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Recenti Prog Med 2012; 103: 79-84
Il danno epatico da farmaci
Ludovico Abenavoli1, Emanuela Libri1, Domenico Bosco2, Dionisio Gallo3, Francesco Luzza
Riassunto. Il danno epatico da farmaci rappresenta la principale causa di insufficienza epatica acuta e di trapianto ortotopico di fegato nei paesi occidentali. I farmaci e le erbe
medicamentose in grado di determinarlo sono alcune centinaia, ma solo per alcuni di essi si conosce l’esatto meccanismo fisiopatologico. Sono a rischio di epatotossicità tutti
quei soggetti che fanno largo uso di farmaci. La flow-chart
diagnostica è di difficile impostazione, in quanto non esiste
alcun biomarcatore specifico ed i sintomi riportati dal paziente risultano spesso aspecifici. L’epatite da farmaci non
può essere trattata farmacologicamente, salvo pochi casi
specifici. L’unico trattamento efficace rimane la sospensione immediata del farmaco sospetto.
Drug-induced liver injury.
Parole chiave. Danno epatico da farmaci, fegato, nimesulide, paracetamolo.
Key words. Drug-induced liver injury, liver, nimesulid,
paracetamol.
Introduzione
Negli ultimi anni, inoltre, è stato riscontrato come il danno a carico dei mitocondri epatocitari possa rappresentare una delle principali cause dell’epatotossicità2.
La sintomatologia ed i segni clinici che manifestano i soggetti affetti da DEF sono aspecifici
perché comuni ad altre patologie epatiche, come:
astenia, ipoanorressia, ittero e subittero, spider
nævi e dermopatie (orticaria, sindrome di StevensJohnson, sindrome di Lyell, red man syndrome,
etc.). Associate ad epatotossicità da farmaci vi sono altre manifestazioni sistemiche quali anemia
emolitica, aplasia midollare, insulto renale, insulto gastrointestinale, manifestazione allergiche (es.
febbre, rash, eosinofilia, sindrome pseudo-mononucleosica).
Gli esami ematochimici in corso di DEF evidenziano un’alterazione della funzionalità epatica, che varia a seconda del tipo di danno. Nel danno epatico si verifica un aumento prevalente di
transaminasi, che può essere moderato o notevole
ed a cui può accompagnarsi un modesto aumento
della fosfatasi alcalina (FA). Nel danno colestatico,
invece, aumenta la FA e le transaminasi possono
rimanere normali o subire un aumento moderato.
Infine nel danno epatico di tipo misto, si registra
un aumento sia delle transaminasi sia della FA3
(tabella 1).
I danni epatici da farmaci (DEF), rappresentano il 6% di tutte le reazioni avverse al farmaco e costituiscono la causa più frequente del ritiro postmarketing di un farmaco, così come della sua mancata autorizzazione alla commercializzazione. Essi
inoltre sono la principale causa di insufficienza epatica acuta e di trapianto nei Paesi occidentali.
I meccanismi che determinano la potenziale
epatotossicità non sono ancora del tutto noti, se
non per alcuni farmaci. In generale, gli epatociti
reagiscono all’aggressione tossica attivando meccanismi di difesa che includono ipertrofia del reticolo endoplasmatico, induzione di sistemi di protezione come il glutatione e sintesi delle heat shock
proteins della fase acuta. La morte dell’epatocita
segue in genere un percorso apoptico o necrotico, a
seconda dei fattori predisponenti. Quando un’elevata quantità di molecola tossica raggiunge il fegato, si verifica la necrosi a causa di alterazioni intracellulari oppure come conseguenza di un attacco da radicali liberi di ossigeno e azoto, da parte
delle cellule Kupffer attivate e delle cellule endoteliali1.
I bersagli coinvolti nelle reazioni tossiche indotte dal farmaco sono gli epatociti, i colangiociti,
le cellule stellate e le cellule endoteliali.
Summary. Drug-induced liver injury represents the principal cause of acute liver failure and orthotopic liver transplantation in western country. A very large number of different drugs and medicinal herbs has been associated with
liver injury but just for few of them we know the process
that causes liver disease. All the people which ingest a large
number of drugs present a risk of developing liver injury.
Diagnosis is very difficult because a specific biomarker of
damage is absent and the clinical picture is common to other liver diseases. A therapeutic approach is efficacy only in
few cases. When a drug-induced liver injury is suspected,
cessation of the drug is the first step in their management.
1 Dipartimento di Scienze della Salute, Università Magna Græcia, Catanzaro; 2 Unità Operativa di Neurologia; 3 Unità Operativa
di Medicina d’Urgenza, Ospedale San Giovanni di Dio, Crotone.
Pervenuto il 5 maggio 2011.
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Recenti Progressi in Medicina, 103 (2), febbraio 2012
Tabella 1. Criteri diagnostici di DEF secondo la US Food and
Drug Administration, in base al tipo di danno.
Danno epato-cellulare
ALT>2-3 N con FA N
o ALT/FA ≥5
Danno colestatico
FA>2 N o ALT/FA≤2
Danno misto
ALT>2-3 N e FA>2 N
o ALT/FA tra 2 e 5
N: valori normali; ALT: alanino amino-transferasi; AST: aspartato aminotransferasi; FA: fosfatasi alcalina
Dal momento che gli effetti tossici dei farmaci
sul fegato mimano qualsiasi patologia epatica, non
solo dal punto di vista clinico ma anche biochimico
ed istologico, ne consegue che la flow-chart diagnostica sia di difficile impostazione e non possa basarsi che sull’esclusione di tutte le altre cause di
danno epato-cellulare.
Per effettuare una corretta diagnosi è bene porre particolare attenzione all’anamnesi, escludere
una causa virale, escludere un’ostruzione o un’infezione biliare (colecistite o colangite), escludere una
tossicità epatica di natura alcolica, escludere la presenza di una patologia autoimmune (figura 1).
Le reazioni di tipo A sono, di solito, rappresentate da necrosi epato-cellulare, causata direttamente dal farmaco o nella maggioranza dei casi, dai
suoi metaboliti. Un meccanismo tipico è quello del
danno da paracetamolo, con la formazione di un
metabolita altamente reattivo, che a dosi terapeutiche il fegato riesce a detossificare, mentre a dosi
elevate perde tale capacità.
Le reazioni epatiche di tipo B possono essere immuno-mediate o idiosincratiche e possono presentarsi con diversi quadri clinici: necrosi acuta epato-cellulare, epatite acuta, steatosi, colestasi con o senza
epatite, epatite cronica attiva, fibrosi e cirrosi, colestasi cronica, epatiti granulomatose, sindrome di
Budd-Chiari, tumori epatici. Tra le diverse manifestazioni di epatotossicità da farmaco, la più problematica è certamente la forma idiosincratica, poiché si
riferisce ad una combinazione di fattori genetici e non
genetici che rendono un paziente suscettibile a danno da farmaci in maniera del tutto imprevedibile.
Sul metabolismo intra-epatico del farmaco incidono numerosi fattori individuali4:
– il sesso: le reazioni epatiche sono più comuni
nelle donne, indice di fattori ormonali che condizionano il metabolismo del farmaco. Il sesso femminile,
inoltre, è un ottimo consumatore di farmaci rispetto a
Danno epatico
quello maschile che tende ad
assumerne di meno;
Epatiti virali
Patologie vie biliari
– la razza: il metabolismo
- ecografia
- Epatite A IgM anticorpi
del farmaco è controllato dal
- TC scanner
- Epatite B antigene di superficie
citocromo P450 (CYP450) di
- RMI
- Epatite C anticorpi
- CPRE
- Epatite E anticorpi
cui esistono numerosi polimorfismi genetici: CYP2D6,
CYP2C19 e CYP3A5;
Alcol
Patologie autoimmuni
- Storia di abuso
– l’età: il metabolismo dei
- Anticorpi anti-nucleo
- Alcolemia
- Anticorpi anti-mitocondrio
farmaci risulta condizionato
- AST/ALT >2:1
- Anticorpi anti muscolo liscio
in particolare da due fasce di
- γ-globulineSideremia
età: adolescenti e anziani. La
possibilità di sviluppare DEF
Alterazioni genetiche e metaboliche
Patologie cardio-circolatorie
sembra essere maggiormen- Ferritinemia
- Ipertensione arteriosa
te collegata all’età avanzata,
- Shock
- Sideremia
benché non sia chiaro se essa
- Ceruloplasminemia
- Insufficienza cardiaca
- Livelli di α1-antitripsina
- Occlusione vascolare
rappresenti l’espressione di
un’intrinseca aumentata suscettibilità ai farmaci o sia
più semplicemente dovuta ad
una maggiore esposizione ad
Possibile DEF in corso
essi. Quel che è sicuro è che
in questa fascia d’età si veriFigura 1. Possibile flow-chart diagnostica nel sospetto clinico di DEF.
fica una ridotta bio-trasformazione dei farmaci durante
la fase I ed una ridotta attività degli enzimi microsomiali epatici;
Il danno epatico da farmaci
– una storia anamnestica di precedente reazione avversa a farmaci;
In base al meccanismo patogenetico, le reazioni
– l’insufficienza epatica: l’alterazione del metaavverse epatiche possono essere suddivise in reabolismo risulta proporzionale all’entità dell’insuffizioni di tipo A prevedibili e dose-dipendenti e reacienza epato-cellulare e la sua espressione è massizioni di tipo B o idiosincratiche, non prevedibili e
ma nella cirrosi;
dose-indipendenti.
L. Abenavoli, E. Libri, D. Bosco, D. Gallo, F. Luzza: Il danno epatico da farmaci
– il flusso epatico: la riduzione del flusso di
sangue epatico causa un’alterazione del metabolismo dei farmaci, particolarmente in quelli con elevata estrazione di primo passaggio. Nei farmaci
ampiamente metabolizzati nel fegato è il flusso
epatico che limita il metabolismo, aumentando la
concentrazione plasmatica di farmaco nel circolo
generale, con conseguente possibilità di reazioni
avverse;
– l’uso di alcol: l’etanolo, attraverso il prodotto
del suo catabolismo, l’acetaldeide, è altamente tossico per il fegato. Esso provoca alterazioni della
struttura del fegato che vanno dal semplice accumulo di grassi negli epatociti alla cirrosi ed ancora
più grave al carcinoma epato-cellulare. Tutto ciò altera il metabolismo del farmaco a seconda della
quantità di alcol ingerito: in caso di assunzione acuta gli enzimi deputati al metabolismo di alcol e farmaci si saturano e danno la precedenza all’alcol, favorendo in tal modo il raggiungimento di concentrazioni anche elevate dei farmaci co-somministrati;
l’assunzione cronica stimola, al contrario, l’induzione del citocromo P450 con conseguente aumento del
metabolismo dei farmaci somministrati e riduzione
della loro concentrazione epatica5. L’enzima coinvolto nella metabolizzazione dell’alcol è il CYP2E1;
– le malattie epatiche preesistenti: uno shunt
artero-venoso può alterare il metabolismo dei farmaci anche in assenza di un ampio danno epatocellulare; nella cirrosi si determina un esteso shunt
porto-cavale che si associa al danno epato-cellulare
e che riduce il metabolismo epatico dei farmaci con
aumento del rischio di reazioni epatiche; i pazienti
sottoposti a trattamenti anti-retrovirali per l’infezione da HIV sono a rischio maggiore per epatotossicità grave quando sono affetti anche da epatite B
o C, in particolare se la terapia comprende inibitori di proteasi;
– lo stato nutrizionale: il digiuno determina deplezione del glutatione6 e ha inoltre effetti sul mantenimento del glucosio epatico. La malnutrizione
proteica deprime l’attività degli enzimi che metabolizzano i farmaci limitandone quindi l’effetto
(questo può spiegare l’apparente resistenza delle
popolazioni di nazioni sottosviluppate agli effetti
epatotossici del tetracloruro di carbonio e di composti simili usati per il trattamento delle infestazioni da elminti). C’è un grande rischio di epatotossicità negli obesi e nei pazienti diabetici, ma è
ancora in fase di studio il legame tra lesioni tossiche e steatosi epatica;
– la gravidanza;
– la presenza di patologie concomitanti: queste
influenzano soprattutto la capacità di guarigione
del paziente dal danno epatico, piuttosto che le modalità della sua insorgenza.
La gravità della compromissione della funzionalità epatica al momento della presentazione condiziona l’evoluzione della patologia epatica causata
dalla tossicità da farmaci: i pazienti che presentano insufficienza epatica acuta, coagulopatia (cioè
INR≥ 1,5) ed encefalopatia hanno di solito una pro-
gnosi infausta se non viene effettuato il trapianto
orto topico di fegato (OLT). La prognosi risulta, invece, generalmente migliore nell’insufficienza epatica da paracetamolo7. È stato inoltre evidenziato
come il tipo di farmaco implicato nel danno epatico
possa influenzare la prognosi: da alcuni studi è
emerso che la mortalità per danno epatico indotto
da alotano è pari all’incirca al 40% mentre i pazienti che hanno presentato danno epatico indotto
da eritromicina sono sopravvissuti8. I pazienti che
presentano ittero sembra abbiano una prognosi
peggiore rispetto a quelli senza ittero.
Una maggiore durata della terapia a causa di
un mancato riconoscimento tempestivo di DEF
sembra aumentare il rischio di sviluppare danno
epatico cronico. Nonostante la grande maggioranza
dei pazienti con danno epatico acuto sintomatico
tenda a guarire completamente dopo la sospensione del farmaco sospettato, i DEF di tipo acuto possono presentare caratteristiche di gravità tali da
evolvere in insufficienza epatica acuta.
Dal punto di vista clinico i DEF possono determinare un ampio spettro di danni epatici acuti,
subacuti e cronici (figura 2). L’insufficienza può
evolvere in epatite acuta o subacuta che si può
manifestare con febbre, dolore addominale e ittero. Nell’epatite acuta si riscontrano aumentati livelli di transaminasi e/o gamma-glutamil transpeptidasi (γ-GT) e (FA). L’istologia epatica mostra
un quadro virtualmente indistinguibile da quello
dell’epatite acuta di natura virale. I casi più lievi
mostrano aree di necrosi che si estendono e raggiungono lo stadio di danno epatico diffuso. È frequente la necrosi a ponte e l’infiltrazione infiammatoria è marcata. In rari casi l’epatite acuta può
evolvere in fulminante quando il farmaco causa la
completa distruzione del fegato e qualora non si
intervenga con un trapianto urgente la mortalità
è molto elevata.
Il danno epatico può da acuto progredire in cronico quando in un soggetto è presente da più di tre
mesi un aumento di varia entità dei valori di tran-
Fosfolipidosi
Neoplasia
Epatite cronica
Epatite acuta
Granulomatosi
DEF
Steatosi non
alcolica
Danno sinusoidale
Steatosi
microvescicolare
Danno colestatico
Alterazioni
del profilo epatico
Figura 2. Possibili lesioni epatiche in corso di DEF.
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Recenti Progressi in Medicina, 103 (2), febbraio 2012
saminasi e/o di FA, rilevato per la prima volta dopo l’inizio di un nuovo trattamento farmacologico3,
il soggetto può non presentare alcun sintomo o
avere sintomi aspecifici, può essere presente un ittero colestatico di durata ≥3 mesi. Il DEF cronico
è molto più raro del DEF acuto e può evolvere in
epatite cronica le cui caratteristiche cliniche, biochimiche e sierologiche così come l’aspetto istologico, ricalcano un’epatite cronica attiva di tipo auto-immune.
L’epatite da farmaci non può essere trattata farmacologicamente, salvo in determinate eccezioni.
L’unico trattamento efficace è la sospensione della
terapia con il farmaco sospettato e l’esecuzione di
una terapia generale di supporto (somministrazione di cortisonici nel caso si sospetti una patogenesi
allergica; somministrazione di N-acetilcisteina nel
caso del paracetamolo; la somministrazione di acido urso desossicolico riduce i valori di bilirubina totale e diretta, di fosfatasi alcalina e γ-GT con conseguente miglioramento dei sintomi). A sospensione avvenuta si verifica spesso il miglioramento delle condizioni cliniche, anche se in maniera variabile e in modo non sempre immediato. Il danno epatico può infatti peggiorare o seguire un recupero
che si protrae anche per settimane o mesi.
Farmaci epatotossici
Inizialmente i le prime segnalazioni di casi di
epatotossicità da farmaci erano riconducibili solo
a pochi agenti causali. Oggi, invece, sono numerosi i farmaci che includono l’epatotossicità tra i loro
effetti avversi (FANS, antibiotici, anestetici, antitubercolari, etc.).
PARACETAMOLO
Negli Stati Uniti, il paracetamolo rappresenta
tuttora il farmaco maggiormente imputato nei casi segnalati di insufficienza epatica acuta e viene,
inoltre, utilizzato ad alto dosaggio a scopo suicida9.
Il paracetamolo rappresenta l’esempio di danno
epatico diretto ovvero dose-dipendente ed è uno dei
pochi farmaci per il quale è noto il meccanismo fisiopatologico del danno. Viene metabolizzato soprattutto attraverso processi di glucuronidazione
e solfatazione e circa il 55% viene escreto con le
urine come coniugato all’acido glucuronico ed il
30% come solfo coniugato. Una piccola frazione è
metabolizzata a reattivi intermedi, attraverso il sistema di ossidazione microsomiale mediata dall’isoenzima CYP2E1 del CYP450, con formazione
di un metabolita elettrofilo attivo, l’N-acetil-p-benzochinone10, responsabile dell’epatotossicità osservata dopo ingestione eccessiva di paracetamolo a
scopo suicida. I principali fattori di rischio per la
tossicità da paracetamolo sono: l’alcolismo, il digiuno o lo scarso stato nutritivo ed i farmaci induttori del CYP2E1 (isoniazide, acetaldeide, imidazolo, etc.).
NIMESULIDE
La nimesulide è il farmaco antinfiammatorio
non steroideo più utilizzato in Italia. Il meccanismo molecolare alla base dell’epatotossicità epatica da nimesulide non è ancora ben noto11. L’evidenza sperimentale suggerisce un aumento della concentrazione del farmaco nel compartimento epatobiliare, la formazione di metaboliti reattivi che stabiliscono legami covalenti alle proteine provocando uno stress ossidativo ed un danno
a livello mitocondriale. La biotrasformazione della nimesulide, che si verifica principalmente a livello epatico, avviene per ossidazione dell’anello
aromatico, con formazione del metabolita principale 4-idrossi-nimesulide e per nitroriduzione
con formazione di un’amina aromatica. Quest’ultimo metabolita viene ulteriormente metabolizzato per N-acetilazione, catalizzata dalla N-acetil-transferasi12.
Dall’analisi dei dati presenti in letteratura, sulle reazioni epatiche avverse gravi associate all’uso
di nimesulide, è stato osservato che in alcuni pazienti si verifica necrosi epato-cellulare centro-lobulare o peri-lobulare massiva associata a lieve o
moderato infiltrato infiammatorio, notevole aumento delle transaminasi seriche con o senza aumento dei livelli di bilirubina. In altri pazienti la
tossicità epatica si definisce istopatologicamente
come colestasi intra-epatica e in altri ancora il tipo di tossicità è di tipo misto (epato-cellulare e colestatico).
AMOxICILLINA ACIDO-CLAvULANICO
La classe farmacologica maggiormente coinvolta nei processi di DEF è rappresentata dagli antibiotici13. Tra questi, quello più frequentemente associato ad epatotossicità è l’amoxicillina-clavulanato. La percentuale di epatiti sintomatiche causate dall’associazione amoxicillina-acido clavulanico
è maggiore a 1/100.000 persone esposte al farmaco.
Non è ancora chiaro con quale meccanismo si verifichi la reazione tossica: è stato ipotizzato un meccanismo immuno-mediato e l’evidenza di una maggiore incidenza con il prolungamento della terapia
potrebbe far pensare ad un accumulo di metaboliti
tossici che aumenterebbe la capacità immunizzante del farmaco. Nella patogenesi del danno epatico,
inoltre, è stato chiamato in causa anche il ruolo dell’acido clavulanico.
È stato osservato che l’amoxicillina causa una
reazione di tipo colestatico che si sviluppa 1-4 settimane dopo la cessazione della terapia. Una serie
di casi che hanno coinvolto 69 pazienti affetti da
epatite tossica da amoxicillina-clavulanato ha dimostrato come il tipo di danno epatico vari a seconda del tempo trascorso dall’inizio della terapia: ad una settimana dall’inizio della terapia predomina il danno epato-cellulare, a 2-3 settimane
il danno colestatico ed a 3 settimane il danno epatico misto14.
L. Abenavoli, E. Libri, D. Bosco, D. Gallo, F. Luzza: Il danno epatico da farmaci
ISONIAzIDE
Tra i farmaci anti-tubercolari da tempo si parla
dell’epatotossicità causata dall’isoniazide. Dopo
l’acetilazione, l’isoniazide è convertita ad idrazina
che viene modificata dagli enzimi che metabolizzano i farmaci in un potente agente acilante che causa necrosi epatica15 Il rischio aumenta se l’isoniazide viene associata ad un induttore enzimatico come la rifampicina. Recenti evidenze indicano come
il polimorfismo del N-acetiltransferasi genotipo 2
rappresenti una suscettibilità di rischio per lo sviluppo di epatiti indotte da farmaci anti-tubercolari.
Risulta infatti che il fenotipo acetilatore lento rappresenta un rischio maggiore di sviluppare epatotossicità rispetto al fenotipo acetilatore rapido. In
genere i sintomi dell’epatotossicità causata da isoniazide sono assenti, ma si registra un aumento
delle transaminasi sieriche. La biopsia epatica può
mostrare aree di necrosi a ponte più o meno estese,
con associata fibrosi. Se la somministrazione non
cessa, il danno può evolvere in epatite cronica.
ALOTANO
L’alotano è un anestetico generale, molto comune, ampiamente utilizzato. Il danno epatico indotto da alotano è molto raro e tende a verificarsi dopo una ripetuta esposizione al farmaco. Il meccanismo di danno sembra essere riconducibile alla formazione di prodotti intermedi tossici, l’ipossia cellulare e la periossidazione dei lipidi. L’alotano si deposita nel tessuto adiposo e può essere rilasciato
lentamente (i soggetti maggiormente colpiti sembrano essere le donne anziane obese). L’80% dei pazienti trattati per epatite da alotano presenta anticorpi contro l’aptene metabolita trifluoroacetato
dell’alotano17.
KAvA KAvA (PIPER METhySTICUM FORST S.)
Si è portati a pensare che i prodotti fitoterapici,
di cui si fa sempre maggiore uso, siano privi di rischi perché prodotti naturali, ma le piante medicinali presentano, al pari dei farmaci, numerosi effetti collaterali, controindicazioni ed interferenze
farmacologiche.
La kava kava è una pianta appartenente alla
famiglia delle piperaceae, i cui estratti provocano
effetti ansiolitici, sedativi e, con l’aumentare della dose, rilasciamento muscolare ed incoordinazione motoria. La sua epatotossicità è descritta in
letteratura nonostante ancora non sia stato identificato né il meccanismo di danno epatico, né le
molecole contenute nella pianta che lo determinano18. Tuttavia è stata ipotizzata la responsabilità
dei kavalattoni (lattoni estratti dalla resina della
pianta), delle flavokavine A e B (pigmenti presenti nel rizoma) e della pipermetistina (alcaloide).
Inoltre è stata ipotizzata la possibilità che la Kava kava, a causa delle alte temperature associate
ad un grado elevato di umidità, presenti nelle aree
del Pacifico meridionale dove essa è coltivata, possa essere contaminata da epatotossine prodotte da
muffe19.
Conclusioni
Il crescente mercato globale dei prodotti medicinali può significare, da un lato, maggiori cure per
le varie patologie; dall’altro, una maggiore esposizione dei pazienti a nuovi farmaci, il che comporta
un crescente numero di eventi avversi inattesi.
L’epatotossicità potenziale dei farmaci è ampiamente riconosciuta come una delle sfide principali
in epatologia contemporanea. Sfortunatamente, il
riconoscimento della tossicità di farmaci specifici è
limitato sia per la difficoltà nel diagnosticare il danno epatico, dovuta alla mancanza di biomarcatori
specifici, sia per la omessa segnalazione dei casi ai
Centri referenti, da parte del personale sanitario.
È un maggiore rischio di epatotossicità nel sesso femminile, negli anziani, e nei soggetti che fanno uso di una terapia concomitante con farmaci
epatotossici. Nella prescrizione dei farmaci, quindi, non può non tenersi conto dello stato generale,
della presenza di altre sofferenze organiche, della
preesistente situazione della funzionalità epatica,
dell’età, della sensibilità generica o specifica verso
alcuni medicamenti ed, elettivamente, della presenza di una presunta o accertata gravidanza. L’età
pediatrica e quellageriatrica sono le più suscettibili al dosaggio dei farmaci, mentre la condizione gravidica richiede particolare attenzione ed un critico
comportamento del medico.
L’educazione dei pazienti è un aspetto essenziale nella prevenzione del DEF. Sarebbe quindi opportuno promuovere un’educazione all’uso del farmaco, favorendo la sola assunzione dei farmaci realmente indispensabili, ponendo attenzione alla
durata della terapia ed alla presenza di altri concomitanti fattori che potrebbero predisporre il paziente ad un rischio eccessivo a fronte di un beneficio minimo.
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Indirizzo per la corrispondenza:
Dott. Ludovico Abenavoli
Università Magna Græcia
Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica
viale Europa
88100 Germaneto (Catanzaro)
E-mail: [email protected]
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