I robot del futuro sono già qui. Si autorganizzano, si coordinano e superano insieme gli ostacoli che incontrano Genova, 30 ottobre 2011. A guardare il mondo animale a volte si rimane senza parole. Le formiche, in particolare, sono capaci di organizzarsi tra di loro in maniera efficientissima: costruire ponti con i loro corpi per superare buche, lavorare insieme per trasportare oggetti troppo pesanti. Ma se da oggi fosse possibile creare dei robot capaci di comunicare ed autorganizzarsi in modo da risolvere compiti difficili? Marco Dorigo della Libera Università di Bruxelles ha mostrato a degli stupiti spettatori come questo sia già realtà nei laboratori ingegneristici. La lectio magistralis dello scienziato ha avuto luogo in una Sala del Miglior Consiglio dove non era possibile trovare posto a sedere. Si chiama swarm intelligence, sciame intelligente. È quella capacità di molti individui di organizzarsi per risolvere un problema anche senza averne la visione globale. “Se scoppiasse un incendio ora – ha spiegato Dorigo – in questa sala tutti cercherebbero di scappare, magari in maniera disordinata. Nessuno controllerebbe il movimento degli altri, ma alla fine, con ogni probabilità, saremmo tutti fuori di qui”. Così l'ingegnere ha spiegato agli spettatori di cosa si occupa nella vita: “A guardare il mondo animale in molte occasioni sembra ci sia un'organizzazione di fondo, una sincronia inspiegabile. In realtà ci sono modelli matematici che descrivono alcuni comportamenti, come il volo di uno stormo, lo spostamento di mandrie, o il modo in cui le formiche ricerchino il cibo e traccino il loro cammino tramite sentieri di ferormoni. Tutte cose che avvengono senza che sia presente un leader che decide cosa si fa, e come. Noi ingegneri prendiamo questi modelli e cerchiamo di applicarli a dei robot semplici, in modo che questi imparino a coordinarsi tra loro e risolvere problemi complessi in una sorta di gruppo di lavoro”. Prendiamo proprio l'esempio delle formiche, che forniscono dei modelli molto interessanti. “Se questi insetti trovano un ostacolo sul loro cammino, come ad esempio una fenditura profonda nel terreno oppure una piccola pozza d'acqua che blocca il passaggio, sono capaci di connettersi gli uni agli altri. Creare ponti che permettono alle altre formiche di superare l'ostacolo”, ha spiegato l'ingegnere. “Allo stesso modo, un singolo robot magari non può salire un gradino troppo alto, superare una buca senza incastrarsi o sollevare oggetti molto più grandi di lui. Ma connettendosi agli altri può completare senza problemi ognuno di questi compiti.” Ma tutto questo non è solo teoria. Gli scienziati già sono in grado di produrre robot che fanno meraviglie di questo tipo. “Nell'esperimento Swarm-bot, abbiamo pensato per gli automi dei veri e propri percorsi ad ostacoli: devono attraversare un canale, superare una gola, e poi spingere una palla. E sono in grado di riconoscere quale compito svolgere di volta in volta, capendo come unirsi tra loro per farlo. Così se si trovano davanti una buca stretta la superano in fila indiana, per la gola si prendono per mano a due a due, mentre per spostare la sfera si mettono a semicerchio.” Un esperimento ripreso in un video, che lascia a bocca aperta, ma ancora di più quando Dorigo mostra altri robot, capaci di volare o arrampicarsi, sempre interagendo tra loro. “Hand-bot è quello che sale, Foot-bot si muove sul terreno, mentre Eye-bot è l'esploratore, un robot volante dotato di telecamera”, ha spiegato. Se si riesce a far coordinare tra loro i robot autonomamente, poi ci sono altri vantaggi. “Un robot può risolvere un problema, ma molti che cooperano insieme possono avere caratteristiche migliori: si possono dividere il lavoro, svolgere compiti simultanei, scegliendo di volta in volta la maniera migliore. Possono svolgere più task, a livello prettamente quantitativo. Hanno una migliore tollerabilità ai guasti, perché se si hanno tanti robot uguali, se se ne rompe uno solo a livello globale non cambia niente. Possibilmente si riducono anche i costi, perché i robot che noi costruiamo sono semplici, anche se risolvono problemi complessi”, ha spiegato l'ingegnere. Ma quali sono le applicazioni? “Quelle pratiche sono ancora lontane, stiamo ancora ottimizzando i sistemi – ha detto in conclusione Dorino – ma speriamo che questo tipo di robot un giorno potranno aiutarci in operazioni di recupero di persone in situazione di disastri o catastrofi. O magari nel campo dell'astrofisica, per esempio per l'esplorazione di pianeti dalle atmosfere invivibili.”