B I B L I OT E CA D I «T E C HNAI»
*
1.
Progetto prin 2006
Coordinatore Nazionale
Paola Radici Colace
Responsabili di Unità
Paola Radici Colace (Messina), Silvio M. Medaglia (Salerno),
Livio Rossetti (Perugia), Sergio Sconocchia (Trieste)
Curatori di Area
logica: Flavia Marcacci
agricoltura: Emanuele Lelli
matematica: Flavia Marcacci
agrimensura: Lucio Toneatto
meccanica: Philippe Fleury
alchimia: Carmelo Lupini
alimentazione: Eugenia Salza Prina Ricotti medicina: Sergio Sconocchia
mineralogia: Annibale Mottana
architettura: Paola Radici Colace
musica: Simonetta Grandolini
astrologia: Paola Radici Colace
nautica: Pietro Janni
astronomia: Carlo Santini
ottica: Silvio M. Medaglia
botanica: Emanuele Lelli
pneumatica: Jean-Yves Guillaumin
cosmologia: Livio Rossetti
polemologia: Lucio Benedetti
diritto: Giuliano Crifò, Livio Rossetti
pseudo-scienza: Francesco Cuzari
filosofia: Livio Rossetti
tossicologia: Livia Radici
fisica: Silvio M. Medaglia
veterinaria: Violetta Scipinotti
fisiognomica: Fabio Stok
zoologia: Antonino Zumbo
geografia: Pietro Janni
idraulica: Gilbert Argoud
Maurizio Baldin
Aroldo Barbieri
Carlo Beltrame
Carlotta Benedetti
Cristiana Bernaschi
Serena Bianchetti
Francesca Boldrer
Maria Caccamo Caltabiano
Nadia Cacopardo
Fabio Cavalli
Maria Antonietta Cervellera
Daria Crismani
Alberto De Angelis
Daniela Di Petrillo
Chiara Diomedi
Francesco Fiorucci
Mauro Francaviglia
Francesco G. Giannachi
Collaboratori
Stefania Giombini
Anna Maria Ieraci Bio
Maria Nicole Iulietto
Massimo Lazzeri
Pietro Li Causi
Oddone Longo
Marcella Giulia Lorenzi
Giuseppe Lupini
Claudia Maggi
Giulio Magli
Brigitte Maire
Manuela Martellini
Francesco Moliterno
Daniele Monacchini
Rosa Otranto
Dmitri Panchenko
Giangiacomo Panessa
Giorgia Parlato
Piergiorgio Parroni
Rosario Pintaudi
Shara Pirrotti
Francesco Prontera
Francesco Ragni
Annalisa Romano
Elisa Romano
Vincenzo Russo
Matilde Serangeli
Giuseppe Solaro
Piero Tarantino
Vincenzo Tavernese
Paola Tempone
Giulia Tozzi
Mario Vegetti
Emmanuele Vimercati
Valentina Zanusso
Emanuele Lelli (coord.)
Carmelo Lupini (coord.)
Daniele Monacchini (coord.)
Maurizio Baldin
Nadia Cacopardo
Redazione
Anna Ciprí
Fernando La Greca
Flavia Marcacci
Alfonso Natale
Paola Paolucci
Giorgia Parlato
Livia Radici
Francesco Ragni
Vincenzo Tavernese
D I Z I O NARIO
D EL L E S C I E N Z E
E D E L L E T E C N IC HE
D I G R E C I A E RO MA
a c u r a di
pao la r a d i c i co lac e, s i lvio m. medaglia,
l i v i o ro s s ett i , s e rg i o s cono cc hia
di r etto da
pao la r a di c i colac e
·i·
a-l
PIS A · R OMA
FABRIZ IO SERRA E D IT O RE
MMX
Volume pubblicato con il cofinanziamento del miur e delle Università di Messina, Perugia,
Salerno, Trieste: Progetto prin 2006 Dizionario della Scienza e della Tecnica in Grecia e a Roma.
Autori e testi, Realien, saperi alle radici della cultura europea.
Coordinatore Nazionale
Paola Radici Colace
*
Sono rigorosamente vietati la riproduzione, la traduzione, l’adattamento,
anche parziale o per estratti, per qualsiasi uso e con qualsiasi mezzo effettuati,
compresi la copia fotostatica, il microfilm, la memorizzazione elettronica, ecc.,
senza la preventiva autorizzazione scritta della Fabrizio Serra editore®, Pisa · Roma.
Ogni abuso sarà perseguito a norma di legge.
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Edizione aggiornata: 2010
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isbn 978-88-6227-184-4 (brossura)
isbn 978-88-6227-203-2 (rilegato)
SOMMARIO
Introduzione
Nota del Coordinatore
Elenco generale delle voci
9
15
17
Dizionario
21
Bibliografia
Glossario (a cura di Paola Radici Colace)
Gli autori
1039
1187
1275
saggi
Livio Rossetti, Alle origini dell’idea occidentale di scienza e tecnica
Paola Radici Colace, Metafore della scienza e della tecnica: contributo alla lingua
ed all’immaginario
Vincenzo Tavernese, Fortuna e valutazioni della scienza e della tecnica antiche
nel pensiero medievale, moderno e contemporaneo
1291
1317
1323
archeoastronomia
lum. 4,31). L’alloro è di largo impiego sia a
livello gastronomico, come spezia, sia a livello
religioso (sacro ad Apollo), in riti e processioni (Plin. nat. 15,127-138 ; 23,152-158 ; Geop. 11,2-3).
Vasto impiego di arbusti come piante officinali
è oggetto delle trattazioni di →Dioscoride (34) e →Plinio (24-27).
[1]
 
 
 
Note. [1] Vd. White 1975, 29-104, ove sono descritti – per il mondo romano – i manufatti di cordame
e vimini più diffusi.
Emanuele Lelli
Archeoastronomia. 1. Introduzione. – Negli
ultimi decenni si è affermata una nuova scienza, l’Archeoastronomia. Scopo primo dell’A. è
misurare gli (eventuali) allineamenti astronomici presenti negli antichi monumenti, cioè gli
elementi architettonici (quali ad esempio finestre, condotti, assi di simmetria) che puntano
ad eventi celesti significativi, quali il sorgere e
il tramontare del sole ai solstizi – i giorni più
lungo e più corto dell’anno – o il sorgere delle
stelle brillanti subito prima dell’alba. Partendo
da queste informazioni essa cerca poi di approfondire i legami tra →astronomia, potere e
religione, e spesso accade che i ‘legami celesti’
risultano fondamentali per la comprensione di
un monumento o, talvolta, di un intero insieme di monumenti. Naturalmente, questo approccio è particolarmente rilevante quando si
ha a che fare con monumenti costruiti da civiltà che non avevano la scrittura, come ad esempio è il caso dei grandi monumenti megalitici
del nord Europa, quali Stonehenge. Tuttavia,
anche quando sono presenti testi scritti, spesso
essi tacciono su scopo, funzione e simbolismo
dei monumenti e l’A. si rivela una chiave di
lettura importante e talvolta inaspettata. Questo accade anche nel caso di molti monumenti
greci e romani, in particolare, come vedremo
più avanti, nel caso del tempio greco di Apollo
a Bassae e nel caso del Pantheon. A proposito della struttura ‘matematica’ del Pantheon,
ragioni di spazio ci impediscono di entrare in
maggiori dettagli oltre ai pochi che affronteremo in questa nota, che possono essere comunque facilmente ritrovati nelle numerose opere
scritte su tale argomento ; giova inoltre ricordare l’opera fondamentale di →Vitruvio.
2. L’orientazione dei templi greci. – L’orientazione dei templi greci, cioè la direzione verso
cui punta l’asse longitudinale del rettangolo di
base del tempio, fu studiata per la prima vol 
155
ta in modo sistematico alla fine dell’ottocento da Penrose (1893) e da Nissen (1896), e il
problema è stato poi ripreso varie volte, anche
di recente (Mickelson-Higbie 2005). Il tempio greco, tipicamente, ospitava una grande
statua della divinità ed era accessibile solo ai
sacerdoti, che officiavano i riti pubblici ponendosi all’esterno, sulla fronte. Di conseguenza,
la scelta dell’orientazione era particolarmente
importante perché da essa dipendeva, nelle varie ore del giorno, il modo in cui gli officianti
erano illuminati dal Sole durante i riti. Poiché
si sono conservati (almeno come basamento)
molti templi, per farsi un’idea dell’andamento generale dei dati si parte dal c.d. diagramma di orientazione, un semplice grafico di
uso comune in A. Si tratta di un cerchio nel
quale viene riportato un raggio per ogni monumento. Posto il nord in alto, il raggio viene
tracciato con un angolo rispetto al nord pari
all’azimut dell’asse del tempio. In tali diagrammi è conveniente indicare anche i due diametri che corrispondono alla massima ampiezza
solare, cioè agli azimut di levata e tramonto
del sole ai solstizi. In questo modo si vede subito se un dato monumento è orientato nella
‘ampiezza solare permessa’, cioè se il sole sorge o tramonta in allineamento con l’asse due
giorni all’anno, uno (nel caso di orientamento
a un solstizio) oppure mai. Nelle Figg. 1 e 2
sono riportati i diagrammi di orientazione dei
templi greci e dei templi della Magna Grecia,
distinti fra Sicilia e Italia continentale (AveniRomano 2000). Nel caso dei templi greci la
stragrande maggioranza degli assi cade all’interno dell’ampiezza del sole che sorge, con un
‘picco’ molto accentuato in corrispondenza al
sorgere del sole agli equinozi. È stato proposto
numerose volte che i giorni che corrispondono a questi azimut siano associabili, per ogni
singolo tempio, alle feste delle singole divinità
a cui i templi erano dedicati, ma non esiste una
prova definitiva di questa affermazione. Per
quanto riguarda i templi della Magna Grecia,
è opportuno distinguere la Sicilia dall’Italia peninsulare. Infatti, i templi della Sicilia sono di
regola orientati al sorgere del sole agli equinozi (ad esempio, il tempio di Eracle ad Agrigento). Invece nell’Italia peninsulare è presente
anche un altro ‘picco’ in prossimità del sorgere
del sole al solstizio d’inverno, forse originato
da una ‘mediazione’ con una tradizione locale
pre-greca. Osservando la Fig. 1 si vede che le
156
archeoastronomia
Fig. 1. Diagramma di orientazione dei templi greci.
Fig. 2. Diagramma di orientazione dei templi della
Magna Grecia (a sinistra) e della Sicilia (a destra).
eccezioni all’orientazione al sorgere del sole
cadono soprattutto nel settore dove il sole tramonta, tranne alcuni casi in cui i templi tendono ad essere orientati a nord o a sud. L’interpretazione di queste eccezioni deve essere
cercata in loco per ogni specifico tempio ; in
alcuni casi fu senz’altro dettata da necessità locali dovute alla topografia o all’urbanistica ; in
altri casi tuttavia rimane estremamente enigmatica, soprattutto quando è la disposizione
stessa dei templi, costruiti talvolta in luoghi
inaspettati, fuori dalle città, disposti in posizioni scenografiche a controllo, quasi a dominio,
di spettacolari paesaggi naturali (Scully 1962).
Discuteremo qui un caso particolarmente
importante, quello del tempio di Apollo che
si trova a Bassae, nel Peloponneso. Il tempio,
costruito nella seconda metà del v secolo a.C.,
si trova presso la sommità del monte Kotilion
ad oltre 1100 metri di altezza. Pausania riporta
 
 
che era tra i templi più importanti del Peloponneso e che fu costruito come ex-voto ad Apollo
in seguito ad una pestilenza avvenuta nel 430
a.C. La fronte di questo tempio è orientata con
buona precisione verso il nord vero (devia di
circa 2 gradi). Di conseguenza il sole non batte mai sulla facciata e la luce diretta entra nel
tempio da una apertura, abbastanza inusuale,
disposta sul lato est. Si tratta, come si è detto,
di una orientazione piuttosto curiosa che non
può essere spiegata con soli motivi topografici, visto che l’edificio sorge in mezzo al nulla,
sulla sommità di una spianata. Recentemente
(Liritzis and Vassiliou 2003) è stato proposto che il tempio sia orientato a nord perché
rivolto verso la regione delle aurore boreali,
le spettacolari bande luminose verde-azzurro
che possono talvolta essere osservate a causa
dell’interazione del vento solare con la ionosfera. A causa del campo magnetico terrestre
questo fenomeno è osservabile solo in due
regioni prossime ai poli magnetici (oggi lontane dalle latitudini temperate) che però in età
classica si estendevano fino all’Egeo. Le aurore, forse manifestatesi in concomitanza con il
cessare della pestilenza citata da Pausania, erano associate ad Apollo ed in particolare al suo
carattere ‘iperboreo’. Si pensava infatti che il
dio andasse a nord ogni inverno e ritornasse a
Delfi, sua sede di elezione, in primavera.
3. Roma. – In generale, gli studi sulle conoscenze di astronomia a Roma sono piuttosto
lacunosi, in particolare per ciò che riguarda la
Roma regia e il primo periodo repubblicano,
precedente dunque all’arrivo della cultura greca. Ad esempio, solo negli ultimi anni la storia
del calendario di Roma antica è stata affrontata
in modo sistematico e si è scoperto così che il
calendario numano, introdotto dal re Numa
Pompilio all’inizio del vii secolo e che fu in uso
a Roma fino alla riforma voluta da Cesare nel
46 a.C., era molto più raffinato di quanto si fosse sempre pensato e teneva conto della commensurabilità tra i cicli del Sole, della Luna e di
Venere (Magini 1997, 2001). Allo stesso modo,
sono ancora agli inizi gli studi di A. Solo recentemente, ad esempio, è stato affrontato in
modo sistematico il problema dei possibili legami tra l’astronomia e l’orientazione dei due
assi viari ortogonali delle città romane (Magli
2007, 2008, cui si rimanda per maggiori dettagli). Per quanto riguarda i templi, sappiamo
da Vitruvio che l’architetto doveva conoscere
archeoastronomia
l’astronomia (1, 10-11) ma risulta dalla poca letteratura esistente che, a differenza di quelli greci ed etruschi, i templi romani erano orientati
in modo sostanzialmente casuale, indipendente da riferimenti celesti (Aveni-Romano 1994).
La cosa tuttavia non appare del tutto convincente e il problema dovrebbe senz’altro essere
rianalizzato in modo sistematico. Infatti, almeno alcune delle orientazioni dei templi romani sono certamente non casuali. Inoltre, esiste
proprio a Roma un monumento unico, di una
bellezza e complessità straordinarie, che è sufficiente da solo a testimoniare della necessità,
dell’urgenza quasi, di uno studio sistematico
sui riferimenti astronomici presenti nei templi
romani : il Pantheon. Molto brevemente, ricordiamo che il Pantheon è progettato come una
gigantesca semisfera (una cupola del diametro
di 21,72 metri) ‘appoggiata’ su un cilindro di altezza pari al raggio e circonferenza di base pari
a quella della semisfera. Lo stato attuale in cui
lo vediamo, quasi intatto, è dovuto ad un progetto elaborato sotto Adriano (attorno al 125
d.C.) nel luogo dove si trovava un precedente
tempio, costruito da Agrippa (cui appartiene
l’iscrizione dedicatoria ancora oggi visibile)
distrutto per un incendio. L’edificio è disposto
con la parte frontale a nord, e di conseguenza
sul portico dell’ingresso non batte mai la luce
del sole, motivo per il quale esso appare a prima vista ‘freddo’. Si tratta di una scelta abbastanza singolare, dovuta però, come vedremo
tra un istante, a delle profonde motivazioni
simboliche. Sappiamo ben poco sulle funzioni del Pantheon e sui riti che vi si svolgevano ;
 
 
157
tuttavia lo storico Dione Cassio (53, 27) scrive
che ha questo nome, forse, perché tra le statue
che lo abbellivano si trovavano quelle di molti
dei, inclusi Marte e Venere ; ma la mia opinione
sull’origine del nome è, piuttosto, che a causa del suo soffitto a volta, esso ricordi il cosmo
stesso. Il Pantheon era dunque una sorta di
icona del Cosmo, la cui volta sferica era probabilmente legata all’idea che l’universo fosse
composto da sfere concentriche con la terra al
centro. Alla base del cilindro si aprono otto esedre : l’esedra a nord ospita l’ingresso e le altre
sette, con grande probabilità, erano dedicate
alle cinque divinità planetarie (Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno), al Sole e alla Luna ;
alla durata del mese lunare si riferiva forse la
scelta di disporre all’interno della cupola file di
ventotto cassettoni ciascuna. Il motivo per cui
l’edificio fu orientato a nord è, infine, legato
alla volontà di legare il potere e l’orgoglio di
Roma ad una ierofania, cioè una manifestazione ciclica legata ai fenomeni astronomici avente carattere sacro. Curiosamente, come spesso
accade alle ierofanie, anche quella del Pantheon era stata dimenticata (anche se forse Piranesi la conosceva ; cfr. Fig. 3) ed è stata riscoperta
solo in tempi recenti, proprio grazie ai recenti
studi di A. Il suo funzionamento, semplice in
principio quanto raffinato nella realizzazione,
è il seguente. La luce del Sole entra nel Pantheon solo attraverso l’occhio centrale della
cupola. A mezzogiorno locale il Sole passa in
meridiano e dunque la luce entra da sud, ad
una certa altezza ogni giorno diversa nel corso di sei mesi dell’anno, tra due solstizi. Al solstizio d’inverno l’altezza del sole è la minima
possibile e la luce batte sull’ingresso al di sopra
della porta ; al solstizio d’estate essa è invece la
massima possibile, e la luce batte sul pavimento, non lontano dal centro ; esiste dunque un
giorno in cui il sole a mezzogiorno illumina ‘a
pieno’ l’ingresso : è questo l’unico giorno in cui
il Pantheon non è ‘freddo’ per chi sta all’esterno, anzi invita ad entrare. Si tratta del Natale di
Roma, il 21 di aprile. La ierofania rende dunque
esplicita l’idea che Roma era parte fondante del
Cosmo di cui il Pantheon rappresentava una
replica (Del Monti-Lanciano 1990 ; Belmonte-Hoskin 2002 ; Magli 2007). Noi confidiamo
che questi pochi esempi concreti permettano
di comprendere come l’A., disciplina di studio
nata in tempi recenti, basandosi esplicitamente
e scientificamente sui ‘legami celesti’, aiuti lo
 
 
 
 
 
 
 
 
Fig. 3. L’interno del Pantheon in una incisione di
Piranesi. L’artista, forse non a caso, scelse di ritrarre l’edificio a mezzogiorno di un giorno speciale,
il 21 di aprile, quando il sole illumina a pieno l’esedra dell’ingresso.
 
158
archeologia subacquea
studioso moderno a ricostruire il bagaglio delle
nostre conoscenze sulle motivazioni che hanno
condotto gli antichi a costruire o ad orientare
un monumento (o addirittura un intero insieme di monumenti) in un modo piuttosto che
in un altro, evidenziando così precise e dettagliate conoscenze matematiche ed astronomiche, che l’assenza di testimonianze scritte ci ha
spesso indotto a considerare come inesistenti
al tempo stesso della loro costruzione.
Bibliografia. Aveni-Romano 2000 ; BelmonteHoskin 2002 ; Del Monti-Lanciano 1990 ; Dinsmoor ; Liritzis-Vassiliou 2006 ; Magini 2001 ;
Magini 1997 ; Magli 2005 ; Magli 2007 ; Magli
2008 ; Mickelson Higbie 2005 ; Nissen 1896 ; Penrose 1893 ; Scully 1962.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Mauro Francaviglia
Marcella Giulia Lorenzi
Giulio Magli
Archeologia subacquea. 1. Le potenzialità. – Le
scoperte dell’a. subacquea hanno contribuito
in maniera fondamentale alla conoscenza delle navi e della marineria antica le quali, prima
dell’avvento di questa disciplina, erano note
solo dalle fonti scritte e iconografiche, ossia
immagini di navi rappresentate su monumenti
e manufatti antichi. Tali testimonianze presentano però dei limiti a cui l’archeologia può fare
fronte. Le fonti scritte, ad esempio, sono estremamente avare di informazioni sulla tecnica
costruttiva mentre quelle iconografiche sono
molto importanti per la conoscenza dell’opera morta delle navi, ossia delle soprastrutture
emergenti dall’acqua, ma non certo per quella
dell’opera viva, che peraltro è la parte più interessante da un punto di vista tecnico. Va tenuto presente comunque che la conoscenza delle
navi antiche deve moltissimo anche allo studio
di imbarcazioni scoperte non sott’acqua bensì in aree interrate. Negli ultimi anni, ma non
solo, si sono susseguite numerose scoperte di
navi antiche all’interno di bacini portuali insabbiati quali quello fluviale di San Rossore a
Pisa e quelli litoranei di Napoli, Olbia, Marsiglia e Istanbul. A differenza dei fondali marini,
nei quali i relitti si conservano quasi sempre
solo nell’opera viva, le terre umide delle aree
portuali interatte o delle coste sopravanzate
permettono spesso la conservazione anche
dell’opera morta e quindi di buona parte degli scafi. Solo per fare degli esempi, dal porto
interrato di Olbia sono venuti alla luce alberi e
remi-timone di navi romane ed altre attrezzature che costituiscono documenti quasi unici
per la conoscenza delle parti sovrastrutturali
degli scafi antichi. Dal porto di San Rossore,
di Napoli e dai rami fluviali interrati di Mainz
e Oberstimm in Germania sono venute alla
luce le uniche imbarcazioni militari a remi
romane. Prima di questi ritrovamenti la conoscenza della tecnica della voga in età romana e
l’aspetto delle imbarcazioni a remi romane si
erano basati solo su studi iconografici. L’unico
ritrovamento marino di imbarcazione militare a remi antica proviene infatti dalla spiaggia
di Marsala. Si tratta di uno spezzone di prua
e di una sezione di poppa di imbarcazioni di
età punica interpretate, non senza però fondati
dubbi, come militari. Il resto dei rinvenimenti
subacquei è costituito da naviglio mercantile.
Rara eccezione, sia per il contesto di rinvenimento, un lago, sia per l’impiego, quale villagalleggiante dell’imperatore Caligola, sono le
navi di Nemi.
2. La storia degli studi. – La storia dell’a. subacquea nasce proprio con i tentativi di recupero, già nel Rinascimento, dei due poderosi
battelli di Nemi. Le esplorazioni delle navi
sono proseguite nell’Ottocento, inizialmente
per scopi antiquari poi scientifici, fino ad arrivare al faraonico progetto di recupero, ottenuto attraverso l’abbassamento del livello del
lago, compiuto negli anni Trenta del secolo
scorso, scandendo così le tappe fondamentali della nascita della disciplina. Ma è con l’invenzione dell’autorespiratore ad aria che le
scoperte navali subacquee si sono moltiplicate
esponenzialmente rispetto alle segnalazioni
di pescatori di spugne e di palombari. Inizialmente le esplorazioni di relitti antichi vennero condotte da semplici sommozzatori che
raccoglievano informazioni da trasmettere
all’archeologo in superficie; poi, nel 1960, George Bass, un ricercatore della Pennsylvania
University, consapevole dei limiti di una direzione dei lavori a distanza, scese sul fondale
di Capo Chelidonia in Turchia per condurre
le operazioni di documentazione di un relitto
di nave dell’età del Bronzo divenendo il primo
archeologo subacqueo. Da quel momento l’archeologo Bass, su segnalazione dei pescatori
di spugne turchi, sarà autore di alcune tra le
più importanti scoperte dell’archeologia subacquea scavando e studiando alcuni tra i più
co m p osto in ca r atte re da n te monotype dalla
fa b rizio se rr a e dito re, pisa · roma.
stampato e rilegato nella
t i po g r a fia di ag na n o, ag nano pisano (pisa).
*
Novembre 2010
(cz 2/fg 13)
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