24 gennaio A Casablanca in Marocco il presidente degli Stati Uniti Roosevelt e il primo ministro inglese Churchill decidono, dopo una settimana di discussioni, lo sbarco in Sicilia appena conclusa la campagna d’Africa Da dieci giorni Franklin Delano Roosevelt e Winston Churchill sono a Casablanca, sulla costa atlantica del Marocco. Il presidente degli Stati Uniti, sempre più in difficoltà nel nascondere la semiparalisi delle gambe, è arrivato nel pomeriggio del 14; è accompagnato dal capo dello stato maggiore dell’esercito, generale George Marshall, dal capo delle operazioni navali, ammiraglio Ernest King, e dal capo delle forze aeree, generale H. Arnold. Col primo ministro inglese, arrivato due giorni prima, il 12, è il capo dello Stato maggiore imperiale, il generale sir Alan Brooke (1). Da qualche mese la guerra ha preso una piega favorevole per gli alleati in tutti e tre i continenti: in Europa, dove le armate sovietiche hanno fermato l’esercito tedesco a Stalingrado (la città cadrà fra qualche giorno; la resa sarà firmata il 2 febbraio); in Africa, dove le truppe inglesi incalzano le truppe tedesche e italiane (ieri sono arrivate a Tripoli) ed è solo questione di tempo il congiungimento con le truppe americane e inglesi sbarcate in Marocco e in Algeria lo scorso novembre (2); in Estremo Oriente gli americani hanno riconquistato la supremazia navale ed aerea contro i giapponesi nell’Oceano Pacifico. Che cosa si può fare ora? Da Mosca Stalin continua con insistenza a chiedere l’apertura di un secondo fronte in Europa, cioè uno sbarco un Francia, e gli americani non sembrano contrari, sia pure con molte incertezze e preoccupazioni. Gli inglesi, invece, ritengono prematura una grande operazione nel nord della Francia e propongono uno sbarco nel Mediterraneo - in Francia o, meglio, in Italia - subito dopo la cacciata dei tedeschi e degli italiani dall’Africa. Da destra: Winston Churchill, Charles De Gaulle, Franklin Roosevelt, George Marshall un giornale inglese. De Gaulle e Giraud: due galli in un pollaio. E’ la vignetta di Roosevelt e Churchill (in basso, a destra) guardano divertiti La discussione fra inglesi e americani è durata una settimana, complicata anche dalla presenza a Casablanca di due esponenti della Francia libera: il generale Charles De Gaulle, che a lungo ha protestato con Churchill perché lo sbarco in Africa (l’Africa francese) è stato studiato e compiuto senza chiedere il suo parere, e il generale HenriHonoré Giraud. L’uno e l’altro si contendono la guida del Comitato francese di liberazione nazionale; vincerà De Gaulle, con Giraud come vice. Churchill, che considera De Gaulle un utile alleato ma un insopportabile rompiscatole, ha fatto di tutto per ottenere quello che chiamerà un “matrimonio forzato”. Poi dirà che tutti portiamo una croce, lui quella di Lorena. Ieri, comunque, Roosevelt e Churchill hanno raggiunto un accordo sul prosieguo della guerra; il progetto è quello inglese. Lo sbarco sarà in Sicilia, forse in agosto. Comandante in capo di tutte le operazioni sarà il generale Dwight Eisenhower, americano; inglesi gli altri: per le forze navali l’ammiraglio sir Andrew Cunningham, che è il comandante in capo della marina inglese nel Mediterraneo; per le forze aeree il maresciallo dell’aria sir Arthur Tedder; per le forze di terra il generale sir Harold Alexander. Per lo sbarco due unità operative: una inglese a oriente, comandata dal generale Bernard Montgomery, l’altra, americana, a occidente, comandata dal generale George Patton. Patton è il generale che ha guidato lo sbarco del novembre scorso in Marocco, proprio a Casablanca. Un’altra decisione: nessun negoziato; la guerra dovrà terminare con la resa incondizionata (3) delle “forze dell’Asse”. Si cerca tuttavia di addolcire il monito: “La posizione intransigente che abbiamo assunto” dice la dichiarazione finale “non riguarda i popoli, a cui non faremo alcun male, ma soltanto i loro colpevoli e barbari capi. Durante gli anni della Rivoluzione francese e americana fu stabilito il principio fondamentale su cui si basa l’intero edificio democratico in generale e le nostre democrazie in particolare, e cioè che l’autorità dei governi nasce dal popolo e solo dal popolo. Uno degli obiettivi della nostra guerra, già previsto dalla Carta atlantica (4), è quello di permettere ai popoli conquistati oggi di tornare domani ad essere padroni del proprio destino”. Stamani Roosevelt e Churchill hanno tenuto una conferenza stampa. E’ stata una sorpresa per tutti, perché nessuno era venuto a sapere che i due maggiori personaggi della guerra contro Hitler erano a Casablanca, e da tanti giorni. Churchill ne ha approfittato per costringere De Gaulle e Giraud a sedere accanto a lui e a Roosevelt e addirittura a stringersi la mano davanti ai fotografi. Alla fine della mattinata Roosevelt si preparava a partire, ma Churchill) lo ha persuaso a non perdere l’occasione di visitare Marrakech (5); è la “Parigi del Sahara” gli ha detto; una città, ha aggiunto, diventata famosa per i piaceri della vita: indovini, incantatori di serpenti, cibi e bevande in quantità e le più raffinate case di malaffare di tutto il continente africano (6). Duecentocinquanta chilometri nel deserto, cinque ore di auto in una bella giornata di sole (“mi sembrava di ringiovanire” racconterà Churchill, 68 anni). A Marrakech si sono fermati in una splendida villa che la proprietaria americana ha dato in affitto al viceconsole del suo paese. Questa sera Roosevelt è stato portato, su una sedia, sulla torretta della villa e tutti hanno contemplato il tramonto sulle cime nevose dell’Atlante. Dopo, la cena. Una “allegra cena” dirà ancora Churchill: “Poi tutti cominciammo a cantare. Cantai anch’io e il Presidente si unì al coro, accennando persino, a un certo momento, a un ‘a solo’”. Domani mattina Roosevelt partirà per tornare alla Casa Bianca. Gli aerei hanno ancora poca autonomia e il volo sarà lungo: scali a Lagos, a Dakar, poi in Brasile e poi Washington. La partenza è stata anticipata all’alba, e Churchill si alzerà in tutta fretta, si infilerà una tuta con chiusura lampo sopra la camicia da notte e così, in pantofole, accompagnerà il “collega” Roosevelt (“presidente” lo chiama in genere nelle sue memorie, ma ogni tanto “collega”) fino all’aeroporto. Poi, tornato alla villa, salirà sulla torretta e si metterà a dipingere: “L’unico quadro che sia riuscito ad abbozzare durante il conflitto” scriverà. ------------------------------------------------------------------------(1) La conferenza di Casablanca è la prima fra i “grandi” della seconda guerra mondiale; per ora i “grandi” sono solo due: Roosevelt e Churchill. La seconda sarà a Teheran, alla fine di novembre del 1943, e i “grandi” saranno tre; ci sarà anche Stalin; si discuterà sulle operazioni militari e sul dopoguerra. La terza sarà a Jalta, in Crimea, nel febbraio del 1945; si deciderà sul futuro della Germania, sui nuovi confini della Polonia, sulla dichiarazione di guerra dell’Urss al Giappone. La quarta a Potsdam, Berlino, dal 17 luglio al 2 agosto del 1945, dopo la fine della guerra in Europa, fra Stalin, Truman (Roosevelt è morto qualche mese prima) e Attlee (che è succeduto a Churchill nel governo del Regno Unito). (2) Lo sbarco angloamericano nell’Africa del nord avvenne l’8 novembre del 1942 su tre direttrici: Algeri e Orano nel Mediterraneo e Casablanca sulle coste atlantiche del Marocco. L’operazione, chiamata “Torch” (in inglese “torch” significa anche “fiaccola”; “torch of liberty” è la “fiaccola della libertà”), impiegò più di centomila soldati e una flotta dove solo le portaerei erano sette. Le truppe francesi, che erano composte in maggioranza di locali e, comandate dal generale Darlan, dipendevano dal governo collaborazionista francese di Vichy, opposero scarsa resistenza. La resa fu firmata dopo tre giorni, l’11. Per ritorsione Hitler ordinò l’occupazione del territorio della Francia che formalmente era sotto l’autorità del governo guidato dal maresciallo Pétain. (3) L’espressione “resa incondizionata” fu tema di un lungo dibattito. Qualcuno sosteneva infatti che una così dura affermazione avrebbe colpito i popoli più che i capi, rischiando di prolungare la guerra e di rendere più difficile la ricostruzione postbellica. In ogni caso Churchill, che evidentemente capiva gli italiani meglio di Roosevelt e degli altri, riteneva che si dovesse escluderne l’Italia. Ci fu poi un grande confusione, come lo stesso Churchill ammette nelle sue memorie. Nel comunicato ufficiale l’espressione non appariva, ma inaspettatamente fu usata da Roosevelt nel suo intervento alla conferenza stampa. Sicché la “resa incondizionata” ricomparve nei resoconti giornalistici e in alcune versioni della dichiarazione finale, dove, però, si parlava della Germania e del Giappone, ma non dell’Italia. (4) La “Carta atlantica” fu firmata dal presidente Roosevelt e dal primo ministro Churchill il 18 agosto 1941 a bordo della nuovissima corazzata inglese Prince of Wales, ancorata al largo di Terranova nel Canada, quando gli Stati Uniti non erano ancora entrati in guerra. Il documento enunciava otto principii di politica internazionale da applicare dopo la fine della guerra: nessuna intenzione di ingrandimenti territoriali; mutamenti territoriali solo su libera decisione dei popoli interessati; diritto di tutti i popoli a scegliere la forma di governo; libertà di accesso ai commerci e alle materie prime; collaborazione fra tutti i popoli nel campo economico; libertà dal timore e dal bisogno in tutti i paesi; libertà di navigazione in tutti i mari; abbandono dell’impiego della forza e incoraggiamento di tutte le misure praticabili per alleggerire il peso degli armamenti. La “Carta atlantica” fornì la base per la Carta delle Nazioni Unite del giugno 1945. (5) Città in cui vivevano poliziotti francesi e spie naziste, perseguitati politici antifascisti e avventurieri di ogni nazionalità, Casablanca dette spunto, nel 1941, a uno dei film (uscito alla fine del 1942) di maggior successo negli anni della guerra negli Stati Uniti e in Inghilterra e del dopoguerra in tutti paesi dell’Europa occidentale. Il film Casablanca, regia di Michael Curtiz, era interpretato da Humphrey Bogart e da una giovane Ingrid Bergman. (6) La cronaca è nel volume secondo, parte quarta, delle memorie di Churchill (La seconda guerra mondiale, Mondadori, 1951).