Orchestra Haydn - Associazione Filarmonica Rovereto

Associazione Filarmonica
di Rovereto
STAGIONE DEI CONCERTI
2014-2015
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
ORCHESTRA “HAYDN” DI BOLZANO E TRENTO
XCIII
Stagione dei concerti
2014-2015
INIZIATIVA REALIZZATA CON IL SOSTEGNO DI:
MinistERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI
Provincia Autonoma di Trento - Assessorato alla Cultura
cOMUNITà DELLA VALLAGARINA
COMUNE DI ROVERETO - ASSESSORATO ALLA CONTEMPORANEITÀ
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
fondata da Pietro Marzani (1889-1974)
Presidente
Luisa Canal
Vice Presidente
Giancarlo Piombino
Direttore artistico
Mariano Andreolli
Consiglieri
Francesca Aste
Barbara Broz
Barbara De Boni
Renato Filippi
Flavio Martinelli
Giuseppe Mocatti
Organizzazione generale Bianca Gaifas
Revisori dei conti
Anna Gianmoena
Carlo Guarinoni
Segreteria
Bianca Gaifas
Maurizio Setti
38068 Rovereto (TN) - Italia
Corso Rosmini, 78 - Tel. e Fax 0464·435255
E-mail: [email protected]
www.filarmonicarovereto.it
4
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
STAGIONE 2014-2015 | CALENDARIO DEI CONCERTI
2014
Martedì 21 ottobre Teatro Zandonai
Giovanni Bellucci pianoforte
Giancarlo Giannini voce
SOGNO DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE
musiche di: W. Byrd, L. v. Beethoven,
F. Busoni, F. Chopin, F. Liszt , F. Mendelssohn
Bartholdy, G. Rossini, C. H. V. Alkan
Sabato
Francesca Aste, Emilia Campagna pianoforte;
8 novembre
Anna Boschi, Lucia Comandella,
Sala FilarmonicaDunja Ilic flauto;
Renato Samuelli, Mauro Tonolli chitarra;
Aldo Campagnari violino
CARO JAN!
Omaggio a Jan Nováknel trentesimo della morte
musiche di: Jan Novák
Martedì 25 novembre
Sala Filarmonica
DUO Alexandra Conunóva violino
e Julien Quentin pianoforte
musiche di: F. Schubert, F. Poulenc, R. Strauss
Lunedì 1 dicembre Teatro Zandonai
Alexander Kobrin pianoforte
musiche di: L. v. Beethoven, F. Chopin
2015
Venerdì QUARTETTO D’ARCHI DEL TEATRO
16 gennaioDI SAN CARLO - MILANA STREZEVA
Sala Filarmonica
Cecilia Laca violino
Luigi Buonomo violino
Antonio Bossone viola
Luca Signorini violoncello
Milana Strezeva pianoforte
musiche di: D. Šostakovič, M. Ravel
STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015
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Sabato
24 gennaio
Sala Filarmonica
Pino Carrer chitarra
musiche di: F. Sor
Martedì
3 febbraio
Sala Filarmonica
Maria Perrotta pianoforte
musiche di: J. S. Bach
Lunedì
9 febbraio
Sala Filarmonica
Marija Pavlovic clarinetto
Maja Bogdanovic violoncello
Martina Filjak pianoforte
musiche di: L. v. Beethoven, M. Tajčević,
J. Brahms
Martedì 10 febbraio Teatro Zandonai
ORCHESTRA HAYDN
Concerto di Carnevale
musiche di dinastia Strauss, F. Lehár, G. Rossini
Lunedì
16 febbraio
Sala Filarmonica
QUARTETTO SENTIERI SELVAGGI
Andrea Rebaudengo pianoforte
Aya Shimura violoncello
Mirco Ghirardini clarinetto
Piercarlo Sacco violino
musiche di: P. Glass, F. Del Corno, T. Adès,
C. Boccadoro, G. Colombo Taccani
Sabato
THE CHRISTIAN
28 febbraio
WALLUMRØD’S ENSEMBLE
Sala Filarmonica
Christian Wallumrød pianoforte e harmonium
Eivind Lønning tromba
Espen Reinertsen sassofono
Tove Törngren violoncello
Per Oddvar Johansen percussioni, vibrafono
musiche di: C. Wallumrød
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
Venerdì
QUARTETTO AVIV
6 marzo
Sergey Ostrovsky violino
Sala Filarmonica
Evgenia Ephstein violino
Noèmie Bialobroda viola
Aleksandr Khramoucin violoncello
musiche di: F. J. Haydn, A. v. Zemlinsky,
L. v. Beethoven
SabatoORCHESTRA HAYDN
14 marzoGiacomo Sagripanti direttore
Teatro Zandonai
musiche di: L. v. Beethoven,
F. Mendelssohn Bartholdy
SabatoAnne Kaun violino
21 marzo Julia Chmielewska clavicembalo
Sala Filarmonica
“L’imitazione della voce”
musiche di: F. A. Bonporti, G. P. Telemann,
J. G. Graun, J.J. Cassanéa de Mondonville
Venerdì
10 aprile
Sala Filarmonica
ANTARES SEXTETT
Atsuko Oba pianoforte
Gabriele Bertolini flauto
Masako Kozuki oboe
Zsigmond Kara clarinetto
Peter Loreck corno
Benedikt Seel fagotto
musiche di: F. J. Haydn, F. Schubert,
L. v. Beethoven, J. Françaix, F. Poulenc
Sabato
TRIO ZUKERMAN / FORSYTH / CHENG
18 aprile
Pinchas Zukerman violino
Sala Filarmonica
Amanda Forsyth violoncello
Angela Cheng pianoforte
musiche di: L. v. Beethoven, M. De Falla, C. Franck, F. Mendelssohn Bartholdy
STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015
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Mercoledì 22 aprile
Auditorium
S. Chiara Trento
ORCHESTRA HAYDN
Clemens Schuldt direttore
Polina Pasztircsàk soprano
musiche di: S. Hanke, G. Mahler
Venerdì
8 maggio
Sala Filarmonica
Lorenza Baldo violoncello
Yevheniya Lysohor pianoforte
musiche di: F. Busoni, J. Brahms,
N. Mjaskovskij, D. Šostakovič VenerdìORCHESTRA HAYDN
22 maggio Daniele Giorgi direttore
Teatro Zandonai
musiche di: C. W. Gluck, L. v. Beethoven,
W. A. Mozart
Lunedì
1 giugno
Chiesa di S. Marco
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ORCHESTRA HAYDN
Concerto di musica sacra
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
Orchestra Haydn
L’
Orchestra Haydn si è costituita nel 1960 per iniziativa dei Comuni e delle Province di Bolzano e di
Trento e gode dei finanziamenti ministeriali del Fondo
Unico per lo Spettacolo (FUS). Il suo repertorio spazia
dal barocco ai contemporanei; in più occasioni autori
come Luigi Dallapiccola, Luigi Nono, Luciano Berio,
Franco Donatoni, Giorgio Battistelli, Matteo D’Amico e
Giovanni Sollima le hanno affidato loro lavori in prima
esecuzione assoluta.
L’Orchestra Haydn ha preso parte a diversi festivals
internazionali, apparendo in Austria (a Bregenz, Erl, al
10
Mozarteum di Salisburgo e al Musikverein di Vienna), Germania, Giappone (a Otsu e Tokio), Italia (in
numerose sale da concerto, da Firenze a Milano, alla
Sagra Musicale Umbra di Perugia e al Rossini Opera
Festival di Pesaro), nei Paesi Bassi, negli Stati Uniti
d’America, in Svizzera e in Ungheria.
Sul suo podio sono saliti, fra gli altri, Claudio Abbado, Rinaldo Alessandrini, Riccardo Chailly, Ottavio
Dantone, Eliahu Inbal, Alain Lombard, Jesús LópezCobos, Neville Marriner, Riccardo Muti, Daniel Oren,
José Serebrier e Alberto Zedda; dopo il fondatore
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
di bolzano e trento
Antonio Pedrotti si sono avvicendati come direttori stabili Hermann Michael, Alun Francis, Christian
Mandeal e Ola Rudner. Dal 2003 al 2012 ne è stato
direttore artistico Gustav Kuhn; dal marzo 2013 Daniele Spini è responsabile della progettazione artistica mentre dallo scorso settembre Arvo Volmer è il
nuovo Direttore Principale dell’Orchestra.
Moltissime sono le registrazioni radiofoniche e televisive per la RAI; ampio il catalogo di cd e dvd realizzati per Agorá (l’Oratorio San Francesco dell’altoatesino Padre Hartmann), Amadeus (il Triplo Concerto di
Beethoven con il Trio di Parma), Arts, Camerata Tokyo
(Concerti per flauto con Wolfgang Schulz), col legno (i
cicli completi delle Sinfonie di Beethoven, Schumann e
Brahms con Gustav Kuhn), Concerto, CPO (musiche di
Domenico Cimarosa, Alfredo Casella e Riccardo Zandonai nonché del bolzanino Ludwig Thuille), Dynamic
(Concerti per violino di Henri Vieuxtemps con Massimo Quarta), Multigram, Naxos (diverse opere di Rossini), Opus Arte, RCA (Adelia di Donizetti), Unitel (Alzira
di Verdi), Universal (arie d’opera con il tenore Saimir
Pirgu), VMC Classic e Zecchini.
STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015
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La collaborazione dell’Orchestra Haydn di Bolzano e
Trento alla Stagione concertistica 2014-2015 dell’Associazione Filarmonica di Rovereto respira l’atmosfera contagiosa di trepidante entusiasmo e di energia
che permea la città di Rovereto, e con lei la regione
tutta, per il “ritorno” del Teatro “Riccardo Zandonai”.
In questo raro gioiello architettonico, custode di una
ricca storia di cultura mitteleuropea, ritrova gradita ospitalità l’Orchestra
Haydn con una serie di importanti concerti, a cui si aggiunge, per la prima volta quest’anno, anche una matinée riservata agli alunni delle scuole.
Il primo appuntamento, dedicato a Riccardo Zandonai, di cui si eseguiranno Primavera in val di Sole e la Piccola suite agreste, nasce grazie all’iniziativa congiunta dell’Associazione Filarmonica, del Centro Internazionale di studi “Riccardo Zandonai” e dell’Orchestra Haydn.
Il cartellone che viene presentato nelle pagine seguenti vedrà salire per
la prima volta sul podio dell’Orchestra l’israeliano Ariel Zuckermann, al
quale si affiancano i giovani ma già affermati direttori Giacomo Sagripanti e Daniele Giorgi, impegnati in grandi pagine del classicismo viennese.
Anche quest’anno sarà inoltre offerta agli abbonati la possibilità di assistere all’esecuzione della Quarta Sinfonia di Gustav Mahler in programma
per mercoledì 22 aprile, presso l’Auditorium Santa Chiara a Trento, sotto
la direzione del talentuoso Clemens Schuldt.
La presenza dell’Orchestra Haydn nella Stagione roveretana si concluderà
con un concerto di musica sacra l’1 giugno nella Chiesa di San Marco,
promosso in sinergia dall’Associazione Filarmonica, dall’Associazione
Conventus e dall’Orchestra Haydn.
All’affezionato pubblico roveretano ed ai suoi ospiti auguro, anche a nome
dell’Orchestra Haydn, del suo Responsabile artistico prof. Daniele Spini
e del suo nuovo Direttore principale M°Arvo Volmer, una Stagione sinfonica ricca delle emozioni e dei pensieri sempre nuovi che la musica sa suscitare in noi.
Chiara Zanoni
Presidente dell’Orchestra Haydn di Bolzano e Trento
I CONCERTI
TEATRO ZANDONAI
MARTEDì 21 OTTOBRE 2014 - ore 20.45
___
SOGNO DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE
PROGETTO DI RÉCITAL
di
GIOVANNI BELLUCCI
DEDICATO A WILLIAM SHAKESPEARE
NEL 450° ANNIVERSARIO DELLA NASCITA
1564-2014
GIOVANNI BELLUCCI pianista
GIANCARLO GIANNINI recitante
Programma senza intervallo: i diciannove brani che compongono la sequenza verranno eseguiti
senza soluzione di continuità (si prega pertanto il gentile pubblico di applaudire,
se lo desidera, soltanto al termine del “Sogno”)
Gailliard in do minore n. 1 My Lady Nevell’s Book
William BYRD
(1540-1623)

William SHAKESPEARE
Canzone dell’ancella Enrico VIII, Atto III Scena I
Ferruccio BUSONI (1866-1924)
Elégie n. 4, «Turandots Frauengemach»
Parafrasi virtuosistica su “Greensleeves”
Canto attribuito a re Enrico VIII (1491-1547) per Anna Bolena (1501/07-1536)

William SHAKESPEARE Monologo di Calibano La Tempesta, Atto II Scena II
Ludwig van BEETHOVEN Sonata in re minore op. 31 n. 2 “La Tempesta”
(1770-1827) Largo – Allegro
William SHAKESPEARE Monologo di Ariel La Tempesta, Atto III Scena III
Ludwig van BEETHOVEN Sonata in re minore op. 31 n. 2 “La Tempesta”
Adagio
STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015
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William SHAKESPEARE Monologo di Prospero La Tempesta, Atto V Scena unica
Ludwig van BEETHOVEN Sonata in re minore op. 31 n. 2 “La Tempesta”
Allegretto

William SHAKESPEARE
&
Fryderyk CHOPIN (1810-1849) Il mercante di Venezia, Atto V Scena unica, Lorenzo e Gessica
Souvenir de Paganini in la maggiore B. 37
(Variazioni sul “Carnevale di Venezia”)

William SHAKESPEARE Fryderyk CHOPIN Monologo di Amleto Amleto, Atto III Scena I
Notturno in sol minore op. 15 n. 3
“Après une représentation de Hamlet”

William SHAKESPEARE Charles-Valentin ALKAN
(1813-1888)
Sonetto CXLIV
Scherzo in si minore op. 16 n. 3

William SHAKESPEARE Monologo di Jago Otello, Atto I Scena III
Franz LISZT (1811-1886)
Nessùn maggior dolore Canzone del Gondoliere
(nel“Otello”III atto)di Gioachino Rossini(S.162/2), Années de Pèlerinage II

16
William SHAKESPEARE La Fata e Puck
Sogno di una notte di mezza estate, Atto II Scena I
Franz LISZT
Felix MENDELSSOHN
(1809-1847)
Konzertparaphrase über Mendelssohns Hochzeitsmarsch
und Elfenreigen aus der Musik zu Shakespeares
Sommernachtstraum (S.410)
William SHAKESPEARE Monologo di Puck (Epilogo)
Sogno di una notte di mezza estate, Atto V Scena I
... FINE del SOGNO
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015
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Giovanni Bellucci è, per la rivista Diapason, nella Top Ten dei pianisti lisztiani della storia, accanto alla Argerich, ad Arrau, Brendel, Cziffra, Zimerman.
Nell’attribuirgli il premio discografico “Editor’s choice”, Gramophone definisce Bellucci
“un artista destinato a continuare la grande tradizione italiana, storicamente rappresentata da Busoni, Zecchi, Michelangeli, Ciani, Pollini”. “Egli ci riporta all’età d’oro del
pianoforte”: così Le Monde annuncia la vittoria di Bellucci alla World Piano Masters
Competition di Montecarlo 1996, giunta al culmine di una serie di successi nei concorsi
internazionali (Regina Elisabetta di Bruxelles, Prague Spring, Busoni di Bolzano, Premio
A. Casella della RAI, C. Kahn di Parigi).
Impegnato in un’intensa attività solistica, Bellucci è accompagnato da celebri orchestre:
Los Angeles Philharmonic, Dallas Symphony, BBC Philharmonic, Russian Philharmonic,
Sydney Symphony, Philharmonique de Monte-Carlo, Sinfonica dell’Accademia Nazionale
di S. Cecilia, Sinfonia Varsovia, Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI, Orchestra da
Camera di Zurigo, Orchestra del Teatro Nazionale di Mannheim.
Invitato dai più importanti teatri di tradizione e festival (dall’Hollywood Bowl – cui deve il
suo debutto americano di fronte a 18.000 spettatori - alla Herkulessaal di Monaco di Baviera, dal Théatre des Champs Elysées a Parigi alla Golden Hall del Musikverein di Vienna, dal teatro La Fenice di Venezia al Konzerthaus di Berlino, dal Rudolfinum di Praga nell’ambito del Prague Spring Festival – al Kennedy Center per la Performing Arts Society
di Washington, dal Festival di Brescia e Bergamo all’Auditorio Belém di Lisbona, dove nel
2014 esegue in 5 récitals il ciclo integrale delle Sinfonie di Beethoven trascritte da Liszt,
dall’Auditorium du Louvre a Parigi, dove ha interpretato le 19 Rapsodie Ungheresi di Liszt
in due memorabili serate trasmesse in diretta da Radio France, al Festival di Ravello dove
ha appena debuttato un tour di concerti dedicati al repertorio pianistico “shakespeariano”,
accompagnato dal celebre attore Giancarlo Giannini nel ruolo di voce recitante), Giovanni
Bellucci ha ricevuto – dopo la sua prima trionfale tournée australiana – il premio Recital
of the year, attribuito dal Sydney Morning Herald.
La discografia del pianista italiano è edita da Decca, Warner Classics, Accord/Universal.
La Brilliant Classics è in procinto di pubblicare l’incisione di Bellucci delle 32 Sonate di
Beethoven e delle 9 Sinfonie di Beethoven/Liszt (14 cd).
Giancarlo Giannini è un attore, doppiatore e regista italiano.
In carriera ha interpretato un’ampia gamma di personaggi, spesso diversissimi tra loro:
dall’operaio proletario al boss mafioso, dal protagonista di film della commedia all’italiana
a quello di pellicole di impronta più drammatica, utilizzando con disinvoltura anche numerosissimi dialetti, sia meridionali sia settentrionali.
Specialmente agli inizi della sua carriera, è stato molto attivo anche in televisione, come
attore brillante (in coppia anche con Mina), cantante e ballerino.
È il teatro a regalargli i primi successi, soprattutto grazie al Romeo e Giulietta di F. Zeffirelli, che entusiasma addirittura il pubblico raffinato dell’Old Vic di Londra, e con La lupa,
sempre sotto la direzione di Zeffirelli, accanto ad Anna Magnani.
Fondamentale negli anni Sessanta è anche l’incontro con la regista italiana Lina Wertmüller, con la quale in futuro lavorerà più volte: nel 1967 gli offre il suo primo ruolo da prota18
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015
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gonista nel Musicarello Non stuzzicate la zanzara, a fianco di Rita Pavone, ma non riesce
a imporsi fino al 1970, anno in cui interpreta Dramma della gelosia - Tutti i particolari in
cronaca di E. Scola, nel quale comincia a tratteggiare la figura del “sottoproletario” che
metterà a punto felicemente in pellicole successive.
Dopo altre prove di notevole interesse, proprio dalla collaborazione con la Wertmüller nascono alcuni dei più celebri personaggi interpretati da Giannini, grotteschi e ironici: Mimì
metallurgico ferito nell’onore (1972), Tunin in Film d’amore e d’anarchia, ovvero stamattina alle 10 in Via dei Fiori nella nota casa di tolleranza (1973), il marinaio Gennarino
Carunchio in Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto (1974), tutti questi
interpretati insieme con Mariangela Melato, e Pasqualino Settebellezze (1975).
Questi ruoli gli portano il successo nazionale e internazionale e gli fanno guadagnare diversi riconoscimenti: riceve un Nastro d’Argento come miglior attore nel 1973 per Mimì
metallurgico ferito nell’onore, il premio come miglior attore al Festival di Cannes del
1973 per Film d’amore e d’anarchia e una nomination all’Oscar come miglior attore protagonista nel 1977 per Pasqualino Settebellezze.
Nel corso della sua lunga carriera, Giannini ha lavorato con molti dei migliori registi del
panorama italiano; tra questi figurano L. Visconti (L’innocente, 1976), S. Corbucci (Il bestione, 1974; Bello mio, bellezza mia, 1982), M. Monicelli (Viaggio con Anita, 1979; I
Picari, 1988; Il male oscuro, 1990), D. Risi (Sessomatto, 1973 e per la televisione Vita coi
figli, 1990), A. Lattuada (Sono stato io!, 1973), N. Loy (Mi manda Picone, 1984, David
di Donatello come miglior attore protagonista), T. Brass (Snack Bar Budapest, 1988), F.
Brusati (Lo zio indegno, 1989).
Tra gli altri numerosi film da lui interpretati si ricordano I divertimenti della vita privata
(1990) di C. Comencini, Giovanni Falcone (1993) di G. Ferrara e il dittico di C. F. Palermo
Milano solo andata (1995) e Milano-Palermo: il ritorno (2007) tra questi due titoli meritano di essere inoltre segnalati Celluloide di C. Lizzani (1996, altro David di Donatello come
migliore attore protagonista), La stanza dello scirocco di M. Sciarpa (1998, Nastro d’argento come miglior attore protagonista), La cena di E. Scola (1998, altro Nastro d’argento,
condiviso con tutto il cast artistico maschile), Una lunga lunga lunga notte d’amore (2001)
di L. Emmer, Ti voglio bene Eugenio di F. J. Fernandez (2002, altro David di Donatello
come migliore attore protagonista) e, nel 2003, Per sempre di A. di Robilant, Piazza delle
cinque lune di R. Martinelli, L’acqua... il fuoco di L. Emmer e Il cuore altrove di P. Avati.
Dopo aver lavorato con R. W. Fassbinder in Lili Marleen (1980), seguirono numerose apparizioni anche nel cinema statunitense, tra cui l’episodio La vita senza Zoe diretto da F.
F. Coppola in New York Stories (1989), Il profumo del mosto selvatico (1995) di A. Arau,
Hannibal di R. Scott (2001, Nastro d’Argento come miglior attore non protagonista), Man
on fire (2004) di T. Scott e i film della saga di James Bond Casino Royale (2006) di M.
Campbell e Quantum of Solace (2008) di M. Forster, in cui ha vestito i panni dell’agente
segreto René Mathis.
Giannini ha doppiato numerosi celebri attori stranieri, tra i quali Al Pacino (voce ufficiale
dal 1995; in precedenza si alternava con F. Amendola), J. Nicholson (il cui doppiaggio nel
film Shining fu lodato dallo stesso regista S. Kubrick), M. Douglas, G. Depardieu, J. Irons,
D. Hoffman (nel Maratoneta), I. McKellen (in Riccardo III), R. O’Neal (in Barry Lyndon)
e L.Whiting (in Romeo e Giulietta).
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
NOTE AL PROGRAMMA
“L’uomo che non ha musica nell’animo né si commuove alle dolci armonie, è pronto al tradimento,
agli inganni e alle rapine; foschi come la notte sono
i moti del suo spirito, e i suoi affetti tenebrosi come
l’Erebo: nessuno confidi mai in un uomo simile”.
Non so se geniali compositori come Beethoven,
Chopin o Liszt fossero davvero tanto lontani
dalle bassezze umane di Jago, o se i loro animi non celassero istinti selvaggi simili a quelli di Calibano: per Shakespeare, citando il suo
“Mercante di Venezia”, la musica è l’arte della sensibilità, è l’espressione della bontà. Ma
il Romanticismo di Beethoven, di Chopin, di
Liszt, di quel misconosciuto funambolo della tastiera che fu il parigino Alkan, è caratterizzato
dall’anelito all’Infinito, all’Assoluto, al Sublime,
e da quella inquieta e struggente condizione
della psiche definita da un intraducibile quanto
affascinante vocabolo tedesco: Sehnsucht.
Desiderio del desiderio, o malattia del doloroso bramare, le cui due più importanti derive
pianistiche, di natura quasi patologica, sono il
potente virtuosismo trascendentale e il suono
impalpabile, quel sussurrare attraverso i mar-
telletti che evoca una dimensione immateriale
pre-impressionista.
Eseguire la Sonata detta “La Tempesta” di
Beethoven, il misterioso Notturno in sol minore composto da Chopin dopo aver assistito alla
rappresentazione teatrale di “Amleto”, i fuochi
d’artificio lisztiani della Parafrasi sul “Sogno
di una notte di mezza estate” di Mendelssohn,
una serie di spettacolari variazioni sulla celeberrima Marcia Nuziale, alla luce delle letture shakespeariane di un grande artista come
Giancarlo Giannini, mi è sembrato il modo
migliore per ricreare l’originaria ambientazione espressiva di questi capolavori sonori, nel
tentativo di riviverne l’intensità primordiale, la
scaturigine dell’ispirazione creativa.
Chissà che questo connubio di parole e suoni
non riesca anche – subliminally - a generare
una sorta d’interferenza ottica che, come in un
sogno (…di una notte di mezza estate), faccia
apparire accanto a noi, per novanta minuti, l’ologramma di William Shakespeare.
STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015
Giovanni Bellucci
21
SALA FILARMONICA
SABATO 8 novembre 2014 - ore 20.45
___
CARO JAN !
OMAGGIO A JAN NOVÁK (1921-1984)
nel trentesimo della morte
Lucia Comandella
Renato Samuelli
Mauro Tonolli
chitarra
chitarra
Aldo Campagnari
Anna Boschi
Dunja Ilic
flauto
violino
flauto
flauto
Emilia Campagna
Francesca Aste
pianoforte
pianoforte
Lucia Comandella flauto
2 preludi e fughe per flauto solo
Renato Samuelli chitarra
Mauro Tonolli chitarra
Rosarium, 10 divertimenti per 2 chitarre
Renato Samuelli chitarra
Cithara poetica, 5 preludi da Orazio
Ad Apollinem
Ad Faunum
Threnus in Quintilium
Ad Melpomenen
Ad Mercurium
22
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
Aldo Campagnari violino
Sonata serenata per violino e chitarra
Mauro Tonolli chitarraAllegro
Lento
Allegro
____________________
Propinatio ____________________
Anna Boschi flauto
Sonata gemella
Dunja Ilic flauto Allegro
Andante
Presto finale
Emilia Campagna pianoforte Rustica Musa II per pianoforte a 4 mani
Francesca Aste pianoforte
Carmen amatorium
Saltatio epularis
De amasio et latronibus
Cavillatio
Carmen puellare
Saltatio “Vertex”
De aqua fluenti
Culicum nuptiae
STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015
23
Lucia Comandella si è diplomata in flauto traverso al Conservatorio F.
A. Bonporti sotto la guida del prof. L. Palmisano (1982), ha proseguito
gli studi con K. Klemm , A. Morini e G. Cambursano.
Si è distinta in più concorsi nazionali ed ha al suo attivo concerti in
Italia e all’estero, dedicandosi principalmente alla musica da camera e
collaborando con giovani compositori. La sua constante attenzione alle
problematiche dell’apprendimento la portano a diventare nel 2006 insegnante di Metodo Feldenkrais.
è docente di flauto traverso e di Metodo Feldenkrais presso la Scuola
Musicale Jan Novák .
Renato Samuelli svolge la sua attività di musicista come solista e interprete del vastissimo repertorio originale per chitarra, dai classici alla
musica contemporanea. Con l’ensemble Soledad Sonora ha registrato tre
cd dedicati agli Inni Spirituali di Padre Turoldo musicati dal compositore bresciano D. Clapasson, e un DVD Rai dal titolo La Via Invisibile; ha
registrato in prima assoluta la raccolta Cithara Poetica di J. Novák e gli
Appunti di M. Castelnuovo-Tedesco.
Renato è nato nel 1963 a Gargnano sul Garda, si è formato musicalmente
con M. Andreolli, O. Ghiglia, R. Chiesa, A. Ponce, E. Fisk e il leggendario A. Segovia. Insegna al Conservatorio E. F. Dall’Abaco di Verona.
Mauro Tonolli si diploma brillantemente in chitarra sotto la guida del
M° Mariano Andreolli presso il Conservatorio F. A. Bonporti di Trento,
dove consegue poi con il massimo dei voti e la lode la Laurea Specialistica in Chitarra al Biennio Superiore Concertistico-Solistico indirizzo
‘900. Si dedica in particolare alla musica contemporanea collaborando
con musicisti e compositori - come M. Pagotto, M. Priori, N. Straffelini, C. Rastelli, A. Giannotti, G. Fiorini, R.M. Masu, D. Lutterotti, M.
Zanotti - per la composizione e l’esecuzione di nuove opere, di cui cura
anche prime esecuzioni assolute .
Aldo Campagnari si è diplomato in violino sotto la guida di P. Cazzulani e A. Burattin;
si è perfezionato con M. Quarta a Bologna e presso il Conservatorio Superiore
di Musica di Lugano. è stato primo violino di spalla nell’Orchestra Giovanile
Italiana, diretto da R. Muti, C. M. Giulini, G. G .Rath, G. Sinopoli; ha collaborato
con l’Orchestra del Teatro alla Scala di Milano;dal 1997 è membro del Quartetto
Prometeo e si esibisce nelle più prestigiose società concertistiche internazionali,
collaborando con artisti come M. Brunello, A. Lonquich, M. Campanella, A. Pay, E.
Pace, D. Geringas. Ha registrato per Rai Radio 3, ARD, ORF, Radio Ceca, BBC; e
ha inciso i quartetti di R.Schumann per la rivista Amadeus e l’ integrale dei quartetti
di S. Sciarrino per Kayros e di H. Wolf per Brilliant. è violinista del quintetto Alter
Ego con cui sperimenta la musica di oggi, collaborando con i maggiori compositori
del nostro tempo in tutto il mondo. Insegna quartetto d’archi presso il Conservatorio
Superiore di Lugano, ed ha tenuto corsi all’Orlando Festival in Olanda, alla Pacific
University della California e presso il Conservatorio di Trento.
24
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
Anna Boschi, nata nel 1989, intraprende lo studio del flauto traverso
con L. Comandella e in seguito con E. Galante presso il Conservatorio
Bonporti, dove nel 2008 consegue la Laurea di primo livello in flauto con
massimo dei voti e lode; nel 2010 si laurea in Discipline musicali presso
l’Istituto musicale pareggiato O. Vecchi – A. Tonelli con M. Marasco, G.
Betti ed A. Oliva; nel 2011 frequenta l’Accademia Nazionale di Santa
Cecilia e il corso di laurea specialistica in Conservazione e gestione dei
Beni Culturali ad indirizzo musicale, che conclude nel 2014 con massimo
dei voti e lode. Dal 2008 è docente di flauto traverso, concertista e
ricercatrice in ambito musicologico sul territorio trentino.
Dunja Ilic si diploma in flauto a Venezia e si laurea in Economia e
gestione delle arti presso l’Università Ca’ Foscari e continua gli studi
musicali a Modena, dove ottiene il Diploma di secondo livello con il
massimo dei voti sotto la guida di M. Marasco e A. Oliva. Partecipa
a corsi di perfezionamento con maestri come A. Oliva, B. Kuijken,
D. Formisano e M.M. Kofler per il flauto e N. Mazzanti per l’ottavino.
Collabora con l’Orchestra Giovanile Trentina, l’Orchestra J.Futura e
l’Orchestra Filarmonica Italiana. E’ docente presso la scuola di musica
Il Diapason.
Emilia Campagna, roveretana, vive un rapporto a tutto tondo con il
mondo musicale: svolge attività concertistica in ambito cameristico; è
docente di pianoforte presso la Civica Scuola Musicale R. Zandonai;
esercita l’attività di critica musicale per il giornale “L’Adige”, su cui scrive dal 1997, per la rivista Amadeus e per la trasmissione Radio 3-Suite
(Rai); dirige il corso di giornalismo e critica musicale Parola all’ascolto.
Momento fondamentale della sua formazione pianistica è stato il perfezionamento con M. Campanella. è laureata in Lettere moderne con una
tesi sugli Studi Pianistici di G. Ligeti.
Francesca Aste si è formata in musica da camera con P. N. Masi
all’Accademia Pianistica di Imola e in masterclass con maestri come
B. Canino, A. Cohen e F. Gamba. E’ pianista accompagnatrice per la
danza e compone musica per il cinema muto, esibendosi in festival
internazionali tra cui Festival del Cinema Ritrovato e Bologna
Festival (Bologna 2002, 2004, 2008, 2010, 2011), Festival Musica
900 (Trento, 2001), L’ALTRO SUONO festival (Modena, 2006),
Festival du Cinéma Italien di Annecy (Francia, 2005 e 2008).
STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015
25
NOTE AL PROGRAMMA
« Il suo pensiero e la sua condotta mi commuovevano, perché erano liberi da condizionamenti. Sono profondamente convinto che la sua vita
nello spirito del mondo latino e mediterraneo
ed il radicamento nella musica del suo popolo
hanno trasformato la sua opera in una moderna
Bucolica e Georgica nello stile virgiliano ».
Così come Bernhard Rövenstrunck descrive
il suo ospite Jan, chiunque lo abbia veramente
conosciuto porta nel cuore il medesimo ricordo.
Tuttavia dipingere un ritratto di Novák, per poterne comprendere appieno il carattere e la poetica musicale, è una vera e propria sfida! In poche righe non è semplice riassumere un romanzo
di vita, così ricco di viaggi in tutta Europa, esperienze forti (come i molteplici esili), inimicizie
di natura politica, ma al contempo profonde
amicizie nate qui a Rovereto, dove il “compositore boemo” desiderava riposare per sempre.
Nato a Novà Řiše l’8 aprile 1921 da una modesta
famiglia di commercianti, Jan Novák intraprende gli studi classici all’istituto gesuita di Vehelerad, dove ha la possibilità di esercitare la sua
vena artistica al pianoforte, all’organo e nell’orchestra della scuola ma, in disaccordo con i genitori, conclude la carriera scolastica al ginnasio
di Brno, studiando pianoforte, composizione e
direzione d’orchestra al conservatorio della città.
L’invasione tedesca, l’avvento del Terzo Reich e
i due anni di lavori forzati, da cui riesce a fuggire nascondendosi nella regione d’origine, interrompono bruscamente le sue attività artistiche,
riprese brillantemente nel dopo guerra a Praga.
Di questo periodo giovanile è fondamentale
l’incontro a New York con Bohuslav Martinů,
mentore ed amico, e quello con la pianista Eliska
Hanoukovà, sua moglie dal 1949. Seguono anni
costellati di successi compositivi e pianistici, ma
di grandi compromessi impostigli dagli esponenti del Partito Comunista, che spesso considera il suo operato immorale. Corposo e vario
è il repertorio nato negli Anni’50, dalla musica
per trasmissioni radiofoniche a colonne sonore
per film e cartoni animati, dalle composizioni
26
per orchestra a quelle per ensemble da camera,
… tutte caratterizzate dalla commistione di tendenze neoclassiche e popolareggianti, da sperimentazioni timbriche ed armoniche tipiche della
musica contemporanea e dalla nascente passione
per la latinità.
Nel 1968 il fallimento del “Socialismo dal volto umano” patrocinato da Alexander Dubček e
da un folto gruppo di politici e di intellettuali
riformatori, travolge il sostenitore Novák, che
si vede costretto ad espatriare con moglie e figlie. Il primo “soggiorno di fortuna” è ad Ulm
an der Donau a casa di Rövenstrunck per alcune settimane e successivamente la cittadina di
Åarus in Danimarca per alcuni mesi, dove la
famiglia richiede asilo politico, negato a causa
della testimonianza di un interprete della ČSSR
che afferma “sulla famiglia Novák nessuno ha
sparato al passaggio del confine”. Il destino ha
voluto che proprio in quei giorni Renato Dionisi
volesse estendere la commissione di un brano
per soprano, clarinetto e pianoforte (destinato al
Trio Salvetta) ai compositori dell’Est europeo e,
tramite l’Associazione dei musicisti di Milano e
quella di Praga, Novák riceve l’invito e accetta
con il suo Mimus Magicus.
«Invitato per la prima rappresentazione, poiché
non conoscevo l’italiano, ho provato a conversare con alcune persone in latino: la cosa è riuscita ed ha stupito sia loro che me, tanto che ho
pensato di rimanere in Italia».
L’amore per il latino, la calorosa accoglienza ed
un’offerta di lavoro in qualità di insegnante di
pianoforte alla Civica Scuola di Musica “Riccardo Zandonai” conducono Novák e la famiglia a stabilirsi a Rovereto dal 1970 al 1978. La
versatilità compositiva dimostrata a Brno e a
Praga sboccia in questi anni in una serie di opere ispirate alla classicità; nascono allora Apicius
Modulatus per contralto e chitarra, Amores Sulpiciae per quattro voci pari, Florilegium cantionum latinarum per voce e pianoforte, Odarum
concentus per orchestra d’archi, Panisci fistula
per tre flauti, Dulcitius per soli, coro ed orchestra, Rosarium per due chitarre dedicato agli
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
allievi del M° Mariano Andreolli, la Sonatina
per flauto, Rustica musa per pianoforte, Meditatio canina per coro di voci bianche, Rustica
musa II per pianoforte a quattro mani, Orpheus
et Eurydice per soprano, viola d’amore e pianoforte, Corae Vernales per flauto e chitarra,…
moltissimi arrangiamenti e brani per il coro da
lui fondato, le Voces Latinae, e numerosi testi
poetici in lingua conservati all’Accademia Roveretana degli Agiati e firmati “Janus Novakus”. Novák, nella sua permanenza a Rovereto
si impegna a far rivivere la “latinità” e la cultura
classica in città; qui, oltre a componimenti poetici, creazioni musicali colte e la partecipazione
per l’organizzazione del festival Feriae latinae
nel 1972, con la sua Schola cantans riesce ad
irretire il pubblico di giovani roveretani adattando la metrica latina ad un linguaggio musicale a
loro più affine, la musica pop.
L’ultima tappa dell’esilio è Neu Ulm; qui Novák
frequenta cultori di filologia classica delle più
illustri città bavaresi, fra cui il latinista ed amico Wilfried Stroh. Sono anni dediti alla composizione letteraria e musicale, di intensi studi
sulla metrica greca applicata alle composizioni
(Sonata Super Hoson Zes) e di un costante impegno per far rivivere anche in Germania quelle
“lingue morte” che lui stesso ha fatto risorgere
in musica.
Jan Novák muore il 17 novembre 1984.
Le musiche di questo concerto sono un omaggio
alla memoria del grande artista ceco, che la città
di Rovereto ha avuto il privilegio di ospitare.
Come il Professor Stroh sostiene nel saggio Jan
Novák, moderner Komponist antiker Texte, non
vi è alcun compositore dopo il Rinascimento
che, mettendo in musica poesie latine in metrica,
sia riuscito a far rivivere la modulazione ritmica
di quella poesia e a far riemergere l’antica musica che si riteneva perduta. Negli ultimi quindici
anni della sua vita, sono proprio le metriche latine e greche le matrici della creatività poetica
e musicale di Novák, anche in creazioni totalmente strumentali. La capacità di fare musica
“con poco”, la ricerca musicologica, l’amore per
l’antichità e la volontà di riviverla e poterla con-
dividere con tutti, fanno di lui un compositore
neoclassico a tutti gli effetti; così l’innata verve
ironica nei confronti di una realtà spesso difficile, l’evidenza dei processi tematici e la ricerca
di un equilibrio formale, nonché l’atteggiamento
(quasi inconsciamente) riformatore, lo avvicinano in maniera totalmente originale agli esponenti del neoclassicismo musicale: Satie, Ravel ed il
primo Stravinskij.
Rustica musa II, deliciae carminum moravorum calvario 4 manibus è una raccolta di
divertimenti su melodie popolari morave per
pianoforte a quattro mani, composto a Rovereto nel 1975, successivamente a Rustica Musa
(1973) per pianoforte solo. Il carattere didattico
di questa collezione di otto perle è lampante in
De amasio et latronibus (L’amante e il brigante) e Culicum nuptiae (Le nozze delle zanzare),
rispettivamente il terzo e l’ottavo divertimento;
qui il pianista di destra è impegnato a dare sfoggio della capacità di eseguire regolarmente le
scale, ma il vero e proprio esercizio è inserito
in un vitalismo costante creato da un gioco di
ritmi e cambi di tempo proposti dal compagno
a sinistra; il tutto è inserito in una geniale e giocosa atmosfera burlesca in cui sono “nascosti” i
motivi popolari moravi. Di differente carattere
sono Canto amoroso e Canto di Ragazza, dove
Novák alterna melodie semplici e delicate e momenti ritmici più energici, quasi rapsodici.
Di tutt’altro carattere sono i Due preludi e fughe
per flauto solo, composti nel 1982 a Neu Ulm.
Stroh parla di un “buon umore” evidente nell’operato dell’amico durante la permanenza roveretana, uno stato d’animo che viene meno durante
il soggiorno tedesco, dopo l’ennesima “fuga”. Il
Preludio e fuga in la è fra le due composizioni la
più bucolica; l’introduzione presenta due anime
melodiche ben distinte, una dolce e solare estremamente distesa, che pare dipingere una natura arcadica, ed una più ritmica e saettante, più
concreta. L’ambientazione naturalistica è ripresa
nella fuga costruita sulle note cantate dal cuculo,
che si alternano ad una melodia sognante, in un
dialogo fra terreno e divino. Differente è il Preludio e fuga in do, un esordio caratterizzato da
STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015
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arpeggiati continuamente alla ricerca della tonalità maggiore, sfocia in un canto sempre in una
tensione irrisolta, perché ciclica. La rispettiva
fuga ha un geniale incipit bachiano che evolve in
un tanghistico gioco di accenti.
La Sonata gemella (1980) per due flauti è un capolavoro non solo per il sapiente bilanciamento
delle parti, perfettamente “alla pari”, ma soprattutto per il geniale sfruttamento delle possibilità timbriche ed effettistiche dei due strumenti
monodici, che creano l’illusione di un terzo
esecutore nascosto in qualche angolo del palco. I
tre movimenti sono specchio del carattere compositivo di Novák. L’Allegro è un continuum di
vitalità, che nasce da un’instancabile attività di
semiminime e di brevi dialoghi melodici; l’Andante con il suo sapore arcadico, dove l’antichità
è resa dall’impalpabilità dei suoni risultanti che
scaturiscono dagli armonici, mentre il Presto
finale è un vero e proprio assaggio di ironia buffonesca.
Nella seconda parte del programma predomina
la chitarra, strumento caro al Maestro Mariano
Andreolli, collega ed amico di Jan Novák, per
il quale ha curato l’edizione di Rosarium, una
raccolta di dieci divertimenti per due chitarre,
composti nel 1974. Ogni breve brano presenta
una sua peculiarità, ad esempio nel primo divertimento è manifesta la ricerca di un’atmosfera
arcaica, ricreata dall’armonia e dalla timbrica
rinascimentale (le chitarre sembrano due liuti!)
ripresa nella parte conclusiva, ma arricchita armonicamente da delicate dissonanze tipicamente novakiane, mentre nell’ottavo brano spicca
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l’elemento folkloristico della musica tradizionale dell’Est Europa e la chitarra acquisisce una
sonorità tipica della balalaika. Non mancano
momenti di semplice cantabilità e dialoghi concitati fra i due strumenti, inseriti in un contesto
armonico allargato, che si conclude felicemente
con un accordo di re maggiore nel decimo divertimento.
Originariamente ideata per voce e chitarra e
dedicata ad Anna Baldo e Mariano Andreolli,
Cithara poetica (1977) è una raccolta di cinque
preludi per chitarra, concepiti sulla metrica di
alcune odi oraziane. Qui, musicando gli antichi
metri, è sensibilmente documentata l’eterna sopravvivenza dell’antica musica del numerosus
Horatius (Orazio ricco di ritmi).
Sonata Serenata per violino e chitarra (1978) è
espressione delle capacità musico-scenografiche
di Novák. In questa opera è visibilmente musicata un’umoristica scena di corteggiamento,
dove un amante richiama l’attenzione dell’amata
suonandole una serenata sotto la finestra. L’Allegro esordisce con una vigorosa accordatura ritmica dei due strumenti, ripresa e rielaborata in
tutto il movimento, in cui, nella parte centrale, è
citato il topos della serenata latinoamericana; il
Lento vuole essere il momento della corte vera
e propria, quando i due amanti si congiungono
ed è reso da una romantica melodia, che, ahimè,
sfocia in un crepitante litigio. Nell’ultimo movimento (Allegro) il “battibeccante” incipit lascia
spazio a momenti di serenità sempre più vitali e
sempre più concitati, che conducono ad un energico finale.
Anna Boschi
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
TEATRO ZANDONAI
SABATO 14 NOVEMBRE 2014 - ore 20.45
___
in collaborazione con
ORCHESTRA HAYDN
di Bolzano e Trento
Giacomo Sagripanti direttore
Ludwig van Beethoven
(1770-1827)
Die Weihe des Hauses op. 124
(La consacrazione del teatro)
Matteo Franceschini
(1979)
Ritratto di scena (prima esecuzione assoluta)
Riccardo Zandonai
Piccola suite agreste da La via della finestra
(1883-1944) Preludio
Maggiolata
Trescone
Riccardo Zandonai Primavera in Val di Sole. Impressioni sinfoniche.
Alba triste
Nel bosco
Il ruscello
L’eco
Sciame di farfalle
N.B. Fuori abbonamento.
STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015
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SALA FILARMONICA
MARTEDÌ 25 NOVEMBRE 2014 - ore 20.45
___
ALEXANDRA CONUNOVA violino
JULIEN QUENTIN pianoforte
Franz SCHUBERT Sonata in la maggiore D 574 (op. 162)
(1797-1828) Allegro moderato
Scherzo. Presto
Andantino
Allegro vivace
Francis POULENC Sonate pour violon et piano
(1899-1963)(À la mémoire de Federico Garcia Lorca)
Allegro con fuoco
Intermezzo: Très lent et calme
Presto tragico
Richard STRAUSS Sonata in mi bemolle maggiore op. 18
(1864-1949)
Allegro ma non troppo
Improvisation: Andante cantabile
Finale: Andante – Allegro con fuoco
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015
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Violinista di origine moldava, nata nel 1988, Alexandra Conunova ha studiato con K.
Wegrzyn all’Università della Musica di Hannover. In precedenza aveva seguito master
class con I. Oistrakh, M. Martin, I. Gitlis, B. Kuschnir..
Alexandra Conunova è stata premiata ai Concorsi George Enescu di Bucarest nel 2011,
al Tibor Varga di Sion nel 2010, Ion Voicu (2009) ed Henri Marteau (2008). Solista di
alto profilo, l’interprete si è esibita con le orchestre Münchener Kammerorchester, NDR
Radiophilarmonie, l’Orchestra di Stato della Bielorussia, la Norddeutsche Philarmonie
di Rostok, l’Orchestra dell’Hermitage di San Pietroburgo, Orchestra da Camera del Festival di Verbier; con i direttori G. T. Nagy, H. Lintu, P. Strub, J. Wildner, J. Numminenm, N. Willen. Molteplici sono gli interessi dell’artista anche nell’ambito della musica
da camera, dove ha inciso nel 2009 il suo primo CD con musiche di Brahms e Mozart
con il primo clarinetto della Staatskapelle di Berlino, con il Conunova Quartet, di cui è
primo violino e con l’Arts Global String Quartet.
La violinista ha focalizzato su di sé le attenzioni della critica musicale e del pubblico
a seguito della vittoria del Primo premio al Concorso Internazionale di violino Joseph
Joachim di Hannover nell’autunno 2012. La giuria del concorso in quell’occasione ne
elogiò il calore del suono e l’arte altamente drammatica del suo virtuosismo; l’Hannover Allgemeine Zeitung ha rilevato altresì con quale splendore di suono l’interprete è in
grado di far vivere il suo modo di interpretare il pensiero musicale. Il successo ottenuto
in questo concorso, che è universalmente considerato come uno dei più importanti dedicati oggi al violino, gli è valso il suo debutto con la casa discografica Naxos.
Suona un violino Santo Serafino del 1735, costruito a Venezia e gentilmente messo a sua
disposizione dalla Deutsche Stiftung Musikleben.
Nato a Parigi, Julien Quentin ha iniziato i suoi studi al Conservatorio di Ginevra, si è
perfezionato a Bloomington (USA) con E. Naoumoff; nel 2003 si diploma alla Julliard
School di New York dopo aver studiato con G. Sandor. Ha lavorato altresì con altri eminenti interpreti della tastiera: N. Magaloff, E. Wild, Badura - Skoda e G. Sebök.
Pianista dal talento poliedrico, Julien Quentin è artista di notevole profondità e maturità
interpretative, dalla tecnica infallibile, molto richiesto sia come solista che camerista.
Come solista si è esibito con le orchestre del Quatar, di Wroclav (Polonia) e di Cordoba
(Spagna); è stato ospite dei Festival di Verbier, Schwentzingen, Radio France a Montpellier, Beethoven Fest di Bonn, Lucerna, Ravinia, Virginia Arts. Nell’ambito della musica
da camera collabora con artisti quali L. Bathiashvili, S. Gabetta, G. Capuçon, N. Goerner,
G. Hoffman, A. Kirchschlager, S. Shoji e T. Vassiljeva. Si esibisce anche con il clavicembalo assieme a Sarah Chang e all’Orchestra del Festival di Verbier, con T. Quasthoff e
la direzione di L. Kavakos. Le sue tournées internazionali lo hanno condotto in Australia, Stati Uniti, Giappone, Medio Oriente, ospite delle più prestigiose sale da concerto.
Ha inciso dischi per Sony ed EMI Classics.
Con artisti pittori quali E. Lucaci, K. Mourad e N. Perryman, l’interprete ama esplorare
nuovi orizzonti artistici attraverso l’accostamento di forme d’arte di varia natura, così
come la frequentazione di percorsi musicali particolari - l’improvvisazione e produzione di musica elettronica ad esempio - frutto delle sue collaborazioni con compositori e
pianisti quali J. Messina, R. Khalifé, F. Tristano.
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015
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NOTE AL PROGRAMMA
SCHUBERT – Il fluviale catalogo schubertiano riserva alla produzione violinistica pochi
ma significativi numeri, suddivisibili in due
blocchi distinti: uno risalente al biennio 181617, l’altro al 1826-27, che sarebbe indebita
forzatura catalogatoria assegnare rispettivamente alla fase giovanile e a quella matura.
Più corretto è ragionare sugli esiti artistici di
quei pezzi, riconoscendo alle opere del primo
periodo, e in ispecie alle garbate Tre Sonate
(o Sonatine) dell’op. 137, una felice attitudine
melodica ma una consapevolezza non ancora
raggiunta per quanto riguarda il problema
stilistico-formale, riservando invece ai pezzi
tardi – il Rondò brillante op. 70 e ancor più la
Fantasia in do maggiore op. 159 – lo status di
capolavori.
Tra gli uni e gli altri si colloca la Sonata in
la maggiore op. 162 (D 574), che si eseguirà
stasera. Scritta da uno Schubert ventenne e
distanziata di appena un anno dal suddetto
gruppo delle Sonatine, essa si presenta già
come un notevole passo avanti nel trattamento
della scrittura concertante, che ne risulta così
assai più dominata ed equilibrata. Le evidenze
di un influsso beethoveniano sembrano incontestabili, e del resto le dieci Sonate per violino
scritte dal maestro di Bonn erano ancora assai
recenti e praticate; ugualmente scoperta appare la derivazione in più parti dalla lezione
mozartiana. Ciò malgrado, il peculiare stile di
Schubert riuscì a imporsi con spontaneità su
quei modelli per assumere la sua configurazione personale.
L’inizio della Sonata in la maggiore, con l’incedere dinoccolato del pianoforte e l’affettuoso, accattivante motivo melodico introdotto
dal violino, è tutto di marca sua ed evidenzia
fin da queste battute di esordio come lo strumento ad arco punti a primeggiare sull’altro,
rovesciando la configurazione tipica delle sonate per pianoforte “con accompagnamento
di violino” che era prevalsa fino a un recente
passato e ancora in qualche misura resisteva.
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La concisione inabituale del pezzo giova alla
sua tenuta complessiva, così che i quattro
movimenti si susseguono con buona logica
costruttiva e una felicità espressiva senza cedimenti.
Occhieggiante al Beethoven corrusco è sicuramente lo Scherzo, vero pezzo di bravura, che
Schubert pone in seconda posizione; mentre la
sosta lirica è riservata all’Andantino che segue. Qui come altrove nel corso della Sonata
non è raro riscontrare inflessioni liederistiche
che qualificano la linea melodica di un che di
vocalistico. Il Finale, invece, ritrova lo slancio
dello Scherzo e porta a compimento la Sonata
in modo brillante.
L’op. 162 poteva costituire per Schubert l’inizio di una fase produttiva interessante nel
campo della formazione violino-pianoforte,
ma la mancanza di sbocchi editoriali lo convinse ad abbandonare l’idea, e così dovettero
passare nove anni prima che l’occasione si ripresentasse con i lavori dell’ultima stagione.
POULENC – Ci si chiede a quale modello storico potesse ispirarsi un autore francesissimo
come Poulenc all’atto di misurarsi in una sonata per violino e pianoforte negli anni Quaranta del Novecento. Gli esempi di Debussy e
di Ravel avevano lasciato un segno durevole
ma non era pensabile restaurare quelle estetiche ormai superate; né meno rischioso sarebbe
stato attingere ai modelli della stagione ancora precedente dei Fauré, dei Saint-Saëns e dei
Franck che un ruolo importante avevano pur
giocato. Ciò che Poulenc condivideva sicuramente con alcuni di costoro erano gli ideali di
uno strumentalismo spiccatamente francese
di impronta neoclassica, da contrapporre al
vincolante modello austro-tedesco. Si trattava
dunque per lui di trovare il modo di soddisfare
una linea modernista e nazionale per forma,
linea, colore, tratto elegante, e di applicarla
nella fattispecie alla peculiarità violinistica,
cioè alle esigenze di uno strumento verso cui
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
non sentiva un particolare trasporto perché lo
sentiva troppo legato agli abbandoni romantici. Di fatto, la sua ridotta produzione per archi non rientrava tra i pezzi di cui si vantasse,
avendola confinata in quel tipo di limbo che
gli autori normalmente riservano ai peccati di
gioventù (cosa che però questa Sonata non è).
L’inizio brusco, quasi sgarbato, può già essere
un’indicazione di principio: il tratto nervoso,
inquieto, teso che percorre tutta la composizione evitando indugi, sviluppi e abbandoni è
sintomatico di un tratto umorale che ha qualcosa dello scatto nevrotico.
Certamente poi l’automatismo a melodizzare
pateticamente subentra irresistibile e si dipana in slarghi significativi, benché mai veramente distesi e rivelatori di spirito rasserenato
o appassionato: si tratta per lo più di proposte
melodiche brevi, talora venate di nostalgia,
altre volte più nerborute, e sempre lasciate cadere ben prima che le loro intime potenzialità
siano esaurite.
Nessuna preoccupazione formale si riscontra
nei termini tradizionali di esposizione-sviluppo, ma al contrario si imposta un regime rapsodico ove svariati eventi si accumulano man
mano che la fantasia li crea e li sostiene, e
come tali vengono superati da altre situazioni.
Il finale è preparato da una sezione declamata
che conduce non a un compimento pacificato
ma a quella che può sembrare un’attenuazione
dello slancio per puro esaurimento delle forze o delle idee: nessuna visione conclusiva o
appagata dunque ce ne viene, ma un senso di
casualità che rende le ultime battute piuttosto
sbrigative e sconcertanti.
STRAUSS – È inevitabile che la considerazione riposta in un qualsiasi autore tenga conto
dei settori in cui questi ha dato il meglio di sé
e passi in secondo piano gli altri ritenuti più
occasionali o di puro mestiere. Ora, non è
propriamente nel genere del camerismo strumentale che si trova lo Strauss più autentico
poiché la sua stessa natura esuberante e attratta dalle forme rappresentative ad effetto
lo portava piuttosto a sboccare nel grande
sinfonismo dei poemi sinfonici o nelle magiche
attrattive dell’opera. Le limitazioni formali e
sonore che il camerismo impone, gli equilibri
più delicati che lo regolano, erano all’opposto della sua natura incline alle grandi proporzioni e talvolta alla dismisura plateale.
Questo spiega la circolazione relativamente
ristretta di opere come la presente Sonata in
mi bemolle maggiore per violino e pianoforte
(1887) che appartiene, al pari delle altre omologhe, al periodo giovanile, quasi come una
forma di obbligatorio apprendistato. Essa è
anzi l’ultima composta da Strauss prima che
questi abbandonasse il campo per darsi alle
grandi opere orchestrali.
Un autore tedesco della sua generazione non
mancava certo di modelli cui attingere, e
dunque non stupisce ritrovare in questo suo
componimento delle analogie con certi tratti
schumanniani o brahmsiani su cui, tra gli altri, aveva fondato la sua formazione: i modelli
storici, da lui fatti risalire fino a Mozart, sono
sempre assimilati con estrema consapevolezza e da essi mostra di saper estrarre gli ultimi succhi tanto sul terreno espressivo quanto
su quello armonico e su quello attinente alle
componenti formali e costruttive: questo ci fa
dire che di fronte a un autore come Strauss i
concetti storiografici di ‘classico’ e ‘romantico’ hanno sempre un valore relativo. Il trattamento armonico, soprattutto, spicca per la sua
innegabile audacia, ma questa è contemperata
dalla chiarezza del disegno complessivo, così
che il discorso non ne risulta oscuro o involuto
ma anzi appare volto ad una franca comunicazione.
La scansione dei tempi passa dalla foga giovanile del primo Allegro al lirismo dell’Andante che è definito «Improvvisazione» ma tale è
solo nell’effetto di libertà di eloquio, poiché di
fatto è costruito secondo un regolare schema
tripartito in cui vengono presentati temi estesi
ed elaborati che si equilibrano tra la pacatezza e lo scatto esuberante.
Decisamente vitalistico l’Allegro finale, dove
STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015
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si palesa maggiormente la richiesta implicita
di mezzi più cospicui di quanti possa offrirne
il duo violino-pianoforte. E difatti qualcuno
ha rilevato in questa Sonata la presenza costante e pressante del pianoforte per tener
viva una materia già ricca di suo, come pure
il ricorso a calcolate soluzioni ad effetto che
denotano la scaltrezza già maturata dal ventitreenne compositore e che come tali troveranno impiego più consono all’interno della
grande orchestra. L’ascolto odierno, anche in
36
virtù della sua rarità, può costituire una felice
sorpresa: la Sonata op. 18 di Strauss si pone
come autorevole esempio di sonatismo tardoottocentesco, consapevole di tutto il processo
stoico che è alle spalle. Un geniale ibrido, se
vogliamo, che dispensa momenti di eccentricità, abile effettistica, carattere esuberante,
ma che testimonia pur sempre l’apporto di una
fantasia fervida e di una mano maestra.
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
Diego Cescotti
TEATRO ZANDONAI
LUNEDì 1 DICEMBRE 2014 - ore 20.45
___
ALEXANDER KOBRIN pianoforte
Ludwig van BEETHOVEN Sonata in fa diesis magg. n. 24 op. 78
(1770-1827)
Adagio cantabile - Allegro non troppo
Allegro vivace
Sonata in mi maggiore n. 30 op. 109
Vivace ma non troppo
Prestissimo
Gesangvoll, mit innigster Empfindung.
Andante molto cantabile ed espressivo
[Pieno di canto, con il più intimo sentimento]
Frédéric CHOPIN 12 Studi op. 25
(1810-1849) n. 1 in la bemolle maggiore
n. 2 in fa minore
n. 3 in fa maggiore
n. 4 in la minore
n. 5 in mi minore
n. 6 in sol diesis minore
n. 7 in do diesis minore
n. 8 in do bemolle maggiore
n. 9 in sol bemolle maggiore
n. 10 in si minore
n. 11 in la minore
n. 12 in do minore
STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015
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Moscovita di 34 anni, Alexander Kobrin, primo premio ai Concorsi Busoni e Van Cliburn, ha sempre ricevuto unanimi apprezzamenti per le straordinarie qualità tecniche, interpretative e di comunicazione con il pubblico che ne caratterizzano il profilo di interprete.
Le maggiori sale da concerto del mondo lo hanno ospitato: Wigmore Hall, Kennedy Center, Munich Herkulesaal, Philarmonie di Berlino, Sala Verdi di Milano, Albert Hall a Londra. L’interprete si è esibito con la Tokyo Philarmonic, l’English Chamber Orchestra, l’Orchestre de la Suisse Romande, la Swedish Radio Symphony, la
Deutsches Symphonie Orchester, la Warsaw Philarmonic, la BBC Symphony Orchestra.
Alexander Kobrin ha inoltre collaborato con illustri direttori quali Mihail Pletnev, Vassily
Sinaisky, James Conlon, Claus Peter Flor, Mark Elder, Vassily Petrenko e Yuri Bashmet.
L’artista è stato invitato inoltre al Festival de la Roque d’Antheron, ai BBC Proms, al Beethoven Easter Festival, al Ravinia Festival, all’Enescu International Festival di Bucarest e al
celebre Klavier- Festival Ruhr. Alexander Kobrin è spesso invitato come membro di giuria
nei concorsi Nehaus di Mosca, Blüthner Golden Tone Award di Vienna, Rosalyn Tureck
Competition di New York.
Dal 2010 il pianista è docente presso la Columbia University e dal 2013 ricopre lo stesso
incarico presso la Facoltà della Steinhardt School all’Università di New York.
La sua attività discografica è andata delineandosi attraverso collaborazioni con le etichette
Harmonia Mundi, Quartz, Centauri e King Records per le quali sono stati incise opere di
Haydn, Schumann, Brahms, Rachmaninov e Chopin.
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
NOTE AL PROGRAMMA
Ludwig van Beethoven è stato il massimo
creatore di sonate per pianoforte. Cominciò ad
esercitarsi in questo genere ancora adolescente
e continuò a dedicarsi alla sonata fino a pochi
anni prima della morte. Le opere di questo genere, una trentina in tutto, furono testimoni di un
continuo rovello creativo che lo vide esploratore
coraggioso della scrittura musicale nel passaggio tra il Classicismo ed il Romanticismo. Se i
primi passi nella sonata partirono dagli esempi
di Haydn e di Mozart, fin da subito Beethoven
cominciò a manipolare questa forma sia dall’esterno, agendo sulla struttura dei movimenti, sia
dall’interno, introducendo relazioni armoniche
mai ascoltate. Nella sua prima fase creativa le
musiche si allungano in quei punti nevralgici
portatori di una possibile evoluzione/rivoluzione, in quelle battute di collegamento tra i temi,
in quelle sezioni di sviluppo che non erano mai
state le vere protagoniste dell’opera. Con l’inizio
del secondo periodo stilistico, quello eroico, la
ricerca di Beethoven passa dalla forma all’armonia, sperimentando abbinamenti tonali così scorretti per la tradizione quanto affascinanti per la
creatività del sommo autore, che per rinnovare
la sonata si muove dunque verso il futuro ma
anche verso il passato, nel recupero di fantasie,
variazioni e fughe. Per il pubblico dell’epoca le
Sonate beethoveniane dovevano apparire certamente bizzarre se solo pensiamo che ancora oggi
gli ultimi numeri ci stupiscono per alcune scelte
così innovative. Certo è che accompagnarono
l’ascesa di un nuovo strumento, il pianoforte, che
soppiantò definitivamente il clavicembalo grazie
alle sue maggiori sonorità e agli effetti del pedale di risonanza. Alle Sonate di Beethoven - così
complesse, così virtuosistiche, così evolute - si
deve, inoltre, lo spostamento dell’attività musicale dai salotti privati alle sale da concerto.
La Sonata op. 78 appartiene al gruppo delle sonate piccole, quelle cioè dalla n. 24 alla n. 27 che
seguirono l’”Appassionata”. Dopo l’esperienza
esaltante del Quinto Concerto per pianoforte
ed orchestra, l’Imperatore, Beethoven torna ad
una sonata di soli due movimenti, ad una forma
contenuta e ad uno stile che del clavicembalo ricorda l’eleganza e la brillantezza. Per dirla con le
parole di Piero Rattalino, «la grande architettura
viene miniaturizzata, la dialettica cede al lirismo, il grande teatro diventa teatro da camera».
Fu composta nel 1809 e dedicata a Thérèse de
Brunswick, riconosciuta all’epoca, con scalpore, come l’Amata Immortale del compositore
(in realtà individuata poi in Antonia Brentano).
Il colore delicato di questa Sonata può trovarsi
non solo nelle scelte melodiche di Beethoven ma
anche in un dato prettamente tecnico, ossia la
sua realizzazione praticamente esclusiva sui tasti neri, dovuta alla scelta della tonalità, fa diesis
maggiore. Il primo movimento, Allegro ma non
troppo, occupa quasi interamente i dieci minuti
totali della composizione, lasciando poca voce
alle volatine dell’Allegro vivace nella forma del
rondò. L’innovazione formale di questa sonata
sta nelle quattro battute iniziali: un Adagio cantabile che non è solo un’introduzione, in quanto
di carattere compiuto, ma nemmeno un movimento a sè stante, in quanto eccessivamente breve, comunque mai utilizzato sin qui dall’autore.
Ascoltando la Sonata op. 109 si può capire immediamente cosa s’intende per aggressione beethoveniana sulla forma. È una delle ultime tre sonate pensate dall’autore, composta nel 1820 e pubblicata con la dedica a Massimiliana Brentano,
figlia della sopra citata Amata Immortale. Scritta
nei canonici tre movimenti, questa sonata rivela
arditezze mai sperimentate prima. È decisamente squilibrata nelle durate a favore dell’ultimo
tempo, che si presenta nella forma di tema con
variazioni. Il movimento iniziale doveva risultare all’epoca frammentato, con i suoi due temi
distinti nettamente in due tempi opposti – uno
Vivace ma non troppo, l’altro Adagio espressivo
– sebbene melodicamente fusi. Di seguito, senza staccare il pedale dall’ultimo accordo, parte
il secondo movimento, Prestissimo, con il suo
impatto sonoro e la sua feroce cavalcata. Di ampio respiro ed amorosa tenerezza è l’ultimo movimento, Andante molto cantabile ed espressivo.
Una sonata, l’op. 109, che non richiede grandi
virtuosismi tecnici o speculazioni filosofiche per
pochi, ma una grande musicalità e un cuore puro.
La storia degli studi per pianoforte comincia nel
Settecento nelle pagine dei Clavierübungen bachiani e prosegue negli studi del tedesco Cramer,
dell’italiano Clementi e dell’austriaco Czerny.
STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015
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Ma è solo nel Romanticismo con Liszt e Chopin
che l’esercizio per tastiera destinato allo studio
privato si trasforma in una pagina di musica destinata all’esecuzione pubblica.
Il giovane Fryderyk Chopin pubblica due
raccolte di Studi tra il 1833 ed il 1837: l’op. 10
dedicata all’amico Liszt e l’op. 25 dedicata alla
compagna di lui, Marie d’Agoult. Lo stimolo a
comporre ventiquattro studi, divisi in due cicli
di dodici, fu da un lato il Clavincembalo ben
temperato di Bach, il cui Primo Preludio in do
maggiore è precisamente il punto di partenza del
primo numero dell’op. 10, e dall’altro l’ascolto
del funambolico Paganini. Ciascuno studio parte
dall’idea di esercitare una specifica abilità tecnica ma lo fa attraverso una vena artistica. Gli
studi di Chopin sono in generale monotematici,
presentano cioè un solo tema, o meglio un’unica
idea circoscritta su un particolare problema tecnico, come ad esempio gli arpeggi, le scale cromatiche, le ottave leggere, le terze, le seste e via
dicendo, ma anche il tocco e l’agilità. Nell’op. 10
la classificazione dei brani è sistematica in senso
tonale (coppie formate da tonalità maggiore e relativa minore), mentre gli studi op. 25 procedono
in senso musicale, legati in un unicum artistico. Nati per migliorare le capacità tecniche dei
pianisti all’inizio del XIX secolo – per Charles
Rosen la tecnica degli studi chopiniani «allunga
la mano, sviluppa i muscoli, accresce l’elasticità,
amplia le possibilità fisiche» - in essi possiamo
leggere anche una ricerca artistica di una nuova
timbrica attraverso nuovi tocchi, quasi pre-impressionista, come suggerisce Piero Rattalino.
Per questo motivo si riporta di seguito una breve
descrizione di ciascuno dei dodici studi indicando anche il nome suggestivo, ma assolutamente
non originale, che li accompagna. Il n. 1 (Arpa
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eolica) si basa sull’arpeggio e richiede un tocco
veramente luminoso ed un’accurata tecnica del
legato. Il n. 2 (Api) nasconde, sotto una morbida agilità, l’insidia di una precisa poliritmia tra
le due mani che, se non rispettata, porta ad un
falso ritmo. Il n. 3 (Cavaliere) richiede l’agilità leggera delle due mani insieme mentre il n.
4 presenta lo staccato in continuo controtempo
con la mano destra. Il n. 5 è uno dei pochi che
presenta una sezione centrale contrastante, con
un primo tema alla mano destra con una seconda
minore (un’acciaccatura all’ascolto, da cui il titolo “Note sbagliate”) che si trasfigura in un secondo tema di più ampio respiro alla mano sinistra
nella parte centrale. Il n. 6 affronta le scale per
doppie terze cromatiche alla mano destra mentre
il n. 7 (Violoncello) è il primo movimento lento del ciclo e si presenta come uno studio più di
interpretazione che di tecnica. Il n. 8 si costruisce sulle doppie seste in entrambe le mani. Il n.
9 (Farfalla) è il più breve della raccolta con le
sue ventiquattro battute in cui la mano destra affronta ottave leggere e staccate mentre la sinistra
accompagna con salti sempre più ampi. Nel n.
10 proseguono le ottave, questa volta legate, per
uno studio nuovamente tripartito. Il n. 11 (Vento
invernale) è tra i più conosciuti dell’op. 25, con
la sua introduzione lenta di quattro battute (in
realtà aggiunta all’ultimo da Chopin su consiglio
di un amico) dopo la quale si scatena un vortice
di note alla mano destra. L’ultimo studio della
raccolta, il n. 12 (Oceano), ritorna sugli arpeggi, risuonando quasi come una nuova e matura
trascrizione del primo studio dell’op. 10, ideale
conclusione dei ventiquattro esercizi di tecnica e
d’arte chopiniana.
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
Monique Ciola
SALA FILARMONICA
VENERDì 16 GENNAIO 2015 - ore 20.45
___
QUARTETTO D’ARCHI
DEL TEATRO DI S. CARLO
Cecilia Laca violino
Luigi Buonomo violino
Antonio Bossone viola
Luca Signorini violoncello
MILANA STREZEVA pianoforte
Dmitrij ŠOSTAKOVIČ Quintetto in sol minore op. 57
(1906-1975)
Prelude, Lento
Adagio
Allegretto
Intermezzo: Lento
Allegretto
Quartetto n. 8 in do minore op. 110
Largo
Allegro molto
Allegretto
Largo
Largo
Maurice RAVEL Quartetto in fa maggiore
(1875-1937) Allegro moderato – Très doux
Assez vif, très rythmé
Très lent
Vif et agité
STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015
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Milana Strezeva, pianista moldavo-americana, ha studiato pianoforte con B. Davidovich, J.
Martin, B. Lvov, e T. Gershfeld, e musica da camera con B. Brubacker, F. Galimir, J. Feldman,
S. Lipkin, J. Kalichstein, J. Krosnik, J. Lateiner, C. Neidich, T. Appel . Si è diplomata alla The
Juilliard School e ha vinto numerosi premi in tutto il mondo.
Membro fondatore del pluripremiato Manhattan Piano Trio, uno dei più creativi e dinamici
giovani ensemble in America, Milana, oltre a suonare con il padre clarinettista, ha collaborato
moltissimo con la madre, la celebre soprano Svetlana Strezeva soprannominata L’usignolo
russo, in programmi che riflettono il loro amore per la letteratura vocale russa; la sua
frequentazione con il mondo dei cantanti l’ha portata a far parte di numerose produzioni
operistiche.
Il Quartetto d’archi del Teatro di San Carlo unisce nel comune denominatore del genere
cameristico la qualità artistica e professionale delle prime parti dell’Orchestra del Lirico
napoletano: Cecilia Laca, Luigi Buonomo, Antonio Bossone e Luca Signorini. I musicisti,
già vincitori di concorsi internazionali e ricchi delle esperienze solistiche individuali, sono
legati da un percorso tecnico ed espressivo condiviso, che, partendo proprio da quelle naturali
affinità musicali consolidate nel tempo al San Carlo, li porta alla maturazione di una comune
intenzione interpretativa. La formazione, supportata fin dall’esordio dalla Direzione stessa del
Teatro, ha approfondito il repertorio dedicato al quartetto d’archi, forma che incarna più di
ogni altra la vocazione cameristica degli strumenti ad arco, nel segno di una piena consonanza
di suono, stile e visione esecutiva.
La vastità del repertorio del Quartetto mostra la capacità di muoversi con duttilità e in
esecuzioni molto apprezzate tra epoche e autori diversi, spaziando con disinvoltura da Haydn,
Mozart e Schubert a Schumann, Borodin e Verdi fino a Martucci, Debussy, Ravel, Bartòk e
Šostakovič.
Terminato da poco il ciclo di concerti che lo ha visto impegnato anche in tappe internazionali,
come ad Hong Kong, San Francisco, Parigi, Amburgo e San Paolo del Brasile, il Quartetto
si è esibito inoltre al Teatro Stabile di Potenza, al Circolo degli Artisti di Roma, al Teatro di
San Carlo di Napoli, al Valcerrina Festival, oltre che al Ravello Festival, dove esso è ospite
regolare. Nel concerto dal titolo Festa per il Teatro di San Carlo, nell’anno che celebra il
bicentenario dalla nascita del Maestro, la formazione ha eseguito proprio sul palcoscenico del
Lirico il Quartetto per archi di Giuseppe Verdi, unico lavoro cameristico del compositore,
composto nel 1873 a Napoli per le prime parti dell’orchestra sancarliana, eredi della scrittura
verdiana.
Particolare interesse del Quartetto è l’impegno per la pace in Medio Oriente: recente successo
ha riscosso, infatti, il concerto al Museo di Capodimonte a Napoli con la presenza straordinaria
del Presidente palestinese Abu Mazen.
Tra le collaborazioni di successo, oltre a quella con Bill T. Jones, coreografo tra i più
riconosciuti nel panorama della danza contemporanea, il Quartetto sta sviluppando un intenso
sodalizio artistico con il pianista M. Campanella, erede della prestigiosa scuola napoletana
del maestro V. Vitale; le esecuzioni dei quintetti di G. Martucci e di R. Schumann insieme a
Campanella, con il quale il Quartetto è ospite regolare di rassegne e stagioni concertistiche,
sono accolte da un felice consenso di pubblico e di critica.
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015
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NOTE AL PROGRAMMA
ŠOSTAKOVIČ– L’unico Quintetto scritto da
Šostakovič nel 1940 si è assicurato un’ottima
reputazione tra i repertori del genere per il suo
profilo classico, la preminente cura formale e la
scelta di riservare meno spazio all’effettistica e
a quel segno mordace e graffiante che si ritrova
in altra musica di questo autore per mirare a
un’espressione lirica depurata che talvolta produce e mantiene un’atmosfera sospesa, perlacea, povera di sorprese.
L’equilibrio degli strumenti è studiato in modo
da non permettere al pianoforte di contrapporsi
al gruppo degli archi con sonorità soverchianti,
ma anzi viene mantenuto spesso in una tessitura
diafana, con scrittura spaziata a due sole parti
onde ottenere un timbro disincarnato. Né diversamente si svolge la dialettica degli strumenti
ad arco, che procedono anch’essi con ariosità
di respiro e asciuttezza di linee.
Tale clima si riscontra in particolare nell’ampia e lenta Fuga che costituisce il secondo
movimento e nel severo Intermezzo in stile di
passacaglia che conosce al centro una bella intensificazione espressiva. L’unica concessione
all’umore aspro è riservata allo Scherzo che
sta al terzo posto, ma si tratta di una breve folata; mentre il tempo finale torna a un intarsio
contrappuntistico in tono garbato e dialogante,
articolandosi in momenti diversi senza voler
ricercare una necessaria sintesi. Verso la fine
tutto si alleggerisce in un fraseggiare rasserenato che non disdegna proprio in ultimo una
lieve galanteria.
Un’opera serena, si potrebbe dire, e sicuramente
antiretorica, e nondimeno composta in tempo di
guerra, quando l’invasione delle armate tedesche non era più molto lontana. Per descriverne
gli orrori non mancherà a Šostakovič il tempo e
il modo, soprattutto nel campo sinfonico.
Ma ancora vent’anni dopo, con il Quartetto n.
8 in do min. op. 110, si avrà la prova di come
quei tragici eventi abbiano lasciato segni indelebili. Solo in tempi recenti si è ipotizzato che
la dedica che campeggia nell’edizione a stampa
(«in memoria delle vittime del fascismo e della guerra») debba ritenersi inautentica e vada
invece accreditata l’ipotesi di un’operazione ad
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esclusivo indirizzo autobiografico. Ciò porterebbe ad un evidente stravolgimento dei significati e finanche delle attese d’ascolto, in quanto
il carattere teso e aspramente drammatico del
pezzo non sarebbe dovuto primariamente a una
urgenza di denuncia sociale o di condanna ideologica ma verrebbe ad assumere una ragione
più strettamente personale, e sia pur seria, quale il pensiero della propria morte. Non è nemmeno da escludere, però, che i due motivi possano coabitare in queste pagine tetre e feroci.
Sta di fatto che Šostakovič, che spesso sentiva
il bisogno di riaffermare prepotentemente la
propria personalità attraverso il ricorso a particolari simbologie musicali, mai come in questo
Quartetto fa uso di una tipica cellula generativa
di quattro note (re - mi bemolle – do - si) che
corrisponde, nella lettura tedesca, alle iniziali
del suo nome, quasi a volervi apporre una firma
incontestabile e sia pur criptica. Tale sequenza
intervallare, messa a fondamento strutturale del
pezzo e riutilizzata sotto le fogge più diverse, è
subito annunciata sommessamente dal violoncello, che instaura un mesto clima meditativo
la cui lamentosità è accresciuta dalla melopea
successiva del violino primo. Il colore espressivo si fa immediatamente corrusco all’attacco
dell’Allegro molto che è tutto un ribollire frenetico fra strappi e scoppi di sonorità. Quando al
centro si ha l’icastica citazione del motivo popolare ebraico che, secondo le testimonianze, le
vittime predestinate sarebbero state costrette a
ballare sul bordo delle proprie fosse, l’ipotesi di
una nemmeno troppo velata denuncia insita nel
Quartetto torna a riprendere consistenza.
Ugualmente, il valzerino falsamente innocuo
ma in realtà tragicamente grottesco dell’Allegretto che segue pare messo lì per significarci
che l’orrore nasconde quasi sempre una faccia
di bonomia sinistra e feroce, secondo uno stilema sovente impiegato da Šostakovič per raffigurare l’aspetto brutale, spietato, disumano della
macchina sociale.
Ai due desolati Adagi finali, che riconducono
il clima espressivo alla situazione dell’inizio, è
riservata la funzione riflessiva o di compianto:
e questo avviene senza che alcunché giunga ad
apportare un motivo di speranza o di riscatto,
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
rovesciando in questo modo la prassi di affidare
al finale il superamento del conflitto se non il
momento dell’ascesi.
RAVEL – Da quando, il 19 maggio 1921, il
Quartetto in fa fu eseguito al concerto inaugurale della nostra Filarmonica appena fondata,
questo componimento non ha cessato di ripresentarsi nel corso delle successive stagioni, confermandosi come uno dei più apprezzati tanto
dagli amatori quanto dagli esperti. E difatti, al
di là della bellezza intrinseca che lo giustifica
da sola, esso si pone nella storia della musica
come esempio autorevole di novità nella continuità, essendo pienamente inserito nella svolta
storica ed estetica in atto ma non in conflitto
con le linee di sviluppo portate avanti da tempo dalla produzione cameristica francese dei
vari Franck, Saint-Saëns e Fauré. Il suo valore
di novità si sostanzia anzitutto nei caratteri di
asciuttezza di linee e di sobria e insieme pregnante espressività,trovando il suo precedente
diretto nel Quartetto in sol di Debussy del 1893,
che più di qualsiasi altro gli aveva aperto prospettive nuove nel segno della forma e dello stile.
Il Quartetto in fa (1904), prima composizione di
ampio respiro scritta dal ventinovenne Ravel,
rivela un gusto e una sensibilità del tutto personali e una sicurezza estrema nel trattamento
libero e originale delle forme. Ma più ancora
esso ha la sua ragion d’essere nella qualità
degli elementi stilistico-espressivi adottati, da
cui le sottigliezze di fraseggio, la cura delle calibrature timbriche, la finezza delle combinazioni armoniche impreziosite dalle ombre modali
che la percorrono: il tutto senza far ricorso ai
tradizionali espedienti di contrasto dialettico
per creare particolari tensioni emotive, ma al
contrario perseguendo l’ideale di una conce-
zione unitaria. Il primo movimento (Modéré)
reinterpreta liberamente la forma-sonata, alla
cui sicurezza ancora si aggancia, devitalizzando ogni possibile elemento di contrapposizione
tematica e disponendo i motivi in una successione atta a propiziarne la ripresentazione ciclica
nei movimenti successivi. La pagina procede in
modo tranquillo, entro la ricercata atmosfera di
raffinatezza imposta fin dall’esordio, raggiungendo momenti di tenera poesia evocativa e di
tensione lirica più pronunciata, terminando poi
con una serena, luminosa affermazione del fa
maggiore d’impianto.
Il secondo movimento si presenta con un nervoso tema pizzicato in modo eolio, per il quale
si è richiamata l’esperienza del gamelan balinese, spezia esotica che da tempo stava facendosi strada nell’Europa curiosa di conoscere i
mondi lontani. Sostenuta da un impulso ritmico
mutevole e trascinante, la pagina contiene al
suo interno una sezione lenta dal carattere più
meditativo e misterioso.
La tonalità lontana di sol bemolle maggiore e
i suoni con sordina colorano il Très Lent che
segue di un’ovattata tinta notturna, estatica e
talora misteriosa nel fremito di trilli, arpeggi e
tremoli palpitanti che la percorrono frammezzo
alla proposizione di suggestive linee melodiche
e discrete citazioni del tema d’inizio.
Nel movimento conclusivo, che procede incalzante alternando vaghe movenze di danza e
distensioni più cantabili, Ravel non rinuncia,
come spesso avviene nei suoi finali, alla liberazione di una certa sfrenatezza dionisiaca, e se
per una volta se ne dirà non del tutto persuaso, ci
penserà poi Debussy a consigliargli di non mutare nemmeno una nota di quanto aveva scritto.
STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015
Diego Cescotti
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SALA FILARMONICA
SABATO 24 GENNAIO 2015 - ore 20.45
___
GIUSEPPE CARRER chitarra
Fernando SOR (1778-1839)
Siciliana e Marcia op. 33
Sonata n. 1 “Grand Solo” op. 14
Introduzione (Andante)
Allegro
Variazioni su un tema di Mozart op. 9
Introduzione e tema con variazioni op. 20
Sonata n. 3 “Grande Sonate” op. 22
Allegro
Adagio
Minuetto (Allegro)
Rondò (Allegretto)
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
Giuseppe Carrer nasce a Treviso dove comincia lo studio della chitarra con G. Rado e si diploma
con il massimo dei voti al Conservatorio G. Verdi di Milano sotto la guida di R. Chiesa. Negli
anni della sua formazione partecipa a masterclass tenute dai più importanti chitarristi della scena
mondiale: J. Bream, J. Tomas, P. Galbraith, E. Fisk. Continua gli studi con S. Grondona presso
l’Accademia Musicale Pescarese, i corsi di Riva del Garda e Ponte in Valtellina, e con O. Ghiglia,
frequentando il corso triennale per solisti presso la Musik Akademie di Basilea (CH), dove si diploma ottenendo il Solisten Diplom, e all’Accademia Musicale Chigiana dove ottiene il Diploma di
Merito. Segue i corsi di Fenomenologia della musica tenuti da S. Celibidache a Saluzzo e Monaco
di Baviera.
Molto giovane risulta vincitore ai concorsi nazionali di Stresa, Savona e al Concorso Mario Castelnuovo –Tedesco; in seguito vince alcuni tra i più importanti concorsi internazionali come il
primo premio al Concorso Città di Alessandria, secondo premio al Concorso d’interpretazione di
musica per chitarra del secolo XX di Lagonegro, primo premio al Concorso di Gargnano e primo
premio al Concorso Fernando Sor.
L’attività concertistica lo porta ad esibirsi in Europa e Oriente sia come solista che in formazioni
cameristiche e concerti per chitarra e orchestra. Ha suonato con il quintetto Nova Lira Orfeo con il
quale ha registrato il CD Homenaje con le opere cameristiche del chitarrista M. Llobet.
Attivo anche nel campo della musica moderna, ha eseguito alcune delle opere più importanti del
repertorio del novecento quali Le Marteau sans Mâitre di P. Boulez e Serenata per un Satellite di
B. Maderna. Ha collaborato con il Tammittam Ensemble all’incisione di un CD dedicato alla musica
del XX secolo per l’etichetta Dynamic e in qualità di arrangiatore ha curato la versione per voce e
chitarra di musiche della tradizione veneziana del primo ‘900 in seguito incise per l’OpusAvantra.
STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015
47
Da anni approfondisce lo studio del repertorio dei grandi chitarristi-compositori del XVIII e XIX
secolo suonando su strumenti originali dei più importanti liutai (R. Lacôte, L. Panormo, Petitjean
l’Ainè, F. Roudlhoff, J. Pages, F. Simplicio, S. Hernandez, E. Garcia, A. de Torres), studiando la
vasta produzione di metodi e trattati e la prassi esecutiva. A questo repertorio Carrer sta dedicando
una sua specialistica ricerca che lo vede oggi distinguersi quale uno dei più affermati interpreti circa la prassi esecutiva della musica del periodo classico. Questa ricerca lo ha portato alla realizzazione di registrazioni per le etichette Dynamic, Stradivarius e Tritò (Barcellona) che hanno ricevuto
ottime recensioni dalle più importanti riviste specializzate italiane ed estere.
NOTE AL PROGRAMMA
Sono pochi i chitarristi che, interessati al repertorio classico del proprio strumento, non abbiano
suonato e studiato in modo approfondito autori
come Sor, Giuliani, Aguado, Mertz e Regondi.
Di tutti questi compositori Sor è senza dubbio
il più universale, il più colto e in un certo senso
il più astratto rispetto allo strumento per il quale
componeva.
Nato a Barcellona nel 1778, si formò alla Escolanìa de musica del monastero di Montserrat,
tra le più importanti istituzioni dell’epoca, dove
ricevette una eccellente educazione musicale
studiando, nei quattro anni della sua permanenza, in modo approfondito la polifonia vocale e
lo stile classico. All’inizio del 1795 abbandonò
Montserrat per partecipare alla guerra contro
l’invasione francese e una volta conclusa, ritornò a Barcellona dove cominciò a farsi conoscere
come compositore e chitarrista. Durante il regno di Joseph Bonaparte Sor fraternizzò con i
francesi ed accettò un incarico amministrativo
da parte del governo d’occupazione. Nel 1813,
dopo la fine della guerra di indipendenza, Sor,
come molti altri artisti e intellettuali, fu costretto a lasciare la Spagna con l’accusa di essere un
afranceado, ossia di aver collaborato e simpatizzato con i francesi. Dalla metà di quell’anno
fino all’inizio del 1815 visse a Parigi, successivamente risiedette a Londra e nel 1823 fece
ritorno nella capitale francese per il debutto del
suo balletto Cendrillon al teatro de l’Opera, che
fu replicato ben 104 volte. In seguito viaggiò e
si esibì in tutta Europa. A Londra ottenne grande
fama come chitarrista, cantante e compositore.
Ritornò a Parigi nel 1826, nel 1830 pubblicò il
suo Mèthode pour la guitare e, nella capitale
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francese, morì il 10 luglio 1839.
Anche se la sua fama rimane principalmente legata al mondo della chitarra, in vita Sor fu acclamato autore d’opera (Telemaco nell’isola di
Calipso), di balletti che vennero rappresentati a
Mosca e San Pietroburgo (Cendrillon, Alphonse
et Lènore, Hercule et Omphale) di musica sinfonica e da camera.
Dopo la grande scuola dei vihuelisti e liutisti del
XVI° secolo e nonostante alcuni grandi chitarristi come Sanz o Guerau, la tecnica dello strumento si perse e la chitarra venne considerata
strumento popolare, utile ad accompagnare il
ballo e la voce. Sor invece adatterà la scrittura
e la tecnica dello strumento alle nuove esigenze
dalla musica del periodo classico, in un modo
che risulterà unico tra i chitarristi della sua epoca, immaginando la chitarra come strumento
polifonico (recuperando quindi la tradizione dei
vihuelisti del XVI° secolo), e in grado di sostenetre strutture musicali complesse e articolate.
La Sicilienne et Marche in re minore, è l’ultimo
dei tre pezzi che formano la breve raccolta intitolata Trois Pièces de Societè op. 33. La siciliana
sembra richiamare lo stile di autori italiani quali
Pergolesi e Paisiello, offre all’esecutore la possibilità di fiorire a proprio gusto il testo originale
(pratica molto in voga tra i cantanti d’opera e gli
strumentisti di quel periodo) in modo da esaltare
il respiro drammatico e le parti cantabili di questo pezzo poco conosciuto della produzione di
Sor. La Marcia ha una struttura tripartita, la cui
prima sezione ha carattere marziale con accordi
in forte e note ribattute ad imitare i tamburi militari, la sezione centrale, tutta in suoni armonici,
sembra evocare la marcia di una fanfara militare
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
in lontananza, il pezzo si conclude con la ripetizione della prima parte.
La Sonata n. 1, meglio conosciuta come Gran
solo, venne pubblicata in cinque edizioni durante
la vita del compositore, con evidenti e incomprensibili differenze. Il più antico manoscritto
viene conservato presso gli archivi musicali di
Montserrat e porta il titolo di Sinfonia, mentre
la prima edizione, pubblicata da Salvador Castro
de Gistau con il titolo di Sonata prima, nel suo
Journal de Musique Etrangère pour la Guitare
ou Lyre, vide la luce nei primi anni del 1800, ma
solo intorno al 1810 venne pubblicata da Pierre
Porro una nuova edizione con il titolo definitivo di Gran Solo. Come suggerisce il suo titolo
originale (Sinfonia), la composizione segue una
struttura frequente nella musica strumentale:
un’introduzione lenta seguita da un allegro in
forma sonata.
Pubblicate nel 1821 a Londra e dedicate al fratello Carlos, le Variazioni op. 9 nella prima edizione portano il titolo: “Oh Cara Armonia from
Mozart’s opera Il Flauto Magico arranged with
an introduction and variations for the guitar”.
Dotate di un carattere immediato ed estroverso
queste variazioni, che godono di una scrittura fresca e spontanea talvolta ispirata da effetti
idiomatici della chitarra (si vedano ad esempio
la quarta variazione in cui a rapidi gruppi di terzine in ottava nel registro acuto fanno eco scuri
arpeggi nel registro grave, o la quinta dove l’uso
della seconda corda a vuoto suonata solo con la
mano sinistra diventa un pedale di dominante),
sono diventate l’opera più eseguita e famosa tra
le composizioni di Sor.
L’Introduction et thème varié, op. 20 venne
pubblicata intorno al 1823 a Parigi, al rientro di
Sor da Londra. L’opera, che Sor dedicò a Meissonier, suo principale editore in quel periodo, è
basata su una precedente composizione, il Theme varié, pubblicato da Castro verso il 1810
senza numero d’opera. In questa occasione Sor
amplia, modifica e rielabora l’opera precedente,
la arricchisce di un’introduzione di 58 misure,
che partendo da un semplice pedale di tonica
in la maggiore modula al la minore con effetto
drammatico e attraverso altre tonalità prepara
l’esposizione del tema. Rispetto alla versione
pubblicata da Castro, le variazioni op. 20 risultano molto più ricche ed elaborate e terminano in
questa occasione con un’energica coda. E’ interessante sapere che, da fonti dell’epoca, Dionisio
Aguado, al suo debutto parigino, suonò questo
tema con variazioni dell’amico Fernando Sor oltre a sue composizioni originali.
La Sonata n. 3, una delle opere di maggior respiro che Sor dedicò alla chitarra, fu pubblicata nel 1825 a Parigi da Meissonier con il titolo
di Grande Sonate pour guitare seule composée
par F. Sor, qui fut dediée au prince de la Paix.
In effetti Sor la dedicò al primo ministro del re
Carlos IV, Manuel Godoy Alvarez, che tra i titoli onorifici aveva quello di Principe della pace,
concessogli per l’opera di negoziazione per fermare la guerra con i francesi nel 1795. Lo stile di
questa sonata in quattro movimenti si può assimilare a quello di Boccherini e Haydn. Il primo
movimento racchiude l’eleganza e la sintesi che
si trova nella sinfonia classica. Il secondo movimento è un adagio espressivo. Il terzo e quarto
movimento, che spesso vengono eseguiti come
pezzi a sé stanti, risentono sicuramente dello stile di Haydn.
Giuseppe Carrer
STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015
49
SALA FILARMONICA
MARTEDì 3 FEBBRAIO 2015 - ore 20.45
___
MARIA PERROTTA pianoforte
Johann Sebastian BACH
Variazioni Goldberg BWV 988
Aria con 30 variazioni (Clavier-Übung, part IV)
(1685-1750) Aria
50
Variatio 1 a 1 Clavier
Variatio 2 a 1 Clavier
Variatio 3 Canone all’Unisuono a 1 Clavier
Variatio 4 a 1 Clavier
Variatio 5 a 1 ô vero 2 Clavier
Variatio 6 Canone alla Seconda a 1 Clavier
Variatio 7 a 1 ô vero 2 Clavier Al tempo di Giga
Variatio 8 a 2 Clavier
Variatio 9 Canone alla Terza a 1 Clavier
Variatio 10 Fughetta a 1 Clavier
Variatio 11 a 2 Clavier
Variatio 12 Canone alla Quarta a 1 Clavier
Variatio 13 a 2 Clavier
Variatio 14 a 2 Clavier
Variatio 15 Canone alla Quinta: Andante a 1 Clavier
Variatio 16 Ouverture a 1 Clavier
Variatio 17 a 2 Clavier
Variatio 18 Canone alla Sexta a 1 Clavier
Variatio 19 a 1 Clavier
Variatio 20 a 2 Clavier
Variatio 21 Canone alla Settima a 1 Clavier
Variatio 22 Alla breve a 1 Clavier
Variatio 23 a 2 Clavier
Variatio 24 Canone all’Ottava a 1 Clavier
Variatio 25 Adagio a 2 Clavier
Variatio 26 a 2 Clavier
Variatio 27 Canone alla Nona a 2 Clavier
Variatio 28 a 2 Clavier
Variatio 29 a 1 ô vero 2 Clavire
Variatio 30 Quodlibet a 1 Clavier
Aria da Capo e Fine
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
Maria Perrotta studia al Conservatorio di Cosenza, dov’è nata, con A. Barbarossa e si diploma con
lode al Conservatorio di Milano con E. Ponti. Ottiene il Diploma Superiore di Musica da Camera
all’École Normale de Musique di Parigi, si perfeziona a Imola con F. Scala e B. Petrushansky e in
Germania con W. Blankenheim. Nel 2007 si diploma con lode presso l’Accademia di Santa Cecilia
nella classe di S. Perticaroli. Arricchisce la sua formazione con C. Burato e F.-J. Thiollier. Vive a Parigi.
Applaudita come interprete particolarmente comunicativa, Maria Perrotta si afferma in
importanti concorsi fra cui il Rina Sala Gallo di Monza, il Premio Encore! Shura Cherkassky
(2008) e il Concorso J. S. Bach di Saarbrücken (2004), premio quest’ultimo che la impone sulla
scena pianistica internazionale come una significativa interprete bachiana, riscuotendo ampi
successi di pubblico e di critica: «Maria Perrotta sa sfruttare le risorse del pianoforte moderno
senza incorrere in inesattezze stilistiche. Il suono di vitrea trasparenza, la tessitura sempre
percepibile, l’interessante articolazione della frase hanno reso la musica di Bach in modo ideale»
(Saarbrücker Zeitung). «È una figura schiva e poco conosciuta, è uno dei veri astri del pianismo
mondiale… Nelle Variazioni Goldberg ella è all`altezza di Glenn Gould, di Rosalyn Tureck.» (P.
Isotta, Corriere della Sera).
Registra per la Radio Tedesca, per la Rai e Sky. La sua incisione dal vivo delle Variazioni
Goldberg di Bach ottiene il favore della critica specializzata: 5 Stelle delle riviste Amadeus
e Musica, 5 Stelle e Disco del Mese della rivista Suonare News, Premio della Critica 2012
promosso dalla rivista Musica & Dischi. Nell’ottobre 2013 la Decca pubblica un cd con
la sua registrazione dal vivo delle tre ultime Sonate di Beethoven che ottiene le “5 Stelle
Amadeus” ed è scelto come miglior cd del mese dalla rivista Amadeus. Nel settembre 2014
esce la sua nuova incisione per Decca delle Variazioni Goldberg di Bach. Fra i suoi recenti
impegni l’esecuzione del Clavicembalo ben temperato di J. S. Bach, del Quarto Concerto per
pianoforte e orchestra op. 58 di Beethoven con la Filarmonica Arturo Toscanini diretta da
Antoni Wit e una tournée in Francia e Italia con un programma interamente dedicato a Chopin.
STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015
51
NOTE AL PROGRAMMA
Le Variazioni Goldberg sono una tra le opere
più imponenti ed affascinanti non solo del repertorio bachiano ma anche dell’intera letteratura
per tastiera dal Seicento ai nostri giorni. Sarà
per la loro lunghezza (l’esecuzione con tutti i
ritornelli, tralasciati per prassi esecutiva dal Novecento, durerebbe quasi 90 minuti), per la loro
complessità in quanto summa degli stili e delle
forme musicali del tempo o per il loro mistero
con quella simbologia di numeri che si palesano
e si nascondono lungo tutta l’opera: per questi ed
altri motivi le Variazioni Goldberg sono uno tra
i pezzi più famosi ed amati dal pubblico dell’ultimo secolo.
Pubblicate nel 1742 come Clavier Übung - ossia
letteralmente “studio dello strumento a tastiera” - sotto il semplice titolo di “Aria con diverse
variazioni”, la loro genesi è legata ad una circostanza raccontata da Johann Nikolaus Forkel
nella prima biografia di Johann Sebastian Bach
datata 1802. Diversi musicologi, del passato
come del presente, dubitano sulla veridicità di
tali informazioni, raccontate comunque da un
uomo, Forkel, che non solo era un importante
studioso ed organista tedesco, considerato il
fondatore della musicologia, ma anche un grande ammiratore di Bach e che si era direttamente
documentato presso i figli del sommo, Wilhelm
Friedemann e Carl Philipp Emanuel.
Veniamo, dunque, ai fatti narrati in questa biografia, dove si legge che fu il conte Hermann
Carl von Keyserlingk, ambasciatore di Russia,
a commissionare l’opera a Johann Sebastian
Bach, allora Musikdirector e Cantor della
Thomasschule di Lipsia nonché Hofcompositeur della cappella di Dresda - nomina reale,
quest’ultima, che Bach aveva ricevuto pochi
anni prima proprio dalle stesse mani del conte.
Keyserlingk era malato e soffriva d’insonnia.
Chiese quindi a Bach di scrivergli qualche soave
melodia affinchè il suo protetto, il quindicenne
clavicembalista Johann Gottlieb Goldberg, po-
52
tesse allietarlo nelle lunghe ore di veglia e lenire
in qualche modo le sue sofferenze. Per la consegna di queste Variazioni, si legge ancora nella
biografia di Forkel, Bach ricevette il più ricco
compenso di tutta la sua vita: una coppa d’oro
colma di cento monete dell’epoca, i luigi d’oro.
I dubbi sollevati dagli storici sulla veridicità di
questa vicenda sono facilmente comprensibili:
com’è possibile considerare la monumentale
opera bachiana come una soave ninna nanna
per le insonnie del conte? Com’è possibile che
l’adolescente Gottlieb, seppur dotato di grande
talento, potesse avere la capacità di eseguire i
difficili passaggi virtuosistici di alcuni pezzi?
Cosa ne fece Bach del tesoretto guadagnato
dal momento che alla sua morte, occorsa solo
otto anni dopo, nell’inventario dei suoi beni non
figurava questa coppa d’oro e la sua famiglia
si trovò in una situazione economica critica?
Perchè né sul manoscritto né sulla prima copia
a stampa compare la dedica al committente, il
conte Keyserlingk, oppure il titolo oggi indissolubilmente legato alle variazioni? Che si tratti di
realtà o leggenda, vero è che in tutto il mondo
questa Aria con diverse variazioni è conosciuta
ormai con il nome di Goldberg, il suo primo esecutore, vero o presunto che sia.
La forma scelta da Bach per questa composizione è quella del tema e variazione. Il tema
in questo caso è rappresentato da un’Aria in
sol maggiore dal carattere intimo e cristallino,
composta dall’autore stesso in quegli anni e copiata nel secondo Clavierbüchlein dedicato alla
moglie Anna Magdalena. Seguono 30 variazioni costruite non sulla linea melodica dell’Aria,
come ci potremmo aspettare, bensì sulla linea
del basso. A conclusione del ciclo di variazioni viene rieseguita l’Aria da capo. Si contano
quindi in totale 32 brani (Aria + 30 variazioni +
Aria), come 32 sono le battute dell’Aria. Questo
è solo l’inizio di una rete di rimandi numerologici che costituiscono la struttura delle Variazio-
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
ni Goldberg attraverso una simbologia mistica,
con la cifra 2 (associata al Cristo, seconda persona della Trinità), la cifra 3 (la Trinità appunto),
la cifra 4 (simbolo dell’umano, la Croce) e le loro
complesse relazioni. Le variazioni sono raggruppate per gruppi di 3 (dunque 10 gruppi di 3
variazioni), di cui l’ultimo pezzo è sempre nella
forma di Canone, per una scrittura che si allarga
melodicamente elevandosi dall’intervallo di Prima (l’unisono) a quello di Nona. L’ultimo gruppo non termina con Canone alla Decima bensì
con un Quodlibet che tratta due temi popolari in
doppio canone. Solo 3 variazioni sono in tonalità minore. La prima di queste è l’emozionante
n. 15 che interrompe il fluire dei brani, giunti fin
qui senza soluzione di continuità, con una sosta
contemplativa che riporta lo sguardo sull’umanità perduta senza Dio, con la retorica immediata del lamento attraverso il semitono discendente. Questa importante cesura è confermata dalla
variazione successiva, la n. 16, che si presenta
come un ouverture alla Rameau seguita da un
fugato, con un impatto sonoro opposto.
Se la leggenda legata a quest’opera assume,
all’occhio dell’uomo moderno, le tinte di un
romanzo di Thomas Mann – da quel titolo
“Goldberg”, che da un lato richiama a una magica Montagna d’oro, dall’altro evoca le guance
candide di quel poco più che bambino, Gottlieb,
costretto a vegliare le lune malate di un vecchio
aristocratico – in realtà le Variazioni furono
nell’intenzione di Bach un glorioso monumento
all’architettura divina. Poichè quella geometria
perfetta, quella simbologia del numero, altro non
è che l’imago mundi, la realizzazione del creato
da parte di Dio e dunque la celebrazione del divino. Bach era un fervente luterano, per lui la
Musica era un dono di Dio. Solo la sua immensa
fede, sincera, unita alla sua sana umanità, reale,
poteva mostrare in un unico capolavoro l’immagine di Dio e quella dell’uomo, legando l’ultima
variazione al suo tema, ossia il Quodlibet all’Aria. La n. 30 richiama il gioco corale, che era
in uso tra le mura domestiche, della variazione
di due melodie popolari: un canto in compagnia
con le gustose storie di amate lontane e di rape
cotte prima di tornare alla preghiera dell’Aria! (i
due canti popolari inseriti sono stati riconosciuti
in “Ich bin so lange nicht bei dir gewest, ruck
her, ruck her” - trad. “È da così tanto tempo che
non sono con te, vieni qui, vieni qui” - e “Kraut
und Rüben haben mich vertrieben” - trad. “Cavoli e rape mi hanno fatto andar via”).
Scritte per lo strumento a tastiera del tempo,
ossia il clavicembalo, nelle Variazioni Goldberg
ben undici pezzi erano da eseguirsi con due manuali. La realizzazione sullo strumento moderno, il pianoforte, deve quindi affrontare la difficoltà tecnica dell’incrocio delle mani, avendo
a disposizione un’unica tastiera, e sicuramente
la difficoltà timbrica di recuperare le sonorità
proprie immaginate da Bach: impresa riuscita
ad arte nelle mani di Glenn Gould, sfida aperta
per tutti i pianisti di oggi e domani.
STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015
Monique Ciola
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SALA FILARMONICA
LUNEDì 9 FEBBRAIO 2015 - ore 20.45
___
Marija Pavlovic clarinetto
Maja Bogdanovic violoncello
Martina Filjak pianoforte
Ludwig Van BEETHOVEN Trio in si bemolle maggiore op. 11 «Gassenhauer Trio»
(1770-1827) Allegro con brio
Adagio
Tema con variazioni
Allegretto
Marko TAJČEVIĆ (1900-1984)
Sedam Balkanskih Igara
Johannes BRAHMS Trio in la minore op. 114
(1833-1897) Allegro, alla breve
Adagio
Andantino grazioso
Finale: Allegro
54
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015
55
Considerata come uno dei talenti emergenti della nuova generazione croata, Marjia Pavlovic
ha iniziato gli studi musicali nella sua città natale Dubrovnik, completandoli all’Accademia di
Musica di Zagabria e al Mozarteum di Salisburgo. L’interprete si è successivamente perfezionata
in master class tenute da R.Vlatkovic, P. Czaba, H. Schellenberger, Z. Bron ed E. Brunner. Marjia
ha ricevuto numerosi premi fra i quali si ricordano l’annuale riconoscimento della Filarmonica di
Zagabria e l’American Express come miglior giovane interprete dell’anno; il Würdigenpreis del
Ministero della Cultura e della Scienza austriaco; il primo premio all’AudiMozart competition
di Rovereto; il Poulenc Award all’International IBLA Gran Premio al Concorso di Ragusa. Nel
2011, Marjia ha avuto l’onore di ricevere l’Orlando Prize nel corso del Festival di Dubrovnic
per il suo concerto con gli Archi del Teatro alla Scala di Milano. L’artista si esibisce spesso in
Europa, Israele e Stati Uniti d’America sia come solista che come interprete di musica da camera.
Maja Bogdanovic è violoncellista franco-serba, nata a Belgrado. A 21 anni entra nella classe di M.
Strauss al Conservatorio Superiore di Parigi, seguendo gli insegnamenti di P. L. Aimard, J.Peter
Maintz, del Trio Wanderer e del cellista A. Gherdardt. Nel 2008 Maja ottiene il primo premio della
Fondazione Safran e il secondo premio al Concorso Cassadò in Giappone. È stata invitata come
solista dai Berliner Symphoniker, dall’Orchestra dei Paesi della Loira, dalla Filarmonica di Belgrado
e di Tokyo, dall’Orchestra da camera di Monaco. È ospite di prestigiosi Festival: Folle Journées
de Mantes, Festival del violoncello di Beauvais, Festival d’Annecy. Si esibisce con i quartetti
Ebène, Talich, con i violinisti G. Sharon, N. Radulovic, con i clarinettisti P. Berrod e M. Bekavc.
Molto interessata alla musica contemporanea, Maja ha collaborato con i compositori Penderecki
( invitata per il suo 80° compleanno assieme a Yuri Bashmet e Julian Rachlin), Gubaidulina,
P.Hersant. Nel 2013 ha pubblicato per l’etichetta Nimbus Records un cd dedicato a musiche del
compositore inglese P. Sawyers, il cui concerto per violoncello è a lei dedicato e per Lyrinx un
cd dedicato ai trii di Tchaikovsky e Arensky. Dopo aver ottenuto il primo premo al Concorso
Internazionale Aldo Parisot, la violoncellista Maja Bogdanovic ha debuttato alla Carnegie Hall
e la rivista The Strad , per l’occasione, ne ha elogiato la bellezza del suono, la grande maturità
interpretativa e la sicurezza che sa trasmettere all’ascoltatore. Suona un violoncello di Frank Ravatin.
Nata a Zagabria in una famiglia di musicisti, Martina Filjak ha studiato nella sua città e alla
Hochschule di Hannover. E’ uno dei talenti più luminosi e affascinanti emersi dalla Croazia
in questi anni e sta raccogliendo unanimi consensi a livello internazionale per la passione
poetica e la galvanizzante energia che sa sprigionare alla tastiera e per il profondo carisma
interpretativo che sa comunicare all’ascoltatore. Fin dal suo debutto a 12 anni con i Solisti di
Zagabria, Martina Filjak si è esibita con la Cleveland Orchestra, la Filarmonica di Strasburgo,
la Bilbao Symphony, l’Orchestra di Granada, la Deutsche Radio Philarmonie, la Staatskapelle di
Weimar, la Israel Chamber Orchestra, l’Orchestra Sinfonica di Nancy. È apparsa recentemente
anche al Concertgebouw di Amsterdam, alla Konzerthaus di Berlino, all’Auditorium del Palazzo
della Musica Catalana di Barcellona, alla Zankel e alla Carnegie Hall di New York, al Teatro
di San Carlo di Napoli, alla Sala Verdi di Milano, alla Salle Gaveau di Parigi, all’Auditorium
Nacional di Madrid, al Musikverein e alla Konzerthaus di Vienna, al Shangai Oriental Art Center.
I prossimi impegni prevedono concerti con la San Diego e Huston Symphony, e la Osaka Symphony
Orchestra. Martina ha vinto il primo premio ai Concorsi di Cleveland, Maria Canals e Viotti..
56
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
NOTE AL PROGRAMMA
BEETHOVEN – Sul Trio op. 11 (1798) persiste l’incertezza riguardo all’organico da impiegare, stante la destinazione per clarinetto
(o violino) che si legge nel frontespizio dell’edizione a stampa, secondo una prassi di scambio invero comune a quei tempi cui non sono
esclusi gli interessi editoriali. Se fosse corretta
l’ipotesi che vuole Beethoven in rapporto con
il noto clarinettista boemo J. Joseph Beer l’opzione sarebbe più semplice, ma in realtà non vi
è alcuna certezza in tal senso. Così nella prassi
esecutiva ci si regola a seconda dei casi, tendendo però a preferire lo strumento a fiato, con
la giustificazione che proprio negli ultimi anni
del secolo XVIII il clarinetto e un po’ tutti gli
strumenti a fiato stavano conoscendo un accresciuto interesse da parte dei compositori.
Comunque stiano le cose, il brano si è attirato
qualche critica per essere un po’ superficiale e
corrivo, proprio come avviene con tanta musica d’intrattenimento con strumenti a fiato; ma
ciò è dovuto in gran parte al confronto ingeneroso con gli altri grandi Trii beethoveniani per
pianoforte e archi dell’epoca successiva, che
effettivamente risultano più realizzati sotto il
profilo artistico.
A prevalere qui è l’aspetto della gradevolezza e
della brillantezza, giocando sull’originalità di
certi passaggi e sulle sorprese che vogliono interessare e divertire senza affaticare la mente.
Il Trio è in tre movimenti, il primo dei quali è
un Allegro con brio in forma-sonata con i due
temi ben differenziati e una breve parte di sviluppo dove il pianoforte si prende il suo spazio
protagonistico, prima di dare inizio ad una ripresa del tutto simmetrica.
Una bella cantabilità esibisce l’Adagio che segue, avviato dal violoncello e ancora con un
certo predominio dello strumento a tastiera.
Per il finale Beethoven ha scelto di costruire
una serie di variazioni su un tema allora popolarissimo, nella fattispecie il terzetto «Pria
ch’io l’impegno» dall’opera L’amor marinaro
ossia Il corsaro di Joseph Weigl, trattato molti anni dopo anche da Paganini. L’artigianato compositivo, in fatto di variazioni su tema,
era ormai fortissimo e Beethoven non delude
le aspettative inanellando nove situazioni le
più diverse in cui il motivo viene esposto da
una voce sola o intrecciato tra gli strumenti,
alternando soffusa cantabilità a virtuosismo,
irruenza a dolcezza, in un continuo gioco
dell’invenzione.
TAJČEVIĆ – Le Sette Danze dei Balcani, cui
ha arriso nel tempo una certa notorietà anche
perché eseguite da grandi pianisti, sono uno
dei pochi titoli offerti dallo scarnissimo catalogo di questo compositore serbo la cui attività
è stata più che altro rivolta agli studi, all’insegnamento e alla divulgazione, rendendosi per
questo benemerito nel suo Paese. È normale in
questi casi operare dei raffronti con i maggiori
maestri che in quel tempo avevano innalzato la
musica popolare ad opera d’arte come Bartók,
Kodály o Janáček: con tutti questi Tajčević
ha sicuramente condiviso gli intenti ma non
la cospicuità della produzione e il tratto progressista, privilegiando le eleganze formali e
la comunicazione diretta, orientandosi anche
per questo verso la scrittura vocale e specialmente corale.
BRAHMS – È noto come la tarda stagione
creativa di Brahms sia costellata di capolavori di rara finezza e come in essi la dimensione
cameristica si confermi quale la più consona
all’indole di questo musicista sensibile alle
ragioni dell’intimismo e dell’introspezione.
Al clarinetto forse non avrebbe pensato se
un’occasione fortunata non gli avesse messo
sulla strada Richard Mühlfeld, riconosciuto
virtuoso dell’epoca, che gli risvegliò la fantasia e lo stimolò a comporre in poco tempo ben
quattro lavori con il clarinetto. Tale impegno
multiplo porta a pensare che proprio attraver-
STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015
57
so le caratteristiche sonore ed espressive dello
strumento che cento anni prima aveva affascinato anche Mozart si era presentata a Brahms
l’opportunità di ricercare un modo nuovo per
scendere nel fondo della propria anima.
Perché è evidente che il clarinetto di Brahms
non ha nulla a che vedere con quello di Weber;
non è all’esteriorità brillante che egli mira, ma
appunto alle ragioni di stile attraverso le quali
permettere al nuovo strumento di utilizzare le
sue sonorità soffuse, tenere e calde per diventare voce espressiva di una condizione umana.
Il Trio op. 114 fu il primo conseguimento in
questo percorso clarinettistico in quattro tappe
e precede di poco il Quintetto op. 115, che rimane concordemente tra le cose più sublimi del
catalogo brahmsiano, per concludersi poi con
le due Sonate op. 120, che pure si sono garantite l’affetto di interpreti ed ascoltatori.
Si dice che il Trio sia, nell’insieme di queste
quattro opere, il più irrisolto, forse perché sussiste al fondo un oggettivo problema di equilibrio nell’assemblaggio di strumenti dai timbri
così diversi come il clarinetto, il violoncello e
il pianoforte: una formazione effettivamente
poco praticata dagli autori. Ma è probabile
che l’impressione sia falsata dal confronto con
58
il Quintetto, la cui fama è tale da oscurare tutto
ciò che gli sta intorno.
Inutile descrivere nel dettaglio le peripezie del
Trio op. 114 attraverso i suoi quattro movimenti, smontarne il meccanismo formale, analizzarne i procedimenti: è sufficiente rilevare
l’impeccabilità della forma e il tratto conciso
che tanto lo distacca dalle prolissità e dall’irruenza delle opere giovanili. Tutto è contenuto
e calibrato con estrema cura senza lasciare
nulla di desiderato, e così non mancano momenti di forte e pur contenuta emotività nei dialoghi reciproci tra clarinetto e violoncello, che
sono stati recepiti come autenticamente amorosi. Il tutto è immerso in atmosfere ora malinconiche ora meditative, non di rado sognanti
e misteriose, ma sempre con quella nobiltà di
segno che distingue la scrittura dell’autore
amburghese. Non sfuggiranno all’ascoltatore
attento le sottigliezze del colore sonoro,che si
lasciano apprezzare come dettagli di un’opera
d’arte raffinata.
La prima esecuzione del Trio ebbe luogo il 24
novembre 1891, con Mühlfeld al clarinetto,
Robert Hausmann al violoncello e lo stesso
Brahms al pianoforte.
Diego Cescotti
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
TEATRO ZANDONAI
martedì 10 febbraio 2015 - ore 20.45
___
ORCHESTRA HAYDN
di Bolzano e Trento
Ariel Zuckermann direttore
CONCERTO DI CARNEVALE
Musiche di:
dinastia Strauss
Franz LehÁr (1870-1948)
Gioachino Rossini (1792-1868)
STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015
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60
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
SALA FILARMONICA
LUNEDì 16 FEBBRAIO 2015 - ore 20.45
___
QUARTETTO SENTIERI SELVAGGI
Andrea Rebaudengo pianoforte
Aya Shimura violoncello
Mirco Ghirardini clarinetto
Piercarlo Sacco violino
Philip GLASS (1937)
Sonata per violino e pianoforte
Filippo Del CORNO (1970)
Dogma 3 per violino, violoncello e pianoforte
Giorgio Colombo TACCANI Piazzaforte (2013)
(1961)
Thomas ADÈS
(1971)
Court Studies from The Tempest per violino,
clarinetto, violoncello, pianoforte
Carlo BOCCADORO (1963)
Le Sette Stelle per violino, clarinetto,
violoncello e pianoforte
STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015
61
Sentieri selvaggi viene fondata nel 1997 da Carlo Boccadoro, Filippo Del Corno e Angelo
Miotto con lo scopo di avvicinare la musica contemporanea al grande pubblico.
Fin dall’esordio i concerti di Sentieri selvaggi si caratterizzano per le informali presentazioni
parlate di ogni brano. Il gruppo stringe nel corso degli anni collaborazioni con i più importanti compositori internazionali come Lang, Andriessen, MacMillan, Glass, Bryars, Nyman,
Wolfe, Vacchi e promuove una nuova generazione di compositori italiani quali Boccadoro,
Antonioni, Colasanti, Mancuso, Montalbetti e Verrando.
Dal 1998 Sentieri selvaggi è regolarmente ospite delle più prestigiose stagioni musicali italiane (Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Teatro alla Scala, Biennale di Venezia), dei maggiori eventi culturali del nostro paese (Festival della Letteratura di Mantova, Notte Bianca
di Roma, Festival della Scienza di Genova, Mito Settembre Musica) e di importanti festival
internazionali (Bang On A Can Marathon di New York, SKIF Festival di San Pietroburgo,
Sacrum Profanum di Cracovia). Nel 2009 Sentieri selvaggi segue Teatridithalia, suo partner
storico dal 1998, nella prestigiosa sede del Teatro Elfo Puccini di Milano, diventando con la
propria stagione di musica ensemble in residenza in uno dei luoghi più rappresentativi della
creatività contemporanea della città. Sentieri selvaggi diffonde il proprio repertorio in contesti inusuali, collaborando con scrittori, architetti, scienziati, video-maker, attori, registi,
musicisti rock e jazz, e realizzando i propri progetti in spazi alternativi quali gallerie d’arte,
piazze, strade, centri commerciali e università. La presidenza dell’Associazione e la direzione
artistica e musicale dell’ensemble sono affidate a Carlo Boccadoro.
62
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
NOTE AL PROGRAMMA
Philip Glass, uno dei maestri del minimalismo americano, in Sonata per Violino e
Pianoforte rivisita - naturalmente secondo il
proprio stile - la grande forma europea della
Sonata classica, con una scrittura più espressiva e meno frenetica rispetto ai lavori precedenti, manifestando una spiccata propensione
al lirismo cantabile da parte del violino.
Terzo brano di un ciclo di sei composizioni
cameristiche che il compositore milanese Filippo Del Corno ha voluto dedicare al lavoro
del regista Lars Von Trier, Dogma 3 alterna
momenti di violenta propulsione ritmico/
meccanica/dinamica a improvvise sospensioni su poche note, accompagnate da frangenti
di maggiore espressività, ma sempre tenuti
sotto controllo da una struttura costruttiva
ferrea e implacabile.
Piazzaforte di Giorgio Colombo Taccani è
un brano scritto nel 2013 su invito di Mauro
Montalbetti in occasione dei quarant’ anni
della strage di Piazza della Loggia di Brescia
ed è dedicato al violinista Piercarlo Sacco. Il
canto antifascista Siam del popolo gli arditi è
alla base dell’intera composizione, anche se
mai citato direttamente.
Direttamente tratta dall’opera lirica che
Thomas Adès ha scritto per il Covent Garden di Londra sul testo shakespeariano The
Tempest, il brano Court studies from The
Tempest è una breve riflessione di carattere
esclusivamente strumentale, che traspone nei
gesti melodici l’estrema teatralità dell’opera
originale. L’influenza ritmica di Stravinskij,
le raffinate combinazioni timbriche e gli sfolgoranti passaggi di virtuosismo per gli esecutori la rendono una pagina di ascolto estremamente gradevole e interessante.
Divisa in sette movimenti, Le Sette Stelle si
ispira esplicitamente all’organico del Quartetto per la fine del tempo di Olivier Messiaen, ma la sua musica possiede un carattere
stilistico profondamente diverso, che accosta
passaggi di estrema calma e riflessione ad
altri del tutto scatenati che impegnano allo
spasimo gli esecutori. Gli strumenti suonano
spesso in combinazioni diverse, dal duo al
trio, per riunirsi nel finale del brano.
STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015
Carlo Boccadoro
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SALA FILARMONICA
SABATO 28 FEBBRAIO 2015 - ore 20.45
___
THE CHRISTIAN WALLUMRØD ENSEMBLE
Christian Wallumrød pianoforte, harmonium
Eivind Lønning tromba
Espen Reinertsen sassofono tenore
Tove Törngren violoncello
Per Oddvar Johansen percussioni, vibrafono
Musiche di
CHRISTIAN WALLUMRØD
(1971)
64
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015
65
Christian Wallumrød è nato nel 1971 e cresciuto a Kongsberg, Norvegia; ha iniziato a studiare
pianoforte a dodici anni e scoperto il jazz a quindici, grazie al maestro Egil Kapstad.
Cresciuto musicalmente al conservatorio jazz di Trondheim, ha iniziato la sua carriera con il
Quartetto Airamero con T. Seim, J.Eick e P. O. Johansen, una delle band più rappresentative
della scena jazzistica norvegese degli anni 90, con cui ha pubblicato l’omonimo album nel
’94. Dopo l’esordio nel ‘98 per la prestigiosa ECM in trio con i connazionali A. Henriksen
e H.-K. Kjos Sørensen, nel 2001 Christian ha creato un proprio ensemble (quartetto prima,
sestetto poi) con cui, sempre per ECM, ha inciso diversi album e definito un’idea sonora molto
raffinata e personale, che fonde in maniera mai didascalica reminiscenze di jazz, minimalismo,
contemporanea, barocco, folk e musica sacra del nord Europa,.
Raffinato e colto esponente della scena contemporanea norvegese, Wallumrød viene spesso
associato a una certa estetica ECM, quella del Nordic Sound ma la verità è che, da sempre,
esplora in più direzioni: dall’elettro-funk del Trio Close Erase all’elettronica sperimentale di
Merriwinkle (Sidsel Endresen) e di Generator X (Audun Kleive), fino ai progetti di area più
contemporanea a proprio nome, con Dans Les Arbres (assieme a X. Charles, I. Grydeland e I.
Zach) o come solista (per Eivind Buene e la Oslo Sinfonietta): il tutto all’insegna di un buon mix
tra improvvisazione delle origini e composizione dell’ultimo periodo.
Il sestetto con cui ha pubblicato nel 2013 l’album Outstairs – vincitore dello Spellemannprisen
(Grammy norvegese) per la sezione Musica Contemporanea - è il frutto dell’incontro con
l’arpista barocca Giovanna Pessi (ora uscita dalla formazione) e si è poi arricchito delle
possibilità timbriche di archi come viola e violino, entrati a far parte dell’ensemble con piano,
fiati e percussioni.
Il risultato è un’evoluzione del precedente Fabula Suite Lugano (2009), il cui esito viene
approfondito dalla formazione attuale grazie all’ingresso del sassofonista Espen Reinertsen ad
affiancare il trombettista Eivind Lønning. Per la prima volta i due condividono gli arrangiamenti
con il leader, il che rende la musica ancor più organica e flessibile e favorisce l’emergere di
nuove sonorità: un esempio di come un ensemble da camera di pochi elementi possa suonare,
al pari di una grande orchestra, come un autentico corpus organico. Si tratta in realtà di un
processo in costante evoluzione e in atto ancora oggi: uscito il violinista qualche tempo fa, la
musica di Wallumrød è cambiata ancora, e violoncello, tromba e sassofono, ma anche batteria e
percussioni, si fondono in linee melodiche intimiste, ricche di richiami e reminiscenze, e danno
vita ad accostamenti timbrici di rara bellezza. Il risultato è un qualcosa di insolito e intrigante,
una musica dall’estetica inconfondibile, e stupisce come composizioni apparentemente calme e
tranquille evochino una forza e un’intensità emozionale tanto profonde...
Recentemente, grazie ad AngelicA Festival, Wallumrød ha potuto misurarsi per la prima volta
con la composizione per orchestra sinfonica: un’opportunità unica che ha saputo cogliere
mostrando ancora una volta grande originalità. Ha, infatti, scomposto l’orchestra di 78 elementi
in sette ensemble per quattro diversi tempi e altrettanti direttori, e ha dato vita a una creatura
cinematica morbida ed elastica costituita da suoni organizzati in pattern di pulsazioni piuttosto
lente e, a volte, divergenti: quasi meccaniche. When celebrities dream of casual sleep (second
try) per orchestra è stata eseguita in prima assoluta dall’orchestra del Teatro Comunale di
Bologna il 26 maggio 2013, in occasione della 23° edizione di AngelicA Festival, e poi a Oslo,
per Ultima Festival, dall’Orchestra Kork della radio nazionale norvegese l’11 settembre dello
stesso anno.
66
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
NOTE AL PROGRAMMA
L’ultimo album, Outstairs, sarà il cuore pulsante
del programma: un lavoro che spiazza per cifra
stilistica e originalità.
È un Wallumrød più ludico, meno intellettuale di
quello del precedente Fabula Suite Lugano, che
si diverte a introdurre nella narrazione alcuni dei
suoi “amori”: un rock lentissimo e una sorta di
dislessia voluta, due accordi al piano che giocano
sull’attesa spesso disattesa. Non manca il folk,
con Folkskiss ma soprattutto Bunadsbangla, piccolo capolavoro dal potere ipnotico unico, danza
popolare che è un autentico inno alla gioia. Né
mancano momenti di astrazione più colta intrecciati a influenze barocche (Tridili # 2) e autentici
colpi di genio, come Beatnik, che rapisce grazie
al lirismo della melodia e al pulsare elastico del
tempo con cui i componenti sembrano giocare,
lanciandosi in autentiche scorribande. La musica è organizzata sempre in modo impeccabile e
i musicisti hanno una pazienza e precisione inesauribili nello sviluppare temi e melodie - Per
Oddvar Johansen su tutti - autentico gigante con
batteria e percussioni.
Il programma comprenderà poi brani tratti da
precedenti lavori e diverso materiale nuovo, ancora una volta frutto del lavoro con l’ensemble
dell’ultimo anno. Tutte le composizioni originali
che Christian Wallumrød eseguirà sono d’altronde il frutto di un costante processo di evoluzione,
per quanto basato su alcuni elementi fondanti che
lo stesso artista descrive in un’intervista rilasciata a InSound (n. 4 del 2013).
L’ensemble innanzi tutto: “Da quando ho iniziato
a lavorare con l’ensemble, nel 2001, la mia produzione musicale è stata il risultato di una miscela di diverse componenti umane e musicali. In
genere lavoro su una composizione o un bozzetto
– o entrambi – pensando agli strumenti specifici
e ai musicisti che compongono l’ensemble. L’ensemble innanzi tutto, che fin dall’inizio (2001) ha
ispirato la sua produzione musicale rendendola una miscela di componenti musicali e umane
insieme. Quest’aspetto caratterizza la creazione
della mia musica, indipendentemente da colore,
dimensione, origine o “natura” del materiale. Il
line up dell’ensemble ha subito diversi cambiamenti negli anni, ma sono sempre stato molto
fortunato nel trovare musicisti dalla forte personalità ed estremamente abili, oltre che dotati di
grande apertura mentale. Questo è sempre stato il cuore ed è ancora oggi uno degli elementi
importanti per lo sviluppo della musica. E poi
c’è la composizione: (…) nei vari lavori compositivi, nel line-up dei musicisti e nella tavolozza
degli strumenti, nulla è lasciato al caso, cerco di
essere molto preciso in merito a ogni elemento
musicale che introduco. (…) cerco nuovi suoni e
nuovi modi di organizzare il materiale musicale
che mi attrae. Sono attratto da musiche diverse
e da aspetti diversi che compongono il materiale
sonoro, e mi piace costruire forme musicali dove
molti di questi elementi possono vivere insieme,
creare dei contrasti e illuminarsi a vicenda.”
Luca Vitali
STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015
67
SALA FILARMONICA
VENERDì 6 MARZO 2015 - ore 20.45
___
QUARTETTO AVIV
Sergey Ostrovsky violino
Evgenia Ephstein violino
Noèmie Bialobroda viola
Aleksandr Khramoucin violoncello
Franz Josef HAYDN Quartetto in re maggiore op. 64 n. 5
(1732-1809) Allegro moderato
Adagio cantabile
Menuetto: Allegretto
Finale: Vivace
Alexander von ZEMLINSKY Quartetto n. 2 op. 15
(1871-1942) Sehrmäßig - Heftig und leidenschafrlich
Moderato - Andante mosso - Allegretto
Adagio
Schnell
Andante - Mit energischerEntschkossenheit
Allegro molto - Langsam - Andante
Ludwig van BEETHOVEN Quartetto in la minore op. 132
(1770-1827) Assai sostenuto - Allegro
Allegro ma non tanto
Molto adagio: Canzona di ringraziamento
offerta alla divinità da un guarito in modo lidico
Alla Marcia, assai vivace - Più allegro - Presto
Allegro appassionato
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015
69
Il Quartetto Aviv deriva il suo nome da Aviv, primavera in ebraico, che significa sia nuovi
inizi che la stagione della ri-nascita: il pensare fresco, lo spogliarsi da coperture artificiali
“a rivelare la vera natura, definita più nitidamente e con consapevolezza” abbraccia la
filosofia artistica del Quartetto Aviv, che è andato via via imponendosi sul panorama musicale internazionale come uno dei più grandi e virtuosi gruppi da camera del nostro tempo,
nonché come uno dei più grandi quartetti israeliani degli ultimi anni.
Estimatore d’eccezione dell’ensemble è il celebre direttore d’orchestra Zubin Mehta.
Nel giugno 2013, il Quartetto Aviv è stato scelto in rappresentanza d’Israele in occasione
degli “Incontri di Musica da camera” tenuti a Gerusalemme per la direzione di Isaac Stern,
al fianco di alcuni dei musicisti costituenti, i Quartetti Emerson e Julliard.
Il Quartetto Aviv ha studiato con Gad Kogan, Irina Svetlova e Chaim Taub, e ha continuato
i suoi studi con i membri del Quartetto Alban Berg alla Hochschule di Colonia (19982000), e con Daniel Quartet presso il Conservatorio di Rotterdam.
Inoltre, il Quartetto Aviv, ha partecipato a corsi e masterclass con i membri del Quartetto
Amadeus, Quartetto Emerson, Julliard Quartet, Isaac Stern, Walter Levin, Enrico Mayer,
Leon Fleisher, Joseph Kalichshtein, Wu Han, Ivry Gitlis, Arnold Steinhard e Paolo Katz.
Il Quartetto si è aggiudicato diversi premi, come: Premio del Ministero tedesco dell’Istruzione (1999); Premio del Ministero della Cultura israeliano (2001); Grand Prix; “Premio
Amadeus” nella Charles Hennen Competition; “Premio Schubert” nel Concorso Schubert
a Graz; Premio internazionale della Critica a Bordeaux nel Concorso String (2003, Francia), 2° Premio al Concorso Primavera di Praga.
Il Quartetto Aviv è esibito in sedi importanti in tutto il mondo, tra cui la Carnegie Hall
e Alice Tully Hall (New York), Kennedy Center e The Library of Congress (Washington),
Sydney Opera House, Cologne Philharmonie, Konzerthaus di Vienna, Wigmore Hall e
Royal Festival Hall (Londra), Louvre Auditorium, Theatre du Chatelet e Theatre de la Ville
(Parigi), Beethovenhaus (Bohn).
70
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
NOTE AL PROGRAMMA
HAYDN – I numeri di Haydn, autore di oltre
cento sinfonie e di quasi ottanta quartetti, per
tacere del resto, sono tali da scoraggiare la
ricerca dello specifico ed invitano invece a cogliere il fenomeno nel suo insieme, accettando
l’idea che ai suoi tempi il valore di un’opera
d’arte non si misurava ancora sui criteri romantici dell’assoluta originalità, ma semmai
sulla sua capacità di apparire nuova all’interno
di uno schema ben consolidato e riconosciuto
dal corpo sociale. Con tutto ciò, il quartetto in
programma stasera ha elementi per qualificarsi con tratti di individualità, a partire dal titolo
capzioso («L’Allodola») con cui è designato
normalmente.
È risaputo che molti lavori strumentali di Haydn
sono distinti da titoli allusivi o descrittivi, per
altro tutti apocrifi, che gli editori imponevano
per orientare l’ascolto ma più ancora come
tattica per smerciare più facilmente il prodotto. Nel caso in questione, il riferimento è particolarmente facile poiché assume a riferimento
il noto e sempre grato verso dell ‘uccello dell’
alba abbinandolo alla melodia franca, gentile,
svettante (ma certamente non imitativa!) che
il primo violino enuncia fin dalle prime battute, con ciò fissando la temperatura espressiva
dell’intero lavoro. Una particolarità di tipo
ritmico-danzante riscontrabile nel movimento
finale ha propiziato invece al componimento
l’ulteriore sottotitolo di «Hornpipe». Si tratta in
entrambi i casi di elementi di rimando popolare,
vòlti a riconoscere a questo quartetto una speciale qualità comunicativa e una felice attitudine di spirito, sicché il buon garbo e la serenità
ancien-régime lo percorrono per intero, con le
usuali galanterie e discrete strizzate d’occhio.
ZEMLINSKY – Questo autore, che fu un protagonista della vita viennese tra Otto e Novecento
mettendosi in luce attraverso le sue molteplici
attività pubbliche di esecutore, compositore, organizzatore e soprattutto direttore d’orchestra
(uno dei massimi del suo tempo), è sempre stato,
in quanto compositore, posto nel cono d’ombra
dei suoi grandi contemporanei: Mahler anzitutto, ma ancor più i tre innovatori Schönberg,
Berg e Webern, con i quali era in stretto contatto
e i cui percorsi favorì per un’adesione convinta,
risultando però, al loro paragone, meno ‘necessario’ per non aver saputo assecondare i presunti destini storici della musica occidentale attraverso i passaggi traumatici della sospensione tonale e quindi della dodecafonia. Egli trovò
più idonea alla propria natura una collocazione
mediana tra la linea Brahms-Wagner da un lato
e le nuovissime tendenze dall’altro, sviluppando
una sua tipica propensione alla tensione lirica
d’impronta espressionista che lo rende più affine ad Alban Berg e che si esprime, nei suoi esiti
più significativi, nella Lyrische Symphonie su
testi di Tagore e in genere nei repertori cameristici, tra cui spicca il suo Quartetto del 1915,
secondo dei sei da lui scritti.
Si osserva in questo brano quella tendenza alla
monumentalità che era propria dell’autore e
che si esprime nell’impiego di materiale abbondante dalla fisionomia variabilissima e nella
scrittura densa e in continuo sviluppo che abbisogna di grande spazio per poter espandersi
nelle sue complete potenzialità. Il lirismo acceso dalla forte componente nevrotica si esaspera
in vibranti sonorità, anche con attacchi rudi e
suoni aspri, senza alcuna concessione al mondano o a tutto ciò che non sia serio, riflessivo
o turbato: in questo senso esso esprime una
condizione interiore di sofferenza psichica nella
quale poteva riconoscersi più di un intellettuale
viennese del tempo. A livello strettamente tecnico, si è rimproverato a questa musica di essere
dispersiva, erratica nei percorsi, autocompiaciuta di un tematismo annegato nel contrappunto: di certo non si tratta di una musica riposante
o rasserenata, ma ad essa non si può negare di
essere un’acuta testimonianza di verità in un
mondo in sfacelo.
BEETHOVEN – Per una prassi musicologica
consolidata, il blocco monumentale dei diciassette quartetti per archi è considerato, assieme
alle trentadue sonate per pianoforte, la testimonianza più emblematica dell’avventura artistica
e spirituale beethoveniana nel suo passaggio
dal classicismo degli inizi alle sublimi realiz-
STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015
71
zazioni dell’ultimo periodo, che escono da ogni
schema e socchiudono orizzonti di assoluta, talora sconvolgente audacia.
Tra questi estremi capolavori, il Quartetto in
la minore op. 132 (1825), che pure non appare
il più eversivo, rappresenta un momento significativo per modernità di concezione, sovrabbondanza di idee, impiego di arditezze armoniche e
strutturali e per l’organizzazione del materiale,
che avviene secondo una proliferazione di frasi
e frammenti giustapposti e concatenati in polifonia serrata, resi dinamici da un decorso mutevole e umorale del metro.
Strutturato in cinque movimenti, il Quartetto si
apre in modo enigmatico con una introduzione
lenta piuttosto indecifrabile, la quale porta ad
un Allegro il cui primo tema appare anch’esso
di estrema complessità di fraseggio. L’impianto
formale è quanto mai deviante rispetto ai canoni consolidati della forma-sonata, e così alla
prima sezione, che non viene ripetuta come da
prassi, segue uno sviluppo assai breve con due
false riprese in tonalità cangianti prima che si
imponga la ripresa vera e propria nella tonalità
d’impianto.
L’altro Allegro che segue ha funzione di Scherzo, ma la sua estensione è così inusitata da non
poterlo intendere, nell’economia dell’opera,
come un puro momento di diversione o di alleggerimento. Vi si notano reminiscenze di danze
popolari e, nel Trio centrale, una singolare ‘musette’ del primo violino spinto in acuto che è di
una modernità stupefacente nella sua parvenza
decontestualizzata e astratta.
A questo punto il terreno è preparato per introdurre il Molto Adagio, che è pensato a tutti gli
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effetti come veicolo del significato etico ed estetico dell’opera intera, e si pone come una delle
pagine più rinomate della creatività beethoveniana. Conforme al riferimento autobiografico
adombrato dal sottotitolo (“Canzona di ringraziamento offerta alla divinità da un guarito”),
la pagina si snoda come un’estesa ma sobria
preghiera che le armonie arcaiche nel modo lidio rendono quanto mai spoglia nella sonorità.
A questo lungo corale, che ritorna variato in tre
momenti nel corso del brano, si intercala una
sezione in Andante, animata da frequenti note
trillate, che una scritta in partitura (“Avvertendo nuove forze”) consente di interpretare come
mimesi del ritorno alla salute. Nella sua ultima
ricomparsa, il corale mistico ha come indicazione per ciascuno strumento la scritta “con
intimissimo sentimento”, ed è qui il momento di
massima elevazione ed immaterialità di questa
pagina indimenticabile.
Dopo un tale volo nelle altezze rarefatte del
sublime, il ritorno sulla terra può apparire un
po’ brusco. La breve Marcia che segue, che per
la sua convenzionalità è stata forse troppo ridimensionata dalla critica, si pone in realtà come
momento anticlimatico necessario a calarsi di
nuovo nel mondo concreto degli uomini. Un
inatteso episodio recitativo del primo violino
conduce infine all’ultimo tempo (Allegro appassionato). Qui viene subito enunciato un tema
articolato e inquieto, adattissimo ad essere imitato, sviluppato e ripreso in molti modi diversi,
fino ad aprire verso la fine uno squarcio di ardente passionalità che prefigura il Romanticismo ormai imminente.
Diego Cescotti
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
TEATRO ZANDONAI
SABATO 14 marzo 2015 - ore 20.45
___
ORCHESTRA HAYDN
di Bolzano e Trento
Giacomo Sagripanti direttore
Ludwig van Beethoven Musik zu einem Ritterballett WoO 1
(1770- 1827)
Felix Mendelssohn Bartholdy Die Hebryden op. 26
(1809-1847) Sinfonia in la minore n. 3 op. 56 Scozzese
Andante con moto
Vivace non troppo
Adagio
Allegro vivacissimo - Allegro maestoso assai
STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015
73
SALA FILARMONICA
SABATO 21 MARZO 2015 - ore 20.45
___
ANNE KAUN violino barocco
JULIA CHMIELEWSKA clavicembalo
Francesco Antonio BONPORTI
Concertino III
(1672-1749) da: Concertini, e Serenate con Arie variate,
Siciliane, Recitativi, e Chiuse a Violino,
e Violoncello, o Cembalo, Op. XII
Allegro
Recitativo
Allegro
Georg Philipp TELEMANN Sonata in re maggiore TWV 41:E1
(1681-1767) da: Sei Suonatine per Violino e Cembalo (1718)
Lento affettuoso
Allegro vivace
Adagio quasi Recitativo
Allegro scherzando
Francesco Antonio BONPORTI Inventione prima in la maggiore
da: 10 Invenzioni a Violino solo, op.10
Cantabile
Aria. Allegro
Giga. Allegro
Recitativo
Bizzaria
Johann Gottlieb GRAUN
Sonata in do maggiore Graun WV C:XVII:59
(1703-1771) Recitativo
Andante et Cantabile
Pastorale
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
Jean-Joseph de MONDONVILLE da: Pièces de Clavecin avec voix ou violon, op. 5
(1711-1772) 6. Mon ame ne mettra (Psalm 33, 2)
7. Pourquoy, mon ame (Psalm 41, 6)
8. Esperez dieu (Psalm 41, 7)
Francesco Antonio BONPORTI Concertino V
da: Concertini, e Serenate con Arie variate,
Siciliane, Recitativi, e Chiuse a Violino,
e Violoncello, o Cembalo, Op. XII
Spiritoso
Recitativo
Allegro
Allegro
Recitativo
Allegro
STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015
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La violinista Anne Kaun, nata nel 1986, è la vincitrice del Premio Bonporti 2013 (2° premio
– 1° premio non assegnato); nello stesso concorso è stata premiata con il Premio Corelli per
la migliore interpretazione di una sonata di Corelli.
Nel 2012 si è laureata in medicina all’Università di Lipsia. Ha iniziato ad approfondire il suo
interesse nella musica barocca nel 2009 con la Prof. Susanne Scholz presso la Hochschule
für Musik und Theater “Felix Mendelssohn Bartholdy” di Lipsia. Ha completato i suoi studi
privatamente con Georg Kallweit.
Tiene concerti in tutta Europa e ha suonato presso Il Festival Grandezze e Meraviglie a
Modena, Echi Lontani a Cagliari, il Telemann-Festtage Magdeburg e il Bach-Fest a Lipsia.
Con il suo ensemble Camerata Bachiensis ha vinto l’International Telemann Competition
2013 presso Magdeburg, il Premio Selìfa a San Ginesio ed è stata premiata con il Gebrüder
Graun Preis 2013 in Bad Liebenwerda (Germania).
Anne Kaun viene spesso invitata come solista in molti ensemble barocchi tra cui Michaelis
Consort, il Chursächsische Capelle Leipzig o il Leipziger Concert.
Ha frequentato masterclass e suonato con P. Pandolfo, M. Kraemer, B. Kuijken, S. Kuijken,
R.Goodman, A. Bernardini, P. Ayrton, O. Edouard, E. Gatti e R.Terakado.
Da settembre 2013 studia al Royal Conservatory dell’Aia con Ryo Terakado grazie a una
borsa di studio del DAAD (Deutsche Akademische Austauschdienst).
Julia Chmielewska, nata in Polonia, è stata colpita per la prima volta dal suono del clavicembalo all’età di 16 anni, e ha frequentato le prime lezioni sullo strumento alla scuola di
musica di Poznań (Polonia).
Nel 2004 ha vinto il primo premio in un concorso nazionale polacco per studenti delle
scuole superiori, esperienza che ha incoraggiato la sua decisione di focalizzare gli studi solo
nell’ambito della musica antica. Nel 2009 ha ottenuto il secondo premio al primo concorso
nazionale di clavicembalo per studenti accademici a Poznań, oltre ad un premio speciale per
la migliore esecuzione di un brano di J.S. Bach.
Dopo il master in clavicembalo con Marta Czarny-Kaczmarska e Aleksandra Rupocińska a
Wrocław (Polonia) nel 2010, si è trasferita a Lipsia per studiare alla Hochschule für Musik
und Theater nella classe di clavicembalo di Nicholas Parle, dove ha ottenuto un Diploma
accademico di secondo livello nel 2013. In questo periodo ha anche studiato fortepiano con
Eckhart Kuper.
Nel 2011 ha ottenuto una borsa di studio DAAD (Deutsche Akademische Austauschdienst).
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
NOTE AL PROGRAMMA
Quale arcana magia del suono, la voce che
canta è da tempo immemorabile via privilegiata di contatto con l’assoluto, manifestazione
percepibile d’un altrove bramato che si palesa
fra gli uomini. È in ciò che risiede il suo potere irresistibile di seduzione, perché la voce che
canta è fata morgana, compresenza vaporosa di
terra e cielo. Inutile negare che la musica strumentale abbia cercato in essa la propria ragione
d’esistenza, la propria giustificazione estetica:
il continuo rincorrersi, l’incessante imitarsi fra
voce e strumenti – al punto tale da giungere a
rovesciare antecedenti e conseguenti e a invertire il prestarsi idiomi e materiali correndo sulle vette del virtuosismo – è una costante della
storia che le opere della letteratura musicale
possono agilmente testimoniare. Uno strumento fra tutti ha da sempre dimostrato una prossimità straordinaria con le risorse espressive
della voce: il violino, arma sonora che scocca
anch’essa i suoi dardi da un punto fra il petto
e la gola. Non a caso i secoli che del violino
videro lo sviluppo più florido coincisero per
buona parte con gli anni del nascente strapotere del fenomeno operistico e del suo linguaggio, evento non necessariamente circoscritto,
si badi, al solo regno della musica profana. Ma
l’arco che unisce e al contempo distanzia il
tramonto del Seicento dal Settecento maturo è
l’era dell’Opera come lo è di Arcangelo Corelli,
indiscusso modello per la musica strumentale
per archi di gran parte delle generazioni a venire. Al suo esempio, forse con la sola eccezione
di De Mondonville, si rifecero tutti i compositori che figurano nel programma del concerto
di stasera, le cui opere, accomunate dalla diversa coniugazione degli stilemi violinistici
della grande scuola romana, si svelano apparentate anche da quell’iniezione di cantabilità
fra le trame sonore che fu tratto distintivo della
musica strumentale del tempo. Imitare la voce
poteva voler dire seguirne la pulsazione ritmica e l’appassionato afflato espressivo, traducendoli sulla curvatura delle linee melodiche;
ma poteva spingersi ancora oltre, giungendo
a insediare i pilastri della forma – assestatasi
così saldamente nell’epoca del lussureggiare
delle architetture della sonata a tre e del concerto grosso – disseminando tra i movimenti
delle composizioni le scansioni libere dei recitativi, distillati puri della drammaturgia vocale.
Ce ne offrono una prima testimonianza le due
Sonate per violino di Georg Philipp Telemann
e Johann Gottlieb Graun che punteggiano il
programma. Le Sei Sonatine per violino (1718)
di Telemann rientrano fra le cinque raccolte
pubblicate a Francoforte dal compositore, testimone irrinunciabile del fulgore e dello sviluppo della musica strumentale tedesca da camera
del Settecento pieno. Esse contengono opere di
piccola fattura, scritte con lo scopo principale
di mantenere buoni e saldi i rapporti di lavoro in quella fase di transizione e di importanti spostamenti che caratterizzò la carriera del
musicista negli anni Dieci del Settecento. A
tal fine risponde la dedica, indirizzata al conte
Heinrich XI Reuß-Schleiz e preceduta da un
frontespizio riccamente decorato con una scena pastorale, un’incisione su disegno di Gioseppe de Angeli. Il forte carattere emblematico
della rappresentazione, che coniuga all’ambiente pastorale simbologie erudite ci interessa
direttamente, poiché sebbene le Sonatine non
rientrino fra i lavori maggiori del compositore,
esse traducono quell’incontro tipico della sua
musica fra la sapiente arte del contrappunto e
la cantabilità vocale, filtrati attraverso la linearità composta dello stile galante. Così ad accompagnare lo spumeggiare luminoso dei due
Allegri di tratto più marcatamente violinistico
della Sonata TWV 41:E1 (Allegro vivace – Allegro scherzando) spuntano da un lato un Largo affettuoso, che inaugura la Sonata con un
incedere invaso di canto, dall’altro un Adagio
in pieno stile di Recitativo, breve preludio al
tempo di chiusura ricco però di sottintese articolazioni testuali. Un procedimento analogo
è cifra stilistica eloquente anche della Sonata
STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015
79
di Johann Gottlieb Graun, esponente di una
famiglia musicale di rango nella Germania del
tempo, nonché violinista virtuoso e scaltrito
compositore di musica strumentale: Recitativo, Andante et Cantabile e Pastorale sono i tre
momenti di cui la sua Sonata in re maggiore
Graun WV C:VII:59 si compone, rispondendo a una sequenza che sembra voler dimenticare le tipologie tradizionali per seguire più da
vicino suadenti orme teatrali.
È tuttavia al ‘bizzarro’ stile di Francesco Antonio Bonporti, figura protagonista del nostro
concerto, quello a cui maggiormente riuscì il
far aderire alla pagina un connubio spontaneo
fra strumento e voce. Formatosi a Roma, non si
sa con certezza se con Corelli stesso, e vissuto
a Trento per larga parte della sua vita, Bonporti fu musicista ‘dilettante’ al pari di Tommaso
Albinoni e di Benedetto Marcello, ossia fu –
nell’accezione consueta del tempo – dedito ad
altra carriera e dunque non musicista di professione. Ciò non esclude affatto che egli abbia
posseduto rare doti musicali, come dimostra la
sua produzione, testimonianza di un altissimo
magistero di scrittura. Bonporti fu un uomo di
Chiesa e aspirò tutta la vita a un canonicato che
non giunse mai; proveniva da una famiglia di
nobili origini, aspetto non secondario per noi
se si considera il fatto che proprio tale ascendenza gli consentì di non dover inseguire la
protezione di facoltosi mecenati per la propria
produzione musicale, ma di poter essere libero
di coltivare uno stile personalissimo ed originale. Stile che attrasse compositori del calibro
di Johann Sebastian Bach, il quale trascrisse quattro delle Invenzioni op. X del talento
trentino alla cui falsa attribuzione si dovette
proprio la riscoperta di Bonporti, avvenuta ad
opera di Werner Wolfheim solo nel primo decennio del Novecento. La produzione del compositore, concentrata negli anni compresi fra il
1696 e il 1720 e condensata in dodici raccolte
date alle stampe, è costellata di movimenti di
Recitativo, laghi di cantabilità nei quali il compositore tenta la via più libera dell’espressività
diffusa. L’ultima raccolta di Bonporti, i Con-
80
certini e Serenate con Arie variate, Siciliane,
Recitativi e Chiuse a Violino, e Violoncello, o
Cembalo op. XII, apparsa ad Augsburg senza
data ma presumibilmente intorno al 1745, è la
più ricca di immagini teatrali e appare pervasa
da una drammaturgia sonora cui rispondono
un libero trattamento della forma e una ricchezza inesauribile di modi nella proposizione
di spunti e frammenti musicali. Esempio ne
sono i due Concertini che ascoltiamo: in entrambi una cornice di movimenti veloci (due
Allegro nel terzo Concertino, uno Spiritoso e
un Allegro nel quinto), ora animati da scattosa
frenesia, ora celati dietro eleganti movenze di
danza, racchiudono vibranti Recitativi, i quali,
su inusitate lunghezze, distendono fasce sonore
e ceselli musicali di rara intensità, quasi adombrassero il sospiroso ‘accompagnato’ d’una
scena patetica.
Ma lo sfumare pressoché totale della dimensione strumentale in quella vocale si registra in
modo sorprendente in una raccolta di pezzi di
area francese per clavicembalo, voce e violino
scritti da Jean-Joseph Cassanéa de Mondonville, strenuo partigiano della musica della sua
terra che nella propria produzione strumentale,
sorta a fianco di un cospicuo catalogo di opere
sacre e destinate al teatro, fu un vero innovatore. I Pièces de clavecin avec voix ou violon,
ouvre V risalgono al1748 e furono dedicati al
vescovo di Rennes. Nella prefazione De Mondonville spiega che la composizione di queste
pagine era stata incoraggiata dal successo dei
Pièces de clavicin en sonates op. 3, precursori
dei più celebri Pièces de clavecin en concerts di
Jean-Philippe Rameau, disposti su quella linea
genetica che distinse il concerto strumentale di
marca francese dagli esempi italiani. Aspetto
singolarissimo dell’opera V di De Mondonville
è che i brani che contiene, con il cembalo obbligato a fare da protagonista, potevano essere
suonati assieme alla voce o dal violino, laddove
essa non fosse a disposizione. La parte del canto di ogni brano, come i tre proposti all’ascolto,
è dunque fornita del testo in latino di un Salmo,
anticipato da una piccola didascalia introdutti-
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
va con una traduzione in lingua francese: «Mon
âme ne mettra … » per In Domine Laudabitur
(Salmo 33, 2), trattato con austero piglio concertante; «Pourquoy, mon âme» per Quare
tristis es, anima mea (41, 6), dove onde sonore
si alternano al ripiegare contrito di un incedere
puntato, e «Esperez dieu…» per Spera in Deo
(41, 7), illuminato da scintillii adamantini. Pur
trattandosi di testi sacri l’impronta vocale è
quella tipica del teatro musicale francese coevo, delle cui variazioni ornate e delle cui linee
tenute e gonfiate dall’interno da soavi messe di
voce il violino solo sa essere interprete perfetto, aderendo con slancio sempre rinnovato a
un testo musicalmente interiorizzato. È questo
testo apposto, sia esso virtuale e immaginato o
reale e taciuto, la cifra che suggella l’incontro
fra suono strumentale e voce: sulla sua articolazione interiore la musica sembra sottrarsi al
dato sensibile, per raggiungere quell’astrazione
pura capace di contenere finalmente il paradigma d’un anelito universale.
STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015
Diego Procoli
81
SALA FILARMONICA
VENERDì 10 aprile 2015 - ore 20.45
___
QUINTETTO ANTARES
Gabriele Bertolini flauto
Masako Kozuki oboe
Zsigmond Kara clarinetto
Peter Loreck corno
Benedikt Seel fagotto
Atsuko Oba pianoforte
Franz Joseph HAYDN
Divertimento Chorale St. Antoni
(1732-1809) Allegro con spirito
Andante quasi Allegretto“Chorale St. Antoni”
Menuetto
Rondò Allegretto
Franz SCHUBERT Sonatina in la minore D 385 op. 137 n.2 per fl. e pf.
(1797-1828)
Allegro Moderato
Andante
Minuetto: Allegro
Allegro
Ludwig van BEETHOVEN Quintetto mi bemolle maggiore op.16 per pf. e fiati
(1770-1827) Grave. Allegro ma non troppo
Andante cantabile
Rondò. Allegro ma non troppo
Jean FRANÇAIX Quatuor
(1912-1997)
Allegro
Andante
Allegro molto
Allegro vivo
82
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
Camille SAINT-SAËNS (1835-1921)
Caprice sur des Airs Danois et Russes op. 79
per flauto, oboe, clarinetto, pianoforte
Francis POULENC
Sextuor
(1899-1963)
Allegro vivace
Divertissement
Finale
STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015
83
Il Quintetto Antares si è costituito nell´autunno del 2008 presso l´Hochschule für Musik di Detmold (Germania) e da allora si esibisce anche in formazioni che vanno dal
Quartetto al Sestetto (quintetto a fiati con pianoforte).
Nel 2009, a pochi mesi dalla fondazione, vince il Secondo Premio del GFF di Detmold e gli viene assegnata una Borsa di studio dell`Associazione internazionale Live
Music Now fondata nel 1977 da Yehudi Menuhin; nel 2010 l´ensemble è stato premiato ai concorsi di musica da camera di Wuppertal e Braunschweig in Germania;
all´Ensemble è stato inoltre conferito nel 2011 il Premio annuale della Banca Popolare
di Paderborn.
Fondamentale nella formazione artistica dell`Ensemble è stato il corso di Musica
da Camera della Musikhochschule di Detmold tenuto dai Professori Norbert Stertz,
Thomas Lindhorst e Janos Balint e le Masterclass di rinomati solisti come Andras
Schiff, Marie-Luise Neunecker e dai membri del famoso Quintetto Albert Schweitzer.
Oltre che in Germania, il Quintetto Antares è stato invitato ad esibirsi in Italia, in
Francia, in Libano e in Giappone.
Nel 2014 il Quintetto Antares registra il suo primo cd con composizioni del repertorio
francese di inizio novecento per fiati e pianoforte.
84
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015
85
NOTE AL PROGRAMMA
La musica classica. Sarà questo il filo conduttore che tesserà la trama del concerto; un viaggio guidato dalla musica da camera per fiati e
pianoforte, dalla realtà della Prima Scuola di
Vienna, alla rielaborazione della poetica e degli stilemi classici in territorio austriaco e nella
Francia tra Ottocento e Novecento.
Originariamente per due oboi, due fagotti
obbligati, fagotto continuo, serpentone e due
corni, il Feld-Parthie St. Antonius n.6 in si
bemolle maggiore, gode della sua notorietà
grazie alle Variazioni su tema di Haydn, op.
56, composte da Johannes Brahms nel 1873.
L’attribuzione di questo divertimento a Franz
Joseph Haydn non è certa, poiché alla fine
del Settecento non era inusuale che editori apportassero la firma dell’illustre compositore a
opere di colleghi sconosciuti. Questo genere
musicale, destinato probabilmente all’intrattenimento di un piccolo gruppo di nobili o
borghesi abbienti, da un punto di vista compositivo risulta più contenuto e meno impegnativo rispetto alle sonate o alle sinfonie. Particolarmente interessanti sono l’insolito utilizzo
in ambito profano di una melodia religiosa nel
secondo movimento (Chorale St. Antoni) ed il
carattere bucolico del Minuetto e del Trio ricreato da corno ed oboe. Il Divertimento è qui
proposto nell’arrangiamento di Harold Perry
per quintetto a fiati.
La Sonatina in la minore appartiene ad una
trilogia di Sonate o Sonatine per violino e
pianoforte (l’opera 137) composte da Franz
Schubert tra il marzo e l’aprile del 1816 e pubblicate nel 1836 da Diabelli. Già noto a Vienna
per la produzione liederistica e sinfonica, in
questi brevi componimenti Schubert si rivolge ad un pubblico di dilettanti; la freschezza
romantica e l’originalità del linguaggio di
ispirazione mozartiana sono sostenute da un
sapiente uso delle risorse timbriche ed espressive dei due strumenti e mantenute in questo
anonimo arrangiamento per flauto e pianofor-
86
te. Lo sguardo ad una felice classicità passata,
nell’Allegretto moderato, ed il lirismo delicato
dell’Andante, evadono dalla sfera di tragicità
che caratterizza la Sinfonia in do minore e i
Lieder tratti dai testi di Goethe e Schiller del
medesimo periodo.
Dedicato al Principe Joseph Johann zu
Schwarzenberg ed eseguito per la prima volta
il 6 aprile 1797 a Vienna, il Quintetto per pianoforte e fiati in mi bemolle maggiore, op. 16
di Ludwig van Beethoven succede alle opere che lo hanno reso fra i più celebri compositori del panorama musicale viennese, come
la Prima Sinfonia ed il Settimino. Inscritto in
un linguaggio serenamente classico, ereditato
dai suoi predecessori, il Quintetto è fra i più
riusciti esempi della prima maniera beethoveniana ed è costellato di reminescenze del
compositore salisburghese; non è un caso che
il Quintetto K452 di Mozart (1784) sia analogo
per organico e per tonalità. Il vitalismo perenne è sostenuto dal pianoforte, mentre la tecnica strumentale dei fiati prevede una sapiente
alternanza di momenti di bravura concertante
a passaggi solistici, permettendo così agli esecutori di essere tutti protagonisti nell’agiatezza
di un discorso ininterrotto e ben differenziati
dal solido Grave, dal preromantico e cantabile
Andante e dall’energico Rondò finale.
«Voglio essere sincero: quando compongo, le
sopraffine teorie sono le ultime cose che mi
sfiorano la mente. La mia attenzione ricerca
più il “sentiero nel bosco” che l’ “autostrada del pensiero”» ed è proprio lo spunto tratto
dalla realtà concreta, che caratterizza la produzione musicale di Jean Françaix. Figlio d’arte
e compositore sin dall’età di sei anni, Françaix
assorbe la poetica del neoclassicismo francese,
di cui il maestro Francis Poulenc era fervido
sostenitore. In Quatuor, composto nel 1933
all’età di ventun’anni, si viene travolti sin dal
primo movimento (Allegro) da un’atmosfera
estremamente vitale, ironica, giocosa che si
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
alterna a momenti melodici rilassati affidati
al flauto; l’Andante è l’unico tempo interamente disteso in una sonorità quasi eterea, dove
un’infinita melodia è cantata da oboe e fagotto.
Allegro molto ed Allegro vivo riprendono il ritmo scoppiettante iniziale, che nasce dall’alternanza di frammentazione ritmica e melodica,
cambi di metro e abbondante utilizzo dell’omoritmia.
Caprice sur des Airs Danois et Russes op.
79 nasce come composizione ad hoc per un
ensemble di musicisti: Paul Taffanel (flauto),
Georges Gilet (oboe), Charles Turban (clarinetto) e Camille Saint Saëns (pianoforte).
La tournèe dei membri della Sociéteé des
instruments à vent nell’aprile del 1887 a San
Pietroburgo è qui rievocata attraverso tre temi
variati tratti dalla tradizione popolare danese e
russa, in onore della zarina Marija Fëdorovna
figlia del re Cristiano IX di Danimarca a cui
l’opera è dedicata. Le melodie citate e rielaborate, sono proposte da ogni singolo strumento
a fiato in una composizione ben bilanciata e
continua, supportata da virtuosismi pianistici
di stampo lisztiano inseriti in un impasto timbrico tipicamente francese.
Di tutt’altra matrice è l’arte musicale di Francis Poulenc. Amante di una musica francese
svincolata da influenze wagneriane o impressionistiche, il compositore parigino abbraccia
(seppur non in toto) la poetica neoclassica promossa da Erik Satie ed il poeta Jean Cocteau,
dove semplicità ed ironia parodistica sono i
principali ingredienti per la nascita di una
musica antiromantica e soprattutto nazionale. Poulenc trae la linfa vitale delle sue opere
dalla tradizione musicale “non colta” come
il jazz, i ritmi latinoamericani, la musica circense, quella tradizionale… e li introduce in
una tonalità che, seppur ancorata a regole accademiche, è contaminata da note dissonanti.
Sextuor (1932) per quintetto a fiati e pianoforte, è il connubio delle sue principali passioni:
la musica da camera ed il pianoforte.
STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015
Anna Boschi
87
SALA FILARMONICA
SABATO 18 aprile 2015 - ore 20.45
___
Pinkas Zuckerman violino
Amanda Forsyth violoncello
Angela Cheng pianoforte
Ludwig van BEETHOVEN Allegretto in si bemolle maggiore WoO 39
(1770-1827) per archi e pianoforte
Suite popular española, per violoncello e pianoforte
Manuel de FALLA (1876-1946) El paño moruno
Seguidilla murciana
Asturiana
Jota
Nana
Canción
Polo
Sonata in la maggiore per violino e pianoforte
César FRANCK (1822-1890) Allegretto moderato
Allegro
Recitativo-Fantasia (Moderato)
Allegretto poco mosso
Felix MENDELSSOHN Trio in re minore op. 49
(1809-1847) Molto Allegro ed agitato
Andante con moto tranquillo
Scherzo
Finale
88
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
Pinchas Zukerman, nato a Tel Aviv nel 1948,
è giunto America nel 1962, dove ha proseguito i
suoi studi musicali presso la Juilliard School con
Ivan Galamian.
Egli è universalmente considerato un fenomeno
musicale da più di quarant’anni:il suo indubitabile genio, la tecnica prodigiosa e l’incommensurabile ed elevatissimo livello artistico, rappresentano una vera e propria magia per il pubblico
e per la critica. Il nome di Pinchas Zukerman
è ammirato conformemente a tutti i molteplici
ruoli che egli ricopre: violinista, violista, direttore, pedagogo e musicista da camera.
Nell’ambito di una sola stagione Pinchas Zukerman annovera circa un centinaio di concerti in
tutto il mondo, prevalentemente in Nord America, Europa e Asia. Pinchas Zukerman è attualmente in carica quale Direttore Musicale della
STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015
89
National Arts Centre Orchestra di Ottawa, ricoprendo inoltre da quattro stagioni consecutive la posizione di Direttore Principale Ospite della Royal Philharmonic Orchestra di
Londra;ulteriori impegni concertistici includono le orchestre di Boston, San Francisco, Cincinnati, Colorado e Kansas City.
Proseguendo nella scia delle orchestre internazionali, Pinchas Zukerman appare regolarmente al fianco della Israel Philharmonic Orchestra, Orchestra del Teatro Marinsky, Orchestre de Monte Carlo, Filarmonica Ceca, Orchestra della Radio Bavarese, Virtuosi di Mosca,
Miyazaki Festival Orchestra e Orchestra del Teatro di S. Carlo di Napoli. Rammentiamo
inoltre recitals in duo con accompagnamento pianistico di Angela Cheng a Salisburgo, Praga, Philadelphia, Palm Beach, Milano, Taiwan, Madrid, Helsinki e Verbier.
Fondatore dei Chamber Players, Pinchas Zukerman ne condivide il percorso presso Festivals
dello spessore di: Ravinia e Toronto, oltre a regolari inviti da parte di serie concertistiche
dell’importanza di Los Angeles e Phoenix e tourneés in Cina, Giappone, Europa e Sud America.
Nel corso degli ultimi dieci anni, Pinchas Zukerman ha egualmente espresso il proprio
talento artistico ricoprendo il ruolo di Direttore d’orchestra oltrechè di solista. Particolarmente incline alla nuova generazione musicale, Pinchas Zukerman ha ispirato gli artisti
più giovani con il proprio magnetismo e con la propria passione. Il suo entusiasmo per
l’insegnamento lo ha tra l’altro condotto a sperimentare programmi innovativi presso centri
musicali di accreditata fama: Londra, New York, Cina, Israele e Ottawa.
Pinchas Zukerman presiede la Performance Pinchas Zukerman Program presso la Manhattan School of Music, dove ha sperimentato l’uso di tecnologie di formazione a distanza nel
campo delle arti. In Canada, ha peraltro fondato l’Istituto per gli Studi NAC Orchestra e la
sezione musicale estiva volta a giovani artisti, direttori e compositori. Ha ricevuto la Medaglia per l’Arte, il Premio Isaac Stern per la statura artistica, ed è stato nominato come Rolex
Mentor. La discografia di Pinchas Zukerman, che gli è valsa 21 nominations ai Grammy e
due premi, è vastissima e comprende più di 100 opere.
Nata in Sud Africa, Amanda Forsyth si è trasferita in Canada da bambina e ha iniziato a suonare il violoncello all’età di tre anni.
È divenuta pupilla di William Pleeth a Londra, e
successivamente ha studiato con Harvey Shapiro
alla Juilliard School. Dopo due stagioni con la
Toronto Symphony Orchestra è diventata la più
giovane tra i musicisti selezionati dal Calgary
Philharmonic Orchestra, incarico che ha occupato per sei anni. È stata nominata violoncello
principale della National Arts Centre Orchestra
nel 1998.
Internazionalmente riconosciuta come una delle
più talentuose violoncelliste della propria generazione, Amanda Forsyth frequenta i principali centri musicali del mondo; si è recentemente
esibita, con straordinari consensi da parte di
90
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
pubblico e critica, al fianco dell’Orchestra del Teatro Mariinsky a S. Pietroburgo con la
direzione di Valery Gergeev; con l’ Orchestre National de Montpellierper; con i Virtuosi
di Mosca; con la Royal Philharmonic Orchestra London la sua straordinaria collaborazione
con la Symphonieorchester des Bayerischen Rundfunks le è valsa il titolo di “una violoncellista geniale e di classe”.
In qualità di co - fondatrice degli Zukerman Chamber Players, Amanda è stata parte di
numerose tourneés in Sud America, Europa dell’Est e dell’Ovest, Israele, Giordania, Nuova
Zelanda.
Amanda Forsyth incide regolarmente per: SONY, NAXOS, PRO ARTE E CBC. Suona su
un violoncello italiano molto raro, costruito nel 1699 da Carlo Giuseppe Testore.
Costantemente lodata per la tecnica brillante, la
bellezza e la superba musicalità tonale, la pianista canadese Angela Cheng è una delle artiste
più apprezzate del proprio paese.
Oltre alle abituali collaborazioni con le principali orchestre canadesi, è regolarmente ospite presso varie orchestre come Buffalo Philharmonic,
Colorado Symphony, Houston Symphony, Indianapolis Symphony, Saint Louis Symphony, San
Diego Symphony, Syracuse Symphony , Utah
Symphony, Israel Philharmonic Orchestra, Vancouver Symphony.
Su invito di Pinchas Zukerman, Angela Cheng è
apparsa in tour sia in Europa che in Cina come
membro dei Pinchas Zukerman Chamber Players, collaborazione che è stata reiterata in una
tourneé negli Stati Uniti inclusiva di concerti al
Kennedy Center di Washington DC e Carnegie
Hall e poi in Europa, Asia e Sud America, in particolare presso il Musikverein di Vienna,
il Concertgebouw di Amsterdam, Festivals di Schleswig-Holstein, Salisburgo e Ravinia.
Angela Cheng ha peraltro collaborato con numerose formazioni da camera di livello internazionale tra cui i Quartetti Takacs e Vogler.
Angela Cheng ha conseguito la medaglia d’oro nell’ambito della Masters Arthur Rubinstein
International Piano Competition, ed è stata, non a caso, la prima artista canadese ad aver
vinto il prestigioso Concorso Pianistico Internazionale di Montreal.
Altri premi includono anche la Medaglia d’Oro per le straordinarie esecuzioni di Mozartiane presso il Mozarteum di Salisburgo.
Il debutto discografico di Angela Cheng è stato con l’incisione di due concerti di Mozart
con Mario Bernardi e la CBC Vancouver Orchestra; ulteriori opere includono ad esempio
il Concerto in la minore di Clara Schumann con JoAnn Falletta, Filarmonica delle Donne
inciso per la Koch International ed un cd solistico basato su opere di Clara e Robert Schumann.
STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015
91
NOTE AL PROGRAMMA
BEETHOVEN – La pagina d’apertura – movimento a sé stante di un Trio mai completato
– è una piccola gemma scaturita da un delicato episodio biografico attinente al mondo
degli affetti ed inscritto in una pausa di serenità libera da altre ambasce. Era il 1812 e Beethoven concepì questo brano specificamente
per una bambina di dieci anni a cui era molto
affezionato. Si trattava di Maximiliane, figlia
degli amici Franz e Antonia Brentano, una
agiata coppia viennese con cui il musicista
era da tempo in confidenza. Sembra anzi accreditato dagli studi correnti che proprio in
Antonia Brentano si debba identificare l’«immortale amata» sempre evocata dai biografi
beethoveniani.
La piccola Maximiliane, che avrebbe proseguito con successo gli studi pianistici tanto
da vedersi dedicare una decina d’anni dopo
la difficile Sonata op. 109, ebbe dunque in
dono una pagina pensata per le sue possibilità attuali e dunque avente in sé qualcosa
d’infantile, pur senza ricorrere ad alcuna
leziosità. Si tratta in realtà di un completo
tempo in forma sonata, per quanto estremamente sintetico, che l’autore pensò come «incoraggiamento ai suoi studi pianistici» ma
che si rivela anche istruttivo sotto il profilo
formale e costruttivo. Il carattere garbato è
molto proprio all’occasione e tale da disegnare in modo infallibile l’interno borghese
in cui era nato e a cui era destinato.
DE FALLA – Manuel De Falla rappresenta
la maniera in cui un artista può essere profondamente vicino ai valori della tradizione
nazionale e al tempo stesso autenticamente
aperto alle spinte della modernità. Nella sua
musica l’innervamento dell’elemento etnico
impone le sue leggi alla struttura dell’opera d’arte, conferendole una profilatura assai
rilevata e un’essenzialità espressiva da cui
è assente qualsiasi affettazione retorica. In
questo senso le Siete canciones populares
92
españolas (questo il vero titolo), sono tra le
pagine più emblematiche del compositore
gaditano, anche sotto un profilo eminentemente compositivo. Egli infatti condusse per
queste miniature uno studio particolare su
alcuni fondamenti fisico-acustici legandoli al problema delle risonanze naturali, in
modo da creare un piano armonico in cui le
note formanti l’accordo subissero una trasformazione nella loro funzione abituale.
Niente di esoterico o di stravagante, peraltro, in queste ricreazioni di De Falla, sia che
il motivo popolare impiegato veda rispettata
la sua configurazione originale come avviene nel Paño moruno, sia che lo sia poco come
nell’Asturiana o non lo sia affatto (Jota). In
tutti i casi i canti spiccano per la loro bellezza nativa e sono trattati dall’autore con
grande sensibilità e originalità stilistica.
Proprio il successo delle Siete canciones propiziò successivamente l’adattamento per violino (o violoncello) e pianoforte con il titolo di
Suite popolare spagnola, che è appunto quella
che si ascolterà stasera; ma non va dimenticata la bellissima versione con orchestra compiuta da Luciano Berio in anni più recenti.
FRANCK – Nell’ultimo scorcio di Ottocento, prima che l’astro di Debussy sorgesse ad
aprire alla musica orizzonti nuovi, la Francia produsse una generazione di musicisti di
solida preparazione accademica i quali si
impegnarono a sollevare le sorti delle forme
strumentali nazionali, sebbene non potessero
scampare all’invasiva influenza wagneriana
che si era diffusa ad occidente del Reno come
una vera epidemia. Nell’operato del belga
César Franck, che di quella generazione fu
uno dei nomi eminenti, era valso, ancor più
di Wagner, l’esempio di autori meno radicali
come Brahms e Liszt, dal quale ultimo egli
imparò la condotta assai evoluta dell’armonia cromatica e l’innovativa ideazione di
principî costruttivi e di trasformazione te-
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
matica. Attraverso questi procedimenti arrivò poi ad adottare con sistematicità la forma
ciclica, consistente nel modellare i vari movimenti di un’estesa composizione musicale
su temi che ritornano ogni volta modificati,
assicurando ad essa unità discorsiva e fornendo un utile elemento di riconoscibilità
per chi ascolta.
La giustamente famosa Sonata in la per violino e pianoforte (1886), che è presente stabilmente nel repertorio di tutti i grandi solisti,
costituisce un cimento importante per la sua
architettura complessa, la monumentalità di
concezione e l’eloquenza discorsiva fra i due
strumenti.
Rigore e pathos si equilibrano in questa lunga pagina, che spazia tra aperture liriche di
grande tenerezza e sfoghi di intensa tensione
drammatica, tra divagazioni di tipo improvvisativo quale evidente retaggio del Franck
organista (si veda nello specifico la scrittura
del Recitativo-fantasia) e la ricerca di un più
spazioso melodizzare, tale da conferire al
brano la sua ampia arcata.
Su di essa si sono riversati i proverbiali fiumi d’inchiostro, non tutti ugualmente controllati, e ad esempio è ormai accertato che
non è questa la Sonata a cui Proust, nel suo
romanzo-fiume, si sarebbe riferito parlando
della composizione di Vinteuil, anche se egli
dimostrò di conoscerla benissimo. Molto ha
fatto discutere l’adozione del principio della
forma ciclica, che qui sarebbe impiegata in
maniera particolarmente esemplare; altrettanto si è parlato del suo mélange inconfondibile di tono mistico e sensuale, che del resto è molta parte della musica francese del
periodo decadente e che qui emerge in modo
perspicuo all’inizio dell’ultimo movimento
con un motivo capace di fissarsi durevolmente nella memoria uditiva.
L’ascoltatore colto non mancherà di apprezzare la coerenza logica che governa la struttura portante del pezzo, con quel suo lavorìo
tematico la cui saldezza è assicurata dai rapporti stretti che intercorrono all’interno dei
livelli intervallari, armonici e ritmici.
MENDELSSOHN – Tra i molti numeri del
catalogo cameristico di Mendelssohn, il suo
primo Trio(1839) è, insieme all’Ottetto op.
20, quello a cui ha arriso il più durevole successo. Dei grandi generi cameristici classici, il trio pianoforte-violino-violoncello era
stato l’ultimo ad affermarsi e il più delicato
da trattare per gli equilibri interni di loro
natura disomogenei. Beethoven aveva dato
i primi esempi importanti in tale campo, e
Schubert era ulteriormente progredito con
lavori memorabili. Mendelssohn contribuì
alla letteratura per trio con due opere, di
cui la prima è giustamente rinomata per la
ricchezza e chiarezza delle idee e per il colore romantico che la permea fin dalla prima
emozionante frase del violoncello. In fase di
stesura Mendelssohn aveva accolto il parere
del collega Ferdinand Hiller intervenendo
sulla parte pianistica, così da farla meglio
risaltare per presenza e colore espressivo e
dunque renderla più romantica.
Di questa versione ebbe conoscenza Schumann, il quale ebbe parole molto elogiative
per una pagina che qualificava il suo autore
come «il Mozart del XIX secolo, il più brillante dei compositori». Aggiungendo però
che «questo Trio è una eccellente composizione che tra qualche anno delizierà i nostri
nipoti e pronipoti», voleva forse significare che il brano non era troppo maturo per
i tempi; mentre precisava con acutezza che
Mendelssohn, con quest’ opera, aveva più di
altri «individuato le contraddizioni dell’epoca» ed era stato «il primo che le ha riconciliate tra di loro», assegnandogli così quella
patente di romantico dall’animo classico che
sempre la storiografia ha riconosciuto e confermato. Ciò si riscontra nel profondo equilibrio formale che governa il componimento
e nella corrispondenza esistente tra intenti e
risultati.
In tale ambito si muove il primo Allegro che
non va alla ricerca di esasperazioni dia-
STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015
93
lettiche ma rimane nella sua aura mobile e
vibrante. All’Andante è stato riconosciuto
un lirismo di tipo liederistico e anche una
pensosità quasi beethoveniana. Lo Scherzo
rivela invece tutta la natura del Mendelssohn
fantastico, che in questi movimenti rapidi e
leggeri si è sempre distinto per tratti di originalità e brillantezza. Il finale è affidato a un
Allegro appassionato tutt’altro che sbriga-
94
tivo, condotto con scienza attraverso i passaggi della forma-sonata sviluppata in tutte
le sue parti, con in più un’apertura melodica
del violoncello. Questa conduce a un rondò
che riporta in luce, variandoli, motivi presi
dal primo movimento, il tutto sorretto da una
rigorosa intelaiatura ritmica.
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
Diego Cescotti
AUDITORIUM S. CHIARA DI TRENTO
mercoledì 22 APRILE 2015 - ore 20.30
___
ORCHESTRA HAYDN
di Bolzano e Trento
Clemens Schuldt direttore
Polina Pasztircsàk soprano
Stefan Johannes Hanke (1984)
Vom Wind (prima esecuzione assoluta)
Gustav Mahler Sinfonia in sol maggiore n. 4
(1860-1911)
Bedächtig. Nichteilen
In gemächlicher Bewegung
Ohne Hast
Ruhevoll
Sehrbehaglich
STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015
95
SALA FILARMONICA
venerdì 8 maggio 2015 - ore 20.45
___
LORENZA BALDO violoncello
YEVHENIYA LYSOHOR pianoforte
Ferruccio BUSONI
Kleine Suite op.23 BV 215
(1866-1924)
Moderato ma energico
Andantino con grazia
Altes Tanzliedchen
Sostenuto ed espressivo
Moderato ma con brio
Johannes BRAHMS Sonata in mi minore op.38
(1833-1897)
Allegro non troppo
Allegretto quasi Menuetto
Allegro
Nikolaj Jakovlevič MJASKOVSKIJ Sonata in la minore op.81 n.2
(1881-1950)
Allegro moderato
Andante cantabile
Allegro con spirito
Dmitrij ŠOSTAKOVIČ Sonata in re minore op.40
(1906-1975) Allegro non troppo
Allegro
Largo
Allegro
96
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015
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Lorenza Baldo è diplomanda presso l’Istituto di Studi Musicali “Claudio Monteverdi” di
Cremona sotto la guida della Prof.ssa Silvia Chiesa. Ha iniziato gli studi presso la Civica
Scuola Musicale R. Zandonai di Rovereto con il M° Fabrizio Nicolini per poi proseguirli
presso il Conservatorio Bonporti di Trento sotto la guida del M° Lorenzo Corbolini.
Ha seguito vari Masterclass tenuti dai maestri Detlef Mielke a Salisburgo, Antonio Mosca,
Francesco Fontana, Iseut Chuat, Robert Irvine, Xenia Jankovic, Natalia Gutman, Michael
Flaksman, Rocco Filippini e dal duo “Maurizio Baglini - Silvia Chiesa”. È inoltre iscritta al
corso del M. Rocco Filippini presso l’Accademia “W. Stauffer” di Cremona.
Vincitrice della borsa di studio Kiwanis 2013, recentemente ha partecipato al concorso “Premio d’archi Nazionale Renato de Barbieri” vincendo il secondo premio. Durante il percorso
di studi ha collaborato con l’Orchestra Perin, l’Orchestra Bohéme, l’Orchestra Giovanile
Trentina, l’Orchestra LàMus, l’Ensemble barocco “Orfeo Ritrovato” e con altre formazioni.
Si è esibita in diverse rassegne musicali quali: il festival Le corde dell’anima a fianco degli
scrittori Franco Poggianti e Mauro Corona; i concerti di Omaggio a Cremona a fianco del
Maestro Franco Petracchi; La notte dei musei, l’Estate Calatafimese, la Settimana Gattopardiana , l’Associazione culturale Eridano, il Festival Pontino, la rassegna concertistica Musica
Giovane dell’Associazione Filarmonica di Rovereto, Incontriamoci da Fazioli, la rassegna
Foyer aperti di Pordenone, i concerti del convegno internazionale ECMTA (European Chamber Music Teachers Association), il Festival Stradivari e altre ancora.
Ha suonato in alcune prestigiose sedi come il Teatro Sociale di Trento, la Sala Filarmonica di
Rovereto, il teatro Amilcare Ponchielli di Cremona, il Teatro Comunale “Giuseppe Verdi” di
Pordenone e l’Auditorium del Museo di Violino di Cremona.
Yevheniya Lysohor, nata nel 1989 a Vinnitsa (Ucraina), ha studiato pianoforte a Kiev, diplomandosi a 17 anni con il Maestro Vsevolod Vorobyev. Nel 2012 ha intrapreso il Biennio
di specializzazione presso l’Istituto Superiore di studi Musicali “Claudio Monteverdi” di
Cremona. Dopo l’incontro con i Maestri Lorenzo Di Bella e Alberto Baldrighi si sta perfezionando col M° Maurizio Baglini.
Vincintrice di concorsi pianistici nazionali in Ucraina dal 2000 al 2009, dopo il trasferimento
in Italia ha vinto il secondo premio nel Concorso Nazionale Città di Bucchianico (2013) e
per due anni consecutivi è stata insignita della borsa di studio come miglior allieva del suo
conservatorio. Oltre all’esperienza come solista, maturata fin dalla prima adolescenza, ha
partecipato a diverse formazioni cameristiche di trio e di duo.
Come pianista accompagnatore ha al suo attivo la partecipazione nelle classi di Silvia Chiesa
(violoncello), Laura Gorna (violino), Nadiya Petrenko (canto), Claudio Mondini (violino) e
Andrea Cigni (arte scenica).
Nel 2014 è stata invitata a partecipare al convegno internazionale dell’European Chamber
Music Teachers Association (ECMTA): in questa sede, in formazione di Trio, ha seguito le
lezioni di Cristiano Gualco, Michael Flaksman e Filippo Faes. Nel mese di maggio dello stesso anno ha registrato per la Classical Academy in occasione di una Masterclass col pianista
Peter Frankl a Lesa (NO).
Parla – oltre all’ucraino e al russo – l’inglese, l’italiano, il francese e il turco.
Nel 2012 si è brillantemente laureata in Relazioni economiche internazionali.
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015
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NOTE AL PROGRAMMA
“La tradizione non è l’adorazione della cenere,
ma la custodia del fuoco”. Così Gustav Mahler
ci aiuta a comprendere il messaggio della prima parte del programma. La maestria e il talento di Ferruccio Busoni e Johannes Brahms
offrono la possibilità di ascoltare due opere
che riconoscono il valore della tradizione, per
entrambi incarnata da Johann Sebastian Bach
(Eisenach 1685 – Lipsia 1750), senza però prescindere dal presente e dal futuro.
Ferruccio Busoni (Empoli 1866 – 1924),
principe del pianoforte e grande compositore, scrisse che lo studio della musica di Bach
e l’esercizio del contrappunto furono per lui
una consuetudine fin dalla prima infanzia. Ed
è soprattutto nell’arco della giovinezza e della prima maturità che Busoni si occupa della
musica da camera cimentandosi nell’organico
cameristico violoncello e pianoforte. La Kleine Suite op.23 in cinque movimenti pubblicata
nel 1886 venne dedicata al Kammervirtuose
Alwin Schröder. Opera che ben esprime la poetica di Busoni il cui intento non era quello di
promuovere un ritorno ai modelli del passato
in funzione antistorica, rifiutando la continuità
della storia, ma bensì quello di cercare la conclusione o lo sviluppo di “tentativi precedenti”.
“Per “nuova classicità” – scriveva Busoni –
intendo il dominio, il vaglio e lo sfruttamento
di tutte le conquiste di esperienze precedenti:
il racchiuderle in forme solide e belle. La mia
idea è che nuova classicità significhi compiutezza in duplice senso: come perfezione e come
compimento”.
Johannes Brahms (Amburgo 1833 - Vienna
1897), accanto a Bach fu l’autore che più influenzò Busoni. La ragione di quest’ammirazione sta nel fatto che Busoni vedeva in lui il
musicista tedesco radicato nella grande tradizione che da Bach, attraverso Beethoven, giungeva fino all’età contemporanea. Nella Sonata
per violoncello e pianoforte op. 38 l’incisiva
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influenza di Bach è quanto mai viva. Nei primi due movimenti le tinte calde, dense e brunite del violoncello diventano sublime mezzo
espressivo creatore di un’atmosfera singolare.
L’Allegro non troppo è testimonianza di virilità, malinconia, dramma e dolcezza mentre
nell’Allegro quasi minuetto la semplicità del
materiale tematico iniziale lascia poi spazio al
canto libero e spianato del violoncello. Quasi
estraneo al lirismo precedente, l’Allegro finale
può essere vissuto come un momento di riscatto dell’animo umano dal dolore emerso in precedenza. Brahms sceglie la superba musica di
Bach omaggiandolo con questo Allegro fugato
(forse una citazione da “Arte della Fuga” Contrappunto XIII).
Destino comune è quello dei compositori della
seconda parte del programma: l’essere accusati
di formalismo da parte del regime sovietico.
Scatta così una critica senza appello contro
quei compositori che perseguivano un “formalismo estraneo alla visione artistica così
come si era maturata nella vita russa, il rifiuto
dell’eredità classica sotto la maschera di uno
sforzo verso la novità, il rigetto del carattere
popolare della musica, il distacco dal popolo
al servizio di una èlite di esteti”.
Nel 1948 Nikolaj Jakovlevič Mjaskovskij
(Novogeorgievsk 1881 - Mosca 1950) compone la Sonata op. 81 realizzando un’incantevole
pagina del repertorio russo dedicata al duo violoncello e pianoforte. Spiccata risulta la sua attenzione nei confronti della delicata situazione
che lo circondava. Nei tre movimenti di sonata
(Allegro moderato, Andante cantabile, Allegro
con spirito) l’autore userà una studiata semplicità ed un ritorno ai valori della tradizione russa con l’intento di porgere all’ascoltatore una
musica che sia un connubio raffinato e convincente tra romanticismo e carattere popolare.
Così come Mjaskovskij anche Dmitrij
Šostakovič (San Pietroburgo 1906 - Mosca
1975) decide di accantonare spericolate ardi-
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
tezze armoniche nell’intento di arrivare ad un
pubblico più vasto. Accorgimenti che metterà
in pratica già nel comporre la Sonata per violoncello e pianoforte op. 40 creando un’opera
che affascina per la sua ricchezza e per i suoi
contrasti.
Solo nel primo movimento Allegro non troppo la tavolozza a cui attinge Šostakovič è più
che varia: dal romanticismo iniziale cantato dal
violoncello alla polifonia dello sviluppo per
poi lasciare spazio ad una conclusione dall’at-
mosfera meditativa. Improvviso arriva lo stile popolare trascinante dell’Allegro che poco
dopo affida l’ascoltatore alle atmosfere rarefatte e liriche del terzo movimento, il Largo.
L’incontro fra passato e futuro, cardine di tutto
il programma, è ancora una volta protagonista
in questo Allegro finale di sonata dove la personalità di Šostakovič si destreggia tra spunti
settecenteschi e tratti tardoromantici.
Lorenza Baldo
TEATRO ZANDONAI
VENeRdì 22 MAGGIO 2015 - ore 20.45
___
ORCHESTRA HAYDN
di Bolzano e Trento
Daniele Giorgi direttore
Christoph Willibald GLUCK
(1714-1787)
Danza degli Spiriti Beati da Orfeo e Euridice
Ludwig van BEETHOVEN (1770-1827)
Le creature di Prometeo op. 43
Wolfgang Amadeus MOZART Sinfonia in re maggiore n. 38 KV 504 Praga
(1756-1791) Adagio - Allegro
Andante
Presto
chiesa di s. marco
lunedì 1 giugno 2015 - ore 20.45
___
ORCHESTRA HAYDN
di Bolzano e Trento
CONCERTO di MUSICA SACRA
ALTRE INIZIATIVE
Associazione Filarmonica di Rovereto
Assessorato alla Contemporaneità - Comune di Rovereto
Biblioteca Civica “G. Tartarotti” - Comune di Rovereto
Civica Scuola Musicale “R. Zandonai” - Rovereto
Scuola Musicale “J. Novák” - Villa Lagarina
Scuola Musicale dei Quattro Vicariati “OperaPrima” - Ala
BIBLIOTECA CIVICA “G. TARTAROTTI” - ROVERETO
NOVEMBRE 2014 - APRILE 2015
Musica in Biblioteca
Momenti musicali
con insegnanti ed allievi
venerdì 28 novembre 2014
Scuola Musicale
dei 4 Vicariati Opera Prima
•
venerdì 6 marzo 2015
Civica Scuola Musicale
Riccardo Zandonai
•
venerdì 23 gennaio 2015
Scuola Musicale Jan Novák
•
venerdì 10 aprile 2015
Civica Scuola Musicale
Riccardo Zandonai
e Scuola Musicale
Jan Novák
venerdì 27 febbraio 2015
Scuola Musicale
dei 4 Vicariati Opera Prima
ingresso libero
RASSEGNA ORGANIZZATA IN COLLABORAZIONE CON
concerti pe r
A cura di Francesca Aste
4 concerti riservati a tutte le Scuole Secondarie di primo grado di Rovereto, con
programmi e guide all’ascolto “su misura” preparate da esperti.
Gli insegnanti potranno scegliere uno o più concerti proposti dall’Associazione
Filarmonica di Rovereto, inserendoli, a seconda della loro programmazione, nel
calendario delle uscite scolastiche: sarà uno stimolo per attivare percorsi didattici di
educazione musicale e non solo, che si concretizzeranno nel concerto dal vivo, perchè
nulla come l’esperienza dal vivo della musica stimola la curiosità e l’apprendimento
del sapere musicale.
giovedì 19 marzo 2015
Teatro Zandonai, corso Bettini, Rovereto - ore 11. Durata: 60 min.
Racconti e immagini sonore
ORCHESTRA HAYDN
di Bolzano e Trento
musiche di:
A. Borodin (1833-1887), C. M. von Weber (1786-1826),
L. v. Beethoven ( 1770-1827), F. Mendelssohn Bartholdy (1809-1847)
Concerto organizzato in collaborazione con il Dipartimento educativo del progetto
Orchestra Haydn & Education. Sono previsti materiali didattici e corsi di
aggiornamento per gli insegnanti che partecipano al concerto.
Per informazioni e prenotazioni:
Elsa Merler | [email protected] | tel. 0461.494313
r le scuole
venerdì 10 aprile 2015
Sala Filarmonica, corso Rosmini, 86 Rovereto
Ore 10 primo turno, ore 11 secondo turno. Durata: 50 min.
“I colori della musica - alla scoperta degli strumenti”
Lezione concerto in cui all’esecuzione dei brani si alternerà
una presentazione dal vivo degli strumenti dell’orchestra.
Orchestra delle Scuole musicali
“R. Zandonai” e “J. Novák”
lunedì 4 maggio 2015
Sala Filarmonica, corso Rosmini 86, Rovereto - ore 11
I solisti di musica giovane
Vittorio Passerini violino
Corrado Bruni pianoforte
musiche di:
J. S. Bach (1685-1750), F. Mendelssohn Bartholdy (1809-1847), P. de Sarasate (1844-1908)
giovedì 7 maggio 2015
Sala Filarmonica, corso Rosmini 86, Rovereto
Ore 14 primo turno, ore 15 secondo turno. Durata: 50 min.
“Come si legge con le orecchie - alla scoperta dell’ascolto”
Orchestra delle Scuole musicali
“R. Zandonai” e “J. Novák”
Ingresso libero
Domenica 25 gennaio 2015
Rovereto, Sala Filarmonica
Orchestra della Scuola Musicale
del Comune di Suzzara
Metodo Abreu
Domenica 22 febbraio 2015
Rovereto, Sala Filarmonica
Francesco Valese
pianoforte
--Conservatorio F. A. Bonporti di Trento, sezione di Riva del Garda
Domenica 22 marzo 2015
Rovereto, Sala Filarmonica
Filippo Pedrotti
violino
Angela Dervishi
pianoforte
--Scuola Musicale Jan Novák, Conservatorio L. Marenzio di Brescia
Domenica 10 maggio 2015
Rovereto, Sala Filarmonica
Vittorio Passerini
violino
Corrado Bruni
pianoforte
Angelo Paluselli
pianoforte
--Conservatorio F. A. Bonporti di Trento
Domenica 12 aprile 2015
Rovereto, Sala Filarmonica
Ensemble di archi Marenzio
Conservatorio di Musica Luca Marenzio di Brescia
Ludovica Fierro
arpa
Francesca Pronto
arpa
allieve della Civica Scuola Musicale R. Zandonai
Luca Morassutti
Maestro concertatore
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MOMENTI
Incontri con compositori, interpreti e critici musicali
alle parole per raccontarla, al desiderio
INGRESSO
venerdì 30 gennaio 2015
Auditorium Jan Novák della Civica Scuola musicale R. Zandonai
corso Rosmini 78, Rovereto - ore 18.00
A proposito delle opere complete del genere umano
con Nicola Straffelini
La conversazione prende spunto dai versi di Edoardo Sanguineti: “uno scrive poesie perché altri possano scrivere
poesia dopo”, e si sviluppa come un percorso che, a partire da alcune opere del relatore, si ri-volge verso la tradizione
musicale più recente (con ascolti da Bruno Maderna, Franco Donatoni, Niccolò Castiglioni), intesa come permanenza
di pensieri e di suoni.
Dopo gli studi in pianoforte con Temenouchka Vesselinova e composizione con Armando Franceschini, Nicola
Straffelini si è perfezionato con Franco Donatoni. E’ autore di musica da camera, sinfonica e per il teatro, e pubblica,
fra le altre, con Schott London. Ha ottenuto numerosi riconoscimenti internazionali tra cui i premi Valentino Bucchi
di Roma e Sound connections di Bath (UK). Insegna composizione al Conservatorio di Castelfranco Veneto (TV).
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lunedì 16 febbraio 2015
Ridotto del Teatro Zandonai, corso Bettini, Rovereto - ore 18.00
Steve Reich, oltre il minimalismo
con Carlo Boccadoro
“Vorrei parlare dei lavori più recenti di Reich, quali Double Sextet, WTC9/11, Three Tales, Mallet Quartet, spiegando
come il linguaggio musicale di Reich sia passato attraverso una lunga serie di trasformazioni linguistiche che, senza
perdere la radice minimalista originaria di opere come Music for 18 Musicians, si sono poi espanse in direzioni molto
differenti incorporando suggestioni dalla cantillazione ebraica, dalla musica popolare e recentemente anche dalla
musica rock, come nel brano Radio Rewrite dove Reich utilizza frammenti melodici delle canzoni dei Radiohead.” Esempi musicali da cd.
Carlo Boccadoro è compositore, direttore d’orchestra, pianista, percussionista, divulgatore e musicologo. Ha
studiato al Conservatorio “G.Verdi” di Milano dove si è diplomato in Pianoforte e Strumenti a Percussione e ha
studiato Composizione. La sua grande personalità musicale esplora con grande perizia luoghi sonori molto diversi e
spesso molto distanti, dal Jazz della tradizione alla musica contemporanea più complessa e controversa.
Con Filippo Del Corno e Angelo Miotto ha fondato Sentieri Selvaggi.
MUSICALI
A cura di Francesca Aste
tra e con i musicisti per dare spazio alla musica,
di condividerla, con esempi e ascolti.
LIBERO
sabato 28 febbraio 2015
Ridotto del Teatro Zandonai, corso Bettini, Rovereto - ore 18.00
Presentazione del libro “Il Suono del Nord”
di e con Luca Vitali e il giornalista Roberto Segala.
“La Norvegia è un paese giovane che non deve fare i conti con una tradizione ingombrante, come l’Italia. La sua
gente ha un forte spirito identitario, clima e geografia l’hanno costretta all’isolamento dal resto d’Europa e le hanno
infuso un forte spirito d’avventura. Un paese dalla struttura societaria orizzontale, radicato nella grande tradizione
folk del violino di Hardanger che, grazie a Grieg prima e Garbarek poi, ha saputo valorizzare la riscoperta della
musica popolare indigena andando oltre le definizioni di genere, regalandoci una delle scene più creative, senza i
pudori e le ansie definitorie tipiche del nostro tempo. Una scena che grazie anche al sodalizio con la prestigiosa
etichetta ECM ha contributo all’evoluzione della musica europea.”
Luca Vitali (Bologna, 1967) scrive di jazz e altri suoni per il Giornale della Musica, AllAboutJazz e InSound,
collabora con IL – l’allegato mensile del Sole 24 Ore – e Radio Città del Capo ed è tra i membri fondatori di Europe
Jazz Media. Dal 2010 è tra i curatori artistici di Angelica Festival e organizza diverse iniziative nell’ambito della
musica e delle arti performative. Da anni collabora stabilmente con le istituzioni norvegesi (Reale Ambasciata e
Consolato di Norvegia – Jazzforum, Music Norway e Jazznytt).
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venerdì 13 marzo 2015
Auditorium Jan Novák della Civica Scuola musicale R. Zandonai
corso Rosmini 78, Rovereto - ore 18.00
Curve e punti di fuga
Cosimo Colazzo
“Il silenzio e la contemplazione. Ridurre il tempo, aprirlo a un “senza tempo” flessibile e galleggiante. Come
ottenere questo, componendo in griglie, numeri e schemi? Come calcolare il senso della curva e dei suoi giri, delle
aperture e delle vie di fuga? Questo stato aereo? Qui il punto e il senso della ricerca. Creare una soglia, del tempo
che respira liquido e si assoda, delle figure che emergono e si nascondono.”
Cosimo Colazzo (1964) è compositore, pianista e direttore d’orchestra. Docente di Composizione al Conservatorio di
Trento, dal 2012 è Faculty Member della Italian School del Middlebury College negli Stati Uniti. Del Conservatorio
di Trento è stato direttore dal 2005 al 2011. Fa parte dell’équipe di ricerca del CESEM, Centro de Estudos de
Sociologia e Estética Musical, della Universidade Nova di Lisbona. È autore di una vasta produzione compositiva,
premiata in concorsi nazionali e internazionali. Le sue composizioni sono pubblicate da Rai Trade.
venerdì 17 aprile 2015
Auditorium Jan Novák della Civica Scuola musicale R. Zandonai
corso Rosmini 78, Rovereto - ore 18.00
“Astratto con ricordi”: su alcuni luoghi del comporre
Roberto Conz
Conversazione con Roberto Conz e Paolo Miorandi
Parlare di musica, sappiamo, è cosa ostica.
Codici che resistono alla traduzione.
Metafore inefficaci.
Ma, forse, quello che possiamo fare è provare a parlare dei pensieri
che hanno motivato e generato la composizione di un lavoro.
E questo è ciò abita anche altri linguaggi, altri luoghi del nostro vivere assieme.
La necessità di pensare al complesso rapporto con la storia,
con i padri che ci hanno messo in forma lasciandoci le parole che costruiscono il nostro universo/multiverso.
Eredi di un ‘900 che è stato anche secolo di parricidi.
Di azzeramenti linguistici.
Sembra però che il reiterato ricercare il grado zero del linguaggio abbia condotto ad una perplessa afasia,
una sorta di lallismo culturale che ben si presta ad ogni possibile mistificazione.
Tra-dire la storia, scriveva Walter Benjamin, è l’unico modo per non vanificarla.
Roberto Conz si è occupato per un decennio di musica antica e composizione. Dal 1995 si è dedicato a fotografia e
arti visive, incentrando la propria ricerca sul rapporto tra parola e visione.
Negli ultimi otto anni si è dedicato esclusivamente alla composizione con un particolare interesse al rapporto tra
linguaggi storici e contemporaneità.
Paolo Miorandi lavora come psicoterapeuta e dedica alla scrittura parte del suo tempo. Le sue ultime pubblicazioni
sono Ospiti (2010), Nannetti (2012) e Verso il bianco (2014).
MUSICA A PALAZZO
FEBBRAIO - GIUGNO 2015 | XIV edizione
Concerti nei palazzi storici (ma non solo)
dei Quattro Vicariati
Ala - Avio - Brentonico - Mori
Eventi e Spettacoli della Scuola Musicale dei Quattro Vicariati per il Territorio
20 dicembre 2014 - Mori
Concerto per Stella - Il Natale di OperaPrima
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28 Marzo 2015 - Ala
Al Passo ... al Trotto ... al Galoppo ...
Spettacolo dei / per i bambini
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30 Maggio 2015 - Avio
Anco il Villano ballare fà il suo padrone
(storie e musiche dal Mondo Antico)
Spettacolo multimediale delle orchestre e degli ensemble della Scuola Musicale
--13 Giugno 2015 - Ala
OperaPrima Live
Concerto RockLab & JazzLab
INFORMAZIONI
OperaPrima - Scuola Musicale dei Quattro Vicariati
Via R. Zandonai, 1 – 38061 Pilcante di Ala (TN)
Tel. 0464 680000 - 349 0542909 - E-mail: [email protected] - www.operaprima.org
SCUOLA MUSICALE “JAN
Aperitivi in
Villa Lagarina - Palazzo Libera - ore 11.00
Domenica 16 novembre 2014
Quartetto Alfred
Beatrix Graf clarinetto
Roberto Alotti clarinetto
Marco Bruschetti clarinetto e clarinetto piccolo
Giampiero Costaraoss clarinetto basso
Los Angeles Sketches:
Woodland Hillibilly
Quietly
Olvera street
(Kenneth Lowman)
Fatica
Come volo di farfalle (ricordando Fabrizio)
(Edgar Caracristi)
Three Preludes
(arr. Ioan Dobrinescu – musica di George Gershwin)
Nègy romantikus jàtèk
Allegretto con leggerezza
Presto
Andante
Animato
(Gyulai Goàl Janos)
Klezmer Triptych
Lebedik un Freiylac
Rebn’s tanz
Freylacher Bulgar
(arr. Mike Curtis)
America dal Musical “West Side Story”
(arr. László Domotor - musica di Leonard Bernstein)
NOVÁK” VILLA LAGARINA
musica 2014
Ingresso Euro 5 | Prenotazione allo 0464 411893
Domenica 23 novembre 2014
Sintonizziamoci con la Musica
alla ricerca di immagini ed emozioni
Franco Bosio pianoforte
Domenica 30 novembre 2014
“Panisci Fistula”
Anna Boschi flauto e flauto basso
Sara Caliari flauto
Lucia Comandella flauto
Marco Pomarolli flauto
G. Ph. Telemann La caccia
(1681 - 1767)
Pastorale
Vivace
K. D. v. Dittersdorf
Notturno
(1739 - 1799)
Andante
Minuetto
Allegro
(1862 - 1918)
C. Debussy
Syrinx (1913) per flauto solo
(1921 - 1984)
tre preludi per tre flauti
J. Novák
Panisci Fistula
(1904 - 2003)
G. Petrassi
Dialogo angelico
E. Bozza
Jour d’été à la montagne
(1905 - 1991)
Pastorale
Au bord du torrent
Le chant des forets
Ronde
Tutti i concerti avranno inizio alle ore 20.45
Gli abbonati sono tenuti a prendere possesso dei loro posti entro le ore 20.40
trascorso questo termine i posti potranno essere messi in vendita.
***
Si ringraziano i redattori delle note ai concerti:
Giovanni Bellucci
Anna Boschi
Diego Cescotti
Monique Ciola
Giuseppe Carrer
Carlo Boccadoro
Luca Vitali
Diego Procoli
Lorenza Baldo
Realizzato e stampato in Italia, nel mese di ottobre 2015, dall’Azienda di Arti Grafiche
moschini advcom
38068 Rovereto (TN) - Via G. Tartarotti, 62 - [email protected]
Stampato su carta ecologica sbiancata senza cloro.
Associazione Filarmonica di Rovereto
38068 Rovereto (TN) - Italia - Corso Rosmini, 78
Tel. e Fax 0464·435255 - E-mail: [email protected]
www.filarmonicarovereto.it