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Patologia suina
Malattia di Aujeszky
Chiamata anche Pseudorabbia MDA AD o morbo di Aujeszky è causata da un Herpesvirus. Colpisce
prevalentemente il suino con sintomi variabili per gravità e localizzazione in funzione di età e sesso (forma acuta,
subacuta, cronica). Colpisce occasionalmente ruminanti e carnivori (pseudorabbia) con esito letale (a fondo cieco).
Storia
1813: prima segnalazione clinica USA.
1902: riconoscimento della natura virale comune nel cane, gatto e bovino → Aujeszky, Ungheria.
1914: evidenziazione della malattia nel suino → von Ratz.
Anni ‘30: riconoscimento del ruolo epidemiologico del suino → Koves, Hirt, Shope, Ray.
1933: isolamento del virus su cellule → Traub.
1934: classificazione del virus come Herpesvirus → Sabin e Wright.
1941: adattamento all’embrione di pollo, vaccino avianizzato → Morrell e Graham.
Anni ‘60: produzione vari ceppi attenuati → Bartha, Zuffa, Skoda….
1968: attenuazione per mutagenesi indotta → Tatarov.
1984: delezione nel genoma virale → Lomniczi.
1985: produzione vaccini deleti TK- (Kit; timidinchinasi); gE- (glicoproteina E) → Mettenleiter.
1986: messa a punto di test per discriminare animali vaccinati con deleti da infezione naturale → van Oirschot.
Eziologia
Famiglia: Herpesviridae; Sottofamiglia: Alpha Herpesvirinae. I Suid Herpesvirus 1 (SHV1) sono virus litici in vitro
che hanno latenza nei neuroni dei gangli nervosi e che provocano infezioni respiratorie.
Presenta un unico sierotipo a livello mondiale (abbastanza stabile geneticamente) con diversi ceppi che non sono
differenziabili sierologicamente, ma possono variare per virulenza e patogenicità.
È un virus a ds DNA lineare di 140 Kb costituito da circa 70 geni che codificano per altrettante glicoproteine,
strutturali e non.
Il virus entra, si replica nelle cellule epiteliali che vanno incontro a citolisi. Successivamente il virus entra in latenza
nei gangli nervosi tributari. La risposta anticorpale non impedisce la latenza virale. In seguito a fattori stressanti, il
virus può essere riattivato, raggiunge le cellule epiteliali, si replica e viene eliminato. La quantità di virus ed il tempo di
escrezione dipendono dallo stato immunitario del soggetto.
Il virione è sferico, di 150-180 nm di diametro, costituito da un core nucleoproteico, contenente ds DNA, circondato
da un capside a simmetria icosaedrica (162 capsomeri) e da un envelope a doppio strato lipidico, di derivazione
cellulare, contenente glicoproteine codificate dal virus.
In laboratorio la replicazione avviene su:
1. colture primarie di rene di suino, vitello, agnello, coniglio, cane, gatto, pollo;
2. linee cellulari continue: PK15 (cellule renali di suino), BHK21 (cellule renali di criceti neonati), VERO (cellule
renali di scimmia verde africana).
CPE (effetto citopatico): rapido, aspetto globoso e aumento di volume delle cellule, sincizi, CI intranucleari.
Gli animali da laboratorio sono coniglio e topino.
Il virus ha 3 classi di proteine replicative:
1. α proteine: agiscono bloccando la sintesi delle proteine cellulari;
2. β proteine: bloccano la sintesi delle proteine α e stimolano la sintesi di proteine virali funzionali (coinvolte nella
duplicazione dell’acido nucleico virale);
3. γ proteine: bloccano le α e le β proteine e stimolano la produzione di proteine strutturali.
Le proteine dell’envelope vengono acquisite per gemmazione dalla membrana nucleare. Il virus maturo può attuare
il “cell to cell transfer” senza passare negli spazi extracelulari.
Le cellule infette in vitro appaiono rigonfiate, formano sinzici (cellule giganti multinucleate) e tendono a lisare.
Il virus della Malattia di Aujeszky resiste 7 gg nell’ambiente (nel muscolo da 10 a 35 gg a seconda della
temperatura), 6 ≃ 8 h alla luce solare diretta e rimane infettante a pH 5-9 (le carni poco frollate possono essere un
probabile veicolo); è però sensibile al calore:
1. emivita 7 h a 37°C;
2. fino a 30 gg a 25°C;
3. 46 gg a - 8°C;
4. rapidamente inattivato a -13°C.
1
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È sensibile ai comuni disinfettanti, se non c’è materiale organico (feci) sulle superfici.
Lo studio del genoma virale si effettua mediante enzimi di restrizione che ha evidenziato stipiti virali diversi con
riflessi a livello epidemiologico, patogenetico e profilattico (ceppi vaccinali deleti).
Funzione delle glicoproteine di ADV
Essenziale alla
Diffusione
Immunità
Immunità
Glicoproteina replicazione in Adsorbimento Penetrazione
Neuroinvasività
cellula-cellula
umorale
cellulare
colture cellulari
gB
+
+
+
+
++
+
gC
[+]
+++
++
gD
+
[+]
+
++
+
gE
[+]
+
+
?
gG*
gH
+
+
+
+
++
+
gI
[+]
+
?
?
gK
+
+
?
gL
+
+
+
?
?
?
gM
[+]
gN
[+]
* Non è componente strutturale dell’envelope del virione; [+]: non essenziale o modulatore del fenomeno. La virulenza è inoltre associata agli
enzimi Timidino-Chinasi (TK), Proteino-Chinasi (PK), Ribonucleotido-Reduttasi (RR), Eso-Nucleasi alcalina (AN). Le basi molecolari della
latenza sono ancora largamente sconosciute
1.
2.
3.
4.
5.
6.
Identificazione di geni che codificano diverse glicoproteine (Lomiczi, 1988):
g B (II) indispensabile alla replicazione (recettore);
g C (III) replicazione/virulenza, Ab neutralizzanti;
g E (I) rilascio del virus e patogenicità per SNC;
g D (50) importante per immunogenicità;
gene TK essenziale per virulenza; l’assenza impedisce la replicazione in SNC (comune ad altri herpes);
g G (X) non importante per la virulenza e la replicazione; escreta nel terreno.
Epidemiologia
Animali recettivi sono il suino (ospite primario e serbatoio del virus) e il cinghiale; si possono infettare anche
ruminanti e carnivori che sono spill-over (ospite suscettibile all’infezione se esposto, che di solito contrae una malattia
più grave di quella del serbatoio e colpisce soggetti di tutte le età; in genere il virus evolve più rapidamente, ma è a
fondo cieco), mentre il cane può essere, a volte, animale sentinella.
La modalità di trasmissione è per contatto diretto: aerosol (a breve distanza) e orale; o verticale: intrauterina o seme.
L’introduzione della malattia in un allevamento indenne avviene con l’immissione di soggetti infetti.
La prima segnalazione in Italia avviene nel 1940 e agli inizi degli anni ‘60 diventa endemica negli allevamenti
intensivi della Pianura Padana. In queste aree si effettua una vaccinazione a tappeto e la malattia è sporadica nella
forma classica, ma persiste l’infezione (endemica) e provoca gravi danni economici.
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Patogenesi
Penetrazione per via oro-nasale attraverso aerosol. Gli eventi successivi dipendono dalla virulenza del ceppo virale
e dallo stato della mucosa che, attraverso l’attività muco-ciliare, ne
condiziona l’adsorbimento sulle cellule recettive.
Il 1°sito di replicazione sono le cellule epiteliali del naso-faringe. In
seguito si ha la penetrazione nel tessuto connettivo della lamina propria. A
questo livello i fibroblasti sono circondati da vasi sanguigni, fibre nervose e
vasi linfatici che possono essere invasi dal virus. All’interno del circolo linfoematogeno si ha viremia cellulomediata, con infezione dei macrofagi e dei
linfociti, che permette la disseminazione del virus in altri tessuti ed organi:
tonsille, milza, reni, fegato, ovaio, utero e linfonodi (replicazione secondaria).
Contemporaneamente, ADV penetra nelle terminazioni nervose della mucosa
nasale e raggiunge i nuclei (ganglio trigeminale). Diffonde nel midollo e nel
ponte, raggiunge talamo e cervelletto.
Il SNC può essere infettato anche attraverso la via nervosa del bulbo olfattorio. Nel bulbo e nel ponte vi è
un’ulteriore replicazione a cui segue la diffusione alla corteccia cerebrale.
La neuroinvasività è associata alle glicoproteine gE (importanza della delezione per i vaccini vivi), gI, gB, gH, e a
enzimi quali TK.
Gli antigeni virali si possono rintracciare (PCR) nei siti secondari di replicazione, 48 h p.i.
Escrezione virale
L’eliminazione virale comincia 1-2 giorni p.i., anche prima della
viremia, e quindi quando non è ancora comparsa la sintomatologia
clinica; raggiunge l’apice a 2-5 gg p.i. e tende a esaurirsi dopo 7-12 gg
(in alcuni casi può durare anche 4 settimane, mentre nei vaccinati dura
meno).
Nelle secrezioni nasali i titoli virali possono essere di 105-108
TCID50/ml (dose infettante per culture tessutali).
I suini infetti eliminano il virus per 2-3 settimane dall’infezione sino
alla comparsa degli anticorpi neutralizzanti.
Vi possono però essere soggetti portatori latenti a livello di bulbo
olfattorio, ganglio trigemino, tonsille (possibile riattivazione) e rari
soggetti eliminatori per lungo tempo (anche fino a 6 mesi).
Il virus può essere isolato da:
1. tamponi nasali per 8-17 gg;
2. tamponi oro-faringei per 18-25 gg;
3. secrezioni vaginali e nell’eiaculato fino a 12 gg nel latte per 2-3 gg;
4. feci;
5. feti abortiti e placente;
6. occasionalmente anche dalle urine.
L’invasione del SNC determina la comparsa
di sintomi neurologici (evidenti nei soggetti
molto giovani).
La comparsa della sintomatologia nervosa
dipende dall’entità dell’immunità passiva
colostrale (protezione proporzionale alla
quantità di Ab assunti col colostro).
La presenza di Ab materni blocca la replicazione virale immediatamente a livello di muco ed epitelio della mucosa
nasale. Vi è un’infezione limitata delle terminazioni nervose e quindi anche dei gangli trigeminali e del SNC.
3
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La localizzazione genitale non si esaurisce nella sola trasmissione al feto ma può anche determinare problemi
riproduttivi e di fertilità: turbe del complesso SMEDIA (Stillbirth Mummification Embriodeath Infertility Abortion).
Non causa direttamente l’aborto, esso è una conseguenza del malessere generale.
Il virus, in seguito a viremia, si localizza ai polmoni, infettando i macrofagi alveolari e determinando la
sintomatologia respiratoria particolarmente evidente nei soggetti adulti, con tosse, dispnea e starnuti.
Indipendentemente dal decorso e dalle localizzazioni, le infezioni da ADV evolvono nella latenza che si può rilevare
(ibridazione in situ1 o PCR), in particolare a livello di ganglio trigeminale, bulbo olfattorio, tonsille.
La latenza permane per tutta la vita dell’animale e la sua riattivazione determina una nuova viremia con una nuova
escrezione virale, anche in assenza di sintomatologia clinica.
I ceppi a bassa virulenza sono strettamente neurotropi. Ceppi a virulenza più elevata generano infezioni più
generalizzate (attraverso il sangue e il sistema linfatico), con affinità spiccate anche per l’apparato respiratorio e
riproduttivo.
Suinetto neonato
Replicazione primaria nella mucosa oro-nasale e successiva invasione del SNC attraverso i nervi olfattorio,
trigemino, glossofaringeo. In genere si ha viremia, con possibili lesioni a livello splenico e epatico. Ha periodo di
incubazione di 36-48 ore
Nei suinetti sotto scrofa la morbilità arriva fino al 94% in funzione degli Ab materni (l’immunità dura 8-12
settimane). Presentano febbre, vomito, diarrea, anoressia, ipersalivazione, dispnea (in genere muoiono prima).
L’interessamento del SNC causa tremori, depressione, spasmi agli arti, difficoltà di deambulazione (atassia
incoordinazione), paralisi posteriore, movimenti circolari, convulsioni, opistotono.
Morte in 36 h (2-4 gg) in conseguenza delle lesioni al SNC.
Nei suinetti di 3-4 settimane (svezzamento) la sintomatologia nervosa è uguale a quella dei neonati, ma con decorso
più lento: morbilità 100%, mortalità 50 -70% (perché la barriera emato-encefalica è più formata).
Nei suinetti di 4-12 settimane la sintomatologia è meno grave: respiratoria con febbre, sternuti, tosse, scolo nasale,
dispnea. In genere segue guarigione, ma si possono osservare morti in seguito a sintomatologia nervosa. Morbilità
100%, mortalità 5% (fino al 30 % con ceppi ad alta virulenza).
Suino adulto
La replicazione primaria può portare a necrosi tonsillare e
polmonite (Porcine Respiratory Disease Complex -PRDC). Il SNC è
raggiunto per via nervosa o viremica, ma può non dare
sintomatologia, specie nei soggetti più adulti.
Nei suini all’ingrasso i sintomi clinici sono prevalentemente
respiratori (si attenuano quelli nervosi): febbre, anoressia, tosse,
sternuti, scolo nasale, dispnea, costipazione intestinale, tremori,
depressione. Talvolta presentano convulsioni, incoordinamento
motorio, spasmo dei masseteri, digrignamento dei denti. Si ha ritardo
di crescita di 3-4 settimane e riduzione degli indici di conversione.
Morbilità 100%, mortalità < 3%, più alta in caso di infezioni
concomitanti (influenza, infezioni batteriche).
Nel grafico sono riportate le variazioni di peso post infezione.
Scrofa gravida
La viremia può portare a infezione transplacentare, con aborto o, se l’infezione avviene a gravidanza avanzata, parto
di suinetti morti o mummificati insieme ad altri vivi. L’aborto avviene a 10 gg dall’infezione e nel feto si trovano foci
necrotici a fegato, milza, polmoni.
I sintomi clinici nella scrofa sono in funzione del momento in cui avviene l’infezione:
1. primi 30 gg → riassorbimento embrionale;
2. fino a 60 gg → morte fetale, aborto;
3. ultimo terzo di gravidanza mummificazione, macerazione, natimortalità.
Verro
L’infezione può interessare gli organi genitali, con periorchite, calo della fertilità o infertilità permanente
In sintesi i danni da Malattia di Aujeszky sono:
1 Rileva la presenza di acidi nucleici (RNA o DNA) grazie a sonde genetiche marcate.
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1. suinetto → mortalità;
2. ingrasso → sintomi respiratori e infezioni secondarie, ritardo della crescita fonte di virus;
3. scrofa → disturbi della riproduzione, aborto, minore numerosità nidiate, neonati deboli fonte di virus;
4. verro → disturbi della riproduzione, fonte di virus.
Patogenesi nelle altre specie
Il virus entra per inalazione, ingestione (soprattutto di organi infetti) o per ferite cutanee. La replicazione primariati
ha in tonsille, faringe, mucosa olfattoria nasale, sottocute, linfonodi tributari. Attraverso i nervi periferici il virus invade
il bulbo olfattorio, il ganglio trigemino, l’encefalo, il midollo allungato e spinale e provoca encefalite a rapida
evoluzione.
Sono dei fondi ciechi epidemiologici: mancata escrezione del virus.
La malattia decorre senza febbre (tranne che negli ovicaprini) e dopo breve incubazione compaiono, anoressia,
manifestazioni pruriginose (l’animale, specie se carnivoro, arriva ad automutilarsi) nel punto di ingresso (per lesioni al
ganglio sensitivo del metamero corrispondente). Si ha poi paralisi flaccida (muscoli laringei) con perdita di saliva e
alterazioni della fonesi, alternanza di fasi eccitative e depressive. La morte è rapida (24 h in cane e gatto) e occorre fare
la diagnosi differenziale con la rabbia.
Immunità
Dopo infezione naturale si sviluppa una risposta immunitaria che non è in grado di prevenire la reinfezione.
Le glicoproteine gB, gC e gD dell’envelope sono i maggiori targets della risposta immunitaria. Le cellule che
esprimono queste glicoproteine vengono riconosciute e distrutte da vari meccanismi immunitari (lisi mediata da Ab e
complemento, citotossicità cellulomediata anticorpo dipendente e quella dei linfociti T).
Lo sviluppo di Ab neutralizzanti culmina entro 2-3 settimane p.i.
Gli Ab sono diretti anche verso altre glicoproteine (gE, gH, gG e gI) e verso proteine del capside. La gC è il
maggior bersaglio per le cellule T citotossiche e il fattore C3 del complemento. Anche gli enzimi virali TK, PK e RR
sono importanti nell’indurre una risposta immunitaria, probabilmente perché incrementano la replicazione virale e,
quindi la produzione di antigeni targets. Virus mutanti TK, PK o RR inattivati replicano con difficoltà e inducono una
minor immunità. Ceppi che replicano rapidamente, non solo sono più virulenti, ma anche più immunogeni e quindi
stimolanti una migliore risposta immunitaria di protezione.
La presenza di Ab neutralizzanti non necessariamente è associata alla presenza di una immunità protettiva. Suini
immuni dopo una prima infezione, se vengono reinfettati una seconda volta non sviluppano una produzione secondaria
di cellule B secernenti immunoglobuline, presentano un’evidente risposta secondaria di linfociti T. Alcuni studi hanno
dimostrato che la protezione nei confronti della malattia è correlata alla presenza di una forte risposta immunitaria
cellulo-mediata e non ad un elevato titolo di Ab neutralizzanti.
Le scrofe immuni trasferiscono Ab specifici ai suinetti attraverso il colostro. L’immunità di origine materna è in
grado di proteggere i suinetti neonati esposti all’infezione con un ceppo virulento, limitando la replicazione virale nel
SNC. Gli Ab materni riducono la replicazione del virus a livello di mucosa nasale e di conseguenza limitano la
diffusione nelle terminazioni nervose e a livello trigeminale.
La percentuale di neuroni trigeminali infettati nei suinetti immuni (18%), è notevolmente diminuita rispetto ai suini
di controllo (82%).
Dopo l’esposizione a ceppi virulenti, gli Ab materni non sono in grado di evitare lo stabilirsi di un’infezione locale
nella mucosa nasale e l’instaurarsi di una infezione latente che rende il suinetto un reservoir della malattia.
L’immunità passiva può variare in funzione della quantità di colostro assunto e dallo stato immunitario della scrofa.
Scrofe immuni dopo infezione forniscono una protezione maggiore e più duratura rispetto a quelle vaccinate.
La presenza di Ab materni può essere rilevata anche fino alla 16 a settimana di vita e interferisce con la formazione
dell’immunità attiva indotta con la vaccinazione.
La varietà di titoli anticorpali di origine materna che possono presentare i suinetti in un allevamento, rende
virtualmente impossibile determinare l’età ottimale in cui somministrare il vaccino senza che venga neutralizzato dagli
anticorpi presenti. Con una singola vaccinazione, si rischia di non fornire un’adeguata immunizzazione a tutti i suinetti
e per evitare ciò si ricorre ad una doppia vaccinazione, con un intervallo di 4 settimane. In questo modo si assicura
un’induzione di una immunità attiva anche ai soggetti che presentano alti titoli anticorpali materni.
Lesioni anatomopatologiche
Le lesioni non sono sempre presenti o evidenti macroscopicamente: rinite, congestione della mucosa nasale e
faringea, tonsillite, tracheite, faringite con necrosi puntiforme, edema e congestione polmonare, emorragie corteccia
renale, congestione linfonodale, petecchie emorragiche.
Nel feto o nel neonato: foci necrotici epatici e splenici (caratteristici).
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Istologicamente: focolai infiammatori e reazione della glia, manicotti perivascolari linfo-granulocitari.
Diagnosi
Materiale per la diagnosi
Suini: feti, suinetti, tamponi nasali, encefalo, amigdale, polmoni.
Altre specie: midollo spinale del metamero della zona pruriginosa.
Diagnosi diretta
Si ricerca il virus o l’antigene tramite:
1. IFD → ricerca dell’antigene nei tessuti e negli organi colpiti; è il metodo più veloce e si usano Ab specifici marcati
con fluorocromo;
2. coltivazione su PK15:
a. CPE in 24 - 48 h;
b. conferma con IFD e SN (sieroneutralizzazione);
3. attualmente ci si sta orientando verso l’impiego della PCR, ma dà positività anche quando il virus è morto (limite);
4. inoculazione su coniglio: morte 2-5 gg con prurito.
Diagnosi sierologica
Serve:
nei piani di controllo/eradicazione (verifica andamento prevalenza)
per l’acquisto di animali
per verificare l’efficacia dei vaccini
differenziazione vaccinazione / infezione naturale → utilizzando vaccini gE deleti, se nel siero trovo anticorpi anti
gE significa che l’animale ha contratto l’infezione naturale.
Si può fare SN su PK15 o ELISA con il virione in toto o con antigene gE.
La siero neutralizzazione rileva la presenza di anticorpi neutralizzanti nel siero di animali venuti a contatto con il
virus. L’ELISA è un Saggio Immuno-Assorbente Legato ad un Enzima (Ag o Ab).
1.
2.
3.
4.
Profilassi in Europa
In Europa sono indenni gli interi territori di Germania, Danimarca, Austria, Cipro, Repubblica Ceca, Lussemburgo,
Finlandia, Svezia, Norvegia, Svizzera, gran parte di Francia, Regno Unito (tranne l’Irlanda) (globalmente oltre il 30%
dei suini presenti nella EU).
Francia: profilassi diretta in gran parte del territorio, vaccinazione obbligatoria in 5 regioni (Bretagna, Nord-Pas de
Calais e Corsica). I riproduttori devono provenire da allevamenti indenni
UK: ha attuato un programma di eradicazione iniziato nel 1982: notifica e stamping–out nei focolai. Dal 1985:
controllo sierologico e abbattimento selettivo dei sieropositivi. GB indenne dal 1989; presente sono in Irlanda del
Nord.
DK: indenne dal 1986
Spagna: programmi di controllo limitati ad alcune regioni
Portogallo: definizione della prevalenza
Altri Paesi (I, BE, NL): vaccinazione sistematica e profilassi diretta.
Generalmente in Europa vengono utilizzati solo vaccini gE- inattivati.
Vaccini
Vivi attenuati per passaggi seriali su:
1. cellule di embrione di pollo: ceppo Buk (240 passaggi);
2. cellule di bovino: ceppo NIA-4.
Coltivazione a bassa T°: (Bartha K-61 ed Alfort 16) risultano patogeni per non suini; diffusione da suino a suino.
MK-25 Tatarov: ottenuto con timidina. Buona stimolazione antigenica.
In Italia impiegato sino al 1984 (per 15 anni): ceppo Zuffa (Buk).
Vaccini deleti (gE -):
1. spenti → vaccinazione delle scrofe, prima vaccinazione dei suinetti;
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2. vivi attenuati → distinguibili sierologicamente tramite ELISA (ceppo Bartha e Norden); solo negli animali
all’ingrasso e non nei riproduttori perchè c’è il rischio di ricombinazione, cioè si può sviluppare un ceppo virulento
gE- che potrebbe passare alla prole (raro).
Dal 1995 sono vietati i vaccini non g E- perché i vaccini non impediscono l’infezione, la replicazione e la latenza,
ma evitano la comparsa di malattia.
Vaccini vivi attenuati gE- (solo capi da ingrasso):
1. LIVE-SUIVAX (ceppo LomBart, SC);
2. AKIDERM (ceppo Bartha (TK+/gE-), ID);
3. AKIPOR (ceppo Bartha, IM);
4. INGELVAC (ceppo Bartha, IM);
5. PORSILIS BEGONIA (ceppo Begonia (TK-/gE-), IM / ID);
6. SUVAXYN (ceppo Bartha, IM).
Vaccini spenti gE- (riproduzione / ingrasso):
1. SUIVAX (adiuvante idrossido di Al o emulsione oleosa, SC);
2. GESKYPUR (subunità glicoproteche, emulsione oleosa, SC/IM);
3. PORSILIS INJESZKY (ceppo Phylaxia, adiuvante acquoso, IM);
4. SUVAXYN (emulsione oleosa, IM).
È un piano di controllo non di eradicazione, cioè si vuole solo abbassare la presenza negli allevamenti intensivi.
DM 1 aprile 1997: profilassi obbligatoria
DM 1 agosto 1994: profilassi volontaria.
Art.1
Obbligatorietà di un programma nazionale di controllo (profilassi sanitaria + vaccinazione).
Animali da ingrasso e riproduttori: vaccinazione solo con gE- spenti.
In deroga solo per animali all’ingrasso: vaccini vivi-attenuati deleti.
Art. 3
Esecuzione delle vaccinazioni da parte del veterinario libero professionista previa comunicazione alla AUSL.
Art. 4
Scheda epidemiologica di allevamento (AUSL → IZS → Regione).
Dati di allevamento:
1. proprietà: proprietario/detentore, indirizzo, comune, codice aziendale
2. impiego del vaccino deleto a partire dal / /
3. ubicazione dell’allevamento: centro abitato, isolato, pianura, collina, montagna
4. vicinanza a vie di comunicazione terrestri (100 m): autostrada, strade statali, strade provinciali, strade comunali
5. vicinanza a corsi d’acqua (300 m): fiumi o torrenti, canali
Dati produttivi (R o RI):
1. stabulazione: stabulato, all’aperto, brado;
2. ciclo produttivo: ciclo “aperto” ( allevamento da riproduzione), ciclo “chiuso” (allevamento da riproduzione ed
ingrasso), allevamento che produce e commercializza riproduttori;
3. n. riproduttori presenti: 1-10, 11-100, 101-200, 201-500, 501-1000, >1000;
4. rimonta delle scrofette: “interna”, “esterna” acquisita da terzi;
5. peso medio delle scrofette all’introduzione: 30-50 kg, 50-80 kg, > 80 kg;
6. n. suini presenti in fase di ingrasso: <100, 100-500, 501-1000, 1001-5000, 5001-10000, >10000.
Dati produttivi (I):
1. stabulazione: stabulato, all’aperto, brado;
2. peso medio di macellazione: tra 90 e 115 kg, tra 116 e 160 kg, > di 160 kg;
3. numero suini da ingrasso presenti: <100, 100-500, 501-1000, 1001-5000, 5001-10000, >10000;
4. peso medio dei suini all’introduzione in allevamento: < 20 kg, 20-30 kg, 31-40 kg, 41-50 kg, >50 kg;
5. numero di fornitori abituali di suinetti da ingrasso: 1, 2-5, >5.
Misure di profilassi e territorio
Misure igienico-sanitarie e gestionali routinariamente applicate nei reparti destinati al magonaggio ed ingrasso:
7
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1.
2.
3.
4.
5.
TP/TV magronaggio:
sì
no
TP/TV ingrasso:
sì
no
Interruzione periodica della produzione:
sì
no
Ventilazione:
forzata naturale
Lavaggi e disinfezioni tra cicli produttivi: sì
no
Aspetti demografici territoriali di rilevanza epidemiologica:
1. n. allevamenti presenti in un raggio di 6 km (compreso l’allevamento in oggetto): 1 (solo quello in oggetto), 1-5,
>5;
2. n. di suini ( da riproduzione ed ingrasso) presenti in un raggio di 6 km (compresi quelli dell’allevamento in
oggetto: <100, 100-500, 501-1000, 1001-5000, 5001-10000, >10000;
3. distanza dell’allevamento in oggetto dal più vicino insediamento suinicolo: <3 km, 3-10 km, >10 km.
Art. 5:
Controllo sierologico annuale in sinergia con altri Piani Nazionali di sorveglianza. Esecuzione gratuita delle prove
sierologiche presso IZS. Il solo riscontro di positività sierologiche non comporta l’adozione di misure di polizia
sanitaria, che sono previste solo in presenza di malattia (O.M. 29/7/1982)
Art. 6
Le Regioni predispongono una relazione annuale sullo stato sanitario degli allevamenti da trasmettere al MS
(valutazione dei risultati e programmazione).
Art. 7
Dal giugno 2000 richiesta di qualifica di allevamento indenne. Elenco regionale delle aziende accreditate.
Mantenimento della qualifica (allegato).
Art. 8
Nelle aziende indenni possono entrare SOLO animali provenienti da aziende di qualifica uguale o superiore.
Il MS, sulla base dell’andamento del Piano, stabilisce il divieto di introduzione di sieropositivi per gE in allevamenti
da riproduzione.
Art. 9
Prelievo ed esame gratuiti, vaccini a carico del proprietario.
Art. 10
Compiti delle organizzazioni di categoria (divulgazione del piano, profilassi diretta, razionalizzazione)
Art. 11: abrogazione DM 1 agosto 1994
Allegati
All. 1: profilassi igienico sanitaria trasporti, personale, visitatori, derattizzazioni.
All. 2: schema vaccinale:
1. riproduttori: 3 volte l’anno;
2. rimonte: 60-90 gg, 90-120 gg, entro 180 gg;
3. ingrasso: 60-90 gg, 90-120; se macellati oltre il 7° mese, 3° intervento a 6-7 mesi.
All. 3: scheda epidemiologica.
All. 4: scheda prelievo campioni.
All. 5: monitoraggio sierologico in allevamenti da riproduzione.
Categorie animali
Primipare
Pluripare
Magroni 120-180
Grassi > 180
Ciclo chiuso
3
3
gg 3
gg. 3
Ciclo aperto
3
3
Numero di campioni da prelevare per evidenziare almeno 1 animale positivo alla glicoproteina E, data una
prevalenza in ogni categoria ≥ 80%(IC 95%)
All. 6: metodica diagnostica ufficiale ELISA.
All. 7: domanda di ottenimento qualifica.
Allegato 8
Ottenimento qualifica (R o RI):
1. vaccinazione;
2. nessuna sintomatologia nei 12 mesi precedenti;
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3. 2 controlli sierologici negativi per gE a distanza di almeno 28 gg su un campione rappresentativo di riproduttori;
4. animali testati devono essere identificati singolarmente.
Mantenimento qualifica:
1. nessuna sintomatologia nei 12 mesi precedenti;
2. controlli sierologici negativi per gE a cadenza quadrimestrale su un campione rappresentativo di riproduttori;
3. introduzione di animali da allevamenti di pari qualifica.
Parvovirosi suina (PPV)
Malattia infettiva ad eziologia virale sostenuta da Porcine Parvovirus (PPV).
È un virus emoagglutinante (importante per la diagnosi) di piccole dimensioni, privo di envelope, a singolo
filamento di DNA ed elevata resistenza ambientale.
Il 1° isolamento è stato effettuato da Cartwright and Huck (1967).
È un’infezione a diffusione ubiquitaria (quasi tutti i suini si infettano, ma se non gravidi sono asintomatici) che
causa turbe riproduttive e rilevanti danni economici (non provoca aborto, ma diminuzione dei nati vivi).
Eziologia
È un virus ad elevata resistenza ambientale:
1. 48h a 56°C;
2. 2 h a 70°C;
3. pH 3- 5 30 min.
Gli ambienti rimangono contaminati per 20 settimane.
È un virus emoagglutinante i globuli rossi di cavia, uomo, scimmia, gatto, ma l’unico ospite recettivo è il suino.
In vitro replica solo su cellule in attiva moltiplicazione.
Utilizza enzimi cellulari (DNApol) e ha quindi tropismo per cellule in intensa attività replicativa, quindi soprattutto
nei feti o, nei soggetti giovani, nei tessuti in attiva replicazione (ha un genoma molto corto che non codifica la DNA
polimerasi e quindi per replicarsi ha bisogno di quella dell’ospite).
Possiede un DNA monocatenario, senza envelope, di 20 nm, a simmetria icosaedrica.
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Appartiene alla Famiglia Parvoviridae, genere parvovirus che provoca:
1. Panleocopenia infettiva del gatto;
2. Enterite-miocardite del cane (CPV1 e CPV2);
3. Gastroenterite del visone.
Epidemiologia
Endemica in tutto il mondo e il suino adulto funge da reservoir: eliminazione mediante feci, membrane placentari,
feti morti, secrezioni oro-nasali e vaginali, urine. L’eliminazione fecale è costante dal 3° al 7° gg pi poi intermittente
fino al 14° giorno. Il virus si rinviene anche nel muco vaginale e nel seme (via venerea).
Nei feti: morte, macerazione, mummificazione; alte concentrazioni virali
L’andamento è endemico con possibili focolai epidemici in relazione a:
1. condizioni ambientali;
2. stato immunitario delle scrofe;
3. management aziendale.
Giovani e adulti sono ugualmente recettivi ma trova le migliori condizioni di replicazione nei tessuti fetali.
La malattia si manifesta prevalentemente nelle scrofette da rimonta e in quelle a inizio carriera (meno frequente
nelle pluripare).
Immunità
In allevamento indenne il virus si diffonde rapidamente ed infetta tutti gli animali in 2-3 settimane. Si ha quindi
diminuzione dell’efficienza riproduttiva che ritorna a valori normali dopo circa 3 mesi.
I suinetti nati da madri immuni acquisiscono immunità passiva che diminuisce dopo 8 settimane e scompare in 21
settimane.
Un certo numero di scrofette (2-47%) può essere recettivo durante la prima gravidanza.
Sintomatologia
La sintomatologia è influenzata da:
1. management aziendale:
a. ciclo aperto / chiuso;
b. tutto vuoto / tutto pieno;
c. densità animali, movimentazioni;
2. stato sanitario e immunitario dell’allevamento.
Le turbe riproduttive rientrano nella descrizione della sindrome SMEDI (Stillbirth mummification embryo death
infertility): infertilità, ritardo dei calori, mummificazioni parziali o totali, nati-mortalità, mortalità neonatale.
Forma epidemica si presenta con nascita di suinetti mummificati; la forma endemica con riassorbimento embrionale
e ritorni in calore.
Patogenesi
Infezione oronasale e replicazione nelle tonsille palatine, si ha quindi viremia (3-5 dpi) con lieve leucopenia e se
l’animale non è immune segue l’infezione transplacentare (14 dpi). Infine si ha disseminazione sistemica, senza segni
clinici.
Modalità di trasmissione:
1. contatto diretto per via oronasale (eliminato con le secrezioni oronasali, feci e urine);
2. movimentazione di animali;
3. seme (possibilità che il verro sia persistentemente infetto):eliminazione per mesi in modo continuo o intermittente;
4. contatto indiretto (epidemiologicamente più importante) → gli animali eliminano il virus per 2 settimane;
l’ambiente resta contaminato per 4 mesi contatto indiretto: fômites.
Adulto non gravido
Penetrazione per via oronasale, viremia e lieve leucopenia. Si può quindi evidenziare l’AE nei centri germinativi
linfonodali, lamina propria del colon, interstizio del rene e del testicolo, periostio turbinati. Si ha infine escrezione del
virus (secrezioni oronasali, feci e urine).
L’infezione è asintomatica con produzione di Ab specifici.
Adulto gravido
Penetrazione per via oronasale, viremia e lieve leucopenia; se l’animale non è immune, passaggio transplacentare
con conseguenze diverse in funzione dell’età gestazionale. L’aborto è raro: solo in caso di grave endometrite o di
reazione sistemica della madre.
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Patogenesi dell’infezione transplacentare
Sviluppo fetale
Esiti sul feto in relazione allo stadio di gestazione in cui si infetta la scrofa
Lesioni anatomopatologiche
Vari gradi di crescita stentata e lesioni fino alla morte fetale: scolorazione, colorazione scura ed emorragica, vari
gradi di stadi congestizi, disidratazione fino alla mummificazione.
I feti che si infettano oltre il 70° giorno di gestazione possono presentare reazioni infiammatorie perivascolari.
Le alterazioni microscopiche evidenziano il tropismo del PPV per le cellule in attiva proliferazione (in particolare
per quelle dell’endotelio vasale).
Non tutti i feti muoiono contemporaneamente, perché l’infezione arriva in utero per via ematogena e passa da feto a
feto per contiguità. La morte fetale avviene in periodi diversi (muoiono prima quelli più in profondità) e i feti
presentano dimensioni diverse. Possono anche andare incontro a calcificazione e restare in utero (si scopre al macello).
Diagnosi
Diretta: emoagglutinazione (HA), IF diretta, isolamento virale su cellule in fase di rapida moltiplicazione, ELISA,
PCR, ibridazione in situ.
Indiretta: inibizione dell’emoagglutinazione (HI), SN, ELISA.
I risultati devono essere interpretati su base clinica ed epidemiologica.
Diagnosi indiretta: inibizione dell’emoagglutinazione (HI)
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Profilassi diretta
Negli allevamenti indenni (per esserlo le scrofe primipare devono avere titoli anticorpali > 640; saranno quindi
protette alla prima gravidanza) il maggior rischio di introduzione è rappresentato dall’acquisto di giovani riproduttori.
È possibile anche l’introduzione per via indiretta.
Negli allevamenti infetti occorre posticipare l’età di inizio della carriera riproduttiva (9 mesi) e fare il contatto
scrofe - scrofette.
Profilassi indiretta
Vaccini inattivati somministrati a 6-7 mesi monovalenti o bivalenti (PPV-Mal Rosso).
Vaccini attenuati (non in vendita): residuano patogenicità fetale se somministrati in utero. Sconsigliati su animali
gravidi.
Lo schema vaccinale deve tenere conto della lunga persistenza degli anticorpi passivi per evitare fenomeni di
blanketing (tener conto della media dell’allevamente). La vaccinazione è economicamente conveniente anche negli
allevamenti con infezione endemica. Nelle scrofette si fanno 2 somministrazioni (4 e 2 settimane precopertura). Nelle
scrofe 1 dose a 10-15 giorni post-parto. Spesso impiegati vaccini bivalenti PPV-Mal Rosso.
Materiali e metodi per un allevamento a ciclo chiuso di 2000 scrofe; profilassi vaccinale:
1. 252 campioni (246 F, 6 M) in circa 9 mesi;
2. per 25 soggetti disponibile un 2° prelievo.
Frequenza relativa dei titoli anticorpali per PPV
Percentuale di soggetti protetti (titolo HI ≥ 1:256) in
funzione della condizione vaccinale
Andamento dei titoli anticorpali in funzione dell’età
Media geometrica dei titoli anticorpali in funzione dell’età (soggetti non vaccinati)
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Prelievo
1
2
Titolo al 1° prelievo
<256
≥256
Soggetti per i quali è stato effettuato un doppio prelievo
N° animali
Età media
Media geometrica titolo HI
25
135
1:101 §
25
316
1:3769 §
§ differenza statisticamente significativa (p<0,001)
Media geometrica titolo HI
N° animali
1° prelievo
2° prelievo
16
1:20 *
1:3597 #
9
1:2389 *
1:4096 #
* differenza statisticamente significativa (p<0,001)
# differenza non statisticamente significativa (p>0,05)
Discussione
La vaccinazione è efficace: il 96,2% dei soggetti ha titoli proteggenti e non sembra risentire dell’effetto blanketing.
L’immunità passiva persiste fino a 5 mesi.
Le scrofette che presentano titoli pre vaccinali più alti sono quelle che rispondono meglio alla stimolazione
immunitaria: anticorpi attivi ?
La cinetica sierologica delle scrofette fa sospettare la presenza di virus nel settore rimonta.
La correlazione età-titolo anticorpale potrebbe essere un’ulteriore conferma della circolazione di virus in
allevamento.
Influenza virus (Orthomyxoviridae)
Nomenclatura e classificazione
Influenzavirus A
Equini, suini, visoni, foche,
balene, pollame, uomo
Orthomyxoviridae
Influenzavirus B
Influenzavirus C
Uomo
Uomo, suino
Thogotovirus
Bestiame, uomo
Esistono tre tipi di influenza: A, B, e C. La distinzione è basata sulle differenze antigeniche delle nucleoproteine
(NP) e della proteina della matrice (M). Ulteriori caratterizzazioni all’interno dei tipi si hanno in funzione delle
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differenze antigeniche delle glicoproteine H e N: almeno 14 (16) sotto-tipi (sierotipi) di H e 9 sotto-tipi di N in
influenza A virus.
Tutti i sierotipi sono presenti negli uccelli ma solo alcuni di essi sono stati isolati da mammiferi.
A/equine/Prague/1/56(H7N7)
A/swine/Lincoln/1/86(H1N1)
Caratteristiche del Virus
Il virione ha medie dimensioni (80-120 nm di diametro) ed è provvisto di envelope.
Il genoma è formato da 8 segmenti di ss RNA che codificano per 10 proteine (5 strutturali, 3 associate alla
polimerasi e 2 non strutturali); è possibile il riassortimento genetico, che avviene frequentemente.
Sull’envelope sono presenti 2 glicoproteine:
1. H (o HA) emoagglutinine;
2. N o NA neuraminidasi.
Patogenicità
Dipende principalmente dalla struttura dell’emoagglutinina (H) che comprende:
1. il sito che riconosce il recettore cellulare;
2. il sito di clivaggio proteolitico necessario ad attivarlo;
3. il sito che opera la fusione con la cellula;
4. almeno 4 siti antigenici variabili per eludere le difese immunitarie.
Normalmente il clivaggio avviene ad opera di enzimi di tipo tripsinico nelle mucose respiratorie e digerenti (bassa
patogenicità); la presenza di aminoacidi basici multipli nel sito di clivaggio rende possibile l’attivazione
dell’emoagglutinina in tutti i tessuti dell’ospite (alta patogenicità). La combinazione di aminoacidi basici multipli è
segnalata solo in alcuni ceppi di H5 e H7. Nei sottotipi H5 e H7 il gene che codifica la proteina H va incontro ad errori
di trascrizione in corrispondenza del sito di clivaggio e si creano le combinazioni di aminoacidi basici.
Sierotipo HA
H1
H2
H3
H4
H5
H6
H7
H8 - H14
* Casi sporadici
Distribuzione HA in natura
Uccelli
Cavalli
Suini
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì (H9) *
Distribuzione N in natura
Uomo
Sì
Sì
Sì
Sì *
Sì *
Sì (H9) *
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Sierotipo N
N1
N2
N3
N4
N5
N6
N7
N8
N9
* Casi sporadici
Uccelli
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Cavalli
Sì
Sì
Suini
Sì
Sì
Uomo
Sì
Sì
Sì *
Fattori che determinano le epidemie:
1. drift antigenico → evoluzione degli orthomyxovirus: cambiamenti graduali che accadono in tutti i tipi e
sottotipi. È la sostituzione o l’inserimento di singoli aminoacidi nelle proteine costitutive del virione per effetto di
mutazioni in regioni instabili del genoma (mutazioni puntiformi). L’accumulo di questi cambiamenti minimi
consente al virus di sfuggire alla pressione immunitaria;
2. shift antigenico e riassortimento → è l’evoluzione degli orthomyxovirus solo tipo A; sono cambiamenti drastici
(Shift antigenico). È lo scambio di segmenti di RNA tra 2 virus che replicano nello stesso ospite (H1N1 + H6N6 →
H1N6 e H6N1) con comparsa di un nuovo sottotipo che diffonde più facilmente non trovando protezione
immunitaria;
15
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3. immunità di breve durata;
4. passaggio del virus attraverso specie diverse.
Comportamento degli Orthomyxovirus A negli ospiti naturali
Sono in equilibrio con l’ospite replicano con minimo danno e l’ospite ha scarse reazioni immunitarie, quindi le
popolazioni virali si mantengono stabili. Negli ospiti aberranti, la pressione immunitaria porta a cambiamenti continui
nelle popolazioni virali (drift e shift). L’HPAI è un fenomeno proprio del pollame domestico, rara nei selvatici, dove
provoca una sintomatologia molto grave.
Trasmissione interspecifica degli Orthomyxovirus di tipo A
Barriere di specie
I virus A degli uccelli non replicano normalmente nell’uomo e viceversa i virus dell’uomo non replicano negli
uccelli.
Restrizione nella gamma degli ospiti
La glicoproteina H (emoagglutinina) riconosce gli oligosaccaridi della membrana cellulare. I recettori
oligosaccaridici degli uccelli sono diversi da quelli dell’uomo.
Il virus dell’influenza aviaria infetta gli uccelli perché la sua emoagglutinina si lega a recettori specifici,
NeuAcα2,3Gal, presenti sulle cellule delle vie aeree e dell’apparato intestinale.
Nell’uomo i recettori specifici per i virus dell’influenza umana sono diversi, NeuAcα2,6Gal.
Il virus aviario può infettare l’uomo perché trova lo stesso recettore su pochissime cellule dell’epitelio tracheobronchiale umano.
Al momento attuale la trasmissione interumana non sembra essere possibile in quanto la carica eliminata dall’uomo
infetto potrebbe essere insufficiente ad iniziare un processo di infezione in un altro ospite umano a causa della bassa
quantità di recettori specifici per il virus (NeuAca2,3Ga).
In teoria la trasmissione interumana potrebbe avvenire solo se il virus, mutando, acquista la capacità di legarsi ai
recettori specifici dei virus influenzali umani (NeuAca2,6Gal), mantenendo inalterata la sua elevata patogenicità.
Trasmissione degli Orthomyxovirus di tipo A all’uomo
Il passaggio diretto dagli uccelli all’uomo può avvenire tramite due modalità:
1. un virus degli uccelli infetta l’uomo o il suino adattandosi ai recettori dei mammiferi (drift);
2. un virus degli uccelli e un virus umano possono infettare contemporaneamente l’uomo o il suino e si verifica il
riassortimento (shift).
Il suino possiede entrambi i recettori umani e aviari ha quindi ruolo di mediatore.
Influenza aviaria e influenza umana
La grande pandemia del 1918
Circolazione dei virus dell’Influenza A negli uomini nell’ultimo secolo
Nel secolo scorso l’uomo è stato colpito da 3 pandemie:
1918 → A (H1N1) virus aviare;
1957 → A (H2N2) riassortimento virus aviare + virus umano;
1968 → A (H3N2) riassortimento virus aviare + virus umano;
(1977 A (H1N1) incidente di laboratorio?).
Ci sono stati casi sporadici senza adattamento di trasmissione diretta all’uomo di virus aviari:
1. H7N7:
a. 1977 incidente di laboratorio → cheratocongiuntivite;
1.
2.
3.
4.
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b. (1979- 1980 da foche → congiuntivite);
c. 1996 da anatre → congiuntivite;
d. 2003 da pollo (HPAI) → congiuntivite e sintomi respiratori; in Olanda 169 casi di congiuntivite, da 66 (35%)
isolato il virus, uguale a quello del pollo. Dall’unico caso di mortalità isolato un virus con 14 variazioni di
rilievo rispetto al ceppo del pollo;
2. H5N1 (grave)
a. 1997 Hong Kong → 18 casi 6 morti; virus con elevata capacità replicativa negli infetti ma incapacità a
diffondere da uomo a uomo;
b. 2004Vietnam e Thailandia → 45 casi; 32 morti;
3. H9N2 (moderata):
a. 1999Hong Kong → 2 casi sintomi respiratori banali;
b. 2003 Hong Kong → 1 caso sintomi respiratori banali;
Questi isolamenti sono la conseguenza dell’elevato stato di allerta in seguito ai casi del 1997. Lo stesso virus è stato
isolato da quaglie e sembra aver infettato in precedenza altri bambini.
Swine Influenza
Malattia infettiva, contagiosa, ad andamento acuto caratterizzata da sintomi respiratori.
È un Influenza virus tipo A con un sottotipo principale (H1N1) e 2 varianti fino al 1998; dopo il 1998, comparsa di
ceppi H3N2 derivanti da riassortimenti di virus umani e dei volatili.
Clinicamente è caratterizzata da sintomi respiratori ed evoluzione acuta (7 gg). La riduzione di fattori stressanti e/o
di coinfezioni riduce notevolmente la mortalità (< 1%), ma si hanno perdite di peso e diminuzione dell’accrescimento
negli animali che guariscono.
I focolai sono più frequenti nel tardo autunno- inizio inverno.
SIV in North America:
1. 1918 Influenza recognized clinically in pigs;
2. 1930 First swine influenza isolated. classical H1N1;
3. 1930-1990’s Classical H1N1 in North America;
4. 1997-98 Appearance of H3N2;
5. 2000 H1N2 reassortmant of H1N1 and H3N2;
6. 2000 H4N6 avian isolated from pigs.
Genotypes of H3N2 influenza A viruses isolated from pigs
in North America since 1997
Genotype of the H1N2 influenza A viruses isolated from
pigs in the United States since 1999
17
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Sintomi
Le forme “pure” epidemiche si presentano con febbre, letargia, tosse, scolo nasale e oculare, anoressia.
PRDC porcine respiratory disease complex → PRRSV, Mycoplasma.
Diagnosi di SIV
Diagnosi diretta: isolamento virale su uova, isolamento virale su colture cellulari, IF, immunohistochimica (IHC),
PCR, Membrane enzyme immunoassay-hu flu (EIA), Microwell enzyme immunoassay-hu flu.
Diagnosi indiretta: inibizione dell’emoagglutinazione, ELISA.
Porcine Reproductive & Respiratory Syndrome PRRS
Sindrome riproduttiva e respiratoria del suino
Storia
Malattia infettiva contagiosa causata da un virus della Fam. Arteriviridae, responsabile di patologie respiratorie e
riproduttive che produce un grave danno economico (PRDC). Presenta una grande variabilità fenotipica (virulenza) e
genotipica dei ceppi circolanti, quindi c’è la possibilità di reinfezione per ceppi diversi.
È di recente comparsa (fine anni ‘80):
1. 1987: prima descrizione della nuova sindrome in USA (Mystery Swine Disease);
2. 1990: comparsa della malattia anche in Europa (Porcine Epidemic Abortion and Respiratory Syndrome; Blue
Ears);
3. 1991: prima identificazione del ceppo europeo (Lelystad virus);
4. 1992: prima identificazione del ceppo USA (VR 2332).
Evidenze sierologiche della sua circolazione sin dal 1979 in Canada, 1985 in US e Corea, 1988 in Giappone e
Germania. Attualmente l’infezione è ubiquitaria
Ha assunto diversi nomi: Nord America Mystery swine disease (MSD), Mystery pig disease (MPD), Swine
infertility and respiratory disease (SIRS), Swine reproductive and respiratory disease (SRRS), Swine reproductive
failure syndrome (SRFS), Smedi-like syndrome, Porcine viral syndrome Syndrome HAAT, Plague of 88-89, Disease
89, Europa New pig disease, Blue-eared pig disease, Abortus blauw, Porcine epidemic abortion and respiratory
syndrome (PEARS), Seuchenhafter Spätabort der Sauen.
Eziologia
Famiglia Arteriviridae, gen. Arterivirus. È un virus a ssRNA, sferico, di 50 - 65 nm e dotato di envelope.
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La sopravvivenza nell’ambiente non è elevata: alcune settimane a 4 °C e pH 7,5, in allevamento meno di 1 giorno a
25 °C; nell’acqua può resistere sino a 10 gg. È facilmente inattivato da calore, secco, comuni disinfettanti, ma resiste al
congelamento. C’è alta variabilità fra ceppi circolanti.
PRRSV presenta due genotipi:
1. EU-Typ;
2. US-Typ.
All’interno di questi due genotipi ci sono infiniti ceppi con variabilità genotipica più o meno diversa tra loro e tra
loro e il genotipo di appartenenza. Ceppi di uno stesso genotipo però sono ovviamente più simili tra loro.
Epidemiologia
L’ospite principale è il suino (anche il cinghiale in piccola misura), ma ci sono altre specie suscettibili. Il Germano
reale (Anas platyrhinchos), si infetta, elimina il virus per periodi lunghi (40 gg nelle feci), trasmette l’infezione ad altri
germani ed è in grado di infettare il suino (sono rari i contatti però). Il suo ruolo epidemiologico è però marginale.
Negli USA (2005) è stato stimato che la PRRS ha causato perdite complessive pari a 441 milioni di Euro. Di questi,
230 milioni (51%) nel settore accrescimento per aumento di mortalità e riduzione della produzione. Il danno
complessivo causato nei settori svezzamento e magronaggio-ingrasso rappresenta l’88% del danno totale indotto da
PRRS nell’allevamento suinicolo intensivo. La stima economica del danno indotto dalla forma respiratoria da PRRS è
valutata in 6,03 euro/capo, di cui 2,5 euro/capo sono da imputare direttamente all’aumento di mortalità indotta da
PRRS, 3,5 euro/capo sono da imputare ai maggiori costi di gestione del magronaggio ingrasso (costi di medicazione
per il controllo delle forme respiratorie).
Danni indotti da PRRSV, in percentuale e per settore:
1. riproduzione 12 %;
2. svezzamento 36 %;
3. ingrasso 52 %.
Danni imputabili a PRRS (USA, 2005) in milioni di euro:
1. riduzione dell’accrescimento 133;
2. mortalità all’ingrasso 97;
3. scarti in svezzamento 64;
4. mortalità in svezzamento 94;
5. mortalità presvezzamento 32;
6. parti mancati 20.
Anno
2002
2004
2006
2006
Zona
Umbria-Marche
Lombardia
Piemonte
Nord Italia
Totale
Diffusione in Italia
Aziende testate Aziende positive
7
7
36
36
14
13
82
81
139
137
Suini positivi
42-45%
81%
81%
89%
Coesiste la circolazione di ceppi americani, più patogeni, e ceppi europei (differenziabili geneticamente e
antigenicamente); all’interno di entrambi i ceppi la variabilità sia dal punto di vista antigenico (cross-protezione), che
da quello della patogenicità, è elevatissima. La via più comune di infezione per un allevamento è l’introduzione di suini
infetti; nello stesso allevamento possono circolare stipiti diversi.
Il virus è eliminato con secrezioni nasali e, in quantità minori, con la saliva, latte, feci, urine e nel seme, in modo
intermittente, anche per 100 gg.
La trasmissione intrauterina avviene nell’ultimo terzo della gravidanza, quella indiretta tramite aghi, strumenti,
indumenti, veicoli. È segnalata la trasmissione aerogena (fino a 3 km).
L’escrezione virale è di durata variabile: la viremia (specie in suini giovani) può durare oltre 2 mesi. Alcuni animali
possono rimanere portatori (oro-faringe, tonsille) dopo la viremia anche per oltre 200 gg.
Il virus ha un tropismo spiccato per i macrofagi, in particolare alveolari, nei quali replica determinandone la morte.
Abbassa quindi le difese aspecifiche polmonari, aprendo quindi la porta alle patologie respiratorie.
Patogenesi
La PRRS provoca quindi: aborto, suinetti poco vitali, maggiore probabilità di confezioni, polmoniti, riduzione della
qualità dello sperma.
19
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inalazione – ingestione – fecondazione – iniezione – via transcutanea

replicazione nei macrofagi alveolari, delle mucose, nei linfonodi

viremia e infezione dei linfonodi prolungata




scrofa
verro tratto genitale
feto
infezioni subcliniche
malattia
aborto




seme
Nati prematuri
vari organi colpiti


secrezioni oro-nasali, feci,urine, latte, sangue
Gli Ab sono evidenziabili 9 gg p.i., gli Ab neutralizzanti, a titoli bassi, compaiono più tardi (30 gg). In assenza di
stimoli antigenici gli Ab scompaiono dopo 4-8 mesi (sieronegativizzazione). Non è chiaro se animali rinegativizzati
siano pienamente recettivi o meno e il ruolo degli Ab e dell’immunità cellulo-mediata nella clearance virale e nella
protezione dall’infezione. L’immunità materna è di breve durata (3-6 settimane).
Sintomi
L’infezione produce effetti diversi in funzione di:
1. dose infettante;
2. variazioni di ceppo geneticamente determinate-virulenza;
3. Antibody dependent enhancement (ADE);
4. velocità di diffusione di ceppi esistenti e nuovi nell’allevamento;
5. presenza di altre infezioni (coinfezioni);
6. età del maiale al momento dell’infezione;
7. stadio riproduttivo;
8. genetica (?);
9. livello di immunità nella popolazione nei confronti dei ceppi (ceppi eterologhi e protezione crociata);
10. ricoveri e ambiente;
11. tipo, gestione e stato sanitario dell’allevamento;
12. stato immunitario;
13. presenza di fattori di stress.
Provoca problemi riproduttivi: ritorni in calori (per riassorbimento embrionale o morte fetale precoce), parti
prematuri, aborto, natimortalità, disvitalità, agalassia post partum.
Sintomi nella scrofa: febbre (40-41 °C), depressione, inappetenza (4-7 gg) che colpisce in successione gruppi
diversi di animali; aborti tardivi (oltre il 70° g), feti mummificati, parti prematuri, natimortalità, suinetti deboli poco
vitali, mortalità pre-svezzamento. Ci sono ancora ritorni in calore (21-35 gg dopo fecondazione) e ritardi nella
comparsa calori post-svezzamento; agalassia, mastite, “orecchi blu”, sintomi respiratori. In alcuni casi gli aborti
possono interessare il 10-50% delle gestanti, per un periodo di 4-6 settimane.
Sintomi nel verro: febbre (40-41 °C), depressione, inappetenza (4-7 gg), calo della libido e della fertilità
I suinetti (post svezzamento) sono deboli alla nascita, presentano ipoglicemia per ridotta assunzione di latte, tosse,
respiro frequente, depressione anoressia (sintomi più gravi con complicanze batteriche), diarrea e tremori, emorragie.
All’ingrasso hanno sintomi respiratori, febbre, inappetenza, letargia, febbre, starnuti, difficoltà respiratorie,
diminuzione dell’appetito, dell’indice di conversione e dell’accrescimento, cianosi delle estremità.
Lesioni anatomopatologiche
Le lesioni anatomopatologiche o non sono specifiche o sono assenti (presenti in particolare in animali in fase di
accrescimento). I polmoni all’esame macroscopico presentano congestione, edema interstiziale e atelettasia,
consolidamento diffuso (diagnosi differenziale con Mycoplasma); all’istologia: polmonite interstiziale intralobulare
(alveolo settale) focale o diffusa, infiltrato settale di macrofagi e linfociti, iperplasia dei pneumociti di II tipo, manicotti
perivasali (perivasculite) e peribronchiali, macrofagi, neutrofili e detriti negli alveoli. Negli altri organi:
1. tessuti linfoidi: carioressi follicolari con forte iperplasia sia follicolare che del tessuto interfollicolare;
2. vasculiti fino a necrosi fibrinoide in diversi tessuti;
3. miocardite interstiziale linfoistiocitaria;
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4. encefalite lnfocitaria;
5. feti: emorragie (in infezioni sperimentali: polmonite interstiziale, arterite ombelicale necrotizzante); la morte fetale
è causata sia da danni diretti che dalle alterazioni alla circolazione (danno indiretto).
Diagnosi
Diretta: da sangue, polmone, tonsille, raschiato orofaringeo, fluido toracico di feti abortiti, seme. Si effettua per
confermare la diagnosi e si può fare PCR, IF, immunoistochimica (virus molto labile nei tessuti di animali morti).
Si effettua il sequenziamento delle regioni ORF 5 o ORF 7 per differenziare i ceppi (endemici o di nuova
introduzione).
La diagnosi indiretta (poco utile perché l’infezione è praticamente endemica) si effettua per determinare lo status
dell’allevamento (infetto/indenne) tramite: valutazione della sieroconversione (conferma di problemi clinici), ELISA
(Ab dimostrabili 7-10 gg p. i.), SN (Ab dimostrabili 2-3 mesi p. i.), IF, IPMA (immunoperossidasi).
Occorre prelevare materiale da campioni significativi di diversi gruppi di suini; accoppiare diagnosi diretta e
indiretta.
Profilassi
Esistono diverse strategie a seconda dello stato sanitario dell’allevamento, della sua struttura, della fonte e dell’età
delle scrofette da rimonta. Si possono fare misure di profilassi diretta: tutto pieno-tutto vuoto, one way principle,
separazione fra reparti, restrizioni accessi, pulizie e disinfezioni degli ambienti, dei veicoli, controllo circolazione ratti,
distruzione carcasse animali morti, feti, placente, ecc; e di profilassi indiretta: vaccini disponibili, vivi per ingrasso,
spenti per riproduttori, non soddisfacenti.
Stato PRRS nell’allevamento di origine
+
+
Stato PRRS nell’allevamento di arrivo
+
+
-
Gestione della rimonta delle scrofette
8 settimane di isolamento/acclimatamento
3-8 settimane di isolamento/acclimatamento
Isolamento per 8 set/sentinelle/sierol. e virol.
No
Acclimatamento delle scrofette:
1. esposizione della rimonta per un periodo sufficiente ad infettarsi, superare l’infezione e sviluppare immunità a
animali o materiale patogeno (feci, placente) dell’allevamento prima della introduzione (“stabilizzazione”);
2. immissione in produzione di animali che hanno avuto contatto con gli agenti presenti nell’allevamento;
3. immuni o con immunità materna.
Peso all’introduzione
6 kg
30 kg
> 80 kg
Profilassi: scelta scrofette di rimonta
Pro
Contro
Non infette
Esposizione a patogeni rischiosa
Tempi acclimatamento
Stress da trasporto
Risposta all’infezione; adattamento allo stress da
In genere già infette con virus che possono essere diversi
trasporto; tempi acclimatamento
Risposta all’infezione; adattamento allo stress da
Troppo vicine al primo calore; in genere già infette con
trasporto
virus che possono essere diversi
Allevamento positivo (S. A. Dee):
1. “stabile inattivo”: infezione pregressa, produzioni e stato sanitario normali. Se le condizioni territoriali lo
permettono, si può puntare alla eradicazione;
2. “stabile”: infezione presente negli animali svezzati, non nei riproduttori. Gli svezzati si infettano dopo lo
svezzamento, se entrano in contatto con altri suinetti più adulti o con suini già nella fase di ingrasso. Incrementi
ponderali non ottimali, sintomatologia respiratoria, con eventuali complicazioni;
3. “instabile”: infezione in atto; la stabilizzazione richiede tempi lunghi anche un anno (oppure depopolamento).
Allevamento indenne:
1. introduzione scrofette da allevamenti che certificano il loro stato di PRRS free;
2. seme o verri da produttori PRRS free;
3. strette misure di biosicurezza;
4. difficile da mantenere in aree endemiche ad alta densità di allevamenti.
Sono disponibili 2 vaccini spenti ed uno vivo attenuato che evitano la malattia, ma non l’infezione. non sono
protettivi al 100 %, hanno scarsa cross-protezione fra ceppi virali diversi e necessitano di lungo tempo per indurre
immunità (6 sett.). Ci sono danni prodotti dall’uso di vaccini vivi americani in Europa.
Sindrome Multisistemica del Deperimento Post-Svezzamento del Suino
21
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Post-weaning Multisystemic Wasting Syndrome (PMWS)
Descritta in Canada nel 1991, ha diffusione mondiale e colpisce animali di 5-15 settimane con gravi ripercussioni
zoo-economiche. Non è una zoonosi.
Statistica
Mortalità presvezzamento
Mortalità allo svezzamento
Mortalità all’ingrasso
Mortalità totale
Incremento ponderale (g)
Costo per Kg di peso vivo
PMWS: conseguenze zoo-economiche
Prima della PMWS
10%
2%
2%
4%
592 gr
36 p
Con la PMWS
10%
17%
4%
21%
526 gr (-11%)
41 p (+14%)
Eziologia
Famiglia: Circoviridae (DNA); Genere:
1. Gyrovirus, Specie: Virus dell’anemia dei polli (Chicken Anaemia Virus, CAV);
2. Circovirus, Specie:
a. Circovirus suino tipo 1 (Porcine Circovirus type 1, PCV1) → sembra che sia apatogeno e spesso contamina
linee cellulari usate in diagnostica;
b. Circovirus suino tipo 2 (Porcine Circovirus type 2, PCV2) → ha capacità immunodepressive (come PRRS)
quindi possono verificarsi infezioni batteriche secondarie; per evitare ciò si utilizzano antibiotici con un
notevole dispendio economico;
c. virus della malattia del becco e delle piume degli Psittacidi (Psittacine Beak and Feather Disease Virus,
PBFDV).
È un virus a singolo filamento di forma circolare 1.7 - 2.1 kb di DNA (abbastanza stabile antigenicamente), di
piccole dimensioni (17-22 nm), senza envelope, a simmetria icosaedrica, 32 unità morfologiche, composte da 3
proteine nel CAV e da una proteina nei PCV (il PCV1 non agglutina gli eritrociti). La replicazione avviene nel nucleo
della cellula ospite.
Non viene inattivato a pH 3, a cloroformio e a temperature di 56°C e di 70°C.
Le conoscenze sono scarse sul ciclo di replicazione (adsorbimento e penetrazione nella cellula ospite, trascrizione e
replicazione del genoma e assemblaggio delle particelle virioniche), ma la replicazione del PCV1 è strettamente
dipendente dal ciclo cellulare: nel nucleo della cellula ospite (del sistema immunitario) per intervento di enzimi di
origine cellulare (DNA polimerasi), espressi in grande quantità durante la fase S (fase di sintesi del DNA). L’ingresso
del virus (probabilmente del solo genoma virale) nel nucleo è legato alla fase mitotica:
1. il PCV1, non è in grado di attraversare autonomamente la membrana nucleare integra
2. viene incluso nei nuclei delle cellule figlie durante la ricostruzione del loro involucro nucleare
Diagnosticata per la prima volta nel 1991 in Canada (Harding, 1996) in seguito segnalata in: Stati Uniti, Messico,
Italia, Grecia, Svizzera, Francia, Spagna, Regno Unito, Irlanda del Nord e Repubblica Irlandese, Germania, Austria,
Olanda, Ungheria, Danimarca, Corea del Sud, Giappone, Taiwan. La sua diffusione geografica è legata soprattutto
all’allevamento suino intensivo.
Il PCV2 non è un nuovo virus e la PMWS non è un nuova malattia. Erano presenti anche in passato, ma non
venivano associati alla patologia. Negli ultimi 5 anni si è passati da casi sporadici ad eventi epidemici a causa o di un
evento improvviso (qualcosa ha favorito il virus tipo shift o uso di linee genetiche diverse di suini) o di qualcosa di
progressivo (uso costante di vaccini).
Sintomatologia
Provoca deperimento/malessere, dispnea, aumento di volume dei linfonodi, pallore associato ad anemia, diarrea,
ittero. I sintomi sono osservabili nel complesso dell’allevamento, raramente tutti insieme nel singolo animale.
Colpisce nel post-svezzamento con morbilità e mortalità molto variabili (3%-50%) e letalità alta (80%; oggi tende a
diminuire perché la PMWS si manifesta più tardi nel ciclo produttivo e i suinetti sono quindi più grandi e più
resistenti). Nell’allevamento sono presenti animali sani e malati nello stesso box (ciò ha reso difficile l’identificazione
della malattia come di origine virale) ed è a difficile eradicazione: perdite limitate ma persistenti (long name difficult
solution).
Patologie associate a PCV2: wasting syndrome (PMWS), dermatitis nephropathy syndrome (PDNS), porcine
respiratory disease complex (PRDC), proliferative necrotizing pneumonia (PNP), disordini riproduttivi (da valurare
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l’importanza), type A2 congenital tremor (CT), greasy pig disease (Staphylococcus hyicus) e altre (necrotic ear disease,
granulomatous enteritis, necrotizing lymphadenitis). Oggi, quindi, si parla di PCV2 disease complex.
Ipotesi eziologiche di PMWS
Sono basate sullo studio di casi naturali di PMWS e infezioni sperimentali. Il circovirus suino tipo 2 (PCV2) ha
ruolo primario e c’è probabile coinvolgimento di altri agenti virali o batterici (PPV, PRRSV, Micoplasma, Agente X
ecc). Il ruolo degli altri fattori è in funzione di:
1. ceppo virale e carica virale;
2. età e stato immunitario dell’animale al momento dell’infezione;
3. infezioni secondarie (ruolo immunosoppressivo di PCV2 ?);
4. stimolazione del sistema immunitario? (co-infezioni, vaccinazioni);
5. genetica;
6. alimentazione;
7. condizioni di allevamento e management;
8. altro.
L’infezione da PCV2 è estremamente diffusa negli allevamenti suini (>80% sieropositivi). Presente sia in
allevamenti affetti da PMWS sia non affetti; l’infezione da PCV2 è necessaria, ma non sufficiente per la piena
espressione della PMWS; è quindi una patologia condizionata a probabile eziologia multifattoriale.
Risultati di infezioni sperimentali
Mancanza di malattia clinica e lesioni di lieve entità
PMWS clinica e gravi lesioni nella maggior parte degli
PCV2 + PPV in suinetti gnotobiotici
animali, non riproducibile sempre!!!
PMWS clinica e gravi lesioni nella maggior parte degli
PCV2 + immunostimolazione in suinetti gnotobiotici
animali, non riproducibile sempre!!!
PMWS clinica e gravi lesioni in 15-25% degli inoculati.
PCV2 da solo in suini SPF/CD
Lesioni lievi nel 75% degli inoculati , non riproducibile
sempre!!!
PMWS clinica e gravi lesioni a volte in 100% degli inoculati,
PCV2 + PPV in suini SPF/CD
non riproducibile sempre!!!
Moderate/gravi lesioni istologiche e PMWS clinica, non
PCV2 + PRRSV in suini SPF/CD
riproducibile sempre!!!
PCV2 da solo in suini convenzionali sieronegativi
PMWS clinica e gravi lesioni, non riproducibile sempre!!!
PCV2 da solo in suini convenzionali sieropositivi (condizione
No PMWS
normale di campo)
PCV2 da solo in suinetti gnotobiotici
In ogni caso non vengono soddisfatti i postulati di Koch.
Patogenesi
Coinfezione per via oronasale di PCV2 e PPV e localizzazione negli istiociti della regione orofaringea.
Il PPV provoca viremia cellulo-associata: replicazione nei tessuti linfoidi → proliferazione di linfociti e macrofagi
→ immunità protettiva.
Anche il PCV2 replica, più lentamente del PPV, nei macrofagi ma l’immunità nei suoi confronti non si viene a
stabilire.
Durante la fase immunoproliferativa caratteristica dell’infezione da PPV i macrofagi attivati e probabilmente altre
cellule del sistema immunitario supporterebbero la replicazione del PCV2; la produzione di virioni e la loro diffusione
da cellula a cellula sarebbero facilitate dall’incremento delle capacità fagocitarie e di fusione dei macrofagi. Le barriere
locali del tessuto linfoide verrebbero così varcate e il PCV2 si disseminerebbe grazie allo sviluppo di una risposta
infiammatoria sistemica (proliferazione macrofagica). L’attivazione delle cellule del sistema immunitario (osservabile
durante le prime fasi del processo infiammatorio), è determinante per l’espressione della patogenicità del PCV2.
Krakowka e coll. (2001) hanno dimostrato che l’inoculazione di agenti immuno-stimolanti non viventi (iniezioni
s.c. di un’emulsione composta da emocianina e adjuvante di Freund incompleto) è in grado di promuovere l’insorgenza
della PMWS in suinetti gnotobiotici pre-infettati con il PCV2.
Sintomatologia
23
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Provoca deperimento e dispnea. Il deperimento/malessere è il sintomo più evidente ed importante. Inizia con una
perdita di peso molto lieve che si aggrava nell’arco di alcune settimane. Negli stadi finali della malattia diventa
evidente un grave deperimento/malessere. Spesso gli animali colpiti tendono a rifiutare il cibo. La dispnea (“sbuffo”)
ha una gravità variabile da lieve a tale da compromettere la vita dell’animale.
In genere la sintomatologia respiratoria (dispnea, tosse, starnuti e tachipnea), interessa il 15-20% degli animali.
L’aumento di volume dei linfonodi (bronchiali, mediastinici, mesenterici ed inguinali) è una caratteristica
importante ma raramente individuata dall’allevatore. Solo gli inguinali superficiali e solo nel caso, peraltro non
infrequente, che il loro aumento di volume sia di 3-5 volte, si rendono facilmente apprezzabili all’esame ispettivo in
vita.
Costante il pallore cutaneo, conseguenza di progressiva anemizzazione. L’anemia potrebbe essere in parte riferita ad
un danno del comparto emopoietico: piastrinopenia, diminuzione dell’ ematocrito (ipoplasia del midollo emopoietico).
Considerando che al PCV2 è stato affidato un ruolo fondamentale nella patogenesi della PMWS e che un suo omologo
aviare (Chickens Anemia Virus, CAV), replica nelle cellule del midollo emopoietico e della corteccia timica
causandone morte per apoptosi, non si potrebbe escludere a priori che l’anemia degli animali cronicamente affetti sia
direttamente correlata all’ infezione da PCV2. Tuttavia, l’anemia potrebbe essere dovuta a ulcere a livello della pars
oesophagea dello stomaco. Anche i disordini epatici, dimostrati negli animali cronicamente affetti da importanti
alterazioni dei parametri di funzionalità epatica (aumento di AST e gamma GT, diminuzione delle albumine sieriche)
potrebbero svolgere un ruolo importante nello sviluppo dell’anemia.
La diarrea post-svezzamento ha spesso un’eziologia multifattoriale: Salmonella sp., Brachyspira sp. ed E. coli
enterotossico. è stato dimostrato che il PCV2 colpisce direttamente tutti i tratti dell’apparato gastroenterico ed in
particolare stomaco, duodeno ed ileo. La conseguente diarrea è tipicamente profusa e di colore marrone omogeneo, può
condurre in poco tempo a marcata disidratazione.
Sebbene l’ittero non sia uno dei sintomi più frequenti, la maggior parte degli allevamenti colpiti dalla PMWS
riporta la presenza, almeno sporadica, di animali itterici. La pigmentazione itterica della cute e delle mucose apparenti
interessa solitamente il 20% degli animali affetti da PMWS. Può essere osservato, insieme a dispnea e/o marcato
deperimento, negli animali in fase terminale. Sembra essere di origine epatica; è importante nella diagnosi differenziale
con la PRRS.
Lesioni anatomopatologiche
Macroscopiche (non specifiche, possono solo indirizzare verso la diagnosi): consolidazione polmonare, polmonite
interstiziale, linfoadenopatia sistemica (iperplasia e congestione linfonodi), ingrossamento della milza e del fegato,
ulcere gastriche dimagramento, anemia, ittero ecc.
Microscopiche (Tipiche, fondamentali per la diagnosi): deplezione linfocitaria, infiltrazione linfo-istiocitaria di
numerosi tessuti, comparsa di cellule giganti polinucleate, presenza di corpi inclusi anfofili intracitoplasmatici o
talvolta intranucleari, polmonite epatite e nefrite interstiziale ecc.
In condizioni di campo è difficile ritrovarle tutte insieme. Per formulare una corretta diagnosi è necessario
esaminare più animali (8-12).
Diagnosi
1.
2.
3.
1.
2.
3.
Per PMWS si effettua tramite:
presenza di sintomatologia clinica;
lesioni istopatologiche dei tessuti linfoidi;
individuazione del PCV-2 nelle lesioni (ISH, IHC).
Per PCV-2:
isolamento virale:
a. PK15 negative PCV-1;
b. Immunofluorescenza;
c. Immunoperossidasi;
PCR con primers specifici tipo 2 (Ellis,1999);
Sierologia:
a. IPMA;
b. ELISA competitiva con anticorpi monoclonali specifici per PCV-2.
Diagnosi di PMWS
Fasi diagnostiche
Sintomatologia clinica
Lesioni macroscopiche
in caso di pmws
Deperimento, scarso accrescimento
Linfoadenomegalia generalizzata,
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Lesioni microscopiche
Evidenziazione di PCV 2
polmonite, enterite, ittero
deplezione cellulare in organi e tessuti
linfatici e/o infiltrazione istiocitaria di
vario grado (polmoni e tessuti linfatici)
IF, IIC, PCR
Profilassi
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
Occorre fare:
TP/TV;
disinfezione e pulizia;
usare vaccini solo se necessario e con coscienza;
gestione del colostro in sala parto con pareggiamento nidiate;
evitare il più possibile il rimescolamento di animali, soprattutto se di età e stato immunitario diverso;
mantenere i vari gruppi di animali separati da muri spessi o porte chiuse;
ridurre la densità numerica degli animali nei gruppi.
Mal Rosso
Malattia infettiva, contagiosa, a decorso acuto, subacuto e cronico caratterizzata da: fenomeni setticemici,
manifestazioni esantematiche, lesioni endocardiche e articolari a carattere proliferativo.
È causata da Erysipelothrix rhusiopathiae, unica specie del genere Erysipelotrix, che è patogeno per suino, ovino,
tacchino. Viene isolato anche da numerosi mammiferi domestici e selvatici, rettili, anfibi. È diffuso in tutto il mondo e
nell’uomo provoca la c.d. erisipeloide, lesione infiammatoria cutanea che solitamente colpisce mani ed avambracci; è
una malattia professionale per personale a contatto con gli animali, addetti alla lavorazione delle carni o alla
manipolazione di prodotti di OA (sono però necessarie delle microlesioni sulla cute); è a decorso benigno, non c’è
setticemia e la lesione è localizzata al punto di ingresso.
Eziologia
Germe pleomorfo (bastoncino, forma coccoide, forma filamentosa), Gram positivo, immobile, acapsulato,
asporigeno, aerobio facoltativo (alcuni ceppi replicano meglio in atmosfera al 5-10% di CO 2) che cresce a 5-42° C.
Si coltiva su comuni terreni di coltura (meglio se addizionati di siero o di sangue), dove danno origine a colonie
lisce; le forme filamentose possono dare colonie rugose.
Antigeni
Quasi tutti i ceppi hanno in comune 1 o più antigeni termolabili (proteine o complessi lipolosaccaridici) rilevabili
con prove di agglutinazione o immunità crociata: antigene G (di specie) e antigeni A e B (tipo-specifici), presenti in
quantità variabili nei diversi ceppi, consentendone la classificazione in sierotipi. Se ne conoscono 23.
Presenta fattori di virulenza:
1. capacità di adesione alle valvole cardiache;
2. neuraminidasi e ialuronidasi: enzimi che danno lesioni a livello articolare.
La patogenesi dipende dal grado di virulenza dei singoli ceppi non è stata ancora dimostrata la presenza di tossine.
Habitat e diffusione
È un’infezione cosmopolita; l’agente eziologico è largamente distribuito in natura (suolo, cibi, acque)e molto
resistente:
1. 5 gg nelle acque potabili;
2. 15 gg nelle acque di scarico;
3. qualche mese nel suolo;
4. fino a 10 mesi nelle carcasse congelate.
Epidemiologia
Il più importante serbatoio è il suino. L’agente eziologico viene isolato da suini apparentemente sani da tonsille e
cripte ghiandolari della valvola ileo-ciecale. Il 30-50% dei suini sono reservoir e diffusori nell’ambiente tramite le feci.
Negli animali con forme acute vengono eliminate notevoli quantità di germi attraverso: feci, urina, saliva e secrezioni
nasali.
Trasmissione indiretta: suolo, acque di superficie, farine di pesce (strato mucillaginoso cutaneo dei pesci), numerose
specie animali (roditori, volatili selvatici e domestici, tacchini, bovini, equini, ovini, cani, gatti), sostanze in
putrefazione, acque stagnanti, pascoli.
25
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Fattori predisponenti
L’età è un fattore predisponente, infatti nel suino la sensibilità è massima fra i 3 mesi e i 3 anni (prima dei 3 mesi è
protetto dall’ immunità colostrale), sopra i 3 anni dall’immunità attiva da pregressa infezione subclinica.
I suini “rustici” sembrano meno recettivi rispetto a quelli selezionati.
Il MR compare spesso in associazione a forme virali e l’evoluzione in forma acuta è più probabile se nell’alimento
sono presenti aflatossine (può esserci compromissione della vaccinazione).
Altri fattori sono i cambiamenti di alimentazione, sbalzi termici improvvisi, trasporto, fattori alteranti l’equilibrio
ospite-parassita e la virulenza del ceppo.
Patogenesi
La via gastroenterica è la principale via di penetrazione, ma entra anche da cavo orale,faringe, amigdale di animali
sani, cute (soluzioni di continuo, punture di ematofagi); dopo passa nel circolo linfatico e nel circolo ematico
(setticemia con interessamento di venule, capillari di molti organi). È un parassita intracellulare facoltativo.
Forma acuta
Si presenta come una “coagulopatia generalizzata shock-simile” con rigonfiamento dell’endotelio vasale, aderenza
di monociti alle pareti vascolari e trombosi ialina diffusa. Poi trombosi fibrinosa, diapedesi, invasione dell’endotelio
vascolare e formazione di depositi di fibrina. Può esserci reazione connettivale a livello di articolazioni, valvole
cardiache, vasi. In mancanza di batteriemia si può avere la sola lesione locale con regressione spontanea (per infezione
cutanea di germi a bassa virulenza, per elevata resistenza dell’ospite).
Forma cronica
Le lesioni articolari (molto simili a quelle nell’uomo da artrite reumatoide) hanno una fase iniziale con sinovite
acuta (4-10 gg dopo l’infezione), a cui segue essudazione sierofibrinosa e formazione di un panno di fibrina (processo
fibrotico con distruzione della cartaligine articolare).
Le articolazioni interessate si sterilizzano in 3- 6 mesi, ma le lesioni continuano la loro evoluzione progressiva.
L’endocardite (lesioni valvolari) inizia con flogosi vasale e infarto miocardico da embolia batterica.
Sintomatologia forma acuta
Si presenta con febbre elevata, anoressia stipsi prostrazione, lacrimazione, respirazione accelerata e dispnoica,
cianosi delle mucose apparenti, a volte vomito, decubito laterale con tremori muscolari generalizzati; si osservano
chiazze rosse o rosso violacee, più o meno diffuse o estese, sulla superficie cutanea soprattutto di orecchie, collo,
ascelle, addome, faccia interna delle cosce. Spesso a livello di queste lesioni si instaurano focolai emorragici nerastri
leggermente rilevati.
La morte avviene generalmente in 3-4 giorni; se l’animale sopravvive si ha probabile guarigione in 2-3 settimane. In
alcuni animali la malattia evolve nella forma cronica (nei riproduttori).
Nelle scrofe gravide si può avere aborto; in quelle in allattamento: morte per setticemia dei suinetti alla mammella.
Sintomatologia forma subacuta
Ha minore gravità. Sulla superficie cutanea di fianchi, dorso, faccia esterna delle cosce e delle spalle compaiono
placche o chiazzature (1-8 cm di diametro), ben delimitate, di forma quadrangolare o a losanga (esantema a mattone) o
rotondeggianti, rilevate, che possono confluire. Sono prima biancastre, poi bianco rossastre, infine rosso vivo o
violaceo, calde, edematose. Possono formarsi vescicole (siero citrino o rosato) da cui residuano croste brunastre. In
contemporanea all’esantema si ha febbre, anoressia, abbattimento, vomito, stipsi, polidipsia. Man mano i sintomi
regrediscono fino a esaurirsi con guarigione dell’animale. Raramente qualche soggetto può morire per setticemia dopo
2-3 giorni dalla comparsa dei sintomi. Si può avere passaggio alla forma cronica.
Sintomatologia forma cronica
Si presenta con artrosinoviti (soprattutto negli adulti) alle articolazioni coxo-femorale, femoro-tibio-rotulea,
carpiche e tarsiche. L’articolazione è calda, tumefatta, tesa e dolente.
Nei casi lievi si osserva zoppicatura; nei gravi: zoppicatura, febbre, disoressia, rapido dimagramento, endocardite
cronica (spesso di tipo vegetante) prevalentemente localizzata alla parte sx (pizzi valvolari della mitrale e delle corde
tendinee). Provoca insufficienza valvolare, dispnea, tachicardia, cianosi delle mucose apparenti e delle parti più declivi
del corpo, polso frequente e filiforme.
La morte avviene in modo improvviso in un tempo più o meno lungo.
Anatomia Patologica
Nella forma acuta (setticemica): cianosi cutanea diffusa (grugno, orecchie, addome, faccia interna delle cosce).
La mucosa gastroenterica (piloro e duodeno) è iperemica, intumidita, con spandimenti emorragici e ricoperta di
essudato catarrale denso; la milza è ingrossata, rosso bruno scura, con margini arrotondati, con polpa rammollita
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(splenite congestizio emorragica). I linfonodi sono tumefatti, iperemici, e nei casi cronici con piccole emorragie.
Essudato sierofibrinoso nelle cavità splacniche. Nel SNC angiopatie, turbe permeabilità vascolare, degenerazione dei
neuroni, rigonfiamento cellule endoteliali, focolai di malacia nell’encefalo, midollo allungato e midollo spinale. Artrite
cronica, ingrossamento delle articolazioni, capsula articolare ispessita, liquido sinoviale sieroemorragico o siero
fibrinoso nella cavità articolare.
Diagnosi
Clinica: relativamente facile se ci sono le manifestazioni cutanee.
Anatomo patologica: facile in presenza di forme articolari e endocardiche.
La diagnosi eziologica si fa con un esame microscopico da milza e rene (nella forma settica il germe si presenta in
forma bastoncellare), endocardio e sinovia (forma cronica, il germe è in forma filamentosa). Esame colturale da reni,
fegato, milza, cuore, linfonodi, emocolture, midollo osso (su animali morti da tempo), articolazioni.
Si può fare IFD. Poco utili i test sierologici, per l’elevata presenza di forme subcliniche e per l’uso frequente della
vaccinazione.
Terapia
Il siero iperimmune è molto efficace nelle forme acute e subacute, ma è costoso e l’effetto dura poco.
Si utilizzano gli antibiotici: penicillina (farmaco efficace e poco costoso), tetracicline, erythromycina.
Profilassi diretta
Alimentazione razionale, igiene dei ricoveri, composizione omogenea dei gruppi allo svezzamento,
termoregolazione e ventilazione ottimale degli ambienti (evitare lo stress), quarantena per i nuovi arrivi.
Profilassi indiretta
I vaccini vivi attenuati hanno scarso potere patogeno per il suino e stimolano il sistema immunitario mediante una
limitata replicazione nell’organismo. I vaccini inattivati sono di largo impiego sia per l’innocuità sia per l’elevato
potere immunogeno. Lo svantaggio dei vaccini è che non proteggono dalle forme croniche.
Polmonite enzootica
Definizione
A lungo ritenuta un’entità morbosa di natura virale, nel 1938 fu dimostrato che poteva essere riprodotta
sperimentalmente con un agente filtrabile.
1952: l’agente era sensibile all’aureomicina, ma non a penicillina e streptomicina.
1956: dimostrazione della sensibilità alla tetraciclina.
L’agente eziologico fu denominato Mycoplasma hyopneumoniae negli USA e Mycoplasma suipneumoniae in UK e
fu dimostrata la natura cronica della patologia respiratoria. Oggi il patogeno è chiamato Mycoplasma hyopneumoniae,
endemico in tutto il mondo.
In assenza di fattori predisponenti e/o di altri microrganismi, raramente causa una malattia clinicamente manifesta
(in genere è nell’ambiente o vive come commensale del suino).
La notevole variabilità è associata a lesioni specifiche conseguenti all’infezione primaria da Mh, in associazione a
componenti infettive ed ambientali in sovrapposizione. La sommazione può intervenire nel determinismo del focolaio,
condizionando la gravità e le ripercussioni produttive
Mh è un “apriporta”, ossia un facilitatore dell’effetto di altri microrganismi: Pasteurella multocida, Actinobacillus
pleuropneumoniae, PRRSV (Arterivirus), ADV, SIV.
Le conseguenze possono essere ricondotte a perdite economiche, causate dagli effetti negativi dell’infezione sulle
performances produttive ed in particolare sugli incrementi ponderali e sugli indici di conversione dell’alimento.
Eziologia
Classe Mollicutes, Ordine Mycoplasmatales, Famiglia Mycoplasmataceae, Genere:
1. Mycoplasma;
2. Ureaplasma.
Sono batteri molto piccoli, solitamente anaerobi facoltativi (in primo isolamento vengono in genere coltivati in
microaerofilia) e possiedono alcune proprietà caratteristiche legate all’assenza di parete cellulare (passano i filtri). Sono
germi pleomorfi: possono avere forma coccoide, a spirale, filamentosa, a pera, ad anello.
Caratteri colturali
Ha limitate capacità di biosintesi e necessita di terreni complessi, contenenti vari precursori per la sintesi di acidi
nucleici e proteine, apportatori di acidi grassi e colesterolo, necessari alla sintesi della membrana citoplasmatica. Per la
crescita vengono usati sia terreni liquidi che solidi.
Sono sensibili a shock osmotico, alcool, solventi organici, detergenti, anticorpi e complemento, calore,
essiccamento, inattivati in pochi minuti a 60 °C. Resistenti a lungo nel materiale patologico congelato.
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Dopo 2-7 giorni di incubazione a 37°C, si osservano (terreni solidi) le caratteristiche colonie a “uovo fritto”, cioè un
punto di ancoraggio nello spessore dell’agar, per lo più centrale, più scuro, detto “centro di approfondimento” e la
colonia a superficie granulosa che si espande intorno (molto piccola perché crescono lentamente).
I micoplasmi sono Gram negativi (non fornisce risultati soddisfacenti), ma si utilizzano preferibilmente la
colorazione di Giemsa, Castaneda o blu di metilene.
Sono considerati i più piccoli procarioti capaci di vita autonoma, con una struttura cellulare molto primitiva:
membrana cellulare (fosfolipidi, colesterolo, proteine di membrana), ribosomi, (singoli o associati a mRNA →
polisomi), nucleoide.
Sensibilità agli antibiotici
Sono resistenti alla benzil-penicillina e ad altri antibiotici lattamici, il cui bersaglio primario è la biosintesi del
peptidoglicano. Sono invece sensibili agli antibiotici che inibiscono elettivamente la sintesi delle proteine, come le
tetracicline e il cloramfenicolo.
Eziologia
Teoria dell’evoluzione “degenerativa”: perdita di clusters di geni non essenziali per la replicazione a causa del
progressivo adattamento alla vita parassitaria (geni per la biosintesi di aminoacidi e vitamine, parte di geni coinvolti nel
metabolismo dei lipidi). È assente il ciclo degli acidi tricarbossilici, mancano i citocromi, è presente la glicolisi. Ne
consegue una stretta dipendenza dall’ospite (parassitismo).
Interazione con il sistema immunitario dell’ospite: variabilità antigenica superficiale (componente antigenica di
superficie). I sistemi antigenici ipervariabili svolgono funzioni cruciali per la sopravvivenza, propagazione e virulenza
dei micoplasmi in quanto i microrganismi mantengono una diversa varietà di popolazione, manifestando il fenotipo
necessario per la sopravvivenza in ambienti che hanno subito improvvisi cambiamenti.
Possono sottrarsi alla risposta immunitaria dell’ospite. I meccanismi con i quali eludono le difese dell’ospite sono
continuo oggetto di studio e costituiscono un grave problema per la diagnostica e la preparazione dei vaccini.
Infettano le mucose (tratto respiratorio superiore, intestinale, genitale), superfici articolari, la ghiandola mammaria
bovina.
Alcune specie sono in grado di produrre quadri morbosi primari, altri solo se associati ad altri agenti infettivi.
Alcuni sono responsabili di gravi affezioni dal punto di vista clinico e/o economico in campo veterinario:
1. M. mycoides subsp. mycoides tipo SC (pleuropolmonite contagiosa bovina, PPCB);
2. M. bovis;
3. M. hyopneumoniae (polmonite enzootica del suino);
4. M. gallisepticum (pollame);
5. M. synoviae (pollame);
6. M. meleagridis (tacchino);
7. Micoplasmi ovi-caprini del cluster M. mycoides (M. capricolum subsp. capricolum, M. capricolum subsp.
capripneumoniae (PPCC), M. mycoides subsp. capri, M. mycoides subsp. mycoides LC, M. mycoides subsp.
mycoides SC, M. sp. PG50, M. agalactiae (agalassia contagiosa pecore/capre).
La specificità d’ospite è preferenziale ma non esclusiva
Patogenesi
Sono ceppi a virulenza variabile a trasmissione
1. diretta: contatto o aerosol;
2. indiretta: improbabile perché essendo privi di parete sono labili nell’ambiente.
M. hyopneumoniae non invade i tessuti ma rimane in superficie (cilia, trachea, bronchi, bronchioli) e provoca
immunodepressione (muco-ciliare e macrofagi) e cuffing peribronchiale (accumulo di liquido nell’interstizio periva
scolare per richiamo di cellule dal sistema reticolo endoteliale attorno le colonie batteriche).
Molto lenta è la colonizzazione dell’apparato respiratorio, la replicazione e la diffusione nel gruppo (nello stesso
momento sono presenti soggetti a stadio diverso di infezione/malattia).
Penetra per via inalatoria e la fase primaria dell’infezione è caratterizzata da arresto dell’attività ciliare e adesione
dei micoplasmi all’apice delle cellule ciliate e loro progressiva distruzione tra i 90 minuti e i 2 gg p.i.; si formano delle
colonie associate alle ciglia che portano ad una distruzione marcata dell’epitelio.
I risultati finali dell’infezione sono:
1. compromissione della clearance muco-ciliare;
2. sedimentazione bronchiolo-alveolare dei prodotti biologici;
3. formazione di aree di consolidamento polmonare nelle parti più declivi (polmonite parenchimatosa).
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Occorrono oltre 2 settimane per indurre lesioni osservabili.
Sieroconversione a 2-6 settimane p.i. (picco a 10 sett. p.i.). La sieropositività è legata all’età e/o momento
dell’infezione: non tutti sieroconvertono contemporaneamente.
Il tempo di risoluzione delle lesioni (senza complicanze) è dopo 6-16 settimane (media 12), ma non è scontata la
guarigione microbiologica (difficoltà diagnostica).
Aderisce solo alle ciglia dell’apparato respiratorio e non invade il tessuto polmonare; provoca la diminuzione della
funzionalità del sistema mucociliare, quindi diminuzione della clearance. Provoca modulazione del sistema
immunitario:
1. immunosoppressione → macrofagi;
2. immunostimolazione → linfociti;
3. stimolazione produzione di citochine (importanti induttori dell’infiammazione polmonare): TNF, IL-1, IL-6.
Il meccanismo patogenetico consiste nella colonizzazione dei tessuti dell’ospite mediante adesine e produzione di
H2O2 e O2 che escreti dal mycoplasma penetrano nella cellula e causano il danno ossidativo.
Sintomatologia
I sintomi non interessano contemporaneamente tutti i soggetti: tosse moderata secca, non produttiva, profonda ad
eccessi, più facilmente provocabile nelle prime ore del mattino; può persistere per settimane o per mesi. La frequenza
respiratoria è inalterata e non c’è febbre.
Microscopicamente si osserva iperplasia dei complessi BALT (Bronchial associated lynphoid tissue) e essudato
intrabronchiolare (200x Ematossilina-Eosina).
Diagnosi
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1.
2.
L’isolamento in coltura è difficoltoso 6-30 gg, quindi per la diretta si fa:
PCR qualitativa da BAL, trachea, bronchi, tamponi nasali, polmoni, tonsille;
PCR quantitativa (REAL TIME);
IF: possibili falsi negativi nelle infezioni croniche.
La diagnosi indiretta si fa con:
ELISA indiretta → molto specifica, senza falsi positivi, ma con falsi negatvi;
cinetica anticorpale → inizio positività: 3 5 settimane p.i.; picco a 5-9 settimane (fino a 11-12); declino in 8-12
mesi. D. O. (densità ottica, cioè concentrazione degli Ab) proporzionale alla gravità delle lesioni.
Profilassi
La profilassi è soprattutto diretta poiché il Mycoplasma ha scarsa resistenza ambientale, e per prevenire la
contaminazione basta una buona gestione dei gruppi (pochi animali in ambienti piccoli). Si effettua:
1. svezzamento precoce → diminuzione contatto scrofa suinetti e quindi minor tempo di esposizione se la scrofa è
infetta; si ha però aumento della mortalità post svezzamento e diminuisce l’indice di conversione;
2. medicazione degli alimenti;
3. corretta gestione della rimonta (scrofe e verri);
4. monitoraggio sierologico dal post svezzamento in poi per intervenire tempestivamente in caso di positività;
5. segregazione associata ad isterectomia e isolamento → per avere scrofe indenni si prelevano i feti insieme all’utero
(si sacrifica la scrofa) e i suinetti vengono allevati in condizioni Mycoplasma free. Si ottengono scrofette indenni,
ma è molto costoso;
6. trattamento farmacologico individuale dei riproduttori ed isolamento (non dà risultati certi).
La profilassi vaccinale si fa il prima possibile sugli animali che andranno all’igrasso ed esistono due metodologie:
1. schema classico;
2. schema one shot → un’unica somministrazione alla nascita con vaccino molto adjuvato e a lentissimo rilascio.
Fattori di rischio
I fattori di rischio sono:
1. scrofe giovani (rimonta esterna) > 30%;
2. stagione invernale → basse temperature, sbalzi di temperatura, alta umidità, riduzione velocità dell’aria; preferibile
aria fredda, secca, “pulita”;
3. maschi più colpiti (?);
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mancata applicazione di TP/TV, pulizia e disinfezione, biosicurezza;
alte densità → m3 aria (volume), m2 di spazio (superficie), n° di capi (densità);
stress;
permanenza delle deiezioni → NH3 < 20 ppm, H2S < 10 ppm, polveri <10 mg/m3.
Monitoraggio al macello
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Le Prime esperienze sono state fatte nei paesi scandinavi negli anni ’60. Le patologie evidenziabili sono:
ascaridiosi (semplice);
rogna (semplice) alopecia e ispessimento cutaneo;
infezioni da:
a. Actinobacillus pleuropneumoniae → i lobi diaframmatici interessati da pleurite sono spesso associati ad
ascessi e focolai fibrino-necrotici; il tempo di guarigione è 2-3 mesi;
b. Lawsonia → enteropatia proliferativa emoragica;
c. Leptospira;
d. Mycoplasma hyopneumoniae.
Il monitoraggio al macello è da integrare con anamnesi e clinica
mortalità / morbilità;
sintomatologia;
complicanze;
necroscopie;
dati di laboratorio;
terapia / profilassi;
ambiente;
gestione;
stagione.
Le variabili sono:
incidenza in allevamento;
durata e severità;
età di infezione;
età di macellazione;.
sensibilità e specificità del monitoraggio
Pro
Bassi costi
N° di campioni significativo
Facilità di prelievo campioni (sangue, tessuti, ecc.)
Rilievo delle rese
Contro
Evidenzia lesioni recenti
Evidenzia lesioni con durata e incidenza consistenti
Scarti produttivi??
Mortalità ????
No doppi campioni
Score polmonite enzootica
Localizzazione: cranio-ventrale.
Colore: purpureo (miocardio) grigio – giallastro (comp.).
Consistenza: carnosa.
Lesioni acute: rilevate, presenza di essudato catarrale (IF).
Lesioni croniche depresse.
Complicanze: aree grigio – giallastre, > consistenza (fibrina).
Cicatrici (fessure): leggere, marcate, profonde.
Punteggio (score ) polmonare secondo Madec & Kobisch (1982)
La griglia di Madec è un sistema di valutazione delle lesioni dell’apparato respiratorio reperibili nei suini macellati.
È stato proposto dagli Autori all’inizio degli anni 80 per colmare la mancanza di informazioni relative alla situazione
degli allevamenti suinicoli bretoni.
Le lesioni polmonari sono quantificate attraverso la valutazione di ogni singolo lobo (complessivamente 7). Il
punteggio polmonare si ottiene sommando i punteggi “lobari”. Il punteggio di un lobo può variare da 0 a 4.
Il punteggio polmonare di un suino può variare dunque da 0 a 28.
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Scor
e
0
1
2
3
4
La griglia Madec
Lesione osservata
Nessuna
Estensione inferiore al 25% del lobo
Estensione compresa tra il 25 e il 50% del lobo
Estensione compresa tra il 50 e il 75% del lobo
Estensione compresa tra il 75 e il 100% del lobo
Ognuno dei 7 lobi può avere un punteggio variabile da 0 (assenza di lesione) a 4 (lesione estesa oltre il 75% del
lobo). Dalla somma dei punteggi lobari si ottiene il punteggio polmonare.
Ritmo di macellazione e punteggio polmonare:
1. 240 suini/ora: 15” per suino;
2. 300 suini/ora: 12” per suino;
3. 360 suini/ora: 10” per suino.
Se il ritmo è molto sostenuto è consigliabile scegliere una delle seguenti opzioni:
1. non punteggiare il lobo Azygos (6 lobi);
2. punteggiare un suino ogni due.
Ripetibilità tra operatori addestrati: 97%.
se / sp rispetto a gold standard (istopatologia): sensibilità 76%, specificità 71%.
Se la lesione presente sul lobo del polmone ha una superficie inferiore a quella della moneta da 2 euro. Punteggio 1.
Se la lesione presente sul lobo del polmone ha una superficie maggiore a quella della moneta da 2 euro, ma inferiore
al 50% della superficie del lobo. Punteggio 2.
Se il lobo azygos è lesionato per circa il 60/70% della sua superficie. Punteggio 3.
Esistono anche lesioni non specifiche:
1. petecchie dorsali da stordimento elettrico (lacinie);
2. aree discolorate, dure, umide, da assunzione di acqua (lobi apicale e cardiaco destri);
3. inalazione di sangue (lobi destri) → il colore del polmone sinistro è alterato dall’aspirazione di sangue in fase di
iugulazione. La consistenza e il volume non sono alterati;
4. strappi (pleuriti, mezzena);
5. pericarditi;
6. inspirazione di acqua → le porzioni ventrali dei lobi del polmone sinistro risultano leggermente più scure e alla
palpazione più consistenti. Volume normale. Al taglio fuoriescono acqua e aria.
Schema di report utilizzato per la registrazione del punteggio polmonare
Data:
Macello:
Operatore: Azienda:
Punteggio
polmonare
(area della
lesione)
Suino n°
Partita
0%: 0
0-25%: 1
25-50%: 2 50-75%: 3 >75%: 4
Punteggio polmonare / lobo
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Craniale sx Medio sx Caudale sx Craniale dx Medio dx Caudale dx
Azigos
totale
=
Pleurite
Emorragie
Ascessi
Scopi
a) validare il metodo di attribuzione dello score polmonare al macello per il suino pesante italiano;
b) valutare i diversi fattori di rischio che influenzano la comparsa della malattia e la gravità delle lesioni.
Materiali e Metodi
Periodo: settembre 2003 luglio 2004.
Dove: 2 macelli Nord Italia (2 team di esaminatori – valutazione preventiva della concordanza).
Aziende: 91.
Partite: 109.
Esaminati: 10041 suini (circa 100 capi/partita).
Provenienza: Nord Italia.
Raccolta dati aziendali tramite questionario telefonico.
Percentuale di animali con lesioni polmonari riferibili a Mycoplasma hyopneumoniae.
Per ciascun fattore di rischio sono stati valutati:
1. prevalenza di animali con lesioni
2. score medio riferito alla presenza/assenza del fattore di rischio.
1.
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5.
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Fattori di rischio esaminati:
profilassi vaccinale;
tipologia di allevamento;
numero di fornitori;
medicazioni strategiche;
dimensioni di allevamento;
epoca di magronaggio;
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7. anamnesi di problematiche respiratorie;
8. anamnesi di altre problematiche.
Come valutare il rischio: di quanto aumenta la probabilità di avere score elevati in funzione della presenza/assenza
dei fattori di rischio?
Discussione
Il metodo Madec è:
1. applicabile nel contesto produttivo italiano
2. consente di valutare lo stato sanitario della partita
3. consente l’identificazione dei fattori di rischio e la valutazione delle azioni di profilassi
I fattori che maggiormente influenzano la possibilità di rilevare score polmonari elevati sono:
1. assenza di profilassi vaccinale
2. presenza di riproduttori in azienda
3. fattori ambientali associati al magronaggio invernale
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Rinite Atrofica Progressiva (RAP)
Eziologia
Le riniti infettive del suino si dividono in:
1. non progressive → ceppi tossigeni di Bordetella bronchiseptica;
2. progressive RAP → ceppi tossigeni di Bordetella bronchiseptica e di Pasteurella multocida tipo D.
La rinite atrofica progressiva (RAP) è una sindrome polifattoriale dello svezzamento caratterizzata da un aumento
delle forme respiratorie (filtro nasale insufficiente) e da ritardi di crescita (difficoltà nell’alimentazione).
Bordetella bronchiseptica
Si localizza nelle cavità nasali di scrofe portatrici e viene eliminata nel post-parto. Produce una tossina che
penalizza la funzione degli osteoblasti, altera la superficie della mucosa, favorendo l’adesione di P. multocida.
Pasteurella multocida (Tipo D)
Si localizza nella regione faringea delle scrofe, dove perdura per tutta la carriera.
L’eliminazione è massiva nel postparto e si localizza solo su mucose già alterate. Produce una tossina osteolitica e la
struttura ossea è sostituita da tessuto fibroso.
Patogenesi
Provoca ipoplasia della base ossea dei turbinati (atrofia delle conche nasali) e deformazione delle ossa facciali,
quindi deviazione laterale del grugno e del setto nasale e brachignatia superiore.
L’infezione entro le 5 settimane di vita determina lesioni più gravi e l’evidenza è massima tra le 12 e le 16 settimane
di vita.
Fattori condizionanti sono:
1. grandi dimensioni dell’azienda;
2. elevata % di scrofette;
3. sale parto di grandi dimensioni;
4. parigliamento delle figliate;
5. grandi gruppi di svezzamento;
6. movimenti e rimescolamenti frequenti;
7. ricambio d’aria e temperatura insufficienti;
8. mangime sfarinato, polverosità ambientale;
9. biosicurezza insufficiente.
Diagnosi
Si effettua diagnosi batteriologica da tamponi nasali post-parto delle scrofe per individuare le infette (eliminate) e
degli svezzati alla 5a - 7a settimana (controllo l’incidenza).
Si controlla lo stato dei turbinati e la mortalità o macello (a livello del primo molare). È utile per controllare il grado
di diffusione all’interno dell’allevamento.
Profilassi
Gestione
Rimonta interna: immunità ai neonati e non si importano scrofette da allevamenti con maggiore incidenza.
TP/TV in sala parto e svezzamento, qualità dell’aria (T°, U%, polveri, biogas), biosicurezza.
Vaccinazione
1a generazione: batterine (Bordetella bronchiseptica + Pasteurella multocida).
2a generazione: batterine + tossoide Pasteurella multocida.
3a generazione: batterine + tossoide Pasteurella multocida + tossoide Bordetella bronchiseptica.
Immunizzazione di base delle scrofette (2 x pre-carriera) per ridurre il livello di escrezione e richiamo pre-parto alle
scrofe (5 settimane preparto) per aumentare l’immunità passiva dei suinetti.
Chemioprofilassi
All’inizio dello svezzamento almeno per 2 settimane (nella razione) tilosina, tetracicline, sulfametazina. Protegge
anche da altre patologie respiratorie e gastroenteriche.