L’economia kazaka ha fatto segnare nell’ultimo quindicennio un periodo di crescita sostenuta che ha fatto convergere il Paese verso livelli di reddito medio (il tasso di crescita medio 2000-2014 si e’ attestato a circa l’8% e il reddito pro-capite ha raggiunto i 13mila dollari), riducendo anche le sacche di popolazione in condizioni di poverta’. La crescita economica e’ stata tuttavia caratterizzata da un’elevata volatilita’ strutturale a ragione della marcata dipendenza dal comparto energetico. Nonostante numerosi siano i progetti di diversificazione, ancora oggi i comparti non-oil svolgono un ruolo marginale: l’80% delle esportazioni deriva dal settore energetico e l’industria manifatturiera e l’agricoltura pesano solo per l’11 e il 5% del PIL. Dopo un rallentamento nel biennio 2008-2009, l’economia ha ripreso a crescere nel quadriennio successivo a ritmi significativi anche se inferiori a quelli della prima parte del millennio, registrando un aumento medio del PIL del 6,5% (rispettivamente 7,3, 7,5, 5 e 6%), in linea con le stime governative. A sostenere lo sviluppo sono stati soprattutto il livello elevato dei prezzi delle commodities che costituiscono l’asse portante del sistema e l’ascesa dei consumi privati, che negli scorsi anni hanno rappresentato il vero motore di spinta della domanda aggregata (crescendo a tassi costantemente superiori all’8%); non trascurabile è stato anche il contributo del settore pubblico attraverso politiche fiscali particolarmente accomodanti. Attualmente si percepiscono segnali di rallentamento congiunturale derivanti soprattutto dal deterioramento del quadro di riferimento esterno, dalla conseguente diminuzione della domanda estera (innanzi tutto russa, ma anche europea e cinese), dal calo del prezzo delle materie prime sui mercati internazionali e dalla connessa riduzione della fiducia di imprese e consumatori. Nei primi 8 mesi dell’anno la crescita e’ stata del 4%, determinata soprattutto dal buon andamento del comparto dei servizi, che rappresenta il 54,4% del totale e che e’ cresciuto a un tasso del 5,4%, mentre e’ rimasto stagnante l’andamento del comparto manifatturiero. Il rallentamento della crescita ha indotto il Governo a rivedere al ribasso le stime per l’anno, dal 6 al 4,3%. Nonostante tale rallentamento il Paese resta tra le economie piu’ attraenti all’interno dell’area, con indicatori economici attesi significativamente superiori alla media, che ne mostrano il grande potenziale, anche in termini di mercato di sbocco per le imprese italiane. Rimane cruciale, tuttavia, che l’ambizioso piano di riforme economiche strutturali annunciato dal Primo Ministro Massimov venga pienamente attuato e che si sfruttino appieno le possibilita’ di interazione con la Banche Multilaterali di Sviluppo. I principali nodi strutturali da risolvere per spingere il Paese su un sentiero di crescita sostenuta nel medio termine sono essenzialmente quattro: 1) la promozione di un’efficace politica di diversificazione dell’economia; 2) il risanamento del sistema bancario con la risoluzione definitiva del problema dell’elevato peso delle partite anomale sui bilanci bancari; 3) l’approntamento di strumenti e meccanismi tali da permettere una migliore trasmissione della politica monetaria, per consentire un efficace contrasto di eventuali fiammate inflazionistiche e una corretta gestione della politica del cambio; 4) il miglioramento del clima di business e l’incremento delle dotazioni industriali e tecnologiche cosi’ da ottenere guadagni permanenti di produttivita’ e spingere a un ampliamento delle potenzialita’ di crescita dell’economia. Lo scorso febbraio per compensare il calo di competitivita’ del Paese, anche alla luce della perdita di valore strisciante del rublo, si e’ operata una svalutazione del 18 per cento della valuta nazionale, accompagnata da un restringimento della banda di oscillazione. Considerata la struttura dell’interscambio kazako, che secondo stime dell’FMI per circa il 40 per cento e’ anelastico rispetto alla quotazione del tenge, i guadagni di breve termine, conseguiti a ragione dei miglioramenti nei termini di scambio nei comparti non-oil e della riduzione delle importazioni di beni di consumo potrebbero essere piu’ che annullati nel lungo periodo dagli ostacoli che la svalutazione potrebbe creare ai progetti di potenziamento della struttura produttiva e di riconversione industriale, che necessitano di macchinari e apparati di fabbricazione estera. Cio’ potrebbe danneggiare in prospettiva le potenzialita’ produttive del Paese, con conseguenze negative apprezzabili, considerato che i margini di crescita in assenza di investimenti si sono progressivamente ridotti (allo stato sono pari solo allo 0,5 per cento). La via maestra per ottenere guadagni di competitivita’ dovrebbe essere piuttosto quella di un ribilanciamento dell’economia e di una sua sostanziale diversificazione. Tale ragionamento porta a considerare con sfavore un’eventuale ulteriore svalutazione del tenge, la quale pero’, non e’ al momento esclusa. Si dovrebbe, invece, secondo i rappresentanti delle IFI, procedere a dotarsi di migliori e piu’ efficaci strumenti di gestione della politica monetaria e del cambio, al fine di consentire una efficace trasmissione degli impulsi di politica monetaria e una maggiore flessibilita’ del cambio nel continuo. Il saldo di conto corrente, leggermente negativo (-0,1 del PIL) nel 2013, si e’ riportato in positivo (0,5% del PIL con riferimento all’intero 2014) a seguito della svalutazione del tenge del febbraio scorso. Il saldo commerciale ha ampliato il proprio avanzo, passando da 33,7 mld di dollari nel 2013 a un valore atteso di circa 44/48 mld di dollari nel 2014, prevalentemente per la riduzione delle importazioni. Quanto precede ha comportato un innalzamento delle riserve ufficiali, che si sono attestate a oltre 28 mld di dollari, pari a circa 5,2 mesi di importazioni e pertanto adeguate a garantire una sufficiente resistenza a condizioni di stress finanziario (97,5 mld di dollari, pari al 44% del PIL includendo anche le risorse del Fondo di stabilizzazione petrolifero). Il flusso d’investimenti diretti esteri, a causa dell’esaurirsi di alcuni importanti progetti finanziati dall’estero (gli impianti petroliferi di Kashagan), si e’ invece ridotto sia nel 2013 sia nel 2014. In generale, piuttosto debole è stata l’attività d’investimento, peraltro sostenuta quasi esclusivamente dalla componente statale. L’inflazione ha accelerato dopo la svalutazione del tenge fino a raggiungere un picco del 7,4 per cento a fine settembre, sostenuta soprattutto dal maggior costo in tenge delle importazioni. Elevata e’ stata in particolare la crescita dei prezzi nel comparto alimentare (+11%) solo in parte calmierata, peraltro con misure non sempre trasparenti, dall’intervento pubblico. Un contributo significativo all’inflazione e’ derivato dalle dinamiche salariali (la crescita si e’ attestata in media nel 2013/ 2014 al 10%) e, più in generale, dell’intero sistema di welfare nazionale. Secondo la maggior parte degli analisti incontrati, e come da ultimo riconosciuto dal Governo, nel 2014 difficilmente potrà essere centrato il target per l’inflazione che la Banca Centrale aveva fissato ad inizio anno (6-8%) e le attese sono per un dato superiore all’8%. Le finanze pubbliche rimangono robuste, con un deficit che dovrebbe attestarsi all’1,2% del PIL, sostanzialmente in linea con l’anno precedente, mentre lo stock di debito pubblico attualmente rappresenta soltanto il 12,9% del PIL. La solidita’ del quadro complessivo poggia anche sulla composizione del debito pubblico, prevalentemente detenuto all’interno (85%). Il Governo kazako ha peraltro intrapreso di recente un progetto di riforma del bilancio pubblico che persegue gli obiettivi di accrescere l’efficienza dei processi di budgeting (obiettivo della prima parte del piano) e di migliorare la complessiva sostenibilita’ fiscale (obiettivo ultimo del progetto). A tal fine sono previste revisioni dei processi di spesa, riforme del sistema dei compensi pubblici e migliore focalizzazione dei piani di budget. Articolati progetti di riforma riguarderanno anche le norme che regolano la compartecipazione tra settori pubblici e privati nel finanziamento delle infrastrutture (PPP) e sovraintendono al controllo dell’indebitamento delle partecipate pubbliche, dalla cui sovraesposizione potrebbero derivare in prospettiva possibili problemi di tenuta del bilancio pubblico. La debolezza del sistema bancario, afflitto principalmente da problemi di scarsa trasparenza e ridotta qualita’ del credito, rappresenta uno dei principali nodi strutturali da risolvere per consentire che il Kazakhstan si avvii verso un sentiero di crescita sostenibile. Allo stato il credito all’economia e, in particolare alle piccole e medie imprese, e’ del tutto insufficiente a favorire uno sviluppo del sistema economico non legato a iniziative finanziate da capitale pubblico. Il sistema finanziario kazako e’ di tipo “bancocentrico” (alle banche fa capo il 77% delle attivita’ finanziarie e il 44 del PIL), mentre e’ assai scarsa la capitalizzazione di borsa e il ruolo degli altri intermediari finanziari, fatta eccezione per i fondi pensione (cui fa capo il 19% delle attivita’ finanziarie). Negli ultimi dieci anni il numero delle banche è andato progressivamente riducendosi: attualmente vi sono 38 intermediari di cui 17 a partecipazione estera (14 filiali di banche estere e tre filiazioni kazake a proprieta’ estera). Il comparto bancario presenta un livello di concentrazione elevato, anche se in calo negli ultimi anni: alle prime cinque banche fa capo oltre la metà dei volumi intermediati complessivi e alle prime tre il 77% dei crediti retail. La presenza pubblica nel sistema e’ ancora dominante, con una quota pari a circa il 60% degli attivi riconducibili a istituti a proprieta’ statale. Durante la crisi del 2008 il settore bancario, che negli anni pregressi si era espanso a ritmi molto elevati utilizzando prevalentemente provvista proveniente dall’estero per finanziare settori non tradable dell’economia (prevalentemente quello edilizio), ha sofferto profondamente e lo Stato kazako attraverso la holding statale Samruk Kazyna ha acquisito partecipazioni nella quattro principali del Paese, pur non riuscendo ad evitare il default di due di queste, e in numerose altre banche. Al momento si registra il tentativo di Samruk Kasyna di alleggerire il proprio portafoglio di partecipazioni bancarie. Sebbene, anche a seguito dell’iniezione di cospicui fondi pubblici, il livello di capitalizzazione sia nel complesso adeguato sia in termini quantitativi (il coefficiente complessivo di patrimonializzazione e’ pari al 17%, a fronte di un minimo regolamentare dell’8) sia in termini qualitativi (il capitale di qualita’ primaria rappresenta oltre il 75% del totale), la scadente qualita’ del credito zavorra il sistema bancario non permettendogli di assistere con efficacia l’economia reale. Inoltre, permane un problema di composizione valutaria delle esposizioni, considerato che il 38% dei crediti e’ erogato in valuta estera, a prenditori non coperti dal rischio di cambio, e che la componente in dollari dei depositi del sistema bancario e’ cresciuta dopo la svalutazione al 50% dell’aggregato. Lo stock di crediti anomali si commisurava a meta 2014 a circa il 35% del portafoglio complessivo, con picchi per alcuni istituti bancari di oltre il 50. La Banca Centrale ha affermato che le stime preliminari relative al mese di ottobre vedrebbero una discesa dell’incidenza delle partite anomale al 29%. La scarsa trasparenza esistente nel settore e l’esistenza di pratiche di classificazione dei crediti ancora non allineate ai migliori standard internazionali fanno presumere che il livello effettivo delle partite anomale possa addirittura essere superiore a quello, gia’ molto alto, segnalato. Nonostante a fronte delle partite anomale segnalate siano stati effettuati accontamenti significativi (pari al circa l’83% delle esposizioni complessive), il mantenimento delle stesse in bilancio paralizza le possibilita’ delle banche kazake di utilizzare efficacemente il capitale. Per ovviare a questi problemi sono stati adottati gia’ dal 2011 articolati provvedimenti legislativi finalizzati a favorire la pulizia dei bilanci e i write off dei crediti inesigibili. A fronte dell’insuccesso del piano originario, che si fondava sull’iniziativa autonoma delle banche, e’ stato delineato nel 2013 un piano forzato di abbattimento dello stock di partite anomale, che impone a ciascuna banca di raggiungere un tetto massimo di crediti anomali (15% entro il 2014 e 10 entro il 2015). Si tratta di un progetto ambizioso, che tuttavia a detta della maggior parte degli operatori bancari incontrati si presenta difficilmente realizzabile nella pratica. Il piano ha pero’ il merito di affrontare il problema in modo articolato, prevedendo una pluralita’ di strumenti da usare congiuntamente. In particolare, sono state previsti incentivi fiscali per spingere le banche alla cancellazione dei crediti inesigibili (derecognition), istituito un fondo pubblico (Problem Loan Fund) avente lo scopo di acquistare a sconto pacchetti di crediti anomali dalla banche e favorita la costituzione di veicoli finanziari di carattere privato specializzati nella gestione delle esposizioni anomale. Si tratta di una gamma articolata di strumenti il cui utilizzo dovra’ essere opportunamente modulato dalle banche. Rimangono, tuttavia, da approntare ancora ulteriori provvedimenti legislativi per favorire il riconoscimento delle perdite e migliorare le procedure di recupero. Gli operatori bancari incontrati hanno affermato che la portata del problema e gli aggiustamenti necessari rendono opportuno far ricorso a tutta la panoplia degli strumenti messi in campo. Altro problema che si e’ tentato di affrontare attraverso misure pubbliche e’ stato quello di frenare l’eccessiva espansione del credito al consumo, che ha sperimentato ritmi insostenibili fino al 2013. A tal fine sono stati imposti 3 vincoli di carattere macroprudenziale: 1) un limite al credito ottenibile in relazione al reddito individuale (il servizio del debito non deve eccedere il 50% del reddito disponibile); 2) la rimozione degli incentivi regolamentari esistenti a favore del credito retail e 3) l’imposizione di un limite alla crescita del portafoglio prestiti al dettaglio di ciascuna banca (non piu’ del 30%). Più in generale si riscontrano debolezze anche nell’efficacia delle autorità di vigilanza che appaiono poco indipendenti dal potere politico e nel quadro normativo che ancora non è allineato agli standard internazionali. Tale situazione di debolezza rischia di rappresentare un ostacolo per lo sviluppo economico, particolarmente nel caso in cui la dinamica dei prezzi delle commoditities, da cui il Kazakhstan e’ fortemente dipendente, dovesse mantenersi depressa. Per quel che attiene i Fondi Pensione, va segnalato che recentemente e’ stata promossa l’unificazione e la nazionalizzazione dei fondi in precedenza esistenti di proprieta’ delle banche consolidandone le attivita’ in Unico Fondo Pensione pubblico, gestito dalla Banca Centrale del Kazakhstan in base a un mandato fiduciario, che seguira’ un principio contributivo. Gli interventi volti a migliorare il clima degli investimenti hanno prodotto apprezzabili risultati come dimostrato dal rapporto “Doing Business” della Banca Mondiale nel quale il Kazakhstan è passato dal 74esimo posto del 2010 al 50esimo del 2014. Si tratta di sforzi non comuni ad altri paesi dell’area, i quali dovranno continuare in futuro, anche con una maggiore focalizzazione. Il Kazakhstan, secondo quanto affermato dalle locali Autorità, intenderebbe continuare a lavorare per migliorare il proprio clima di investimento e aprirsi ulteriormente agli investitori esteri, mettendo in campo una serie di iniziative tese a tutelare e incentivare l’impiego di fondi nel Paese. In particolare, si segnalano: 1) la previsione di un punto di contatto unico (one stop shop) per i contatti tra investitori e Governo, al fine di alleviare l’impatto della burocrazia; 2) l’istituzione del Foreign Investors Council, che svolge le funzioni di organo di tutela (Investment Ombudsdam) per gli investitori esteri; 3) l’introduzione di agevolazioni fiscali per i nuovi progetti di investimento in settori strategici, che prevedono specifiche esenzioni in materia di imposte sul reddito e sulla proprieta’ per il periodo iniziale di insediamento; 4) la previsione di zone economiche speciali con vantaggi aggiuntivi per gli investitori esteri. Un ulteriore fattore di ostacolo allo sviluppo futuro del Paese potrebbe risiedere, oltre che nelle descritte condizioni del sistema bancario, nella produttività del lavoro, che nonostante sia migliorata, specie nel settore estrattivo, rimane bassa in alcuni settori cruciali per il rilancio economico del paese, quali l’agricoltura e le piccole e medie imprese private. Al fine di rilanciare la produttivita’ globale dei fattori, il Governo intende mettere in campo un piano articolato di iniziative, finalizzate a creare le condizioni per conseguire incrementi permanenti dei livelli di efficienza e produttività’. Tra queste rileva un progetto di assistenza finanziaria alle PMI, che si fonda in una partnership tra pubblico e privato in cui le banche verrano chiamate a selezionare la clientela cui canalizzare risorse pubbliche. La creazione di una rete efficiente di piccole e medie imprese rimane, infatti, uno dei punti salienti per consentire il graduale passaggio da un economia dominata dall’iniziativa e dagli investimenti pubblici a una moderna economia di mercato.