LA CHIMICA NUCLEARE Lo studio delle trasformazione che avvengono nel nucleo atomico permette applicazioni che spaziano in numerosi campi della scienza, dallo studio della formazione degli elementi nell’universo alla sintesi di molecole radioattive per la medicina “La storia della scoperta e dell’isolamento di questa sostanza [il radio] ha fornito la prova della mia ipotesi, secondo cui la radioattività è una proprietà atomica della materia e può fornire un metodo di ricerca per nuovi elementi. L’ipotesi ha condotto alle attuali teorie sulla radioattività…”. (Marie Curie, Nobel Lecture ,19111). Le reazioni chimiche sono trasformazioni che comportano lo scambio o la condivisione degli elettroni tra gli atomi coinvolti nella formazione dei legami, mentre le reazioni nucleari provocano cambiamenti dell’identità degli elementi stessi in quanto interessano il cuore dell’atomo fatto di protoni e neutroni. Le reazioni nucleari sono spesso accompagnate dal rilascio di quantità di energia enormemente più grandi di quelle coinvolte nelle reazioni chimiche, ed inoltre, la velocità e la resa di queste reazioni generalmente non dipendono dalle variazioni di temperatura, pressione o dalla presenza di catalizzatori. La chimica nucleare ha avuto origine dalla scoperta del chimico francese Henri Becquerel che nel 1896, durante i suoi studi sulla fosforescenza, notò casualmente che un minerale ricco di uranio, la pechblenda, posto accanto a lastre fotografiche chiuse nei loro Figura 1 - La lastra fotografica trovata impressionata da Becquerel contenitori a prova di luce, ne provocava l'annerimento e ne dedusse che tali minerali dovevano emettere dei raggi molto più penetranti di quelli luminosi (fig.1). Questo significava che questi raggi dovevano trasportare energia, ma la pechblenda li emetteva in continuazione senza alcun apporto esterno di energia. Questa apparente violazione del principio di conservazione dell’energia rese presto evidente che i raggi di Becquerel dovevano aver origine nei nuclei dell’atomo. Infatti, dato che la radiazione dell’uranio rimane invariata sia nella forma di elemento che di composto, ed essa non varia con la temperatura, pressione o stato di ionizzazione, la radiazione non può essere derivata dalle transizioni elettroniche. Becquerel chiamò queste emissioni raggi uranici. Nel 1898 i coniugi Curie scoprirono il radio, un nuovo elemento che emetteva dei raggi cinquecento più intensi di quelli dell'uranio. Questo elemento era in grado di emettere tre tipi di radiazioni: i raggi alfa, i raggi beta e i raggi gamma. I raggi gamma sono radiazioni elettromagnetiche come i raggi X; i raggi alfa e beta consistono invece in 1 http://www.nobelprize.org/nobel_prizes/chemistry/laureates/1911/marie‐curie‐lecture.html particelle di materia. Il radio, emettendo energia e materia, si trasforma in elio e piombo, cioè in elementi più leggeri. Dato che la stessa cosa avviene per tutte le altre sostanze radioattive, si può dedurre che in natura si realizza spontaneamente la trasmutazione degli elementi. Dato che era chiaro che questi raggi non erano una caratteristica solo dell’uranio fu cambiato il nome da raggi uranici a radioattività. Ai Curie e Bacquerel nel 1903 fu assegnato il premio Nobel per la Fisica per il loro lavoro sulla radioattività. Nel 1911 Marie Curie vinse il premio Nobel per la Chimica per aver scoperto due nuovi elementi e rimane l’unica persona ad essere stata premiata con il Premio Nobel sia in fisica che in chimica. Ci sono essenzialmente tre sorgenti elementi radioattivi: i nuclidi primordiali sono gli elementi radioattivi presenti dalla formazione della Terra e hanno un’età comparabile a quella del sistema solare; i nuclidi cosmogenici che sono atomi costantemente prodotti nell’atmosfera dal bombardamento dei raggi cosmici; gli elementi radioattivi di origine antropogenica sono il risultato delle attività umane nella produzione dell’energia nucleare e nella dispersione di fallout radioattivo durante le esplosioni nucleari. Il nucleo costituisce la parte centrale dell’atomo, presenta dimensioni dell’ordine di 10-14 ÷ 10-15 m ed è formato da protoni e da neutroni, che sono detti nucleoni (particelle formanti il nucleo). I primi presentano carica elettrica positiva, mentre i secondi sono privi di carica elettrica. Il numero di protoni è uguale al numero di elettroni, così che l'atomo è elettricamente neutro. La somma del numero dei protoni più il numero dei neutroni viene chiamato numero di massa e si indica con la lettera A, mentre il numero totale di protoni viene chiamato numero atomico e si indica con la lettera Z. Per un dato elemento, il numero di protoni è fisso ed è quello che lo caratterizza, mentre il numero di neutroni può essere variabile. Atomi che presentano lo stesso numero atomico ma diversa massa atomica sono detti isotopi. Nel 1903, Ernest Rutherford e Frederik Soddy proposero che la radioattività è il risultato del cambiamento naturale di un isotopo di un elemento in un isotopo di un altro elmento, e chiamarono questo processo reazione nucleare. A differenza delle equazioni chimiche in cui gli elementi mantengono la loro identità, nelle reazioni nucleari questi si trasformano in altri elementi con diverse caratteristiche. Comunque anche le reazioni nucleari vanno bilanciate, nel senso che la somma delle masse iniziali deve essere uguale a quella delle masse finali. L’isotopo generico X viene rappresentato con la seguente notazione: Per esempio, i simboli e rapprentano rispettivamente l’isotopo del Carbonio con 6 protoni e 6 neutroni e l’isotopo con 6 protoni e 8 neutroni. Le principali particelle subatomiche (protoni, neutroni ed elettroni) hanno notazioni simili: Protone Neutrone Elettrone Nel caso dell’elettrone l’esponente 0 sta ad indicare un numero di massa praticamente zero rispetto al nucleo. L’indice inferiore -1 indica la carica negativa della particella. Esso non è un è un numero atomico ma scrivendo il simbolo in questo modo è utile per bilanciare le equazioni nucleari. Consideriamo il decadimento del radio-226 in radon-222. In questa reazione nucleare detta decadimento alfa, il nucleo instabile emette una particella alfa composta da due ), e si trasforma in un nucleo diverso, con protoni e due neutroni (un nucleo di elio numero atomico (Z-2) e numero di massa (A–4). Come si può vedere dalla tabella precedente, la somma dei numeri dei numeri di massa e dei numeri atomici rimane uguale nella reazione nucleare. Le radiazioni alfa sono poco penetranti e nell’aria possono percorrere pochi cm perché vengono bloccate dagli urti con le molecole che costituiscono l’aria stessa. Il passaggio di una particella alfa attraverso un mezzo provoca, a causa della carica elettrica +2 e della massa 7400 volte maggiore di quella dell'elettrone, la ionizzazione di un gran numero di atomi. Quando la radiazione ionizza molecole all’interno di cellule di organismi viventi, queste possono modificare le normali reazioni biochimiche determinando la morte della cellula o la sua riproduzione anormale. La capacità di ionizzare molecole o atomi da parte della radiazione è detto potere ionizzante. Di tutti i tipi di radiazione, quella alfa presenta il potere ionizzante maggiore Nel decadimento beta, un neutrone può essere convertito in un protone , un elettrone e un’altra particella chiamata antineutrino2. Il nucleo si trasforma in un nucleo con numero atomico (Z + 1) ma stesso numero di massa A. Un esempio è il decadimento del Carbonio-14 in Azoto-14: La somma dei numeri di massa rimane uguale nella reazione ([14 = 14 + 0], così come la somma della carica elettrica [6 = 7 + -1]). Le radiazioni beta sono più penetranti di quelle alfa e sono in grado di attraversare sottili fogli metallici, ma sono molto meno massive delle particelle alfa e quindi hanno un potere ionizzante inferiore. Il decadimento gamma è di natura elettromagnetica ed accompagna solitamente una radiazione alfa o una radiazione beta. Infatti, dopo l'emissione alfa o beta, il nucleo è ancora eccitato perché i suoi protoni e neutroni non hanno ancora raggiunto il nuovo stato di equilibrio. Pertanto, il nucleo si libera rapidamente dell’eccesso di energia attraverso l'emissione di una radiazione gamma. Il raggio gamma non ha massa né carica e pertanto quando viene emesso da un atomo radioattivo questo non cambia la 2 Il neutrino è una particella ad elevato contenuto di energia senza carica elettrica e di massa praticamente nulla, la cui esistenza fu prevista teoricamente da L.Pauli nel 1931 per rendere conto dell'energia e della quantità di moto mancanti nel decadimento beta e da E. Fermi nel 1934. Nel 1956 trovò evidenza sperimentale ad opera di F. Reines e C.L. Cowan Jr. L’antineutrino è l’antiparticella del neutrino. sua massa atomica o il numero atomico. Per esempio, l’emissione alfa dell’ U-238 è anche accompagnato dall’emissione di un raggio gamma: Le radiazioni gamma sono molto penetranti, e bloccarle richiede materiali ad elevata densità come il piombo (Fig. 2). Altro tipo di radiazione è l’emissione di positroni. Questa avviene quando in un nucleo instabile un protone è convertito in un neutrone ed è emesso un positrone ed un neutrino. Il positrone è dell’elettrone: ha la Figura 2 - Diverso potere di penetrazione delle un’antiparticella radiazioni nucleari stessa massa dell’elettrone ma carica opposta. Se un positrone collide con un elettrone queste due particelle si annichilano l’una con l’altra rilasciando energia nella + forma di raggi gamma. L’emissione di positroni è a volte chiamata emissione β . Il potere ionizzante e di penetrazione dei positroni è simile a quello dei raggi β. Quando un atomo emette un positrone, il suo numero atomico decresce di 1, mentre il numero di massa rimane invariato: ad esempio, l’equazione nucleare per l’emissione positronica del fosforo-30: ν Lo stesso risultato dell’emissione positronica si ha con un altro tipo di decadimento, la cattura elettronica. In questo tipo di radiazione, un elettrone proveniente dallo strato più esterno dell’atomo viene assorbito da un nucleo instabile, e unendosi ad un protone, si trasforma in un neutrone con l’emissione di un neutrino. Un esempio di cattura elettronica è il decadimento del potassio-40 in argo-40: ν Il potassio-40 costituisce lo 0,01% della crosta terrestre ed è il responsabile della maggior parte della radiazione di origine naturale nelle specie viventi e nel suolo. Il rapporto tra protoni e neutroni all'interno di un nucleo ed il numero ed il tipo di interazioni che si stabiliscono tra essi determina se questo nucleo sia o non sia stabile (fig. 3). Ciascun nucleone è in grado di stabilire interazioni con altri nucleoni; una coppia protone-neutrone stabilisce una somma di interazioni stabili e bilanciate reciprocamente, mentre un eccesso o un difetto di neutroni nel nucleo sbilancia il numero ed il tipo delle interazioni e pertanto il nucleo risulta instabile. Solo quei nuclei che possiedono approssimativamente lo stesso numero di protoni e di neutroni risulta stabile nelle condizioni attuali presenti sulla terra. Nel nucleo la repulsione elettrostatica tra i protoni è molto intensa, ma esso è mantenuto unito da una forza specifica, detta interazione (o forza) nucleare forte (fig.3). Questa forza è estremamente intensa, ma decresce molto rapidamente all'aumentare della distanza tra i nucleoni; perciò il nucleo, quando le sue dimensioni aumentano tanto da non permettere all’interazione forte di superare quella elettrica repulsiva, tende a decomporsi Figura 3 - Le due opposte forze presenti in un nucleo sono la repulsione elettrostatica tra i formando, così, nuclei più stabili. Un protoni positivi e la forza nucleare forte che importante numero per determinare la stabilità tiene insieme i protoni e neutroni nucleare è il rapporto di neutroni e protoni (N/Z). La fig. 4 mostra un grafico in cui sono posti in ascisse il numero di protoni (Z) ed in ordinata il numero di neutroni (N) per tutti i nuclei conosciuti. Gli elementi che stanno sulla diagonale hanno tutti una stabilità nucleare elevata, (questa regione è conosciuta come banda di stabilità) mentre quelli che si trovano sopra la diagonale (eccesso di neutroni) e sotto (eccesso di protoni) sono instabili e soggetti a decadimento radioattivo. I nuclei degli elementi leggeri hanno un rapporto N/Z tendente ad uno, mentre i nuclei degli elementi pesanti mostrano tutti un eccesso di neutroni noto come eccesso di massa. Figura 4 - La banda di stabilità nucleare mostra diverse Quando Z cresce, la stabilità combinazioni di protoni/neutroni che danno luogo a isotopi con del nucleo tende a diminuire a tempo di dimezzamento misurabile. L’ingrandimento della banda della repulsione nella regione da Z=66 a Z=79 mostra i diversi tipi di decadimento causa radioattivo coulombiana, le forze nucleari attrattive devono quindi aumentare ed è necessario un numero N di neutroni percentualmente maggiore. Pertanto all'aumentare del numero di protoni, la repulsione elettrostatica rende necessario un leggero eccesso di neutroni e per questo il rapporto N/Z si discosta dall'unità per molti nuclei stabili. Per esempio, a Z=40 i nuclei stabili hanno un rapporto N/Z di circa 1,25 e a Z=80 il rapporto raggiunge 1,5. Il limite di questa stabilità è dato dall'elemento bismuto con Z=83, dopodiché in natura non esistono nuclei stabili in condizioni normali. Per raggiungere la stabilità i nuclei con Z > 83 danno luogo a processi di decadimento che riducono il valore di Z. Nuclei con Z elevato (>83) come l’americio emettono spontaneamente particelle alfa diminuendo il suo numero atomico Z due unità e il suo numero di massa A di quattro unità. Il tipo di radioattività emessa dipende in parte dal rapporto N/Z. Se questo è molto alto, i nuclidi che si trovano sopra la valle di stabilità hanno troppi neutroni e tendono a dar luogo a decadimenti beta, convertendo neutroni in protoni e incrementando così il numero atomico. Se il rapporto N/Z è troppo basso, i nuclidi sotto la valle di stabilità tendono convertire protoni in neutroni attraverso una emissione di positroni. Oltre al rapporto N/Z , anche il numero reale di protoni e neutroni agisce sulla stabilità del nucleo. La tabella mostra diversi nuclidi che hanno combinazioni di nucleoni pari o dispari. È da notare che i nuclidi stabili hanno un numero pari sia di protoni che di neutroni. A partire dagli anni ’50 è stato sviluppato un modello a gusci del nucleo, costituito da particelle che si muovono in un campo di forze nucleari. Analogamente ai gusci elettronici completi, il modello prevede che, in corrispondenza di gusci nucleari pieni, contenenti un prestabilito numero di nucleoni (N o Z = 2, 8, 20, 28, 50, 82 e N=126), il sistema sia particolarmente stabile. Questi numeri sono chiamati numeri magici. Dato che i numeri magici sono pari, questo spiega perché gli elementi con numeri di protoni e neutroni pari rappresentano il 90% degli elementi presenti nella crosta terrestre (tab. 1). Esempi sono: , , , e Il piombo-208, ha 82 protoni e 126 neutroni e il nucleo, “doppiamente magico”, appare essere virtualmente eterno. Diversi isotopi radioattivi decadono spontaneamente per formare un prodotto che a sua volta è radioattivo. La maggior parte degli elementi radioattivi non decade direttamente in un nucleo stabile, ma passa attraverso una serie di decadimenti successivi fino a raggiungere un isotopo stabile. Queste sequenze di reazioni nucleari sono dette catene di decadimento radioattivo. In ogni stadio della sequenza, il reagente è chiamato isotopo genitore, e il prodotto isotopo figlio. Ad esempio l’uranio, il più pesante elemento presente in natura (Z=92), ha l’isotopo Figura 5 - Catena di decadimento dell’U-238; i pallini celesti rappresentano emissione beta e quelli rosa emissione gamma la cui catena di decadimento segue lo schema seguente riportato in fig.5. Nel primo stadio l’uranio-238 emette una particella alfa e si trasforma in torio-234. Il nuclide figlio, , che si forma in seguito al decadimento dell’uranio, è esso stesso radioattivo, e decade a Proactinio-234. Anche il è radioattivo e pertanto decade a attraverso l’emissione beta. Il decadimento radioattivo continua finché è raggiunto lo stato stabile del Pb-207. Le leggi del decadimento radioattivo sono stabilite in termini matematici. Il momento in cui un dato nucleo radioattivo decadrà non può essere previsto. La radioattività è un processo statisticamente casuale, e la probabilità che un nucleo decada in un dato momento è la stessa per tutti i nuclei di ogni nuclide radioattivo. Tutti i nuclei radioattivi decadono con una cinetica di primo ordine, e ciò significa che la velocità di decadimento di un particolare campione è direttamente proporzionale al numero di nuclei presenti. La velocità di decadimento sarà quindi espressa dalla relazione: Dove N è il numero di nuclei radioattivi e λ la costante di velocità detta costante di decadimento, che rappresenta la frazione dei nuclei radioattivi presenti che decadrà in una data unità di tempo (il segno meno sta ad indicare che N diminuisce). Integrando questa equazione si ottiene: (1) Dove No e Nt sono i numeri di atomi della specie radioattiva esistenti rispettivamente al tempo zero e al tempo t. Indicando con / , il tempo necessario affinché il 50% degli atomi considerati decadano, la (1) diventa: 0,5 / e quindi: / / è chiamato , tempo di dimezzamento ed è caratteristico per ogni nuclide. Il tempo di dimezzamento è Figura 6 - Decadimento del Radon-220 con tempo di indipendente dal numero di dimezzamento di 55,6 s nuclei ed è inversamente proporzionale alla costante di decadimento. In fig. 6 è riportato l’andamento del decadimento del Radon-220. In tabella 2 sono riportati i valori dei tempi di dimezzamento di alcuni isotopi radioattivi, e da essi risulta quanto sia ampio l’intervallo di valori di / , anche per i diversi nuclidi di uno Tabella 2 – Tipo di decadimento e tempo di dimezzamento di diversi isotopi radioattivi stesso elemento. Sulla base della velocità di decadimento di un isotopo radioattivo è possibile datare l’età di un materiale. L’esempio più conosciuto è la procedura usata per datare i manufatti archeologici basata sulla misura delle quantità di carbonio-14 e carbonio-12 in materiali di origine biologica. Confrontando il rapporto tra il contenuto di 238 U (t1/2 = 4,5 × 109 anni) e quello del prodotto finale del suo decadimento, 206Pb nei meteoriti, è stato possibile misurare l’età del Sistema Solare, e quindi della Terra: 4,7 miliardi di anni3. In natura è possibile trovare isotopi instabili, o perché questi isotopi presentano tempi di dimezzamento molto lunghi come (ad esempio l’uranio-235, l’uranio-238 e il torio232) o perché, nonostante abbiano brevi tempi di dimezzamento sono continuamente formati da reazioni nucleari (ad esempio, il carbonio-14 formato in reazioni nucleari iniziate dai raggi cosmici o gli isotopi formati Figura 7 - Diagramma schematico di un ciclotrone. Al centro vengono introdotte le particelle cariche che subiscono un accelerazione mediante i due elettrodi cavi. Magneti presenti sopra e sotto questi elettrodi determinano una traiettoria a spirale che si espande all’aumentare della velocità delle particelle. Quando queste hanno velocità sufficiente escono dall’acceleratore e si dirigono verso i nuclei target nelle catene radioattivo). di decadimento Tutti gli altri isotopi sono stati sintetizzati mediante reazioni nucleari artificiali, indicate come trasmutazioni. La prima trasmutazione è stata realizzata da Ernest Rutherford nel 1919, il quale bombardando con particelle alfa atomi di azoto osservò tra i prodotti la formazione di protoni. Egli correttamente concluse che era avvenuta la reazione nucleare seguente: 3 Le trasformazioni nucleari: "La datazione mediante radioisotopi" - Lezioni di Scienze Naturali – Treccani.it Le particelle alfa usate nei primi studi sulle reazioni nucleari venivano da materiali radioattivi naturali come l’uranio e presentavano energie relativamente basse rispetto a quelle necessarie per superare la repulsione elettrostatica dei nuclei. La scoperta del neutrone e il suo uso come proiettile nel bombardamento dei nuclei e l’utilizzo di particelle di alta energia ottenute mediante acceleratori, hanno esteso notevolmente la chimica delle reazioni nucleari aprendo la strada alle trasmutazioni artificiali degli elementi chimici. Le particelle, accelerate ad altissima velocità, sono in grado di superare la repulsione elettrostatica e penetrare i nuclei bersaglio, dando luogo a trasformazioni nucleari. In fig. 7 è riportato il diagramma schematico di un acceleratore di particelle, il ciclotrone. Grazie alle reazioni nucleari si sono ottenuti degli elementi artificiali con numero atomico Z superiore a 92 (uranio), i cosiddetti elementi transuranici. Lo sviluppo degli acceleratori di particelle ad alta energia ha permesso di far avvenire collisioni di nuclei più leggeri mediante fasci di ioni pesanti ed ottenere anche nuclidi con tempi di dimezzamento brevissimo ampliando così il sistema periodico con nuovi elementi con numero atomico fino a 1184. Gli elementi radioattivi sono usati in molte aree della scienza e della medicina. Ad esempio la diagnostica per immagini (nuclear imaging), che consiste nella creazione di immagini di specifiche parti del corpo, utilizzando un isotopo radioattivo somministrato come elemento o incorporato in un composto che si concentra nei tessuti che devono essere analizzati. Le emissioni radioattive vengono rilevate e utilizzate per ricostruire un immagine dei tessuti (fig.8). La tabella mostra una lista di radioisotopi normalmente utilizzati nei processi di nuclear imaging. Tutti gli isotopi emettono radiazione Tabella 3 – Isotopi radioattivi utilizzati nella diagnostica per immagini. Sono indicati i tempi di dimezzamento e i gamma. Questo tipo di radiazione è principali aree analizzate preferita per la creazione di immagini perché, in piccole dosi, danneggia meno i tessuti delle radiazioni alfa o beta. La tomografia ad emissione di positroni (PET) è un metodo di diagnostica per immagini utilizzato per osservare la struttura e la funzione del cervello. Si inietta nel flusso sanguigno una sostanza marcata con un isotopo che emette positroni (decadimento beta) che viene trasportata fino al cervello. L’isotopo radioattivo emette positroni che vengono annichiliti da elettroni con una simultanea emissione a 180° l’uno dall’altro di due fotoni gamma. Una serie di sensori rilevano le zone di emissione e mediante un computer viene costruita una mappa che mostra dove l’emissione è localizzata nel corpo (fig.8). Due degli isotopi utilizzati sono l’15O, iniettato come H215O per misurare il flusso del sangue e il 18F legato a una molecola simile al glucosio per misurare l’assunzione di glucosio, un indicatore del metabolismo. 4 I nuovi elementi superpesanti - Chimica moderna – Treccani.it Poiché, gli isotopi utilizzati hanno tempi di dimezzamento brevi, l’apparecchiatura per la PET deve essere localizzata vicino ad un ciclotrone dove sono preparati i radionuclidi che vengono incorporati nel composto di trasporto. Si può determinare la stabilità termodinamica di un nucleo calcolando l’energia nucleare di Eb cioè l’energia legame, Figura 8 - La PET permette di vedere come il cervello utilizza richiesta per separare i nuclei di il glucosio. A destra immagine di persona normale. Il colore rosso mostra la più alta utilizzazione del glucosio. A sinistra, un atomo in protoni e neutroni. immagine di persona che abusa di cocaina. Il cervello mostra Per esempio l’energia di legame un utilizzazione minore del glucosio. Ci sono molte aree con nucleare per il deuterio è ridotta attività metabolica l’energia richiesta per separare una mole di deuterio in una mole di protoni e neutroni: 2,15 · 10 ⁄ L’energie di legame nucleare è legata al fatto che quando i nucleoni si uniscono la massa del nucleo è sempre minore di quella delle masse dei suoi componenti e la differenza (difetto di massa) è quella che fornisce - con la famosa legge di Einstein l'energia di legame del nucleo5: Figura 9 – energia di legame per nucleone in funzione del numero di massa dell’atomo (espressa in MeV) decomporre un nucleo) corrisponde al 5 Ad esempio considerando la formazione dove c = 2,998 × 108m/s. Per confrontare i valori delle energie di legame che intercorrono tra i nucleoni di nuclidi diversi, si può calcolare l’energia per nucleone, dividendo il valore dell’energia di legame per il numero dei nucleoni che lo costituiscono (fig. 9). Da notare che il valore più stabile (cioè il valore maggiore di energia per con energia di legame di 8,79 MeV. di una mole deuterio da mole di protoni e neutroni, tendendo presente le masse relative si calcola, per il difetto di massa, il valore: Δm =[1.007825 g/mol + 1.008665 g/mol] − 2.01410 g/mol = 0.00239 g/mol L’andamento del grafico mostra che i nuclei con numeri di massa più bassi del ferro dovrebbero tendere ad unirsi, mentre quelli con numeri più alti a dividersi per ottenere nuclei con valori attorno a 60. Le energie di attivazione richieste per queste trasformazioni nucleari sono tali che nelle condizioni normali avvengono spontaneamente solo per rari elementi radioattivi naturali. Le reazioni nucleari possono essere provocate attraverso il processo di fissione nucleare (nuclei grandi che si rompono per dare nuclei più piccoli) e di fusione nucleare (nuclei leggeri che si uniscono per dare nuclei più pesanti). La fissione nucleare fu scoperta alla fine degli anni ’30 a seguito del bombardamento con neutroni dell’isotopo dell’uranio-235. Questo, inizialmente cattura il neutrone per formare uranio-236 che è però instabile e successivamente si spezza dando due nuovi nuclei che possono essere uguali (fissione simmetrica) o diversi (fissione asimmetrica). Durante il processo si liberano nuovi neutroni che provocano a loro volta altre fissioni determinando un processo a catena. Ad esempio: 3 L’energia liberata è di 2,1. 1013 J per mole di . Il processo di fissione produce un’energia 26 milioni di volte maggiore di quella prodotta dalla combustione del metano (8,0. 105 J). La reazione a catena, fatta avvenire lentamente, può essere sfruttata per produrre energia elettrica nei reattori nucleari. Figura 10 - Rappresentazione del processo di fissione in cui ogni evento produce tre neutroni che possono provocare altre fissioni determinando un processo a catena In una reazione di fusione nucleare piccoli nuclei reagiscono per formare nuclei più pesanti. Un esempio di fusione è quello tra i nuclei di idrogeno-2 (deuterio) e idrogeno-3 (trizio): 1,7 · 10 ⁄ Questa reazione richiede un’enorme energia di attivazione per superare la forza di repulsione elettrostatica tra i nuclei di idrogeno e pertanto per realizzarla sono necessarie temperature dell’ordine da 106 a 107 K, come quelle presenti all’interno del sole. A queste temperature la materia non esiste come atomi o molecole ma nella forma di plasma costituito da nuclei non legati ed elettroni. Anche se c’è la speranza che in futuro le reazioni di fusione possano essere sfruttate come fonte di energia per scopi civili, esistono ancora molti problemi tecnici che devono essere risolti, soprattutto per quanto riguarda le temperature estremamente alte richieste dalle reazioni e come confinare il plasma abbastanza a lungo da permettere il rilascio di una quantità netta di energia. Poiché il plasma è un conduttore elettrico, esso è soggetto alle forze magnetiche. Così, un approccio è confinare il plasma caldo mediante un campo magnetico. Un altro metodo, detto a confinamento inerziale, consiste nel riscaldare con fasci di raggi laser o fasci di particelle accelerate la materia così rapidamente che le reazioni di fusione hanno luogo prima che questa abbia il tempo di espandersi. Ciononostante le enormi difficoltà, molte caratteristiche della fusione nucleare incoraggiano a proseguire la ricerca in questo campo. Primo, l’idrogeno è un propellente poco costoso e disponibile in quantità praticamente illimitata. Secondo, molti isotopi radioattivi che si generano durante la fusione nucleare hanno tempi di dimezzamento brevi e pertanto essi rimangono un pericolo per un tempo molto limitato.