Cultura e tendenze
TENDENZE
di Mario Dal Bello
I
n Italia abbiamo la Lux
che sforna da anni fiction religiose. Non ha
mancato ad un appuntamento, dagli eroi biblici
Mosè, David e Sansone, fino ai profeti come Geremia
e ai personaggi evangelici
come Tommaso e Giuda.
Dalla Creazione all’Apocalisse, passando dagli ultimi
giorni di Pompei a Barabba
e alle figure di santi e papi.
Insomma, da noi la fiction
religiosa, a quanto pare,
“tira”. Il risultato? Prodotti seriali, spesso dignitosi,
a buon uso di un pubblico
che al racconto in chiave
religiosa in realtà non ha
mai rinunciato.
Se ne sono accorti a
Hollywood. Non è la prima volta che le Major
americane si interessano di cinema biblico. La
Scrittura fornisce copioni a
volontà e per di più non ci
sono diritti d’autore, dato
che la Bibbia è il libro più
letto al mondo e patrimonio universale.
È anche nota la matrice
ebraica di numerose imprese hollywoodiane, logicamente interessante – con
l’occhio attento al risvolto
economico – a trasporre
sullo schermo episodi che,
“riletti e reinterpretati” secondo la sensibilità attuale,
saranno accolti con favore
a livello planetario. Il successo di film come The
Passion di Mel Gibson nel
2004 e de L’ultima tentazione di Cristo di Scorsese
nel 1988, parla chiaro.
Negli anni Cinquanta e Sessanta c’era stata
un’invasione di kolossal a
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Risorge
il cinema biblico?
Hollywood al lavoro su tanti kolossal ispirati
alle Scritture. Voglia di spiritualità e di pubblico
tema biblico. A volte sconcertanti: gli sceneggiatori
diventavano dei contorsionisti letterari pur di dare credibilità “moderna”
a episodi cui la Scrittura
dedica poco spazio, come
Sansone e Dalila, oppure
Sodoma e Gomorra o David e Betsabea. Nasceva
un miscuglio di sacro (poco) e profano (molto) che
però attirava il pubblico.
Anche campioni d’incasso
come I dieci comandamenti con Charlton Heston, lasciavano largo spazio alla
fantasia per “ricostruire”
l’antico Egitto e le epifanie sul Sinai, mentre La
Bibbia di John Huston si
spingeva sul lato catastrofico e onirico. Huston fra
il resto si professava agno-
stico, sentendosi perciò libero dinanzi al testo sacro.
Una condizione in cui paiono trovarsi i registi che
sono oggi al lavoro per la
ripresa alla grande – con il
3D – dei fatti scritturistici.
In Islanda c’è la star
Russel Crowe che dà corpo e voce a Noè di Darren
Aronofsky (125 milioni di
dollari!) per conto della
Paramount, in uscita entro
il 2014. La Warner Brothers non si tira indietro e
progetta un film su Mosè,
diretto dall’ebreo Spielberg, e un altro su Ponzio
Pilato. Le risponde la 20th
Charlton Heston è Mosè
nei “Dieci comandamenti”.
A des.: Russel Crowe nei
panni di Noè, film in uscita
nel 2014. Sotto: scena
da “The Passion”.
Century Fox con un nuovo Mosè diretto da Ridley
Scott, mentre l’olandese
Paul Verhoeven (quello del
trasgressivo Basic Instinct) pensa ad un suo Gesù
di Nazareth. Certo, dopo i
Gesù di Pasolini, Zeffirelli,
Rossellini e Scorsese, una
bella sfida.
Viene da chiedersi il
motivo di questa ripresa
alla grande del filone biblico. Certo il pubblico –
abituato alle rivisitazioni
del mito classico o più o
meno nibelungico (da Teseo a Perseo fino a Conan
e compagni) e ai supereroi fumettistici –, desidera
storie avventurose e spettacolari, che appaghino il
sogno di immortalità e di
vittoria.
In un’epoca di crollo di
ideali e di economia instabile, di sconfitta dell’ottimismo capitalistico a livello
mondiale, anche ora, come
nel secondo dopoguerra, si
guarda a personaggi forti
e coraggiosi. Ma dopo gli
eroi, si intuisce il bisogno
di qualcosa di più profondo, che guidi la storia, ora
incerta e confusa.
Si ritorna al “libro dei
libri”, per appagare un
desiderio di spiritualità
mai sopito. Rimane il gusto dello spettacolo e per
le Major l’occasione di
incassi planetari, ma per
quanto film del genere siano difficili da rendere in
modo soddisfacente, pure,
secondo Verhoeven, «il
cinema può aiutare a migliorare il discorso sulle
fedi». Detto da lui, non è
poca cosa. Anche quando
aggiunge che «il nocciolo
etico della lezione di Gesù
dovrebbe venire impiantato nel nostro modo di pensare». Chi se lo sarebbe
aspettato?
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