LAURA BOTTINELLI La nascita e lo sviluppo del marketing relazionale Quaderno di ricerca n.5 1 COMITATO SCIENTIFICO Prof. Paolo AUTERI Prof. Carlo BERNINI CARRI Prof. Gabriele CIOCCARELLI Prof. Fulvio FRANCAVILLA Prof. Giorgio GIORGI Prof. Salvatorangelo LODDO Prof. Matteo MATTEI GENTILI Prof. Piero MELLA Prof. Enrico PEREGO Prof. Luigi RINALDI Prof. Ferdinando SUPERTI FURGA Prof. Vittorio VACCARI Prof. Dario VELO Prof. Antonella ZUCCHELLA I diritti di riproduzione e di adattamento totale o parziale e con qualsiasi mezzo (comprese le fotocopie, i films didattici e i microfilms) sono riservati per tutti i paesi Marzo 2004 ________________________________ COPYLAND Via S.Felice, 4 - 27100 PAVIA Tel. 0382.30.17.97 2 La nascita e lo sviluppo del marketing relazionale Laura Bottinelli∗ 1. La crisi ed il superamento del paradigma di marketing transazionale. I primi studi nell’ambito del marketing risalgono già alla fine degli anni venti, ma è solamente a partire della seconda metà del secolo scorso che questa disciplina ha sperimentato un significativo sviluppo ed una concettualizzazione maggiormente organica1. In particolare, ciò si è tradotto in una progressiva evoluzione dell’oggetto stesso degli studi di marketing, conseguenza della continua espansione verso ambiti applicativi sempre nuovi. La premessa di fondo che sottende alla disciplina del marketing, così come elaborata nelle sue prime formulazioni, pone al centro dell’attenzione degli operatori le singole transazioni poste in essere con la clientela. Il comportamento delle parti coinvolte nello scambio è visto in funzione di alcuni parametri che caratterizzano la transazione stessa, che sono tipicamente identificabili in termini di prodotto/prestazione e di prezzo. Tali parametri vengono gestiti unilateralmente dal venditore, che rappresenta l’unico soggetto attivo dello scambio. Il problema di marketing per quest’ultimo si identifica, quindi, nella definizione della migliore combinazione dei parametri dell’offerta, al fine di suscitare una risposta positiva nella controparte2. Il paradigma di marketing transazionale individua uno strumento semplice ed immediato per la gestione dei parametri dell’offerta: il marketing mix3. Queste caratteristiche hanno favorito l’adozione di questo strumento da parte della generalità delle imprese, evidenziandone al contempo alcuni rilevanti limiti. In particolare al marketing management viene riconosciuta una autonomia funzionale che non rende possibile l’individuazione e lo sviluppo delle sinergie derivanti da un orientamento ∗ Dottorando, Università degli Studi di Pavia, Facoltà di Economia, via S. Felice 7, 27100 Pavia. E-mail: [email protected] 1 Kotler P., 1976, Marketing Management, ISEDI, Milano. 2 Varaldo R., Stanton W., 1987, Marketing, Il Mulino, Bologna. 3 Borden N., 1964, “The Concept of the Marketing Mix”, in Journal of Advertising Research, vol. 4, pp. 2-7. 3 strategico maggiormente integrato. Questo approccio si caratterizza, inoltre, per una scarsa attenzione al contesto internazionale e per un orientamento adattivo nei confronti dell’ambiente. I cambiamenti strutturali che hanno interessato, a partire dagli anni settanta, il contesto competitivo in cui le imprese sono chiamate ad operare hanno reso i limiti dell’approccio di marketing tradizionale maggiormente evidenti. Ciò si è tradotto nello sviluppo di alcuni filoni di critica a questo paradigma che hanno tratto spunto dall’analisi di alcune evidenze empiriche. In primo luogo, a partire dagli anni settanta, le imprese americane sperimentarono una crescente perdita di competitività rispetto alle concorrenti giapponesi e alcuni Autori attribuirono la causa di questo fenomeno all’orientamento strategico da queste assunto che conferiva importanza crescente agli strumenti operativi individuati dal paradigma tradizionale di marketing. L’attenzione posta esclusivamente sulla definizione delle variabili che compongono il marketing mix si traduceva in una limitata ricerca di vantaggi competitivi di lungo periodo. Si evidenziava, quindi, l’incapacità di questo approccio di favorire un orientamento delle imprese alla continua innovazione, favorendo piuttosto la diffusione di prodotti imitativi, il cui successo era principalmente determinato dagli elevati investimenti in differenziazione e comunicazione attuati. Altri Autori hanno anche individuato come questo approccio di marketing, enfatizzando la redditività di breve periodo, abbia favorito, da parte delle imprese, l’adozione di un orientamento temporalmente limitato e meramente adattivo nei confronti dell’ambiente di riferimento esterno4. Un secondo filone di critica al paradigma tradizionale di marketing ha preso avvio dai tentativi di ampliamento degli ambiti applicativi di questo approccio5. Le difficoltà incontrate in questi primi esperimenti in settori differenti, soprattutto con riferimento ai servizi, evidenziarono come l’approccio tradizionale sottendesse ipotesi di comportamento degli operatori e di struttura del mercato che si potevano ricondurre unicamente al mercato dei beni di consumo di massa. 4 Tra gli Autori che maggiormente hanno sostenuto questo filone di critica si possono ricordare: Wind Y., Robertson T.S., 1983, “Marketing Strategy: New Directions for Theory and Research”, in Journal of Marketing, vol. 47, pp. 12-25; Zeithaml C., Zeithaml V., 1984, “Environmental Mangement: Revising the Marketing Perspective”, in Journal of Marketing, vol. 48, pp. 46-53. 5 Particolarmente rilevante è l’articolo pubblicato da Kotler e Levy nel 1969 in cui si evidenzia come anche le associazioni senza fini di lucro pongano in essere delle vere e proprie azioni di marketing. Kotler P., Levy S.J., 1969, “Broadening the Concept of Marketing”, in Journal of Marketing, pp. 10-15. 4 Con riferimento al primo aspetto, l’approccio di marketing transazionale assume a riferimento un modello di scambio che si caratterizza per la sua unidirezionalità; solamente il venditore, infatti, è chiamato a svolgere un ruolo attivo nel processo di transazione. Inoltre, viene ipotizzata una struttura di potere asimmetrica tra le parti che realizzano lo scambio. L’acquirente, singolarmente considerato e data la scarsa rilevanza dei suoi acquisti sul totale del venditore, non dispone di una forza contrattuale tale da consentire la negoziazione delle caratteristiche del prodotto/servizio e delle condizioni contrattuali. Infine l’approccio tradizionale fa riferimento ad una struttura atomistica del mercato composta da numerosi acquirenti anonimi e sostituibili. Questa condizione strutturale si accompagna, inoltre, alla presenza di costi di transazione6 minimi, se non addirittura nulli, dovuti alle elevata sostituibilità degli acquirenti. In mercati con queste caratteristiche gli operatori sono portati a porre in essere transazioni indipendenti con un numero elevato di controparti, le relazioni collaborative stabili di lungo periodo costituiscono un’eccezione. Il dibattito che si è sviluppato tra gli Studiosi sui limiti e le possibilità di ampliamento degli ambiti applicativi del paradigma di marketing tradizionale si è tradotto in due differenti approcci al problema. Il primo si è concretizzato nel tentativo di superare i limiti individuati mediante la modificazione e rielaborazione degli approcci già esistenti senza però arrivare ad un vero e proprio superamento del marketing concept7. Il secondo si è realizzato nella formulazione di veri e propri approcci alternativi e differenti per i diversi settori di possibile applicazione, considerando il paradigma tradizionale inconciliabile con i cambiamenti in atto8. A questi due differenti orientamenti corrisponde, quindi, una diversa classificazione dei nuovi approcci di marketing che, nel primo caso vengono visti come evoluzione, in 6 Per costi di transazione si intendono i costi di utilizzo del mercato che tendono a crescere in funzione del grado di incertezza e complessità dell’ambiente e della riduzione del numero dei concorrenti in quanto queste condizioni aumentano la possibilità che i soggetti con cui si sviluppano le transazioni assumano comportamenti opportunistici. Williamson O.E., 1981, “The Economics of Organizations: The Transaction Cost Approach”, in American Journal of Sociology, n. 87. 7 Particolarmente rilevante in questo senso è sicuramente la rielaborazione del marketing concept effettuata da Kotler che ha portato alla definizione del modello di Megamarketing che aggiunge al tradizionale marketing mix ulteriori due variabili: le pubbliche relazioni e la struttura di potere. Kotler P., 1986, “Megamarketing”, in Harvard Business Review, vol. 64. 8 Arndt J., 1983, “The Political Economy Paradigm: Foundation for Theory Building in Marketing”, in Journal of Marketing, vol. 47, pp. 44-54. 5 una logica di complementarietà, rispetto al paradigma tradizionale; mentre nel secondo ne viene riconosciuta piena autonomia. Questa distinzione è evidente con riferimento al marketing relazionale: alcuni Autori individuano una sostanziale compatibilità con gli assunti base della teoria tradizionale, evidenziandone solo una parziale revisione9; mentre altri reputano questo approccio su posizioni opposte ed inconciliabili con il marketing management10. 2. Lo sviluppo del marketing relazionale. A seguito delle riflessioni che hanno interessato il paradigma tradizionale di marketing si sviluppa, a partire dalla seconda metà degli anni settanta, un approccio innovativo, il relationship marketing. Lo spunto proviene da constatazioni, nella fase iniziale prevalentemente di carattere empirico, sull’inadeguatezza del marketing management ad essere applicato efficacemente sia al settore dei servizi, che a quello dei beni industriali. Il marketing relazionale si sviluppa quindi, quasi contemporaneamente, in questi due ambiti e si propone come obiettivo “iniziare, negoziare e gestire le relazioni di scambio con gruppi chiave di interesse al fine di perseguire vantaggi competitivi sostenibili in specifici mercati, sulla base di accordi a lungo termine con clienti e fornitori”11. Secondo questa impostazione il marketing andrebbe inteso come management delle relazioni, dovrebbe essere cioè rivolto a creare , mantenere e gestire un network12 di rapporti di lungo periodo. L’obiettivo di sopravvivenza e crescita dell’impresa viene 9 Borg K.A., 1991, “Problem shifts and market research: the role of network in business relationships”, in Scandinavian Journal of Management, vol. 7, pp. 285-295. 10 Arndt J., 1985, “On Making Marketing Science more Scientific”, in Journal of Marketing, vol. 49, pp. 11-23. 11 Hakansson H., Wootz B., 1979, “A Framework of Industrial Buying and Selling”, in Industrial Marketing Management, pp. 23-39. 12 Per network si intende una modalità organizzativa caratterizzata da connessioni interattive e basata su linguaggi condivisi, codificati e specialistici. Croci E., Frey M., 1989, “Una riflessione a più voci: il suo punto di partenza”, in Economia e Politica industriale, n. 64. 6 quindi perseguito, secondo questo nuovo approccio, attingendo al così detto patrimonio relazionale13. Elemento innovativo è la centralità e l’interattività dei rapporti che si sviluppano tra le parti: entrambi gli attori coinvolti ricoprono, infatti, un ruolo attivo nelle transazioni poste in essere. Il modello di scambio preso a riferimento si caratterizza per la bidirezionalità, assumendo, in questo modo, caratteristiche di maggiore complessità in quanto non riguarda più solamente beni e denaro, ma anche informazioni e rapporti di natura sociale. Ulteriore elemento distintivo è l’evoluzione dell’orizzonte temporale di riferimento che in questo ambito si individua nel medio/lungo periodo in quanto le relazioni richiedono tempo per essere analizzate, costruite e mantenute. Il nuovo paradigma di marketing relazionale si sviluppa, quasi contemporaneamente, con particolare riferimento a due specifici ambiti di applicazione, che tutt’oggi rimangono i settori in cui si sperimentano le più avanzate evoluzioni di questo approccio: il settore dei servizi ed il mercato dei beni industriali. 2.1. Il marketing relazionale nel settore dei servizi. Nella seconda metà degli anni settanta si assiste, soprattutto in America, ad una forte crescita di interesse, sia da parte di ricercatori, che di operatori di settore, per le possibilità applicative del marketing concept anche al settore dei servizi. Questo fenomeno può essere, almeno in parte, sicuramente spiegato dalla forte crescita che il settore sperimenta proprio in quegli anni. Emblematici in questo senso paiono i dati che si riferiscono proprio alla realtà americana: quasi il novanta percento dei nuovi posti di lavoro creati nel corso degli anni ottanta fanno riferimento al settore dei servizi14. La nascita e lo sviluppo di un ambito di ricerca specifico per il marketing dei servizi sono stati favoriti dall’impegno in questo campo esercitato da tre istituzioni di primaria importanza: il Marketing Science Institute (MSI), l’American Marketing 13 Costabile M., 2001, Il capitale relazionale, McGraw-Hill, Milano. Nel 1970 il cinquantacinque percento dei lavoratori era impiegato nel settore dei servizi, percentuale che sale al settantacinque percento nel 1990. Nasar S., 1992, Employment in Service Industry, Engine for Boom of 80’s, New York Times, January 2. 14 7 Association (AMA) ed il Centre for Service Marketing dell’Arizona State University (FICSM). Il MSI istituì il primo gruppo di ricerca specifico sul marketing dei servizi nel 1977, gruppo di ricerca costituito non solo da accademici, ma anche da operatori del settore in modo da poter considerare le diverse prospettive di analisi. L’AMA organizzò la prima conferenza sul marketing dei servizi nel 1981 ed a seguito di questo evento istituì un dipartimento interno, indipendente dagli altri, per implementare gli studi in questo campo. Il FICSM si focalizzò principalmente sulla formalizzazione, raccolta e riorganizzazione delle numerose ricerche che in quegli anni venivano poste in essere e sulla pubblicazione dei primi testi base in materia. Il termine marketing relazionale venne usato per la prima volta, con riferimento al settore dei servizi, nel 1983 da Berry: l’Autore lo definì come “un approccio di marketing volto a cominciare, mantenere e migliorare le relazioni con i clienti”15. Il contributo di questo Autore va valutato soprattutto con riferimento all’impegno esercitato nel tentativo di costituire una vera e propria teoria di marketing relazionale, indipendente dagli approcci precedenti16. Il marketing relazionale ha sperimentato un importante sviluppo nell’ambito dei servizi. Questo è stato favorito dalla particolare dinamicità ed attenzione alle soluzioni più innovative del settore dei servizi, in quanto ambito di applicazione nuovo per il marketing. Inoltre, le caratteristiche strutturali di questo settore rendono maggiormente evidenti i vantaggi che questo approccio può comportare. Le specificità del settore dei servizi si riferiscono particolarmente alle caratteristiche del processo di erogazione/acquisto del servizio, alla bidirezionalità dei flussi informativi ed all’interdipendenza dei comportamenti degli operatori. Nella maggior parte dei casi il potenziale cliente non è in grado di definire con esattezza la prestazione che ha richiesto fino a quando non gli viene concretamente erogata. Questo aspetto pare meno evidente nel caso in cui tra cliente ed erogatore non sussista un sostanziale divario di potere contrattuale, ed il servizio sia percepito come 15 Berry L.L., 1983, “Relationship Marketing”, in Emerging Perspectives on Services Marketing, American Marketing Association, Chicago, 25-8, pag. 25. 16 Su questo punto fondamentale è l’articolo di Berry del 1993 in cui viene proposta l’autonomia teorica del marketing relazionale. Berry L.L., Parasuraman A., 1993, “Building a New Accademic Field – The Case of Services Marketing”, in Journal of Retailing, vol. 60, Spring. 8 particolarmente critico dall’utente. la capacità di un servizio di soddisfare le esigenze del consumatore può essere quindi valutata solamente a posteriori. In quest’ottica diventa cruciale per l’erogatore riuscire ad ottenere la collaborazione del consumatore ed attivare con lui un vero e proprio scambio di informazioni in modo da garantirne la soddisfazione aumentando la qualità di servizio percepita. Per il consumatore, infatti, la valutazione del servizio può risultare particolarmente onerosa e richiedere competenze non in suo possesso. Per ovviare a questa situazione il cliente è portato a ricercare una relazione stabile con un unico erogatore, basata su un rapporto di fiducia, soprattutto per quei servizi che vengono percepiti come particolarmente critici, quali ad esempio quelli finanziari e sanitari. Il rapporto di lungo periodo riduce infatti, per il consumatore, il rischio di comportamenti opportunistici da parte dell’erogatore di servizi ed i costi di negoziazione17. Il settore dei servizi sta sperimentando, in anni recenti, una forte dinamicità dovuta principalmente alla tendenza verso una sempre maggiore deregolamentazione18. Il processo in atto ha contribuito in maniera decisa a spostare l’attenzione dei consumatori principalmente sul fattore prezzo aumentando la sensibilità degli stessi alle offerte dei potenziali concorrenti, anche se quest’ultime si concentrano esclusivamente sui parametri economici. Si rende indispensabile una focalizzazione della funzione marketing sulle azioni volte a garantire la relativa stabilità della base di clientela. Una clientela fedele garantisce profitti più elevati e per un orizzonte temporale più lungo in quanto il costo dell’attivazione e del mantenimento di relazioni stabili con i propri clienti è minore di quello per acquisirne di nuovi19. In anni recenti lo sviluppo dell’approccio relazionale al settore dei servizi ha subito una forte accelerazione grazie allo sviluppo ed alla diffusione di nuovi strumenti informativi. I primi tentativi di applicazione del nuovo approccio relazionale avevano, evidenziato gli elevati costi di raccolta ed elaborazione delle informazioni necessarie 17 Morgan R., Hunt S., “The Commitment-Trust Theory and Relationship Marketing”, in Journal of Marketing, vol. 58, 1994, pp. 20-38. 18 Tra gli ambiti in cui questa tendenza appare più spiccata si possono ricordare: quello finanziario, i trasporti sia di persone che di merci, lle telecomunicazione ed i servizi sanitari. 19 Un’analisi empirica condotta su un campione di cento imprese negli anni ottanta ha dimostrato come si possano incrementare i profitti del venticinque percento a fronte di una riduzione del tasso di perdita dei clienti del solo cinque percento. Reicheld F.F., Sasser W.Jr., 1990, “Zero Defection: Quality Comes to Services”, in Harvard Business Review, vol. 68, September-October. 9 per l’analisi della clientela e per la gestione delle relazioni. L’evoluzione sperimentata dalle tecnologie informative ha consentito di ridurre in maniera significativa questi costi oltre a sviluppare nuove opportunità per una gestione ancora più personalizzata della clientela20. 2.2. Il contributo dell’approccio relazionale allo sviluppo della fidelizzazione della clientela. I più recenti studi di marketing relazionale, con riferimento al settore dei servizi, si stanno focalizzando soprattutto sulla tematica della fidelizzazione della clientela21 che, dato il mutato contesto competitivo in cui queste aziende si trovano oggi ad operare, riveste per gli operatori un’importanza strategica crescente. Il contributo più significativo allo sviluppo di questo ambito di studio è rappresentato dal lavoro di Bendapudi e Berry. Gli Autori hanno elaborato un modello interpretativo (figura 1) che si propone di individuare le variabili che agiscono sulle motivazioni dei consumatori a mantenere relazioni di lungo periodo con i fornitori di servizi22. Le caratteristiche di queste ultime, e criticamente la possibilità stessa di un loro concreto avvio, sono influenzate in maniera rilevante dalle motivazioni che guidano l’agire dei potenziali consumatori. In particolare, gli operatori devono prendere in considerazione due principali aspetti: il desiderio del cliente di stabilire un rapporto di lungo periodo con la controparte e il grado di dipendenza sviluppato con quest’ultima. Facendo riferimento ad una prospettiva di analisi economica questi aspetti si traducono in termini di costi 20 Con particolare riferimento al contributo dell’information technology allo sviluppo del marketing relazionale si veda Aiello G.M., 2002, Relazioni di marketing e tecnologie digitali, Giappichelli. Le nuove possibilità aperte dal continuo sviluppo dell’information technology, soprattutto con riferimento agli strumenti collegati ad Internet, stanno determinando un’evoluzione del marketing relazionale verso il così detto DataBase Marketing. Per un primo approccio a questo tema si veda Ostillio M.C., 2002, Customer Database. Conoscere il cliente per gestire le relazioni, EGEA. 21 Si vedano in proposito: Barry L.L., 1995, “Relationship Marketing of Services –Growing interest, Emerging prospectives”, in Journal of the Accademy of Marketing Science, vol. 23; Zielinski D., 1994, “Database Marketing: with Costs Down, More use it pinpoint Promotions, Create Customers Bonds”, in The Service Edge, vol. 7, February. 22 Bendapudi N., Berry L.L., 1997, “Customers’ Motivation for Maintaining Relationship with Service Providers”, in Journal of Retailing, vol. 73, Spring. 10 che il consumatore ha già sostenuto per dare avvio al rapporto con il fornitore di servizi, e costi che dovrebbe sostenere in caso decidesse di cambiare controparte. In alcuni casi i consumatori mantengono relazioni stabili con i loro fornitori solamente perché hanno sviluppato un alto grado di dipendenza23 da loro e/o non si presentano concrete alternative. In questo caso la mancanza di un clima collaborativo di fiducia tra le parti favorirà l’assunzione di comportamenti opportunistici tra le stesse, minando la stabilità del rapporto di lungo periodo. Nel caso contrario in cui la scelta di mantenere una relazione di lungo periodo sia guidata, principalmente, dalla volontà delle parti si genera un clima di lealtà tra le stesse che riduce in maniera rilevante i costi di negoziazione24. Il modello elaborato da Bendapudi e Berry individua quattro differenti variabili in grado di influire sulle caratteristiche delle relazioni: le variabili ambientali, le caratteristiche dell’erogatore di servizi, le caratteristiche del consumatore e le variabili di interazione. Ognuna di queste variabili esercita la sua influenza sul clima di dipendenza/fiducia che caratterizza la relazione posta in essere e sul suo diverso grado di costrizione/volontarietà. 23 Il grado di dipendenza è influenzato,criticamente, dal gradi di specificità della prestazione richiesta e quindi dai processi di adattamento che, entrambe le parti, hanno posto in essere; i costi di questi adattamenti difficilmente possono essere recuperati in caso di rottura del rapporto (switching cost). 24 In presenza di un clima di fiducia tra le parti si riduce sensibilmente la possibilità che si manifestino comportamenti opportunistici; questo consente la stipula di contratti incompleti tra le parti riducendo, quindi, i costi di negoziazione. 11 Figura 1. Il modello di mantenimento delle relazioni nell’ottica del consumatore. AMBIENTE Dinamismo alternative Munificence Complessità accondiscendenza PARTNER Investimenti DIPENDENZA COSTRIZIONE Esperienza Similarità cooperazione CONSUMATORE Investimenti FIDUCIA VOLONTARIETA’ Esperienza Vincoli sociali dipendenza INTERAZIONE Frequenza unità interruzione ambiguità soddisfazione coinvolgimento Fonte: Bendapudi N., Berry L.L., 1997, “Customers’ Motivation for Maintaining Relationship with Service Providers”, in Journal of Retailing, vol. 73, Spring, pag. 20. 12 Con riferimento alle condizioni ambientali in cui le parti sono chiamate ad operare il modello considera alcune variabili: il dinamismo, la complessità e la capacità di sostenere la crescita degli operatori (enviromental munificence). Il dinamismo dell’ambiente di riferimento esercita la sua influenza, principalmente, sulla capacità previsionale delle imprese. Per ridurre questo livello di incertezza le parti possono ricorrere alle relazioni di lungo periodo; maggiore sarà la dinamicità ambientale, maggiore sarà quindi il grado di dipendenza tra le parti. La complessità ambientale si riferisce, in questo contesto, alla eterogeneità di attività che un unico operatore si trova a dover gestire. Date le particolarità sia dei prodotti scambiati che del processo stesso di erogazione che caratterizzano il settore dei servizi e gli alti costi di contatto e di valutazione della controparte, i consumatori cercheranno di individuare un unico fornitore in grado di soddisfare il maggior numero di bisogni critici. Maggiori saranno, quindi, la complessità , la numerosità l’importanza dei bisogni soddisfatti da un unico fornitore, maggiore sarà la dipendenza del consumatore. L’enviromental munificence si riferisce alla capacità dell’ambiente di dotare i diversi operatori delle risorse necessarie a garantirne non solo la sopravvivenza, ma anche lo sviluppo. Maggiori saranno le possibili relazioni attivabili, minore sarò il grado di dipendenza tra le parti data la varietà di possibili alternative a disposizione. Il comportamento assunto dal fornitore di servizi ed, in particolare, il coinvolgimento nella relazione, esercitano un importante effetto sulla percezione del rapporto da parte del consumatore e quindi sulle possibilità di mantenimento e sviluppo futuro della relazione. Nel modello elaborato da Bendapudi e Berry vengono considerate altre variabili che determinano le caratteristiche dell’erogatore: gli investimenti specifici effettuati, il livello di esperienza e il grado di affinità. Gli investimenti specifici attuati possono riguardare molteplici aree: dalla formazione del personale alla realizzazione di nuove infrastrutture, dalla riorganizzazione interna allo sviluppo di nuovi processi di scambio e routine. La realizzazione di questo genere di investimenti manifesta in modo chiaro il coinvolgimento delle parti nella relazione contribuendo, in maniera rilevante, a 13 sviluppare un clima di fiducia reciproca. Inoltre, questi investimenti aumentano il valore del servizio percepito dal cliente aumentando i costi di interruzione del rapporto e, conseguentemente, la dipendenza dalla controparte. Il livello di esperienza del fornitore assume, in un contesto come quello dei servizi, un’importanza particolare data la difficoltà e l’onerosità della valutazione delle alternative da parte del consumatore. Anche l’esperienza è, però, una caratteristica che difficilmente può essere stimata; la relazione con una controparte cui viene riconosciuta una buona competenza ne aumenta la dipendenza. Non bisogna trascurare anche il livello di esperienza del consumatore; se è vero infatti che un aumento della competenza del fornitore provoca un andamento speculare anche in quella del cliente, se le condizioni di partenza sono eccessivamente differenti il consumatore potrebbe trovarsi in una condizione di estrema vulnerabilità. Non da ultimo deve essere valutato il grado di affinità tra le parti; la similarità percepita contribuisce, infatti, a generare un clima di fiducia per effetto della presenza di valori condivisi. Parallelamente a quanto visto precedentemente per il fornitore anche il comportamento assunto dal consumatore influenza le caratteristiche e le possibilità di sviluppo della relazione; in particolare, vengono in questo caso considerate tre variabili: gli investimenti specifici, il livello di esperienza ed i vincoli sociali. L’effetto prodotto sulla dipendenza dalla controparte dalla realizzazione di investimenti specifici da parte del consumatore è speculare a quanto rilevato in precedenza per il fornitore; in questo caso, gli investimenti riguardano principalmente il tempo ed i costi sostenuti per la ricerca e la valutazione della controparte. Il livello di esperienza del consumatore esercita la sua influenza soprattutto sulla capacità di valutazione delle alternative di consumo che, per prodotti intangibili, come sono appunto i servizi, risulta essere particolarmente difficoltosa. I consumatori meno esperti possono ridurre i rischi di valutazione individuando un unico fornitore di fiducia in grado di soddisfare il maggior numero di bisogni possibile, con particolare riferimento a quelli caratterizzati da una elevata criticità. Ciò si traduce in un aumento della dipendenza dagli erogatori di servizi al diminuire del livello di esperienza del consumatore. 14 Infine, si considerano i coinvolgimenti di carattere personale e sociale che si sviluppano tra i partecipanti alla relazione25. Questo genere di legami, esterni ai ruoli assunti nel processo di negoziazione e scambio, contribuiscono a creare un clima di fiducia tra le parti e rendono molto difficoltoso l’inserimento di eventuali concorrenti. Ogni episodio che si sviluppa tra fornitore ed acquirente ha la potenzialità di influenzare, in qualche modo, la relazione tra le parti; il modello di Bendapudi e Berry prende in considerazione differenti variabili di interazione: la frequenza degli episodi, i costi di interruzione della relazione, i comportamenti opportunistici ed il grado di soddisfazione delle parti. La frequenza degli episodi di contatto che si susseguono tra fornitore e cliente sarà sicuramente maggiore nel caso in cui si faccia riferimento ad un unico erogatore per una pluralità di servizi. Perché però l’influenza sulla dipendenza del consumatore sia positiva il susseguirsi di episodi deve essere da quest’ultimo percepito come un continuo e non come una successione di eventi di contatto svincolati gli uni dagli altri26. I costi da sostenere in caso di interruzione della relazione possono avere natura sia strettamente economica, in termini di investimenti specifici effettuati, che di ricerca di un nuovo fornitore, che, infine, psicologica, legati quindi al venir meno di un rapporto collaborativo e di fiducia di lungo periodo. Maggiore sarà la valutazione che entrambe le parti attribuiscono a questi costi, maggiore sarà la stabilità della relazione; la parte caratterizzata da un maggior grado di dipendenza sarà, quindi, quella che percepisce maggiori costi di interruzione. Importante è anche l’influenza sulla relazione esercitata dall’opportunità di sperimentare comportamenti opportunistici o ambigui. Quando quest’ultima è molto bassa oppure facilmente monitorabile, allora gli operatori preferiranno fare ricorso al mercato e quindi a transazioni isolate con una molteplicità di controparti; in caso contrario, sarà invece maggiormente conveniente dare avvio ad una relazione di lungo periodo caratterizzata da una reciproca fiducia. Il rischio di comportamenti 25 Sull’importanza esercita dagli scambi sociali nell’ avvio, sviluppo e mantenimento delle relazioni di lungo periodo si veda Anselmi K., 1997, “A return to discrete exchange: The influence of information technology competence on channel relationships”, in Journal of Marketing Channels, vol. 6, pp. 57-71. 26 A questo scopo è importante che il cliente venga seguito sempre dagli stessi referenti, facilitando in questo modo anche il nascere ed il rafforzarsi di legami personali della cui importanza si è già detto precedentemente. 15 opportunistici da parte degli operatori è particolarmente elevato proprio nel settore dei servizi per la caratteristica di intangibilità dei prodotti scambiati. Non da ultimo va considerata la soddisfazione che gli operatori hanno percepito nelle precedenti interazioni: un buon livello di soddisfazione aumenta, infatti, i costi di interruzione della relazione elevando i rischi di ottenere un servizio peggiore cambiando la propria controparte. Come visto precedentemente, le variabili individuate dal modello di Bendapudi e Berry consentono di spiegare due caratteristiche del rapporto tra le parti, che ne condizionano in maniera rilevante le possibilità e modalità di sviluppo futuro: la fiducia e la dipendenza reciproca. Conseguentemente queste determinano il grado di volontarietà/costrizione alla base dell’avvio delle relazioni di lungo periodo, influenzandone, al contempo, il livello qualitativo che può essere raggiunto delle stesse. In particolare queste caratteristiche vanno a condizionare alcuni specifici aspetti delle relazioni di lungo periodo: interesse per possibili alternative, accondiscendenza, cooperazione, dipendenza, unità e coinvolgimento. In contesti in cui i consumatori danno avvio a relazioni stabili con i propri fornitori di servizi per la mancanza o non accessibilità di opzioni alternative, la durata del rapporto sarà legata al permanere di queste cause di costrizione. Una relazione con queste caratteristiche rende il consumatore particolarmente attivo nella ricerca di possibili alternative e quindi estremamente sensibile alle offerte dei potenziali concorrenti, anche se incentrate principalmente sulla variabile prezzo. I consumatori impegnati in relazioni caratterizzate dalla volontarietà si presentano, invece, scarsamente interessati alle offerte dei concorrenti. Per accondiscendenza si intende la propensione degli operatori ad accettare specifiche richieste della controparte; in realtà, in nessuno dei due casi considerati, relazioni costrittive o volontarie, una delle due parti tenderà ad essere succube dell’altra e quindi il livello di accondiscendenza sarà in generale piuttosto basso. Il manifestarsi di una relazione cooperativa presuppone che entrambe le parti vi svolgano un ruolo attivo orientato all’ottenimento di un risultato comune. Se una delle due parti si sente costretta nella relazione tenderà a dedicarvi poche risorse e quindi ad 16 assumere un ruolo meramente passivo, al contrario in caso di relazioni volontarie la cooperazione costituisce uno sbocco naturale. La dipendenza tra le parti viene stimata prevalentemente in termini di investimenti specifici effettuati. Questi sono valutati negativamente in una relazione costrittiva in quanto costituiscono delle barriere all’uscita per la cessazione del rapporto; al contrario in una relazione volontaria sono visti favorevolmente in quanto aumentano il coinvolgimento e la forza della relazione. Il livello di unità tra le parte fa riferimento alla similarità e vicinanza percepite dalle stesse, che sono chiamate ad operare come se fossero membri della stessa squadra; ovviamente questa condizione non può essere sperimentata in caso di relazioni costrittive. Infine, il coinvolgimento fa riferimento alla volontà del consumatore di farsi, in prima persona, promotore del servizio da lui sperimentato, dando origine a forme di comunicazione e promozione particolarmente efficaci per un settore, come quello dei servizi, caratterizzato dall’intangibilità dei prodotti scambiati. Anche questa condizione può essere sperimentata solamente in caso di relazioni volontarie; recentemente si è assistito ad alcuni tentativi di remunerazione specifica di questa forma di pubblicità svolta dai consumatori, andando però a minare irreparabilmente la credibilità dei promotori stessi. Il modello elaborato da Bendapudi e Berry fornisce quindi alcune indicazioni perché i fornitori di servizi possano sviluppare efficacemente la fidelizzazione della propria clientela. In primo luogo, bisogna procedere all’individuazione delle motivazioni che spingono i consumatori a dar vita ad un rapporto continuativo con l’azienda; a seconda dei casi, come visto in precedenza, il modello individua differenti variabili su cui agire. L’obiettivo è quello di realizzare relazioni di lungo periodo basate principalmente sulla volontarietà in quanto queste, anche se necessitano di una maggiore attenzione ed impegno per la loro realizzazione e mantenimento, garantiscono il raggiungimento di vantaggi maggiormente duraturi per gli operatori. 2.3. Il marketing relazionale nel mercato dei beni industriali. 17 Un contributo rilevante allo sviluppo dell’approccio al marketing relazionale è stato apportato, negli anni settanta, dai ricercatori partecipanti al progetto IMP (Industrial Marketing and Purchasing project). Questo gruppo di lavoro ha preso avvio inizialmente in Svezia, avendo come centro di riferimento principalmente l’Università di Uppsala, con l’obiettivo di condurre una ricerca empirica sugli approcci di marketing seguiti dalle imprese nel settore dei beni industriali. Successivamente il progetto si è arricchito e ampliato grazie alle esperienze riportate da ricercatori appartenenti a numerosi paesi europei. L’obiettivo iniziale della ricerca si limitava a sviluppare schemi interpretativi adatti a descrivere la realtà dei mercati industriali, ponendosi in un’ottica di complementarietà rispetto agli approcci tradizionali. In particolare, lo studio si proponeva di verificare se i rapporti commerciali che si sviluppano in questo particolare settore presentassero caratteristiche riconducibili a quelle dei beni di largo consumo oppure proprie specificità. I mercati dei beni industriali presentano aspetti strutturali particolari che riguardano principalmente la concentrazione degli operatori, spesso molto elevata, la dimensione, medio-grande, degli stessi e la complessità e specificità dei beni/servizi scambiati; si tratta dei così detti mercati business-to-business27. In questi contesti, molto spesso, le imprese si trovano a dipendere da un limitato numero sia di clienti che di fornitori. Una ricerca, elaborata proprio nell’ambito del progetto IMP, evidenzia come, nei due terzi delle imprese analizzate, i dieci maggiori clienti rappresentino più dei due terzi del fatturato globale28. Nell’ambito dei mercati dei beni industriali difficilmente si possono ricondurre i rapporti commerciali sviluppatisi tra clienti e fornitori in termini di singole transazioni; le relazioni stabili di lungo periodo non rappresentano in questo settore un evento occasionale quanto piuttosto la modalità di rapporto più diffusa. I rilievi empirici ottenuti nell’ambito del progetto IMP hanno determinato una revisione dei processi di scambio che caratterizzano i mercati dei beni industriali; l’individuazione di nuove variabili che influenzano questi processi e, di conseguenza, 27 Per un inquadramento generale dei mercati business-to-business si vedano: Giulivi G., 2001, Marketing relazionale e comunicazione business-to-business, Franco Angeli; Fiocca R., Snehota I., Tunisini A., 2003, Business Marketing, McGraw-Hill, Milano. 28 Hakansson H., Snehota I., 1989, “No Business is an Island”, in Scandinavian Journal of Marketing, vol. 5. 18 nuove modalità e strumenti per influenzarle. L’attenzione si sposta dalle singole transazioni alle relazioni stabili che si vengono a stabilire tra gli operatori dei mercati dei beni industriali29. Il contributo della Scuola Svedese allo sviluppo del marketing relazionale si è sostanziato in due approcci differenti, ma al tempo stesso complementari: l’interaction approach e l’industrial network approach. L’approccio interattivo si sviluppa nella prima metà degli anni ottanta e focalizza la propria analisi sulle relazioni diadiche che si sviluppano tra le imprese30. Queste relazioni stabili hanno origine dai molteplici scambi, di vario genere, che si susseguono tra le parti e che contribuiscono a determinare la natura e le caratteristiche delle relazioni stesse. Questo cambiamento di orizzonte di analisi si traduce in una ridefinizione del compito stesso del marketing. In un approccio di tipo transazionale l’obiettivo di questa funzione era stabilito principalmente in termini di posizionamento del prodotto, in funzione di obiettivi strategici prefissati, tipicamente in termini di fatturato e quota di mercato. Con il passaggio all’approccio relazionale gli obiettivi, ed anche la struttura operativa, della funzione marketing vengono stabiliti in funzione dei principali clienti, ciascuno considerato come un mercato a sé. L’evoluzione verso modelli di scambio interattivi che non comprendono solamente transazioni strumentali di beni, servizi e denaro, ma anche la nascita di relazioni sociali di autorità e potere, comporta un significativo aumento della complessità del modello di riferimento. Gli Autori della Scuola Svedese hanno cercato di formalizzare modelli interpretativi delle relazioni collaborative di lungo periodo, andando ad individuare le variabili che maggiormente possono influenzarne la nascita, lo sviluppo e le caratteristiche31. 29 Questa impostazione non rappresenta una novità assoluta per il marketing industriale, si veda in proposito Webster F.E.Jr., 1988, “The Rediscovery of the Marketing Concept”, in Business Horizons, n. 31, pp. 29-39. 30 L’approccio interattivo è stato formalizzato per la prima volta in un articolo di Hakansson e Wootz pubblicato nel 1979;ad Hakansson si devono anche i contributi che determineranno l’evoluzione di questo approccio negli anni seguenti. Hakansson H., Wootz B., 1979, “A Framework of Industrial Buying and Selling”, in Industrial Marketing Management, pp. 23-39 31 In merito ai modelli interpretativi elaborati nell’ambito dell’approccio interattivo si vedano, oltre ad Hakansson, Hallen L., Sandstorm M., 1991, Relationship Atmosphere in International Business, in Poliwoda S.J., New Prospective on International Marketing, Routledge, London. 19 In questo senso il contributo di maggior rilievo è sicuramente quello fornito da Hakanssson. In particolare nel modello (figura 2) elaborato nel 1982 Hakansson32 si propone di fornire delle indicazioni operative concrete alle imprese al fine di semplificare il processo di gestione delle relazioni poste in essere33. Il modello prende in considerazione quattro differenti gruppi di fattori che esercitano la loro influenza sulle caratteristiche e sul processo di sviluppo delle relazioni: il processo di interazione fra le parti coinvolte, le caratteristiche dei partecipanti al processo di interazione, l’ambiente in cui si sviluppa il processo di interazione e l’atmosfera che ne deriva. L'Autore individua due momenti differenti, ma al tempo stesso collegati, del processo di interazione: gli episodi e gli aspetti di lungo termine. I primi riguardano le singole transazioni che avvengono fra le parti e possono avere ad oggetto scambi di beni, servizi, attività finanziarie, informazioni oppure natura sociale. Rispetto agli episodi che caratterizzano un’ottica di tipo transazionale vengono comunque individuate delle differenze. In primo luogo i rapporti sociali acquistano maggiore rilievo e sono volti ad incrementare il clima di fiducia fra le parti34. Inoltre, le informazioni si presentano, in un contesto relazionale, in configurazioni estremamente eterogenee, che variano per la loro natura, tecnica, economica od organizzativa, per il grado di formalizzazione e per l’ampiezza, profondità e tipologia dei canali utilizzati, personali o impersonali. Le informazioni sono quindi più approfondite e possono anche non riguardare direttamente la transazione in atto, ma la relazione nel suo divenire temporale. La successione nel tempo degli episodi favorisce una loro standardizzazione e crea aspettative sui ruoli e sui comportamenti delle parti coinvolte contribuendo a dare stabilità al rapporto. Una relazione di lungo termine si manifesta quindi come conseguenza di numerosi episodi e di contatti sia fra persone che fra unità organizzative. 32 Hakansson H., 1982, International Marketing and Purchasing of Industrial Goods, John Wiley & Sons, Chichester, U.K. 33 In un’ottica di impresa relazionale diventa cruciale riuscire ad individuare i fattori che condizionano il posizionamento dell’impresa nei rapporti di lungo periodo intrattenuti poiché per questa via si influenzano direttamente la qualità e quantità delle risorse da essa controllate. 34 Gli scambi sociali svolgono una funzione essenziale per ridurre l'incertezza ed aumentare il clima di fiducia fra le parti, bisogna infatti dimostrare la volontà di voler tener fede agli impegni assunti ed impegnarsi nella relazione. La scambio sociale dipende in larga parte da quello fisico: maggiore è il secondo più si creano occasioni di rapporti personali. 20 Figura 2. Le variabili del modello base dell’approccio interattivo AMBIENTE Struttura del mercato Dinamicità Internazionalizzazione Posizione nella catena del valore Sistema sociale ATMOSFERA Potere/dipendenza Cooperazione Familiarità Aspettative Breve termine SCAMBI di prodotti e servizi di informazioni finanziari sociali ORGANIZZAZIONE Tecnologia Struttura Strategia Episodi ORGANIZZAZIONE Tecnologia Struttura Strategia Processo di interazione Lungo termine istituzionalizzazione adattamento Relazioni INDIVIDUI Fini Esperienza INDIVIDUI Fini Esperienza Fonte: Hakansson H., 1982, International Marketing and Purchasing of Industrial Goods, John Wiley & Sons, Chichester, U.K, pag. 10. Le caratteristiche dei partecipanti al processo di interazione esercitano la loro influenza diretta sulla tipologia di relazione che si possono sviluppare tra gli stessi. In particolare, Hakansson si focalizza, in primo luogo, sull’analisi della tecnologia utilizzata; l’instaurarsi di una relazione stabile e di lungo periodo implica, infatti, l’integrazione fra i sistemi tecnologici delle due parti35. Ciò si traduce nella definizione delle necessità di adattamento e nella dimensione degli investimenti specifici richiesti. Il modello prende in considerazione, successivamente, la dimensione delle due parti coinvolte nella relazione che influisce principalmente sui rapporti di potere fra i soggetti partecipanti. La strategia implementata esercita la propria influenza sia in 35 La non compatibilità dei sistemi tecnologici di due imprese può rendere i costi dell’integrazione talmente elevati da non consentire lo sviluppo di una relazione di lungo periodo. 21 maniera diretta, tramite la definizione del portafoglio clienti e fornitori e degli obiettivi perseguiti, che indiretta, con l’individuazione dei mercati serviti che determinano lo scenario in cui si possono sviluppare le relazioni. Le esperienze passate, non solo con la controparte attuale, influenzano il grado di fiducia che si può accordare al potenziale partner e la capacità di impegno nella relazione. Non da ultima viene ricordata l'importanza dei contatti personali che si sviluppano in una relazione, indispensabili sia per lo scambio di informazioni che per lo sviluppo del clima di fiducia. Con riferimento all’ambiente in cui si sviluppa l'interazione, il modello proposto da Hakansson prende in considerazione, in primo luogo, la struttura del mercato ed, in particolare, il livello di concentrazione sia dal lato della domanda che da quello dell'offerta; la stabilità delle quote di mercato ed il numero di operatori presenti. Successivamente viene considerata anche la stabilità dell'ambiente oltre a quella della relazione. In una ambiente tendenzialmente statico una relazione stabile migliora le capacità di conoscenza della controparte e rende quindi più agevole prevederne i comportamenti. Se si è invece in condizioni di forte dinamicità ambientale concentrare le proprie risorse su un ristretto numero di contatti può far perdere importanti opportunità speculative. Anche il livello di internazionalizzazione del mercato viene preso in considerazione sia in relazione al sistema sociale di riferimento che ai vincoli legislativi e normativi. Infine viene considerato il posto occupato dall'impresa nella catena del valore del venditore in quanto questo dovrà tenere conto anche delle richieste espresse dagli operatori che si trovano in stadi successivi della catena rispetto al suo acquirente. Da ultimo il modello analizza l’atmosfera che deriva dal processo di interazione e che, allo stesso tempo, lo condiziona. L'atmosfera viene definita come: "la sovrastruttura emozionale della relazione"36 e comprende l'insieme degli atteggiamenti che le parti assumono sia nei confronti del partner che della relazione stessa. Questa variabile non dipende solo dalle esperienze passate e può influenzare lo sviluppo futuro della relazione e mediare le influenze ambientali. Nel primo progetto IMP le componenti dell'atmosfera venivano individuate nei rapporti di: potere/dipendenza, 36 Sandstorm M., 1990, Atmosphere in International Business Relationship, Licentiate Thesis at Uppsala University, pag. 121. 22 cooperazione/conflitto e familiarità/estraneità che si creavano fra le parti. A questi sono stati aggiunti successivamente: la fiducia, la reciproca conoscenza e l'impegno nella relazione. Un'atmosfera favorevole allo sviluppo di una relazione è in grado di ridurre sia i costi di transazione che quelli di produzione migliorando le prestazioni e garantendo un maggior controllo sui comportamenti della controparte. Appare evidente che il modello elaborato da Hakansson presenti una valenza puramente descrittiva e sottenda ad ipotesi piuttosto semplicistiche non in grado di spiegare, complessivamente, la realtà dei mercati dei beni industriali. Lo stesso Autore, negli anni seguenti, ha tento di realizzare un parziale superamento di questo modello andando ad analizzare l’influenza congiunta, esercita sulle relazioni di lungo periodo, da alcune delle variabili precedentemente individuate. Questi tentativi hanno, però, portato alla realizzazione di modelli ancora molto frammentati, non in grado di cogliere la complessità della realtà indagata, soffermandosi, con particolare attenzione, su quelle condizioni che maggiormente facilitano l’adozione dell’approccio relazionale e ne rendono più evidenti i vantaggi. L’approccio network si è sviluppato, a partire dalla seconda metà degli anni ottanta, come ampliamento ed evoluzione dell’approccio interattivo; l’analisi si concentra, in questo caso, sulle relazioni multipolari che coinvolgono le imprese37. L’ipotesi di fondo è che le relazioni che si possono sviluppare tra due soggetti siano condizionate da quelle che questi già intrattengono con terze parti. Per considerare quindi le possibilità di sviluppo e gestione delle relazioni è necessario prendere in considerazione l’intero network in cui le imprese si trovano inserite. Proprio la posizione ed il ruolo che gli operatori detengono all’interno di queste strutture complesse ed organizzate determinano la qualità e quantità delle risorse e competenze che possono mobilitare38. L’organizzazione ed il coordinamento necessari a consentire la sopravvivenza del network non vengono realizzati né per via gerarchica né mediante il meccanismo dei prezzi, ma attraverso le interazioni cooperative che si sviluppano tra 37 Lo sviluppo dell’approccio è sostanzialmente il prodotto del lavoro congiunto di due gruppi di ricerca: uno dell’Università di Uppsala in cui emerge il lavoro di Hakansson e Johansson che privilegia gli aspetti processuali che caratterizzano le relazioni all’interno dei network; il secondo della Stockholm School of Economics in cui emerge il lavoro di Mattsson che privilegia, invece, l’analisi degli aspetti strutturali dei network. 38 Hakansson H., 1987, Industrial Technological Development: a Network Approach, Croom Helm, London. 23 gli operatori coinvolti, ciascuno dotato di una propria autonomia decisionale. In questo contesto l’impresa perde parte della sua connotazione di unità autosufficiente per divenire un’entità i cui confini sono destinati a modificarsi proprio in funzione delle relazioni poste in essere39. La discrezionalità nell’utilizzo delle proprie risorse viene ridotta in virtù degli accordi stretti con gli altri operatori. Se da un lato, quindi, aumentano i vincoli all’operatività dell’impresa, dall’altro aumentano anche le sue possibilità e potenzialità di azione, proprio grazie al ricorso al così detto patrimonio relazionale. I tentativi di formalizzazione di questo approccio si sono focalizzati prevalentemente sull’individuazione di quelle variabili che sono in grado di influenzare e determinare la posizione dell’impresa all’interno del network e, conseguentemente, le risorse e competenze da questa mobilitabili40. Lo sviluppo dell’approccio network determina importanti riflessi soprattutto sui sistemi di pianificazione strategica che dovrebbero essere adottati dalle imprese. Se, come sostenuto dagli Autori della Scuola Svedese, l’impresa non può pianificare né l’evoluzione nel tempo delle singole transazioni, né del network nel suo complesso, in quanto entrambi condizionati da molteplici e complesse interazioni tra i soggetti coinvolti; allora le strategie dovrebbero evolversi secondo logiche incrementali basate sui processi di adattamento e di apprendimento che si sviluppano nelle interazioni41. Il mutato contesto competitivo ha reso necessari cambiamenti negli orientamenti strategici degli operatori e negli strumenti operativi a disposizione. Il fattore tempo è diventato un elemento cruciale per il successo delle imprese; il ciclo di vita dei prodotti è sempre più schiacciato e la capacità innovativa deve far riferimento ad orizzonti sempre più brevi. Diventa essenziale percepire tempestivamente i segnali di cambiamento in atto e riuscire a sfruttare sinergicamente tutte le risorse e competenze cui l’impresa può accedere, sia mediante il controllo diretto che tramite le relazioni 39 Hakansson H., 1990, “Technological Collaboration in Industrial Network”, in European Journal of Marketing, September. 40 In merito ai modelli interpretativi elaborati nell’ambito dell’approccio interattivo si vedano: Johansson J., 1989, Business Relationship and Industrial Network, Crafoord Lectures 1, Institute of Economic Research, Lund University Press; Hakansson H., Johansson J., 1992, A Model of Indiustrial Networks, in Axelsson B., Easton G., Industrial Networks. A new view of reality, Routledge, London. 41 Si vedano in proposito: Quinn J.B., 1980, Strategies for Change: Logical Incrementalism, Irwin, Homewood; Snehota I., 1991, Business Strategy in Market Networks, Working Paper, Department of Business Studies, Uppsala University, Sweden. 24 poste in essere. La flessibilità necessaria ad operare nel mutato contesto globale richiede una capacità di adattamento che può essere realizzata tramite l’interazione e la cooperazione con i membri del network di riferimento. I limiti evidenziati dell’eccessiva focalizzazione sugli aspetti operativi caratteristici del marketing management hanno determinato un superamento della rigida divisione funzionale del marketing che caratterizzava le imprese fino a tutti gli anni ottanta. Gli sviluppi più recenti testimoniano, infatti, come il marketing venga oggi inteso come parte integrante della strategia aziendale e non solamente come leva operativa42. In questo senso il marketing relazionale non si pone come portatore di nuovi modelli normativi, adattati al mutato contesto competitivo in cui le imprese sono chiamate ad operare, quanto piuttosto come una nuova filosofia di gestione del rapporto con la clientela. BIBLIOGRAFIA AIELLO G.M., 2002, Relazioni di marketing e tecnologie digitali, Giappichelli, Torino. ANSELMI K., 1997, “A return to discrete exchange: The influence of information technology competence on channel relationships”, in Journal of Marketing Channels, vol. 6, pp. 57-71. ARNDT J., 1983, “The Political Economy Paradigm: Foundation for Theory Building in Marketing”, in Journal of Marketing, vol. 47, pp. 44-54. ARNDT J., 1985, “On Making Marketing Science more Scientific”, in Journal of Marketing, vol. 49, pp. 11-23. 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