Gli alternatori
L'alternatore è una macchina elettrica rotante basata sul fenomeno dell'induzione elettromagnetica, che
trasforma energia meccanica, fornita da un motore primo (turbina idraulica, a vapore, a gas o eolica
oppure motore diesel o a carburazione) ad esso collegato, in energia elettrica sotto forma di corrente
alternata, sia monofase che trifase.
Gli alternatori sono macchine diffusissime e fondamentali per la produzione dell'energia elettrica: infatti
vengono impiegati in quasi tutte le centrali di produzione di energia elettrica, le quali poi la trasformano
in modo da consentirne il trasporto e la distribuzione sul territorio. Sono inoltre impiegati in tutti i gruppi
elettrogeni sia marini (ossia presenti su tutte le imbarcazioni) che terrestri (per tutte le applicazioni sulla
terraferma). Infine l'alternatore ha progressivamente sostituito la dinamo nella produzione di energia
elettrica nelle automobili ed in tutti gli altri veicoli a motore. Esso ha la funzione di mantenere carica la
batteria, necessaria all'avviamento del motore, ed alimentare l'impianto elettrico di bordo. Poiché
quest'ultimo funziona in corrente continua è presente a valle dell'alternatore un ponte raddrizzatore a
diodi che ha la funzione di trasformare la corrente alternata prodotta, in corrente continua e consentirne
così il suo accumulo nella batteria.
Principio di funzionamento.
Prima di passare ad analizzare come è fatto un alternatore è utile ricordare come si genera una tensione
o una corrente alternata sinusoidale, ossia facendo ruotare un magnete all'interno di una spira, o di
un avvolgimento.
Per spiegare ciò dobbiamo ricordare la legge dell'induzione di Faraday e la definizione di flusso
magnetico.
Il flusso magnetico concatenato con la spira sappiamo essere dato da: Φ = B*S*senα, essendo quindi α
l'angolo formato dall'asse S-N del magnete con il
piano della spira di area S. Se il magnete ruota
con velocità angolare costante ω, l'angolo che,
istante per istante, individua la posizione del
magnete sarà dato da: α(t) = ω * t, ossia dal
prodotto della velocità angolare ω (costante) per
per
il
tempo
t
(che
invece
aumenta
in
continuazione): quindi l'angolo α aumenta con
continuità. Di conseguenza il flusso magnetico
attraverso la spira varierà con legge sinusoidale.
La legge di Faraday ci dice: E = - ΔΦ / Δt, ossia la FEM (forza elettromotrice = differenza di potenziale a
vuoto) indotta ai capi della spira è data dalla variazione del flusso (che abbiamo appena visto variare con
andamento sinusoidale), nonché dalla rapidità con cui tale variazione avviene. La rapidità con cui
avviene la variazione significa semplicemente che più velocemente facciamo ruotare il magnete,
maggiore sarà la d. d. p. prodotta. Ovviamente questa sarà legata anche all'induzione magnetica B ed
all'area della spira S: ciò, in termini pratici significa che più potente sarà il magnete oppure più grande
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sarà la spira maggiore sarà la d. d. p. indotta.
L'alternatore
Nell'alternatore invece di avere una sola spira si ha un avvolgimento, ossia un insieme di spire collegate
in serie, al fine di aumentare la tensione prodotta (se una spira mi da tanto, n spire mi daranno n volte
tanto). Inoltre l'avvolgimento si trova immerso in un
cilindro cavo di materiale ferromagnetico (con una
elevata permeabilità magnetica μ), al fine di
contenere e convogliare il flusso prodotto dal
magnete,
senza
disperderlo
circostante. A tal scopo
detto
nello
spazio
cilindro,
che
costituisce lo statore della macchina, presenta al
suo
interno
due
assiali
e
appunto,
ad
alloggiare l'avvolgimento. Si arriva così
allo
diametralmente
scanalature
opposte,
atte,
schema di figura:
Questo è lo schema dell'alternatore monofase a magneti permanenti ad una coppia polare, ossia
contenente due soli poli magnetici: un NORD ed un SUD.
E' questa una macchina sincrona in quanto una rotazione
completa del magnete (360°) induce nell'avvolgimento un
ciclo di sinusoide; di conseguenza la frequenza della
tensione da esso generata sarà legata alla velocità di
rotazione del rotore, espressa in giri al minuto (rpm) dalla
semplice formula:
f = n / 60 [Hz], ovvero: n = f * 60 [rpm].
Si osserva facilmente che per ottenere una tensione a 50 Hz come quella di rete l'alternatore deve girare
a 3000 rpm; tale velocità deve essere ovviamente la stessa del motore a cui l'alternatore è collegato. Ma
se 3000 rpm per una turbina a vapore o a gas (centrali elettriche) o un motore a ciclo otto (piccoli gruppi
elettrogeni) sono una velocità consona, lo sono di meno per un grosso motore Diesel (grossi gruppi
elettrogeni) ed ancor meno per una turbina idraulica (centrali idroelettriche). Nasce quindi l'esigenza di
ottenere la stessa frequenza di rete con velocità di rotazione inferiori, senza dover interporre fra motore
ed alternatore un moltiplicatore di giri. Ciò si ottiene facilmente
aumentando i poli magnetici del rotore. Osservando la figura si
capisce facilmente che in questo caso (4 poli magnetici, ossia 2
coppie polari) si ottiene un ciclo completo di sinusoide con mezzo
giro del rotore (passaggio da polo N a S e poi ancora N); in altri
termini con un giro completo del rotore si ottengono due cicli di
tensione sinusoidale. Ne consegue che per ottenere la frequenza di
50 Hz è necessario in questo caso n = 3000/2 = 1500 rpm. Possiamo
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iterare il ragionamento con 3 o 4 coppie polari giungendo alla conclusione che:
n=
f ∗60
p
essendo p il numero di coppie polari presenti nel rotore.
Gli schemi finora visti si riferiscono ad alternatori a magneti permanenti, nei quali quindi il flusso
magnetico induttore è prodotto da magneti. Ciò avviene solitamente per alternatori di piccola taglia
essendo i magneti permanenti costosi e con la tendenza a
smagnetizzarsi.
Per applicazioni più importanti si utilizzano degli elettromagneti,
ossia i poli del rotore sono costituiti da materiale ferromagnetico con
avvolto intorno del filo di rame, nel quale si fa circolare corrente
elettrica continua per produrre il campo magnetico. L'avvolgimento
rotorico che produce il flusso magnetico induttore è chiamato circuito
di eccitazione. Per alimentare questo circuito che ruota assieme al
rotore è necessario ricorrere a dei contatti striscianti, costituiti da
una coppia di anelli in rame solidali all'albero del
rotore
a
cui
sono
collegati
i
due
capi
dell'avvolgimento rotorico e da una coppia di
spazzole fissate allo statore, che strisciano sugli
anelli. In questo modo basta collegare le due
spazzole ad un generatore di corrente continua
e questa passa attraverso le spazzole agli anelli
di rame per poi circolare nel circuito di
eccitazione producendo il campo magnetico
induttore. Un vantaggio di questa soluzione consiste nel fatto che regolando la corrente di eccitazione
possiamo variare il flusso magnetico induttore e quindi la tensione prodotta dall'alternatore. In realtà, in
base alla legge di Faraday, la FEM prodotta da un alternatore è legata sia al flusso che alla velocità di
rotazione: E = K*Φ*n, essendo K una costante che dipende dalle caratteristiche costruttive della
macchina ed n i giri/min del rotore. Ma, per un alternatore connesso alla rete elettrica, n non può variare
in quanto legato alla frequenza che deve essere rigorosamente costante, per cui l'unico modo per
variare la tensione è attraverso la corrente di eccitazione che produce il flusso Φ.
Per realizzare poi un alternatore trifase è sufficiente aggiungere
all'alternatore monofase altri due avvolgimenti uguali e sfasati di 120°
fra di loro. Si ottiene così lo schema di figura.
Questi tre avvolgimenti vengono solitamente fra di loro collegati a stella
in modo da aumentare la tensione di linea (concatenata).
Un cenno infine alle caratteristiche costruttive: abbiamo lo statore che
deve essere in materiale ferromagnetico a bassa isteresi e costituito da
tanti lamierini impacchettati, per ridurre le perdite per isteresi e per
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correnti parassite: in esso infatti il flusso magnetico varia in continuazione essendo legato al rotore, che
come sappiamo ruota al suo interno. Il rotore invece è costituito da un albero in acciaio che sorregge il
tutto, dal collettore ad anelli in rame e dalle espansioni polari: queste devono essere in materiale
ferromagnetico in quanto attraversate dal flusso, ma non è necessario realizzarle in lamierini in quanto in
esse il flusso è statico, quindi non genera né fenomeni di isteresi magnetica, né correnti parassite. Sono
quindi realizzate in materiale pieno. Ai due stremi dello statore vi sono infine due flange, in alluminio o
acciaio, che chiudono il tutto ed alloggiano i due cuscinetti che sorreggono l'albero del rotore. Si
riportano di seguito alcune immagini di alternatori di diversa taglia.
Alternatore Centrale Termoelettrica
Alternatore centrale idroelettrica
Alternatore automobile
Alternatore generatore eolico
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