in cui l'insegnante suona
strumenti dello strumentario didattico (come ad esempio lo xilofono, le maracas, i
legnetti, il tamburo), abbinandoli a esperienze diverse, in sintonia emotiva con le
caratteristiche musicali. Ad esempio, si può proporre l'ascolto dello xilofono (strumento
melodico dal suono metallico e dolce) in una situazione di rilassamento, disponendo i
bambini in cerchio, con gli occhi chiusi; o l'ascolto delle maracas seguite dal
movimento delle mani, l'ascolto dei legnetti abbinato ai passi, l'ascolto del tamburo
collegato ad un'attività di movimento come può essere ad esempio il gioco "musica e
stop".
28
I linguaggi musicali dei bambini dai tre ai sei anni
Esperienze nelle scuole dell’infanzia
“Bicicletta musicale” - Scuola dell’infanzia Fucine, Sezione Aula Rossa
L’esperienza musicale inizia nel Novembre 2013, quando le insegnanti osservano due
bambini di cinque anni e uno di quattro durante il gioco libero.
“I bambini stanno giocando in giardino: la bicicletta di Davide si ferma a causa di una
buca e la ruota comincia a girare a vuoto. Mattia vi inserisce un bastoncino e insieme
ascoltano il rumore provocato dal contatto con i raggi. Si avvicina Mattia D. con una
foglia e la avvicina ai raggi della bicicletta, il rumore è molto diverso, quasi
impercettibile. Insieme ascoltano per un po’ affascinati. Davide, continuando a
pedalare, suggerisce di provare a girare la foglia dalla parte del picciolo ma non
produce il suono previsto.
Mattia e Mattia D. si scambiano gli strumenti, Mattia tiene la foglia mentre Mattia D.
introduce il bastoncino a intermittenza creando un certo ritmo. Mi avvicino chiedendo
se posso registrare, mi rispondono di sì, che stanno facendo una band.”
Dopo questa prima osservazione, le insegnanti notano che in giardino l’interesse per il
gioco della band con le ruote di una bicicletta e gli oggetti che i bambini trovano
nell’ambiente non diminuisce, ma anzi aumenta sia nel numero di bambini coinvolti
nella ricerca di materiali, sia nella varietà delle sonorità prodotte. La messa a fuoco di
questo interesse crea nelle insegnanti un’intenzione educativa precisa: “Abbiamo
voluto dar loro la possibilità di ampliare la sperimentazione sonora con oggetti diversi
da quelli trovati in giardino e in un ambiente più consono/adatto all’ascolto e
controllato.”
29
L’attività è organizzata in modo strutturato: i bambini devono cercare a casa o a
scuola un oggetto particolare, ipotizzando il suono che potrebbe produrre una volta
messo a contatto con i raggi della ruota della bicicletta. Poi, a scuola, si organizzano
piccoli gruppi di bambini di età eterogenea (8 o 9 bambini) che possono verificare in
aula il risultato sonoro prodotto dall’oggetto scelto.
L’attività si struttura in due momenti di circa 30 minuti ciascuno. Durante il primo
momento i bambini, seduti attorno alla bicicletta (appoggiata su manubrio, con le ruote
in alto), sperimentano uno per volta i suoni che il proprio oggetto può creare.
Consigliati dai compagni (ed eventualmente dall’insegnante), provano a variare le
possibili sonorità cambiando la velocità della ruota, introducendo ritmicamente
l’oggetto tra i raggi e su altre parti della ruota, eseguendo diverse azioni.
Il secondo momento prevede l’ascolto delle proprie produzioni sonore (senza vedere il
video e quindi senza poter associare i suoni alle azioni che li hanno prodotti), poi di un
breve estratto da Berimbau, di Baden Powell e Vinicius de Morales, brano scelto dalle
insegnanti per gli elementi di analogia timbrica con le sequenze musicali realizzate dai
bambini con la bicicletta.
Dopo aver ascoltato il brano musicale, i bambini decidono autonomamente di fare
silenzio durante le loro esecuzioni musicali, perché altrimenti “non si sente bene la
musica” come invece, si sono accorti, si sentiva bene nel brano registrato dai
musicisti.
L’esperienza termina con un’esecuzione finale dei suoni creati dai bambini con la
bicicletta: dapprima vengono eseguite le sequenze individuali create dai singoli
bambini e, in seguito, le produzioni di gruppo, nelle quali la collaborazione di due o tre
compagni rendere più ricca di sonorità la composizione musicale.
I bambini sono molto soddisfatti dell’esperienza e vorrebbero offrire uno spettacolo
della loro band ai compagni che non vi hanno potuto partecipare.
Nella scheda di documentazione finale, le insegnanti hanno sintetizzato alcuni
elementi importanti dell’esperienza realizzata:
Scoperte e apprendimenti musicali dei bambini favorite dall’attività:
- la diversa musicalità degli oggetti;
- la diversa qualità dei suoni: piano-forte, veloce-lento, suoni sordi e brillanti,
suoni che stridono, che soffiano;
- il valore del silenzio nell’ambiente e all’interno della produzione sonora;
- l’importanza di fare attenzione all’altro nell’esecuzione musicale, dove ogni
singolo mentre produce deve ascoltare quel che fanno i compagni.
30
I linguaggi musicali dei bambini dai tre ai sei anni
Significato attribuito dalle insegnanti alle scoperte osservate:
Presa di coscienza nei bambini del proprio potere sul suono, sulla possibilità/capacità
di produrre suoni diversi con gesti diversi.
Stimolo alla curiosità rispetto ai suoni prodotti dai vari oggetti e dallo stesso oggetto
usato in modo diverso. Collaborazione tra i bambini come elemento necessario per
raggiungere uno scopo comune. Attenzione all’altro per costruire una musica dove
ogni singolo mentre produce/ascolta quel che fa l’altro.
Elementi memorabili:
Dal frastuono iniziale e dalla ricerca rumorosa, i bambini sono passati
spontaneamente all’ascolto attento curioso e anche rispettoso dell’altro. Questo
processo ha coinvolto anche e soprattutto i bambini solitamente molto esuberanti, sia
verbalmente sia fisicamente.
31
“La scatola ballerina” - Scuola dell’infanzia Centa San Nicolò
L’esperienza nasce durante il periodo di Carnevale, quando viene proposta a ogni
bambino una scatola-quadro, dentro la quale si deve far muovere una pallina che,
scorrendo sul colore, traccia delle linee. Il movimento che ognuno dà alla propria
scatola crea un ritmo sonoro. Durante l’azione l’insegnante nota che ogni bambino
assume espressioni e posture diverse, a seconda dell'intensità del gesto.
Per sviluppare il gioco in funzione del ritmo, l’insegnante propone alcuni dispositivi di
scambio: “ogni bambino deve provare a ripetere il particolare ritmo degli altri, uno
diverso dall’altro (c'è chi scuote forte la scatola (in orizzontale, in verticale), chi la batte
sul tavolo, chi prova a percorrere il bordo della scatola lasciandola aperta per creare
sonorità meno intense). I bambini scoprono che a seconda del movimento, della forza
con cui si scuote, dell'inclinazione data alla scatola, i suoni e i ritmi possono cambiare
e che, suonando assieme, si può creare un concerto.”
Per rilanciare il gioco e allargare le scoperte, l’insegnante propone alcuni dispositivi
materiali: “Proviamo a far scorrere le palline di diverso materiale: di gomma piuma, di
plastica, da ping-pong, da tennis. Non ci limitiamo a far muovere le palline dentro la
scatolina, ma allarghiamo il gioco a vari spazi della scuola: lungo la rampa, sui gradini.
Giocando con le palline nei vari spazi il suono varia d'intensità e, a seconda
del materiale, nella cadenza del rimbalzo.”
L’esplorazione delle possibilità musicali delle palline è valorizzata da momenti di
ascolto collettivo nei quali l’insegnante, oltre a svolgere un ruolo organizzativo,
partecipa attivamente.
L’evidenziazione del collegamento tra produzione e ascolto aumenta l’attenzione del
gruppo e porta a nuove scoperte musicali. “Con palline di diverso formato e materiale
saliamo sulla rampa e vicino alle scale. Ogni bambino sceglie una pallina e la lascia
cadere dai gradini, poi riprova dando una spinta diversa (con più o meno forza), infine
facendola rimbalzare. Ascoltiamo il suono che producono, poi le lasciamo cadere
lungo la rampa: la pallina di gommapiuma non fa rumore, è silenziosa. Con i bambini
decidiamo di dare un nome al suono prodotto dai vari tipi di palline utilizzando delle
onomatopee.”
La traduzione in onomatopea dei suoni prodotti dai vari tipi di palline consente di
fissarne la qualità sonora, spesso sintetizzata anche da immagini sonore evocate per
analogia nei bambini: “La palla di gommapiuma fa POF POF, la palla grande ginnica
fa TUM TUM, la pallina da tennis BOING BOING, quella da ping pong TIC TIC TIC,
quella di plastica TOC TOC TOC. Il suono prodotto dalla palla da tennis sembra un
gigante che batte i piedi; la palla ginnica grande (prima ne tiriamo una, poi due
contemporaneamente) sembra un elefante che fa tantissimo rumore, un lupo, un
passo gigante. Quelle da ping pong sembrano la neve, un bicchiere che si è rotto.”
Non mancano situazioni di ascolto collettivo particolarmente piacevoli e coinvolgenti,
nelle quali i bambini possono osservare e ascoltare dal vivo i movimenti delle palline,
stabilendo confronti ed esprimendo preferenze.
“L’insegnante fa uscire dal contenitore le palline da ping pong tutte assieme (20 pezzi)
e chiede ai bambini di ascoltare il suono prodotto. (…) L’insegnante propone più volte
l’esperienza, sui gradini e poi sulla discesa della rampa, nel divertimento generale: ai
bambini piace il suono e il movimento prodotto, anche il rimbalzare della grande palla
32
I linguaggi musicali dei bambini dai tre ai sei anni
ginnica.” Vengono realizzati giochi di riproduzione vocale (i TIC TIC della pallina che
scende le scale più lenta, poi i TIC TIC TIC TIC più veloci); si prova a far fare alle
palline il percorso al contrario sulla rampa (in salita invece che in discesa); si
confrontano i risultati sonori del lancio della pallina da ping pong su svariate superficie
(sul muro, sul vetro della porta, sulla porta di legno, sul pavimento, sul tappeto, sul
metallo del corrimano).
Le molte varianti dei giochi con le palline hanno offerto ai bambini di arricchire le
proprie esperienze di ascolto mettendo a fuoco le caratteristiche dei singoli suoni e la
loro organizzazione ritmica.
Spesso i bambini esprimono
sensazioni provocate dall’ascolto
dei suoni: “Quando rimbalzano
sembra il rumore della pioggia,
fanno TUM-TUM, si muovono e
saltano ovunque, battono fra loro,
vanno su e giu. Quando rotolano
fanno SSSSSSS, quasi sembra il
rumore dei fulmini
Quando rimbalzano sembra il rumore
degli zoccoli dei cavalli. Quando
scendono dalle scale fanno TIC-TAC e
TON, il suono è diverso perché
rimbalzano di più se le buttiamo in alto,
fanno un suono più alto cioè più forte,
quando scendono le scale il suono è
più leggero, sembrano gli uccellini che
cinguettano.”
Non programmata, ma spontanea e divertente, l’esperienza ha coinvolto anche
i bambini che normalmente si distraggono più facilmente, mettendo in moto una
riflessione sulla musica che ha integrato i riferimenti più consueti dei bambini
con i nuovi dati dell’esperienza in atto, come si può notare nella conversazione
registrata nel marzo 2014, nella quale i bambini rispondono a una domanda
dell’insegnante: “Come si fa a fare musica?”
Marco con gli strumenti musicali a soffio.
Martino: con la tromba.
Erica: con il flauto.
Michael: la tromba si può fare con la foglia, la prendi la giri soffi e suoni.
Erica: si può fare musica con i tubi.
Valerio: con i pennarelli, soffi dentro il buchino.
Marco: tipo trombetta.
Michael: con un ramo pieno di foglie che si scuote.
Erica: sembra le maracas.
33
Marco: con i bicchieri, li colpiamo con la penna e si può fare il ritmo.
Erica: con i cucchiai.
Marco: si può fare musica con tante cose, anche con il nostro corpo, con i
denti, la bocca, la lingua.
Erica: si può fare musica con la voce.
Marco: si possono fare ritmi, il ritmo è una musica che continua a suonare.
34
I linguaggi musicali dei bambini dai tre ai sei anni
“Dal torrente alla musica” - Scuola dell’infanzia di Vigolo Vattaro
Il percorso inizia a primavera quando i bambini, usciti nei dintorni della scuola per
osservare la natura e coglierne eventuali cambiamenti, mostrano interesse per i piccoli
torrenti e cascatelle che attraversano la stradina del bosco. Le insegnanti pensano
così di strutturare un’esperienza musicale partendo dall’ascolto dell’acqua del
Rombonoss, il torrente che attraversa il paese, che durante un’uscita viene registrato
in un file audio.
“A scuola il giorno dopo ascoltiamo in silenzio e poi proviamo con bottiglie, bicchieri e
contenitori vari a riprodurre il suono dell'acqua del torrente. Registriamo. Ascoltiamo la
registrazione. Proviamo con gli strumenti musicali presenti a scuola a riprodurre il
suono dell'acqua. L’insegnante invita i bambini a ricercare tra i suoni dei diversi
strumenti quello che più assomiglia al suono dello scorrere dell’acqua del Rombonoss.
(...) I bambini individuano nel bastone della pioggia il suono che si avvicina
maggiormente a quello dell'acqua del torrente.”
Per trovare i suoni più efficaci dal punto di vista rappresentativo, i bambini esplorano
alcuni oggetti e gli strumenti musicali a disposizione nella scuola: li battono, scuotono,
agitano, fino a quando il suono diventa fastidioso e suggerisce di smettere.
L’insegnante allora organizza l’attività promuovendo una situazione di silenzio e
ascolto reciproco, nella quale ogni bambino è invitato a suonare lo strumento che ha
scelto, potendo contare sull’attenzione degli altri. Quando i bambini individuano nel
bastone della pioggia lo strumento più adatto a riprodurre le sonorità del torrente,
l’insegnante organizza il lavoro di costruzione, preparando la struttura (il tubo con i
chiodi a spirale) e predisponendo il materiale da inserire (chicchi di caffè, lenticchie,
conchiglie, sassolini) che i bambini stessi possono inserire a piacere.
Al termine della costruzione, il gruppo torna sulla riva del torrente, per provare ad
accompagnare lo scorrere dell’acqua con i nuovi strumenti, e registrando la
produzione sonora in un nuovo file audio. L’ascolto del torrente organizza quindi i
movimenti che i bambini devono agire sul loro bastone della pioggia: sincronizzando il
gesto con il ritmo che ascoltano possono giungere a un risultato musicale armonico e
coerente con le intenzioni esecutive.
Tornati a scuola, l’esecuzione viene ripetuta con gli strumenti che possono essere
suonati a tempo costante e lento come lo scorrere dell’acqua; oltre alla possibilità di
evocare il torrente Rombonoss, le sequenze musicali prodotte sembrano offrire
interessanti spunti di approfondimento per giocare con la durata de suoni. In questa
direzione vanno alcune attività di dialogo, nelle quali inizialmente è l’insegnante a
eseguire con il bastone una sequenza in cui si alternano suoni di durata brevi e lunghi,
per poi essere imitata dai bambini e, in un secondo momento, è un bambino a
proporre una sequenza, alla quale gli altri devono rispondere.
Il gioco sull’alternanza dei suoni di diversa durata si arricchisce grazie a un quesito
che le insegnanti pongono ai bambini, chiedendo il loro aiuto:
“In maniera plateale e canzonatoria Roberta ordina a Riccarda di scrivere la musica
che i bambini stanno suonando. Riccarda chiede aiuto ai bambini che le suggeriscono
di “fare una riga lunga se il suono è lento e di fare puntini se il suono è veloce.” Poi
tocca ai bambini: l’insegnante suona e i bambini scrivono.”
La trascrizione grafica dei suoni, identificati solo nella loro durata, consente ai bambini
di mettere a fuoco in modo ancora più chiaro questo parametro musicale, per il quale
35
utilizzano riferimenti visivi legati a una scrittura non necessariamente musicale che,
comunque, puntualizza la qualità della produzione e dell’ascolto. E poiché sono gli
stessi bambini a suggerire alle insegnanti la logica della trascrizione musicale, risulta
facile e immediato trascrivere anche le azioni sonore eseguite dall’insegnante.
L’attività si sviluppa ulteriormente in palestra, dove i bambini ripetono l’alternanza
lento-veloce con movimenti del corpo (correre, saltare, gattonare...), e con diverse
parti del corpo, seguendo ritmi proposti inizialmente da un cd didattico, poi da un
brano lento (Heal the world di Michael Jackson) e uno veloce (Can Can di Jacques
Offenbach), infine accompagnando i brani muovendo dei teli e improvvisando una
danza.
L’esperienza, che ha visto la partecipazione, il coinvolgimento e l’interesse di tutti i
bambini, ha messo in luce le loro diverse capacità ritmiche sia nell’uso dello strumento
sia nel movimento e ha consentito all’insegnante di offrire continui stimoli aperti alla
classe, senza il timore di affrontare un’attività in cui il bambino è chiamato in prima
persona ad esprimersi, ma invece affidandosi alle idee dei bambini stessi, offrendo
uno spazio accogliente nel quale potersi manifestare.
36
Bibliografia
CATTELAN A. E MAZZOLI F. (2009) Ada Maty Una storia cantata a più voci, (con
CD), Artebambini, Bazzano.
DELALANDE F. (2001) La musica è un gioco da bambini, Franco Angeli, Milano.
DELALANDE F. (1993) Le condotte musicali. Comportamenti e motivazioni del fare e
ascoltare musica, Clueb, Bologna.
FERRI P. (2011) Nativi digitali, Mondadori. Milano.
GARDNER H.(1993) Il bambino come artista, Saggi sulla creatività e l’educazione,
Anabasi, Milano.
FRAPAT MONIQUE, (1994) L’invenzione musicale nella scuola dell’infanzia, Junior,
Bergamo.
IMBERTY M. “La musica e il bambino” in Nattiez J.J. (a cura di) (2002) Enciclopedia
della musica vol. 2: Il sapere musicale, Einaudi, Torino.
LAVELLI M. (2007), Intersoggettività: origini e primi sviluppi, Raffaello Cortina, Milano.
MAZZOLI F.(a cura di) (1997) Musica per gioco, EDT, Torino.
MAZZOLI F. (2000), C’era una volta un re, un mi, un fa. Nuovi ambienti per
l’educazione musicale, EDT, Torino.
MAZZOLI F. (2013) Canzoni per Pico esperienze di canto al nido e alla scuola
dell’infanzia, EDT, Torino.
STERN D. (1998) Le interazioni madre-bambino, Raffaello Cortina, Milano.
DANIEL S. (1985) Il mondo interpersonale del bambino, Torino Bollati Boringhieri.
TAFURI J. (2007) Nascere musicali, percorsi per educatori e genitori, EDT, Torino.
TOMATIS A. (1993) L'orecchio e la voce, Baldini e Castoldi, Milano.
TOSTO I. M. (2009) La voce musicale, EDT, Torino.
TREVARTHEN C. (1998) Empatia e biologia, Raffaello Cortina, Milano.
YOUNG S. (2003) Giocando con le canzoni, in MusicaDomani n.127, giugno 2003.
37