LA NUOVA ETICA GLOBALE: SFIDE PER LA CHIESA

LA NUOVA ETICA GLOBALE:
SFIDE PER LA CHIESA
di Marguerite A. Peeters, docente della facoltà teologica all’università urbaniana.
Le sorelle della commissione di pastorale familiare ritengono opportuno riservare uno spazio, nei
notiziari di quest’anno 2014, per rendere noti articoli, pubblicazioni, opuscoli che informano e
discutono su temi di attualità riguardanti la famiglia. Viviamo in un’epoca di grandi trasformazioni
ed è utile sostare insieme per conoscere, riflettere, integrare conoscenze, crescere nella capacità di
farci accanto alle famiglie nella ricerca di risposte che, partendo dal Vangelo, illuminano e
orientano le scelte di vita.
L’obiettivo dell’opuscolo di M. A. Peeters, di cui diamo qui breve sintesi, è di introdurci alle sfide
della nuova etica che si è imposta a livello mondiale a partire dalla fine della guerra fredda, e di
incoraggiare i cristiani al discernimento. Presentandosi come “dolce” e “consensuale”, il contenuto
della nuova etica non è esplicito ed evidente, ma in realtà nasconde un programma anticristico. Il
pericolo che i cristiani si allineino è particolarmente vivo nei Paesi in via di sviluppo, che oggi
subiscono direttamente e con forza gli effetti della globalizzazione.
L’ignoranza delle vere poste in gioco, tanto sociopolitiche e culturali quanto antropologiche e
teologiche, è abissale. I cristiani sono chiamati ad assumere le loro responsabilità e a fare
discernimento con uno studio serio dei contenuti e dei processi.
UNA RIVOLUZIONE CULTURALE GLOBALE
A partire dalla fine della guerra fredda, centinaia di nuovi concetti si sono diffusi con estrema
rapidità fino ai più remoti confini del mondo esprimendosi attraverso numerosi termini di un nuovo
linguaggio: globalizzazione umanizzante, cittadinanza globale, qualità di vita, educazione di
qualità, stili di vita, orientamento sessuale, trasparenza, partecipazione della base, chiarificazione
dei valori, parlamento dei giovani, commercio equo, sicurezza umana, ecc…
Nessuno può più negare il predominio di questi concetti nella cultura contemporanea, la cui
caratteristica più evidente è quella di essere “globale”. Anche in queste espressioni si mescolano
valori perenni e aspirazioni umane autentiche ai frutti amari dell’apostasia occidentale, che hanno
viziato dall’interno il processo di globalizzazione.
Il nuovo linguaggio globale tende tuttavia ad eliminare esplicitamente i termini appartenenti alla
tradizione giudaico-cristiana, quali: verità, morale, coscienza, ragione, cuore, volontà, genitori,
padre, figlio, figlia, verginità, servizio, autorità, gerarchia, fede, sofferenza, peccato,ecc..
Alcuni nuovi concetti si sono trasformati in paradigmi normali. Si è così passati da una
generazione spontanea di concetti ad un processo normativo attraverso il quale le minoranze al
potere della governanza mondiale sono riuscite ad imporre a tutti la loro interpretazione ideologica
dei nuovi concetti. Il processo normativo è andato di pari passo con un processo di radicalizzazione
ideologica. Parlare pubblicamente dell’omosessualità come di un peccato, per esempio, viene
ormai a violare una norma suprema della nuova cultura.
I nuovi concetti riflettono i drammatici cambiamenti culturali che segnano il passaggio della
civiltà occidentale dalla modernità alla postmodernità. I cambiamenti culturali sopraggiunti in
seguito alla fine della guerra fredda hanno assunto la dimensione di una rivoluzione culturale
globale. Le nuove norme non costituiscono solamente un quadro concettuale adottato a livello
mondiale, ma si presentano come principi dinamici di azione che hanno già portato ad azioni
concrete e irreversibili in tutti i settori della vita sociale e politica. Queste trasformazioni ci
riguardano tutti, sia nella nostra vita quotidiana sia negli ambiti più importanti sociali, educativi e
sanitari. L’efficacia di questa rivoluzione è stata tale da aver reso le nuove norme onnipresenti e
tali che imbevono la cultura delle organizzazioni internazionali, la cultura dei governi, dei ministeri,
la cultura dei partiti politici, delle imprese e di ogni attività pubblica …
I nuovi valori sono ambivalenti in modo da permettere la coesistenza malsana della possibilità di
un consenso genuino e di un programma radicale. Il paradosso della post-modernità sta proprio nel
cercare, da un lato, di smantellare il potere così come era stato esercitato nella modernità e,
dall’altro, di imporlo in una maniera nuova e molto reale, benché sottile.
Nell’insieme, le nuove norme non sono ancora ufficialmente entrate nel diritto internazionale e
ancora non vincolano giuridicamente i vari Stati. Tuttavia, la potenza della rivoluzione è tale che la
tirannia viene esercitata in un altro modo. Non sono solamente e primariamente gli Stati che vi sono
“legati”, quanto prima di tutto le mentalità e i comportamenti all’interno delle culture del mondo
intero.
A dispetto della sua efficacia folgorante, la rivoluzione culturale mondiale è passata largamente
inosservata. È stata una rivoluzione silenziosa. Essa si è verificata senza spargimenti di sangue,
senza confronto aperto, senza colpi di stato e rovesciamenti istituzionali . I veri “proprietari” della
nuova etica non sono i Governi e i cittadini che essi rappresentano, bensì gruppi di persone che
perseguono interessi particolari che, come vedremo, si sono impadroniti surrettiziamente del potere
normativo mondiale.
I radicali cambiamenti di mentalità e di comportamento si sono prodotte all’interno delle
Istituzioni, all’interno delle famiglie, delle scuole, degli ospedali, della Chiesa. La facciata
istituzionale è rimasta in piedi, ma i nemici già occupano l’interno dell’edificio. L’avversario è da
ricercarsi dentro. Il luogo del combattimento postmoderno è all’interno, e ciò spiega come ancora
non sia stato identificato dalla maggioranza delle persone.
POSTMODERNITÀ e RADICALISMO
La rivoluzione culturale ha trovato il suo equilibrio nella postmodernità. La postmodernità
primariamente destabilizza o decostruisce la modernità, vale a dire la sintesi culturale che ha
prevalso in Occidente a partire dai trattati di Westfalia (1648) e i suoi abusi quali il razionalismo,
l’istituzionalismo, il formalismo, l’autoritarismo, il marxismo e il pessimismo liberale. In questo
senso la pstmodernità presenta un carattere provvidenziale. Tuttavia, nei suoi aspetti radicali, essa
spinge ancora più lontano della modernità l’apostasia occidentale. Certamente, sia nella
pstmodernità come nella modernità, non tutto è senza mezzi termini.
Lo sconvolgimento del maggio 1968, il suo rigetto della tradizione e dell’autorità, la sua
esaltazione radicale della libertà individuale e il rapido processo di secolarizzazione che ne è
seguito, hanno precipitato la situazione di transizione delle società occidentali verso la “civiltà nonrepressiva” preconizzata da Herber Marcuse, padre postmoderno della rivoluzione culturale
occidentale. La postmodernità indica una destabilizzazione della nostra comprensione razionale e
teologale della realtà, della struttura antropologica donata da Dio all’uomo e alla donna, dell’ordine
dell’universo quale è stato creato da Dio. Il postulato di base della post-modernità è che la realtà è
una costruzione sociale, la verità e la realtà non hanno un contenuto stabile e oggettivo – di fatto, in
sé non esistono. La realtà non sarebbe che un testo da interpretare.
L’etica globale postmoderna celebra le differenze, la diversità delle scelte, la diversità
culturale, la diversità sessuale (differenti orientamenti sessuali). Questa “celebrazione” è in realtà
quella della “liberazione” dell’uomo e della donna rispetto alle condizioni esistenziali nelle quali
Dio li ha situati.
Ma l’esaltazione del libero arbitrio contraddice il carattere normativo dei valori postmoderni e,
in particolare, del diritto di scelta, valore supremo della nuova cultura. Il radicalismo postmoderno
postula che l’individuo, per poter esercitare il suo diritto di scelta, deve potersi “liberare” di
qualsiasi quadro normativo - sia esso semantico (definizioni chiare), ontologico (l’essere, il dato),
politico (la sovranità dello Stato, l’autorità morale del governo), morale (le norme trascendenti),
sociale (i tabù, i divieti), culturale (le tradizioni) o religioso (l’insegnamento delle religioni, la
dottrina della Chiesa). Tale pretesa “liberazione” diventa un imperativo della nuova etica.
Quando nel 1948 è stata adottata la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, la cultura
occidentale ancora riconosceva l’esistenza di un ordine “dato” all’universo. L’articolo primo della
Dichiarazione afferma che “ tutti gli esseri umani sono nati liberi ed uguali in dignità”. Il testo parla
della dignità umana inerente a tutti i membri della famiglia umana. Se essa è inerente, deve quindi
venire riconosciuta, e i diritti umani devono allora essere dichiarati, non fabbricati ex nihilo.
Nel 1948, il concetto di universalità era inscindibilmente legato al riconoscimento dell’esistenza
di tali diritti. L’universalità possedeva una dimensione trascendente e, di conseguenza, delle
implicazioni morali.
I diritti umani universali si sono resi autonomi da ogni riferimento morale oggettivo e
trascendente. Il principio puramente immanente del diritto di scelta è il risultato di questo divorzio.
La postmodernità rivendica il diritto di esercitare la propria libertà individuale contro la legge
naturale, contro le tradizioni e contro la rivelazione divina. Essa rifonda lo stato detto “di diritto” e
la democrazia sul diritto di scelta, nel quale include il diritto di compiere scelte anche
intrinsecamente cattive: aborto, omosessualità, “libero amore”, eutanasia, suicidio assistito, rifiuto
di ogni forma di autorità o di legittima gerarchia, “tolleranza” obbligatoria di tutte le opinioni,
spirito di disubbidienza che si esprime in forme tanto numerose quanto varie …
L’assenza di una autorità normativa mondiale costituisce il tratto dominante di tutti i termini e le
espressioni del nuovo linguaggio mondiale, di tutti i paradigmi postmoderni. Gli esperti che hanno
forgiato i nuovi concetti hanno esplicitamente rifiutato di esprimerli chiaramente, adducendo
l’argomento che definirli significherebbe limitare la possibilità di scegliere l’interpretazione che si
vuole loro attribuire e ciò verrebbe a contraddire la regola del diritto di scelta. Di conseguenza, i
paradigmi postmoderni non si collegano ad un significato stabile e univoco: essi costituiscono, per
così dire, degli spazi di interpretazione, dei processi di perpetuo cambiamento. Gli ingegneri sociali
definiscono questi processi “olistici” in quanto sarebbero “inclusivi” di “tutte” le scelte possibili.
Il “gender” concetto chiave della conferenza di Pechino del 1995 è un termine definito come
corrispondente ai ruoli sociali variabili degli uomini e delle donne, in opposizione alle loro funzioni
riproduttive che non sono interscambiabili. La decostruzione della persona umana come uomo e
donna conduce ad una società asessuata, “neutra”, priva sia di mascolinità che di femminilità, che
nondimeno situa la libido nel cuore del diritto. È una società senza amore che conduce la
decostruzione. Il gender rappresenta il cavallo di Troia della rivoluzione femminista occidentale in
ciò che ha di più radicale. Esse si trova al centro delle preoccupazioni mondiali circa lo sviluppo e,
in particolare, degli obiettivi per lo Sviluppo del Millennio .
Esiste uno stretto legame fra l’ideologia del gender e quella dell’orientamento sessuale:
bisessualità, omosessualità, lesbismo, eterosessualità. L’etica globale pone queste scelte su uno
stesso piano di uguaglianza. Analogamente la conferenza del Cairo ha introdotto il concetto di
“famiglia sotto tutte le forme”: questo concetto “falsamente” olistico, integra le famiglie
tradizionali, le famiglie allargate e le “famiglie” costituite da persone dello stesso sesso. La
maggioranza delle nazioni occidentali sembra percorrere sempre più decisamente la via di una tale
“diversità”.
Secondo l’etica postmoderna l’individuo è il “libero” creatore del suo destino e di un nuovo
ordine sociale. Egli può scegliere di essere omosessuale oggi e bisessuale domani (orientamento
sessuale). I bambini possono scegliere la propria opinione, indipendentemente dai valori che
ricevono dai loro genitori (diritti dei bambini). Ciò che l’etica globale innanzitutto decostruisce è la
struttura antropologica della persona umana.
L’etica postmoderna si gloria di eliminare le gerarchie. Ma, con l’imposizione a livello
mondiale della “trascendenza” del libero arbitrio , essa genera una nuova gerarchia di valori. In
sostanza, l’etica globale pone l’immanenza al di sopra della trascendenza, l’uomo al di sopra di
Dio, il “mondo” al di sopra del “cielo” …
Le nuove gerarchie costituiscono una nuova forma di dominazione sulle coscienze che il papa
Benedetto VI ha chiamato “dittatura del relativismo”. L’espressione può sembrare paradossale:
dittatura significa la presenza di una imposizione dall’altro, mentre relativismo implica la
negazione di ogni assoluto e si oppone proprio contro tutto ciò che viene considerato imposizione
dall’alto, in particolare la verità, la rivelazione, la realtà, la moralità. Ciò che ci viene imposto, in
una dittatura del relativismo, è la decostruzione della nostra umanità e della nostra fede. Essa ci
viene inflitta attraverso un processo graduale di trasformazione culturale apparentemente neutro e
inoffensivo. Ma il relativismo indossa una maschera: è dominatore e distruttore.
Tuttavia, come i sistemi ideologici precedenti, anche l’etica globale finirà per autodistruggersi.
Minata da contraddizioni interne, non è duratura e crollerà. La civiltà mondiale emergente non
necessariamente, però, sarà in grado di ritornare da sé al buon senso, ai valori tradizionali: la nuova
cultura deve essere evangelizzata . La nuova civiltà mondiale è chiamata ad essere quella
dell’amore. La nuova cultura globale postmoderna è la cultura che la Chiesa è chiamata ad
evangelizzare .
LA SPECIFICITÀ CRISTIANA di fronte ALL’ETICA GLOBALE
Noi siamo, come dice Gesù, nel mondo, ma non del mondo. Ora, ovunque nel mondo, i cristiani, il
più delle volte per ignoranza, subiscono la tentazione di confondere i paradigmi e i valori dell’etica
globale con la dottrina sociale della Chiesa, la diversità culturale e gli approcci sensibili ai valori
culturali con il rispetto dell’identità delle singole culture; l’emancipazione delle donne e la parità
con l’insegnamento giudaico-cristiano sull’uguale dignità dell’uomo e della donna; la libertà
arbitraria di scelta con la libertà di Cristo; la democrazia partecipativa con una vera
partecipazione democratica; i diritti dell’uomo e il principio di non-discriminazione con la buona
novella della salvezza e della misericordia, ecc. ecc. … possiamo continuare a lungo su questa
linea.
I cristiani non sempre fanno distinzione fra il nuovo sistema etico-costruttivista e falsamente
olistico e la salvezza eterna di Dio. Una linea vitale separa tuttavia l’umanesimo integrale nato dalla
salvezza di Cristo e promosso dalla Chiesa. Nella pratica, tale linea ,spesso, non si rivela più con
sufficiente chiarezza. Ritrovare la specificità cristiana, districarla dai programmi ambigui della
nuova etica costituisce un compito importante per la Chiesa.
La confusione attuale comporta un duplice pericolo. Prima di tutto nuovi concetti tendono ad
invadere lo spazio che dovrebbe essere occupato dall’evangelizzazione: predichiamo i diritti
dell’uomo, lo sviluppo sostenibile e gli obiettivi per lo sviluppo del Millennio invece di predicare il
Vangelo. Poco a poco, ci lasciamo sedurre da valori laici e perdiamo la nostra identità cristiana.
Giovanni Paolo II non ha forse parlato, nella Redemptoris Missio, di una secolarizzazione graduale
della salvezza?
In secondo luogo, se i leaders cristiani utilizzano i nuovi concetti senza chiarire esplicitamente
ciò che li distingue dalla dottrina sociale della Chiesa e del Vangelo, come frequentemente accade, i
fedeli saranno disorientati e tenderanno a non discernere la differenza. La confusione che ne
consegue può portare alla perdita graduale della fede.
Nella Novo Millennio ineunte, Giovanni Paolo II ci invita a ripartire da Cristo. È ben questa la
nuova partenza alla quale oggi siamo chiamati.
Marguerite A. Peeters
Le sorelle della commissione si rendono disponibili ad accogliere eventuali riflessioni e/o
provocazioni per migliorare e continuare il cammino di comunione. Le comunicazioni possono
essere inviate ai seguenti contatti:
sr Annarita Scarinci
sr M. Cinzia Marchioro
[email protected]
[email protected]
sr Raffaella Moltrasi
sr Roselma Sartore
[email protected]
[email protected]