Dal tempio pagano alla chiesa cristiana Di Maria Milvia Morciano Atene, il Partenone. © Foto Zappino olte chiese sorgono su edifici più antichi e ne riutilizzano le strutture. Gli esempi sono tantissimi: ben oltre 1400 casi, sparsi in tutta Europa, per non parlare di quelle che ne recuperano solo singoli elementi, come colonne, architravi, capitelli. Queste architetture più di ogni altre sembrano organismi viventi, cresciuti e sviluppati attraverso il tempo, tenendo sempre forte un legame con il luogo e le tracce preesistenti, che non scompaiono ma si uniscono e si armonizzano, simili a un palinsesto su cui si possono leggere i segni della storia. M Il riuso non riguarda solo templi pagani, ma anche edifici di altra funzione e natura, come terme, case private, impianti produttivi. Un caso celebre, benché tardo, è la Basilica di Santa Maria degli Angeli, progettata da Michelangelo, che sfruttò la grande sala del tepidarium delle Terme di Diocleziano, vicino alla Stazione Termini di Roma. Maggiormente degni di attenzione, comunque, rimangono i templi antichi trasformati in chiese, perché talvolta oltre alle strutture si conserva anche la memoria delle divinità adorate, che continuano a vivere negli attributi dei santi cristiani. Il tempio più famoso e sacro sull’acropoli di Atene, il Partenone, realizzato tra il 447 e il 438 a.C., fu ridedicato nel 432 alla Santa Sapienza, in greco «Aghia Sofia» ovvero il Verbo e quindi Cristo. La sapienza era la qualifica che connotava la dea Atena, che così non fu dimenticata, ma assorbita e reinterpretata dal cristianesimo. Nel 662 il tempio fu consacrato alla Vergine, invocata nel tempio come «Panaghia Ateniotissa», la Tutta santa di Atene, dove Panaghia identifica la Madonna. Il culto alla Vergine Maria venne a rimpiazzare quello alla vergine dea pagana. Il riuso preservò da distruzione certa numerosi templi o edifici antichi che, in stato di abbandono, sarebbero stati esposti a continue spoliazioni e distruzioni. Il Pantheon di Roma deve il suo nome al significato di «tempio dedicato a tutti gli dei». La sua costruzione fu iniziata nel 27 a.C. dal console © Mondo della Bibbia, Elledici, n. 74 - 43 Marco Agrippa, fu poi restaurato e completato nel 118 d.C. dall’imperatore Adriano, dopo i danni subiti dagli incendi dell’80 e del 110 d.C. Nel 608 l’imperatore Foca donò il tempio a papa Bonifacio IV che lo consacrò al culto cristiano nel nome di Sancta Maria ad Martyres. Le grandi tegole che coprivano originariamente il tetto e le travi che lo sorreggevano erano in bronzo dorato, come pure di bronzo era il grandioso portone, che è rimasto, mentre le tegole furono portate via dall’imperatore Costante II nel VII secolo e le travi da papa Urbano VIII Barberini, che le adoperò per fare il baldacchino di San Pietro e alcuni cannoni di Castel Sant’Angelo. Questo scempio fece commentare a Pasquino, che era la voce del popolo: «Quello che non fecero i Barbari, lo fecero i Barberini». Il Pantheon è comunque il monumento romano passato con i minori danni attraverso i secoli, tanto che oggi lo possiamo ammirare quasi nello stesso aspetto che aveva nell’antichità. La sua trasformazione in chiesa cristiana lo ha preservato pressoché intatto. L’affermazione della religione cristiana su quella pagana avvenne in modo complesso e non sempre senza traumi: rappresentò un momento decisivo con una trasformazione radicale della società antica, materializzata proprio in queste metamorfosi architettoniche. Ma in che modo avvennero queste trasformazioni? Quale fu il processo che le accompagnò e quale il suo valore simbolico? Già i Padri della Chiesa, come Giustino e Tertulliano, consideravano la religione pagana opera diabolica e i suoi dèi demoni travestiti in varie forme per indurre gli uomini al peccato che, nascosti nelle statue di culto, si nutrivano del fumo e del sangue delle offerte e delle vittime immolate. Per questo motivo, i martiri si rifiutarono di sacrificare e l’imperatore Costantino, dal 315-16, vietò i sacrifici con fuoco e fumo. I luoghi di culto della vecchia religione erano quindi considerati infestati dal demonio. Fu affermata la necessità di purificarli costruendo al loro posto un edificio cristiano. Addirittura Eusebio scrisse della necessità di distruggere radi- 44 - © Mondo della Bibbia, Elledici, n. 74 calmente i templi pagani, ma si tratta di una sua personale opinione, peraltro condivisa solo da alcuni gruppi più intransigenti. In realtà il processo fu più vario e complesso. A lungo resistettero i seguaci della vecchia religione, specie nelle classi dirigenti, e per questo motivo ci fu la necessità di mediare con loro per non giungere ad attriti troppo profondi. Mentre in Oriente il processo fu più radicale e distruttivo, la parte occidentale dell’Impero fu caratterizzata da maggiore cautela. Nel 408 si stabilì che tutti i templi pagani fossero destinati ad usi civici ed entrarono nel demanio imperiale. La demolizione dei luoghi di culto interessò soltanto quelli che sorgevano su terreni dati in affitto a privati. Conseguenza di questo provvedimento fu l’abbandono al degrado degli antichi edifici. Nel 458 fu stabilito che gli ornamenti degli edifici in rovina fossero riutilizzati per nuove costruzioni. Era quindi possibile ottenere la concessione imperiale di prelevare materiale dalla proprietà demaniale. Cosa che peraltro è già testimoniata circa vent’anni prima dai colonnati antichi riutilizzati per la basilica di San Paolo fuori le mura a Roma. I resti della Roma pagana rappresentavano anche il simbolo del suo antico splendore, della sua potenza perduta. Cassiodoro, ad esempio, ne parla con orgoglio e nostalgia, benché questi segni di antica gloria fossero ormai invasi dalle ortiche. Rimaneva nell’animo dei Romani una qualche convinzione superstiziosa che causa della perdita del potere fosse proprio l’abbandono di quelle antiche pratiche rituali, ritenute strettamente collegate alla fortuna di Roma. Questo convincimento è raccontato da Procopio, quando di notte, durante l’assedio di Roma del 537, alcuni cercarono di aprire le porte di Giano, come si usava in tempo di guerra. Le porte non si aprirono, bloccate dalla ruggine, sottolineando malinconicamente la fine di un’era. Tuttavia, sarebbe parziale definire la trasformazione dei templi pagani in chiese per il culto cristiano come un processo voluto e determinato da una sola matrice ideologica. Le fonti agiografiche insistono sui temi della sconfitta degli idoli, sulla potenza della croce, sull’esaugurazione, cioè il rito contrario all’inaugurazione, che aveva segnato il momento della fondazione del tempio pagano, ma come sempre succede nei grandi mutamenti storici, la realtà dovette essere senz’altro più sfumata. Probabilmente il significato delle fonti va recepito piuttosto nella volontà di evidenziare la polemica con il paganesimo, l’esaltazione della potenza insita nel credo cristiano, del suo portato assolutamente rivoluzionario e della sua vittoria sull’idolatria. È necessario prevedere anche motivi d’ordine pratico: il riutilizzo di strutture già esistenti offriva indiscutibili vantaggi economici perché Roma, L’isola Tiberina in un’incisione di Piranesi (particolare). Le caratteristiche costruzioni del tempio d’Esculapio, a forma di prua di nave. Roma, Il Pantheon in un’incisione di Piranesi. © Mondo della Bibbia, Elledici, n. 74 - 45 Discussioni sulla divinità di Cristo riadattare costava economicamente meno della costruzione di una chiesa fin dalle fondamenta. I risultati delle ricerche archeologiche dimostrano infatti minor tensione e un processo più equilibrato e graduale, che portò a sfruttare le strutture antiche per ragioni utilitaristiche. È evidente una distinzione ben chiara tra l’involucro architettonico e la sua funzione di tempio pagano, che poteva essere cancellata mediante riti di vero e proprio esorcismo. Ad esempio, nella vita del vescovo Gregorio di Agrigento, si raccontano le modalità della trasformazione del tempio della Concordia in chiesa cristiana, sul finire del VI secolo: furono scacciati i demoni che ancora si annidavano nel luogo, piantato il segno della croce, l’edificio restituito alla sua «bellissima forma» e quindi dedicato ai santi Pietro e Paolo. Gregorio di Agrigento seguì le stesse istruzioni che a quell’epoca papa Gregorio Magno aveva dato all’arcivescovo Mellito, quando si recò in Inghilterra per una missione evangelizzatrice. La distruzione degli idoli all’interno di un tempio lasciato intatto cancella il passato solo parzialmente, evitando traumi e frizioni con le popolazioni da poco evangelizzate. Sarebbe stato più facile, infatti, per i nuovi convertiti al cristianesimo riconoscere e abbracciare la fede cristiana all’interno di un luogo familiare. Il risultato è una continuità armoniosa. L’aspetto esteriore degli edifici subì cambiamenti evidenti ma non distruttivi: il riadattamento dei templi pagani in cristiani avvenne seguendo semplici accorgimenti, come la chiusura dei colonnati esterni e l’inserimento degli arredi funzionali alla liturgia. La scansione delle navate è impressa dalla preesistente cella del dio, che divide l’edificio longitudinalmente in tre parti. Lo spazio si specializza e si evolve verso forme diverse in modo graduale, a partire dall’aggiunta dell’abside. Un esempio particolarmente evidente di questo rispetto, per di più privo di componenti demoniache, riguarda le strutture del tempio di Esculapio sull’isola Tiberina, trasformato da Ottone 46 - © Mondo della Bibbia, Elledici, n. 74 III, nel 998, nella chiesa dei santi Adalberto e Paolino, poi di Bartolomeo. La caratteristica forma delle costruzioni dell’edificio più antico, a forma di poppa di nave, non fu cancellata, conservando memoria del mito che aveva accompagnato la nascita del famoso culto salutare, importato a Roma da Epidauro, città dell’attuale Turchia, tra il 292 e il 291 a.C., in concomitanza di una grave epidemia. La continuità tra Roma pagana e Roma cristiana si nota in modo particolare nella vera da pozzo sistemata all’interno della chiesa, che segna l’antica fonte sacra, elemento che contraddistingueva ogni tempio di Esculapio per le virtù curative dell’acqua. Quindi la chiesa di San Bartolomeo ereditò ed assorbì le stesse funzioni terapeutiche del luogo pagano, così che il dio greco fu sostituito dal Christus Medicus. Sull’isola fu fondato il convento dei frati ospedalieri di S. Giovanni di Dio, si insediò la Confraternita dei Sacconi Rossi e, infine, l’attuale Ospedale Fatebenefratelli. ■ Agrigento, Tempio della Concordia. © foto G. Pera Fazio degli Uberti, Dittamondo, XV secolo. Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, Marc. Ital. Cl. IX, 40, f. 18r. In accordo ai versi di Fazio, la miniatura raffigura Roma come una donna vestita a lutto, che piange la grandezza ormai passata dell’antica città, ben identificabile dall’Obelisco Vaticano, adiacente alla Basilica di S. Pietro.