Francia - Università delle Tre Età UNITRE Sede autonoma di Sesto

“Panorami di musica strumentale
europea nella prima metà del ‘900”
Terzo incontro: Francia
Oggi prendiamo in considerazione la Francia e a
differenza degli altri incontri in cui si tratta
almeno di due nazioni, in questo caso la
lasceremo sola padrona del campo.
La ragione è che Parigi, nel periodo storico di cui
ci occupiamo, fu l’indiscusso centro culturale
europeo e per questo suo predominio attrasse
artisti da ogni dove, i quali a contatto con gli
intellettuali autoctoni, contribuirono a fare di
questa città il crogiuolo delle più interessanti
esperienze d’avanguardia.
Per la verità avremmo dovuto fare la stessa scelta
per anche per l’Austria dato che non fu certo
minore motore di ricerca per l’arte e per la
musica; ma abbiamo deciso di agganciarla alla
Germania, non solo per le vicende storiche che
uniscono queste due nazioni ma anche perché la
Germania del Nazionalsocialismo con i suoi
“diktat” sull’arte degenerata divenne, salvo
poche figure - del resto anch’esse oggetto di
repressione - una entità quasi trascurabile.
A Parigi però, a differenza di Vienna, la ricerca
musicale volta al rinnovamento delle strutture e
dell’elaborazione compositiva, seguì strade
diverse da quelle, più radicali, che furono battute
dalla “seconda scuola viennese”.
Ma cominciamo come al solito con qualche
cenno storico che possa fare da cornice
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all’operato dei musicisti francesi nei primi anni
del ‘900.
Partiamo dall’inizio del secolo che si aprì con la
vittoria dei repubblicani alle elezioni del 1902
che assunse poi tratti radicali con una politica
anticlericale soprattutto in ambito educativo sino
alla totale separazione dello Stato della Chiesa .
Dal 1906 la politica fu dominata da Georges
Clemenceau e dal 1909 al 1911 sotto il governo
di Aristide Briand ci fu un accrescimento del
potere della classe operaia che, per la prima volta
ricorse allo sciopero generale.
Alla vigilia della prima guerra mondiale, la
Francia, che era legata all’Inghilterra dalla
“Entente cordiale”, poi estesa anche alla Russia,
conobbe un forte sviluppo delle tendenze
militaristiche; nel 1913 fu eletto Presidente della
Repubblica Raymond Poincaré e nelle ultime
elezioni prima della guerra si ebbe una forte
maggioranza
di Radicali e Socialisti che
formarono il governo presieduto da Viviani. (ì)
Per la Francia, alleata alla Gran Bretagna e alla
Russia, la Prima Guerra Mondiale ebbe inizio con
la dichiarazione di guerra da parte della
Germania il 3 agosto del 1914 la cui avanzata,
dopo i primi successi, fu bloccata sulla Marna.
Ebbe così inizio una lunga guerra di trincea che
all’epoca delle offensive tedesche su Verdun nel
1916 gettò la nazione in una crisi profonda.
Facciamo una parentesi sul ruolo dell’Italia in
questo periodo, e cioè dalla dichiarazione di
guerra della Germania il 3 agosto del ’44
all’inizio della Prima Guerra Mondiale.
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Pur essendo legata all’Austria e alla Germania
dalla “Triplice alleanza”, l’Italia inizialmente
dichiarò la propria neutralità, anche perché la
maggior parte del paese era contrario
all’intervanto.
Ma i sostenitori dell’interventismo, che erano
molto attivi e determinati, vedevano nella guerra,
al di la delle istanze futuriste, l’occasione per
ottenere Trento e Trieste ancora in mano
austriaca.
Dopo inconcludenti trattative con gli alleati volte
ad ottenere le rivendicate concessioni territoriali,
il nostro governo, guidato da Antonio Salandra, il
26 aprile 1915 firmò con i paesi della “triplice
intesa” – Francia Gran Bretagna e Russia – che
erano già in guerra, un patto segreto che
prevedeva la nostra entrata in guerra contro gli
imperi centrali ed in cambio avrebbe ottenuto
Trento, Trieste, l’Istria e la Dalmazia.
Poiché la “Triplice alleanza”, raffermata solo
pochi anni prima, nel 1912, prevedeva
l’intervento militare solo in caso di difesa, e cioè
a fronte di un attacco nemico, e poiché al
contrario la guerra aveva preso le mosse
dall’aggressione austriaca alla Serbia e come se
non bastasse, la citata dichiarazione di guerra del
3 agosto 1914 fu fatta senza nemmeno avvertire
l’alleato italiano, ci fu quindi modo per il nostro
governo di denunciare l’alleanza, cosa che fece il
15 maggio 1915 e, dopo soli 9 giorni, l’Italia
entrò in guerra contro gli ex alleati. (…coi primi
fanti il 24 maggio …).
Lasciamo per il momento gli avvenimenti storici
e parliamo un po’ di musica.
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Per la Francia dobbiamo eleggere due “padri
nobili” (sempre esagerati i francesi) perché il
primo, inevitabile, è sicuramente uno dei più
grandi musicisti dell’età moderna (così era infatti
considerato nei programmi dei conservatori
quando io ero (Annibale era) un ragazzo) e il
secondo, singolare personaggio che eleggeremo
dopo, è a pieno titolo il “maître à pansée” delle
avanguardie musicali francesi per il primo quarto
di secolo. Cominciamo quindi dal primo.
A differenza di quasi tutti i musicisti che abbiamo
trattato o che tratteremo, Achille-Claude
Debussy (Saint-Germanin-en-Laye 1862 – Parigi
1918) non aveva alcuno della sua famiglia che
avesse inclinazioni musicali.
Manuel, il padre, vecchio soldato di marina poi
mercante di maioliche e poi impiegato, nel 1871
fu arrestato perché implicato nell’insurrezione
della Comune di Parigi e in carcere incontrò un
musicista di Cabaret, Charles de Sivry, la cui
madre era un’eccellente insegnante di pianoforte
la quale, incontrato il giovane Claude si rese
conto delle sue disposizioni naturali per la musica
e lo preparò per il Conservatorio.
Questo sacrario accademico però soffocava
Debussy che si piegava con difficoltà alle regole
codificate dell’armonia: ciononostante nel 1884
vinse il “Prix de Rome” che consisteva in un
soggiorno di due anni a Roma, a Villa Medici, e
aveva lo scopo di permettere ai giovani
compositori di affinare, in questo tempo libero da
ogni preoccupazione d’ordine pratico e in un
ambiente culturalmente stimolante, le proprie
capacità.
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“…Ma il detestato soggiorno di Debussy a Villa
Medici, fu artisticamente improduttivo, anche per
la sua riottosità a seguire le convenzioni
accademiche nelle composizioni che era tenuto
ad inviare a Parigi come saggi del suo studio… “
“… Decisivo per la sua maturazione fu invece il
quinquennio successivo al suo rientro a Parigi. In
quegli anni avvennero molti fatti importanti per
la formazione della sua personalità artistica: fu
affascinato dalla musica di Giava scoperta
all’Esposizione Universale del 1889; definì
meglio dopo due viaggi a Bayreut il suo rapporto
nei confronti della musica wagneriana. Ma
altrettanto importante fu la frequentazione di
letterati , pittori e musicisti, soprattutto nel salotto
di Mallarmé, che aprì la sua sensibilità ai temi più
generali dell’arte del suo tempo …”
Il personalissimo linguaggio di Debussy nacque
da un crogiuolo nel quale si fusero varie
componenti le più importanti delle quali furono il
suo ideale melodico, che si identificava con
l’arabesco, e gli aspetti più innovativi che sono
attinenti alla struttura armonica.
Debussy morirà per un carcinoma nel 1918
mentre su Parigi si scatenava il colpo di coda
tedesco dell’offensiva di primavera con
bombardamenti aerei e proiettili d’artiglieria.
Infatti nella primavera del 1918 Parigi è in
ginocchio: una serie violenta di esplosioni
devasta la città. Il timore di dover consegnare la
capitale francese nelle mani tedesche non sembra
più così remoto e il governo appare sul punto di
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dimettersi, ma la Francia ha ancora due assi nella
manica: i carri armati e i soldati americani, che
dopo un anno di addestramento in suolo francese
sono pronti ad entrare in azione. Il 18 luglio
1918, a Soissons, le truppe franco-americane
sferrano un attacco a sorpresa e nelle sorti della
guerra è la svolta: l`esercito tedesco inizia la
ritirata che si concluderà solo con la disfatta.
Ma noi ora ascoltiamo di Debussy il secondo
movimento della sinfonia “La mer” (1903-1905)
“il gioco delle onde”. Esegue l’Orchestra della
Suisse Romande diretta da Ernest Ansermet.
Il promesso secondo “Padre nobile” della nuova
musica francese del ‘900 è senz’ombra di dubbio
Erik Alfred Leslie Satie (Parigi 1866 – Ivi 1925)
personaggio con fama di eccentrico come altri
mai - e in effetti lo era – è stato compositore di
lavori musicali molto significativi per l’evolversi
della musica del suo tempo.
Frequentò corsi di armonia e pianoforte al
conservatorio di Parigi e visse facendo il pianista
di “Cabaret” - soprattutto a “Le chat noire” –
oppure accompagnando gli “Chansonniers”.
Insofferente alle consuetudini accademiche,
improvvisamente, con un gesto provocatorio e ,
dato il personaggio, clamoroso, nel 1905
intraprese diligenti studi di contrappunto e fuga
alla severa “Schola cantorum” di Vincent
d’Indy.
Figura di primissimo piano tra gli artisti, gli
scrittori e i musicisti a partire dai primi anni del
secolo, fu guardato come un caposcuola da Jean
Cocteau
e dal gruppo dei sei. (detti
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semplicemente “Les six” – Louis Durey;
Germaine Tailleferre; Darius Milaud, Arthur
Honegger; Francis Poulenc e Georges Auric. Di
loro parleremo e ascolteremo qualcosa tra poco).
Era amico di Debussy e di Maurice Ravel, ma
anche di Pablo Picasso e Léonide Massine, con i
quali collaborò per il balletto “Parade”; di
Francis Picabia con cui realizzò “Relâche” (che
prevedeva un intermezzo cinematografico di
René Claire, “Entr’acte” per cui scrisse la
colonna sonora) e poi di nuovo con Picasso e
Massine per il “Mercure” andato in scena a
Parigi nel 1924.
E’ anche giustamente famoso per i titoli e le
didascalie dei suoi brani, sempre imprevedibili,
spiritosi e spiazzanti (Trois morceaux en forme
de poire; Piéces froides; Sonatine burocratique
etc.)
Un piccolo inciso: per chi avesse interesse a
leggere i sorprendenti scritti di Satie, facciamo
presente che esiste uno splendido volume a cura
di Ornella Volta e edito da Feltrinelli (Quarta
edizione 2010) che si intitola “I quaderni di un
mammifero”.
Lo consigliamo e, intanto, di Erik Satie
proponiamo un ascolto tratto dalla suite dal
balletto “Parade” L’orchestra è diretta da Igor
Makevich.
Dopo l’entrata in guerra degli Stati Uniti, che
compensò il ritiro della Russia rivoluzionaria nel
1917, grazie al fondamentale sostegno degli
alleati, la Francia riuscì progressivamente a
rovesciare le sorti del conflitto finché nel luglio
del 1918, sotto la guida politica di Clemenceau e
al comando del Generale Ferdinand Foch riuscì a
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scatenare una controffensiva che costrinse la
Germania alla resa l’11 novembre dello stesso
anno.
Alla conferenza di pace di Parigi - con i trattati di
Versailles e di Sait-Germaine – la Francia e gli
alleati adottarono nei confronti delle potenze
sconfitte una linea intransigente finalizzata
all’annientamento non solo militare ma anche
economico del rivale tedesco; così facendo però,
essi tennero aperto un potenziale conflitto e un
risentimento che fu il seme avvelenato dal quale
scaturiranno varie cause che porteranno l’Europa
alla Seconda Guerra Mondiale.
Ma ripassiamo la parola ad Annibale che ci
riconduce alla ragione principale dei nostri
incontri: la musica.
La biografia di Maurice Ravel (Ciboure, Bassi
Pirenei 1875 – Parigi 1937) non è certo ricca di
aneddoti eclatanti e quelli degni di nota si
possono contare sulle dita di una mano.
Formatosi al Conservatorio di Parigi, brillante
allievo, per composizione, di Gabriel Fauré era a
gudizio del pianista e direttore d’orchestra
Alfred-Denis Cortot “… un giovanotto spesso
beffardo, loico un po’ sostenuto, che legge
Mallarmé e frequenta Erik Satie …”
(probabilmente per il grande Cortot, frequentare
Satie doveva sembrare un atteggiamento un po’
da “dandy”).
Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale il
trentanovenne Maurice Ravel era un compositore
affermato e stupisce un po’ vederlo intraprendere
una lunga serie di “passi” al fine di essere
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arruolato, disegno che gli riesce nel 1915
nonostante l’inabilità al servizio militare per
inadatta costituzione fisica.
Avviato al fronte nella zona di Verdun come
conduttore di autocarri, si ammalò gravemente e
dovette subire un intervento chirurgico, dopo di
che fu definitivamente riformato.
Ripresa la carriera di compositore, nel 1920 ecco
altro comportamento degno di nota: insegnito
della “Legion d’Onore” avrebbe voluto rifiutarla
pubblicamente, ma supplicato dagli amici che
volevano fosse evitato uno scandalo, la accettò;
ma lo scandalo scoppiò ugualmente perché si
rifiutò di pagare i “diritti di cancelleria” e venne
quindi “Radiato”.
Anche Ravel, come altri grandi musicisti del
tempo, accoglierà l’invito di Paul Wittgenstein (il
pianista che perse il braccio destro durante la
guerra, e di cui abbiamo già parlato nel
precedente incontro) e scrisse per lui il famoso
concerto per Pianoforte mano sinistra e orchestra.
Nel 1933 si manifestarono i primi segni della
malattia cerebrale che nel breve volgere di un
anno non gli permetterà più di scrivere: gesti e
parole non ubbidiscono più alla sua volontà pur
rimanendo d’intelligenza limpida e inalterata.
Grazie alla generosità di Ida Rubistein, la famosa
ballerina russa, nel 1935 intraprende un lungo
viaggio con l’amico Léon Leyritz in Marocco e
poi in Spagna; ma il suo male peggiora e nel
1937 viene deciso un intervento chirurgico che
non avrà esito felice. Maurice Ravel muore il 28
dicembre 1937.
Di lui ascoltiamo un po’ della “Pavane pour une
infante défunte” composta per pianoforte nel
1899 ma orchestrata nel 1910.
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È la danza che una principessa (une infante) può
aver ballato in tempi passati, ormai lontani,
presso la corte spagnola.
Infante o infanta era il titolo del figlio (o della
figlia) del sovrano regnante a partire dal
secondogenito.
Ad eseguire è la West-Divan Orchestra diretta da
Daniel Baremboing.
Dagli accenni biografici dei musicisti francesi di
cui abbiamo parlato (e parleremo) si potrebbe
pensare che fossero tutti, chi più chi meno,
allergici alla “Accademia” e molti di loro in
effetti lo erano.
Ma ci furono anche musicisti che proprio
attraverso i severi studi di contrappunto e
composizione svilupparono impasti sonori
grandemente innovativi.
Uno di questi, che non può essere taciuto è
Olivier Messiaen, (Avignone 1908 – Parigi
1992) che già all’età di otto anni si provava
spontaneamente a comporre e nel 1918 cominciò
seri studi a Nantes per poi iscriversi l’anno dopo,
undicenne, al Conservatorio di Parigi che
frequentò per dieci anni.
Già nel 1931 (ventitreenne) era titolare del
“Grand Orgue de la Trinité” a Parigi e nel 1936
fu nominato professore della “Ecole normale de
musique” e della “Schola Cantorum”.
Mobilitato nel 1939, fu fatto prigioniero e tornò a
Parigi nel 1942 dove gli venne subito affidata la
cattedra di armonia nel conservatorio dove aveva
lui stesso studiato per dieci anni, cattedra che
conservò fino al 1963 anno in cui cominciò a
10
svolgere corsi di composizione a Budapest,
Darmstat, e negli Stati Uniti.
Oliver Messiaen “… elaborò un complesso
sistema linguistico in cui convergono studi sulla
modalità, sul timbro, sulle tecniche di musica
seriale e suggestioni di misticismo religioso di
natura cattolica …”.
Di questo autore ascoltiamo un “Gloria in
excelsis Deo” la prima dalle “Improvvisations”
su tema gregoriano eseguite sul Grand’organo
della Trinité da Messiaen stesso e che annuncia
anche il brano.
Siamo nel 1923. In Germania la disoccupazione e
l’inflazione toccavano livelli drammatici, mentre
la Francia rincarava la dose occupando, nel
gennaio, le regioni carbonifere della Ruhr.
Intanto si affacciava sulla scena politica tedesca
un nuovo personaggio che dotato di un
particolare magnetismo di cui si serviva per
entusiasmare le folle, prometteva la rinascita
della nazione.
Nel 1929 ci fu, per tutte le popolazioni
dell’occidente, la grande crisi che, soprattutto in
Germania segnò un ulteriore acuirsi delle tensioni
sociali (i disoccupati salirono a 6.000.000).
Di questa situazione ne trassero vantaggio i
nazionalisti hitleriani che, dopo aver vinto le
elezioni del 1932 e quindi aver ottenuto la
maggioranza al Reichstag, in breve tempo
imposero quella dittatura che tutti conosciamo.
Poi seguirono le varie vicende che permisero ai
tedeschi di attaccare la Polonia nel 1939 dando il
via alla Seconda Guerra Mondiale.
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(Di questo abbiamo trattato più diffusamente nel
precedente incontro)
La Francia e l’Inghilterra, fra il 3 settembre 1939,
giorno della dichiarazione di guerra e il maggio
del 1940, non assunsero alcuna iniziativa di
rilievo per contrastare le offensive di Hitler in
Polonia, in Danimarca e in Norvegia, poiché,
soprattutto la Francia, non era ancora pronta al
conflitto e si illudeva che le mire espansionistiche
della Germania si sarebbero esaurite.
L’impreparazione francese alla guerra di
movimento, perché tale sarebbe stata questa
Seconda Guerra Mondiale si basava sull’errata
fiducia delle linee difensive ai suoi confini (Linea
Maginot).
Per cui fu una sorpresa l’offensiva tedesca del 10
maggio 1940 che, attraverso i Paese Bassi e il
Belgio in poco più di un mese determinò la
caduta della Francia (Alla quale un mese dopo, il
10 giugno, anche l’Italia dichiarò guerra).
Pur avendo salvato gran parte delle truppe
sconfitte imbarcate a Dunkerque per l’Inghilterra,
al governo non rimase altra alternativa che
trasferirsi in Nord Africa o firmare l’armistizio.
Il Maresciallo Pétain firmò l’armistizio, il 16
giugno con la Germania e il 24 con l’Italia.
Per volontà di Hitler l’armistizio fu firmato a
Compiegne, nel luogo in cui alla fine della Prima
Guerra Mondiale era stata firmata la resa della
Germania e, come rivalsa all’umiliazione di
allora, volle che la firma avvenisse sullo stesso
vagone ferroviario che servì a questo scopo nel
1918.
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A questo punto la Francia era quasi
completamente occupata: rimase formalmente
libera solo la zona centro-meridionale di Vicky a
cui venne lasciata la gestione dell’impero
coloniale e la flotta in disarmo.
Iniziò così con Pétain a cui furono affidati tutti i
poteri, un regime di collaborazionismo che
comunque, nel 1942 il Governo di Vicky perse la
propria indipendenza anche dal punto di vista
formale quando fu occupata dalle truppe
tedesche.
Nel maggio del 1943 si costituì il Consiglio
nazionale della resistenza cui seguì la formazione
di un’armata della “Francia Libera” con truppe
stanziate nelle colonie.
Nel giugno del 1943 si costituì ad Algeri un
comitato francese di liberazione che venne
riconosciuto dagli alleati e “Francia libera” poté
partecipare alle operazioni militari dello sbarco in
Normandia.
Tra il 18 e il 26 agosto 1944 Parigi fu liberata dal
Generale De Gaulle che dal 3 giugno era a capo
del Governo provvisorio della Repubblica
francese.
Abbiamo già citato più volte il “Gruppo dei sei”
e, poiché le figure di musicisti di cui parleremo
da adesso in avanti fecero tutti parte di quel
gruppo, diremo due parole su questa
aggregazione che riconobbe come caposcuola
Erik Satie e come portavoce letterario Jean
Cocteau, il quale espose le idealità artistiche del
gruppo in un manifesto: “Le coq et l’Arlequin”
del 1918.
“Les six” si caratterizzavano per la polemica
antiromantica, per il gusto per una radicale
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semplificazione del linguaggio, che accogliesse
anche spunti della musica da circo, del Musichall, del Jazz, per l’ironia e il sarcasmo
dissacratori, per la creazione di oggetti sonori
fuori da ogni accademica aulicità, da aspirazioni
al sublime o da suggestioni impressionistiche.
In realtà, solo agli esordi i Sei espressero idealità
estetiche comuni: i musicisti che formavano il
gruppo presentavano personalità molto diverse
fra loro e si direbbero accumunati da una prima
reazione alla crisi di valori seguita alla prima
Guerra Mondiale.
Già nel 1921 il gruppo aveva perduto alcuni
componenti, e nel 1924 tale esperienza poteva
considerarsi conclusa.
Adesso però, tra tanti uomini, vorremmo proporre
una compositrice.
Donne che si sono dedicate alla composizione ce
ne sono sempre state, in tutte le epoche, e spesso
hanno raggiunto livelli qualitativi di tutto
rispetto, ma per il modo di pensare in tutte le
società, quasi fino alla Seconda Guerra Mondiale,
per una donna che volesse intraprendere la
carriera di musicista significava mettere un po’ a
repentaglio la propria reputazione.
Ciononostante non furono poche quelle che
sfidando preconcetti e ottusità si imposero
all’attenzione del pubblico e che ora fanno parte a
pieno titolo della Storia della Musica.
La musica francese ci propone una di queste
donne la quale fu compositrice apprezzata e
figura di primo piano nella musica d’avanguardia
degli anni che stiamo esaminando e che ci servirà
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da battistrada per i musicisti che incontreremo in
seguito: infatti questa musicista faceva parte del
già accennato Gruppo dei Sei.
Germaine Tailleferre, (ParcSaint-Maur, Parigi
1892 – Parigi 1983) nel 1904 entrò al
Conservatorio di Parigi diplomandosi in
pianoforte, armonia e composizione. Studiò poi
orchestrazione con Maurice Ravel
Amica di Milaud, Auric e Honnegger nel 1920
aderì a “Les Six” con i suddetti, con Francis
Poulenc e Louis Durey.
Si esibì per la prima volta in pubblico come
pianista nel 1918 eseguendo con Ricardo Viñes
“Jeux de plein air” una propria composizione per
due pianoforti.
Dal 1942 al 1946 visse negli Stati Uniti
esibendosi in varie tournée e dal suo ritorno in
patria ha scritto diverse opere (nel carattere
dell’opera comique) musica da camera, balletti,
una decina di musiche da film, composizioni per
orchestra e per solo pianoforte, liriche etc. etc.
Dalla sua produzione cameristica abbiamo scelto
di ascoltare il primo movimento del “Concertino
per arpa e pianoforte” scritto nel 1927. E’ una
formazione abbastanza insolita e potreste provare
a distinguere i timbri dei due strumenti che non
sono simili, affatto.
Eseguono: Gabriella Bosio, Arpa e Cristina
Ariagno Pianoforte.
Francis Poulenc (Parigi 1889 – ivi 1963) neto in
una famiglia molto agiata studiò pianoforte
privatamente fino all’età di quindici anni quando
divenne allievo di Richardo Viñes il quale
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esercitò su di lui un influsso notevole e gli fece
conoscere Erik Satie e Georges Auric.
Allo scoppio della guerra, nel 1914, mentre era
già conosciuto negli ambienti musicali
d’avanguardia, e fu chiamato alle armi e, pur
continuando a comporre, dovette rimanere
nell’esercito fino al 1921 anno in cui fu
smobilitato.
Viaggiò molto in Europa facendo conoscenza con
Schönber, Berg e Webern che apprezzava, ma
rifiutò sempre lo sperimentalismo linguistico di
quelle avanguardie preferendo aderire al
neoclassicismo con frequenti concessioni
impressionistiche.
Il suo catalogo è molto vasto e comprende tutti i
generi musicali, dal balletto alle composizioni per
il teatro, alla musica da camera, alle colonne
sonore per film, ai brani per solo pianoforte etc.
Dal 1935, con le “Litanie à la Vierge noir” iniziò
una serie di composizioni a soggetto religioso,
fino alla più famosa opera scritta nel secondo
dopoguerra “I dialoghi delle Carmelitane”.
Abbiamo scelto, per far ascoltare qualcosa di
Francis Poulenc, una sonata per pianoforte a
quattro mani composta nel 1918 ed eseguita da
una nostra amica, Angela Villa in duo con Ilaria
Pavarani, che attualmente è la vicedirettrice del
Conservatorio di Parma.
Artrur Honegger (Le Havre 1892 – Parigi
1955) Nato a Le Havre da genitori svizzeri che si
trovavano in quella città per ragioni di lavoro
(infatti il padre era fiduciario di una azienda
svizzera che importatrice di caffè), cominciò a
studiare musica nella sua città natale, poi quando
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la famiglia rientrò in Svizzera li proseguì a
Zurigo ed infine li concluse a Parigi (dove si
stabilì definitivamente) con Vincent d’Indy e
Charles-Marie Widor.
Considerato a tutti gli effetti musicista francese,
nel 1916 entrò a far parte del gruppo “Les
nouveaux jeunes”, gruppo che poi, nel 1920,
prendera il nome di “Lessix”, il famoso “Gruppo
dei sei” ma, tuttavia, non rinunciò alle
acquisizioni impressionistiche di Debussy e a
molte soluzioni armoniche di Wagner.
(Citazione) “… raccogliendo anche le istanze più
significative
delle
correnti
musicali
d’avanguardia, seppe sviluppare un indirizzo
stilistico assai personale e inconfondibile, fatto di
brillanti strumentazioni, elegante taglio formale e
disteso gusto ritmico …”, praticò tutti i generi
musicali, dai lavori teatrali alle sinfonie, agli
oratori, ai concerti per strumento e orchestra
etc.etc.
I suoi lavori più conosciuti ed eseguiti, sono
l’oratorio “La danse des morts” su testo di Paul
Claudel, e soprattutto il movimento sinfonico
“Pacific 231” del 1923, ispirato ad una
locomotiva e capolavoro assoluto della “Musica
delle macchine”, indirizzo assai diffuso negli
anni ’20. (Come non ricordare i Futuristi
italiani?)
Ed è proprio la locomotiva di questo movimento
sinfonico l’oggetto del nostro ascolto.
Arthur Honegger, “Pacific 231”.
E per finire, un personaggio importantissimo.
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Appartenente ad una facoltosa famiglia di
commercianti israeliti stabiliti in Provenza da vari
secoli, Darius Milaud (Aix-en-Provance 1892 –
Ginevra 1974) si avvicinò alla musica
giovanissimo ma concretizzò i suoi studi al
Conservatorio di Parigi al quale fu ammesso nel
1909, e poi in seguito, come assiduo
frequentatore dei corsi di analisi musicale e
direzione d’orchestra di Vincent d’Indy alla
“Schola cantorum”.
Molto ben inserito nel mondo artistico, letterario
e musicale, fu amico di Paul Claudel che lo
indusse a seguirlo in Brasile in qualità di suo
segretario quando fu nominato Ambasciatore di
Francia a Rio de Janeiro.
Nei circa due anni della sua permanenza in
questo paese, si dedicò a profonde ricerche sulla
musica popolare e il folklore brasiliano di cui si
avvarrà per successive composizioni.
Tornato a Parigi strinse amicizia con Jean
Cocteau e Erik Satie e, accogliendone gli ideali
estetici, entrò a far parte del “Gruppo dei sei”
(che ormai noi conosciamo bene) ottenendo il
primo grande successo con “Le boeuf sur le toit”
composto, per l’appunto, utilizzando impressioni
e materiali raccolti durante la sua esperienza
brasiliana. (Questo brano costituirà anche
l’oggetto del nostro ascolto finale).
Dal 1920 compì numerosi viaggi in Europa e
negli Stati Uniti dove fu anche attivo come
“lettore” nelle università di Harvard, Princeton e
Columbia.
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Si trattenne in America fino al 1947 e tornato a
Parigi fu nominato professore di composizione al
Conservatorio di Parigi e nel 1966 fu insignito
della “Legion d’Onore”
Immobilizzato da anni su una carrozzella a causa
di una grave forma di artrite, non smise per
questo di svolgere una intensa attività di direttore
d’orchestra.
Fu un autore molto prolifico e la sua vastissima
produzione conta oltre 450 numeri di catalogo.
Come accennato, ascoltiamo “Le boeuf sur le toit
- Fantasia cinematografica per violino e
orchestra - Op. 58. E’ una composizione del
1920.
Anche questo incontro è terminato. Il prossimo,
che riguarderà due nemici storici, la Russia e la
Finlandia, andrà in onda mercoledì 9 marzo.
Spero di non avervi annoiato, grazie per
l’attenzione e buona sera.
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