LA LEZIONE La fotosintesi: caratteristiche generali In presenza di luce e di clorofilla: 12H2O + 6CO2→ 6O2 + 6H2O + C6H12O6 È questa la fotosintesi clorofilliana, il “fuoco verde”, un modello di scambio tra materia ed energia talmente efficiente che oggi i ricercatori, dopo secoli trascorsi a cercare di capirne il meccanismo, tentano di riprodurre artificialmente così da intrappolare l’energia solare proprio come fanno le piante. Ma è esatto chiamare la fotosintesi “fuoco verde”? La parola fuoco allude al prodotto finale della fotosintesi, lo zucchero glucosio (C6H12O6) che, durante la fermentazione (senza O2) o la respirazione cellulare (con O2), si scinde in CO2 e H2O liberando sotto forma di ATP (la cosiddetta ‘benzina biologica’) l’energia contenuta nei suoi legami chimici. Verde invece è il colore della clorofilla, senza la quale questo ‘miracolo’ chimico-fisico non sarebbe possibile. Va poi ricordato che il glucosio, oltre che funzionare da riducente, può iniziare i processi di sintesi delle biomolecole fondamentali: cellulosa, amido, fosfolipidi, trigliceridi, acidi nucleici, vitamine…. La lunga storia di una scoperta J.B. Van Helmont (1577-1644) naturalista e alchimista fiammingo, primo a usare il nome gas (Singer,1969) aprì la strada alla comprensione dei meccanismi della fotosintesi. In quel periodo si credeva che le piante traessero il loro nutrimento soltanto dal suolo, il che non convinceva del tutto Van Helmont che realizzò un esperimento rimasto famoso. Piantò un salice di 2 kg in un vaso contenente 9 kg di suolo essiccato in fornace: tutto accuratamente pesato, coprendo accuratamente il vaso in modo che il terriccio non venisse a contato con l’aria. Dopo avere innaffiato la pianta per 5 anni, ripesò l’albero e il terriccio: il primo pesava 76 kg e l’altro solo 55 g meno dei 9 kg iniziali. La conclusione di Van Helmont fu che era stata l’acqua a nutrire il salice, anche se la piccola riduzione di peso del terreno gli lasciò dei dubbi. Perché quei 55 grammi in meno? Successivamente Priestley (1774) scoprì che le piante liberavano O2. Nel 1845 Mayer definì che: luce, CO2, materia verde (clorofilla n.d.A.) davano O2 materia organica. Il secolo XX Durante il secolo XX sono stati chiariti i passaggi chimico-fisici della fotosintesi: Hill(1937) e poi Kamen nel ‘41 dimostrano che l’ossigeno proviene dalla fotolisi dell’acqua (gr. fòtos, luce e lísis, scioglimento, scissione) in presenza di luce (fase luminosa); nel ‘56 Calvin scopre che la riduzione della CO2 con formazione finale di glucosio può avvenire anche al buio (fase oscura). Tuttavia, i punti in ombra del complesso fenomeno fotosintetico sono ancora molti. Alcuni ricercatori, tra cui James Barber dell’Imperial College di Londra, si stanno dedicando alla clorofilla, il pigmento verde presente nei cloroplasti che rende possibile la fotolisi di H2O in ioni idrogeno, ossigeno gas, elettroni. È infatti l’idrogeno elementare a far gola agli scienziati: con idrogeno puro si potrebbe ottenere una quantità enorme di energia con evidenti vantaggi. Un altro filone di ricerca è quello della realizzazione della ‘foglia artificiale’ (James Barber e collaboratori) che permetterà, tra l’altro, l’assorbimento del surplus di CO 2 dall’atmosfera, con diminuzione dell’effetto serra, e la produzione di composti organici. La fase luminosa della fotosintesi La fotosintesi è un processo di ossido-riduzione che rientra nello schema generale: DH2+ A → D + AH2 dove D indica una sostanza donatrice di elettroni e A una sostanza che accetta elettroni ed eventualmente idrogeno. Nella reazione generale della fotosintesi il donatore di elettroni e di idrogeno è l’acqua, mentre l’accettore è l’anidride carbonica. L’intero processo è scomponibile in due fasi: la fase luminosa, che può svolgersi solo in presenza di luce, e la fase oscura, che avviene anche al buio. La fase oscura della fotosintesi L’evento chiave della fase oscura della fotosintesi è il processo detto “fissazione del carbonio”, un processo che, utilizzando l’ATP e il NADPH2 prodotti durante la fase luminosa, trasforma il carbonio inorganico dell’anidride carbonica nel carbonio organico della molecola del glucosio, zucchero a 6 atomi di carbonio ricco di energia. In questa fase della fotosintesi è utilizzato un enzima molto importante il Ribulosio 1,5 bifosfato carbossilasi-ossigenasi (Rubisco) che è probabilmente l’enzima più abbondante presente sulla Terra. Il Rubisco permette la fissazione della CO2 a una molecola a 5 atomi di carbonio e, quindi, la sintesi del glucosio. Tag: scienze naturali, botanica, clorofilla, fotosintesi