ESAMI DI STATO ANNO SCOLASTICO 2013/2014 I.S.I.S. GIULIO NATTA - BERGAMO L’URANIO Il dualismo Progresso e Distruzione TRUSSARDI SIMONE CLASSE 5C LST 1 Indice: Introduzione: L’elemento Gli isotopi Gli impieghi principali Processi di arricchimento dell’uranio L’uranio impoverito Le radiazioni e la radioattività: Nozioni generali sulle radiazioni Le radiazioni ionizzanti Il decadimento e il tempo di dimezzamento Decadimenti alfa, beta e gamma La fissione nucleare: La scoperta Gli esperimenti di Enrico Fermi La nascita del Progetto Manhattan Gli esiti degli studi americani Gli effetti delle prime bombe nucleari Il reattore nucleare: I primi prototipi Le evoluzioni successive I meccanismi di funzionamento Le varie tipologie di reattore L’acqua pesante 2 Introduzione L'uranio è l'elemento più pesante presente in natura. Fu scoperto (ma non isolato come metallo) nel 1789 da M.H. Klaproth in un campione di pechblenda della Sassonia: Peligot isolò il metallo puro nel 1841, e nel 1896 A.H. Becquerel ne scoprì la radioattività. L'importanza dell'uranio crebbe con la scoperta (1934-39, a opera di Fermi, Hahn e Strassman, Joliot, Szilard, Anderson e altri scienziati dell’epoca) della fissione nucleare con liberazione di energia (e liberazione di altri neutroni atti a mantenere una reazione nucleare a catena) che subisce l'isotopo (naturale ma poco abbondante) 235U per bombardamento con neutroni lenti. L'uranio è un elemento notevolmente distribuito in natura, anche se abbastanza raro, costituendo circa lo 0,0004% della crosta terrestre; è contenuto per circa 3·10-6 g/l nelle acque marine. I suoi principali minerali primari (generalmente di colore scuro), nei quali l'uranio si trova in stati di ossidazione prossimi a +4, sono gli ossidi anidri uraninite, l'uraninite (detta anche pechblenda) e inoltre la carnotite, ma sono noti almeno altri 150 minerali uraniferi, con contenuti di uranio di potenziale rilevanza commerciale. L'uranio puro è un metallo bianco lucido, ad alta densità, duttile e malleabile, poco più tenero dell'acciaio e debolmente paramagnetico. Chimicamente è un metallo molto reattivo: a temperatura ambiente, se è in massa si ossida lentamente all'aria (assumendo colorazione bruna), mentre allo stato di fine suddivisione è piroforico, si incendia cioè spontaneamente all’aria. Si combina facilmente con l'idrogeno e con il fluoro anche a temperature vicine a quella ambiente, mentre a temperature più elevate reagisce con gli altri alogeni, con il fosforo, con l’azoto e con il carbonio e i suoi ossidi. A temperature elevate è un forte riducente rispetto a molti ossidi e alogenuri. L'uranio naturale (non arricchito in 235U) e i suoi composti non sono particolarmente pericolosi per la salute. Isotopi Un isotopo è un atomo di uno stesso elemento chimico, e quindi con lo stesso numero atomico Z, ma con differente numero di massa. La differenza dei numeri di massa è dovuta ad un diverso numero di neutroni presenti nel nucleo dell'atomo. L'uranio naturale è composto da una miscela di tre isotopi, 234U, 235U, e 238U, di cui 238U è il più abbondante (99,3%), mentre il 234U costituisce una percentuale trascurabile del totale. 3 Questi tre isotopi sono radioattivi; quello dotato di tempo di dimezzamento più lungo è il 238U (emivita: 4,468 × 109 anni), seguono 235U (7,038 × 108 anni) e 234U (2,455 × 105 anni). L' 238U emette prevalentemente particelle alfa decadendo in 234Th. A sua volta, questo decade beta, continuando la catena fino a giungere al 206Pb, stabile. Impieghi Gli isotopi dell'uranio vengono separati per aumentare la concentrazione di 235U rispetto a 238U; questo processo è chiamato arricchimento. L'uranio si considera "arricchito" quando la frazione di 235U è considerevolmente maggiore del livello naturale (circa lo 0,7204%), tipicamente su valori compresi tra il 3% ed il 7%. 235U è il tipico materiale fissile per i reattori nucleari a fissione ed è utilizzabile per la produzione di armi nucleari se sufficientemente puro. L’ 238U nella reazione di fertilizzazione con un neutrone si trasforma in 239Pu, che a sua volta può essere utilizzato come fissile o per scopi bellici, ciò avviene ad esempio nei reattori nucleari dove i neutroni liberati dalla fissione di uranio 235 vengono in parte catturati dai nuclei di uranio 238, che si trasforma così in uranio 239, soggetto a sua volta a due rapidi decadimenti beta, trasformandosi prima in nettunio 239 e successivamente in plutonio 239, quest'ultimo usato tipicamente nella fabbricazione di ordigni nucleari, ma anche per la realizzazione di MOX, una miscela di uranio naturale e plutonio usata come combustibile per particolari centrali nucleari. La preparazione dei combustibili nucleari mediante arricchimento in 235U dei sali di uranio ha reso disponibili a costi moderati discrete quantità di 238U che è solo debolmente radioattivo e possiede una elevata densità (circa 19 g/cm 3), una discreta lavorabilità meccanica e una elevata capacità schermante verso radiazioni tipo raggi X o raggi γ. Mentre l'uranio puro è impiegato per schermi antiradiazioni e per contrappesi dei dispositivi per il controllo aerodinamico nei missili, negli aerei e negli elicotteri, è utilizzato per rendere le corazzature dei carri armati particolarmente resistenti e le leghe con 0,75% di titanio o con 2% di molibdeno sono utilizzate nei proiettili penetranti. Gli impieghi non nucleari dell'uranio sono piuttosto trascurabili: colorazione di vetri e ceramiche, catalisi di talune reazioni chimiche, applicazioni in chimica analitica, fotografia e medicina. 4 Arricchimento Per ottenere un materiale fissile che sia adatto a scopi nucleari, cioè che emetta una quantità sufficiente di neutroni, è necessario aumentare la concentrazione dell'isotopo 235U rispetto al più comune e meno radioattivo 238U. La concentrazione di 235U deve passare a valori superiori al 3% per i reattori nucleari ad acqua leggera LWR. Il processo di concentrazione dell'uranio è un compito estremamente difficile: non è possibile separarli per via chimica, essendo due isotopi dello stesso elemento, e l'unico modo è sfruttare la piccolissima (meno dell'1,5%) differenza di peso. Per fare questo si fa reagire l'uranio metallico con fluoro ottenendo esafluoruro di uranio (UF6), un composto solido bianco, che sublima in fase gassosa al di sopra di 56,4 °C. Questo composto in fase gassosa è usato nei due più comuni processi di arricchimento, l'arricchimento per diffusione gassosa (utilizzata soprattutto negli Stati Uniti) e quello per centrifuga a gas (principalmente utilizzato in Europa). Esistono molte diverse tecniche usate per il processo di arricchimento, la più utilizzata dagli scienziati agli inizi fu la diffusione gassosa: costringendo l'esafluoruro di uranio gassoso a passare attraverso una serie di membrane. Questo produce una lieve separazione tra le molecole che contengono 235U e 238U. Durante la Guerra Fredda, la diffusione gassosa giocò un ruolo fondamentale come tecnica per l'arricchimento dell'uranio, anche se attualmente è stata completamente sostituita con nuove metodiche. Il processo di separazione isotopica elettromagnetica (EMIS) consiste nella vaporizzazione dell'uranio metallico e successivamente nella provocazione di una ionizzazione che produca ioni carichi positivamente. Questi vengono quindi accelerati e successivamente deflessi da campi magnetici sui loro rispettivi bersagli di collimazione. Il processo di arricchimento dell'uranio tramite centrifuga a gas utilizza un gran numero di cilindri rotanti in serie e formazioni parallele. Questa rotazione crea una forte accelerazione centrifuga in modo che le molecole di gas più pesanti, contenenti 238U si muovono verso l'esterno del cilindro e le molecole di gas più leggero, con maggiore concentrazione di 235U si raccolgono presso il centro. Per ottenere la stessa separazione isotopica si richiede molta meno energia rispetto al vecchio metodo della diffusione gassosa, metodica che ha in gran parte soppiantato. 5 L'uranio impoverito L'uranio impoverito è ottenuto come scarto del procedimento di arricchimento dell'uranio. Il materiale risultante consiste principalmente in 238U, che ha una minore attività specifica dell'uranio naturale. Il termine è una traduzione dall'inglese depleted uranium, che a volte viene tradotto gergalmente con il termine uranio depleto. Il terzo isotopo naturale dell'uranio (234U), si concentra a sua volta nell'uranio arricchito e si disperde nell'uranio impoverito. Da 12 kg di uranio naturale si ottengono all'incirca 1 kg di uranio arricchito al 5% di e 11 kg di uranio impoverito. 235 U Quasi tutto (circa il 95%) l'uranio impoverito è conservato sotto forma di esafluoruro di uranio (UF6), in cilindri stoccati all'aperto, per evitare il pericolo di accumulo di acido fluoridrico in caso di incidenti. Dopo l'uso in reattori, si ottiene il "combustibile esausto" che presenta elevata radiotossicità e complesse problematiche di trattamento: il materiale può essere soggetto a riprocessamento o allo smaltimento come scorie radioattive. L'uranio impoverito può essere miscelato con il plutonio ottenuto dal riprocessamento per la produzione di combustibile MOX, che ha un comportamento fisico simile a quello del combustibile originario e può essere utilizzato assieme all'uranio. La radioattività dell’uranio impoverito La radioattività dell'uranio impoverito (DU) viene considerata "di basso livello" confrontata con quella ad "alto livello" dell'uranio arricchito in uranio-235 (o di altri materiali), perché l'uranio impoverito è costituito principalmente dall'isotopo uranio-238 (T1/2 = 4,5 Ga) dotato di emivita più lunga di quella dell'isotopo uranio-235 (T1/2 = 0,7038 Ga), nonostante entrambi siano prevalentemente emettitori di particelle alfa. Infine, in questo contesto, il terzo isotopo uranio-234 (T1/2 = 0,2455 Ma), presente in percentuale molto bassa nell'uranio naturale (0,0055%), si trova a sua volta maggiormente concentrato nell'uranio-235 arricchito aumentandone ulteriormente l'attività specifica e quindi la radiotossicità. L'energia di una particella alfa è estremamente alta: essa, tuttavia, agisce solo a breve distanza e non oltrepassa la pelle, e per questo motivo diventa il tipo più pericoloso di contaminazione se la sorgente è contenuta nel corpo, e praticamente innocuo se questa si trova all'esterno. Un foglio di alluminio o carta spesso 0,02 millimetri o la stessa epidermide umana, può infatti fermare questo tipo di radiazione. 6 Gli isotopi di uranio decadono inoltre, seppure con piccola probabilità, mediante fissione nucleare spontanea, nonché emissione di cluster di particelle e decadimento doppio beta. Tossicità dell’uranio impoverito Uno studio effettuato da Diane Stearns, biochimico presso la Northern Arizona University, ha stabilito che cellule animali esposte al sale di uranio solubile in acqua (acetato di uranile, UO2(CH3COO)2) vanno soggette a mutazioni genetiche determinando tumori e altre patologie, indipendentemente dalle sue proprietà radioattive. L'esposizione sia a composti chimici di uranio impoverito sia di uranio naturale può, in generale, indipendentemente dalle sue proprietà radioattive, causare danni ai reni, pancreas, stomaco e intestino. Le radiazioni Col termine “radiazione” si definisce la particolare modalità con cui l’energia si propaga da un punto all’altro dello spazio, in assenza di trasporto di quantità macroscopiche di materia e senza il supporto di un substrato materiale. Le radiazioni possono essere distinte in elettromagnetiche e corpuscolate: le prime sono costituite da campi elettromagnetici oscillanti con una certa frequenza (onde elettromagnetiche) che si propagano nel vuoto con velocità pari a quella della luce (3 x 108 m/s); le seconde sono costituite da particelle atomiche o subatomiche dotate di elevata velocità (prossima a quella della luce nel caso di elettroni e positroni) e quindi di elevata energia cinetica. Le radiazioni sono classificate in ionizzanti o non ionizzanti (NIR) in base alla loro capacità di produrre o meno la ionizzazione del mezzo attraversato. Quando le radiazioni attraversano la materia, infatti, cedono ad essa, tutta o in parte, l’energia che posseggono e possono produrre lungo il loro tragitto, se dotate di energia sufficiente, alterazioni a livello atomico. E’ questo il primo evento (di tipo fisico) di una lunga sequenza di reazioni secondarie (di tipo chimico) che, nella materia vivente, possono dare luogo ad effetti biologici. In particolare, l’interazione iniziale delle radiazioni con la materia dipende, sia quantitativamente che qualitativamente, dalla natura, dalla massa, dalla carica e soprattutto dall’energia delle radiazioni considerate. L’energia delle radiazioni, siano esse corpuscolate o elettromagnetiche, si misura in elettronVolt (eV) dove un elettronvolt é l'energia che acquista una particella elementare nell'attraversare una differenza di potenziale di 1 volt. 7 Le radiazioni con energia sino a 10 eV, poiché tale valore corrisponde all’energia di legame degli elettroni più esterni degli atomi, non riescono a produrre ionizzazione e dunque sono definite non ionizzanti (NIR). Tutte le radiazioni di energia superiore a 10 eV, riescono invece ad indurre modificazioni fisiche conseguenti alla deposizione di parte o tutta la loro energia, come ad esempio fenomeni di ionizzazione e di eccitazione, e vengono definite radiazioni ionizzanti (IR). Radiazioni ionizzanti I meccanismi con cui le radiazioni ionizzanti interagiscono a livello atomico con la materia sono le eccitazioni e le ionizzazioni. Nelle eccitazioni, l’energia ceduta è inferiore a quella necessaria ad espellere dall’atomo uno dei suoi elettroni dell’orbitale più esterno (elettroni di valenza), la cui energia di legame è dell’ordine di 10 eV. A causa dell’interazione di queste radiazioni a bassa energia, l’atomo passa dallo stato fondamentale ad uno stato eccitato per spostamento di orbitale di uno o più elettroni, sempre nell’ambito dello stesso atomo. Nelle ionizzazioni l’energia ceduta dalle radiazioni supera quella del legame dell’elettrone di valenza che viene quindi espulso dall’atomo di appartenenza. A seguito di tale evento si crea una coppia di ioni: da una parte l’elettrone, o ione negativo, e dall’altra l’atomo, che perdendo l’elettrone ed è divenuto uno ione positivo. La radioattività La radioattività venne scoperta da Becquerel alla fine dell’800. È un fenomeno naturale per il quale isotopi instabili di alcuni elementi, per eccesso di protoni o neutroni, emettono radiazioni denominate α, β e γ per stabilizzarsi. Questo processo di stabilizzazione è il decadimento e può durare da pochi secondi a milioni di anni. In natura quasi tutti gli elementi si sono stabilizzati nel corso della lunga storia dell’universo. Le radiazioni α sono particelle di Elio-4, con carica positiva e massa atomica 4; le radiazioni β sono elettroni, dunque con carica negativa e le radiazioni gamma sono onde elettromagnetiche ad altissima frequenza (superione ai raggi x). Sono radioattivi elementi pesanti come l’Uranio, il Torio, il Radio e la maggior parte degli elementi artificiali ottenuti in laboratorio. 8 Nei primi del ‘900 Rutherford prosegue le ricerche nel campo della radioattività e ottiene la trasmutazione degli elementi: scoprì che bombardando nuclei di azoto con particelle α otteneva nuclei di ossigeno e protoni liberi. Il decadimento Il decadimento radioattivo è un insieme di processi fisico-nucleari attraverso i quali alcuni nuclei atomici instabili o radioattivi (radionuclidi) decadono (trasmutano), in un certo lasso di tempo detto tempo di decadimento, in nuclei di energia inferiore raggiungendo uno stato di maggiore stabilità con emissione di radiazioni. Il processo continua più o meno velocemente nel tempo fintantoché gli elementi via via prodotti, eventualmente a loro volta radioattivi, non raggiungono una condizione di stabilità attraverso la cosiddetta catena di decadimento. Storia Nel 1896 Antoine Henri Becquerel, durante uno studio sulle relazioni intercorrenti tra fosforescenza e Raggi X, scopre la radioattività naturale dell’uranio. Gli esperimenti di Becquerel consistevano nell'esporre alla luce del sole una sostanza fosforescente disposta su un involucro di carta opaco in cui vi era una lastra fotografica destinata a rivelare l'emissione non luminosa della sostanza. La scelta cadde sul solfato di uranio che sviluppava una fosforescenza molto viva. Gli esperimenti mostravano che la lastra fotografica veniva impressionata dopo una debita illuminazione, il che confermava l'ipotesi di Becquerel. Ben presto però Becquerel osservò un fenomeno del tutto nuovo e inatteso: si accorse che la lastra veniva impressionata anche al buio. Becquerel ipotizzò che la sostanza continuasse a emettere radiazioni derivate dall'illuminazione anche dopo la fine dell'esposizione ai raggi solari. Dopo ripetuti esperimenti con materiali diversi, si verificò che le radiazioni non dipendevano dalla caratteristica della fosforescenza della sostanza ma dal materiale: l'uranio. 9 Emivita Come molti processi quantistici, anche il decadimento è descritto da leggi statistiche: la percentuale di atomi che, in un certo intervallo di tempo, subisce il decadimento, è una costante. Per dare un'unità di misura standard, si indica solitamente il tempo in cui metà degli atomi di un certo isotopo di un elemento decadono. Tale periodo prende il nome di emivita dell'isotopo. Esistono isotopi con emivita brevissima, poche frazioni di secondo, ed altri con emivita di migliaia di anni. Nella maggior parte dei casi, gli isotopi instabili subiscono decadimenti dei vari tipi in successione, e pertanto si parla di catena di decadimento di un isotopo, intendendo la sequenza di decadimenti che tale atomo percorre. Quasi tutte le catene di decadimento finiscono con un isotopo del piombo (che è stabile). Tipi di decadimento In seguito agli studi di Ernest Rutherford, i decadimenti nucleari sono stati raggruppati in tre classi principali: decadimento alfa decadimento beta decadimento gamma Mentre il decadimento alfa e il decadimento beta cambiano il numero di protoni nel nucleo e quindi il numero di elettroni che vi orbitano attorno (cambiando così la natura chimica dell'atomo stesso), il decadimento gamma avviene fra stati eccitati dello stesso nucleo e comporta solo la perdita di energia. Il decadimento alfa avviene in accordo con la legge di conservazione della massa/energia con l'emissione di una particella, detta appuntoparticella alfa, composta da due protoni e due neutroni (nucleo di elio) da parte dell'isotopo di un elemento con elevato numero atomico(Z>83). 10 Il decadimento beta può avvenire in due modi: un neutrone decade (trasmuta) in una coppia protone-elettrone più un antineutrino (spin opposto al neutrino) elettronico (decadimento beta meno). Il protone resta nel nucleo atomico, mentre le altre due particelle vengono espulse (emesse). un protone decade (trasmuta) in una coppia neutrone-positrone più un neutrino (massa piccolissima e carica elettrica zero) elettronico (decadimento beta più). Questo tipo di decadimento può avvenire solo o dentro ad alcuni nuclei oppure, molto di rado, libero e solo in presenza di sufficiente energia avendo il protone una massa inferiore a quella del neutrone: dai dati sperimentali risulta che il protone è una particella stabile e quindi spontaneamente non decade. La scoperta della fissione La prima fissione nucleare artificiale (cioè provocata dall'uomo) avvenne nel 1932 ad opera di Ernest Walton e John Cockcroft, che accelerando protoni contro un atomo di Litio-7 riuscirono a dividere il suo nucleo in due particelle alfa(cioè due nuclei di Elio); il fenomeno era noto come splitting the atom. Il 22 ottobre 1934 la prima fissione nucleare artificiale di un atomo di Uranio fu realizzata dal gruppo di fisici italiani guidati da Enrico Fermi (i cosiddetti "ragazzi di via Panisperna"), il gruppo di fisici italiani però non si accorse di ciò che era avvenuto ma ritenne invece di aver prodotto dei nuovi elementi transuranici. Alla fine del dicembre 1938, esattamente nella notte tra il 17 e il 18, due chimici nucleari tedeschi, Otto Hahn e il suo giovane assistente Fritz Strassmann, furono i primi a dimostrare sperimentalmente che un nucleo di uranio 235, qualora assorba un neutrone, può dividersi in due o più frammenti dando luogo così alla fissione del nucleo (fu la chimica Ida Noddack ad ipotizzare per prima la fissione nel 1934, mentre i fondamenti teorici si devono a Otto Frisch e a sua zia Lise Meitner). A questo punto per i chimici e fisici iniziò a prendere forma l'idea che si potesse utilizzare questo processo, costruendo dei reattori che contenessero la reazione, per produrre energia o degli ordigni nucleari. 11 Gli esperimenti di Fermi del 1934 Nel 1934 Irene Curie mostra di aver ottenuto radioattività artificiale bombardando diversi elementi con particelle α, tuttavia questi esperimenti risultano difficoltosi perché le particelle α avendo carica positiva devono superare la repulsione elettrostatica del nucleo. È in questo momento che Enrico Fermi intuisce che può rendere più produttivo il processo usando come “proiettili” neutroni liberi che aggirano facilmente la repulsione elettrostatica essendo privi di carica. In breve Fermi e il suo gruppo a Roma, in via Panisperna, ottengono diversi radioisotopi artificiali, compresi isotopi con numero atomico > 90 bombardando atomi di uranio. Una delle scoperte fondamentali di Fermi in via Panisperna sono i neutroni lenti: egli scoprì che per urti successivi con nuclei di idrogeno (acqua, paraffina) i neutroni rallentano e in questo stato (neuroni lenti) rendono il processo di bombardamento fino a 100 volte più efficace, sicuro e stabile; la scoperta di Fermi fu importantissima poiché rese più produttivi e sistematici (e quindi più “scientifici”) gli studi sulla radioattività artificiale e, in seguito, sulla fissione. Le ricerche di Fermi dunque furono fondamentali per lo sviluppo della nascente fisica nucleare. La lettera di Einstein a Roosvelt Nell’ambito della comunità scientifica la possibilità di arrivare alla costruzione dell’arma nucleare si diffonde già a partire dalla scoperta di Hahn e Strassmann. Il mondo già nell’autunno del 1938 è in attesa di una nuova devastante guerra, dalla Germania giungono notizie allarmanti, tutti gli scienziati di origine ebraica sono fuggiti, privando il paese di un patrimonio scientifico straordinario. In America la maggior parte della popolazione è isolazionista e non vuole l’intervento degli StatiUniti in un’eventuale nuova guerra. Tuttavia i grandi fisici Szilard e Teller, a conoscenza del possibile sviluppo bellico della fissione, informano Einstein e gli spiegano la situazione, convincendolo a contattare il presidente Roosevelt (Einstein era il fisico più autorevole negli Stati Uniti). Nell’agosto del 1939 Einstein e Szilard inviano una lettera a Roosevelt. 12 Il progetto Manhattan Solo nel 1941, dopo l’attacco giapponese a Pearl Harbour e dopo l’ingresso degli Stati Uniti in guerra, Roosevelt crea un “comitato per l’incremento della ricerca” dopo che i servizi segreti inglesi confermano che la Germania sta lavorando alla bomba (nonostante la fuga di cervelli dovuta alle persecuzioni razziali la Germania disponeva di un gruppo di fisici e scienziati di primissimo livello, primo fra tutti Heisenberg che dirigerà le ricerche nucleari tedesche). Circa 12 università si attivano nella ricerca sul nucleare e nel 1942 Fermi realizza il primo reattore nucleare a fissione (la pila di Fermi). Ebbe così chiaro che sarebbe stato possibile generare una reazione a catena in grado di produrre energia su scala macroscopica. Infatti la fissione oltre a produrre energia e a spezzare il nucleo genera alcuni neutroni liberi e, con un’adeguata composizione della massa di Uranio e con un adatto controllo dei neutroni emessi nella fissione,è possibile ottenere una reazione auto sostenuta nella quale i nuovi neutroni causano nuove reazioni e così via. Se la massa di materiale fissile è insufficiente la reazione presto si esaurisce; se la massa è sufficiente (critica) la reazione prosegue e in questo caso se è lasciata libera le reazioni aumentano esponenzialmente e si produce in pochissimo tempo un’enorme quantità di energia (la bomba), se il processo è moderato con degli ostacoli che bloccano parzialmente la diffusione dei neutroni la reazione si mantiene stabile, duratura e controllabile e produce energia in modo stabile e continuo. La struttura che Fermi realizza per creare la fissione controllata (la pila di Fermi) era costituita da un cubo di grafite (moderatore), barre di uranio (materiale fissile) e barre di controllo, con la funzione di assorbire i neutroni in eccesso. La pila fu la prova inconfutabile della possibilità di sfruttare l’energia derivata dalla fissione per produrre energia creando una reazione a catena. A questo punto Roosevelt approva la costruzione di installazioni industriali per l’estrazione massiccia si U235, elemento base della fissione. I migliori fisici e scienziati presenti negli Stati Uniti vengono riuniti in un centro di ricerca sul nucleare costruito ex novo in pochi mesi a Los Alamos, una zona desertica del New Mexico; tutto questo dispiegamento di forze (e denaro per 400 milioni di $) venne chiamato “Progetto Manhattan” ed era esplicitamente finalizzato allo sviluppo atomico per fini bellici. Il Progetto Manhattan mette in moto una macchina produttiva e di ricerca che non ha precedenti nella realizzazione di un singolo manufatto e che trasformerà profondamente il rapporto tra militari, industria e mondo della ricerca scientifica. Qui i migliori geni possono lavorare a stretto contatto e isolati dal mondo, questo permise di dimezzare i tempi della ricerca. La direzione del centro fu affidata a Julius Oppenheimer. 13 I fisici del progetto andarono incontro a numerosi problemi, primo fra tutti quello di stimare accuratamente la cosiddetta massa critica, cioè la quantità minima di materiale fissile necessaria per innescare una reazione a catena di tipo esplosivo: infatti, la potenza dell'esplosione dipendeva dalla rapidità con cui si verificava l'assemblaggio del materiale fissile fino al raggiungimento della massa critica. Un primo sistema su cui si iniziò a lavorare consisteva nello sparare con la velocità di un proiettile di artiglieria una piccola quantità di materiale fissile all'interno di una massa dello stesso materiale al di sotto del valore critico, in modo che le due masse, così assemblate, superassero la massa critica con una rapidità sufficiente ad innescare una reazione a catena divergente, ottenendo l'esplosione. I risultati degli studi: Trinity test e il giappone Il primo ordigno nucleare della storia venne fatto detonare nel deserto di Alamogordo, New Mexico, 300 chilometri a sud del sito sperimentale di Los Alamos, teatro dello sviluppo principale del progetto. Il sito venne scelto perché la rarefatta atmosfera del deserto avrebbe reso osservabile l’esplosione anche al di là della distanza di sicurezza. La bomba al Plutonio venne piazzata in cima ad un traliccio, collegata ad un dispositivo che l’avrebbe fatta esplodere a distanza. La problematica industriale fu incentrata sulla produzione di una quantità sufficiente di materiale fissile con adeguata purezza. Il progetto seguì due strade parallele, che portarono alla produzione di due bombe diverse. La prima, Little Boy, sganciata su Hiroshima, era composta da uranio-235, un isotopo minore dell'uranio che fu separato fisicamente dal più prevalente uranio-238, non adatto all'uso in una bomba. La separazione venne effettuata principalmente per diffusione gassosa dell'esafluoruro di uranio (UF6), ma anche con altre tecniche. Il grosso di questo lavoro di separazione fu svolto all'Oak Ridge National Laboratory. La bomba sganciata su Nagasaki, Fat Man, invece, era costituita principalmente di plutonio-239, un elemento sintetico che diventa critico solo tramite implosione. Venne ideato un metodo a implosione: inizialmente le masse di uranio o plutonio vengono tenute separate in un nocciolo sferico perfettamente simmetrico costituito da strati di materiale fissile e strati isolanti, quando delle cariche esplosive che circondano il nocciolo vengono fatte saltare, l’onda d’urto concentrica produce l’implosione simmetrica del nocciolo che raggiunge la massa super critica istantaneamente e la reazione si attiva incontrollata. 14 Così il 6 agosto 1945 la bomba “Little Boy” all’U235 venne sganciata su Hiroshima, popolosa città del Giappone meridionale; 70000 persone morirono all’istante, carbonizzate dalle altissime temperature. Il 9 agosto un’altra bomba, “Fat Boy” al Plutonio venne sganciata sulla città di Nagasaki; qui il bilancio fu di75000 morti. Pochi giorni dopo il Giappone accettò la resa incondizionata. La maggior parte degli scienziati di Los Alamos rimase scioccata a traumatizzata dal prodotto e dall’impiego del loro lavoro, Einstein in particolare rimase colpito dalla vicenda e negli anni successivi fu un profondamente ostile a tutte le ricerche che vennero (immediatamente) avviate per lo sviluppo ulteriore delle armi nucleari. In particolare dopo la creazione e il test della bomba-H, Einstein redisse in collaborazione con Bertrand Russell il “Manifesto Einstein-Russell”. Qui in poche parole si afferma che, giunti all’attuale progresso, le armi hanno raggiunto una potenza tale che una qualsiasi guerra combattuta con le armi nucleari potrebbe essere fatale per l’intera civiltà umana. Il reattore nucleare In ingegneria nucleare un reattore nucleare a fissione è un sistema complesso in grado di gestire una reazione nucleare a fissione a catena in maniera controllata (diversamente da quanto accade invece per una ordigno nucleare) ed utilizzato come componente base nelle centrali nucleari le quali possono contenere anche più reattori nucleari nello stesso sito. Esistono reattori nucleari sperimentali di ricerca, nei quali l'energia prodotta è trascurabile, e reattori di potenza utilizzati dalle centrali nucleari nei quali l'energia termica prodotta dal reattore viene usata per vaporizzare dell'acqua, la cui energia viene convertita prima in energia meccanica attraverso l'uso di turbine ed infine in energia elettrica dagli alternatori. Storia e primi sviluppi Volendo essere precisi, i primi 16 reattori a fissione nucleare naturale divennero critici (cioè "accesi"), circa 1,7 miliardi di anni fa. In Gabon, nell’Africa centrale, furono trovati minerali di uranio con una concentrazione anormalmente bassa di 235U; il fenomeno è stato spiegato, anche grazie al ritrovamento di prodotti di fissione, con la presenza naturale di concentrazioni di 235U intorno al 3%, disposte in modo da costituire una massa critica e con la presenza di acqua liquida. 15 Storicamente invece il primo reattore nucleare di costruzione umana fu quello sperimentale-dimostrativo realizzato dall'équipe di Enrico Fermi a Chicago, nel reattore CP-1 (Chicago Pile-1), in cui si ottenne la prima reazione a catena controllata ed autosostenuta il 2 dicembre 1942. Quasi contemporaneamente venivano allestiti ad Oak Ridgel'impianto pilota l'X-10 (critico nel 1943) nell'ambito del laboratorio MetLab e a Hanford il B-reactor (critico nel settembre 1944), ambedue finalizzati alla produzione di plutonio, il primo come unità pilota ed il secondo per la produzione in grande scala. Nel dicembre 1954 il reattore di Obninsk, URSS divenne critico, e fu il primo reattore nucleare per uso civile; esso produceva solo 5 MW elettrici, ma fu comunque un precursore. Come i successori della filiera sovietica, era un reattore del tipo acquagrafite, in cui il raffreddamento del nocciolo veniva assicurato da acqua leggera e la moderazione dei neutroni da blocchi di grafite, ottimo conduttore del calore oltre che efficace moderatore del flusso neutronico. In Italia, il primo reattore nucleare, chiamato Avogadro RS-1 fu costruito a Saluggia, in provincia di Vercelli, nel 1959 da un gruppo di aziende private, di cui la Fiat era capofila, comprendente anche la Montecatini; era un reattore di ricerca di tipo a piscina, fu utilizzato principalmente per scopi sperimentali e non venne mai connesso alla rete elettrica nazionale, il suo funzionamento venne arrestato nel 1971 e quindi trasformato in deposito per elementi di combustibile nucleare irraggiato. La prima centrale Italiana per la produzione di elettricità (sempre del tipo gas-grafite GEC-Magnox, acquistata dall'Inghilterra) fu quella di Latina, critica il 27 dicembre 1962 e che produceva 153 MWe (megawatt elettrici), seguita da quella del Garigliano (1963), del tipo BWR General Electric da 150 MWe e da quella di Trino Vercellese (1964), del tipo PWR Westinghouse, da 260 MWe. L'IAEA al 31 dicembre 2009 elencava nel mondo 443 reattori nucleari a fissione in attività e 56 in costruzione destinati alla produzione di energia, soprattutto in oriente (Cina, India, Russia, Korea), mentre altri 142 sono pianificati e 327 proposti. Meccanismo di un reattore La sorgente di energia del reattore è dunque il combustibile presente nel nocciolo o nucleo del reattore, composto da materiale fissile (tipicamente una miscela di 235U e 238U), arricchita fino al 5% in 235U. È poi possibile utilizzare il combustibile MOX che è una miscela di ossidi di uranio e plutonio, oppure uranio naturale. Per il secondo combustibile si devono operare modifiche nel reattore, mentre per l'uranio naturale si devono utilizzare reattori che utilizzano come moderatore acqua pesante o grafite. 16 Per rallentare i neutroni e termalizzarli, cioè rallentarli fino ad un'energia cinetica inferiore all'eV ed aumentare così la probabilità di fissionare il combustibile, secondo la fisica stessa della reazione, è necessario utilizzare un moderatore. La fissione del nucleo del combustibile genera energia, principalmente sotto forma di energia cinetica dei frammenti della fissione e di raggi gamma. I frammenti di fissione rallentando nel combustibile generano calore che viene asportato da un fluido refrigerante termovettore (gassoso o liquido, o che subisce un cambio di fase nel processo) che lo trasporta ad un utilizzatore, direttamente o indirettamente per mezzo di generatori di vapore, quasi sempre un gruppo turbo-alternatore per la produzione di energia elettrica nella parte termoelettrica della centrale nucleare. Il termovettore refrigerante può anche essere il moderatore stesso, come avviene nel caso dei reattori ad acqua leggera. Il reattore raggiunge la cosiddetta condizione di criticità ovvero possiede una massa critica tale che la reazione di fissione a catena possa autosostenersi in maniera stabile. Il reattore dispone anche delle cosiddette barre di controllo cioè barre metalliche (in genere leghe di argento, cadmio e indio o carburi di boro) atte ad assorbire i neutroni in eccesso liberati dalla reazione che a loro volta alimentano; possono essere inserite nel nocciolo e servono a modulare in funzione della potenza energetica da generare, a tenere sotto controllo ed eventualmente arrestare la reazione a catena di fissione in caso di criticità. Questo evita ad esempio che la reazione diventi incontrollata con la liberazione di enormi quantitativi di energia che possano condurre alla cosiddetta fusione del nocciolo (parziale o totale) per temperature elevatissime, al successivo cedimento dei vari strati di contenimento del reattore incapaci di resistere a tali livelli di temperatura con dispersione nell'ambiente del materiale radioattivo, e/o alla produzione di gas esplosivi come l'idrogeno con conseguente possibile esplosione del reattore stesso e gravissime conseguenze sulla sicurezza pubblica per diffusione diretta di grandi quantità di materiale altamente radioattivo e livelli di radiazione altrettanto nocivi. Spesso anche a reattore arrestato deve continuare l'afflusso del fluido termovettore refrigerante per abbassare la temperatura del reattore e continuare a dissipare il calore residuo prodotto dalla radioattività del materiale combustibile evitando ancora una volta i problemi di surriscaldamento. Il consumo progressivo del combustibile nucleare nel nocciolo comporta la formazione di materiale di scarto detto anche residuo o prodotto di fissione non più utile alla fissione stessa e a sua volta radioattivo (le ben note scorie nucleari) e che quindi deve essere in qualche modo periodicamente rimosso dal reattore e successivamente smaltito. 17 Tipologie di reattore Reattori di Ia e IIa generazione I reattori cosiddetti "provati" sono quelli di cui è stata verificata la stabilità operativa per usi civili commerciali. Oggi sono conosciuti vari tipi di reattore nucleare, generalmente classificati in base al tipo di combustibile utilizzato, al sistema di raffreddamento/generazione vapore e al tipo di moderatore. I primi modelli, come si è visto, a partire dal CP-1, erano del tipo gas-grafite, poi commercialmente sviluppato in varie versioni : Magnox ,GEC e RBMK ( il reattore del disastro di Chernobyl ). Ambedue usavano uranio arricchito come combustibile. Il grande vantaggio dei modelli a gas è nella possibilità di utilizzare fluidi inerti come fluido refrigerante, evitando così i problemi di corrosione propri dell'acqua ad alta temperatura (che inoltre, quando irradiata, si scinde parzialmente nei componenti, generando pericoloso idrogeno nonché ossigeno libero che aggrava ulteriormente i problemi di corrosione) e nella bassa densità del refrigerante che non assorbe quindi neutroni in maniera significativa. Il problema maggiore, viceversa, sta nel relativamente basso coefficiente di scambio termico del gas, e nell'impossibilità di ottenere la moderazione dei neutroni attraverso il fluido stesso, obbligando quindi all'utilizzazione di costose (e instabili, a temperature elevate) strutture in grafite o all'utilizzo dell'acqua. Si sono quindi affermati i modelli raffreddati (e moderati) ad acqua, che sostanzialmente sono delle caldaie in cui il focolare è sostituito dall'insieme degli elementi di combustibile. Di questi esistono due modelli: quelli in cui la vaporizzazione dell'acqua avviene a contatto degli elementi di combustibile, o comunque nello stesso recipiente che le contiene, detti di tipo BWR (Boiling Water Reactor) , che quindi inviano in turbina un vapore più o meno debolmente radioattivo, e quelli che utilizzano un circuito intermedio, per cui un fluido refrigerante (di solito ancora acqua) entra a contatto del combustibile, si scalda e, senza cambiare di fase, circola in un generatore di vapore esterno in cui cede calore ad altra acqua, che stavolta vaporizza e genera energia elettrica nel gruppo turbina-alternatore. Sono detti PWR (Pressurized Water Reactor). Il vapore che arriva in turbina in condizioni di normale funzionamento non è più radioattivo. 18 Reattori di IIIa generazione I reattori cosiddetti di "3° generazione" sono versioni migliorate dei reattori di 2° generazione, di cui riprendono le caratteristiche fondamentali. Non apportano quindi sostanziali differenze concettuali di funzionamento nè riguardo ai fluidi refrigeranti nè al "combustibile" (se non la possibilità di arrivare a tassi di bruciamento più elevati) e pertanto non si hanno miglioramenti sostanziali per quanto riguarda le scorie prodotte. Prevedono però un approccio diverso alla filosofia di progettazione, includendo gli incidenti severi negli incidenti base di progetto. Ciò ha portato all'implementazione di ulteriori salvaguardie ingegneristiche (core catcher, sistemi di refrigerazione passivi, ecc.) che dovrebbero rendere queste nuove tipologie di impianto in grado di evitare contaminazioni esterne in caso di incidente. Reattori di IVa generazione I reattori nucleari di IV generazione sono un gruppo di progetti per nuove tipologie di reattore nucleare a fissione che, pur essendo da decenni allo studio, non si sono ancora concretizzati in impianti utilizzabili diffusamente in sicurezza. Alcuni ritengono che saranno disponibili commercialmente fra alcune decine di anni (2030-2040). A differenza dei reattori di 2ª generazione (la stragrande maggioranza di quelli attualmente in funzione) e 3ª generazione (attualmente proposti sul mercato e realizzati o ordinati), quelli di 4ª generazione dovrebbero introdurre marcate differenze soprattutto nei materiali impiegati, pur continuando ad usare come "combustibile" principalmente uranio e plutonio. Gli obiettivi primari di chi lavora allo sviluppo dei nuovi reattori sono quelli di migliorare la sicurezza nucleare, ridurre la produzione di scorie nucleari, sottrarsi alla proliferazione nucleare (uso militare), minimizzare gli sprechi e l'utilizzo di risorse naturali, e di diminuire i costi di costruzione e di esercizio di tali impianti. 19 Caratteristiche dei reattori più diffusi Reattori nucleari a gas (GCR) Sono moderati ad anidride carbonica-grafite. I GCR, ormai in disuso, erano in grado di usare l'uranio naturale come combustibile, permettendo così alle nazioni che li avevano sviluppati di produrre uranio arricchito per fabbricare plutonio e armi nucleari, senza dover dipendere dalle importazioni di altri paesi di cui, al tempo, gli unici fornitori erano solo Stati Uniti e Unione Sovietica. L'evoluzione inglese di questa tipologia fu l'AGR, acronimo per advanced gas-cooled reactor (reattore avanzato raffreddato a gas) è un tipo di reattore nucleare sviluppato dalla Gran Bretagna di seconda generazione. Filiera RBMK Sono reattori moderati ad acqua leggera-grafite. Il moderatore è sia la grafite che l'acqua, che fa anche da termovettore. Questa caratteristica dà al reattore un pericoloso coefficiente di vuoto positivo che generano forti escursioni di potenza, soprattutto alle basse potenze. La filiera è stata costruita solamente in paesi ex-URSS; l'incidente di Chernobyl ha coinvolto un reattore di questo tipo. Filiera BWR Sono reattori ad acqua leggera bollente. In questi reattori l'acqua nel vessel cambia stato ed è sia moderatore che termovettore, passando da liquido a vapore, con un titolo medio in uscita dal nocciolo del reattore di circa il 15%. Il vapore prodotto è inviato direttamente alla turbina per la generazione elettrica, questo consente di avere un rendimento termodinamico leggermente superiore rispetto alla filiera PWR. Filiera PWR Sono reattori ad acqua leggera in pressione. In questi reattori l'acqua nel vessel viene mantenuta allo stato liquido aumentandone di molto la pressione. L'acqua è sia moderatore che termovettore, per la generazione elettrica si passa però per degli scambiatori di calore, chiamati generatori di vapore. Essendoci quindi uno scambiatore termico fra la fonte di calore e la turbina, il rendimento termodinamico è leggermente inferiore rispetto alla filiera BWR. 20 Filiera HBWR Per i reattori ad acqua pesante della classe BWR si segnala il grave problema dell'instabilità, per il loro coefficiente positivo temperatura-potenza. Attualmente non esistono modelli in funzione. Filiera PHWR Un tipo di reattore PWR di seconda generazione moderato ad acqua pesante. Acqua pesante L'acqua pesante (D2O) è semplicemente acqua che ha il Deuterio al posto dell'idrogeno. La sostituzione isotopica con deuterio altera l'energia di legame del legame idrogenoossigeno dell'acqua, alterando le caratteristiche fisiche, chimiche e, soprattutto, le proprietà biologiche. L'acqua pesante pura non è radioattiva ed è circa l'11% più densa dell'acqua. Con la scoperta della fissione nucleare alla fine del 1938, e la necessità di un moderatore di neutroni che catturasse pochi neutroni, l'acqua pesante è diventata una componente importante dei primi programmi di energia nucleare durante la seconda guerra mondiale (1939-1945). Da allora, l'acqua pesante è un componente essenziale nella progettazione di alcuni reattori nucleari, sia per la produzione di energia elettrica che per la produzione di isotopi nucleari, come ilplutonio-239. La maggior parte dei reattori nucleari contemporanei funzionanti con uranio arricchito fanno uso di normale "acqua leggera" (H2O) per la moderazione dei neutroni. L'acqua pesante, D2O, si trova naturalmente mescolata all'acqua normale in quantità di circa 1 parte su 20 milioni di molecole di acqua normale. Si ottiene in genere separandola per distillazione dall'acqua demineralizzata; data la piccola differenza di temperatura di ebollizione rispetto all'acqua leggera, il processo è piuttosto lungo e richiede colonne di distillazione molto alte (cioè con molti "piatti equivalenti") e rapporto di riflusso elevato. 21 Fonti, bibliografia e sitografia: http://www.sermig.org/armi-nucleari http://www.eniscuola.net/ http://www.sapere.it/ http://fisica.cattolica.info/ http://it.wikipedia.org/ http://www.fisicamente.net/ http://www.enel.com/ http://ebook.scuola.zanichelli.it/ http://scienzapertutti.lnf.infn.it/ G. De Luna, M. Meriggi, G. Albertoni, “La storia al presente 3”, Paravia, 2008 James Walker, “Corso di fisica, volume 3”, Linx, 2010 James E. Brady, Fred Senese, “Chimica, la materia e le sue trasformazioni”, Zanichelli, 2008 22 Conclusioni L’argomento dell’uranio è sempre stato di mio personale interesse durante tutto il percorso scolastico fin dalle scuole medie. In particolare, come si può notare nel sottotitolo del lavoro, i suoi diversi aspetti e i molteplici utilizzi per cui può essere sfruttato hanno sempre destato stupore per la loro varietà. Può essere usato per produrre energia elettrica senza sfruttare altre fonti di energia più comuni, ma attualmente in via di esaurimento; tuttavia gli effetti catastrofici a cui un utilizzo improprio o una cattiva progettazione possono portare scoraggiano la ricerca e lo sviluppo di questa fonte energetica. Inoltre c’è l’elemento non di poco conto delle armi di distruzione di massa con meccanismo nucleare, un elemento ben peggiore degli incidenti nelle centrali. Ecco, ciò che mi ha sempre affascinato di questo elemento è il suo duplice funzionamento: migliorare la vita, ma anche poterla distruggere in solo attimo. 23