“Panorami di musica strumentale europea nella prima metà del ‘900” Terzo incontro: Francia Oggi prendiamo in considerazione la Francia e a differenza degli altri incontri in cui si tratta almeno di due nazioni, in questo caso la lasceremo sola padrona del campo. La ragione è che Parigi, nel periodo storico di cui ci occupiamo, fu l’indiscusso centro culturale europeo e per questo suo predominio attrasse artisti da ogni dove, i quali a contatto con gli intellettuali autoctoni, contribuirono a fare di questa città il crogiuolo delle più interessanti esperienze d’avanguardia. Per la verità avremmo dovuto fare la stessa scelta per anche per l’Austria dato che non fu certo minore motore di ricerca per l’arte e per la musica; ma abbiamo deciso di agganciarla alla Germania, non solo per le vicende storiche che uniscono queste due nazioni ma anche perché la Germania del Nazionalsocialismo con i suoi “diktat” sull’arte degenerata divenne, salvo poche figure - del resto anch’esse oggetto di repressione - una entità quasi trascurabile. A Parigi però, a differenza di Vienna, la ricerca musicale volta al rinnovamento delle strutture e dell’elaborazione compositiva, seguì strade diverse da quelle, più radicali, che furono battute dalla “seconda scuola viennese”. Ma cominciamo come al solito con qualche cenno storico che possa fare da cornice 1 all’operato dei musicisti francesi nei primi anni del ‘900. Partiamo dall’inizio del secolo che si aprì con la vittoria dei repubblicani alle elezioni del 1902 che assunse poi tratti radicali con una politica anticlericale soprattutto in ambito educativo sino alla totale separazione dello Stato della Chiesa . Dal 1906 la politica fu dominata da Georges Clemenceau e dal 1909 al 1911 sotto il governo di Aristide Briand ci fu un accrescimento del potere della classe operaia che, per la prima volta ricorse allo sciopero generale. Alla vigilia della prima guerra mondiale, la Francia, che era legata all’Inghilterra dalla “Entente cordiale”, poi estesa anche alla Russia, conobbe un forte sviluppo delle tendenze militaristiche; nel 1913 fu eletto Presidente della Repubblica Raymond Poincaré e nelle ultime elezioni prima della guerra si ebbe una forte maggioranza di Radicali e Socialisti che formarono il governo presieduto da Viviani. (ì) Per la Francia, alleata alla Gran Bretagna e alla Russia, la Prima Guerra Mondiale ebbe inizio con la dichiarazione di guerra da parte della Germania il 3 agosto del 1914 la cui avanzata, dopo i primi successi, fu bloccata sulla Marna. Ebbe così inizio una lunga guerra di trincea che all’epoca delle offensive tedesche su Verdun nel 1916 gettò la nazione in una crisi profonda. Facciamo una parentesi sul ruolo dell’Italia in questo periodo, e cioè dalla dichiarazione di guerra della Germania il 3 agosto del ’44 all’inizio della Prima Guerra Mondiale. 2 Pur essendo legata all’Austria e alla Germania dalla “Triplice alleanza”, l’Italia inizialmente dichiarò la propria neutralità, anche perché la maggior parte del paese era contrario all’intervanto. Ma i sostenitori dell’interventismo, che erano molto attivi e determinati, vedevano nella guerra, al di la delle istanze futuriste, l’occasione per ottenere Trento e Trieste ancora in mano austriaca. Dopo inconcludenti trattative con gli alleati volte ad ottenere le rivendicate concessioni territoriali, il nostro governo, guidato da Antonio Salandra, il 26 aprile 1915 firmò con i paesi della “triplice intesa” – Francia Gran Bretagna e Russia – che erano già in guerra, un patto segreto che prevedeva la nostra entrata in guerra contro gli imperi centrali ed in cambio avrebbe ottenuto Trento, Trieste, l’Istria e la Dalmazia. Poiché la “Triplice alleanza”, raffermata solo pochi anni prima, nel 1912, prevedeva l’intervento militare solo in caso di difesa, e cioè a fronte di un attacco nemico, e poiché al contrario la guerra aveva preso le mosse dall’aggressione austriaca alla Serbia e come se non bastasse, la citata dichiarazione di guerra del 3 agosto 1914 fu fatta senza nemmeno avvertire l’alleato italiano, ci fu quindi modo per il nostro governo di denunciare l’alleanza, cosa che fece il 15 maggio 1915 e, dopo soli 9 giorni, l’Italia entrò in guerra contro gli ex alleati. (…coi primi fanti il 24 maggio …). Lasciamo per il momento gli avvenimenti storici e parliamo un po’ di musica. 3 Per la Francia dobbiamo eleggere due “padri nobili” (sempre esagerati i francesi) perché il primo, inevitabile, è sicuramente uno dei più grandi musicisti dell’età moderna (così era infatti considerato nei programmi dei conservatori quando io ero (Annibale era) un ragazzo) e il secondo, singolare personaggio che eleggeremo dopo, è a pieno titolo il “maître à pansée” delle avanguardie musicali francesi per il primo quarto di secolo. Cominciamo quindi dal primo. A differenza di quasi tutti i musicisti che abbiamo trattato o che tratteremo, Achille-Claude Debussy (Saint-Germanin-en-Laye 1862 – Parigi 1918) non aveva alcuno della sua famiglia che avesse inclinazioni musicali. Manuel, il padre, vecchio soldato di marina poi mercante di maioliche e poi impiegato, nel 1871 fu arrestato perché implicato nell’insurrezione della Comune di Parigi e in carcere incontrò un musicista di Cabaret, Charles de Sivry, la cui madre era un’eccellente insegnante di pianoforte la quale, incontrato il giovane Claude si rese conto delle sue disposizioni naturali per la musica e lo preparò per il Conservatorio. Questo sacrario accademico però soffocava Debussy che si piegava con difficoltà alle regole codificate dell’armonia: ciononostante nel 1884 vinse il “Prix de Rome” che consisteva in un soggiorno di due anni a Roma, a Villa Medici, e aveva lo scopo di permettere ai giovani compositori di affinare, in questo tempo libero da ogni preoccupazione d’ordine pratico e in un ambiente culturalmente stimolante, le proprie capacità. 4 “…Ma il detestato soggiorno di Debussy a Villa Medici, fu artisticamente improduttivo, anche per la sua riottosità a seguire le convenzioni accademiche nelle composizioni che era tenuto ad inviare a Parigi come saggi del suo studio… “ “… Decisivo per la sua maturazione fu invece il quinquennio successivo al suo rientro a Parigi. In quegli anni avvennero molti fatti importanti per la formazione della sua personalità artistica: fu affascinato dalla musica di Giava scoperta all’Esposizione Universale del 1889; definì meglio dopo due viaggi a Bayreut il suo rapporto nei confronti della musica wagneriana. Ma altrettanto importante fu la frequentazione di letterati , pittori e musicisti, soprattutto nel salotto di Mallarmé, che aprì la sua sensibilità ai temi più generali dell’arte del suo tempo …” Il personalissimo linguaggio di Debussy nacque da un crogiuolo nel quale si fusero varie componenti le più importanti delle quali furono il suo ideale melodico, che si identificava con l’arabesco, e gli aspetti più innovativi che sono attinenti alla struttura armonica. Debussy morirà per un carcinoma nel 1918 mentre su Parigi si scatenava il colpo di coda tedesco dell’offensiva di primavera con bombardamenti aerei e proiettili d’artiglieria. Infatti nella primavera del 1918 Parigi è in ginocchio: una serie violenta di esplosioni devasta la città. Il timore di dover consegnare la capitale francese nelle mani tedesche non sembra più così remoto e il governo appare sul punto di 5 dimettersi, ma la Francia ha ancora due assi nella manica: i carri armati e i soldati americani, che dopo un anno di addestramento in suolo francese sono pronti ad entrare in azione. Il 18 luglio 1918, a Soissons, le truppe franco-americane sferrano un attacco a sorpresa e nelle sorti della guerra è la svolta: l`esercito tedesco inizia la ritirata che si concluderà solo con la disfatta. Ma noi ora ascoltiamo di Debussy il secondo movimento della sinfonia “La mer” (1903-1905) “il gioco delle onde”. Esegue l’Orchestra della Suisse Romande diretta da Ernest Ansermet. Il promesso secondo “Padre nobile” della nuova musica francese del ‘900 è senz’ombra di dubbio Erik Alfred Leslie Satie (Parigi 1866 – Ivi 1925) personaggio con fama di eccentrico come altri mai - e in effetti lo era – è stato compositore di lavori musicali molto significativi per l’evolversi della musica del suo tempo. Frequentò corsi di armonia e pianoforte al conservatorio di Parigi e visse facendo il pianista di “Cabaret” - soprattutto a “Le chat noire” – oppure accompagnando gli “Chansonniers”. Insofferente alle consuetudini accademiche, improvvisamente, con un gesto provocatorio e , dato il personaggio, clamoroso, nel 1905 intraprese diligenti studi di contrappunto e fuga alla severa “Schola cantorum” di Vincent d’Indy. Figura di primissimo piano tra gli artisti, gli scrittori e i musicisti a partire dai primi anni del secolo, fu guardato come un caposcuola da Jean Cocteau e dal gruppo dei sei. (detti 6 semplicemente “Les six” – Louis Durey; Germaine Tailleferre; Darius Milaud, Arthur Honegger; Francis Poulenc e Georges Auric. Di loro parleremo e ascolteremo qualcosa tra poco). Era amico di Debussy e di Maurice Ravel, ma anche di Pablo Picasso e Léonide Massine, con i quali collaborò per il balletto “Parade”; di Francis Picabia con cui realizzò “Relâche” (che prevedeva un intermezzo cinematografico di René Claire, “Entr’acte” per cui scrisse la colonna sonora) e poi di nuovo con Picasso e Massine per il “Mercure” andato in scena a Parigi nel 1924. E’ anche giustamente famoso per i titoli e le didascalie dei suoi brani, sempre imprevedibili, spiritosi e spiazzanti (Trois morceaux en forme de poire; Piéces froides; Sonatine burocratique etc.) Un piccolo inciso: per chi avesse interesse a leggere i sorprendenti scritti di Satie, facciamo presente che esiste uno splendido volume a cura di Ornella Volta e edito da Feltrinelli (Quarta edizione 2010) che si intitola “I quaderni di un mammifero”. Lo consigliamo e, intanto, di Erik Satie proponiamo un ascolto tratto dalla suite dal balletto “Parade” L’orchestra è diretta da Igor Makevich. Dopo l’entrata in guerra degli Stati Uniti, che compensò il ritiro della Russia rivoluzionaria nel 1917, grazie al fondamentale sostegno degli alleati, la Francia riuscì progressivamente a rovesciare le sorti del conflitto finché nel luglio del 1918, sotto la guida politica di Clemenceau e al comando del Generale Ferdinand Foch riuscì a 7 scatenare una controffensiva che costrinse la Germania alla resa l’11 novembre dello stesso anno. Alla conferenza di pace di Parigi - con i trattati di Versailles e di Sait-Germaine – la Francia e gli alleati adottarono nei confronti delle potenze sconfitte una linea intransigente finalizzata all’annientamento non solo militare ma anche economico del rivale tedesco; così facendo però, essi tennero aperto un potenziale conflitto e un risentimento che fu il seme avvelenato dal quale scaturiranno varie cause che porteranno l’Europa alla Seconda Guerra Mondiale. Ma ripassiamo la parola ad Annibale che ci riconduce alla ragione principale dei nostri incontri: la musica. La biografia di Maurice Ravel (Ciboure, Bassi Pirenei 1875 – Parigi 1937) non è certo ricca di aneddoti eclatanti e quelli degni di nota si possono contare sulle dita di una mano. Formatosi al Conservatorio di Parigi, brillante allievo, per composizione, di Gabriel Fauré era a gudizio del pianista e direttore d’orchestra Alfred-Denis Cortot “… un giovanotto spesso beffardo, loico un po’ sostenuto, che legge Mallarmé e frequenta Erik Satie …” (probabilmente per il grande Cortot, frequentare Satie doveva sembrare un atteggiamento un po’ da “dandy”). Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale il trentanovenne Maurice Ravel era un compositore affermato e stupisce un po’ vederlo intraprendere una lunga serie di “passi” al fine di essere 8 arruolato, disegno che gli riesce nel 1915 nonostante l’inabilità al servizio militare per inadatta costituzione fisica. Avviato al fronte nella zona di Verdun come conduttore di autocarri, si ammalò gravemente e dovette subire un intervento chirurgico, dopo di che fu definitivamente riformato. Ripresa la carriera di compositore, nel 1920 ecco altro comportamento degno di nota: insegnito della “Legion d’Onore” avrebbe voluto rifiutarla pubblicamente, ma supplicato dagli amici che volevano fosse evitato uno scandalo, la accettò; ma lo scandalo scoppiò ugualmente perché si rifiutò di pagare i “diritti di cancelleria” e venne quindi “Radiato”. Anche Ravel, come altri grandi musicisti del tempo, accoglierà l’invito di Paul Wittgenstein (il pianista che perse il braccio destro durante la guerra, e di cui abbiamo già parlato nel precedente incontro) e scrisse per lui il famoso concerto per Pianoforte mano sinistra e orchestra. Nel 1933 si manifestarono i primi segni della malattia cerebrale che nel breve volgere di un anno non gli permetterà più di scrivere: gesti e parole non ubbidiscono più alla sua volontà pur rimanendo d’intelligenza limpida e inalterata. Grazie alla generosità di Ida Rubistein, la famosa ballerina russa, nel 1935 intraprende un lungo viaggio con l’amico Léon Leyritz in Marocco e poi in Spagna; ma il suo male peggiora e nel 1937 viene deciso un intervento chirurgico che non avrà esito felice. Maurice Ravel muore il 28 dicembre 1937. Di lui ascoltiamo un po’ della “Pavane pour une infante défunte” composta per pianoforte nel 1899 ma orchestrata nel 1910. 9 È la danza che una principessa (une infante) può aver ballato in tempi passati, ormai lontani, presso la corte spagnola. Infante o infanta era il titolo del figlio (o della figlia) del sovrano regnante a partire dal secondogenito. Ad eseguire è la West-Divan Orchestra diretta da Daniel Baremboing. Dagli accenni biografici dei musicisti francesi di cui abbiamo parlato (e parleremo) si potrebbe pensare che fossero tutti, chi più chi meno, allergici alla “Accademia” e molti di loro in effetti lo erano. Ma ci furono anche musicisti che proprio attraverso i severi studi di contrappunto e composizione svilupparono impasti sonori grandemente innovativi. Uno di questi, che non può essere taciuto è Olivier Messiaen, (Avignone 1908 – Parigi 1992) che già all’età di otto anni si provava spontaneamente a comporre e nel 1918 cominciò seri studi a Nantes per poi iscriversi l’anno dopo, undicenne, al Conservatorio di Parigi che frequentò per dieci anni. Già nel 1931 (ventitreenne) era titolare del “Grand Orgue de la Trinité” a Parigi e nel 1936 fu nominato professore della “Ecole normale de musique” e della “Schola Cantorum”. Mobilitato nel 1939, fu fatto prigioniero e tornò a Parigi nel 1942 dove gli venne subito affidata la cattedra di armonia nel conservatorio dove aveva lui stesso studiato per dieci anni, cattedra che conservò fino al 1963 anno in cui cominciò a 10 svolgere corsi di composizione a Budapest, Darmstat, e negli Stati Uniti. Oliver Messiaen “… elaborò un complesso sistema linguistico in cui convergono studi sulla modalità, sul timbro, sulle tecniche di musica seriale e suggestioni di misticismo religioso di natura cattolica …”. Di questo autore ascoltiamo un “Gloria in excelsis Deo” la prima dalle “Improvvisations” su tema gregoriano eseguite sul Grand’organo della Trinité da Messiaen stesso e che annuncia anche il brano. Siamo nel 1923. In Germania la disoccupazione e l’inflazione toccavano livelli drammatici, mentre la Francia rincarava la dose occupando, nel gennaio, le regioni carbonifere della Ruhr. Intanto si affacciava sulla scena politica tedesca un nuovo personaggio che dotato di un particolare magnetismo di cui si serviva per entusiasmare le folle, prometteva la rinascita della nazione. Nel 1929 ci fu, per tutte le popolazioni dell’occidente, la grande crisi che, soprattutto in Germania segnò un ulteriore acuirsi delle tensioni sociali (i disoccupati salirono a 6.000.000). Di questa situazione ne trassero vantaggio i nazionalisti hitleriani che, dopo aver vinto le elezioni del 1932 e quindi aver ottenuto la maggioranza al Reichstag, in breve tempo imposero quella dittatura che tutti conosciamo. Poi seguirono le varie vicende che permisero ai tedeschi di attaccare la Polonia nel 1939 dando il via alla Seconda Guerra Mondiale. 11 (Di questo abbiamo trattato più diffusamente nel precedente incontro) La Francia e l’Inghilterra, fra il 3 settembre 1939, giorno della dichiarazione di guerra e il maggio del 1940, non assunsero alcuna iniziativa di rilievo per contrastare le offensive di Hitler in Polonia, in Danimarca e in Norvegia, poiché, soprattutto la Francia, non era ancora pronta al conflitto e si illudeva che le mire espansionistiche della Germania si sarebbero esaurite. L’impreparazione francese alla guerra di movimento, perché tale sarebbe stata questa Seconda Guerra Mondiale si basava sull’errata fiducia delle linee difensive ai suoi confini (Linea Maginot). Per cui fu una sorpresa l’offensiva tedesca del 10 maggio 1940 che, attraverso i Paese Bassi e il Belgio in poco più di un mese determinò la caduta della Francia (Alla quale un mese dopo, il 10 giugno, anche l’Italia dichiarò guerra). Pur avendo salvato gran parte delle truppe sconfitte imbarcate a Dunkerque per l’Inghilterra, al governo non rimase altra alternativa che trasferirsi in Nord Africa o firmare l’armistizio. Il Maresciallo Pétain firmò l’armistizio, il 16 giugno con la Germania e il 24 con l’Italia. Per volontà di Hitler l’armistizio fu firmato a Compiegne, nel luogo in cui alla fine della Prima Guerra Mondiale era stata firmata la resa della Germania e, come rivalsa all’umiliazione di allora, volle che la firma avvenisse sullo stesso vagone ferroviario che servì a questo scopo nel 1918. 12 A questo punto la Francia era quasi completamente occupata: rimase formalmente libera solo la zona centro-meridionale di Vicky a cui venne lasciata la gestione dell’impero coloniale e la flotta in disarmo. Iniziò così con Pétain a cui furono affidati tutti i poteri, un regime di collaborazionismo che comunque, nel 1942 il Governo di Vicky perse la propria indipendenza anche dal punto di vista formale quando fu occupata dalle truppe tedesche. Nel maggio del 1943 si costituì il Consiglio nazionale della resistenza cui seguì la formazione di un’armata della “Francia Libera” con truppe stanziate nelle colonie. Nel giugno del 1943 si costituì ad Algeri un comitato francese di liberazione che venne riconosciuto dagli alleati e “Francia libera” poté partecipare alle operazioni militari dello sbarco in Normandia. Tra il 18 e il 26 agosto 1944 Parigi fu liberata dal Generale De Gaulle che dal 3 giugno era a capo del Governo provvisorio della Repubblica francese. Abbiamo già citato più volte il “Gruppo dei sei” e, poiché le figure di musicisti di cui parleremo da adesso in avanti fecero tutti parte di quel gruppo, diremo due parole su questa aggregazione che riconobbe come caposcuola Erik Satie e come portavoce letterario Jean Cocteau, il quale espose le idealità artistiche del gruppo in un manifesto: “Le coq et l’Arlequin” del 1918. “Les six” si caratterizzavano per la polemica antiromantica, per il gusto per una radicale 13 semplificazione del linguaggio, che accogliesse anche spunti della musica da circo, del Musichall, del Jazz, per l’ironia e il sarcasmo dissacratori, per la creazione di oggetti sonori fuori da ogni accademica aulicità, da aspirazioni al sublime o da suggestioni impressionistiche. In realtà, solo agli esordi i Sei espressero idealità estetiche comuni: i musicisti che formavano il gruppo presentavano personalità molto diverse fra loro e si direbbero accumunati da una prima reazione alla crisi di valori seguita alla prima Guerra Mondiale. Già nel 1921 il gruppo aveva perduto alcuni componenti, e nel 1924 tale esperienza poteva considerarsi conclusa. Adesso però, tra tanti uomini, vorremmo proporre una compositrice. Donne che si sono dedicate alla composizione ce ne sono sempre state, in tutte le epoche, e spesso hanno raggiunto livelli qualitativi di tutto rispetto, ma per il modo di pensare in tutte le società, quasi fino alla Seconda Guerra Mondiale, per una donna che volesse intraprendere la carriera di musicista significava mettere un po’ a repentaglio la propria reputazione. Ciononostante non furono poche quelle che sfidando preconcetti e ottusità si imposero all’attenzione del pubblico e che ora fanno parte a pieno titolo della Storia della Musica. La musica francese ci propone una di queste donne la quale fu compositrice apprezzata e figura di primo piano nella musica d’avanguardia degli anni che stiamo esaminando e che ci servirà 14 da battistrada per i musicisti che incontreremo in seguito: infatti questa musicista faceva parte del già accennato Gruppo dei Sei. Germaine Tailleferre, (ParcSaint-Maur, Parigi 1892 – Parigi 1983) nel 1904 entrò al Conservatorio di Parigi diplomandosi in pianoforte, armonia e composizione. Studiò poi orchestrazione con Maurice Ravel Amica di Milaud, Auric e Honnegger nel 1920 aderì a “Les Six” con i suddetti, con Francis Poulenc e Louis Durey. Si esibì per la prima volta in pubblico come pianista nel 1918 eseguendo con Ricardo Viñes “Jeux de plein air” una propria composizione per due pianoforti. Dal 1942 al 1946 visse negli Stati Uniti esibendosi in varie tournée e dal suo ritorno in patria ha scritto diverse opere (nel carattere dell’opera comique) musica da camera, balletti, una decina di musiche da film, composizioni per orchestra e per solo pianoforte, liriche etc. etc. Dalla sua produzione cameristica abbiamo scelto di ascoltare il primo movimento del “Concertino per arpa e pianoforte” scritto nel 1927. E’ una formazione abbastanza insolita e potreste provare a distinguere i timbri dei due strumenti che non sono simili, affatto. Eseguono: Gabriella Bosio, Arpa e Cristina Ariagno Pianoforte. Francis Poulenc (Parigi 1889 – ivi 1963) neto in una famiglia molto agiata studiò pianoforte privatamente fino all’età di quindici anni quando divenne allievo di Richardo Viñes il quale 15 esercitò su di lui un influsso notevole e gli fece conoscere Erik Satie e Georges Auric. Allo scoppio della guerra, nel 1914, mentre era già conosciuto negli ambienti musicali d’avanguardia, e fu chiamato alle armi e, pur continuando a comporre, dovette rimanere nell’esercito fino al 1921 anno in cui fu smobilitato. Viaggiò molto in Europa facendo conoscenza con Schönber, Berg e Webern che apprezzava, ma rifiutò sempre lo sperimentalismo linguistico di quelle avanguardie preferendo aderire al neoclassicismo con frequenti concessioni impressionistiche. Il suo catalogo è molto vasto e comprende tutti i generi musicali, dal balletto alle composizioni per il teatro, alla musica da camera, alle colonne sonore per film, ai brani per solo pianoforte etc. Dal 1935, con le “Litanie à la Vierge noir” iniziò una serie di composizioni a soggetto religioso, fino alla più famosa opera scritta nel secondo dopoguerra “I dialoghi delle Carmelitane”. Abbiamo scelto, per far ascoltare qualcosa di Francis Poulenc, una sonata per pianoforte a quattro mani composta nel 1918 ed eseguita da una nostra amica, Angela Villa in duo con Ilaria Pavarani, che attualmente è la vicedirettrice del Conservatorio di Parma. Artrur Honegger (Le Havre 1892 – Parigi 1955) Nato a Le Havre da genitori svizzeri che si trovavano in quella città per ragioni di lavoro (infatti il padre era fiduciario di una azienda svizzera che importatrice di caffè), cominciò a studiare musica nella sua città natale, poi quando 16 la famiglia rientrò in Svizzera li proseguì a Zurigo ed infine li concluse a Parigi (dove si stabilì definitivamente) con Vincent d’Indy e Charles-Marie Widor. Considerato a tutti gli effetti musicista francese, nel 1916 entrò a far parte del gruppo “Les nouveaux jeunes”, gruppo che poi, nel 1920, prendera il nome di “Lessix”, il famoso “Gruppo dei sei” ma, tuttavia, non rinunciò alle acquisizioni impressionistiche di Debussy e a molte soluzioni armoniche di Wagner. (Citazione) “… raccogliendo anche le istanze più significative delle correnti musicali d’avanguardia, seppe sviluppare un indirizzo stilistico assai personale e inconfondibile, fatto di brillanti strumentazioni, elegante taglio formale e disteso gusto ritmico …”, praticò tutti i generi musicali, dai lavori teatrali alle sinfonie, agli oratori, ai concerti per strumento e orchestra etc.etc. I suoi lavori più conosciuti ed eseguiti, sono l’oratorio “La danse des morts” su testo di Paul Claudel, e soprattutto il movimento sinfonico “Pacific 231” del 1923, ispirato ad una locomotiva e capolavoro assoluto della “Musica delle macchine”, indirizzo assai diffuso negli anni ’20. (Come non ricordare i Futuristi italiani?) Ed è proprio la locomotiva di questo movimento sinfonico l’oggetto del nostro ascolto. Arthur Honegger, “Pacific 231”. E per finire, un personaggio importantissimo. 17 Appartenente ad una facoltosa famiglia di commercianti israeliti stabiliti in Provenza da vari secoli, Darius Milaud (Aix-en-Provance 1892 – Ginevra 1974) si avvicinò alla musica giovanissimo ma concretizzò i suoi studi al Conservatorio di Parigi al quale fu ammesso nel 1909, e poi in seguito, come assiduo frequentatore dei corsi di analisi musicale e direzione d’orchestra di Vincent d’Indy alla “Schola cantorum”. Molto ben inserito nel mondo artistico, letterario e musicale, fu amico di Paul Claudel che lo indusse a seguirlo in Brasile in qualità di suo segretario quando fu nominato Ambasciatore di Francia a Rio de Janeiro. Nei circa due anni della sua permanenza in questo paese, si dedicò a profonde ricerche sulla musica popolare e il folklore brasiliano di cui si avvarrà per successive composizioni. Tornato a Parigi strinse amicizia con Jean Cocteau e Erik Satie e, accogliendone gli ideali estetici, entrò a far parte del “Gruppo dei sei” (che ormai noi conosciamo bene) ottenendo il primo grande successo con “Le boeuf sur le toit” composto, per l’appunto, utilizzando impressioni e materiali raccolti durante la sua esperienza brasiliana. (Questo brano costituirà anche l’oggetto del nostro ascolto finale). Dal 1920 compì numerosi viaggi in Europa e negli Stati Uniti dove fu anche attivo come “lettore” nelle università di Harvard, Princeton e Columbia. 18 Si trattenne in America fino al 1947 e tornato a Parigi fu nominato professore di composizione al Conservatorio di Parigi e nel 1966 fu insignito della “Legion d’Onore” Immobilizzato da anni su una carrozzella a causa di una grave forma di artrite, non smise per questo di svolgere una intensa attività di direttore d’orchestra. Fu un autore molto prolifico e la sua vastissima produzione conta oltre 450 numeri di catalogo. Come accennato, ascoltiamo “Le boeuf sur le toit - Fantasia cinematografica per violino e orchestra - Op. 58. E’ una composizione del 1920. Anche questo incontro è terminato. Il prossimo, che riguarderà due nemici storici, la Russia e la Finlandia, andrà in onda mercoledì 9 marzo. Spero di non avervi annoiato, grazie per l’attenzione e buona sera. 19