Margherita Cricchio SAN IACOPO SOPR'ARNO: BREVE STORIA DEL COMPLESSO CONVENTUALE FIORENTINO Il complesso di San Iacopo sopr'Arno è costituito dalla chiesa intitolata al santo apostolo e dal monastero, il cosiddetto Palazzo della Missione, dal nome dei preti missionari che lo abitarono nel Settecento. Esso sorge Oltrarno, in Piazza dei Frescobaldi, all'imbocco del Ponte a Santa Trinita; più precisamente dalla piazza il complesso viene ad estendersi fino al borgo che da esso prende il nome, il Burgus Sancti Jacobi appunto, le cui case si affacciano direttamente sull'acqua del fiume perché è l'unico tratto di strada – dopo le modifiche apportate alla città al tempo di Firenze capitale – a non avere i Lungarni. Sul fiume si affaccia anche il prospetto absidale della chiesa che sappiamo ubicata fuori dal perimetro urbano fino al 1172-74, momento dell'abbattimento della prima cerchia muraria che non comprendeva l'Oltrarno, ed inglobata all'interno della città con la costruzione della seconda cerchia comunale. Riguardo alla fondazione della chiesa, gli ordini religiosi che la occuparono la ritenevano – sulla base di alcune iscrizioni loro pervenute – una costruzione di epoca carolingia; tuttavia la certezza documentaria dell'esistenza di San Iacopo si ha solo dal 1135, mentre il borgo è menzionato con il suo nome nel 1182, anno in cui è ricordato anche un chiostro annesso all'oratorio. Si potrebbe ipotizzare quindi che, a quella data, le strutture carolinge della chiesa venissero ad acquisire nuova importanza architettonico-cultuale ed il borgo meritasse di essere menzionato. Riguardo, invece, alla storia istituzionale religiosa, sappiamo che la chiesa di San Iacopo era retta da preti secolari diocesani fino al 1575 quando passò ai Canonici Regolari di Sant'Agostino, cosiddetti “Scopetini” in quanto provenienti dal distrutto convento di San Donato a Scopeto. Proprio ai canonici Scopetini si deve la ricostruzione dall'antico insediamento: essi dapprima provvidero ad ammodernare la chiesa costruendo un portico in facciata con materiale di recupero proveniente da San Donato a Scopeto, successivamente si occuparono del progetto di riedificazione della loro nuova casa che da antica struttura secolare divenne un moderno “palazzo” nel cuore di Firenze con una facciata barocca unica nel suo genere in città. Nel 1703, per volere di Cosimo III, ai Canonici subentrarono i Preti della Missione, congregazione di moderna fondazione la cui prerogativa tipica era quella di stanziarsi in strutture religiose preesistenti; conseguentemente essi non avevano case costruite secondo dettami prestabiliti ma, ogni volta, riadattate secondo i requisiti necessari. Nel Palazzo della Missione i lavori di ampliamento furono portati avanti in modo progressivo, in base alle necessità della congregazione; la regola principale da seguire era la semplicità, aliena da ogni tipo di sfarzo. I Missionari rimasero a San Iacopo fino al momento della generale soppressione francese degli ordini religiosi a causa della quale, nel 1811, furono espulsi dal loro convento. La loro casa fu quindi occupata dalle truppe francesi e la chiesa adibita a stalla. Vi rientrarono nel 1815 ma cinquant'anni dopo, nel 1865, con l'occasione del trasferimento della capitale da Torino a Firenze, la casa fu nuovamente soppressa per poter accogliere il Ministero della Marina. Nel 1871, con il trasporto della capitale a Roma, il palazzo fu adibito a liceo femminile. Ripercorrendo la storia dell'insediamento religioso non si può fare a meno di accennare anche ad un'altra “realtà” con cui il convento di San Iacopo sopr'Arno ebbe un rapporto di stretta convivenza; si tratta della Compagnia laicale di San Iacopo del Nicchio la quale, fin dal Trecento, si stabilì in alcuni locali situati su Borgo San Iacopo condividendo il chiostro e l'orto della canonica. Tutt'oggi la confraternita è presente, con alcuni locali ed una cappella, su Borgo San Iacopo. LA RIEDIFICAZIONE DEL CONVENTO AL TEMPO DEI CANONICI REGOLARI: UN'INTRODUZIONE ALLE VICENDE DELLA FABBRICA Il monumento, così come si presenta oggi, è il frutto di numerosi interventi protrattisi nei secoli; ma la prima e più importante opera di riedificazione dell'antica canonica, cioè quella che ha conferito all'edificio l'impronta attuale, risale al 1639 quando cominciarono i lavori per la costruzione della nuova fabbrica dei Canonici Regolari ad opera dell'architetto granducale Bernardino Radi (Cortona 1581-Roma 1643). Veduta assonometrica di Firenze, particolare; S. Buonsignori 1584. Firenze, Museo di Firenze com'era. Prima di analizzare la costruzione seicentesca è utile gettare uno sguardo indietro, agli anni precedenti all'intervento del Radi, per capire meglio la trasformazione apportata dall'architetto, soprattutto in termini di ampliamento. Riuscire ad ipotizzare come dovesse essere il primitivo insediamento è molto difficile mancando una documentazione specifica che possa informare sulle varie fasi evolutive del nucleo conventuale, così come si è potuto sviluppare dalle origini fino all'arrivo dei Canonici. Una fonte di informazioni utile – benché assolutamente approssimativa – per una sommaria ricostruzione della situazione urbanistico – architettonica della zona occupata dal convento, precedente all'intervento del Radi, è la veduta “aerea” di Stefano Buonsignori del 1584. Così come appare dalla veduta, la canonica sembrerebbe sorgere in un contesto formato da un insieme di corpi di fabbrica edificati per insediamenti avvenuti in momenti diversi, fatto che deve aver contribuito al progressivo assemblamento degli edifici in modo irregolare tra di loro. Impossibile ricostruire con precisione come si siano sviluppate le proprietà, tuttavia, seguendo l'evoluzione cronologica degli eventi che si sono susseguiti tra Borgo San Iacopo e Piazza Frescobaldi, è certo che dopo la chiesa ed il chiostro, che costituirono il centro propulsore del borgo, successivamente sorsero le proprietà dei Frescobaldi delle quali oggi sopravvive solo il palazzo, denominato “casone”, situato alla cantonata tra il borgo e la piazza. Nella veduta del Buonsignori si vede che il palazzo dei Frescobaldi confinava, sul lato settentrionale, con un altro corpo di fabbrica – con tutta probabilità facente parte del medesimo complesso di famiglia – accanto al quale, ma in posizione retrocessa, sia rispetto al palazzo che all'imboccatura del ponte, si trova una struttura ad arco e voltata. Si tratta di una volta attraverso la quale si accedeva ad una scalinata che portava ad un lavatoio posto sul greto dell'Arno. Alfonso Parigi il Giovane, 1640. BRF, ms. 4048. La presenza di una scalinata oltre la volta giustificherebbe la particolare conformazione del chiostro disegnato dal Buonsignori il quale presenta una forma irregolare, inspiegabile se non con la presenza di una scala che viene a porsi tra di esso e il fiume. Un'ulteriore testimonianza della presenza della “porticciola” ci è data da alcuni disegni di Alfonso Parigi il Giovane, datati 16401, nei quali l'artista rappresenta la pianta del ponte a Santa Trinita nel periodo della ricostruzione del nuovo convento di San Iacopo; la cosa importante da notare attraverso questi disegni è il dispiegarsi delle varie proprietà tra la piazza e la cantonata del borgo nella prima metà del Seicento. Purtroppo questi disegni si limitano ad illustrare la situazione all'imboccatura del ponte, sulla parte prospiciente la piazza; ciononostante da essi si deduce che delle antiche proprietà dei Frescobaldi, già nel 1640, ne ne rimaneva che quella piccola porzione, tutt'ora esistente sulla cantonata del borgo, la quale confinava a nord con le stalle e le botteghe della canonica. IL CANTIERE DI SAN IACOPO SOPR'ARNO ATTRAVERSO I DOCUMENTI2 I documenti pervenutici informano dell'attività di Bernardino Radi a San Iacopo e permettono di affermare che egli fu a capo, in qualità di architetto, di un cantiere attivo, che vide la presenza di un numero elevato di maestranze; una manodopera che, tra capimastri e scalpellini, permise la conclusione dei lavori in un arco di tempo relativamente breve, circa sei anni: dal 1639 al 1645. Tuttavia la presenza del Radi nel cantiere è documentata solo fino a marzo del 1643, anno della sua morte; da quel momento in poi i lavori furono portati a termine seguendo il progetto lasciato dall'architetto. I lavori iniziarono nel mese di luglio del 1639 proprio con la costruzione dell'entrata del monastero prospiciente la pila del ponte, «a piè del ponte a Santa Trinita», dove risiedeva la porticciola. I Canonici avanzarono al granduca la richiesta di poter rimuovere tale porticciola per poter «tirare a prospettiva e linea retta la fabbrica» che in tal modo sarebbe riuscita «di molto ornamento e vaghezza all'istesso ponte». La grazia di poter chiudere definitivamente la porticciola arrivò il 5 gennaio del 1640. La concessione avrebbe permesso all'architetto nuove soluzioni costruttive e la possibilità di conferire all'edifico una nuova morfologia, meno sacrificata, con una planimetria più regolare rispetto a quella precedente che si andava ad abbattere: il fianco laterale dell'edificio, prospiciente la sponda, si sarebbe fatto correre 1 BRF (Biblioteca Riccardiana di Firenze), ms. 4048. 2 I documenti consultati provengono prevalentemente dal fondo archivistico di San Iacopo sopr'Arno: ASF, CRSGF, 140. lungo la riva, dall'abside della chiesa fino alla pila del ponte ove avrebbe formato uno spigolo acuto con il prospetto rivolto sulla piazza. Cominciati i lavori di ampliamento e trasformazione della zona adiacente il ponte Santa Trinita con il costruire il “principio della muraglia” questi furono presto interrotti dalle autorità per aver superato i limiti concessi dalla grazia granducale: i padri erano arrivati a costruire il basamento della cantonata della loro facciata sopra la rivolta del ponte oltrepassando la concessione granducale. Alfonso Parigi il Giovane, 1640, BRF, ms. 4048. Un esposto di Andrea Arrighetti, soprintendente alle fabbriche, al provveditore della Parte, denunciò l'accaduto esprimendo il suo parere negativo: le rivolte del ponte dovevano restare libere, non vi si poteva costruire niente sopra di esse senza correre il rischio di togliere «la grazia e 'l decoro» alla sua struttura, «alla più bella fabbrica di questa città». Il soprintendente valutò gli effetti percettivi del ponte da ogni punto di vista e denunciò che da Via Maggio il ponte sarebbe apparso «zoppo, per esserli stato levato i dua terzi, o poco meno, della suddetta risvolta». Tre disegni di Alfonso Parigi il Giovane, architetto granducale, illustrano la situazione all'inizio dei lavori; si tratta di due piante e di un alzato, realizzati per documentare a che punto arrivasse il principio della costruzione iniziata dai canonici e come quella si presentasse rispetto al ponte. Dalle tre piante, che furono allegate alla lettera di denuncia del Soprintendente Arrighetti, si nota distintamente la suddivisione delle proprietà dislocate sulla piazza all'inizio dei lavori della nuova fabbrica: sul lato meridionale permane, all'angolo con borgo San Iacopo, il palazzo dei Frescobaldi, mentre la parte verso il fiume è occupata dalle stalle e dalle botteghe di proprietà dei Canonici Regolari. Tra il muro d'ala del ponte e le stalle dei frati si innesta la scalinata che scende alla porticciola d'Arno davanti alla quale vi è il «principio della muraglia» ovvero il principio della cantonata che avevano cominciato ad alzare i frati sopra la sponda dell'Arno. Alfonso Parigi il Giovane, 1640, BRF, ms. 4048. Dall'alzato del Parigi – titolato «Vista di Parte del Ponte a S. Trinita per mostrare il pilastro e cantonata de' frati cominciato sull'architettura del ponte» – la situazione è ancor meglio comprensibile: con il pilatro segnato “C” si indica il muro di cantonata alzato dai frati esattamente sulla pila del ponte segnata “A”. La costruzione concessa avrebbe dovuto vedere la nuova cantonata alzarsi all'altezza della porticciola (segnata “D”), e non oltre, soluzione che avrebbe lasciato libere le rivolte (o mezzi pignoni) del ponte rispettando così il progetto ideato dall'Ammannati. Tuttavia le critiche, e soprattutto la minaccia di far dirottare i finanziamenti a Roma non riuscirono a modificare la composizione d'angolo della nuova fabbrica e i lavori ripresero nel 1641 lasciando, come disse l'Arrighetti, che il ponte fosse dominato dalla casa dei Canonici Regolari. Quindi i lavori di costruzione poterono proseguire dove erano stati interrotti: si continuò ad alzare il muro di cantonata sulla rivolta del ponte con la base «di pietra forte pulita» e contemporaneamente si innalzò il muro di facciata sulla piazza ove risiedeva la stalla dei canonici. Sul muro di cantonata eretto dirimpetto alla porta di accesso alla scala della porticciola fu costruita la prima finestra a pianterreno e dietro alle botteghe rivolte sulla piazza si dette inizio alla costruzione di una nuova chiesa interna all'edificio conventuale. ANALISI DEL COMPLESSO PROGETTATO DA BERNARDO RADI Il Palazzo della Missione si presenta come un'imponente struttura composta da tre corpi di fabbrica che si stringono intorno al chiostro; confina a nord con la sponda del fiume, ad est con il fianco occidentale della chiesa di San Iacopo, a sud-ovest con il Palazzo Frescobaldi (dal 1782 facente parte della stessa struttura conventuale dei Padri Missionari) e ad ovest con Piazza Frescobaldi. I tre corpi di fabbrica che lo compongono sono quello sulla Piazza dei Frescobaldi, quello allineato alla sponda dell'Arno e quello addossato al fianco occidentale della chiesa mentre il quarto braccio di fabbrica che delimita il chiostro sul lato meridionale, rivolto verso Borgo San Iacopo, anticamente apparteneva, nella sua interezza, alla Compagnia del Nicchio. Le diverse destinazioni d'uso a cui è stata asservita la struttura dopo la soppressione del 1865 – dapprima adibita a sede del Ministero della Marina e successivamente ad istituto scolastico – hanno dato luogo ad una suddivisione del complesso conventuale in due parti distinte ed a se stanti, l'una di proprietà del Comune di Firenze, l'altra della Curia Arcivescovile, suddivisione che impedisce una piena ed organica lettura del monumento. Va, infatti, riferito al Comune l'istituto scolastico Machiavelli-Capponi mentre la Curia possiede alcuni locali al pianterreno distribuiti lungo il chiostro e la chiesa di San Iacopo sopr'Arno. Tale suddivisione nelle due distinte proprietà, non solo ha fatto perdere coerenza all'insieme del complesso, ma tutt'oggi comporta, sia da una parte che dall'altra, interventi che non rispettano la logica architettonica dell'originaria struttura conventuale. L'edificio progettato da Radi era di dimensioni più contenute dell'attuale. L'architetto realizzò un monastero di quattro piani articolando le sue fondamenta a quote di altezza differenti per poterlo adattare alla particolare conformazione del sito su cui veniva a sorgere; il livello più basso, che corrisponde al piano stradale di Borgo San Iacopo, è quello in cui si trova il chiostro, ricostruito là dove sorgeva il precedente di epoca medievale, mentre il più alto corrisponde alla cantonata impostata sulla rivolta del Ponte a Santa Trinita: come si può notare dal prospetto di facciata, l'edificio segue l'andamento ascensionale della piazza che va ad elevarsi man mano che si avvicina all'imboccatura del ponte. La planimetria del complesso ha una forma irregolare: essa si allarga nel punto di cantonata sulla rivolta del ponte e successivamente si restringe per adattarsi alla naturale conformazione della sponda del fiume, compiendo un'inflessione verso l'interno, per poi proseguire, in linea retta, fino all'abside della chiesa di San Iacopo. L'abilità del Radi fu quella di rendere possibile la costruzione di un'imponente fabbrica conventuale avendo a disposizione uno spazio esiguo, costretto tra la chiesa, la piazza e la sponda del fiume. La concessione di estendere il progetto fin sopra la rivolta del ponte giocò un ruolo fondamentale per la fabbrica ma, inevitabilmente, portò a quella “irregolarità” che rese disomogenee le fondamenta dell'edificio ed obbligò l'architetto a progettare una struttura complessa, specialmente nel punto di cantonata sulla piazza. La peculiarità del progetto architettonico consistette nell'articolare tra di loro, in modo organico ed omogeneo, i vari corpi di fabbrica senza che i dislivelli morfologici del sito costituissero un ostacolo alla progettazione e alla formulazione interna ed esterna dell'edificio; il risultato fu raggiunto con la messa in pratica di alcuni espedienti architettonici come l'articolazione dei corpi di fabbrica in quelli che potrei definire “moduli”, ovvero in altrettante porzioni di fabbrica concepite in modo autonomo e collegate tra loro all'interno come all'esterno dell'edificio. Ancora oggi si possono distinguere quattro lotti principali. Si può identificare come primo lotto la porzione di fabbrica che si eleva sulla cantonata del ponte, la cui pianta è geometricamente definibile come un trapezio rettangolo; esso confina a sud con il secondo lotto rivolto sulla Piazza dei Frescobaldi, il quale è posto ad una quota di altezza inferiore. Il terzo, orientato a nord-est, consta del braccio di fabbrica adiacente alla chiesa e di parte del braccio rivolto sul fiume i quali, congiungendosi perpendicolarmente tra loro, vengono a formare una “L”. Questo lotto, trovandosi ad un livello più basso, si collega al primo grazie alla mediazione dello scalone principale del palazzo, affacciato sull'Arno, che quindi viene a costituire un corpo a se stante (il quarto), di pianta trapezoidale, risultando di fatto la prosecuzione del lotto di cantonata. ASCF, Palazzo della Missione, convento (ex) di San Iacopo sopr'Arno, pianterreno, 1900-1910 (attr.). Indicazione della suddivisione interna nei quattro lotti. I successivi interventi edilizi condotti dai Padri della Missione non compromisero il disegno originale del progetto del Radi ma si limitarono a sopraelevare l'edificio di un altro piano. Tuttavia, benché tali interventi non abbiano avuto un effetto invasivo sull'architettura seicentesca, l'analisi delle strutture, interne ed esterne, del Palazzo della Missione necessita della chiara distinzione di quanto fu progettato da Bernardino Radi, nella prima metà del Seicento, per conto degli Scopetini, e quanto fu costruito nel Settecento al tempo dei Missionari. Dal progetto seicentesco vanno esclusi il piano costruito sopra il cornicione della facciata, che va a costituire il sottotetto-mezzanino, l'innalzamento del livello del tetto – anch'esso oltre il cornicione – del terzo piano rivolto sul fiume, l'ala orientale che arriva ad estendersi fin sopra la navata della chiesa di San Iacopo, l'acquisizione del Palazzo Frescobaldi e la porzione di fabbrica che congiunge la facciata della canonica con il sopraddetto palazzo la quale fu progettata nel Settecento su disegno di Giovan Battista Foggini. Cominciando ad analizzare la struttura interna attraverso gli spazi originari di quello che fu il progetto radiano, ad est delle tre botteghe ed adiacente ad esse, a pianterreno, si trova un grande ambiente di pianta rettangolare da identificare con l'antico oratorio dei Canonici Regolari. Si tratta di un'aula a pianta rettangolare di notevole altezza, tale da coinvolgere pianterreno e primo piano, coperta da un'ampia volta lunettata sorretta da imponenti peducci in pietra serena. L'ipotesi che si trattasse della chiesa interna alla casa dei canonici è avvalorata dal fatto che una delle due pareti corte della sala, quella settentrionale, è concepita come una nicchia centinata con evidente funzione di abside. L'abside sulla parete settentrionale dell'antico oratorio fu ricavata nel muro portante che separa quelli che, per convenzione, ho definito primo e secondo lotto. Tale muro va dal portico del chiostro alla piazza e di esso si trova conferma nei documenti, nei quali si parla di una «muraglia d'una banda della Chiesa» da portare sulla piazza del Ponte a Santa Trinita. Il pianterreno ha subito nel Settecento importanti interventi integrativi che ne hanno alterato l'aspetto originario, così come era stato progettato dal Radi. Oggi, varcato il portale di accesso posto sulla piazza, ci si immette in un andito, voltato a botte e fiancheggiato da ambienti che mostrano i segni di vari rimodernamenti . Attraversato quest'ultimo si ha accesso ad un'ampia sala, illuminata da due finestroni binati, che presenta tracce di un'originaria copertura a volta lunettata. Oltrepassato quest'ambiente ci si immette in un nuovo andito trasversale tramite il quale si può accedere, verso sinistra, allo scalone che conduce ai piani superiori, verso destra, al chiostro. Al tempo degli Scopetini i porticati del chiostro dovevano essere percorribili in tutta la loro lunghezza, senza interruzione, mentre in seguito, con l'arrivo dei padri missionari e con la muratura degli archi, è ipotizzabile che siano stati utilizzati come ambienti interni della casa. Il loggiato a levante si appoggia direttamente al muro perimetrale della chiesa di San Iacopo sopr'Arno, mentre quello settentrionale dà accesso agli ambienti dislocati lungo il fiume. Proseguendo l'analisi di quelli che sono gli ambienti peculiari del progetto seicentesco, degno di attenzione è lo scalone del palazzo, costruito dal Radi sul lato settentrionale dell'edificio, che va a costituire l'anello di congiunzione tra la porzione di fabbrica che si erge sulla cantonata ed il modulo ad “L” che abbraccia il chiostro. Si tratta di una struttura, dalla forma irregolare, che si avvolge attorno ad un pilastrone centrale trapezoidale, che segue l'assetto geometrico della pianta su cui la scala fu impostata. L'irregolarità delle rampe, diverse tra di loro per numero di gradini e larghezza, è dovuta alle innumerevoli licenze architettoniche messe in pratica dal Radi quasi per adattare la scala all'“ingrato” spazio in cui si trovò ad essere progettata. Ogni rampa si allarga e si restringe a seconda dell'inflessione dell'area perimetrale entro cui si sviluppa la scala ed il movimento è accompagnato dalle membrature architettoniche, che sembrano scandire la fluidità del percorso ovviando, con un gioco prospettico, alle differenze spaziali e cercando di conferire profondità prospettica nei punti in cui questa non vi è, a causa del restringimento dello spazio. La copertura alterna volte a crociera nei pianerottoli agli angoli e volte a botte ribassata sopra le rampe lungo i lati, creando una certa dinamicità nel movimento ascensionale. Ad ogni rampa cambia anche l'altezza della disposizione delle finestre sul fiume: per rispettare la regolarità e l'omogeneità del prospetto esterno, l'architetto ha dovuto sacrificare quella interna dove infatti le aperture vengono a trovarsi o al di sopra del livello della pavimentazione, o addirittura sotto con il risultato di essere “tagliate” da quest'ultima. Tramite lo scalone, si sale ai piani superiori. Analizzando le strutture, nonostante i numerosi interventi apportati dai Padri della Missione, è ancora oggi possibile leggere ciò che rimane del disegno originario seicentesco. È probabile che il primo ed il secondo piano fossero concepiti in modo pressoché identico, mentre il terzo, pur mantenendo presumibilmente la stessa suddivisione degli spazi dei primi due, costituiva, almeno fino all'intervento settecentesco, il sottotetto-mezzanino. Per una ricostruzione filologicamente più corretta di come si articolassero, nel Seicento, gli spazi dei piani superiori della canonica, si prenda in esame il primo piano, il quale sembra essere, rispetto agli altri due, quello più conforme ai dettami del progetto del Radi, perché meno interessato dalle modifiche edilizie apportate alla struttura nel Settecento e nel periodo contemporaneo. Sui due bracci di fabbrica, interessati dai porticati, oggi murati, del chiostro, che vanno a formare il già identificato modulo ad “L”, si impostano direttamente due corridoi, l'uno lungo che corre sul lato nord e l'altro più corto che corre sul lato est; entrambi presentano un soffitto lunettato sorretto da grandi peducci decorati con semplici scanalature orizzontali. Il corridoio orientale, come il porticato sottostante, è addossato direttamente al fianco della chiesa di San Iacopo, mentre quello settentrionale conduce a quelle che un tempo erano alcune delle celle dei canonici affacciate sul fiume. Perpendicolarmente al grande corridoio settentrionale, analizzando il corpo di fabbrica prospiciente la Piazza Frescobaldi, si sviluppa un ulteriore lungo corridoio, più stretto di quelli già descritti, voltato a botte; esso conduce a vari ambienti affacciati sulla piazza (oggi fortemente alterati per il loro nuovo moderno utilizzo), mentre, sul lato interno, è interessato dalla presenza dell'oratorio, la cui altezza come già detto, è tale da coinvolgere pianterreno e primo piano. Ai due piani superiori si trovano, su questo braccio del palazzo, corridoi simili al suddetto che, a differenza di esso, conducono a più stanze, sia sul lato della piazza, che sul lato affacciato sul chiostro. ASCF, Palazzo della Missione, convento (ex) di San Iacopo sopr'Arno, pianta del primo piano, 19001910 (attr.). In corrispondenza della grande sala a pianterreno, situata dopo l'andito di accesso, al primo piano si trova un'analoga stanza con volta a botte ribassata e caratterizzata da una cornice marcapiano in pietra serena che corre lungo i muri perimetrali; tale cornice si diparte dai capitelli dei pilastri su cui si impostano le grandi finestre binate sull'Arno, formando così un continuum decorativo che ritroviamo anche nella sala gemella a pianterreno.