filosofo della scienza

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ARTI GRAFICHE APOLLONIO
Università degli Studi
di Brescia
Dipartimento di
Economia Aziendale
Isabel COSTANZI
PAUL K. FEYERABEND (1924-1994)
FILOSOFO DELLA SCIENZA
Paper numero 117
Università degli Studi di Brescia
Dipartimento di Economia Aziendale
Contrada Santa Chiara, 50 - 25122 Brescia
tel. 030.2988.551-552-553-554 - fax 030.295814
e-mail: [email protected]
Settembre 2011
PAUL KARL FEYERABEND (1924 - 1994)
FILOSOFO DELLA SCIENZA
di
Isabel COSTANZI
Dottoranda in Economia Aziendale
Università degli Studi di Brescia
“ […] voi non mi credete e dite che io parlo per ironia;
se poi vi dico che proprio questo è per l’uomo il bene maggiore,
ragionare ogni giorno della virtù e degli altri argomenti
sui quali mi avete udito disputare
e far ricerche su me stesso e sugli altri,
e che una vita senza esame è una vita indegna d’esser vissuta:
s’io vi dico questo, mi credete anche meno”.
PLATONE, Apologia di Socrate, 37 e-38 a
“Né, insomma, di verun’altra cosa credo sapere
perché si genera o perisce o è,
se io seguito in questo metodo di ricerca; e cerco […] un altro
metodo”.
PLATONE, Fedone, 97 b
Indice
Introduzione............................................................................................... 1
1. Ein Lebensfremd: la vita e la formazione .............................................. 3
1.1. La formazione e i Maestri .............................................................. 3
1.2. L’approccio alla ricerca ................................................................. 6
2. Filosofia, anarchismo metodologico e scopo della scienza ................. 10
2.1. Premessa ...................................................................................... 10
2.2. Karl Popper: falsificazionismo e metodo ipoteticodeduttivo ...................................................................................... 11
2.3. L’anarchismo metodologico:
validità e limiti delle regole metodologiche ................................ 15
2.4. La scienza come processo storico ................................................ 18
Conclusioni .............................................................................................. 22
Bibliografia .............................................................................................. 25
Paul Karl Feyerabend (1924- 1994). Filosofo della scienza
Introduzione
Il filosofo della scienza Paul Karl Feyerabend 1 – forse il più noto e
discusso esponente del gruppo dei postpositivisti 2 - apre la propria
autobiografia citando un passo tratto da Die Taten der Philosophen (1795)
di Schiller - nota anche con il titolo Die Weltweisen - che recita:
“Einstweilen bis den Bau der Welt Philosophie zusammenhält, erhält
sie das Getriebe durch Hunger und durch Liebe”. 3
Il richiamo al “Poeta della libertà” 4 non è di poco conto in quanto
emblematico del pensiero dell’autore, la cui filosofia della conoscenza
rappresenta un invito a “liberare l’intelletto” dalle costrizioni metodologiche
e a sviluppare le personali risorse cognitive, prendendo consapevolezza di
quel potenziale umano che è stato la base della cosiddetta “rivoluzione
scientifica”.
Cela, infatti, l’idea di <metodo fisso> o di <teoria fissa della
razionalità> una visione semplicistica dell’uomo e del suo ambiente sociale,
sicché la <conoscenza> non può interpretarsi quale “serie di teorie in sé
coerenti che convergono verso una concezione ideale” né, tantomeno, quale
“approccio graduale alla verità”. Essa “è piuttosto un oceano, sempre
crescente, di alternative reciprocamente incompatibili (o forse anche
1
Tra le opere principali dell’A. giova ricordare: Problems of Empirism, London, 1965
(trad. it. I problemi dell’empirismo, Milano, 1971); Against Method. Outline of an
Anarchistic Theory of Knowledge, London, 1975 (trad. it. Contro il metodo. Abbozzo di
una teoria anarchica della conoscenza, Milano, 1979); Science in a Free Society, London,
1978 (trad. it La scienza in una società libera, Milano, 1978); Dialogue on Method,
Dordrecht, 1979 (trad. it. Dialogo sul metodo. I, Milano, 1989); Farewell to Reason,
London, 1987 (trad. it. Addio alla ragione, Roma, 1990); Ammazzando il tempo.
Un’autobiografia, Milano, 1994; Ambiguità e armonia. Lezioni trentine, Roma- Bari, 1996;
Il realismo scientifico e l’autorità della scienza, Milano, 1983. Per una trattazione organica
dei testi di F., si veda anche: R. CORVI, I fraintendimenti della ragione. Saggio su P. K.
Feyerabend, Milano, 1992; J. PRESTON, Feyerabend. Filosofia, Scienza, Società, Milano,
2001; L. TAMBOLO, L’oceano della conoscenza. Il pluralismo libertario di Paul Karl
Feyerabend, Milano, 2007.
2
I principali esponenti di tale corrente sono, senza dubbio, oltre a P. K. Feyerabend, T.
Kuhn, I. Lakatos, M. Masterman e J. Watkins. Sul significato da essi attribuito alla
<scienza> ed alla <filosofia> si veda a titolo esemplificativo la raccolta di saggi in: I.
LAKATOS- A. MUSGRAVE A. (a cura di), Critica e crescita della conoscenza, Milano,
1984.
3
P. K. FEYERABEND, Ammazzando il tempo. Un‘autobiografia, Bari, 1994.
4
Tra le opere più celebri del poeta e drammaturgo tedesco Johann Friedrich Christoph
von Schiller (1759- 1805), vere e proprie “apologie della libertà” – da qui la definizione di
“Dichter der Freiheit” - si ricordano: An di Freude (1785), Maria Stuart (1800); Wilhelm
Tell (1804).
1
Isabel Costanzi
incommensurabili)”, la cui validità è legata alla cornice storica e temporale
nella quale hanno avuto genesi. 5
Ne consegue che “solo un principio può essere difeso in tutte le
circostanze e in tutte le fasi dello sviluppo umano. È il principio: qualsiasi
cosa può andare bene […]” 6, inteso nel senso di approccio svincolato da
rigide predeterminazioni schematiche, in grado di promuovere e garantire il
<progresso> 7.
Compito della presente trattazione è analizzare i fondamenti di tale
epistemologia, muovendo propriamente dal significato di metodo, scienza e
fine – se ve ne è uno - della ricerca scientifica.
5
P. K. FEYERABEND, Contro il metodo. Abbozzo di una teoria anarchica della
conoscenza, Milano, 1979, p. 25- 27. V. anche, ID., Dialogo sul metodo cit., p. 91: “Il
mondo, comprese le leggi che governano i suoi principali meccanismi, è il risultato di uno
sviluppo, le leggi stesse non sono né eterne, né omnicomprensive, ma derivano da un
equilibrio dinamico tra forze opposte, sicché c’è sempre il pericolo di un mutamento
dirompente”. Ivi, p. 101: “I grandi problemi non sono risolti dalle Grandi Teorie conformi
ai Grandi Modelli dei Pezzi Grossi, sono risolti democraticamente informando gli
interessati”.
6
Ivi, p. 25.
7
Ivi, pp. 21-22.
2
Paul Karl Feyerabend (1924- 1994). Filosofo della scienza
1. Ein Lebensfremd: la vita e la formazione
“[…] circa la natura del Tutto
[Socrate] non disputava sì come disputano moltissimi altri,
né indagando quale sia la struttura di quello che i sapienti chiamano cosmo,
né per quali necessarie cause si formi ciascuna delle cose celesti in particolare:
riteneva anzi folli coloro che di tali cose si davano pensiero […]
Si meravigliava poi come a costoro non fosse chiaro
che non è possibile agli uomini trovare queste cose,
tanto più che coloro i quali più degli altri hanno l’alterigia di parlarne,
non hanno la stessa opinione,
anzi stanno tra di loro come furiosi […]” 8.
1.1. La formazione e i Maestri
Tratteggiare i confini dell’epistemologia feyerabendiana significa
anzitutto cogliere i suoi caratteri personali, rintracciandone da un lato le
inclinazioni e motivazioni soggettive, dall’altro indagandone lo Zeitgeist, lo
“Spirito del tempo” in cui egli ha operato.
E, forse, “Vorzugschüler” 9 – uno studente al di sopra della media – è il
termine esatto per definire la complessa personalità del filosofo che già in
tenera età si distingue per intelligenza e vivacità di argomentazione 10.
Nato a Vienna nel 1924 da famiglia piccolo borghese 11, Paul Karl
Feyerabend è senza dubbio figura poliedrica, tesa a percepire ogni
sfumatura della realtà 12. Appassionato di musica, letteratura e teatro, studia
8
SENOFONTE, Detti memorabili, I 1, 11-6. Cfr. P. K. FEYERABEND, Ammazzando
il tempo. Un’autobiografia, Bari, 1994, p. 54: «Le persone hanno professioni differenti,
differenti punti di vista. Sono come osservatori che guardano il mondo attraverso le strette
finestre di una struttura per il resto chiusa. A volte essi si incontrano al centro e discutono
di quanto hanno visto […] alla fine litigheranno. L’osservatore in cima alla struttura può
solo ridere delle loro discussioni, ma per loro le discussioni saranno reali e io sarò un
sognatore fuori dal mondo».
9
Così venivano definiti gli studenti più brillanti e sulla pagella di fine anno se ne dava
atto indicando una stella accanto al nome. P. K. FEYERABEND P.K., Ammazzando il
tempo cit., p. 27.
10
Impara a leggere dai fumetti prima ancora di iniziare la scuola e a sedici anni “aveva
la fama di conoscere la fisica e la matematica meglio dei professori”. Ivi, p. 26.
11
Figlio di un impiegato dell’amministrazione pubblica, Feyerabend ebbe una vita
personale travagliata: madre e zia morirono suicida e il filosofo, durante la guerra, subì
gravi ferite che compromisero in modo definitivo la sua salute.
12
I molteplici interessi emergono con viva chiarezza in tutti i suoi saggi, ricchi di
riferimenti artistici e letterari. Scrive di se stesso e della sua attenzione al mondo esterno:
“Mancando di un carattere ben definito (non avendo un sistema di riferimento proprio,
3
Isabel Costanzi
fisica teorica presso l’Università di Vienna e successivamente consegue un
Ph. D. in filosofia 13.
Del suo interesse per gli studi filosofici scrive:
“La filosofia arrivò per puro caso. (…) Mi resi presto conto delle
possibilità drammatiche del ragionamento e rimasi affascinato dal
potere che le argomentazioni sembravano esercitare sulla gente”14.
Parole queste che rimandano inconsciamente ai dialoghi socratici e
all’antica convinzione per cui:
“[è] opera molto più bella quando uno, servendosi dell’arte dialettica,
prendendo un’anima adatta, vi pianta e vi semina con sapienza
discorsi che son sempre capaci di venire in aiuto a sé e a chi li ha
piantati o che non sono sterili, ma chiudono in sé un germe donde
scaturiranno altri discorsi, piantati in altre anime […]” 15.
Ed è probabilmente tale celebrato ruolo educativo del “dialogo” che
induce lo stesso Feyerabend a fondare nel 1949, insieme ad altri studenti di
scienze e ingegneria, il “Circolo Kraft”, attivo sino al 1951- 1952.
Dai temi sollevati nell’ambito dei seminari presieduti dal Professor Kraft
– illustre esponente del “Circolo di Vienna” 16 - Feyerabend trae elementi
utili per elaborare una propria personale concezione della “filosofia della
scienza” espressa poi in modo compiuto nella tesi di dottorato del 1951 17.
Tra i vari oratori che parteciparono al “Circolo Kraft”, Feyerabend
rimane colpito in particolare da Ludwig Wittgenstein 18, col quale
condivide l’intento di procedere a ricerche concrete, e accetta di tradurre le
sue riflessioni in una recensione pubblicata nel 1955 in Philosophical
Review con il titolo di Wittgenstein’s Philosophical Investigations.
come dicono gli psicologi), adottavo prontamente abitudini e modi di parlare [di coloro che
mi circondavano]”. Ivi, p. 28.
13
Consegue il dottorato di ricerca in filosofia nel 1951 con una dissertazione intitolata
“Zur Theorie der Basissätze”, preparata sotto la supervisione del Prof. Kraft.
14
Ivi, pp. 31- 32.
15
PLATONE, Fedro, 275 a-b.d- 276 a-c, 277 a.
16
Il Circolo di Vienna nacque in Austria negli Anni Venti del Novecento e riuniva
filosofi e scienziati. V. J. PRESTON, Feyerabend, cit., p. 18.; R. CORVI, I fraintendimenti
della ragione, cit., p. 34.
17
P. K. FEYERABEND, Il realismo scientifico e l’autorità della scienza, cit., pp. 4143.
18
E’ Elizabeth Anscombe a guidare F. nella lettura delle opere di Wittgenstein. Di
quest’ultimo F. scrive: “Wittgenstein fece una considerevole impressione con il suo modo
di presentare casi concreti, come le amebe viste al microscopio […]. Poi però se ne andò,
lasciandoci con il dubbio irrisolto se il mondo esterno esistesse o no, e su quali fossero gli
argomenti che avrebbero potuto suffragare l’ipotesi della sua esistenza”: P. K.
FEYERABEND, La scienza in una società libera, cit., pp. 4 e ss.
4
Paul Karl Feyerabend (1924- 1994). Filosofo della scienza
L’attrazione per il pensiero del Maestro è tale che lo spinge, nel 1952, a
fare richiesta di partecipare quale visiting student al corso di lezioni
impartite dallo stesso Wittgenstein a Londra. Tuttavia, ironia del caso,
Wittgenstein muore prima che vengano formalizzate le pratiche di
assegnazione della borsa di studio e Karl Popper prende il suo posto.
Tra il 1952 e il 1955 studia quindi filosofia della meccanica quantistica
con Karl Popper presso la London School of Economics 19 e, benché
Feyerabend venga considerato il suo più audace oppositore, profonda stima
reciproca li lega.
Del primo incontro tra i due, avvenuto nel 1948, in occasione del
seminario estivo internazionale dell’Österreichisches Kollegium di Alpbach,
Feyerabend scrive:
“Ammirai la [sua] libertà di pensiero che traspariva nei modi […] la
sua capacità di riformulare ponderose questioni in un linguaggio
semplice e giornalistico. Era un libero pensatore, che enunciava
gioiosamente le sue idee, senza preoccuparsi delle reazioni degli
addetti ai lavori” 20.
Popper, a sua volta affascinato dalla vivacità di argomentazione del
giovane Feyerabend, lo sceglie, nel 1953, come assistente e si adopera
personalmente per fargli ottenere un prolungamento della borsa di studio.
Fayerabend decide tuttavia di tornare a Vienna e cura, su richiesta espressa
dell’autore, la traduzione e pubblicazione di Open Society 21.
L’influenza esercitata dalla filosofia popperiana sul modello
feyerabendiano emerge in modo nitido nei suoi primi scritti ed è così forte
da averlo indotto a confessare di aver tratto ampio spunto dal modo con cui
il Maestro si destreggia con i principi dell’universo e di averlo infine
“imitato” 22.
In particolare, i testi pubblicati tra il 1955 e il 1970 sono tesi
all’elaborazione di uno schema astratto per l’acquisizione della conoscenza
e abbracciano alcune affermazioni di base proprie del cosiddetto
19
P. K. FEYERABEND, Il realismo scientifico e l’autorità della scienza, pp. 41- 45.
P. K. FEYERABEND, La scienza in una società libera, cit., p. 115. V. anche: ID.,
Ammazzando il tempo cit., pp. 81- 82. E’ proprio Popper che, colpito dalla vivacità di
argomentazione del giovane Feyerabend, lo invita ad intrattenere una lunga chiacchierata
con lui.
21
Nel 1955 Feyerabend riceve il primo incarico di insegnamento presso l’Università di
Bristol e confessa: “[…] ero un pivello, senza pubblicazioni o lavori anteriori darmi lustro
e perdipiù straniero. Immagino che Popper abbia un po’ contribuito a farmi avere quel
posto”: P. K. FEYERABEND, Ammazzando il tempo cit., p. 118. V. anche, J. PRESTON,
op. cit., pp. 18 e ss..
22
P. K. FEYERABEND, Ammazzando il tempo cit., pp. 44 e ss. ID., Dialogo sul
metodo cit., p. 4.
20
5
Isabel Costanzi
“falsificazionismo”, fra le quali, tra l’altro, la concezione normativa della
metodologia e la supremazia “del” metodo scientifico quale necessario
paradigma ai fini della ricerca 23.
Infatti, riprendendo Popper, il primo Feyerabend ritiene che nel “gioco”
della scienza, al pari di quello degli scacchi, non ci sia alcun insieme di
regole in grado di spiegare ogni mossa, mentre esistono regole che
impediscono con precisione che vengano fatte certe mosse e che possiamo
semplicemente definire “regole del metodo scientifico”.
Da questa concezione Feyerabend ben presto si allontanerà, tuttavia pare
fondata l’osservazione di Hans Albert, secondo cui la filosofia
feyerabendiana “potrebbe non essere molto distante dalla concezione di
fondo di Popper”, in quanto trova in essa la propria premessa ovvero base
ontologica. 24
1.2. L’approccio alla ricerca
Alcune indicazioni circa la personalità di Feyerabend, presentate dallo
stesso autore, possono chiarire i contenuti della sua originale epistemologia
e gli esiti a cui è pervenuta.
Egli stesso sostiene come convivano in lui “spirito di contraddizione e
tendenza al conformismo”, sicché già in giovane età “un giudizio critico o
una sensazione spiacevole potevano essere ridotti al silenzio o trasformati
23
P. K. FEYERABEND, Due lettere di Paul Feyerabend a Thomas Kuhn in seguito
alla lettura di una bozza di La Struttura delle Rivoluzioni scientifiche, in T. KUHN, Dogma
contro critica. Mondi possibili nella storia della scienza, Milano, 2000, pp. 233 e ss., in
part. pp. 257- 259: “Il fatto che le teorie non vengano abbandonate nel momento in cui
sorgono delle difficoltà non dimostra affatto che la pratica scientifica non sia conforme allo
stereotipo della falsificazione. Al contrario: rinunciare subito ad una teoria, non appena
venga percepita la prima difficoltà, significherebbe che si adotta un atteggiamento acritico
verso la stessa asserzione di controllo, cosa che un falsificazionita non permetterebbe mai.
Concludendo allora dicendo che la tua affermazione secondo cui “nessun processo messo
in luce finora dallo studio storico dello sviluppo scientifico assomiglia minimamente allo
stereotipo metodologico della falsificazione mediante un confronto diretto con la natura” è
sia falsa (…), sia irrilevante”. E ancora: “Ciò che distingue la ragione dalla follia è il tipo di
procedura adottata. (…) Non c’è mai ricerca senza un paradigma”.
24
L’osservazione è riportata nel saggio di H. Albert Kritische Vernunft und menschliche
Praxis (1977): P. K. FEYERABEND, Il realismo scientifico e l’autorità della scienza, pp.
44 - 46. Cfr. I. LAKATOS – A. MUSGRAVE (a cura di), op. cit., p. 164 e ss., dove
Lakatos sostiene che Feyerabend “[…] probabilmente ha contribuito più di ogni altro alla
diffusione delle idee di Popper” anche se poi “è passato al campo nemico”. Nello stesso
senso, R. CORVI, op. cit., p. 37: “La posizione di [Feyerabend] porta ancora le stigmate
dell’influenza popperiana”.
6
Paul Karl Feyerabend (1924- 1994). Filosofo della scienza
nel loro contrario da una forza che agiva in senso opposto ma si notava
appena” 25.
Quella medesima forza che, unita ad una profonda curiosità, lo induce ad
interessarsi sia di aspetti particolari e tecnici, sia di quelli più generali della
fisica e dell’astronomia senza fare distinzioni, rinvenendo la grandezza di
scienziati della portata di Eddington, Mach e Dingler proprio nella capacità
di muoversi liberamente da un capo all’altro del loro ambito, convinto, a
differenza dei colleghi, che un vero filosofo abbia il preciso dovere di
interessarsi di ogni aspetto del mondo, cercando di osservarlo con la corretta
prospettiva, senza vincolare il prossimo o essere vincolati dalle
interpretazioni altrui 26.
Ne consegue che il campo di applicazione dell’epistemologia
feyerabendiana coincide - almeno nelle intenzioni - con la totalità
dell’esperienza umana; il termine stesso di “teoria” è utilizzato in
un’accezione ampia e non è limitato al mero quadro della filosofia della
scienza.
Riflessioni quelle esposte sinora che non stupiscono in quanto elaborate
da chi, al pari di Popper 27, non si sente un <filosofo> o meglio, un
<filosofo- accademico>, per le ragioni che lo stesso Feyerabend chiarisce:
“Non ho una filosofia, se per filosofia si intende un corredo di principi
uniti alle loro applicazioni, oppure un immutabile atteggiamento di
fondo. In un altro senso anch’io ho una filosofia, una visione del
mondo, ma non so esporla in modo lineare, si mostra da sola, quando
mi imbatto in qualcosa con cui entra in conflitto; è soggetta a
mutamenti ed è più una disposizione che una teoria, a meno che per
teoria non si intenda una storia il cui contenuto non è mai identico” 28.
Da qui deriva un atteggiamento critico nei confronti della ricerca
scientifica, libero da predeterminazioni di ogni sorta, legato ai fatti reali,
guidato dall’ironia 29 e dal gusto per la provocazione 30,
25
“[…] era come una fragile nuvola dispersa dal calore. In altre occasioni non ascoltavo
né la voce della ragione né le solite banalità e aderivo a idee impopolari. Sembra che questa
ambivalenza fosse collegata con la mia ambivalenza verso le persone: volevo star loro
vicino, ma volevo anche essere lasciato solo”. P. K. FEYERABEND, Ammazzando il
tempo cit., p. 46.
26
Ibidem.
27
Popper nel suo intervento ad Alpbach dice con tono provocatorio: “Se per filosofo
intendete uno di quei signori che occupano le cattedre di filosofia in Germania, allora di
sicuro non sono un filosofo”. Ivi, p. 81.
28
P. K. FEYERABEND, Dialogo sul metodo cit., p. 141.
29
“Seguendo Nestroy e i dadaisti evitai i sistemi accademici di presentare un’opinione e
usai piuttosto espressioni comuni e il linguaggio dell’industria dello spettacolo e della
stampa scandalistica”. Ivi, p. 163. V. anche P. K. FEYERABEND, Il realismo scientifico e
l’autorità della scienza, cit., pp. 44- 46. Inoltre, F. suggeriva ai suoi studenti: “Non
7
Isabel Costanzi
Benché già Socrate ed Aristofane insegnino come lo humour sia uno
degli espedienti protettivi più grandi ed umani 31, è soprattutto dal teatro di
Brecht e Dürrenmatt che Feyerabend apprende l’arte del grottesco, arma
tanto sottile quanto efficace, in grado di smascherare i formalismi in favore
di una visione aderente alla “realtà” profonda dei fatti 32.
Feyerabend è filosofo che guarda “il mondo” e “al mondo”, attratto dalla
musica e dal palcoscenico, luogo nel quale “va in scena” il sentire umano 33,
e che utilizza spesso “metafore visive” 34 per rendere espliciti i concetti da
lui elaborati, certo, diversamente da Hermann Hesse 35, che “linguaggio
osservativo” e teoria possano integrarsi a vicenda 36.
Feyerabend mette in scena dunque una “commedia” in grado di indurre
gli uomini alla riflessione 37, lontano dall’imposizione di regole procedurali
vincolanti in quanto ciò non terrebbe conto della complessità delle
condizioni nelle quali si svolge l’indagine del mondo naturale e dei limiti di
validità di tutte le norme metodologiche. “Ogni soppressione della
discussione è una presunzione di infallibilità” e il sottrarsi al conflitto
intellettuale circa le proprie opinioni più radicate significa rinunciare alla
ragione stessa. In altri termini, la razionalità vera e, di conseguenza,
l’autentica autorità scientifica, consiste nel saper confrontare e analizzare
identificatevi con il vostro lavoro! Se volete ottenere qualcosa, se volete scrivere un libro,
dipingere un quadro, assicuratevi che il centro della vostra esistenza sia altrove e che sia
piantato solidamente, solo così potrete mantenervi distaccati e ridere degli attacchi che sono
destinati ad arrivare”.
30
L’a. si proponeva di “mettere alla prova” le idee insolite “estremizzandole”. ID.,
Dialogo sul metodo cit., p. 3.
31
P. K. FEYERABEND, op. ult. cit., pp. 44- 45, 102-103.
32
L’incontro con Brecht, dietro le quinte delle prove di Madre Coraggio, e i dialoghi
con Dürrenmatt, l’autore de Die Physiker, segnano in modo profondo la filosofia
dell’autore.
33
Feyerabend, partecipando a diversi convegni, in La scienza in una società libera,
giunge persino ad affermare, con riferimento alle argomentazioni filosofiche, che “in una
discussione pubblica non contano gli argomenti, ma certe doti teatrali”. Da qui il senso
della potenza delle immagini e della parola nella vita reale quali mezzi di trasmissione delle
idee.
34
Ad es. paragona la rigidità del metodo popperiano all’arte bizantina. Inoltre i suoi
lavori sono segnati da schemi, schizzi ed immagini volte a sollecitare la scoperta delle
potenzialità della logica umana.
35
“Il pensiero non ha proprio nulla a che fare con le rappresentazioni. Esso non si
compie in immagini, ma in concetti e in forme. Proprio là dove cessano le immagini
comincia la filosofia”. H. HESSE, Narciso e Boccadoro, Milano, 1989, p. 252.
36
J. PRESTON, op. cit., p. 61, cita P. K. FEYERABEND, I problemi dell’empirismo,
Milano, 1971.
37
Ivi, pp. 5, 8.
8
Paul Karl Feyerabend (1924- 1994). Filosofo della scienza
criticamente i diversi punti di vista, analizzandone le immancabili
contraddizioni. 38
Tale “pluralismo intellettuale” ha valso a Feyerabend l’accusa di
eccessivo relativismo e di essere un Lebensfremd 39. Da qui la sua replica
pungente:
“Cosa intendete con vita? (…) le vere connessioni tra le cose si
rilevano al pensatore solitario, non a persone che sono affascinate dal
rumore” 40.
E ancora:
“La vita reale è così. Ciascuno ha le sue opinioni ben definite che
colorano la porzione di mondo da lui percepita. E quando la gente si
riunisce, quando prova a scoprire la natura del tutto al quale
appartiene, è inevitabile che i loro discorsi rimangano del tutto
sconnessi: non comprenderanno né se stessi né gli altri. Ho provato
spesso, in modo doloroso, questa impenetrabilità degli esseri umani:
qualsiasi cosa accada, qualsiasi cosa venga detta, rimbalza sulla liscia
superficie che separa gli uni dagli altri”41.
Pertanto, come ricordato in Contro il metodo,
“Se desideriamo comprendere la natura, se vogliamo padroneggiare il
nostro ambiente fisico, dobbiamo usare tutte le idee, tutti i metodi e
non soltanto una piccola scelta di essi”42.
Solo accogliendo tale proposizione gli scienziati potranno dunque porsi in
“cima alla collina” e comprendere la natura delle cose. Di contro,
38
Il rifiuto dei dogmi e l’approccio critico alla ricerca sono in parte ispirati al pensiero
dell’illuminista Lessing del quale Feyerabend scrive: “Era un pensatore senza dottrine e
uno studioso senza scuole; […] ogni problema, ogni fenomeno cui si avvicinò era per lui
una situazione unica che doveva essere spiegata e illuminata in un modo unico. Non
c’erano frontiere per la sua curiosità e nessun criterio limitava il suo pensiero: permetteva
che pensiero ed emozioni, fede e conoscenza collaborassero in ogni singola ricerca. […] Lo
ammiro perché non era soddisfatto della finta chiarezza, ma capì che la comprensione era
spesso ottenuta tramite un offuscamento delle cose, tramite un processo in cui «quello che
pareva vedersi chiaramente si perde in una distanza infinita»”. P. K. FEYERABEND,
Dialogo sul metodo cit., pp. 103- 104.
39
“Le persone hanno professioni differenti, differenti punti di vista. Sono come
osservatori che guardano il mondo attraverso le strette finestre di una struttura per il resto
chiusa. A volte essi si incontrano al centro e discutono di quanto hanno visto … alla fine
litigheranno. L’osservatore in cima alla struttura può solo ridere delle loro discussioni, ma
per loro le discussioni saranno reali e io sarò un sognatore fuori dal mondo”. P. K.
FEYERABEND, Ammazzando il tempo cit., p. 54.
40
Ibidem
41
Ibidem
42
P. K. FEYERABEND, Contro il metodo, cit., p. 249.
9
Isabel Costanzi
rimarranno come “osservatori che guardano il mondo attraverso le strette
finestre di una struttura per il resto chiusa” 43.
2. Filosofia, anarchismo metodologico e scopo della scienza
«Vernunft und Wissenschaft gehen oft verschiedene Wege.
Ein heiterer Anarchismus ist auch menschenfreundlicher
und eher geeignet, zum Fortschritt anzuregen,
als “Gesetz und Ordnungs„ Konzeptionen» 44
«Kein Gedanke ist so alt oder absurd,
dass er nicht unser Wissen verbessern könnte.
Die gesamte Geistesgeschichte wird in die Wissenschaft
einbezogen und zur Verbesserung jeder einzelnen Theorie verwendet» 45
2.1. Premessa
Premessa necessaria ad un’interpretazione autentica delle proposizioni
feyerabendiane è la lettura congiunta del pensiero di coloro che ne furono
gli ispiratori. Di contro, Feyerabend risulterebbe un semplice irrazionalista,
svincolato dal mondo reale, un Lebensfremd come si è detto, appunto, nel
capitolo che precede.
Contro il metodo del 1970 rappresenta la testimonianza più vivida delle
tesi dell’autore e, in particolare, di quel maturo distacco dalle
argomentazioni popperiane che hanno costituito il nucleo teorico delle sue
prime riflessioni. Nei primi scritti, risalenti al periodo tra il 1955 e il 1970,
Feyerabend abbraccia infatti il razionalismo critico di Popper e si schiera a
favore della concezione della metodologia come disciplina “normativa” e
“aprioristica”.
Le basi teoriche di Contro il metodo, vero manifesto intellettuale, sono
poste tuttavia non solo in Popper, bensì anche in Mill, Carnap e persino in
Hegel, Kirkegaard e Aristotele.
In particolare, di Mill Feyerabend elogia incondizionatamente il saggio
“On liberty”, in quanto espressione della metodologia pluralista, del
43
P. K. FEYERABEND, Ammazzando il tempo, cit., p. 54
P. K. FEYERABEND, Contro il metodo cit., p. 15.
45
Ivi, p. 40.
44
10
Paul Karl Feyerabend (1924- 1994). Filosofo della scienza
“principio di proliferazione”, nonché dell’idea del carattere fallibile 46 e
parziale 47 della conoscenza umana.
La logica hegeliana, invece, mostra l’assenza di concetti stabili e
immutabili nel processo conoscitivo e coglie viceversa la sottile interazione
tra fatti e concetti. Diversi inoltre i riferimenti alla libertà dell’individuo
proposta da Kirkegaard 48.
Quanto alla gnoseologia popperiana è opportuno svolgere qualche
approfondimento, costituendo essa il principale termine di paragone e causa
del mutato approccio alla conoscenza ed alla scienza.
2.2. Karl Popper: falsificazionismo e metodo ipotetico- deduttivo
Se Feyerabend è l’artefice de l’<anarchismo metodologico>, Karl Popper
è generalmente definito <filosofo del metodo>.
Nato a Vienna nel 1902, Karl Raimund Popper studia, al pari di
Feyerabend, filosofia, matematica e fisica.
Tale eclettismo determina quella stessa “visione aperta” della conoscenza
accolta da Feyerabend, il quale sostiene che “tutti gli uomini sono filosofi,
perché in un modo o nell’altro assumono un atteggiamento nei confronti
della vita e della morte” e, di conseguenza, la filosofia ha sempre a che fare
con la conoscenza della realtà e non con “vuote parole” 49. La ricerca “non si
rivolge soltanto alla teoria della conoscenza scientifica, bensì alla teoria
della conoscenza in generale” 50, con la consapevolezza che “lo studio della
conoscenza scientifica (…) [rimane pur sempre] il modo più proficuo di
studiare l’accrescersi della conoscenza” 51.
Nel 1934, Popper pubblica in tedesco la sua opera fondamentale La
logica della ricerca, edita successivamente in inglese con il titolo Logica
46
Secondo Mill “la certezza assoluta non esiste, ma esiste una sicurezza sufficiente ai
fini della vita umana. […] E’ proprio la completa libertà di contraddire e discutere la nostra
opinione che ci giustifica quando ne presumiamo la verità ai fini della nostra azione”.
47
“L’uomo, abitualmente si basa, con fiducia assoluta sull’infallibilità del mondo in
generale. E il mondo significa, per ciascuno, la parte di esso con cui è in contatto”. L.
TAMBOLO, L’oceano della conoscenza cit., p. 39, nota 28.
48
Ivi, p. 142- 143
49
K. POPPER, Congetture e confutazioni, Bologna, 1972, pp. 235-236: “C’è almeno un
problema cui sono interessati tutti gli uomini che pensano: quello di comprendere il mondo
in cui viviamo; e quindi noi stessi (che siamo parte di quel mondo) e la conoscenza che ne
abbiamo. (…) tanto la filosofia che la scienza perdono ogni attrattiva quando abbandonano
questo genere di ricerca – quando, cioè, diventano specialistiche e cessano di osservare e
interrogare gli enigmi del mondo. La specializzazione può essere una tentazione per lo
scienziato; per il filosofo è un peccato mortale”.
50
K. POPPER , Congetture e confutazioni, Bologna, 1972, p. 370
51
Ibidem; V. anche: ID., La scienza normale e i suoi pericoli, in I. LAKATOS – A.
MUSGRAVE (a cura di), op. cit., p. 128 e ss.
11
Isabel Costanzi
della scoperta scientifica (1959). “Epistemologo di frontiera”, così come
rappresentato da illustre critica, accoglie le tesi neopositivistiche del Circolo
di Vienna e nel contempo le supera, elaborando una linea di pensiero
originale. In particolare fa proprie le idee dell’unità della scienza e
dell’unicità del metodo scientifico, nonché l’ipotesi di un linguaggio
osservativo neutrale, e ancora la concezione della scienza come “miglior
esempio di condotta intellettuale”.
Il nucleo centrale del suo pensiero è rappresentato dalla teoria della
relatività di Einstein, dalla quale estrapola i concetti di <falsificazionismo>
e <fallibilismo> 52. La formulazione di previsioni “rischiose” da parte di
Einstein, ossia il fatto che le sue teorie fossero programmaticamente
organizzate non in vista di conferme (o “verificazioni”) 53, bensì in vista di
possibili smentite (“falsificazioni”), induce il filosofo alla conclusione che
le teorie scientifiche non siano verità assolute, ma semplici ipotesi o
congetture destinate a rimanere tali.
<Falsicabilità> significa infatti che una teoria è scientifica nella misura
in cui può venire smentita, in linea di principio, dall’esperienza, ovvero se i
suoi enunciati risultano in potenziale conflitto con eventuali osservazioni. In
altri termini, “un’asserzione o teoria è falsificabile se e solo se esiste almeno
un falsificatore potenziale, almeno un possibile asserto di base che entri
logicamente in conflitto con essa”.
Ne consegue che la scienza non è il mondo delle verità certe e
definitivamente <verificate>, bensì l’universo delle <ipotesi> che, per il
momento, non sono ancora <falsificate> oppure sono state <corroborate>,
ovvero possono aver superato il confronto con un’esperienza
potenzialmente falsificante 54. Secondo tale impostazione, la metafisica, non
52
In La ricerca non ha fine è lo stesso Popper che afferma che “l’influenza dominante”
e “ a lungo andare, forse, l’influenza più importante di tutte” l’ha esercitata Einstein. Luigi
Lentini in Popper. Fallibilismo e razionalismo critico puntualizza come il filosofo, proprio
con riferimento ad Einstein, formuli “i suoi problemi teorici fondamentali – quello della
demarcazione tra scienza e pseudoscienza e quello della certezza del sapere scientifico – ed
elabori il nucleo centrale del suo pensiero epistemologico con le idee di fallibilismo e
falsificazione, e imposti il suo programma di ricerca come il tentativo di chiarire che cosa
significasse la rivoluzione einsteiniana per la teoria della conoscenza”. Si può dunque
affermare, prosegue Lentini, che “la rivoluzione epistemologica di Popper rappresenta il
riflesso, in filosofia, della rivoluzione scientifica compiuta da Einstein in fisica. In altre
parole, Popper sta ad Einstein come Kant sta a Newton”. V. K. POPPER La ricerca non ha
fine. Autobiografia intellettuale, Roma, 1997.
53
Secondo il neopositivismo una teoria risulta scientifica nella misura in cui può essere
“verificata” dall’esperienza.
54
“Una teoria si dice empirica o falsificabile quando divide in modo non ambiguo la
classe di tutte le possibili asserzioni- base in due sottoclassi non vuote. Primo, la classe di
tutte quelle asserzioni- base con le quali è contraddittoria (o che esclude o vieta):
chiamiamo questa classe la classe dei falsificatori potenziali della teoria; secondo, la classe
12
Paul Karl Feyerabend (1924- 1994). Filosofo della scienza
essendo falsificabile, non è una scienza. Può tuttavia, a differenza di quanto
sostenuto dai neopositivisti, esercitare una funzione propulsiva nei confronti
della scienza, in quanto la ricerca scientifica rimarrebbe paralizzata senza la
fede in idee metafisiche generali, ossia in idee che “determinano non solo
quali problemi esplicativi sceglieremo di affrontare, ma anche quali tipi di
risposte considereremo idonee, soddisfacenti o accettabili”. 55
Tuttavia, se da una parte la scienza non è, secondo Popper, un sistema
infallibile di verità certe 56, dall’altra esiste, in quanto procedimento
razionale, <un metodo> di ricerca 57 che
“consiste di questi tre passi: 1) inciampiamo in qualche problema; 2)
tentiamo di risolverlo, per esempio proponendo qualche nuova teoria;
3) impariamo dai nostri errori, in particolare da quelli su cui ci
richiama la discussione critica dei nostri tentativi di soluzione, una
discussione che tende a condurci a nuovi problemi. O per dirla in tre
parole: problemi – teorie – critica”.
Il punto di partenza della ricerca scientifica non è allora costituito dai
<nudi fatti> 58 secondo un <procedimento di tipo induttivo> 59, bensì muove
delle asserzioni- base che essa non contraddice (o che permette). Possiamo formulare più
brevemente questa definizione dicendo: una teoria è falsificabile se la classe dei suoi
falsificatori potenziali non è vuota”: K. POPPER, Logica della scoperta scientifica, Torino,
1995.
55
K. POPPER, Poscritto alla logica della scoperta scientifica, Milano, 1984, Vol. III,
p. 169 cit. anche in: K. POPPER, La scienza normale e i suoi pericoli, in I. LAKATOS –
A. MUSGRAVE (a cura di), op. cit., pp. 121- 128, spec. p. 128.
56
Popper distingue tra “episteme” (termine utilizzato per alludere all’ideale di un sapere
certo, stabile e fondato, ossia dotato di garanzie incontrovertibili di verità) e “doxa”
(termine usato da Popper per indicare la propria concezione del sapere come insieme di
congetture o ipotesi). La scienza è “doxa”, cioè un insieme di congetture suscettibili di
rettifica e di confutazione ove l’errore è parte integrante del pensiero scientifico al punto
che “fare scienza” significa, in concreto, incorrere in errori e imparare dai propri sbagli. V.
K. POPPER, Congetture e confutazioni, cit., p. 80 e ss.
57
Popper era solito principiare le sue lezioni come segue: “Sono un professore di
metodo scientifico, ma ho un problema: il metodo scientifico non esiste. Comunque vi sono
alcune regole pratiche assai utili”: P. K. FEYERABEND , Ammazzando il tempo cit., pp.
103 e ss.
58
K. POPPER, Logica della scoperta scientifica, cit., p. 5 e ss. : “Secondo un punto di
vista largamente accettato – a cui mi opporrò in questo libro – le scienze empiriche possono
essere caratterizzate dal fatto di usare i cosiddetti “metodi induttivi”. Stando a questo punto
di vista la logica della scoperta scientifica sarebbe identica alla logica induttiva, cioè
all’analisi logica di questi metodi induttivi (…). Già dall’opera di Hume si sarebbe dovuto
vedere chiaramente che in relazione al principio d’induzione possono facilmente sorgere
contraddizioni; […] infatti il principio d’induzione dev’essere a sua volta un’asserzione
universale. Dunque, se tentiamo di considerare la sua verità come nota per esperienza,
risorgono esattamente gli stessi problemi che hanno dato occasione alla sua introduzione
13
Isabel Costanzi
da <congetture> o <ipotesi> da cui vengono deduttivamente ricavate delle
conclusioni da sottoporre al responso dell’<esperienza> 60.
Se Popper, abbandonando il metodo puramente induttivo, scalfisce le
basi dell’empirismo e si fa propulsore di una nuova via di ricerca, quella
ipotetico- deduttiva, Feyerabend, dal canto suo, va oltre: l’<esperienza
scientifica> costruita in laboratorio in base a precisi presupposti teorici non
è un termine di confronto naturale, pertanto le teorie scientifiche così
elaborate <non> sono pienamente <oggettive>.
Al pari dell’arte bizantina, ove i volti erano realizzati in modo
schematicamente rigido, tutti posti in un’unica posizione frontale e privi di
dettagli, “allo stesso modo le regole di Popper possono produrre una scienza
di tipo bizantino, nel senso che non sono del tutto infruttuose, ma i loro esiti
sono ben lontani dalla scienza di Newton, Einstein e Bohr” 61 .
Feyerabend dissolve quindi la base del metodo popperiano, ovvero la
rigida demarcazione tra “scienza” e “non scienza”, muovendo da due
considerazioni fondamentali. Da un lato, rileva come l’epistemologia abbia
sostenuto l’idea di un metodo universalmente valido basandosi
sull’equazione tra scienza e razionalità. Dall’altro, come i filosofi per primi
abbiano spesso violato le norme canoniche, oppure le abbiano sostenute in
base a convinzioni metafisiche e non razionali.
Date tali premesse il passo verso il cosiddetto <anarchismo
metodologico> è breve.
(…). In tal modo il tentativo di basare il principio d’induzione sull’esperienza fallisce,
perché conduce necessariamente a un regresso infinito”.
59
Sul cosiddetto metodo induttivo: “Coloro che pongono l’accento sul sostegno
empirico, diceva Popper, ci consigliano di rimanere vicino ai fatti, il che significa che essi
cercano di essere il più ad hoc possibile. Ma questa caratteristica è fuori moda, quindi
bisogna sostituire il requisito di una corrispondenza empirica stretta con quello di andare il
più possibile oltre l’evidenza. La metafisica va davvero oltre i fatti noti e spesso li
contraddice. A differenza dei sistemi metafisici le ipotesi scientifiche possono essere
confutate”. P. K. FEYERABEND, Ammazzando il tempo cit. pp. 102 e ss.
60
L’originalità del pensiero di Karl Popper sta nel rifiuto dell’idea che l’esperienza sia
un insieme di dati immutabili e nell’aver ribaltato il classico rapporto baconiano tra
osservazione e teoria, negando che la seconda derivi dalla prima e attribuendole, viceversa,
una funzione guida nell’acquisizione delle esperienze necessarie per controllare i risultati
della ricerca.
61
La citazione ripresa da Feyerabend è di Otto Neurath. P. K. FEYERABEND,
Ammazzando il tempo cit., pp. 102 e ss.
14
Paul Karl Feyerabend (1924- 1994). Filosofo della scienza
2.3. L’anarchismo metodologico: validità e limiti delle regole
metodologiche
“Oggigiorno l’ordine si trova perlopiù là dove non c’è nulla. È un
fenomeno di assenza” 62. La citazione - tratta da un’opera di Brecht e posta
in apertura del decimo capitolo de Il realismo scientifico e l’autorità della
scienza - riassume l’opinione del filosofo intorno al cosiddetto <metodo
scientifico>: non esistono regole alle quali debba ubbidire ogni atto
conoscitivo e ogni ricerca scientifica. Anzi, l’esistenza di una simile
costruzione ovvero di una <logica della scoperta scientifica>, è
inverosimile.
È altresì infondata, secondo l’autore, la concezione per cui “il progresso
continuo delle scienze fu possibile soltanto perché gli scienziati ritennero
inammissibile proporre nuove idee prima che fossero confutate le
concezioni precedenti” 63, nonché l’idea che “l’introduzione di nuovi
strumenti nella scienza, come nell’industria, è ritenuta una stravaganza a cui
si ricorre solo quando le circostanze lo richiedono” 64.
I procedimenti della scienza non si conformano ad alcuno schema
comune: essi non sono cioè “razionali” bensì “opportunisti”, ossia utilizzano
i mezzi mentali e materiali che all’interno di una determinata situazione, si
rivelano i più idonei al raggiungimento del proprio fine” 65.
La Weltanschauung feyerabendiana si concretizza pertanto nella proposta
di una <epistemologia anarchica> o <dadaista> - che nega l’esistenza di un
<metodo scientifico> o <regola unica> o <criterio di eccellenza> che stia
alla base di ogni progetto di ricerca e che lo renda <scientifico>, perciò
fidato – e, infine, nella condivisione del principio polemico de <anything
goes> (tutto può andar bene).
62
P. K. FEYERABEND, Il realismo scientifico e l’autorità della scienza, p. 253.
Ivi, p. 254. Il riferimento è tratto da Schücking e Heckmann (Schücking e Heckmann,
World Models, Bruxelles, 1958). Tale concetto è altresì ripreso da Kuhn (KUHN, The
Structure of Scientific Revolutions).
64
Ibidem. Nello stesso senso: Newton: “Nella filosofia sperimentale le proposizioni
ricavate per induzione dai fenomeni, malgrado le ipotesi contrarie, devono essere
considerate vere o rigorosamente o quanto più possibile, fino a che non si presentino altri
fenomeni mediante i quali o sono rese più rigorose o fatte suscettibili di eccezioni”.
65
F. pone l’accento sulla circostanza secondo cui i filosofi tendono con estrema
leggerezza ad elevare ogni sistema di regole che risulti – secondo una logica
verificazionista – vincitore di un confronto al rango di “fondamento della scienza” o della
“ragione”, senza chiedersi se principi e disposizioni metodologiche siano adatte a guidare il
processo storico. Dice F.: “È come se si fosse così affascinati dall’immagine astratta della
danza da svilupparla e costruirla in dettaglio, senza dedicare mai una sola parola alle
peculiarità anatomiche e fisiologiche dei corpi umani”. Ivi, p. 274.
63
15
Isabel Costanzi
Ai critici che lo accusano di eccessivo relativismo, il filosofo replica
definendoli “illiterates” 66, cioè analfabeti, oppure “lettori della domenica”,
poiché non si sono resi conto che l’epistemologia anarchica non è altro che
la cruda presa di coscienza del fatto storico secondo cui:
“non esiste neppure una regola, per quanto plausibile e «logica» possa
sembrare, che non sia stata spesso violata durante lo sviluppo delle
singole scienze. Tali violazioni non furono eventi accidentali o
conseguenze evitabili dell’ignoranza e della disattenzione. Esse erano
necessarie perché nelle condizioni date, si potesse conseguire il
progresso […] o qualsiasi altro risultato desiderabile […] eventi come
l’invenzione della teoria atomica nell’antichità (Leucippo), la
rivoluzione copernicana, lo sviluppo dell’atomismo moderno (Dalton;
la teoria cinetica dei gas; la teoria della dispersione; la stereochimica;
la teoria quantistica), la graduale affermazione della teoria
ondulatoria della luce si verificarono solo perché alcuni ricercatori o si
decisero a non seguire regole «ovvie» o perché le «violarono
inconsciamente»”67.
Difendere l’epistemologia anarchica e il conseguente pluralismo teorico e
metodologico non significa, come hanno inteso gli “illiterates”, distruggere
regole o criteri nell’ambito della pratica scientifica, ma farsi paladini della
libera inventività della scienza. 68 In ultima analisi la lotta contro il metodo
vuole essere, di fatto, una lotta per la <libertà del metodo> 69, contro ogni
forma di omologazione e appiattimento intellettuale 70.
66
V. ad es. l’aspra critica ai cosiddetti illitterati in P. K. FEYERABEND, Dialogo sul
metodo cit., p. 26.
67
“La pratica scientifica è solo raramente in accordo con le esigenze logiche e
conoscitive. Infatti, non c’è principio che nella stria della scienza non sia stato
ripetutamente violato, ivi compresi principi così “basilari” ed “evidenti” come quello di non
contraddizione. Le teorie scientifiche, così come si trovano nella storia della scienza, non
sono solamente incerte e perennemente esposte alla confutazione, ma piuttosto sono in ogni
momento della loro esistenza, già confutate, si dibattono fra difficoltà numeriche, mostrano
gravi difetti qualitativi, ipotesi ad hoc colmano lacune delle argomentazioni (…) non
vengono quasi mai evitate contraddizioni interne”. P. K. FEYERABEND, Il realismo
scientifico e l’autorità della scienza, p. 272.
68
“Io non raccomando alcuna metodologia, ma al contrario affermo che l’invenzione, la
verifica, l’applicazione di regole e criteri metodologici sono di competenza della ricerca
scientifica concreta”. Ibidem.
69
L’a. accusa i filosofi e gli scienziati, da Platone a Sartre, e da Pitagora a Monod, di
aver cercato di fissare le leggi morali e le leggi fisiche in schemi rigidi, deplorando in tal
modo la varietà (di valori, credenze e teorie). Secondo tali pensatori inoltre esistono dei
limiti alla varietà rappresentati dalle leggi morali (che regolano le azioni umane) e dalle
leggi fisiche (che definiscono la nostra posizione nella natura). P. K. FEYERABEND,
Addio alla ragione, cit., p. 7.
70
“L’imposizione della scuola, dell’alfabetizzazione e di un’informazione «oggettiva»,
16
Paul Karl Feyerabend (1924- 1994). Filosofo della scienza
Feyerabend ricorda peraltro come siano stati gli stessi scienziati a doversi
allontanare dalle dottrine convenzionali al fine di avvicinarsi alla
“scoperta”: Darwin ascoltò pareri di allevatori e naturalisti; Descartes,
Newton, Thomson prescelsero motivazioni religiose per le loro ipotesi più
importanti; antropologi e sociologi osservarono e presero esempio dalle
popolazioni locali primitive 71.
Seguendo l’impostazione Kantiana della conoscenza quale interazione
complessa tra soggetto ed oggetto 72, Feyerabend ritiene inoltre che i fatti
non esistono “nudi” - ovvero al di fuori delle teorie - ma soltanto
nell’ambito di determinati “quadri” mentali, in quanto lo scienziato vede
solo ciò che questi ultimi lo inducono a vedere. Da ciò discende la pratica
impossibilità di distinguere (neopositivisticamente) fra <termini di
osservazione> e <termini teorici>: neppure le nozioni più semplici o
apparentemente “neutrali” della scienza possono venir considerate in modo
universale e oggettivo, poiché i loro significati risultano intrinsecamente
connessi ai differenti contesti teorici entro i quali sono stati formulati. Ad
esempio, il termine “massa” assume accezioni diverse a seconda che si tratti
della fisica di Newton o di Einstein 73.
separata dalle preferenze e dai problemi locali ha svuotato l’esistenza dei suoi ingredienti
epistemici e l’ha resa arida e priva di senso. Anche in questo l’Occidente ha fatto da guida,
separando la scuola dalla vita e sottomettendo la vita a regole scolastiche”. Ivi, p. 9.
71
Ivi, p. 164-165.
72
Kant aveva superato il tradizionale dualismo tra razionalismo ed empirismo,
dimostrando come non sia sostenibile la tesi che afferma la possibilità di una conoscenza
assolutamente oggettiva della realtà, in quanto la conoscenza scaturisce da un’interazione
complessa tra soggetto e oggetto, tra i dati sensibili dell’esperienza e la mente che ha il
compito di interpretarli.
73
Muovendo dall’analisi de Le basi matematiche della meccanica quantistica di Von
Neumann, F. si interroga circa il rapporto tra la rete concettuale in essa espressa e la realtà.
Si interroga cioè circa la correlazione tra gli “operatori ipermassimali della teoria” e gli
strumenti di misurazione concreti ed il controllo delle predizioni. Di conseguenza, rileva F.,
“la chiarezza, la precisione e la semplicità che ravvisiamo nel libro di Von Neumann e in
altri manuali di fisica teorica è mera apparenza. È a questa apparenza che si applicano le
considerazioni logico- formali e i giochetti della logica dialogica ed è su di essa che la
teoria della scienza sviluppa la sua immagine della scienza come sistema di enunciati non
contraddittorio e logicamente ordinato”. Da qui ne deriva che “la dimostrazione che un
sistema di regole o una «Logica» (Metodologia) porta in questo ambito a risultati
interessanti, non ha quasi nulla a che fare con la questione della sua utilità nella scienza,
ovvero nell’incoerente edificio complessivo: teoria precisa più ipotesi ausiliari, più
premesse vaghe, più regole di corrispondenza, più spiegazioni operative, più
approssimazioni, più errori qualitativi, più teoria degli apparati, più esperienza, più
atmosfera filosofica” . P. K. FEYERABEND, Il realismo scientifico e l’autorità della
scienza, pp. 271-273.
17
Isabel Costanzi
La descritta “teoria dei quadri” offre lo spunto per una riflessione
ulteriore circa l’incommensurabilità delle teorie, ovvero la constatazione
dell’impossibilità di valutare comparativamente teorie sorte in momenti
diversi; che non utilizzano cioè gli stessi termini o li adoperano con
significati diversi; che non parlano degli stessi fatti o ne parlano in modo
differente; che non hanno il medesimo fine o scopo. Il concetto esposto ripreso da Kuhn 74 - conduce al rifiuto della visione della scienza quale
“accumulazione” progressiva di conoscenze (positivisti e neopositivisti) o
come “approssimazione” graduale alla verità (Popper) e all’adesione ad una
prospettiva che affida a criteri di tipo pragmatico - quali l’efficacia, il
successo e la capacità di persuasione - la preferenza fra teorie in
competizione.
In questo modo, parallelamente alla descritta distruzione del <mito della
ragione> 75, Feyerabend perviene ad una distruzione del <mito della
scienza>, intesa come
“solo uno dei molti strumenti inventati dall’uomo per far fronte al suo
ambiente”,
mentre, al di là della scienza,
“esistono miti, esistono i dogmi della teologia, esiste la metafisica, e
ci sono molti altri modi di costruire una concezione del mondo. È
chiaro che uno scambio fecondo tra la scienza e tali concezioni del
mondo “non scientifiche” avrà bisogno dell’anarchismo ancora più di
quanto ne ha bisogno la scienza. L’anarchismo è quindi non soltanto
possibile, ma necessario tanto per il progresso interno della scienza
quanto per lo sviluppo della nostra cultura nel suo complesso”76.
2.4. La scienza come processo storico
Le <teorie> non sono entità senza tempo, perfette ed egualmente
accessibili: esse risultano strettamente connesse agli eventi che hanno
74
Circa il rapporto con Kuhn, si veda: P. K. FEYERABEND, Dialogo sul metodo, cit.,
p. 142-143.
75
“La Ragione si unisce infine alla sorte di tutti quegli altri mostri astratti come
l’Obbligo, il Dovere, la Morale, la Verità e i loro predecessori più concreti, gli Dei, che
furono usati un tempo per incutere timore nell’uomo e per limitarne il libero e felice
sviluppo: svanisce”. ID., Contro il metodo, cit., p. 139. Sulla distruzione del mito della
ragione, in particolare si v. “Addio alla ragione”, in cui l’a. critica due idee alla base
dell’espansione intellettuale dell’Occidente: l’idea stessa di Ragione e l’idea di
<oggettività>.
76
Ivi, p. 246. V. anche, P. K. FEYERABEND, Dialogo sul metodo cit., pp. 29- 30:
“Ogni parte della scienza è periferica e […] l’appello alla conoscenza degli esperti non è
mai un argomento valido”.
18
Paul Karl Feyerabend (1924- 1994). Filosofo della scienza
guidato la loro scoperta nonché alla <Weltanschauung> in esse espressa 77,
sicché, ad esempio, la portata innovativa della dottrina copernicana 78 e, nel
contempo, l’aspra critica che suscitò, può essere compresa a fondo solo alla
luce della nuova immagine del mondo e dell’uomo da essa proposta 79.
Ne consegue che <Idea> e <Valutazione dell’idea> - i nuclei attorno ai
quali Feyerabend elabora il proprio pensiero anarchico – non sono piani
perfettamente sovrapponibili, giacché da un lato
“la ragione, che si presenta sempre in compagnia di un certo metodo,
concede che le idee che introduciamo per migliorare e espandere le
nostre conoscenze possano nascere, in certi casi, in modo molto
caotico, e che l’origine storica di una cosmologia possa anche
dipendere da pregiudizi di classe, passioni, idiosincrasie personali e
questioni di stile” 80.
77
“E’ un errore ipotizzare che l’essenza di un periodo storico che inizia in un
determinato posto possa essere trasferita in un altro. Ci saranno degli influssi, è vero: per
esempio, l’Illuminismo francese influenzò la Germania, ma le tendenze che ne sorgono
hanno soltanto il nome in comune con le loro cause. Infine, è un errore valutare i fatti a
confronto di un ideale. Molti scrittori deplorano il modo in cui la Chiesa cattolica trasformò
i “buoni germani” durante il Medioevo e oltre, costringendoli a comportamenti e credenze
innaturali. Ora, le azioni “innaturali” non provengono dal centro di una persona o di un
gruppo, bensì dalla mente che crea degli aggregati anziché delle totalità armoniche.
Svolgendo un’attività puramente formale, essa lavora tramite analisi e ricombinazione. Ma
l’arte gotica produsse unità armoniche, non aggregati: ciò dimostra che le forme della
Chiesa non erano di tipo estraneo, e che all’epoca i tedeschi erano cristiani convinti, non
schiavi riottosi e codardi”. P. K. FEYERABEND, Ammazzando il tempo cit., p. 55.
78
“Copernico vuol dire progresso anche in altri campi, è un simbolo degli ideali di una
nuova classe che guarda indietro all’età classica di Platone e di Cicerone, e avanti verso una
società più libera e più aperta. L’associazione dell’astronomia a tendenze storiche e di
classe non produce, dunque, nuovi argomenti e neppure determina la forma delle nuove
leggi”: P. K. FEYERABEND, Il realismo scientifico e l’autorità della scienza, p. 294.
79
Ivi, p. 292. Sul tema del legame tra scienza e concezione dell’uomo e dell’universo,
esemplificativo è il dialogo tra Fulgenzio e Galileo in Vita di Galileo di Bertold Brecht nel
quale Fulgenzio, riferendosi ai suoi genitori si interroga: “Sono cresciuto in campagna,
figlio di genitori contadini […]. Quando osservo le fasi di Venere, ho sempre loro dinanzi
agli occhi. […] Si son sentiti dire e ripetere che l’occhio di Dio è su di loro, indagatore
quasi ansioso; che intorno a loro è stato costruito il grande teatro del mondo perché vi
facciano buona prova recitando ciascuno la grande o piccola parte che gli è assegnata […]
come la prenderebbero ora, se andassi a dirgli che vivono su un frammento di roccia che
rotola ininterrottamente attraverso lo spazio vuoto e gire intorno a un astro, uno fra tanti, e
neppure molto importante? Che scopo avrebbe tutta la loro pazienza, la loro sopportazione
di tanta infelicità? Quella Sacra Scrittura, che tutto spiega e di tutto mostra la necessità: il
sudore, la pazienza, la fame, l’oppressione, a che potrebbe ancora servire se scoprissero che
è piena di errori?”.
80
Cfr. B. BRECHT, Vita di Galileo, Milano, 1994, p. 54: Galileo, sollecitato da Andrea
afferma: “Non credo che la pratica della scienza possa andar disgiunta dal coraggio. Essa
19
Isabel Costanzi
mentre, dall’altro, solamente una imprescindibile elasticità nella
<valutazione dell’idea> garantisce la sopravvivenza della medesima 81. Non
è casuale infatti che le teorie di Copernico e Galileo si siano proiettate nel
tempo proprio
“perché pregiudizi, passioni, cecità, presunzione, errori, ottusa
pervicacia – in breve, tutti gli elementi che caratterizzano il «contesto
della scoperta» – si opposero ai dettami della ragione e perché, alla
fine, questi elementi irrazionali prevalsero”, cioè “il copernicanesimo
e altre idee «razionali» esistono oggi solo perché, nel loro passato, la
«ragione» è stata spesso sopraffatta” 82.
In estrema sintesi, dunque, la scienza altro non è che un <processo
storico> complesso e non omogeneo, in cui accenni di coraggiose ideologie
future si sviluppano accanto a sistemi teorici estremamente sofisticati e
forme di pensiero cristallizzate 83, secondo l’assunto caro all’epistemologia
postpositivistica 84 di Kuhn per la quale il progresso si realizza non perché ci
si approssimi sempre di più a qualche meta assoluta (la “Verità” o le
“verità”), ma perché ci si allontana sempre di più da stadi di ricerca
primitivi: nella scienza non c’è crescita “verso” qualcosa, bensì “a partire
da” qualcosa 85.
Peraltro, se è vero che la scienza non si occupa solo di <proposizioni>
ma anche e soprattutto di <asserzioni>, pare condivisibile sostenere
l’esistenza di un rapporto privilegiato - benché apparentemente antinomico tratta il sapere, che e' un prodotto del dubbio; e col procacciare sapere a tutti su ogni cosa
tende a destare il dubbio in tutti”.
81
“Ci sono situazioni in cui anche la più liberale delle metodologie e la più liberale
concezione delle leggi della ragione avrebbe eliminato un’idea che, più tardi, avrebbe
giocato un ruolo essenziale nella scienza”: P. K. FEYERABEND, Il realismo scientifico e
l’autorità della scienza, p. 294 -295.
82
Ibidem.
83
Ivi, pp. 188, 288 e ss. Circa l’influenza della storia e della sociologia sulla filosofia
della scienza, si veda anche: T. KUHN, Riflessioni sui miei critici, in I. LAKATOS – A.
MUSGRAVE (a cura di), op. cit., pp. 318- 324. Imre Lakatos sostiene che “la filosofia
della scienza senza la storia della scienza è vuota”, in quanto la scienza è fortemente
condizionata da fattori extra- scientifici (sociali, pratici, metafisici, …) che la allontanano
dalla “pura” speculazione teorica.
84
Alcuni studiosi reputano equivoca l’espressione <epistemologia postpositivistica>, in
quanto presuppone un uso generalizzato del termine <positivismo>, il quale peraltro ha
valenze storicamente più circoscritte, e preferiscono parlare di <epistemologia postneopositivistica o post-popperiana>. Altri ancora, per meglio evidenziare il rifiuto della
matrice empiristica del verificazionismo neopositivistico e del falsificazionismo
popperiano, parlano di <post- empirismo>.
85
T. KUHN, Riflessioni sui miei critici, in I. LAKATOS – A. MUSGRAVE, op. cit, pp.
344- 364. Dove l’a. riprende quanto esposto in La struttura delle rivoluzioni scientifiche
(1962, riedito nel 1969).
20
Paul Karl Feyerabend (1924- 1994). Filosofo della scienza
tra “ragione”, “irrazionalità”, “metodo” ed “anarchia intellettuale” 86, in
forza del quale – come correttamente sottolineato da Feyerabend e
anticipato, sebbene in termini meno radicali, da Lakatos 87 – allo scienziato è
richiesta una forma mentis fluida in quanto
“le regole metodologiche devono essere adattate alle circostanze e
reinventate sempre di nuovo. Ciò aumenta la libertà, la dignità e la
speranza di successo” 88.
86
P. K. FEYERABEDN, Il realismo scientifico e l’autorità della scienza, p. 289 – 294.
Imre Lakatos vede nell’avanzamento del progresso la semplice sostituzione di un
“programma di ricerca” con un altro, dove per “programma di ricerca scientifico” si intende
una “costellazione di teorie scientifiche coerenti fra loro e obbedienti ad alcune regole
metodologiche fissate da una determinata comunità scientifica - quindi non vere in assoluto
– tant’è che, precisa il filosofo in merito al confronto tra diversi programmi, “nessun
vantaggio per una delle due parti può venir considerato come definitivo in modo assoluto.
Non vi è nulla di inevitabile nella sua sconfitta”. I. LAKATOS – A. MUSGRAVE, op. cit.,
pp. 164-276, 366- 408.
88
Ivi, p. 298. Cfr. Secondo Kuhn, senza comunque imporre un <metodo fisso> del
sapere ovvero imporre una rigida demarcazione della scienza rispetto alle altre attività
umane, i <fatti> debbono essere collocati all’interno di determinati quadri teorici o
concettuali in grado di darne sistematicità, senza per questo imporre un <metodo fisso> del
sapere ovvero imporre una rigida demarcazione della scienza rispetto alle altre attività
umane.
87
21
Isabel Costanzi
Conclusioni
«Wir müssen versuchen, das Vernünftige zu finden.
Wir haben alle drei das gleiche Ziel im Auge,
doch unsere Tatik ist verschieden.
Das Ziel
ist der Fortgang der Physik.
Sie wollen ihr die Freiheit bewahren,
und streiten ihr
die Verantwortung ab» 89
«Possiamo noi ripudiare la massa e conservarci ugualmente
uomini di scienza?
Io credo che la scienza non possa proporsi altro
scopo
che quello di alleviare la fatica della
esistenza umana» 90.
Il filosofo dell’anarchismo epistemologico è stato sovente accusato di
eccessivo irrazionalismo e soggettivismo. Tale definizione risulta tuttavia
riduttiva, né coglie probabilmente l’essenza della filosofia feyerabendiana.
E’ lo stesso Feyerabend in Ammazzando il tempo - opera che si pone
simbolicamente a conclusione del percorso di vita e di pensiero 91 – che
precisa il proprio intento:
“Non ho mai denigrato la ragione, qualsiasi cosa sia, ma solo alcune
sue versioni pietrificate e tiranniche, né avevo presupposto che la mia
critica ponesse fine alla questione. Si trattava di un inizio, un inizio
molto difficile, ma di cosa? Di una migliore comprensione delle
scienze, di migliori assetti della società, migliori relazioni tra gli
individui, un teatro migliore, un cinema migliore e così via” 92.
Pura reazione alle costrizioni e formalismi che offuscano la vita
intellettuale dunque è l’attacco ironico e, a volte, irriverente ai dogmi della
89
F. DÜRRENMATT (1921- 1990), Die Physiker.
B. BRECHT, Vita di Galileo.
91
Quasi a sancire una profonda coerenza interiore, Feyerabend, in Dialogo sul metodo
del 1989 afferma: “[…] intendo scrivere un’autobiografia, il cui titolo sarà Ammazzando il
tempo, perché, sfortunatamente, ogni parte della mia vita si è risolta in un inutile ciondolare
e aspettare. Ma dopo, te lo prometto, starò zitto e manterrò il silenzio per sempre”. E così
fu: Il filosofo muore nel 1994 e la sua autobiografia rimane l’ultima testimonianza del suo
genio. P. K. FEYERABEND, Dialogo sul metodo, p. 147.
92
P. K. FEYERABEND, Ammazzando il tempo cit., pp. 152- 153.
90
22
Paul Karl Feyerabend (1924- 1994). Filosofo della scienza
scienza ed alle regole metodologiche ad essi legate. Una lucida presa di
coscienza del pluralismo 93 e complessità dell’esistenza 94 che racchiude
infine un’implicita fiducia nel potenziale umano.
Infatti quel relativismo esasperato che alcuni critici hanno contestato
altro non è che un approccio personale e critico alla scienza ed alla filosofia
della scienza, unico mezzo adatto a “risvegliare” nell’essere umano la stessa
fiducia nell’intraprendenza umana che è stata la base della rivoluzione
scientifica.
<Anarchismo epistemologico>, come illustrato da Feyerabend nella sua
fase matura, non implica il rifiuto di ogni regola, ma soltanto l’esclusione di
una normativa precostituita e vincolante, in quanto sostenere che tutte le
regole presentano dei limiti, non equivale a procedere senza regole.
Il discorso è più ampio e si estende oltre il campo della scienza,
invadendo il sistema delle relazioni tra individui, dal momento che una netta
visione morale determina necessariamente delle semplificazioni e, con esse,
atti di ingiustizia e crudeltà 95.
Avverso le convenzioni e preconcetti che offuscano lo sviluppo umano 96,
Feyerabend sostiene – forse parafrasando il Lessing illuminista - che “un
buon maestro non solo farà accettare agli altri una forma di vita, ma fornirà
loro anche i mezzi perché possano vederla in prospettiva e forse persino
93
Pluralismo inteso anche come libertà di scelta tra più alternative possibili. Ad
esempio, nelle discipline mediche, secondo l’a., l’essere umano dovrebbe essere lasciato
libero di scegliere tra le varie terapie possibili fra le quali anche quelle non convenzionali.
In particolare, i risultati dei trattamenti “alternativi” dovrebbero essere resi pubblici al fine
di consentire un paragone con la medicina scientifica e valutarne l’efficacia. In altre parole,
“il rispetto per le opinioni altrui, la scelta del male minore: P. K. FEYERABEND, Dialogo
sul metodo cit., pp. 33-35.
94
“La gente deve essere in grado di vedere questa ricchezza, deve imparare come
trattarla; ciò significa che la gente deve ricevere un’educazione che vada oltre gli sterili
precetti o, per esprimersi negativamente, le persone devono essere protette da coloro che
vogliono ridurle a copie fedeli del proprio squallore mentale”. Per questo motivo considera
“l’educazione – il giusto tipo di educazione - come l’aiuto più necessario alla vita”: Ivi, pp.
8, 43.
95
“Se però consideriamo gli interessi dell’uomo e, soprattutto, il problema della sua
libertà (libertà dalla fame, dalla disperazione, dalla tirannia di sistemi di pensiero stitici, e
non l’accademica «libertà del volere»), allora stiamo procedendo nel peggior modo
possibile. Non può darsi infatti che la scienza quale la conosciamo oggi, ovvero una
«ricerca della verità» nello stile della filosofia tradizionale, sia destinata a creare un
mostro? Non è possibile che essa nuoccia all’uomo, che lo trasformi in un meccanismo
miserevole, freddo, ipocrita, privo di fascino e di humour? «Non può essere», si chiede
Kierkegaard, «che la mia attività di osservatore obiettivo [o critico-razionale] della natura
indebolisca la mia forza come essere umano?»”. P. K. FEYERABEND, Contro il metodo,
pp. 142-143.
96
P. K. FEYERABEND, Ammazzando il tempo cit., p. 63.
23
Isabel Costanzi
rifiutarla” 97. Giunge persino ad affermare in merito alla Società intesa nel
suo complesso che:
“Considerando quanto le culture hanno imparato le une dalle altre e
quanto ingegnosamente hanno assemblato il materiale così ottenuto,
[…] ogni cultura è in potenza tutte le culture e che tratti culturali
particolari sono manifestazioni intercambiabili di una singola natura
umana” 98;
ovvero:
“dobbiamo fare attenzione ai desideri, opinioni, abitudini,
suggerimenti della gente con cui stiamo per entrare in contatto e
dobbiamo ottenere le nostre informazioni attraverso l’estensione di
contatti personali, non da lontano, non attraverso il tentativo di essere
obiettivi, non bazzicando i cosiddetti leader”. 99
Il <non- metodo> di Feyerabend cela quindi una profonda umanità ed è
un modo, almeno nelle intenzioni dell’autore, di contribuire ad “alleviare la
fatica della esistenza umana” sollecitando il progresso sociale e scientifico.
97
P. K. FEYERABEND, Dialogo sul metodo cit., p. 37. Cfr. Lessing, al quale si è
ispirato, sosteneva: “Da un giudice non si può pretendere altro che egli si schieri con quella
parte che sembra avere il maggiore diritto. [Per le controversie che hanno per oggetto la
verità questa non appartiene al vincitore per diritto, così che il perdente può correggere gli
errori e partecipare alla verità di chi ha vinto. Il filosofo deve essere onesto e non deve
mettere da parte quei dati che possono contestare il suo sistema a vantaggio del sistema
altrui.] Se si comporta diversamente, allora è chiaro che egli stravolge la verità a proprio
tornaconto e la vuole rinchiudere negli angusti limiti della propria pretesa infallibilità”(G.
E. Lessing, Riabilitazione di G. Cardano).
98
P. K. FEYERABEND, Ammazzando il tempo cit., pp. 170- 171.
99
Ibidem. V. anche, ID. Dialogo sul metodo cit., p. 100.
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Serie depositata a norma di legge. L’elenco completo dei paper è disponibile al
seguente indirizzo internet http://www.deaz.unibs.it
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ARTI GRAFICHE APOLLONIO
Università degli Studi
di Brescia
Dipartimento di
Economia Aziendale
Isabel COSTANZI
PAUL K. FEYERABEND (1924-1994)
FILOSOFO DELLA SCIENZA
Paper numero 117
Università degli Studi di Brescia
Dipartimento di Economia Aziendale
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Settembre 2011
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