Piacenza parla di sé attraverso le sue chiese,
offrendo un percorso affascinante e ricco di
esperienze artistiche, storiche e culturali.
82 | Cattedrale
85 | Chiesa di Sant’Anna
86 | Chiesa delle Benedettine
87 | Oratorio di San Cristoforo
88 | Chiesa di San Savino
90 | Chiesa di San Francesco
91 | Chiesa di San Donnino
91 | Chiesa di Sant’Ilario
92 | Chiesa di San Sisto
94 | Chiesa di Santa Brigida
94 | Chiesa dei Santi Nazzaro e Celso
95 | Chiesa di San Sepolcro
96 | Chiesa di Santa Maria
di Campagna
99 | Chiesa di Sant’Eufemia
Città
CHIESE
100 | Chiesa di San Giovanni
in canale
101 | Chiesa di Sant’Agostino
102| Chiesa di Sant’Antonino
CAttedrale
( DUOMO )
Cattedrale
Facciata e torre
campanaria
Volta del
presbiterio
Camillo Procaccini
e Lodovico Caracci
(1605-1609)
Città
82
La cattedrale venne edificata, secondo
l’iscrizione dedicatoria, dal 1122 sulle
rovine della precedente chiesa matrice
di Santa Giustina. La facciata a capanna,
completata solo nel XVI secolo, è
suddivisa in tre parti da due semicolonne
che ingentiliscono e slanciano la struttura.
I portali d’ingresso del Duomo, tutti e tre
dotati di eleganti protiri, sono ascrivibili
ai maestri del XII secolo e decorati
con sculture riconducibili alla scuola
di Niccolò e a quella di Wiligelmo. Una
galleria di archetti pensili percorre la
facciata e le navate laterali, mentre quella
centrale è illuminata da grandi monofore a
sesto acuto. Il campanile venne costruito
un secolo più tardi e, nel 1341, il magister
lignaminis et petre Pietro Vago innalza la
guglia sulla quale è collocato un angelo
bronzeo, considerato il simbolo della
città e definito affettuosamente Angil dal
Dom. Sotto la cella campanaria venne
installata, per volere di Ludovico il Moro,
una gabbia (oggi ancora visibile) quale
monito ai responsabili dei reati più
gravi. Sull’abside che si affaccia su via
Vescovado si apre una splendida finestra
decorata con sculture (XII secolo circa)
raffiguranti, nella sezione superiore,
l’Annunciazione e, nella sezione inferiore,
due profeti. La basilica si estende su una
grande aula a tre navate della lunghezza
di 82,40 m, intersecate da un ampio
transetto anch’esso tripartito; la pianta
a croce latina è strutturata su poderosi
pilastri lobati. Sul primo pilastro a destra
è raffigurata ad affresco la Madonna
delle Grazie (1400 circa), immagine molto
venerata dai piacentini. Sugli altri pilastri
sono scolpite le formelle delle corporazioni
piacentine del XII secolo, dette Paratici, a
testimoniare come la comunità cittadina
CHIESE
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volle e si impegnò per la costruzione della
cattedrale. Nel punto d’intersezione tra la
navata centrale e il transetto, si inserisce
il poderoso tiburio ottagonale, affrescato
con figure di profeti per soli due spicchi
da P. F. Mazzuchelli, detto il Morazzone
(1626) e, dopo la sua morte, per gli altri
sei spicchi, le sibille e le sottostanti scene
della Natività da G. F. Barbieri noto come
il Guercino (1627), grazie al patrocinio
del cardinale Odoardo Farnese. Nella
parte sinistra del transetto è conservata
la vasca battesimale del precedente
edificio paleocristiano, insieme a un
dipinto raffigurante San Girolamo, opera
Cattedrale
Navata centrale
A sx: Paratici | Formelle • Rappresentazione dell’impegno della
comunità cittadina nella costruzione della Cattedrale
A dx: Polittico ligneo, dorato e dipinto (1476)
CHIESE
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Città
83
Cattedrale
Leone stiloforo
del pittore bolognese Guido Reni, e a un
piccolo polittico dipinto con scene della
vita di Cristo da Serafino dei Serafini. Sulla
parete del transetto a sinistra è affrescato
un gigantesco San Cristoforo fra i santi
cavalieri Giorgio e Antonino, tutti ascrivibili
al XIII secolo. Dietro l’altare maggiore è
situato un polittico di legno policromo,
opera di Antonio Burlengo e Bartolomeo da
Groppallo (1476). Sempre nel presbiterio,
si segnalano gli affreschi realizzati tra
il 1605 e il 1609 da Camillo Procaccini
- a cui si deve anche la pala d’altare
raffigurante il Transito di Maria Vergine
(oggi collocata sulla controfacciata) - e
da Ludovico Carracci, ciclo interamente
dedicato alla Beata Vergine Maria (fra le
altre scene, nel catino, l’Assunzione e,
nella vela centrale sopra il presbiterio,
l’Incoronazione di Maria). La cripta, che
conserva le reliquie di Santa Giustina di
Antiochia, vergine e martire compatrona
della Cattedrale, presenta splendide
colonne con capitello - molte delle quali
sono però frutto di restauro ottocentesco e
novecentesco - che sostengono le piccole
volte quadripartite. Vi si conservano
anche tracce di affreschi un po’ ovunque,
ascrivibili al XV secolo.
DOVE: Piazza Duomo, Piacenza
Telefono: 0523.335154
Sito: www.duomopiacenza.it
Cattedrale
Veduta
dell’ingresso
chiesa
di sant’anna
Il complesso conventuale dei Serviti
viene costruito nel 1334 e dotato di
un ospedale che, nel 1371, accoglie
San Rocco di Montpellier. In seguito
alla soppressione, la chiesa diventa
parrocchiale e il convento viene
destinato a caserma dei Carabinieri.
Si tratta di una chiesa ad aula, di
derivazione diretta da San Giovanni
in Canale, come risulta evidente
dall’adozione di pilastri a fascio di
imposta e di volte a crociera costolonate.
La facciata a capanna presenta le
caratteristiche
della
progettazione
ad quadratum, ossia altezza pari a
larghezza, tipica delle chiese medioevali
italiane. L’immagine attuale della
facciata è il risultato di un intervento di
restauro analogico condotto, tra il 1925
e il 1938, dagli architetti Camillo Guidotti
(1853 - 1925) e Paolo Costermanelli
(1895 - 1954). Sono state ripristinate
le aperture a sesto acuto, il rosone e i
pinnacoli, prendendo a modello quelli
di San Lorenzo; per quanto riguarda il
portale, si propone come modello quello
del lato meridionale di San Francesco.
All’interno si trova la statua lignea
policroma di San Rocco degli inizi del
Cinquecento.
Chiesa di Sant’Anna
(dal 1334)
Facciata
DOVE: Via Scalabrini 83, Piacenza
Telefono: 0523.385243
Chiesa di Sant’Anna
(dal 1334)
Interno
Città
84
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CHIESE
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Città
85
Chiesa
delle benedettine
Chiesa delle
Benedettine
(1677-1681)
Vedute esterne
La chiesa, consacrata il 31 agosto 1681,
viene commissionata dal duca Ranuccio II
all’architetto di corte Domenico Valmagini
(1649 - 1730) nell’anno 1677. Il complesso
benedettino di clausura risulta, in una
planimetria realizzata agli inizi del XIX
secolo, costituito da una serie di fabbricati
che, oltre alla chiesa pubblica e alla chiesa
delle monache, si estendevano lungo il
cantone dei Buffalari, articolati intorno
a ben tre cortili. Al claustro maggiore
si accedeva anche da via Benedettine
detta del Filatojo, costruzione che, infatti,
confinava con il complesso mediante un
muro di cinta che racchiudeva uno spazio
ortivo di estensione quasi pari al costruito.
La struttura della chiesa è impostata su una
pianta centrale a croce greca, sormontata
da un tamburo ottagonale su cui si erge
una splendida cupola rivestita di bronzo.
La facciata, secondo i dettami classicisti,
è caratterizzata dall’adozione dell’ordine
gigante tuscanico su alto basamento, con
lesene binate che sembrano concludersi
nel coronamento a timpano a profilo
spezzato, mentre diviene lineare nella
conclusione dei bracci laterali della croce
e nelle cimase delle finestre della cupola;
l’ingresso, di ridotte dimensioni, è coronato
da una cimasa centinata. Non rimangono
tracce visibili del convento e dei chiostri a
causa degli interventi napoleonici e della
conseguente chiusura avvenuta nel 1810.
La chiesa passò poi al Demanio militare,
che la detiene tuttora. Recentemente è
stata sottoposta a una serie di restauri
conservativi che ne hanno salvato la
configurazione originaria, ma è ancora in
attesa di una nuova destinazione d’uso.
oratorio
di san cristoforo
L’Oratorio di San Cristoforo, chiamato
anche della Morte nuova, perché
in essa aveva sede l’omonima
Confraternita, è iniziato il 28 maggio
1687 e inaugurato il 30 ottobre 1690.
Soppresso nel periodo francese, viene
riaperto durante la Restaurazione.
Attualmente è destinato a sede di una
scuola di musica sacra. Il progettista è
l’architetto di corte Domenico Valmagini
(1649 - 1730) che progetta un edificio
a pianta centrale caratterizzato da una
facciata classicista, sormontata da
una cupola, che risente dell’influenza
dello scenografo Ferdinando Galli,
detto il Bibiena (1657 - 1743), autore
delle pitture a quadratura interne
nell’impostazione per angolo tipica delle
scenografie teatrali.
Oratorio di San
Cristoforo
Veduta esterna
DOVE: Via Gregorio X, Piacenza
Telefono: 328.9166160
Oratorio di San
Cristoforo • Cupola
di Ferdinando Galli,
detto il Bibiena
DOVE: Via Benedettine, Piacenza
Telefono: 0523.329324
Città
86
CHIESE
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CHIESE
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Città
87
chiesa
di san savino
Chiesa di San
Savino
(903-1107)
Cripta
La basilica è dedicata al vescovo Savino,
evangelizzatore e primo organizzatore
della Diocesi di Piacenza, che qui è sepolto.
Il primitivo luogo di culto fu edificato verso
la fine del IV secolo per volere del vescovo
Savino come basilica apostolorum, ma
venne distrutto definitivamente dagli
Ungari nell’899. La sua ricostruzione
iniziata nel 903 fu portata a compimento
nel 1107 al tempo del vescovo Aldo. La
basilica, caratterizzata dallo stile romanico,
è preceduta da un elegante portico a
colonne binate con cancellata, finestre
e frontone, che sono invece di epoca
settecentesca (1721). L’interno è diviso
in tre navate da pilastri polistili, secondo
una successione a sistema alternato di
tre campate coperte da volte a crociera;
le navate laterali si appoggiano a sud al
campanile e sono concluse a nord con
un’abside semicircolare, frutto di un
restauro. Da rilevare il Crocifisso ligneo
medievale che riprende l’iconografia del
Cristo triumphans (con testa eretta e occhi
aperti). Dell’originale apparato decorativo
sono rimaste, oltre alle sculture dei capitelli
con decorazioni fitomorfe e vegetali (XI - XII
secolo), alcuni brani del pavimento musivo,
Sant’Antonino
Torre campanaria
(XI secolo)
Città
88
CHIESE
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ubicati nel presbiterio, nell’abside nord
e nella cripta. Il mosaico del presbiterio
presenta un impianto rettangolare,
ritagliato da una cornice moderna. Nel
riquadro centrale, inscritta a sua volta in
un cerchio, campeggia una figura barbuta
che reca in mano i simboli del Sole e della
Luna e che gli studiosi hanno identificato
con l’Anno, confrontandolo con un altro
mosaico conservato nella cattedrale di
Aosta. Attorno, disposti anch’essi dentro
un cerchio, vi sono quattro coppie di
animali fantastici. Quattro personaggi
sono raffigurati nell’atto di girare il cerchio
più esterno. Negli altri comparti sono
rappresentate scene allegoriche, che
alludono all’eterno conflitto tra Fortuna e
Virtù; i mosaici della cripta presentano i
segni zodiacali associati al mese e alla
relativa attività. Vicino alla Bilancia si nota
la figura di una sirena che tiene tra le mani
una maschera teatrale, mentre a lato del
Sagittario vi è un’altra sirena bicaudata.
Nella cripta sono molto interessanti i
capitelli con figure e le colonne con pietre
più antiche di epoca bizantina, provenienti
dal precedente edificio. La basilica
subisce diverse manomissioni, soprattutto
durante il Seicento e il Settecento; nei
primi anni del Novecento viene restaurata
dall’ingegner Martini che, secondo l’idea
del tempo, opera un restauro integrativo
che porta a ricostruire parti decorative in
stile neo-romanico.
Chiesa di
San Savino
(903-1107)
Interno e facciata
Chiesa di
San Savino
Crocifisso ligneo
(XII secolo)
DOVE: Via Alberoni 35, Piacenza
Telefono: 0523.318165
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Città
89
Chiesa
di san francesco
Chiesa di
San Francesco
(1278)
Facciata
Il complesso conventuale francescano
viene costruito nell’area donata da
Ubertino Landi dal 1278 al 1356,
anno della consacrazione. Dopo la
soppressione viene trasformata in
parrocchia per breve tempo, dedicata a
San Napoleone. L’impianto planimetrico
a tre navate presenta l’interessante
soluzione del presbiterio, coperto a volta
ad ombrello, dotato di deambulatorio e
cappelle radiali, secondo un’articolazione
documentata nelle chiese lungo il
cammino verso Santiago di Compostela.
La facciata a capanna presenta le
caratteristiche
della
progettazione
ad quadratum, ossia altezza pari a
larghezza, tipica delle chiese medioevali
italiane. Di grande interesse sono alcune
scene ad affresco tardogotiche, attribuite
ai piacentini Bartolomeo e Jacopino da
Reggio e il Giudizio Universale (metà
XIV sec.), mentre la prima cappella a
destra (fine XVI sec), è opera del pittore
cremonese Giovan Battista Trotti, detto il
Malosso (1555 - 1619). La lapide posta in
facciata ricorda il risultato del plebiscito
di annessione al Regno Sardo del 1848,
che fece meritare a Piacenza il titolo di
Primogenita.
Chiesa di
San Francesco
(1278)
Interno
DOVE: Piazzetta San Francesco,
adiacente a Piazza Cavalli, Piacenza
Telefono: 0523.321988
chiesa
di san donnino
La chiesa di San Donnino, come testimonia
una lapide conservata nella stessa e
trascritta dallo storico Pier Maria Campi,
è stata consacrata nel 1236 dal cardinale
piacentino Jacopo Pecorara, maestro
di Tedaldo Visconti (papa Gregorio X).
L’impianto planimetrico è a tre navate;
sulla facciata sono documentati diversi
interventi nel corso dei secoli. Nel 1818 il
professore di prospettiva Giuseppe Pietro
Giorgi (1792 - 1865) aveva occultato,
dietro una muratura, gli affreschi del XVI
secolo dipingendovi “a fresco” un tempio
greco-romano. Nel dicembre 1889, dopo
soli nove mesi, viene scoperta l’attuale
facciata, realizzata in stile lombardo da
Camillo Guidotti (1853 - 1925).
DOVE: Largo Battisti, Piacenza
90
CHIESE
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Facciata
chiesa
di sant’ilario
La chiesa di Sant’Ilario è costruita nelle
forme attuali agli inizi del XII secolo.
Divenuta sede dell’archivio storico
comunale, oggi è sala convegni del
Comune. In facciata si trovano murate
alcune maioliche e l’architrave raffigurante
l’incredulità di San Tommaso (1170 - 80),
espressione di una precoce ricerca in
senso naturalistico nell’ambito della
cosiddetta Scuola di Piacenza.
DOVE: Via Garibaldi 12, Piacenza
Città
Chiesa di
San Donnino
(IX-XIII secolo)
Chiesa di Sant’Ilario
(XII secolo) • Facciata
CHIESE
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Città
91
chiesa
di san sisto
Chiesa di
San Sisto
(1499-1511)
A sx: sagrestia
grande
A dx: veduta
esterna della
facciata e del
chiostro
Il complesso abbaziale benedettino,
dedicato inizialmente alla Resurrezione,
viene edificato nell’anno 852 per volere
di Angilberga, moglie dell’imperatore
Ludovico II, che lo dota di un ospedale
per pellegrini, ottenendo il permesso di
cingerlo di mura riutilizzando il materiale
delle fortificazioni romane. Il monastero,
che possiede beni e diritti d’acqua nelle
zone più ricche del territorio (in particolare
a Gossolengo e Cotrebbia), svolge un
ruolo fondamentale per tutto il medioevo
nel controllo della vicina fiera dall’anno
896, in stretto rapporto con il proprio porto
sul Po. Dopo la soppressione, la chiesa
diventa parrocchiale e il monastero viene
destinato a caserma Genio Pontieri.
Nel 1424 il complesso monastico viene
ceduto alla Congregazione Cassinese di
Santa Giustina che, dal 1499, inizia l’opera
di ristrutturazione affidata dal 1505 ad
Alessio Tramello (1470 - 1529), chiamato
in corso d’opera per risolvere alcuni
problemi strutturali e realizzare i tempietti
a pianta centrale all’ingresso. L’impianto
planimetrico è a tre navate con transetto
completato dal triportico. La facciata
viene commissionata il 15 novembre
1589 ed eseguita nel 1591 da Bartolomeo
Bosi, Bernardino Storni e Marco Antonio
Magnani; affrescata nello stesso anno
dal pittore Pietro Dordelli, viene infine
conclusa con le sculture in terracotta
stuccata. All’interno si trova un ciclo di
affreschi di Bernardino Zacchetti, attivo
a fianco di Michelangelo nella Cappella
Sistina e una copia della Madonna Sistina
che Raffaello dipinse per i monaci di
Piacenza, venduta però, nel 1754, ad
Augusto di Sassonia (ora esposta alla
Gemäldegalerie di Dresda). Si ricordano,
inoltre, opere di Antonio e Vincenzo
Campi e il coro ligneo intarsiato del 1514
firmato da Bartolomeo Spinelli di Busseto
e Giampiero Pambianchi di Colorno.
Si deve ai restauri compiuti il recupero
dell’organo realizzato da Giovan Battista
Facchetti (1544 - 5), della cantoria lignea,
della cornice della Sistina di Giovanni
Sceti (1697 - 8), del cancello in ferro
battuto nel triportico (metà XVII secolo) e
dell’arredo ligneo della sagrestia grande.
Nel transetto sono collocati l’urna di Santa
Barbara e il monumento a Margherita
d’Austria, alla quale si deve la costruzione
di Palazzo Farnese. Margherita, moglie
di Ottavio morta a Ortona degli Abruzzi,
volle essere sepolta in San Sisto (1586).
Presso la Biblioteca Comunale Passerini
Landi si conserva il preziosissimo Salterio
di Angilberga, da lei donato secondo la
tradizione al Monastero di San Sisto; esso
fu compilato su pergamena purpurea a
lettere d’oro e d’argento nell’anno 827. Il
Codice restò al Monastero fino al 1803,
quando passò a Moreau de Saint-Méry,
amministratore francese del ducato di
Parma e Piacenza che, al termine del
suo incarico, lo portò con sé in Francia.
Fu poi recuperato da Carlo Poggi, che
lo acquistò in Francia a proprie spese
e, nel 1820, lo donò alla Municipalità di
Piacenza.
Chiesa di
San Sisto
(1499-1511)
Interno
DOVE: Via San Sisto 9, Piacenza
Telefono: 0523. 320321
Chiesa di San
Sisto (1499-1511)
Particolari del
coro ligneo della
sagrestia grande
Città
92
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CHIESE
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Città
93
chiesa
di santa brigida
Chiesa di Santa
Brigida (IX-XIII
secolo) • Interno
La chiesa di Santa Brigida, fondata
nell’868, è dotata di un ospizio per
pellegrini irlandesi. Ricostruita dopo
l’incendio del 1140, è stata la sede di
conferma solenne del trattato di Costanza
il 21 gennaio 1185. L’immagine attuale
si deve a una complessa campagna
di interventi sia di liberazione, sia di
ricostruzione condotti da Giannantonio
Perreau nel 1898, che si concludono
nel 1950 con la ricostruzione della torre
campanaria su progetto dell’architetto
Pietro Berzolla (1898 - 1984).
DOVE: Via Garibaldi 66, Piacenza
chiesa dei santi
nazzaro e celso
La chiesa dei SS. Nazzaro e Celso,
fondata nel 1025 e dotata di un ospedale
per pellegrini, era in origine rivolta verso
l’esterno della città. Agli inizi del XVII
secolo, la chiesa viene rivolta verso la
città, conservando la torre campanaria
coperta a cono cestile, rendendo
necessario il rifacimento della facciata,
che viene terminata nel 1691 dall’architetto
Giacomo degli Agostini (1642 ca. - 1720)
su commissione di Giulio Alberoni, allora
priore della congregazione parrocchiale
(1689). La chiesa è ora sede della Galleria
d’arte Rosso Tiziano.
Chiesa dei Santi
Nazzaro e Celso
(secoli XIV-XVIII)
Città
94
DOVE: Cantone San Nazzaro, Piacenza
CHIESE
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Chiesa
di SAN SEPOLCRO
Il complesso monastico olivetano viene
costruito dall’anno 1498, partendo dal
cantiere del monastero e proseguendo
poi con quello della chiesa nel 1513.
Dopo la soppressione, il monastero
passa agli Ospizi Civili e la chiesa al
demanio militare. Nel 1903, grazie al
Beato Giovan Battista Scalabrini, allora
vescovo di Piacenza, la chiesa viene
riaperta al culto come parrocchiale.
La presenza di Alessio Tramello
(1470 - 1529) è documentata nel 1501.
Il monastero olivetano, oggi parte
dell’ospedale civile, si sviluppa attorno
a due grandi chiostri, ai quali viene
aggiunto un andito segreto, ossia una
sorta di corridoio interno che permette
ai monaci di spostarsi senza uscire nelle
logge. Nella scelta tipologica della chiesa,
Tramello, tende a superare la classica
contrapposizione tra l’adozione della
pianta longitudinale e quella centrale,
dell’originaria chiesa a imitazione del San
Sepolcro, proponendo una successione
di spazi centrali cupolati articolati tra
di loro, dove il riferimento culturale è
la chiesa padovana di Santa Giustina
dell’ordine Cassinese (ordine al quale
nel 1484 viene affidato il monastero di
San Sisto).
DOVE: Piazza San Sepolcro, Piacenza
Telefono: 0523.499822
Chiesa di
San Sepolcro
(inizi XVI secolo)
Facciata
CHIESE
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Città
95
chiesa di santa
maria di campagna
Sant’Antonino
(secoli V-XIV)
Esterno
Chiesa di
Santa Maria di
Campagna
(dal 1522)
Vedute esterne
Città
96
Il luogo dove sorge la chiesa di Santa
Maria di Campagna è storicamente legato
a un momento cruciale nella rinascita
dell’Occidente cristiano: il Concilio del
1095, che diede origine al movimento delle
Crociate. A quell’epoca, fuori dalle mura
cittadine, esisteva un santuario dedicato
alla Madonna, detto di Campagnola. Il
luogo era, inoltre, passaggio obbligato
per i pellegrini in viaggio verso la Terra
Santa o verso Roma; rivestiva, dunque,
un chiaro significato simbolico nell’ottica
di chi, come lo stesso papa Urbano II, che
aveva voluto il Concilio, pensava a riunire
la cristianità nella grande impresa della
riconquista dei luoghi santi. La chiesa
attuale è postuma e fu costruita a partire
dal 1522 su progetto di Alessio Tramello
(1470 - 1529), importante architetto
piacentino che in questa, come nelle altre
due chiese della città legate al suo nome
- San Sepolcro e San Sisto - dimostra di
saper declinare con grande padronanza
linguistica la lezione di Bramante.
In Santa Maria di Campagna egli si
confronta con un tema fondamentale
dell’architettura rinascimentale, il tempio
a pianta centrale, trovando una soluzione
originale e complessivamente armonica
sia nell’articolazione dei volumi esterni, sia
degli spazi interni. Nel 1791 Lotario Tomba
abbellì il presbiterio, mentre il coro ebbe
un ampliamento nel corso del XVI secolo.
Tuttavia il Tramello stesso aveva previsto
una leggera dissimmetria alla croce greca
nel braccio di ponente, per la presenza
della cappella dove, nel 1531 alla fine dei
lavori, venne collocata la scultura lignea
della Madonna di Campagna. La statua in
legno policromo raffigurante la Madonna
di
Campagna,
anticamente
molto
venerata, e quelle analoghe, di Santa
CHIESE
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Caterina e San Giovanni Battista, risalgono
al XIV secolo. Tale datazione è suggerita,
ad esempio, dal leggero hanchement
del fianco sinistro della Vergine, ancora
tipicamente gotico. A partire dal 1530
Giovanni Antonio De Sacchis, detto il
Pordenone, realizzò gli affreschi della
cupola centrale, della cappella di Santa
Caterina, della cappella dei Magi (dove
si è individuata anche la partecipazione
di aiuti) e, infine, il Sant’Agostino sulla
parete sinistra dell’ingresso. L’abilità del
pittore nella resa delle figure di scorcio
trova la massima espressione negli
affreschi della cupola, in particolare
nel Dio Padre raffigurato nella lanterna
nell’atto di scendere verso l’altare,
volteggiando sorretto da putti. La chiesa
ebbe il valore di tempio civico e svolse la
funzione di cappella ducale dei Farnese;
a ciò si devono i riferimenti alla città di
Piacenza in alcuni degli affreschi che la
decorano. Per esempio, nella lunetta con
la Decollazione di Santa Caterina, dove
nella scena urbana sullo sfondo si può
scorgere il campanile del Duomo, mentre
altri riferimenti compaiono nella città alle
spalle della scena principale nel San
Giorgio e il drago di Bernardino Gatti a
destra dell’ingresso. La statua di Ranuccio
Farnese, eseguita da Francesco Mochi,
dimostra che la funzione di cappella
palatina della chiesa si conservò anche
nel secolo successivo. L’Annunciazione
di Camillo Boccaccino, risalente al 1530
Pordenone e
Bernardino Gatti
Cupola (XVI secolo)
Chiesa di
Santa Maria
di Campagna
(dal 1522)
Interno
CHIESE
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Città
97
Chiesa di
Santa Maria di
Campagna
(dal 1522)
Interno: sullo
sfondo la cappella
di Santa Caterina
affrescata dal
Pordenone; in
primo piano in alto
sulla sinistra la
statua di
Ranuccio Farnese
di Francesco Mochi
e oggi collocata nel presbiterio, costituiva
in origine la decorazione delle facce
interne delle ante di uno dei due organi
della chiesa (all’esterno erano raffigurati
Profeti Davide e Isaia, oggi conservati
nella Pinacoteca dei Musei Civici di
Palazzo Farnese). Degno di nota è il coro
ligneo realizzato tra il 1560 e il 1565 da
Giulio Rossi. Al piacentino Giulio Mazzoni
si deve la decorazione a stucco e affresco
della cappella di Santa Vittoria, rarissimo
esempio di decorazione tardomanierista
di derivazione romana. All’inizio del
Seicento, risalgono il San Sebastiano e
il San Rocco di Camillo Procaccini nel
transetto sinistro. Alla fine del Seicento
risale, invece, la pala con La Madonna
e Santi di Pier Antonio Avanzini per la
cappella di Sant’Antonio (dove è oggi
collocato anche il quadro di Camillo
Procaccini, raffigurante il Perdono di Assisi
datato 1610, originariamente destinato
al transetto sinistro), la cui decorazione
risale alla metà del secolo successivo
per opera di Ferdinando Galli Bibiena.
L’Annunciazione di Ignazio Stern è datata
1724, mentre al 1757 risale il gruppo
scultoreo con il Crocifisso, la Vergine,
San Giovanni e la Maddalena per opera
di Jan Geernaert, entrambi nel transetto
destro. Grande interesse rivestono anche
le tele rettangolari del fregio, eseguite da
vari artisti tra la prima metà del Seicento
e la prima metà dell’Ottocento, tra cui
Alessandro Tiarini, Daniele Crespi,
Camillo Gavasetti e altri. Tra le opere
ottocentesche conservate nella chiesa
si possono ricordare i sei ovali con Santi,
opere giovanili di Gaspare Landi.
Chiesa
di sant’eufemia
La fondazione della chiesa risale a
prima dell’anno Mille, ma l’attuale
costruzione fu fatta erigere, per volere
del vescovo Aldo, dopo il ritrovamento
del corpo della Santa nel 1091. La
consacrazione avvenne nel 1107, anche
se un’approfondita analisi architettonica
ha evidenziato due fasi costruttive
ascrivibili agli ultimi decenni del secolo
XI e ai primi del XII. La chiesa subisce
pesanti rifacimenti tra il Seicento
e il Settecento, in parte eliminati
nei restauri. Nel 1904 la facciata fu
ricostruita in stile neo-romanico per
opera dell’architetto Camillo Guidotti
(1853 - 1925). Fortunatamente, nel
pronao, si conservano ancora gli
splendidi capitelli risalenti al XII secolo.
Il tema iconografico dei capitelli, come
di consueto, è la vittoria del Bene sul
Male, rappresentati rispettivamente a
sinistra e a destra; simbolo del Male è,
per esempio, la sirena che rappresenta
la duplicità della natura. All’interno si
trova un pregevole dipinto di Cesare
Cesariano (1512), che rappresenta la
Madonna con Bambino tra Sant’Eufemia,
Sant’Agnese e due Santi guerrieri.
Chiesa di
Sant’Eufemia
(secoli XI-XII)
Facciata
DOVE: Piazzale delle Crociate, Piacenza
Telefono: 0523. 490728
DOVE: Via Sant’Eufemia 27, Piacenza
Telefono: 0523.320304
Francesco Mochi
Ranuccio Farnese,
particolare
Città
98
CHIESE
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Chiesa di
Sant’Eufemia
(secoli XI-XII)
Interno
CHIESE
piacenzamusei.it
Città
99
chiesa di san
GIOVANNI IN CANALE
La fondazione del complesso conventuale
domenicano dedicato a San Giovanni
Battista è databile, sulla base di recenti
studi documentari, all’anno 1227. Dopo
la soppressione nel 1810, la chiesa è
riaperta come parrocchiale nel 1862,
mentre il convento viene in parte
distrutto per l’edificazione in via Nova del
complesso conventuale del Carmelo nel
1881. La facciata a capanna presenta
le caratteristiche della progettazione ad
quadratum, ossia altezza pari a larghezza,
tipica delle chiese medioevali italiane.
L’impianto planimetrico longitudinale
è a sala, detto anche Hallenkirche,
Chiesa di San
Giovanni in Canale caratterizzato da tre navate della
medesima altezza, separate da alti pilastri
(1121-1270)
secondo un modello documentato nei
Facciata
paesi germanici. La particolarità però, che
ha maggiormente attirato l’attenzione degli
studiosi del nostro secolo, è l’adozione di
due differenti sistemi di copertura, che
distinguono lo spazio dedicato ai frati da
quello destinato ai fedeli. La chiesa di
patronato della famiglia Scotti, è luogo
di sepoltura di famiglie del consorzio
gentilizio come i Barattieri, che realizzano
la cappella familiare. Nella zona
presbiteriale, allungata agli inizi del XVI
secolo, si trovano affreschi a quadratura
di Francesco Natali (1669 - 1735) e di
figura di Sebastiano Galeotti (1676 - 1741)
e di Bartolomeo Rusca (1680 - 1750). Si
Chiesa di San
ricorda la neoclassica cappella della B.V.
Giovanni in Canale
del Rosario con le celebri tele di Gaspare
(1121-1270)
Landi (1756 - 1830) e Vincenzo Camuccini
Interno
(1771 - 1844). Nella navata destra si
trovano tracce di affreschi staccati e il
sarcofago di Alberto Scotti (XIV secolo).
Chiesa
di SANt’agostino
I lavori per la costruzione del complesso
monastico sono iniziati il 14 settembre
1550 con la posa della prima pietra del
monastero. In seguito alla soppressione
nel 1798, il monastero, divenuto
proprietà demaniale, viene destinato
a caserma Cantore fino agli inizi degli
anni ’90 del XX secolo. La costruzione
della chiesa viene ripresa nel 1570 su
fondamenta del 1555, come documenta
il contratto stipulato con l’impresa di
costruzione di Bernardino Panizzari detto
il Caramosino (1536 - 1612). L’impianto
planimetrico basilicale a cinque navate,
con transetto a tre navate e zona
presbiteriale con deambulatorio, è il più
grandioso della città. Le navate sono
delimitate da colonne binate di ordine
dorico sormontate dal fregio a metope
e triglifi, alle quali corrispondono, tra le
navate laterali, pilastri con nicchie. La
copertura è a volta a botte nella navata
centrale, a cupolette in quelle laterali e
a volte a crociera in quelle all’estremità.
Ampie finestre serliane si aprono in
controfacciata nella parete di fondo, in
zona presbiteriale e nelle braccia del
transetto. La facciata viene conclusa
in stile neoclassico nel 1792, dopo
un concorso vinto da Camillo Morigia
(1743 - 1795). Famoso il refettorio, da
anni adibito a palestra, con l’affresco
dell’Ultima Cena di Gian Paolo Lomazzo
(1538 - 1600) - andato purtroppo distrutto
nell’ultima guerra - di cui rimane una
piccola parte.
Chiesa di
Sant’Agostino
(1570)
Facciata
Chiesa di
Sant’Agostino
(1570)
Cupola
DOVE: Stradone Farnese 35, Piacenza
DOVE: Via Croce, Piacenza
Città
100
CHIESE
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CHIESE
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Città
101
chiesa
di sant’antonino
Chiesa di
Sant’Antonino
(secoli V-XIV)
Veduta esterna
e interna
Città
102
Tra gli edifici sacri piacentini, la basilica
di Sant’Antonino è certamente tra i nuclei
dove già anticamente si professava la
fede cristiana (IV secolo). Si fa risalire agli
ultimi anni di questo secolo, nella primitiva
basilica, la traslazione del corpo di
Sant’Antonino, patrono della città, soldato
romano decapitato sotto le persecuzioni di
Diocleziano nel 303. I resti del Santo, trovati
nell’ipogeo sottostante alla vicina Santa
Maria in Cortina, sono ancora conservati
in un’urna sotto l’altare maggiore assieme
a quelli di San Vittore, secondo la
tradizione, primo Vescovo di Piacenza. La
collocazione extra moenia spiega come
si tratti di una basilica martyrum posta
nel territorio di una necropoli romana ed
espose la chiesa a continui saccheggi,
fino alla sua distruzione avvenuta nel X
secolo. Data la sua particolare struttura,
l’edificio è stato considerato il frutto di
successive campagne di costruzione, ma
l’impianto originario è identificabile con
quello sostenuto dal vescovo di Piacenza
Sigifredo nel 1014. A quest’epoca risale
la pianta a croce latina rovesciata,
con il transetto che interseca il corpo
longitudinale nella zona dell’ingresso
e l’imponente torre ottagonale, la
cui massiccia struttura in laterizio è
alleggerita da bifore disposte su tre
ordini. Il portico, detto del Paradiso è stato
costruito nel 1350 dall’architetto Pietro
Vago, nobilitando l’accesso che guarda
verso la Via Francigena e la città. Sulla
sommità sono collocati i pinnacoli aggiunti
durante la campagna di restauro del
1912. Nella muratura sono inserite alcune
lapidi e due iscrizioni che ricordano
l’elezione a Papa del piacentino Tedaldo
Visconti, Gregorio X (il quale è ritratto nella
statua bronzea di Giorgio Groppi) e la
CHIESE
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discussione dei preliminari della pace di
Costanza (1183), che avvenne nei pressi
della basilica. Alla seconda metà del
XII secolo risalgono le figure del portale
in pietra, Adamo ed Eva, riconducibili
alle maestranze che lavorarono nel
piacentino. L’interno è diviso in tre
navate da poderosi pilastri e, nella zona
occidentale, la struttura sembra recedere
per la presenza della torre poligonale. Il
pavimento fu sopraelevato, lasciando in
evidenza le basi delle colonne risalenti al
periodo preromanico. L’importanza della
costruzione è confermata dalla presenza
di affreschi (metà XI secolo), che
dovevano coinvolgere l’intero edificio e
di cui oggi rimangono interessanti tracce
nel sottotetto e alla base della torre. Gli
affreschi rappresentano un importante
ritrovamento sia per la stretta integrazione
tra la partitura architettonica e la
decorazione, sia per la qualità dei brani
pittorici, riconducibili alla scuola lombarda;
di fronte all’ingresso ovest si trovava
l’affresco rappresentante il Giudizio
finale. Al 1624 risalgono gli affreschi
del presbiterio, raffiguranti la Gloria di
Gesù, realizzati da Camillo Gavasetti,
pittore patrocinato dal cardinale Odoardo
Farnese. Nello stesso anno venne
collocata nella cappella del Santissimo
Sacramento la pala raffigurante l’Ultima
cena dell’artista genovese Bernardo
Castello, commissionata da Bernardo
Morando, anch’egli di origini liguri e poeta
di corte presso i Farnese. Nel presbiterio
sono presenti cinque grandi tele realizzate
da Robert de Longe (1693 - 1695) con le
Storie di Sant’Antonino, indubbiamente
la commissione pubblica più importante
del pittore a Piacenza. Si segnalano
interventi di restauro ottocenteschi (che
determinarono l’attuale facies interna)
e novecenteschi, questi ultimi condotti
dall’architetto G. U. Arata, rimarchevoli
per una rigorosa interpretazione dell’idea
di restauro analogico.
Chiesa di
Sant’Antonino
Torre campanaria
(XI secolo)
Robert de Longe
Storie di
Sant’Antonino
(1693-1695)
DOVE: Piazza Sant’Antonino, Piacenza
Telefono: 0523.320653
CHIESE
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Città
103
Piacenza racconta la sua storia attraverso
monumenti e sculture passate e recenti. Il suo
arredo urbano è testimonianza storica importante.
106 | Statue equestri
Francesco Mochi
107 | Dolmen
William Xerra
107 | Monumento a Garibaldi
Enrico Astorri
108 | Monumento a Romagnosi
Cristoforo Marzaroli
108 | Scultura 2000
Giorgio Groppi
109 | Monumento ai Pontieri
Mario Salazzari
109 | La Lupa
110 | Monumento a Sant’Antonino
Sergio Brizzolesi
110 | Ai Caduti del Mare
Franco Pizzi
111 | La Grande Avventura
Bruno Cassinari
Città
MONUMENTI
Monumenti
della città
Statue
equestri
Ranuccio&
Alessandro
Farnese
I due monumenti equestri raffigurano il
condottiero Alessandro (1625) e il figlio
Ranuccio Farnese (1620). Ranuccio e
Alessandro Farnese furono eseguiti da
Francesco da Montevarchi (Arezzo),
detto il Mochi (1580 - 1654), per essere
collocati nella piazza antistante Palazzo
Gotico, detta dei Cavalli, a partire dal XVIII
secolo. La prima statua ad essere portata
a termine è quella di Ranuccio (1620),
nella quale l’artista applica un linguaggio
classicista che ben esprime il carattere
dell’amministratore dello Stato. Non a caso,
infatti, sul basamento si trovano le lastre di
bronzo che rappresentano le allegorie del
Buon Governo. La statua di Alessandro,
invece, rispecchia pienamente la scelta
barocca che ben esprime il carattere
dinamico del condottiero; nel basamento,
per l’appunto, si trovano due scene della
battaglia delle Fiandre, che rese celebre
in Europa Alessandro Farnese. Ai piedi
dei monumenti, quattro putti reggono gli
stemmi della città.
L’opera fu commissionata dal Consiglio
Federativo Provinciale della Resistenza
all’artista piacentino William Xerra (1937)
nel 1976, per celebrare i trentun anni
della Liberazione. Il complesso ricorda
gli antichi dolmen neolitici - enormi pietre
funerarie di uso tombale collettivo e di
grande effetto simbolico - e si tratta di
un monumento naturale ed essenziale ai
Caduti per la Liberazione. Il complesso
delle tre lastre granitiche pesa 400
quintali.
dolmen
DOVE: incrocio tra Stradone Farnese e
Corso Vittorio Emanuele II, Piacenza
William Xerra
Il monumento fu commissionato dalla
Società Garibaldi Reduci Patrie Battaglie
nel 1889 ad Enrico Astorri (1859 - 1921),
artista piacentino formatosi all’Istituto
Gazzola, che successivamente operò in
diverse città d’Italia, in Russia, Argentina
e Uruguay, seguace dello stile verista.
Giuseppe Garibaldi è raffigurato come
un generale vittorioso, con l’espressione
corrucciata e pensosa. Alla base del
monumento, un altro garibaldino è ritratto
nell’atto di incitare i compagni. Scultore
molto abile nella lavorazione del marmo
realizzò per Piacenza il busto di Mazzini,
la cappella Ceresa e, per il Comune di
Bettola, la statua di Cristoforo Colombo.
monumento
a garibaldi
Dolmen (1976)
DOVE: Giardini Margherita, lato Stazione
Ferroviaria, Piacenza
DOVE: Piazza Cavalli, Piacenza
Francesco Mochi
In alto: Alessandro
Farnese
In basso e nella
pagina di apertura:
Ranuccio Farnese
Città
106
Enrico Astorri
Monumento a
Garibaldi (1889)
MONUMENTI
MONUMENTI
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Città
107
Cristoforo Marzaroli
Monumento a Romagnosi (1866-1867)
monumento a
ROMAGNOSI
Giorgio Groppi
Scultura 2000 (2009)
Dedicato a Gian Domenico Romagnosi
(1761 - 1835), è stato realizzato tra il 1866
e il 1867 da Cristoforo Marzaroli (1836
- 1871). Originario di Salsomaggiore,
egli ricevette una formazione di alto
profilo a Piacenza nel Collegio Alberoni,
divenne giurista e magistrato, passò
all’insegnamento universitario ed emerse
come una delle maggiori personalità
nel campo della giurisprudenza; fu
perseguitato sotto il regime austriaco,
prima e dopo il periodo napoleonico. Molti
suoi autografi si trovano nella Biblioteca
Braidense e una sua statua colossale
si trova sotto le logge della Biblioteca
Ambrosiana. Nella statua bronzea
piacentina è ritratto in piedi, avvolto in una
toga, con il volto pensoso e chino e con
un braccio al petto, mentre nella mano
sinistra tiene uno scritto, segno della sua
prodigiosa produzione giuridica.
DOVE: Piazzetta San Francesco,
adiacente a Piazza Cavalli, Piacenza
scultura
2000
L’opera, collocata presso Palazzo
Farnese nel 2009, è stata donata alla
città dallo scultore Giorgio Groppi e
dall’Associazione degli Industriali di
Piacenza. L’autore reinterpreta in chiave
personale il tema del monumento
equestre, che trova nella nostra città una
tradizione antica.
Fu realizzato nel 1928 per volere del
podestà di Piacenza, Giuseppe Barbellini
Amidei, sulla base di un bozzetto, opera
di Mario Salazzari, un giovane in servizio
al Genio Pontieri di Verona. La struttura
verticale è alta circa 16 m; sul lato sud
sono raffigurati i pontieri nell’atto di
spingere una barca mentre soccorrono
i bisognosi, verso la città è raffigurata la
dea Minerva con gli stemmi a fianco, sul
lato opposto una madre che solleva un
bimbo verso il Po.
A est e a ovest troneggiano il Piave e
l’Isonzo, realizzati secondo lo stile della
statuaria classica, prendendo spunto
dal Monumento ai Quattro Fiumi di Gian
Lorenzo Bernini (piazza Navona a Roma).
A mezza stele figurano gli stemmi delle
città di Piacenza, Verona, Venezia e
Roma. Il Reggimento Pontieri di Piacenza
è sempre stato un fiore all’occhiello per
l’esercito italiano.
monumento
ai
pontieri
DOVE: Piazzale Milano, Piacenza
Mario Salazzari
Monumento ai
Pontieri (1928)
L’opera fu commissionata nel 1938 in
occasione della proclamazione di Vittorio
Emanuele a imperatore di Etiopia. Il
potestà di Piacenza, De Francesco, fece
arrivare da Roma una copia della lupa
capitolina e incaricò l’architetto Pietro
Berzolla (1898 - 1984) di realizzare il
basamento. Quest’ultimo è composto
da un dado di 3,5 m e da due colonne
di granito alte 7,30 m (provenienti da
Palazzo Farnese), collegate da un
architrave recante la scritta S.P.Q.R. e la
rievocazione della fondazione della città:
Vigile scolta tra i barbari vinti.
DOVE: Piazzale Roma, Piacenza
la
lupa
La Lupa
(1938)
DOVE: Viale Risorgimento (lato Palazzo
Farnese), Piacenza
Città
108
MONUMENTI
MONUMENTI
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Città
109
monumento a
sant’
antonino
La statua bronzea di Sergio Brizzolesi
(1933) raffigura il santo patrono di
Piacenza, un soldato valoroso che si
convertì al Cristianesimo affrontando il
martirio.
Installata nel 2002, la statua regge nella
mano destra uno stendardo, mentre l’altra
mano è appoggiata alla croce che porta
raffigurata sul petto. Nel basamento, un
meccanismo fa roteare la statua su se
stessa in senso orario, grazie al segnale
satellitare trasmesso dall’Istituto Galileo
Ferraris di Torino. Il basamento racchiude
otto formelle: cinque sono dedicate a
Piacenza e le restanti tre, a luoghi artistici
della provincia.
DOVE: collocato tra il Pubblico Passeggio
e il Corso Vittorio Emanuele II, Piacenza
L’opera è stata portata a termine nel
1983 dall’artista piacentino Bruno
Cassinari (1912 - 1992), in occasione
delle celebrazioni per il bimillenario della
fondazione della città. Sul basamento
di granito sono incisi i versi del poeta
Salvatore Quasimodo “Ognuno sta solo
sul cuore della terra / trafitto da un raggio
di sole / ed è subito sera”.
La Grande Avventura è collocata in
piazzetta Tempio tra palazzo Marliani
e palazzo Scotti da Vigoleno, edificio
risalente alla metà del XVIII secolo e sede
della Prefettura. Bruno Cassinari è uno
dei maggiori artisti italiani del secondo
Novecento; partecipò al celebre gruppo
milanese di Corrente, fu in amicizia con
Picasso ad Antibes, tenne una grande
mostra antologica a Piacenza a Palazzo
Farnese nel 2003.
la
grande
avventura
Sergio Brizzolesi
Monumento a
Sant’Antonino
(2002)
AI
caduti
del mare
DOVE: Via San Giovanni (Piazzetta
Tempio), Piacenza
L’opera, portata a termine nel 1986
dall’artista piacentino Franco Pizzi, fu
commissionata per ricordare i Caduti
del Mare. Il monumento è costituito da
un’ancora e da un’onda e si trova nel
giardino di fronte al Liceo Pedagogico
in via Beverora. L’autore ha voluto
rappresentare un’onda il cui ricciolo si
trasforma in una figura umana, mettendo
in risalto il rapporto tra l’uomo e il mare,
a ricordo di tutti i dispersi. Si tratta di
un pezzo unico, fuso presso l’Arsenale,
costituito da una particolare lega che
ha permesso una maggiore resistenza
all’ossidazione.
DOVE: Via Beverora, Piacenza
Bruno Cassinari
Franco Pizzi
Ai Caduti del Mare
(1986)
Città
110
La Grande Avventura (1983)
MONUMENTI
MONUMENTI
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Città
111
114 | Palazzo Gotico
115 | Palazzo dei Mercanti
115 | Palazzo del Governatore
116 | Palazzo Galli
117 | Palazzo della Provincia
117 | Palazzo Mischi
118 | Palazzo Rota Pisaroni
119 | Palazzo Falconi
119 | Palazzo Baldini Radini Tedeschi
120| Palazzo Scotti di Sarmato
120| Palazzo Anguissola Cimafava
Rocca
121 | Palazzo Landi delle Caselle
121 | Palazzo Malvicini Fontana
122| Palazzo Anguissola di Grazzano
122| Palazzo Ferrari Sacchini
123| Palazzo Giacometti
123| Palazzo Bertamini Lucca
124| Palazzo Landi (del Tribunale)
Città
PALAZZI
125| Palazzo Madama
125| Palazzo Mandelli
126| Palazzo Costa
127| Palazzo Scotti da Vigoleno
127| Palazzo Somaglia
palazzo
gotico
Palazzo Gotico
(1281)
Scorcio esterno
Palazzo Gotico
(1281)
Salone
Sorse nel 1281 sull’area in cui sorgevano
il convento di San Bartolomeo e la chiesa
di Santa Maria de Bigulis, per iniziativa
di Alberto Scoto, potente signore della
città, che ne affidò la realizzazione agli
architetti piacentini Pietro da Borghetto,
Gherardo Campanaro, Pietro da Cagnano
e Negro de’ Negri. L’edificio gotico, per
la forma ogivale degli archi, è ritenuto
uno dei più significativi esempi italiani
di Palazzo Comunale. Nel XVII secolo
il salone del primo piano di 700 mq, già
adibito alle riunioni dell’Anzianato, fu
trasformato in teatro a legno, mentre
sulla torretta fu collocata una campana
di bronzo che, ancora oggi, è utilizzata
in occasioni speciali. Il palazzo subì
diversi rimaneggiamenti tra il XVI e il
XVII secolo, come si deduce da vecchie
fotografie, compreso un balcone verso
la piazza. Verso la metà del XIX e gli inizi
del XX secolo alcuni interventi liberarono il
palazzo da sovrastrutture e da modifiche
che avevano alterato la conformazione
originaria. Oggi la facciata risulta spartita
in due ordini: quello inferiore è distinto
da cinque possenti arcate a sesto acuto
che determinano un portico a due navate
coperto da volte a crociera, il superiore, in
laterizio, è ritmato invece da sei finestroni
a tutto sesto arricchiti da svariati ornati di
cotto. Tra la quarta e la quinta finestra è
ospitata entro una nicchia, la copia di una
statua raffigurante Maria con il Bambino
(l’originale, del XIII secolo, è al museo
civico), proveniente dalla vicina chiesa
di San Francesco. I fianchi dell’edificio
presentano soluzioni analoghe al fronte
e sono retti da arcate con coronamento a
cuspide. La sala del primo piano è adibita
a sede di mostre, esposizioni e incontri
istituzionali.
DOVE: Piazza Cavalli, Piacenza
Città
114
PALAZZI
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Palazzo
dei mercanti
L’edificio, realizzato su due piani con
un vasto portico, fu l’antica sede della
Mercanzia di Piacenza e venne riedificato
tra il 1679 e il 1697 su progetto di C.
Caccialupi. Nel 1840 fu donato al Comune
di Piacenza dalla duchessa Maria Luigia.
Lo scalone d’onore, affrescato nella volta,
presenta una pregevole balaustra su cui è
posta una statua raffigurante la Giustizia.
Oggi vi ha sede il Municipio, che utilizza la
spaziosa sala consigliare del primo piano.
DOVE: Piazza Cavalli, Piacenza
Palazzo dei
Mercanti (16761697) • Facciata
palazzo
del governatore
Così denominato, perché dopo il suo
rifacimento settecentesco fu sede fino
al 1860 degli uffici del governatore della
città. Opera di L. Tomba, l’edificio ben
s’inserisce con la sua lunga sagoma nel
contesto della piazza. La facciata è siglata
in alto da due torrioni angolari squadrati
e da statue classiche che affiancano la
cimasa centrale con l’orologio. Calendario
e meridiana vennero installati nel 1793 dal
fisico G.F. Barattieri. Attualmente è sede
della Camera di Commercio.
DOVE: Piazza Cavalli, Piacenza
PALAZZI
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Città
115
palazzo
galli
Palazzo Galli è uno dei più eminenti
della città, tant’è che nel periodo
dell’amministrazione francese (1802 - 1814)
venne adibito ad alloggio del Governatore
di Piacenza. Già segnalato nel XVII secolo
come di proprietà della famiglia Raggia,
prende oggi nome dalla famiglia dei conti
Galli, che lo possedette dal 1767 sino
al 1872, anno in cui venne acquistato
dalla Banca Popolare Piacentina, che
commissionò, tra gli anni 1904 e 1905, per
lo scalone d’onore, gli affreschi raffiguranti
l’Allegoria della terra di Alfredo Tansini e
L’apoteosi dell’Italia di Francesco Ghittoni.
Alla committenza Raggia si devono,
invece, gli affreschi del Salone del primo
piano raffiguranti Storie di Giulio Cesare,
opera del pittore Giovanni Ghisolfi (1623
Palazzo Galli
(XVII-XVIII secolo) - 1683), mentre alla committenza Galli
Facciata e scorcio
si deve, nello stesso Salone, l’affresco
di via Mazzini
sulla volta raffigurante Giulio Cesare
accolto nell’Olimpo da Mercurio, attribuito
a Giuseppe Milani (1716 - 1796). Allo
stesso artista si deve l’affresco sullo
scalone d’onore raffigurante l’Allegoria
del mare. Venduto nel 1919 al Consorzio
Agrario (nel 1892 fu in esso fondata la
Federazione italiana dei Consorzi Agrari),
la storia di Palazzo Galli tornò di nuovo a
legarsi con quella di un istituto di credito,
quando la Banca di Piacenza vi aprì il
suo primo sportello e iniziò, in seguito,
l’acquisto degli edifici del vicino isolato,
fra cui il Palazzo dei conti Barattieri di
San Pietro. Il trasferimento del Consorzio
Agrario nel nuovo Palazzo dell’Agricoltura
di via Colombo rese possibile, nel 1997, la
riappropriazione di questo storico immobile
da parte della Banca locale che, a seguito
di lavori di restauro prontamente avviati, ha
Palazzo Galli
(XVII-XVIII secolo) restituito il Palazzo alla fruizione da parte
della città.
Salone dei
depositanti
DOVE: Via Mazzini 14, Piacenza
Città
116
PALAZZI
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Palazzo
della provincia
Il palazzo della Provincia è considerato
il più alto esempio di edificio in stile
umbertino a Piacenza e costituisce un
complesso di grande equilibrio spaziale
e volumetrico, vivacizzato da elementi
Liberty. Progettato dall’Ufficio tecnico
provinciale nel 1912, fu successivamente
rielaborato nelle attuali forme dall’architetto
Manfredo Manfredi, già impegnato a
Roma in grandi committenze pubbliche
(monumento a Vittorio Emanuele II e
Palazzo del Viminale).
DOVE: Via Garibaldi 50, Piacenza
Palazzo della
Provincia (dal
1912) • Facciata
palazzo
mischi
Realizzato nella prima metà del 1700,
l’edificio presenta una facciata sobria sulla
quale emergono tracce della decorazione
ad affresco, arricchita da un bel balcone
centrale in ferro battuto. Il cortile porticato
presenta un acciottolato a disegni floreali
e immette allo scalone che, per le vedute
“ad angolo” di chiaro influsso bibienesco,
costituisce il motivo di maggior interesse
di tutto l’edificio. L’affresco della volta è
riconducibile a B. Rusca e alla sua bottega.
DOVE: Via Garibaldi 24, Piacenza
Palazzo Mischi
(I metà del 1700)
Facciata
PALAZZI
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Città
117
palazzo
rota pisaroni
Palazzo Rota
Pisaroni
(XVIII secolo)
Fronte su
via Sant’Eufemia
Il palazzo è commissionato tra il 1750 e
il 1762 dalla famiglia Rota che, nel 1769,
ottiene il titolo comitale. Il progetto è stato
attribuito a Domenico Cervini (1689 1756). Acquistato nel 1830 dalla cantante
Rosmunda Benedetta Pisaroni, dal 1906
è di proprietà della Cassa di Risparmio
che ne ha affidato il restauro all’architetto
Franco Albini. Nel 2007 è stato acquistato
dalla Fondazione di Piacenza e Vigevano,
che ha affidato il restauro all’architetto
Angelo Benzi. Di grande effetto è la
ricca decorazione tardobarocca della
facciata su strada, caratterizzata da un
portale a profilo mistilineo e balcone con
ringhiera in ferro battuto. La scala nobile
segue lo schema della scala libera, ossia
è aperta verso il cortile, nella variante
a rampe contrapposte detta a tenaglia.
Nel salone d’onore a doppia altezza è
raffigurata, nella medaglia, la caduta di
Fetonte dipinta da Luigi Mussi (1694 1771), entro quadrature del Natali. Sulle
pareti vengono collocate, entro cornici in
stucco, i fiori di Margherita Caffi (1670 1780), le Stagioni Ludovico Trasi e le
Eroine dell’Antico Testamento di Giovanni
e Antonio Rubini (1730 ca.).
DOVE: Via Sant’Eufemia 13, Piacenza
Palazzo Rota
Pisaroni
(XVIII secolo)
Portico
Città
118
PALAZZI
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Palazzo
falconi
Il palazzo presenta una graziosa scala
a rampe parallele con volta nervata e
lanterna al centro, attraverso la quale
si accede alla loggia del primo piano
che immette nel salone decorato da
G. B. Ercole, pittore apprezzato nella
quadratura e nella figura: vi sono
rappresentati Mercurio, Apollo, Ercole e
Anteo, dipinti a monocromo tra esedre e
colonne che tendono a dilatare lo spazio.
DOVE: Via Sant’Antonino 3, Piacenza
Palazzo Falconi
(XVIII secolo)
Volta della scala
palazzo baldini
radini tedeschi
Il palazzo, organizzato intorno a tre cortili,
occupa un fronte di 80 m prospiciente
la via San Siro. Al piano nobile, di rilievo
il vasto salone a doppio corpo, al quale
si accede percorrendo lo straordinario
scalone d’onore di derivazione bibienesca.
Notevoli gli apparati decorativi ad affresco
realizzati da importanti pittori: D. Piola, R.
De Longe, B. Rusca e F. Natali.
DOVE: Via San Siro 72-74-76, Piacenza
Palazzo Baldini
Radini Tedeschi
(XVIII secolo)
PALAZZI
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Città
119
Palazzo
scotti di sarmato
Costruito a partire dal 1772, probabilmente
su progetto di C. Morelli, ha imponenti
dimensioni. La scala nobile si caratterizza
per la preziosità dei materiali e per le
decorazioni a stucco di gusto bibienesco.
Di particolare interesse, la visione
d’insieme dello splendido giardino
all’italiana, fruibile dalla cancellata posta
in Stradone Farnese, di fronte alla facciata
della basilica Sant’Agostino.
Palazzo Scotti di
Sarmato (XVIII
secolo) • Scala
DOVE: Via San Siro 17, Piacenza
palazzo anguissola
di cimafava rocca
Edificio di imponenti dimensioni; l’ampio
atrio a pilastri apre al cortile centrale
che si dilata verso il giardino, separato
da scenografiche arcate, reggenti un
percorso pensile che collega le due ali
interne. Salendo attraverso lo scalone
si giunge al grande salone d’onore che
costituisce l’elemento di maggior rilievo
del palazzo: di vaste dimensioni, presenta
un’elegante decorazione a stucco e
un notevole ciclo pittorico dedicato ad
Alessandro Magno, che risente degli
influssi della pittura veneta, da Tiepolo a
Fontebasso.
Palazzo Anguissola di Cimafava
Rocca • Salone
Città
120
DOVE: Via Giordani 2, Piacenza
PALAZZI
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palazzo landi
delle caselle
Il palazzo fu edificato nella seconda metà
del XVIII secolo e presenta una facciata di
notevole estensione, ornata da balconi in
ferro battuto. Un appartamento interno fu
progettato dal piacentino L. Tomba. Dopo
aver attraversato l’ampio cortile porticato,
attraverso lo scalone d’onore si accede
alla galleria e all’ingresso; gli affreschi
che adornano vari ambienti interni sono
riconducibili ai pittori milanesi Schiepati,
Corneliani e Legnani.
DOVE: Stradone Farnese 32, Piacenza
Palazzo
malvicini fontana
Vasto edificio con facciata riccamente
decorata con elementi che rinviano
all’influsso dei Bibiena. L’ampio cortile
presenta due lati con portico, da uno dei
quali si accede all’imponente scalone
d’onore a tre rampe, decorato da pitture,
assai alterate, e da decorazioni plastiche,
meglio conservate.
DOVE: Via Verdi 13-15, Piacenza
Palazzo Malvicini
Fontana (XVII
secolo) • Cortile
PALAZZI
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Città
121
Palazzo anguissola
di grazzano
Progettato da Cosimo Morelli, che operò a
lungo per Papa Braschi a Roma, presenta
elementi tardobarocchi che convivono
con motivi Luigi XVI. Lo scalone d’onore
segue uno schema che trova riferimenti
nella scala berniniana di palazzo Barberini
in Roma. A. Della Nave e A. Villa hanno
decorato la volta dello scalone e dipinto
ad affresco il salone delle feste, ove
sono inserite strutture architettoniche e
bassorilievi assegnabili a G. B. Ercole.
DOVE: Via Scalabrini 7, Piacenza
Palazzo Anguissola di Grazzano (1777) • Scala
Palazzo Giacometti (II metà XVIII secolo)
Palazzo che risente dell’influsso dei
Bibiena. La vivace facciata barocca
presenta due ordini di finestre ravvivate
da timpani e, sopra di esse, mensole
rigonfie unite fra loro da grosse ghirlande
di chiaro gusto bibienesco. Il cortile
interno, dal doppio loggiato, apre allo
scalone a tre rampe con altana, decorato
a stucco. All’interno, pregevoli decorazioni
riconducibili a R. De Longe e a M. Rizzi.
DOVE: Via Carducci 11, Piacenza
Palazzo Ferrari Sacchini • Volta dello scalone
122
L’edificio, realizzato nella seconda metà
del XVIII secolo, presenta un’imponente
facciata in cotto, con tre ordini di finestre.
All’interno è organizzato secondo il
consueto schema ad U. L’edificio è
sovrastato da altana, una delle più
alte della città. Imponente lo scalone
d’onore, di chiara derivazione bibienesca.
Decorazioni ottocentesche arricchiscono
le varie sale. Dal cortile è visibile l’abside
della chiesa basilicale di Sant’Antonino.
DOVE: Via Roma 99, Piacenza
palazzo
ferrari sacchini
Città
palazzo
giacometti
PALAZZI
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Palazzo
bertamini lucca
Il palazzo fu costruito dalla ricca famiglia
di mercanti liguri dei Bertamini, che
già possedevano un grande palazzo a
Fiorenzuola. La facciata in mattoni a vista
riporta un bel cancello in ferro, con gigli
farnesiani; al piano terra il porticato si affaccia
sul giardino, mentre lo scalone a due rampe
parallele, di tradizione bibienesca, conduce
all’ampio salone dai raffinati stucchi e dalle
volte decorate con affreschi realizzati attorno
al 1870 da E. Prati.
DOVE: Via Sopramuro 60, Piacenza
Palazzo Bertamini Lucca (XVIII secolo)
Palazzo Malvicini
Fontana (XVII
secolo) • Cortile
PALAZZI
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Città
123
palazzo landi
(del tribunale)
Palazzo Landi
(fine XVIII - inizio
XIX secolo)
Portale in marmo
Palazzo Landi
(fine XVIII - inizio
XIX secolo)
E’ il più affascinante esempio di residenza
signorile del Rinascimento a Piacenza.
Edificato alla fine del XV secolo da
Manfredo Landi, consigliere dei Duchi di
Milano, nel 1578 il complesso fu requisito
dal duca Ottavio Farnese, per vendicare
la congiura contro il padre Pier Luigi,
cui aveva partecipato anche Agostino
Landi. Divenne così sede del Supremo
Consiglio di Giustizia e poi del Tribunale
delle Finanze. Attualmente ospita il
Tribunale e la Corte d’Assise. Manfredo
Landi affidò la realizzazione della facciata
a Giovanni Battagio da Lodi, artefice nel
1488 del Tempio della Incoronata a Lodi,
e al genero di questi, Agostino de Fonduli,
promulgatore del linguaggio di Bramante
da lui assimilato mentre lavorava alla
chiesa milanese di San Satiro. Di diretta
derivazione dalle soluzioni bramantesche
è l’elegante fregio in terracotta che, nel
percorrere le due facciate del palazzo, ne
alleggerisce la severa struttura, animata
solo dalle lunette che incorniciano alcune
finestre. Lo splendido portale in marmo,
è opera invece dello scultore lombardo
Giovan Pietro da Rho, autore del portale
di palazzo Stanga di Cremona, ora al
Louvre. La sagoma del portale riprende
quella degli antichi archi di trionfo romani
ed è ornata sul fronte da due medaglioni
classici, includenti profili virili. Entrando
attraverso il settecentesco atrio, si
raggiunge il cortile con un quadriportico
retto da colonne, che presenta sulle pareti
una decorazione in cotto analoga a quella
della facciata.
DOVE: Vicolo del Consiglio 12, Piacenza
Particolare del
portale in marmo
Città
124
PALAZZI
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palazzo
madama
Il Palazzo di Madama Margherita de’
Medici, madre di Ranuccio II, fu da lei fatto
costruire nel 1658. Nel Settecento erano
molto noti i giardini che digradavano a
terrazze dal retro dell’edificio verso il Po.
Palazzo Madama fu destinato a Dogana
nel 1779 e, verso il 1866, fu trasformato
in carcere. Dopo un lungo restauro, oggi,
è sede degli uffici della Procura della
Repubblica.
DOVE: Vicolo del Consiglio 15, Piacenza
Palazzo
mandelli
Il grande edificio, attualmente sede della
Banca d’Italia, occupa l’intera via Mandelli
ed è organizzato attorno a due cortili.
La facciata principale, che si sviluppa
per ben 75 m, è a tre ordini di finestre.
L’atrio è il più vasto tra quelli dei palazzi
piacentini e conduce al cortile d’onore,
che reca sulla destra lo scalone nobile
a due rampe parallele. Il grande vano
della scala costituisce uno degli ambienti
meglio conservati dell’edificio.
DOVE: Via Mandelli 14, Piacenza
Palazzo Mandelli
(XVIII secolo)
Ingresso
PALAZZI
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Città
125
palazzo
costa
L’edificio, realizzato su progetto di
Ferdinando Bibiena, è uno degli esempi
più sontuosi e significativi dell’architettura
nobiliare tardo secentesca a Piacenza.
Da segnalare le eleganti soluzioni a
bugnato liscio della facciata, arricchita
da raffinati stucchi e ferri battuti rococò.
Il palazzo si sviluppa su tre lati porticati
attorno ad un vasto giardino con balaustra
e statue dedicate alle stagioni. Originale
soluzione quella adottata per lo scalone
d’onore, luminoso e scenografico, con la
prima rampa inserita nelle tre arcate del
portico, come si trattasse di una macchina
teatrale; nel grande vano, graziosamente
decorato a stucchi e ad affreschi, sono
presenti le statue di Giunone, Venere,
Flora, e Pomona. Sul lato opposto, una
Palazzo Costa
(tardo XVII secolo) scala ellittica con gradini a sbalzo e ferri
battuti di elevata qualità. Dallo scalone
Facciata
si giunge alla lunga Galleria Bibiena,
dove sono visibili 76 grandi incisioni di
architetture dei Bibiena, attraverso la
quale si accede al salone (1699), un
capolavoro di prospettive a cinque ordini
architettonici, ideato da F. Galli Bibiena,
con la collaborazione di G. E. Draghi,
autore dello sfondato del soffitto, nel quale
vengono rappresentati Bacco e Arianna.
Le altre sale sono state adibite a Museo
Ambientale, aperto al pubblico (per il
quale rimandiamo alla sezione Musei
della città), e presentano un’interessante
raccolta di eleganti mobili settecenteschi
oltre ad un’importante quadreria.
Palazzo Costa
(tardo XVII secolo)
Sala degli Stucchi
DOVE: Via Roma 80, Piacenza
Telefono: 0523.306137
338.7451756
Apertura: tutto l’anno, visite guidate
gratuite su appuntamento.
Città
126
PALAZZI
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palazzo
scotti da vigoleno
Il palazzo, attualmente sede della Prefettura,
presenta una struttura semplice e lineare,
ma di notevoli dimensioni, con un grandioso
atrio. Il grande scalone ha configurazione
inconsueta e fortemente monumentale.
Splendido il salone d’onore integralmente
affrescato. Gli autori dell’importante
apparato decorativo del salone sono B.
Rusca per il gruppo delle figure, mentre gli
affreschi relativi ai motivi architettonici sono
riconducibili a G. e F. Natali.
Palazzo Scotti da
Vigoleno (dal 1718)
DOVE: Via San Giovanni 17, Piacenza
Palazzo
somaglia
Realizzato sul finire del Seicento, presenta
una facciata semplice nelle linee, scandita
da tre ordini di finestre e illeggiadrita da
tre balconcini bombati in ferro battuto. Di
grande interesse è lo scalone a quattro
rampe ad andamento obliquo. Gli affreschi
che ornano le volte del vano della scala
sono assegnabili al quadraturista F. Natali
con la collaborazione, nelle parti figurate,
di R. de Longe e della sua bottega (prima
metà del XVIII secolo).
DOVE: Via Taverna 66, Piacenza
Palazzo Somaglia (1688)
Interno
PALAZZI
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Città
127
I teatri di Piacenza: spazi affascinanti che
raccontano storie ed emozioni di diverse epoche.
130 | Teatro Municipale
132 | Teatro Comunale
Filodrammatici
134 | Chiesa di San Vincenzo
“Sala dei Teatini”
136 | Teatro San Matteo
137 | Teatro Gioia
Città
TEATRI
teatro
municipale
La notte di Natale del 1798 bruciò il Teatro
della Cittadella, che era stato il centro
dell’attività di spettacolo per oltre 150
anni, destinato soprattutto all’aristocrazia
e alla corte ducale e, il 24 agosto 1803,
iniziò la costruzione del nuovo Teatro su
progetto del piacentino Lotario Tomba
e per iniziativa di una Società privata
appositamente costituita da nobili della
città. Vi si trovano tutte le novità introdotte
nell’architettura teatrale dal Piermarini e
dal Morelli nell’ultimo quarto del secolo
XVIII: la forma della sala con curvatura
a ellisse, contornata da quattro ordini di
26 palchi allineati in balconata continua,
con soprastante loggione e chiusa da
volta ellittica centinata. L’inaugurazione
avvenne la sera del 10 settembre 1804
con l’opera Zamori, appositamente
composta e diretta da Giovanni Simone
Mayr, il maggior musicista del momento. Il
Teatro fu ceduto nel 1816 alla Comunità di
Piacenza, per cui si chiamò comunitativo.
Nel 1826 furono eseguiti interventi di
abbellimento da parte di Alessandro
Sanquirico, celebre scenografo della
Scala dal 1806 al 1832, che dipinse
anche il Sipario Fiammingo con un ballo
campestre. Tre anni dopo il Podestà
Luigi Guarnaschelli poté dar luogo alla
costruzione della facciata, che rimase quella
progettata da Lotario Tomba, con porticato
a sette archeggiature in bugnato. Nel 1857
furono compiuti importanti interventi di
risanamento e abbellimento, che portarono
il Teatro nelle forme di eccellenza tuttora
ammirabili. Si cominciò dalla sala dei
pittori scenografi e, successivamente, la
decorazione artistica riguardò il foyer e la
sala di spettacolo ad opera di numerosi
artisti piacentini. Il foyer fu suddiviso da
vetrate in tre ambienti comunicanti, con
un effetto di ampia spazialità, e la volta
fu dipinta a fresco; la Sala del Caffè a
destra dell’atrio è stata rinnovata e riaperta
il 27 gennaio 2001 (primo centenario
della morte di Giuseppe Verdi, di origini
e di residenza piacentine), insieme al
consolidamento statico e al restauro di
tutto l’immobile, principalmente ad opera
del Comune di Piacenza. All’ingresso della
Sala delle Rappresentazioni fu posto un
cammeo a stucco con il ritratto del Tomba,
mentre la volta della sala ellittica fu dipinta
da Girolamo Magnani, che la suddivise in
otto scomparti. Le elegantissime cornici
e l’arco di proscenio furono indorate in
foglia d’oro da artisti piacentini, ai quali
si devono anche le graziose bandinelle
o rideaux dei palchi sostituite alle cortine
primitive. Fu intagliato e dorato anche il
Palco della Corona con le sue imponenti
e raffinate protomi zoomorfe. Di speciale
pregio e bellezza rimangono le lampade
della sala, a candeliere e a palloncino, che
ricordano rispettivamente l’illuminazione
a candele sostituita da quella a gas nella
metà dell’Ottocento. Nel 2004 è stata
pubblicata una monumentale monografia,
in cui si ricostruiscono dalle origini le
vicende architettoniche e artistiche, con un
catalogo delle opere liriche, dei concerti e
balletti e degli spettacoli in prosa.
Teatro Municipale
(1803-1804)
Interno e volta
DOVE: Via Verdi 41, Piacenza
Teatro Municipale
(1803-1804)
Corridoi
Città
130
Teatro Municipale
(1803-1804)
Palcoscenico
TEATRI
piacenzamusei.it
Telefono: 0523.492254
Biglietteria: 0523.492251
E-mail: [email protected]
Teatro Municipale
(1803-1804)
Facciata
TEATRI
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Città
131
teatro comunale
filodrammatici
Teatro Comunale
Filodrammatici
Facciata
Città
132
Inaugurato il 25 ottobre 2000, dopo i lavori di
restauro che hanno riportato platea e palchi
all’antico splendore, può essere definito una
presenza storica nel percorso culturale di
Piacenza e un piccolo e prezioso esempio
di luogo d’arte degno di attenzione.
Nel 1549, all’incrocio tra via San Siro e
via Solferino (l’attuale Via Santa Franca),
le monache cistercensi di Santa Franca
iniziarono la costruzione di una chiesa in
cui poter trasportare il corpo della loro
patrona. La pianta era basilicale con una
sola navata coperta da una volta a botte; a
lato fu realizzato il convento per le monache,
ora trasformato in sede del Conservatorio e
dedicato al musicista piacentino Giuseppe
Nicolini. Ai primi dell’800, con il dominio
napoleonico, il complesso, la chiesa
e il monastero diventarono proprietà
dell’amministrazione pubblica; durante il
governo di Maria Luigia d’Austria fu ceduto
al Comune di Piacenza che lo destinò a
diversi usi. Successiva fu la trasformazione
in teatro, realizzato all’interno della ex chiesa
di Santa Franca e inaugurato nel 1908. Si
arrivò agli anni Ottanta e il tetto cominciò a
cedere; una lunga e forzata chiusura per i
lavori di restauro fu inevitabile. Nel settembre
2000 fu riaperto per iniziativa del Comune
con il contributo della Fondazione di
Piacenza e Vigevano e della Regione Emilia
Romagna. Dal 2001, il Teatro Comunale
Filodrammatici è la sede primaria di Teatro
Gioco Vita, direzione artistica Diego Maj,
che vi ospita una parte di programmazione
della Stagione di Prosa Tre per Te del Teatro
Municipale di Piacenza, il Festival di teatro
contemporaneo L’altra scena e il teatro
danza, le stagioni di teatro ragazzi e attività
collaterali. Attualmente il teatro accoglie
circa 300 posti. Nel dettaglio architettonico,
la
facciata
del
Teatro
Comunale
TEATRI
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Filodrammatici, realizzata dall’ing. Giovanni
Gazzola in stile liberty, è divisa in tre parti
ognuna con un’entrata: una principale e, ai
lati, due minori.
Il motivo decorativo che caratterizza
l’esterno è definito ad ali di farfalla, poiché le
cornici seguono linee curve in armonia con
la scelta di colori delicati come rosa e grigio;
i portoni e le parti in ferro battuto ricalcano
gli stessi motivi artistici. Da osservare con
attenzione i lampioncini posti per illuminare
la facciata, che presentano un’insolita coda
a serpentina, rendendoli tra gli oggetti
liberty più interessanti della città. Questo
stile decorativo, che ricorda l’arte floreale,
ha come caratteri costanti l’asimmetria,
il richiamo alle forme della natura, la
predilezione per le curve, i movimenti
flessuosi, l’utilizzo del ferro e del vetro.
Dalla porta principale si accede al foyer dal
pavimento alla veneziana, dove campeggia
la scritta 1908 a ricordo dell’anno dei
lavori di ristrutturazione e successiva
inaugurazione. La sala a ferro di cavallo è
circondata da loggiati su due ordini: cavea
e boccascena sono ornati da intagli in legno
dorato. I due ordini di gallerie sono sostenuti
da pilastrini e arcatelle tipo palchetti; i colori
dominanti sono l’avorio e il verde tenue,
mentre le decorazioni floreali sono dorate a
stucco e con inserti geometrici che ornano
il proscenio.
Il soffitto della sala, una volta divisa a
spicchi, è affrescato con motivi a mazzo
di fiori (glicini, rose, dalie, gerbere). Il
palcoscenico è proporzionato alle non vaste
dimensioni della sala, ma adeguatamente
attrezzato. Si conserva il sipario originale
sottoposto recentemente a restauri, ma non
ancora montato.
Sul palcoscenico è possibile osservare
elementi architettonici legati all’originaria
destinazione religiosa: la copertura a volta
e alcuni semipilastri.
L’ultima ristrutturazione ha permesso di
allestire ampi camerini per artisti e uffici.
Teatro Comunale
Filodrammatici
Palcoscenico
Teatro Comunale
Filodrammatici
Gallerie e platea
DOVE: Via Santa Franca 33, Piacenza
Telefono: 0523.315578
Biglietteria: Via San Siro 9, Piacenza
TEATRI
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Città
133
Chiesa di san vincenzo
“sala dei teatini”
Sala dei Teatini
Facciata e interno
La chiesa di San Vincenzo, iniziata nel
1595, viene consacrata il 29 giugno
1612. Chiusa nel 1810, viene riaperta
nel 1822 per iniziativa di alcuni privati
che, nel 1843, cedono l’intero complesso
conventuale ai Fratelli delle Scuole
Cristiane, che lo vendono negli anni ‘70
del XX secolo al Comune di Piacenza.
Nel 2010 ha meritato il premio Gazzola
per il restauro, condotto per destinare
la chiesa a sala prove per orchestre e
auditorium, in seguito al quale ha assunto
la denominazone di Sala dei Teatini.
La costruzione della nuova chiesa, che
presumibilmente riutilizza la precedente
come transetto, viene commissionata dai
padri Teatini al confratello napoletano
Pietro Caracciolo, nel 1595. L’impianto
planimetrico è a pianta longitudinale
con transetto, suddivisa in tre navate
da colonne di ordine tuscanico e
conclusa, nella crociera, da una
cupola sormontata da un alto tiburio
sopralzato esternamente, oltre la cornice
marcapiano, concluso dal lanternino.
Nelle navate laterali si sussegue una
serie di cupolette (come nella chiesa di
Sant’Agostino), mentre la navata centrale
è coperta da una volta a botte unghiata in
corrispondenza delle finestre.
All’interno è presente un ciclo ad affresco
(1706 - 1712) con opere di figura di
Robert De Longe (1646 - 1709) e di
Giovan Evangelista Draghi (1654 - 1712)
nella cupola e nel transetto di quadratura
dei piacentini Andrea e Giambattista
Galluzzi, mentre la volta a botte della
navata centrale (1760 - 1761) è affrescata
dai lombardi Felice Biella (quadratura)
e Federico Ferrario (figura). In zona
presbiteriale si ricordano le tre scene del
martirio di San Vincenzo, dipinte dal già
citato Robert de Longe; le pale d’altare
delle cappelle sono conservate presso la
pinacoteca del Museo Civico di Palazzo
Farnese.
Sala dei Teatini
Palcoscenico
DOVE: Via Scalabrini 9, Piacenza
Telefono: 0523.492251
0523.492259
Città
134
TEATRI
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TEATRI
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Città
135
teatro
san matteo
Teatro
San Matteo
Aperto nel 1986, dopo i restauri realizzati da
Teatro Gioco Vita, grazie ai finanziamenti
reperiti autonomamente dalla compagnia
guidata da Diego Maj, il Teatro San
Matteo rivela nell’architettura origini sacre:
da tempietto protoromantico a chiesa
dell’ospizio di San Matteo destinata al culto
fino al 1895. Nel 900, muta radicalmente la
propria vocazione e conosce un momento
di splendore, in virtù della trasformazione
in sala cinematografica: il Verdi, questo il
nome del cinema, ospitava avanspettacolo
e un impegnativo repertorio di prosa, ridotto
nei tardi anni Trenta a piccolo cinema
di terz’ordine. Nel 1987, il teatro alza il
sipario su Odissea, spettacolo d’ombre
di Teatro Gioco Vita. Da allora l’attività si
articola intorno a programmazioni serali
di teatro d’autore, comico e di ricerca,
e a una programmazione pomeridiana
per le famiglie e la mattina per le scuole.
Ospita, inoltre, laboratori teatrali, incontri,
conferenze. Con circa 200 posti, ha
comunque permesso un contatto sempre
più stretto con gli spettatori, dando un
contributo notevole al rinnovamento del
pubblico teatrale in città e nel territorio.
Dalla stagione 2003/2004 il Teatro è stato
messo a disposizione di associazioni e
gruppi teatrali amatoriali. L’edificio è un
valido esempio di chiesa minore posta
in una zona che, in passato, era uno
degli accessi principali della città. Un
complesso scultoreo attribuito da alcuni a
Niccolò, allievo di Wiligelmo, è l’architrave
dell’ingresso laterale, conservata al Museo
Civico di Piacenza; una seconda architrave
è murata nella facciata e riporta scolpita
una mano benedicente. La facciata è stata
sottoposta a un impegnativo intervento
di consolidamento e restauro a fine anni
Novanta.
136
Il Teatro Gioia è di proprietà della Fondazione
di Piacenza e Vigevano che, dopo aver
curato il recupero dell’edificio su progetto
di Marcello Spigaroli, lo ha dato in locazione
a Teatro Gioco Vita. Ha sede nell’ex Chiesa
dei Gesuiti fondata attorno all’anno Mille da
cittadini che la dedicano alla SS. Trinità.
Viene donata al monastero di San Savino
(1031) che la cede ai frati Minimi (1492),
i quali la intitoleranno al loro fondatore
Francesco di Paola. All’interno, con la
costruzione di una complessa impalcatura
lignea, s’inserisce un nuovo teatro dedicato
a Gian Domenico Romagnosi. Nella sala si
programmano spettacoli di teatro leggero e
d’intrattenimento. La platea è circondata da
2 ordini continui, conclusi in sommità da una
piccola galleria, la zona scenica e il retropalco
si concentrano nel presbiterio, articolandosi
su più livelli; ospita circa 250 spettatori.
Nel 1887 torna ad essere una chiesa e
viene ceduta ai Gesuiti che smantellano la
struttura teatrale, dotano l’aula di un nuovo
apparato pittorico-decorativo e intervengono
anche sulla ricostruzione del campanile; fu
riconsacrata nel 1896 e intitolata al Sacro
Cuore. L’edificio è composto da un’unica
navata coperta a botte e ripartita da arcate
su lesene di 8 segmenti, 3 per il presbiterio
e 5 per la navata. La decorazione interna è
ricca ed estesa a tutta la superficie muraria,
pareti e volte. Il restauro è stato pensato
per creare uno spazio polivalente: struttura
tradizionale con palco e platea, ma anche
spazio espositivo o per creazioni itineranti,
spettacoli a pianta centrale, allestimenti,
laboratori, conferenze, proiezioni ecc. Nel
2015 è stata creata una sala più piccola
nella Sala delle Colonne per spettacoli a
pubblico limitato, conferenze, laboratori.
Teatro Gioia
Vedute dello
spazio interno
DOVE: Via Melchiorre Gioia 20/A, Piacenza
DOVE: Vicolo San Matteo 8, Piacenza
Interno
Città
teatro
gioia
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Telefono: 0523.1860191/0523.315578
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