FILOSOFIA DEI SENSI. ESTETICA E PENSIERO TRA FILOSOFIA, ARTE E LETTERATURA. Presentazione del libro di Silvana Borutti Mercoledì 31 gennaio 2007 Silvana Borutti Filosofia dei sensi. Estetica del pensiero tra filosofia, arte e letteratura (Raffaello Cortina, Milano 2006) 1. Il libro indaga la questione della relazione tra pensiero e sensibilità assumendo l’ipotesi che in realtà sia possibile partire da un luogo comune a entrambi: l’immaginazione. La prima parte dell’opera offre un percorso teorico che circoscrive la questione del senso come voce media tra la passività della rivelazione di ciò che esiste e l’attività della sua configurazione. Nella seconda parte sono poi condotte delle indagini su alcune esperienze artistiche e letterarie decisive per illustrare le tesi esposte nel saggio: tra gli altri Caravaggio e Klee, Manganelli e Calvino, Francis Bacon, Füssli e Cézanne. 2. La nostra esperienza – è la tesi fondamentale del libro – va dai sensi ai sensi, dall’incontro sensibile col mondo, alla trama dei significati ideali di cui rivestiamo il mondo e con cui coloriamo le nostre vite. Dal punto di vista assunto nel libro, non c’è opposizione e separazione tra i cinque canali della percezione e la spinta ideale del pensiero, tra la passività dell’incontro con le cose e le creazioni ideali, bensì un intreccio complesso, che ha il suo perno e il suo punto di articolazione nell’l’immaginazione. Il cardine di quelli che Kant chiamava i due ceppi dell’umano conoscere, sensibilità e intelletto, è quella capacità di dare forma al molteplice percettivo che chiamiamo immaginazione: l’immagine rende possibile il movimento di configurazione e di interpretazione del mondo che sempre facciamo. Ma quale concetto di immagine? L’immagine non come copia, pallida imitazione di un originale, ma come messa in forma che porta a visibilità ciò che non è altrimenti visibile. Due esempi, uno di Wittgenstein e uno di Merleau-Ponty, possono chiarire questo tema. Wittgenstein scrive nelle Ricerche filosofiche: “Osservo un volto, e improvvisamente noto la sua somiglianza con un altro. Vedo che non è cambiato; e tuttavia lo vedo in modo diverso. Chiamo quest’esperienza ‘il notare un aspetto [Aspekt]’”. Vuole dire Wittgenstein: vedendo il volto come un altro, vedendolo in rapporto ad un altro, ne noto l’aspetto, ne noto la forma caratteristica, lo comprendo, perché lo vedo attraverso un’immagine che me ne fa riconoscere i tratti peculiari. A sua volta Merleau-Ponty, ne L’occhio e lo spirito, ci fa notare come i pittori ci offrano delle immagini a partire da cui ricominciamo a guardare il mondo in modo diverso. C’è un momento in cui si sono cominciate a guardare le donne attraverso Matisse: “E le donne di Matisse (ricordiamoci i sarcasmi dei suoi contemporanei) non erano immediatamente donne, lo sono divenute”. Dapprima non capisco i quadri di Matisse, poi a poco a poco guardare le sue donne mi insegna a vedere le donne come le ha immaginate il pittore, a vederne un significato in più. Le immagini sono ciò che rende possibile un incontro significante col mondo. 3. Nel libro coesistono l’epistemologia, cioè lo studio del funzionamento dei concetti, e l’estetica, intesa sia come studio delle facoltà sensibili, sia come filosofia delle arti; coesistono la filosofia e l’analisi di produzioni letterarie e pittoriche. Coesistono perché è fondamentale che le discipline siano un po’ strabiche, guardino a lato, accanto a sé, per affinare i propri concetti e i propri modi di procedere. Un esempio preso dalla storia delle scienze. Il filosofo della scienza N. R. Hanson, in Modelli della scoperta scientifica, ricostruisce la scoperta di Keplero dell’orbita ellittica di Marte come risultato del saper guardare a lato di Keplero, del suo saper far interagire discipline con linguaggi diversi. Dapprima Keplero rimane legato all’idea metafisica che i corpi celesti debbano muoversi secondo orbite circolari perfette, e vede dunque l’orbita secondo il modello aristotelico delle orbite circolari. Ma poiché le distanze di Marte calcolate a partire dall’ipotesi dell’orbita circolare sono in contraddizione con le osservazioni di Tycho Brahe, Keplero comincia a dubitare del cerchio, e sostituisce in primo luogo al cerchio una figura ovale con un solo fuoco. Egli passa dunque all’ipotesi fisica dell’orbita oviforme. Ma per poterlo trattare matematicamente, deve considerare l’ovoide come un’approssimazione a un’entità matematica semplice, ricorrendo alla figura dell’ellisse. E’ dunque l’ipotesi matematica della curva ellittica (il modello matematico) che permette infine a Keplero di vedere fisicamente l’orbita come un’approssimazione a un’ellisse perfetta, con il sole in un fuoco. L’immaginazione scientifica che ha consentito a Keplero il trasporto di un modello matematico rivoluziona l’astronomia. L’immaginazione scientifica, la capacità di prendere modelli e concetti da altre scienze, ha molto in comune con la capacità creativa con cui un poeta, con un semplice accostamento di parole ci fa vedere cose inaspettate nel mondo – come il verso di Paul Celan, Nero latte dell’alba, che richiamando il fondo di acidità del latte ci fa capire l’angoscia che si cela nel risveglio. Un compito fondamentale della filosofia è appunto aiutare a vedere affinità e differenze tra ambiti di significati, per evitare di pensare che ci siano spiegazioni essenziali del mondo