La funzione principale della foglia è la fotosintesi, quella del fusto è di sostegno e quella della radice è di ancorare la pianta al terreno e assorbire acqua e sali minerali. Ci sono due categorie di piante a seme: gimnosperme e angiosperme. Caratteristiche delle cellule vegetali: Ogni cellula con parete è cementata alle cellule adiacenti per mezzo della lamella mediana. Le pareti cellulari 1° sono sottili e sono caratteristiche di cellule giovani e in accrescimento. Le pareti 2° sono più spese e vengono depositate quando le cellule sono differenziate. La resistenza di questa parete è dovuta alla lignina. Fessurazioni circolari qui presenti danno origine alle punteggiature semplici. L'accrescimento delle cellule vegetali è concentrato nei meristemi. In una piante giovane i meristemi più attivi sono localizzati all'estremità del fusto e della radice e prendono il nome di meristemi apicali contenuti nelle gemme ascellari. Le radici laterali si formano dal periciclo che è un tessuto meristematico interno. L'accrescimento 1° porta alla formazione di nuovi organi e alla struttura di base vegetale. E' il risultato dell'attività dei meristemi apicali. Dopo ciò si può avere l'accrescimento 2° che implica la presenza di due meristemi laterali: il cambio vascolare dà origine allo xilema (legno) e al floema secondari, mentre il fellogeno produce il periderma costituito da sughero. I vacuoli occupano dall' 80 al 90% del volume cellulare e regolano il flusso di ioni e molecole organiche fuori e dentro il lume. Gli organuli in grado di produrre energia sono i mitocondri e i cloroplasti. I primi sono la sede della respirazione e hanno una membrana interna, la matrice, costituita dal 70% di proteine e cardiodipina. I cloroplasti appartengono al gruppo di organuli costituiti da una doppia unità di membrana chiamati plastidi. Le membrane dei plastidi sono composte da lipidi formati quasi esclusivamente da glicosilgliceridi in cui la testa polare è formata da galattosio, digalattosio o galattosio solfato. Le membrane dei cloroplasti contengono clorofilla e le proteine ad essa associate. Essi posseggono un terzo sistema di membrane chiamato tilacoidi il cui impilamento forma un granum. Lo scomparto fluido che avvolge i tilacoidi si chiama stroma. Le cellule vegetali sono in genere collegate tra loro da plasmodesmi che attraversano la parete cellulare collegando i citoplasmi di cellule adiacenti: il citoplasma forma un continuo (una molecola piccola può passare di cellula in cellula senza attraversare la membrana). I plasmodesmi permettono il passaggio di acqua e di soluti tra le cellule ma le molecole grosse (>800-1000 Da) vengono escluse. L'unione di tutti i citoplasmi delle cellule vegetali è chiamato simplasto. Il passaggio apoplasto → simplasto richiede sempre l’attraversamento della membrana plasmatica In assenza di plasmodesmi, una cellula è detta “simplasticamente isolata”. Esempi di cellule simplasticamente isolate sono: le cellule di guardia Tricomi (peli sulle foglie) Cellule del floema: elementi dei vasi cribrosi (SE) + cellule compagne (CC) I tessuti vegetali sono: 1) tessuti dermici: l'epidermide è il tessuto dermico delle giovani piante ed è costituito da cellule specializzate e appiattite. Alcune paia di cellule epidermiche cioè le cellule di guardia circondano i pori. Cellule di guardia e pori vengono detti stomi che permettono gli scambi gassosi (perdita di H2O, assorbimento della CO2 e rilascio della O2) tra l'atmosfera e l'interno della foglia. I peli radicali sono estensioni delle cellule epidermiche e servono per aumentare l'area della superficie di assorbimento 2) tessuti fondamentali: parenchima costituito da cellule metabolicamente attive con pareti sottili che svolgono la fotosintesi e l'accumulo; collenchima costituito da cellule strette e allungate con spesse pareti cellulari 1° in cui queste cellule disposte in fasci o strati vicino al fusto o ai piccioli fogliari permettono un sostegno strutturale con particolare riferimento ai germogli e le loro pareti ispessite ma non lignificate possono distendersi mentre l'organo si allunga; sclerenchima fornisce sostegno meccanico ed è formato da sclereidi con forma sferica o ramificata e fibre che sono cellule strette e allungate associate ai tessuti vascolari hanno pareti 2° ispessite 3) tessuti vascolari: lo xilema trasporta acqua e ioni minerali dalla radice al resto della pianta mentre il floema distribuisce i prodotti della fotosintesi e altri soluti alla pianta. Le tracheidi e le trachee sono cellule conduttrici dello xilema che hanno elaborato ispessimenti della parete 2° e perdono il loro citoplasma a maturità cioè sono funzionali quando sono elementi morti. Le trachee sono anche disposte una sull'altra a formare i vasi. Gli elementi cribrosi e le cellule cribrose sono responsabili della traslocazione dello zucchero nel floema. I primi sono presenti nelle angiosperme mentre i secondi nelle gimnosperme. Entrambi i tipi di cellule sono vivi quando sono attivi. Nei tubi cribrosi le sostanze sono traslocate attraverso le placche cribrose che sono larghi pori L’acqua serve per la vita (i processi biochimici la richiedono). acquisizione CO2 crescita, sostegno (turgore) mantenere bassa la T fogliare trasportare soluti dal terreno a radici e foglie Le piante continuamente assorbono e perdono acqua: 1 g sostanza organica/ 500 g acqua traspirata Proprietà dell’acqua ottimo solvente polare (legami a H) alto calore di evaporazione (liquido → gas) alta coesione adesione a superfici polari tensione superficiale (minimizza superficie esposta all’aria) Le molecole d’acqua all’interfaccia aria/acqua sentono la forte attrazione da parte delle molecole d’acqua (coesione), ma interagiscono debolmente con le molecole di ossigeno e azoto. L’attrazione tende a minimizzare la superficie di contatto tra aria e acqua. Per creare nuova superficie occorre spendere energia (e spezzare i legami a H). Questa energia (misurata per m2) si chiama tensione superficiale (J/m2) o anche N/m, che per l’acqua è decisamente alta. Quanto meglio le molecole d’acqua aderiscono su una superficie (perchè l’interazione è forte), tanto più tenderanno a bagnarne la superficie e quindi ad aumentare la superficie di contatto. La coesione insieme all’adesione permette la risalita nei capillari. Il potenziale chimico: Le piante richiedono un imput continuo di energia libera per mantenere e ricostruire le loro strutture e i loro stati di organizzazione. Il potenziale chimico μj dell'acqua è l'espressione quantitativa dell'energia libera associata all'acqua. E' la differenza tra il potenziale di una sostanza in un determinato stato e il potenziale della stessa sostanza in condizioni standard e la sua unità di misura è J/mol (4,18 J = 1 caloria). La conoscenza di μj serve per predire la direzione del cambiamento spontaneo di un sistema che passa dallo stato A (μj A) allo stato B (μj B). Il cambiamento spontaneo procede sempre nella direzione della diminuzione di energia libera. Se μj B < μj A allora Δ μ < 0 quindi processo spontaneo Se μj B = μj A allora Δ μ = 0 processo all’equilibrio Se μj B > μj A allora Δ μ > 0 avviene solo con immissione di energia nel sistema Il potenziale idrico: Il potenziale d’acqua è una misura della tendenza dell’acqua a muoversi da uno stato a più alta energia libera verso uno ad energia libera minore. E' rappresentato dal potenziale chimico dell'acqua diviso il volume molale parziale dell'acqua in cui il volume di una mole d'acqua è 1,8*10^-6 m^3/mol. MPa = megaPascal = N/m2 oppure Joule/m3 1 MPa = 10 bar o circa 10 (9.9) atmosfere 0,1 MPa = 1 bar o = 1 atm Il campo elettrico non influisce su ψ perché H20 non ha carica netta. L'acqua si muove spontaneamente verso potenziali più bassi. ψ = ψs + ψp + ψg ψs è -RTCs ed è sempre negativo ψp può essere positivo o negativo ψg ρgh sempre positivo se h positivo In cui ψs indica gli effetti dei soluti, ψp la pressione e ψg la gravità sull'energia libera dell'acqua. Ψs è definito potenziale del soluto o potenziale osmotico e rappresenta l'effetto sul potenziale idrico della presenza di soluti disciolti. Poiché la diluiscono, i soluti diminuiscono l'energia libera dell'acqua e questo effetto è entropico cioè miscelare soluti e acqua aumenta il disordine e quindi abbassa l'energia libera. Questo significa che il potenziale osmotico è indipendente dalla natura specifica del soluto. ψs è -RTCs ed è sempre negativo dove R= 8,32 J/(mol*K) T invece è la temperatura in Kelvin e Cs è la concentrazione del soluto in soluzione espressa come osmolarità cioè mol/L In cui ψp è la pressione idrostatica della soluzione. Pressioni positive innalzano il potenziale idrico mentre pressione negative lo riducono. Ψp può essere negativo nello xilema e nelle pareti tra le cellule dove si può sviluppare una tensione o una pressione negativa. Ψp per l'acqua è 0 MPa anche se la sua pressione assoluta è di 0,1 MPa cioè 1 atm. a) la pressione idrostatica positiva all’interno delle cellule è detta turgore. E’ una conseguenza della presenza della parete e di un’alta concentrazione di soluti b) la pressione idrostatica negativa (come quella generata all’interno dello xilema) è detta tensione In cui ψg dipende dall'altezza dell'acqua al di sopra dell'acqua di riferimento, dalla densità dell'acqua e dall'accelerazione dovuta alla gravità e quindi è ρgh dove ρwg = 0,01 MPa/m ma quando si considera il trasporto dell'acqua a livello cellulare la componente gravitazionale ψg si omette. Si considera quando si confrontano i potenziali dell’acqua ad altezze diverse (radicichioma). E' significativo solo quando la differenza di altezza è in metri in cui h > 10 metri. 1) Una cellula flaccida viene immersa in una soluzione 0,1M di saccarosio. Poiché il potenziale idrico di partenza della cellula è minore di quello della soluzione, la cellula assorbe acqua. All'equilibrio il potenziale idrico della cellula raggiunge quello della soluzione e il risultato è una cellula con una pressione di turgore positiva 2) Se si aumenta la concentrazione di saccarosio nella soluzione si ha che la cellula perde acqua poiché l'aumento abbassa il potenziale idrico della soluzione, estrae acqua dalla cellula e quindi ne riduce la pressione d turgore. Qui il protoplasto si scolla dalla parete cellulare poiché le molecole di saccarosio sono in grado di passare attraverso i pori relativamente grandi della parete cellulare. La differenza di potenziale idrico tra cellula e soluzione è interamente attraverso la membrana plasmatica così il protoplasmo si restringe 3) Se la cellula si comprime tra due placche essa perde acqua perchè viene rimossa metà dell'acqua della cellula e raddoppia quindi il potenziale osmotico cellulare Esercizio: Qual’è il potenziale osmotico (Ψs) di una soluzione 100 mM a 20 °C e a pressione atmosferica? Si applica van’t Hoff: Ψs = -RTcs Ψs = -(8.3x10-3 L MPa mol-1°K-1) x (273 + 20 °K) x (0.1 mol L-1) = -0.244 Mpa Una conc. 0.1 M di soluto genera una pressione osmotica di 2.42 atm (0.244 Mpa). Il trasporto dell'acqua: Il trasporto dell'acqua può avvenire per diffusione o per flusso di massa e se c'è di mezzo una membrana si parla di osmosi. Nella diffusione le molecole si spostano spinte da un gradiente di concentrazione e in assenza di gradienti di pressione o gravitazionali. L'entità del trasporto è definita da: Jv=Lp*ΔΨ dove Jv è la velocità di trasporto, o “flow rate” cioè è il volume di acqua che fluisce (es. attraverso la membrana) per unità di area e per unità di tempo(m/s), Lp è la conduttività idraulica, ΔΨw è il gradiente di driving force. La conduttività idraulica è la misura della facilità con cui l'acqua si muove attraverso il suolo e varia in base al tipo di suolo e contenuto idrico. I suoli sabbiosi hanno elevate conduttività mentre i suoli argillosi hanno conduttività basse. La perdita di conduttività dipende dalla forza centrifuga, dalla specie in esame e ultimamente dalle dimensioni dei pori nella parete che a loro volta determinano la forza che occorre per far passare l’aria attraverso di essi. Ψw è il punto permanente di appassimento cioè il punto al quale il potenziale idrico del suolo è così basso che le piante non possono più ripristinare la pressione di turgore. Il potenziale idrico del suolo Ψw è minore o uguale al potenziale osmotico Ψs della pianta. Il flusso di massa è quantità che fluisce nell’unità di tempo e la densità di flusso, indicata con Jv (ma anche con Js o J) è la quantità che fluisce nell’unità di tempo per unità di area. E' il sistema con cui l'acqua si sposta nello xilema, dalle radici alle foglie. P = (ΔP π r^4) / (8ηL) in cui P è la portata; η è la viscosità; p è la pressione; r è il raggio e L la lunghezza del tubo La diffusione è il movimento delle molecole mediante agitazione termica casuale e permette il movimento da zone ad alta concentrazione verso zone a concentrazione minore cioè secondo il gradiente di concentrazione. Una sostanza diffonde più velocemente quando aumenta il gradiente di concentrazione o quando aumenta il coefficiente di diffusione Js= -Ds * Δcs / Δx in cui Js è la velocità di trasporto del suolo o densità di flusso cioè la quantità di sostanza s che attraversa un'unità di area nell'unità di tempo; Ds è il coefficiente di diffusione cioè una costante di proporzionalità che misura la facilità di una sostanza s di muoversi attraverso un particolare mezzo e dipende dal mezzo e dalla temperatura ed è negativo perchè si sposta secondo i gradienti di concentrazione La velocità di diffusione è elevata a breve distanza ma bassa a lunga distanza: il tempo medio impiegato da una sostanza per diffondere a una distanza L equivale a L2/Ds dove Ds è il coefficiente di diffusione che dipende sia dall'identità della particella che dal mezzo in cui essa diffonde. Il tempo richiesto perchè una sostanza diffonde a una data distanza dipende dal quadrato della distanza. Diffusione: - veloce su piccole distanze, ma molto lenta su grandi distanze - il tempo che una molecola ci mette a diffondere è proporzionale a x2 - una molecola di glucosio ci mette 2.5 sec ad attraversare una cellula (50 μm) ma 32 anni ad attraversare una foglia di mais lunga 1 m - una molecola piccola diffonde più velocemente - molto più veloce nei gas che nei liquidi L’acqua , sotto forma di vapor acqueo, DIFFONDE dalle foglie all’atmosfera Il movimento del'acqua nel suolo e nella pianta: Eccetto che nei suoli salini, φs è piccolo (le soluzioni nel terreno sono molto diluite (circa 1-10 mM). Perciò il potenziale nel terreno è quasi tutto a carico della componente di pressione (ψp). In un suolo ben irrigato ψp è circa 0. Quando il suolo asciuga, si formano bolle d’aria e l’acqua si ritira negli interstizi fra le (e all’interno delle) particelle del terreno/residui di sostanza organica. Le molecole d'acqua in un'interfaccia aria-acqua sono più fortemente attratte dalle vicine molecole d'acqua che dalla fase gassosa dall'altra parte della superficie. L'interfaccia aria-acqua assume una forma che riduce la sua area di superficie. Per aumentare l'area di interfaccia occorre rompere dei legami idrogeno. T per H2O a 20 C = 0.078 J/m2. La forza dovuta alla tensione superficiale è: F2πRT*cosα minore è il raggio, maggiore è l'altezza che raggiunge l'acqua Forza che si oppone = π r^2hρg che è il peso della colonna d'acqua 2πRT*cosα = π r^2hρg Per l'acqua su superfici idrofile abbiamo che α=0 quindi cosα = 1 e quindi avremo h = 2T / rρg Capillarità: E' generata dalla coesione, dall'adesione e dalla tensione superficiale. Quando l'acqua scarseggia, nel capillare si instaura una pressione negativa che trattiene l'acqua: -Pπ r^ 2 = 2π r T cosα P = -2Tcosα / 2r Il ψp negativo richiama acqua da altre zone del terreno più bagnate in cui ψp è circa zero. Il movimento di acqua nel terreno arido avviene per flusso di massa ed è guidato dalla differenza di pressione. In questo caso i valori di ψw del terreno sono negativi e la cellula radicale per assorbire acqua dal terreno dovrà avere valori di ψw inferiori. L’assorbimento avviene a livello della parte più giovane della radice non ancora suberificata, ed è massimo a livello dei peli radicali che sono delle estensioni microscopiche di cellule epidermiche della radice che aumentano l'area di superficie della radice fornendo una capacità superiore di assorbimento di ioni e acqua. L'acqua entra nella radice più facilmente nella zona dell'apice. Zone più differenziate della radice contengono uno strato esterno di tessuto protettivo, definito esoderma o ipoderma, contenenti nelle pareti sostanze idrofobe relativamente impermeabili all'acqua. Le zone più vecchie delle radici devono essere sigillate affinché l'assorbimento dell'acqua possa avvenire nelle zone che attivamente esplorano nuove zone del suolo. Vie attraverso cui può fluire l'acqua: 1) apoplasto: con questo temine ci riferiamo al sistema continuo di pareti cellulari e di spazi aeriferi intercellulari dei tessuti della pianta che hanno perso il loro citoplasma. In questa via l'acqua può muoversi attraverso le pareti cellulari e qualsiasi spazio extracellulare ripieno di acqua senza quindi attraversare la membrana. Il movimento dell'acqua attraverso questa via è bloccato dalle bande di Caspary cioè strisce di parete cellulare radiale dell'endodermide impregate di suberina (sostanza idrofoba). Questa fa da barriera al movimento dell'acqua e dei soluti. L'endodermide è suberificata nella zona della radice che ha cessato l'accrescimento. Queste bande servono a forzare l'acqua e i soluti che attraversano l'endodermide a passare attraverso la membrana plasmatica 2) simplasto: è rappresentato dalla continuità di tutto l'intreccio dei citoplasmi cellulari collegati dal plasmodesmi. In questa via l'acqua si muove attraverso il parenchima corticale viaggiando da una cellula a quella successiva tramite i plasmodesmi. La forza motrice di rilievo per il flusso di massa è il gradiente di pressione idrostatica 3) via transmembana: è quella seguita dall'acqua che sequenzialmente entra da una parte della cellula e ne esce dall'altra. In questa via l'acqua attraversa almeno due membrane. Può anche essere coinvolto il trasporto attraverso il tonoplasto. In questa via la presenza di membrane semipermeabili indica che la forza motrice prevalente è il gradiente totale del potenziale idrico L'assorbimento dell'acqua diminuisce quando le radici sono sottoposte a basse temperature, a condizioni anaerobiche o quando sono trattate con inibitori della respirazione. Radici sommerse esauriscono l'ossigeno che di solito è fornito dalla diffusione attraverso gli spazi aeriferi del suolo. Le radici anaerobiche trasportano meno acqua al fusto che quindi soffre per la perdita netta di acqua e inizia ad appassire. La diminuzione della velocità di respirazione può indurre all'aumento del pH citoplasmatico e questo altera la conduttanza delle acquaporine coinvolte nel movimento dell'acqua attraverso la radice, rendendo le radici marcatamente meno permeabili all'acqua. Il fatto che le acquaporine possano essere regolate in risposta al pH o ad altri segnali permette l'utilizzo di un meccanismo con il quale le radici possono alterare attivamente la loro permeabilità all'acqua in risposta all'ambiente che le circonda. Nella via simplastica l'acqua scorre fra le cellule tramite i plasmodesmi, senza attraversare la membrana plasmatica. Nella via transmembrana l'acqua si sposta attraverso le membrane plasmatiche, passando velocemente attraverso lo spazio della parete cellulare. La via apoplastica è bloccata dalle bande di Caspary dell'endodermide. L'acqua nello xilema: Nel passaggio da cellula a materiale inerte (parete, suolo) si ha in genere un’inversione nella componente maggioritaria che determina il valore del potenziale idrico (Ψ): nelle cellule la pressione (Ψp) è in genere elevata e positiva, mentre la componente osmotica (Ψs) è grande (e ovviamente negativa). Nel suolo, nello xilema e in genere nelle pareti (es. mesofillo) la pressione (Ψp) è negativa mentre la componente osmotica (Ψs) è piccola (e ancora negativa). L'acqua che si trova in cima agli alberi sviluppa una pressione idrostatica negativa che è in grado di aspirare l'acqua presente nello xilema. Questo meccanismo è definito dalla teoria della coesione-tensione della linfa ascendente poiché richiede la presenza delle proprietà coesive dell'acqua per tollerare le grandi tensioni presenti nella colonna d'acqua dello xilema. Questa pressione negativa si sviluppa sulla superficie delle pareti cellulari della foglia e causa il movimento ascensionale dell'acqua. La situazione è analoga a quella del suolo: la cellula agisce come un capillare immerso nell'acqua, questa aderisce alle microfibrille di cellulosa e agli componenti idrofili della parete. Le cellule del mesofillo fogliare sono in contatto diretto con l'atmosfera tramite un esteso sistema di spazi aeriferi. Man mano che l'acqua viene persa nell'aria la superficie dell'acqua che rimane viene trascinata verso gli interstizi della parete cellulare cioè le incranature e le fenditure tra le cellule e fra le fibrille della parete. La curvatura di queste interfacce, causata dall'elevata tensione superficiale dell'acqua, induce una pressione negativa sull'acqua. Man mano che l'acqua viene rimossa dalla parete, la superficie dell'acqua porta alla formazione di menischi sempre più ricurvi e la pressione dell'acqua diventa più negativa. La teoria di coesione-tensione spiega come può avvenire il movimento netto dell'acqua attraverso la pianta senza dover spendere direttamente energia metabolica. L'imput energetico viene dal sole che aumentando la temperatura delle foglie e dell'aria che le circonda causa l'evaporazione dell'acqua. Se ammettiamo la validità della teoria TAC, ne consegue: 1- le strutture devono essere resistenti per non collassare 2- la colonna d’acqua deve avere alta forza tensile per non rompersi 3- se entra l’aria richiamata dalla depressione si formano delle bolle che interrompono la colonna d’acqua L’acqua sotto tensione è in uno stato fisicamente metastabile. Man mano che la pressione scende, l’acqua tende a passare in fase gassosa (pressione di vapor saturo 0.002 MPa; tensione nello xilema: fino a -3 Mpa). La coesione e l’adesione innalzano l’energia di attivazione del cambiamento di fase da liquido a vapore. La struttura dello xilema minimizza la presenza di punti di nucleazione. La grande tensione che si sviluppa nello xilema degli alberi presenta sfide fisiche. L'acqua sotto tensione trasmette alle pareti cellulari dello xilema forze rivolte verso l'interno. Gli ispessimenti secondari e la lignificazione della parete delle tracheidi e dei vasi sono adattamenti volti ad impedire il collassamento sotto l'influsso della tensione. L'acqua sotto tensione è in uno stato fisicamente metastabile. Quando la pressione idrostatica dell'acqua liquida equivale alla sua pressione di vapore saturo essa va incontro ad un cambiamento di fase, cioè bolle. L'acqua nello xilema è nello stato metastabile in quanto persiste nello stato liquido nonostante l'esistenza di uno stato energetico termodinamicamente minore. Questa situazione si verifica poiché: 1) la coesione e l'adesione delle molecole di acqua innalzano molto l'energia di attivazione del cambiamento di fase da liquido a vapore 2) la struttura dello xilema minimizza la presenza di punti di nucleazione responsabili di questa energia di attivazione Bolle, cavitazione ed embolia: I punti di nucleazione più importanti sono bolle di gas di ampiezza sufficiente a far sì che la forza diretta verso l'interno risultante dalla tensione superficiale sia minore della forza diretta verso l'esterno dovuta alla pressione negativa della fase liquida. Quando questo si verifica la bolla si espande e la forza diretta verso l'interno dovuta alla tensione superficiale tende a diminuire poiché l'interfaccia aria-acqua assume una curvatura minore. Così una bolla che eccede l'ampiezza critica per l'espansione si dilata fino a riempire l'intero condotto. L'assenza di bolle di gas di ampiezza tale da destabilizzare la colonna d'acqua nello xilema sotto tensione è dovuta all'azione filtrante delle radici mediante la forzatura a far fluire l'acqua simplasticamente verso l'endodermide. All'aumentare della tensione nell'acqua aumenta la tendenza ad assorbire aria attraverso pori microscopici presenti nelle pareti dello xilema, generando il fenomeno conosciuto come dispersione dell'aria. Le regioni più permeabili delle pareti dello xilema sono le stesse membrane delle punteggiature, il sito dove l'acqua fluisce fra i condotti. Di solito esse prevengono la diffusione dei gas, ma quando sono esposte ad aria presente solo da una parte, dovuta al danno, diventano un facile sito di ingresso d'aria. Questo avviene se la differenza di pressione attraverso la membrana della punteggiatura è sufficiente o a sopraffare le forze di capillarità dell'interfaccia aria-acqua all'interno della matrice di microfibrille di cellulosa delle membrane strutturalmente omogenee delle punteggiature o a spostare il toro della membrana della punteggiatura di una conifera. Una seconda ragione per cui si formano le bolle nello xilema è a causa della bassa solubilità dei gas nel ghiaccio: poiché l'acqua dello xilema contiene dei gas in essa disciolti il congelamento dei condotti xilematici può portare alla formazione di bolle. Questo fenomeno della formazione di bolle è detto cavitazione e il vuoto riempito da gas che si forma è detto embolia. La cavitazione dello xilema spezza la continuità della colonna d'acqua e arresta il trasporto di acqua sotto tensione. Tali interruzioni della colonna d'acqua non sono rare nelle piante. Bloccando la via di trasporto principale dell'acqua verso le foglie, tali bolle causerebbero la disidratazione e la morte delle foglie. Cavitazione: L'impatto della cavitazione sulla pianta è minimizzato in diversi modi. Una bolla di gas potrebbe, per principio, espandersi fino a riempire l'intero sistema poiché gli elementi tracheali dello xilema sono interconnessi. In realtà le bolle di gas non si espandono molto lontano perchè sono bloccate a livello delle pareti perforate presenti tra le tracheidi e i vasi sovrapposti. Poiché i capillari dello xilema sono interconnessi, una bolla di gas non blocca completamente il flusso idrico attraverso un vaso o una colonna di tracheidi. Al contrario l'acqua può girare attorno al punto bloccato passando attraverso i condotti che collegano le cellule vicine. Così la presenza di pareti non perforate oltre ad aumentare la resistenza al flusso idrico, limita anche la cavitazione. Le piante sono in grado di eliminare le bolle di gas dallo xilema. Di notte, quando la traspirazione è bassa, aumenta lo Ψp xilematico e il vapor d'acqua e i gas possono semplicemente ritornare nella soluzione xilematica e nello spazio libero. Alcune piante sviluppano una pressione positiva nello xilema. Tale pressione restringe le bolle di gas e porta i gas a ri-dissolversi. La capacità di una specie di resistere alla cavitazione (e quindi di crescere in climi aridi) dipende principalmente dalla diametro delle perforazione tra i vasi. Quando un vaso cavita, il toro si stampa contro gli ispessimenti del bordo della punteggiatura e blocca il passaggio. Una volta che si forma la bolla (che penetra da un vaso vuoto adiacente), questa si espande velocemente e fa perdere di conduttività al vaso. L’espansione della bolla rende più acqua disponibile e fa diminuire la tensione. La bolla tende a fermarsi quando incontra delle perforazioni (ad es. tra un elemento del vaso ed il successivo). Non c'è cavitazione quando ci sono i legami ad idrogeno perchè c'è alta coesione tra le molecole di acqua e quanto più stretto il tubo, tanto maggiore la tensione che la colonna d’acqua può sopportare senza rottura. Il mantenimento della colonna d’acqua è permesso anche dall’adesione delle molecole alle pareti del tubo. Guttazione: Le piante che sviluppano una pressione radicale mostrano la fuoriuscita di liquido dalle foglie, un fenome detto guttazione. La pressione xilematica positiva causa l'essudazione di succo xilematico dagli idatodi, strutture specializzate e localizzate vicino a tracheidi terminali di fasci che sboccano lungo i margini delle foglie. Le gocce di rugiada che possono essere osservate sulla punta delle foglie delle graminacee al mattino sono in realtà gocce di guttazione essudate da tali pori. La guttazione è maggiormente osservabile quando la traspirazione è soppressa e l'umidità relativa è alta come di notte. L'esistenza di una pressione positiva xilematica durante la notte può contribuire a sciogliere bolle di gas formatesi in precedenza e giocare quindi un ruolo nell'invertire gli effetti deleteri della cavitazione. Conduttanza idraulica: Aumenta quando lo xilema contiene una soluzione salina, questo è un meccanismo fisiologico per regolare la conduttività dei vasi. Le pectine presenti nella parete si contraggono in presenza di K+. Gli elementi tipici dello xilema sono i vasi la cui suddivisione, basata sul tipo di ispessimenti della parete, è la seguente: vasi anulati: ispessimenti secondari lignificati di forma anulare distribuiti lungo tutto l'asse del vaso. Si ritengono i più semplici e primitivi (Siluriano 420 milioni anni fa) Estensibile. In zone di attiva crescita per distensione. vasi spiralati: molto simili ai precedenti, ispessimenti ad elica semplice o doppia. Esistono anche anulo-spiralati. vasi scalariformi: pareti estesamente lignificate, zone non lignificate come fessure oblunghe. Derivati dagli spiralati. Non estensibili, presenti in zone con accrescimento completato. vasi reticolati. derivati dai precedenti per ulteriore estensione delle zone ispessite. vasi punteggiati: estensione massima della lignificazione. Le aree lasciate libere si dicono punteggiature areolate Osmosi: Il movimento è guidato dalla somma del gradiente di concentrazione e di Pressione. L’acqua si muove per osmosi dal terreno alle cellule della radice e in generale ogni volta che c’è il passaggio dall’apoplasto al simplasto (si deve attraversare la membrana cellulare). Diventa rilevante la permeabilità della membrana alle varie specie chimiche importanti per le cellule (tra cui l’acqua) ψw = ψs + ψp Come misurare Ψv, Ψs, Ψp: 1) Psicometria isopiestica: serve per misurare Ψw ed è basata sul fatto che la pressione di vapore dell'acqua diminuisce riducendo il suo potenziale idrico. Gli psicometri misurano la pressione di vapore dell'acqua di una soluzione o di un campione vegetale in base al principio che l'evaporazione dell'acqua da una superficie ne abbassa la temperatura. Per compiere una misurazione viene sigillato un pezzo di tessuto all'interno di una camera contenente un sensore di temperatura in contatto con una goccia di una soluzione standard con concentrazione nota. Se il tessuto ha un potenziale idrico minore rispetto a quello della goccia, l'acqua evapora dalla goccia, diffonde nell'aria e viene assorbita dal tessuto. L'evaporazione dell'acqua raffredda la goccia; maggiore sarà la differenza di potenziale idrico tra tessuto e goccia e più alta sarà la velocità di trasferimento dell'acqua e quindi più fredda sarà la goccia. Se la soluzione standard ha un potenziale idrico minore di quello del campione da misurare, l'acqua diffonderà dal tessuto alla goccia, causando il riscaldamento della goccia stessa. Misurando il cambiamento di temperatura della goccia per soluzioni diverse con Ψw noto è possibile calcolare il potenziale idrico della soluzione per la quale il movimento dell'acqua fra la goccia e il tessuto è zero, indicando che la goccia e il tessuto hanno raggiunto lo stesso potenziale idrico. Gli psicometri sono anche usati per misurare Ψs e Ψw, questo metodo è molto utile ma molto sensibile alle fluttuazioni termiche. 2) Bomba a pressione: si usa per stimare Ψw di grandi frammenti di tessuto. L'organo da misurare viene reciso dalla pianta e parzialmente sigillato in una camera a pressione. La colonna xilematica d'acqua, prima della recisione, è sotto tensione. Quando la colonna d'acqua viene spezzata dalla recisione dell'organo, l'acqua viene attratta rapidamente dallo xilema per osmosi dalle cellule circostanti. La superficie di taglio risulta quindi opaca e secca. Per poter compiere le misurazioni la camera viene pressurizzata con gas compressi fino a quando l'acqua dello xilema raggiunge di nuovo la superficie di taglio. La pressione necessaria per riportare di nuovo l'acqua alla superficie è definita pressione di bilanciamento ed è facilmente riscontrabile dal cambiamento dell'apparenza della superficie di taglio che diventa umida e luccicante quando questa pressione viene raggiunta. Quando non c'è traspirazione sulla foglia o sul germoglio, il potenziale idrico delle cellule della foglia e dello xilema raggiungono l'equilibrio. La pressione di bilanciamento misurata in questi tessuti non traspiranti è = ma di segno opposto alla pressione dello xilema Ψp. Possiamo calcolare il potenziale idrico sommando Ψp e Ψs dello xilema (Ψs misura > -0,1 Mpa). Il fatto che l'acqua scorra dallo xilema alla foglia indica l'esistenza di differenze nel potenziale idrico. Quando la foglia o il fusto che traspirano sono tagliati si libera immediatamente la tensione presente nello xilema e l'acqua si ritira nelle cellule fino a quando il potenziale idrico dello xilema e delle cellule raggiunge l'equilibrio. Poiché il volume totale delle cellule della foglia è di gran lunga superiore a quello del succo xilematico, questo potenziale idrico di equilibrio avrà un contributo maggiore dato dalla foglia 3) Osmometro crioscopico: serve per misurare Ψs di una soluzione valutandone il punto di congelamento. Le soluzioni hanno proprietà colligative che dipendono dal n° di particelle disciolte e non dalla natura del soluto. Una di queste proprietà è la diminuzione del punto di congelamento all'aumentare della concentrazione del soluto. Con questo strumento campioni fino a 10^-9 L vengono posti su un mezzo oleoso situato su un piatto portaoggetti a temperatura controllata. L'ampiezza piccola del campione permette di misurare il succo di una singola cellula fornendo un equilibrio termico rapido con un piatto portaoggetti. Per impedire l'evaporazione i campioni sono sospesi su pozzetti ripieni di olio posti su una piastra d'argento. La temperatura del piatto portaoggetti arriva a -30°, provocando il congelamento del campione. La temperatura viene innalzata molto lentamente e il processo di diffusione del campione viene osservato al microscopio. Quando l'ultimo cristallo di ghiaccio del campione si scioglie si prende nota della temperatura del piatto; si calcola direttamente la concentrazione del soluto dall'abbassamento del punto di congelamento e dalla concentrazione del soluto Cs, si calcola Ψs come -RTCs 4) Micromanometro: si usa per misurare Ψp e si inserisce in una cellula un tubo di vetro riempito di aria e sigillato da una parte. L'alta pressione della cellula comprime il gas intrappolato e dal cambiamento di volume si può facilmente calcolare la pressione della cellula dalla legge generale dei gas ideali (p*v = cost). Questo metodo funziona bene solo con cellule che hanno un volume relativamente grande. Per cellule più piccole la perdita di succo cellulare all'interno del tubo di vetro basta per sgonfiarle generando delle basse pressioni che in realtà sono artefatti. La sonda a pressione è simile a una siringa. Viene prodotto un tubo microcapillare con una punta molto fine e viene inserito all'interno di una cellula. Il microcapillare è riempito con olio al silicone. Quando la punta del microcapillare viene inserita nella cellula, il succo cellulare comincia a fluire all'interno del capillare a causa della bassa pressione iniziale di questa zona. Tale movimento del succo viene osservato al microscopio e viene contrapposto spingendo sul pistone dello strumento creando una pressione. Si può spingere verso la punta del microcapillare che è il limite tra l'olio e il succo cellulare. Quando lo strato di olio viene riportato alla punta e viene mantenuto in una posizione costante, si ristabilisce il volume iniziale della cellula e la pressione al suo interno è esattamente bilanciata dalla pressione all'interno del capillare. Questa pressione viene misurata tramite un sensore di pressione e quindi si può calcolare direttamente la pressione idrostatica di cellule singole Usato anche per misurare tensione nello xilema: il problema è che in un sistema sotto tensione (in cui non esiste una membrana) basta che attraverso il varco aperto nel punto di inserzione del capillare si inserisca una bolla d’aria ed il vaso cavita. Non è un sistema adeguato per misurare la tensione nei vasi. 5) Bilancia: si preparano una serie di soluzioni a concentrazione di sali crescente (e quindi Ψw nota), si immerge il tessuto da misurare dopo averlo pesato, si ripesa dopo averlo lasciato per un certo tempo. Il tessuto assume o perde acqua se il potenziale idrico è diverso da quello della soluzione 6) Centrifuga: serve per misurare Ψxyl e quando la velocità di rotazione è sufficiente determina la cavitazione dei vasi e l’uscita dell’acqua Il movimento dell'acqua nel suolo e nella pianta: La tensione tende ad aumentare (pressione sempre più negativa) all’aumentare della traspirazione (che aumenta con la temperatura della foglia). Per ogni 10 metri di risalita, Ψw aumenterà di 0.1 MPa per il solo effetto della gravità. Per fare fluire la soluzione nello xilema occorrerà un gradiente di Ψw maggiore di (0.1MPa /10 m) per vincere la resistenza al flusso che si sperimenta nei tubi. L'equazione di Poiseuille è: Jv = r^2 / 8 viscosità)*(Δrp/Δx) sapendo che la viscosità del succo è simile a quella dell'acqua cioè 10^-3 Pa*s Esercizio: Qual’è il ΔψP minimo richiesto per far risalire l’acqua? Raggio vasi = 40 µm Velocità salita misurata: 4 mm/s µx = altezza su cui calcoliamo la differenza di pressione Applico Poiseuille, nella formulazione di densità di flusso Jv (m/s) Jv = [(r^2/8η)]*ΔP/Δx 4 = [(40)^2 /8 (10-3)] * (ΔP/Δx) ΔP/Δx = 0.02 MPa/m Per 100 m = 2MPa Traspirazione: La traspirazione è la perdita d’acqua da una pianta dovuta all’evaporazione. L’acqua può solo evaporare dalla pianta se il suo potenziale nell’atmosfera è minore di quello nella pianta. La maggior parte della traspirazione nelle piante avviene attraverso le foglie, in particolare attraverso gli stomi. L'acqua è trasportata dallo xilema verso le pareti cellulari del mesofillo, dove evapora negli spazi aeriferi all'interno della foglia. Per diffusione il vapor d'acqua si sposta quindi attraverso gli spazi aeriferi della foglia, tramite la rima stomatica, e attraversa lo stato limite di aria immobile che aderisce sulla superficie esterna della foglia. La CO2 diffonde in direzione opposta secondo il suo gradiente di concentrazione (bassa all'interno, elevata fuori). La traspirazione dipende da: 1) differenza di concentrazione del vapor d'acqua 2) resistenza alla diffusione (1 / conduttività) La concentrazione del vapor d'acqua diminuisce a ogni passaggio nella via dalla superficie della parete cellulare all'aria libera al di fuori della foglia. La forza motrice per la perdita di acqua dalla foglia è il gradiente di concentrazione assoluto e questa differenza dipende dalla temperatura della foglia. Questa concentrazione si indica con Cwv foglia – Cwv aria. Cwv aria si misura facilmente mentre Cwv foglia si ricava ipotizzando che l’acqua negli spazi aerei all’interno della foglia sia in equilibrio con l’acqua che bagna le pareti delle cellule (è una buona approssimazione, anche se non può essere strettamente vero in quanto l’acqua continua ad evaporare dalle pareti delle cellule). La velocità di traspirazione è: E = (Cwv foglia – Cwv aria) / Rs+Rb il numeratore è la driving force mentre il denominatore è la resistenza cioè 1/conduttività Il potenziale dell'acqua allo stato di vapore dipende solo dalla componente di concentrazione: Ψw = RT / Vw * ln (RH) in cui se Ψw=0 si ha che RH=1 in cui RH è l'umidità relativa ed è la concentrazione di vapor acqueo espressa come frazione della concentrazione a saturazione: RH = Cwv / Cwv ( a saturazione) Valori di Ψ fisiologici corrispondono a RH intorno a 0.99 e l’aria con RH di 0.5 ha valori di Ψ estremamente bassi. Se la temperatura della foglia aumenta a causa dell’irraggiamento, l’umidità relativa crolla e altra acqua passerà in fase gassosa, aumentando la cwv e quindi il gradiente. L’umidità relativa può risalire a causa della temperatura ma la cwv scende man mano che ci si allontana dalla foglia. Quando T foglia = T aria abbiamo che RH = Cwv. NB = Una foglia esposta alla luce del sole ha in genere una temperatura superiore a quella dell’aria che la circonda Il gradiente del vapor d'acqua è (1.27 – 0,50 mol/m^3) = 7,7 mol/m^3 Il gradiente della CO2 è (0,015 – 0,08 mol/m^3) = 0,07 mol/m^3 La resistenza alla diffusione consiste di due variabili: resistenza stomatica fogliare Rs e resistenza dello strato di aria ferma Rb. Questo è la resistenza dovuta allo strato di aria immobile che si trova sulla superficie fogliare e attraverso il quale il vapor d'acqua deve diffondere per raggiungere lo strato turbolento di aria nell'atmosfera. Lo spessore dello strato limite è determinato dalla velocità del vento e dall'ampiezza della foglia. Quando l'aria che circonda la foglia è immobile, lo strato di aria ferma sulla superficie della foglia può essere così spesso da rappresentare il principale deterrente per la perdita fogliare di vapor d'acqua. L'aumento della temperatura stomatica ha in queste condizioni scarso effetto sulla velocità di traspirazione. Quando la velocità del vento è elevata, il trascinamento dovuto al movimento dell'aria riduce lo spessore dello strato limite sulla superficie fogliare, diminuendo la resistenza di questo strato. In queste condizioni la resistenza stomatica ha un controllo più grande sulla perdita di acqua da parte della foglia. Le limitazioni del metodo sono: considero l'assunzione di acqua solo del ramoscello se taglio la pianta entra aria e perde conduttività Esercizio: In una foglia a 20 °C il vapor acqueo nella camera sottostomatica è in equilibrio con il pot. idrico dell’acqua nelle pareti che ha Ψw= -1 Mpa. La concentrazione di vapor acqueo negli spazi aerei della foglia che si ricava è 0.953 mol /m3 : a 20°C corrisponde a RH = 99.3% = 0.953 (ricavato dalla formula) / 0.961 (valore quando RH è 100%) Ψw = 2.3 (135) log 0.993 Ψw = 310 x (-0.003) Ψw = circa -1 Se la T della foglia si alza a 32°C , RH = 50% = 0.953/1.87 Se RH diminuisce, cala anche Ψw. Ψw = 310 log 0.953/1.87 = 310 log 0.5 = 310 (-0.29) w = -90! L’ acqua può evaporare dalle pareti del mesofillo fino a che RH ritorna a 99.3% e riporta Ψw di –1 Mpa. Il risultato del cambio di T sarà che, a parità di Ψw, la Cwv della foglia aumenterà da 0.95 a 1.80 mol / m3. Il gradiente di concentrazione sarà più ripido e quindi maggiore anche la driving force per la perdita di vapor acqueo dalle foglie. A temperature diverse corrispondono concentrazioni di vapor acqueo molto diverse, benchè Ψw nella pianta sia lo stesso. Il controllo degli stomi: Poiché la cuticola che copre la foglia è praticamente impermeabile all'acqua, la maggio parte della traspirazione avviene tramite la diffusione del vapor d'acqua attraverso le rime stomatiche. Queste forniscono una via a bassa resistenza per la diffusione di gas attraverso l'epidermide e la cuticola abbassando la resistenza diffusiva per la perdita d'acqua dalle foglie. Tutte le piante terrestri devono affrontare il dilemma di assorbire CO2 dall'atmosfera e limitare la perdita di acqua. La cuticola, che copre le superfici esposte della pianta serve da barriera efficace contro la perdita d'acqua e quindi protegge la pianta dalla disidratazione. Quando l'acqua è abbondante, la soluzione è la regolazione temporale delle aperture stomatiche: aperte di giorno e chiuse di notte. Di notte, quando non c'è fotosintesi e quindi richiesta fogliare interna di CO2, le aperture stomatiche sono strette e prevengono un'inutile perdita di acqua. Durante le mattinate soleggiate, quando la disponibilità idrica è abbondante e la radiazione solare che incide sulla foglia favorisce molta fotosintesi, vi è una forte richiesta interna fogliare di CO2 e gli stomi si aprono. La perdita di acqua in queste condizioni è elevata ma poiché la disponibilità è alta è vantaggioso per la pianta scambiare l'acqua con i prodotti della fotosintesi, che sono fondamentali per la crescita e la riproduzione. Quando l'acqua nel suolo è meno abbondante gli stomi si apriranno di meno o saranno chiusi. L'apertura o meno degli stomi è regolata da: luce, acqua e CO2. Quando le cellule di guardia sono trattate con enzimi cellulolitici che digeriscono le pareti cellulari si formano i protoplasti. I protoplasti delle cellule di guardia si gonfiano in risposta alla luce blu. L'assorbimento degli ioni stimolato dalla luce e l'accumulo dei soluti organici nelle cellule diminuisce il potenziale osmotico cellulare e aumenta la pressione osmotica. L'acqua entra portando ad un aumento del turgore che nelle cellule di guardia con pareti intatte è trasdotto meccanicamente in un aumento delle aperture stomatiche. In assenza della parete cellulare l'aumento in pressione osmotica mediato dalla luce blu costringe i protoplasti delle cellule di guardia a gonfiarsi e quindi ad aumentare in volume. Quando i protoplasti mantenuti sotto velocità di flusso di luce rossa sono irradiati con flussi bassi di luce blu, il pH del mezzo di sospensione diventa più acido. Questa acidificazione è bloccata dagli inibitori che dissipano i gradienti di pH e dagli inibitori della pompa protonica H+-ATPasi. Questo indica che l'acidificazione è il risultato dell'attivazione, operata dalla luce blu, della pompa protonica ATPasi presente nella membrana plasmatica della cellula di guardia che estrude protoni nel mezzo di sospensione dei protoplasti e abbassa il pH del mezzo stesso. In entrambi i tipi di cellule di guardia, l'orientazione delle microfibrille di cellulosa controlla il cambiamento della forma cellulare quando si verifica il rigonfiamento per assunzione di acqua. Le microfibrille sono disposte radialmente. La luce blu (400-500 nm), assorbita da pigmenti gialli, attiva le pompe protoniche delle membrane delle cellule di guardia. Le pompe protoniche, utilizzando ATP, pompano gli H+ derivati dalla ionizzazione dell’acido malico fuori dalle cellule di guardia (creando un gradiente elettrochimico ai lati della membrana). Il gradiente degli H+ permette l’apertura dei canali voltaggio-dipendenti che consentono il passaggio per diffusione facilitata di ioni K+ all’interno delle cellule di guardia. Anche ioni Cl- attraverso altri canali ionici entrano nelle cellule di guardia. L’acqua entra nelle cellule di guardia per osmosi (gradiente di Cl-,K+ e ioni malato) e ne modifica il turgore: la rima stomatica si apre. Di sera gli stomi si chiudono grazie alla diminuzione della concentrazione del saccarosio, che viene polimerizzato in amido, nelle cellule di guardia e conseguente perdita di acqua. Alla fine della notte l’amido è abbondante nei cloroplasti delle cellule di guardia, ma è assente nelle cellule del mesofillo. ABA: E' un ormone vegetale costituito da 15 atomi di carbonio. L'enantiomero S è l'unica forma attiva nella chiusura degli stomi. Il suo aumento inibisce l'apertura stomatica causata dalla luce blu. Quando l'acido abscissico colpisce un recettore posto nella parete cellulare, coadiuvato dall'azione degli ioni calcio (Ca++), disattiva la pompa protonica. Il gradiente esterno di protoni viene meno in quanto queste particelle entrano nuovamente nel simplasto. La perdita di alcalinità del simplasto disattiva la PEP-Carbossilasi che, di conseguenza, non produrrà più ossalacetato ed in risposta il malato vacuolare torna nel citoplasma. L'acidificazione del citoplasma, inoltre, disattiva la PEPcarbossilasi e porta all'attivazione dell'enzima malico che processa il malato ossidandolo a piruvato e trasferendo equivalenti di riduzione al NAD, riducendolo. Inoltre si inverte il canale di trasporto dell'anione cloro (Cl-). Gli ioni calcio vengono rilasciati dal reticolo endoplasmatico in seguito all'azione dell'ormone ABA che, a seguito di alcune attivazioni e reazioni, media il rilascio degli ioni. L'ABA entra in contatto con le cellule di guardia inducendole a attivare i canali del calcio, e dopo una serie di reazioni la cellula apre anche i canali del potassio, facendo fuoriuscire ioni K+ accompagnati dall'acqua. Pertanto le cellule di guardia si sgonfiano, provocando la chiusura degli stomi. C'è un caso nel quale gli stomi non si chiudono in base alla concentrazione di CO2 o di ABA: la chiusura idropassiva. La chiusura idropassiva degli stomi avviene quando la pianta è in una fase di stress idrico talmente pesante da far diminuire l'aliquota di acqua presente a livello delle cellule di guardia. La chiusura idropassiva non è controllabile né dall'ABA né da nessun altro meccanismo e, a differenza del controllo ormonale che è indotto, è un fenomeno del tutto fisico. Il trasporto dei soluti: Secondo la legge di Fick il movimento di molecole per diffusione procederà sempre spontaneamente, secondo il gradiente di energia libera o di potenziale chimico, fino a quando verrà raggiunto l'equilibrio. Il movimento spontaneo in discesa di molecole per diffusione è definito trasporto passivo. All'equilibrio, non avviene alcun ulteriore movimento netto di soluto senza l'applicazione di una forza motrice. Il movimento di sostanze contro un gradiente di potenziale chimico è definito trasporto attivo. Esso non è spontaneo e necessita che venga compiuto del lavoro sul sistema tramite l'applicazione di energia cellulare. Uno dei modi per ottenere energia è di accoppiare il trasporto con l'idrolisi di ATP. Il potenziale chimico di qualsiasi soluto è definito come la somma dei potenziali di concentrazione, elettrico e idrostatico. μj = μs* + RT ln Cs' questo è il potenziale chimico del saccarosio all'interno di una cellula μs = μs* + RT ln Cs° questo è il potenziale chimico del saccarosio al di fuori della cellula Possiamo calcolare la differenza del potenziale chimico del saccarosio fra le soluzioni all'interno e all'esterno della cellula, Δμs indipendentemente dal meccanismo di trasporto. Per il trasporto verso l'interno il saccarosio viene rimosso (-) dall'esterno della cellula e viene aggiunto (+) all'interno così avremo che Δμs = μs' – μs°. Risolvendo l'equazione di prima avremo che: Δμs = RT ln (Cs'/ Cs°) se questa differenza di potenziale è negativa il saccarosio può diffondere verso l'interno spontaneamente Se il soluto possiede una carica elettrica: Se il soluto ha una carica elettrica si deve anche considerare la componente elettrica del potenziale chimico. Supponiamo che la membrana sia permeabile a K+ e Cl- piuttosto che al saccarosio. Poiché le specie ioniche K+ e Cl- diffondono indipendentemente, ognuna di esse avrà il proprio potenziale chimico: Δμk = μk' – μk°. Poiché la carica elettrostatica di K+ è +1 si ha quindi: Δμk = RT ln ([K+]'/[K+]° + F * (E'-E°). La grandezza ed il segno di questa espressione indicheranno la forza motrice per la diffusione del K+ attraverso la membrana. Questa espressione quindi indica che gli ioni diffondo in risposta sia ai loro gradienti di concentrazione sia a qualsiasi differenza di potenziale elettrico tra due scomparti (E'-E°). Se le due soluzioni di KCl dell’esempio precedente vengono separate da una membrana biologica, la diffusione è complicata dal fatto che gli ioni devono muoversi attraverso la membrana. La quantità di permissione o di restrizione da parte di una membrana del movimento di una sostanza è detta permeabilità di membrana. Quando dei Sali diffondono attraverso una membrana si può sviluppare un potenziale elettrico di membrana. Nei sistemi biologici le membrane sono di solito più permeabili a K+ che a Cl-. Quindi il K+ diffonderà più velocemente fuori dalla cellula (scomparto A) rispetto al Cl- causando nella cellula lo sviluppo di una carica elettrica negativa nei confronti del mezzo circostante. Il potenziale di membrana che si forma a seguito della diffusione è detto potenziale di diffusione. Delle soluzioni generiche contengono sempre un egual numero di cationi e anioni: regola dell’elettroneutralità. Nell’esempio, l’elettroneutralità viene conservata poiché man mano che il K+ precede il Cl- nella membrana il potenziale di diffusione che ne risulta ritarda il movimento del K+ e accelera quello del Cl-. Alla fine entrambi gli ioni diffondono realmente alla stessa velocità ma il potenziale di diffusione permane. Come il sistema raggiunge l’equilibrio e il gradiente di concentrazione collassa, si abbassa pure il potenziale di diffusione. Se la [KCl] è maggiore nello scomparto A che nel B, il potassio e il cloro diffondono a una velocità più alta nello scomparto B stabilendo un potenziale di diffusione. Quando le membrane sono più permeabili al potassio che al cloro, gli ioni potassio diffondono più velocemente degli ioni cloro e si genera una separazione di carica. L’equilibrio per gli ioni K+ e Cl- non sarà raggiunto fino a quando i gradienti di concentrazione scenderanno al valore zero. Si parla di grediente elettotrochimico quando è presente un gradiente di concentrazione e un gradiente elettrico. Gradiente di concentrazione: quando esiste una diversa concentrazione ai due lati della membrana. Gradiente elettrico: quando esiste una differenza di carica attraverso la membrana. Il movimento di uno ione implica un flusso elettrogenico. Nelle cellule vegetali in genere solo il potassio risulta all’equilibrio. Tutti gli altri sono tenuti lontani dall’equilibrio per diversi motivi (altrimenti sarebbero troppo o troppo poco concentrati dentro la cellula). Cioè un potenziale di membrana di 59 mV manterrebbe un gradiente di concentrazione di 10 volte per uno ione che viene trasportato tramite diffusione passiva. Allo stesso modo, se esistesse un gradiente di concentrazione di 10 volte per uno ione attraverso la membrana, la diffusione passiva di quel dato ione secondo il suo gradiente di concentrazione risulterebbe in una differenza di 59 mV attraverso la membrana. Tutte le cellule viventi posseggono un potenziale di membrana che è dovuto alla distribuzione asimmetrica degli ioni tra l’interno e l’esterno della cellula. Questi potenziali possono essere facilmente determinati inserendo un microelettrodo in una cellula e misurando la differenza di voltaggio tra l’interno della cellula e il mezzo esterno in cui la cellula è immersa. I due microelettrodi sono collegati a un voltmetro che indica le differenze di potenziale tra lo scomparto e la soluzione. Potenziali di membrana tipici dei vegetali vanno da -60 mV a -240 mV. Tra tutti gli ioni mostrati nella figura solo il K+ si avvicina all’equilibrio. Gli anioni NO3-, Cl-, H2PO4- e SO4- posseggono tutti delle concentrazioni interne superiori a quelle previste che indicano il loro assorbimento attivo. I cationi Na2+, Ca2+, Mg2+ posseggono delle concentrazioni interne minori di quelle previste. Questi ioni entrano nella cellula tramite diffusione secondo il loro gradiente elettrochimico e vengono successivamente estrusi attivamente. Le cellule vegetali posseggono numerosi scomparti cellulari che possono differire per la loro composizione ionica. Il citosol e il vacuolo sono gli scomparti intracellulari più importanti in grado di determinare le relazioni ioniche delle cellule vegetali. Nelle cellule vegetali adulte il vacuolo centrale occupa spesso il 90% o più del volume cellulare e il citosol è relegato a un sottile strato verso la periferia della cellula. 1) il potassio è accumulato passivamente sia dal citosol che dal vacuolo a meno che le concentrazioni extracellulari di K+ siano molto basse, in tal caso viene assorbito attivamente 2) il sodio è pompato attivamente fuori dal citosol negli spazi extracellulari e dentro il vacuolo 3) i protoni in eccesso, generati dal metabolismo intermedio, sono anche espulsi attivamente dal citosol. Questo processo aiuta a mantenere il pH del citosol vicino alla neutralità mentre il vacuolo e il mezzo extracellulare sono di solito più acidi di una o due unità di pH 4) tutti gli anioni sono assorbiti attivamente dal citosol 5) il calcio è trasportato attivamente fuori sia dalla membrana cellulare sia da quella del vacuolo, definita tonoplasto Processi di trasporto di membrana: Sia le membrane artificiali che quelle biologiche presentano permeabilità simili per molecole non polari e per piccole molecole polari. Le membrane biologiche sono molto più permeabili agli anioni, ad alcune grandi molecole polari come gli zuccheri e l’acqua perché contengono proteine di trasporto che facilitano il passaggio di ioni selezionati e altre molecole polari: - proteine canali: agiscono come dei pori nella membrana e la loro specificità è determinata dalle proprietà biofisiche del canale - proteine di trasporto: legano la molecola trasportata da una parte della membrana e la liberano dalla parte opposta - pompe: dirigono il trasporto attivo 1° e utilizzano direttamente energia, di solito ottenuta dall’idrolisi dell’ATP per pompare soluti contro il loro gradiente di potenziale elettrochimico Per gli ioni ed alcune molecole polari come l’acqua i valori di permeabilità sono superiori in una membrana biologica rispetto ad un doppio strato fosfolipidico artificiale. Per la CO2 e l’O2 i valori sono simili I canali del K+ che si aprono solo a potenziali più negativi del potenziale di Nerst sono specializzati per la diffusione verso l’interno di K+ e sono detti canali entranti di K+. I canali del K+ che si aprono solo a potenziali più positivi di quello di Nerst sono detti canali uscenti di K+. I canali entranti di K+ sono responsabili dell’accumulo di K+ che proviene dall’apoplasto. Diversi canali uscenti di K+ invece agiscono sulla chiusura degli stomi e sul rilascio di K+ nello xilema e nell’apoplasto. In questo diagramma si può vedere la corrente che risulterebbe dal flusso di K+ attraverso un set di ipotetici canali del K+ della membrana plasmatica se non fossero regolari dal voltaggio, se la concentrazione di K+ nel citosol fosse 100 mM e se quella del K+ extracellulare fosse 10 mM. Occorre sempre distinguere tra driving force (tendenza) e flusso. Il flusso dipende dalla resistenza (es. se ci sono trasportatori nella membrana e loro cinetica). In questo grafico la [K+] intracellulare è = alla [K+] extracellulare. Queste correnti risultano dalla attività dei canali del K+ regolati dal voltaggio. C’è un valore netto di corrente = 0 al potenziale di equilibrio. Ci sono anche potenziali = 0 su una vasta gamma di valori perché i canali in queste condizioni sono chiusi e il K+ non può fluire attraverso di essi. E’ la risultante di canali diversi. Trasporto attivo 1°: Per portare a termine il trasporto attivo un carrier deve accoppiare il trasporto attivo in salita di un soluto con un altro evento, il rilascio di energia, in modo da ottenere un cambiamento di energia libera generale di segno -. Il trasporto attivo 1° è accoppiato a una fonte di energia come ad esempio l’idrolisi dell’ATP. Le proteine di membrana responsabili di questo trasporto sono le pompe, alcune appartengono alla famiglia di trasportatori definita ATP- binding cassette e possono trasportare nel vacuolo anche grandi molecole organiche. La H+/ K+ ATPasi pompa fuori dalla cellula un H+ per ogni K+ che entra e quindi non vi è un netto movimento di cariche attraverso la membrana. La H+/ K+ ATPasi è quindi una pompa elettroneutra. La H+/ K+ ATPasi della membrana plasmatica crea il gradiente di potenziali elettrochimici di H+ nelle membrane plasmatiche e nel citosol e quindi si crea un potenziale di membrana e un gradiente di pH (=5.5 nel vacuolo e 7.3 all’esterno della cellula). Questo gradiente di potenziale elettrochimico per l’H+ è definito forza motrice protonica ed è l’energia libera accumulata sotto forma di gradiente di H+. Questa forza è usata nel trasporto attivo 2° per garantire il trasporto di numerose altre sostanza contro i loro gradienti di potenziale elettrochimico. La H+/ K+ ATPasi vacuolare pompa elettrogenicamente i protoni nel lume del vacuolo e nelle cisterne del Golgi. Si conoscono deu tipi di trasporto attivo 2°: simporto in cui le sostanze vengono spostate attraverso la membrana nella stessa direzione e antiporto in cui il movimento in discesa dei protoni permette il trasporto attivo di un soluto in direzione opposta. Questo trasporto può andare contro un gradiente del soluto anche se non consuma direttamente ATP. Modello ipotetico di trasporto attivo 2°: in questo trasporto l’energia per lo spostamento in salita di un soluto è dovuta all’energia liberata dal trasporto in discesa di un altro soluto. Nella conformazione iniziale i siti di legame della proteina sono esposti verso l’ambiente esterno e possono legarsi a un protone. Questo legame porta ad un cambiamento di conformazione che permette il legame di una molecola S. Questo legame porta ad un altro cambiamento di conformazione che espone i siti di legame e il loro substrato verso la parte interna della cellula. La liberazione della molecola S e del protone all’interno della cellula ristabilisce la configurazione iniziale del carrier e permette l’inizio di un nuovo ciclo di pompaggio. I processi che dipendono dall’azione dell’H+ ATPasi cellulare sono: - regolazione del pH citoplasmatico - controllo del turgore cellulare, apertura degli stomi, crescita della cellula espressi nele cellule di guardia Gli esperimenti di cinetica comprendono le misure degli effetti delle concentrazioni di ioni esterni sulle velocità di trasporto. La velocità max del trasporto mediato da carriers e del trasporto mediato da canali non può essere superata indipendentemente da [S]. La Vmax è raggiunta quando il sito di legame per il substrato sul carrier è sempre occupato o quando il flusso attraverso il canale è al massimo. La costante Km, che equivale alla [S] che causa metà della Vmax tende a riflettere le proprietà del sito di legame: bassi valori di Km indicano altra affinità del sito di trasporto per la sostanza trasportata e di solito implicano un sistema di carrier; alti valori di Km indicano una minore affinità del sito di trasporto per il soluto. Assorbimento saccarosio: aumenta velocemente con la concentrazione ed inizia a saturarsi a circa 10mM mentre a concentrazioni > l’assorbimento diventa lineare e non saturabile. L’assorbimento del saccarosio a bassa concentrazioni è un processo attivo mediato da carrier (simporto saccarosio/H). A concentrazioni più alte il saccarosio entra nella cellula per diffusione passiva secondo il suo gradiente di concentrazione ed è quindi insensibile ai veleni metabolici. Effetti del cianuro: Nella maggio parte delle cellule eucaristiche il K+ ha sia la più alta concentrazione interna sia la più elevata permeabilità di membrana, così il potenziale di diffusione può avvicinarsi a Ek, il potenziale di Nerst per K+. Oltre al potenziale di diffusione esiste una seconda componente del potenziale di membrana. L’eccesso di voltaggio è dato dalla H+ ATPasi elettrogenica della membrana plasmatica. Si genera un voltaggio attraverso la membrana ogni qualvolta uno ione si sposta dentro o fuori dalla cellula senza essere controbilanciato dal movimento di uno ione di carica opposta. Ogni meccanismo di trasporto attivo che porta al movimento di una carica elettrica netta tenderà a spostare il potenziale di membrana lontano dal valore previsto dall’equazione di Goldmann. Quest’equazione mette in relazione i gradienti ionici esistenti attraverso una membrana al potenziale di diffusione che si sviluppa. Un tale meccanismo di trasporto è definito pompa elettrogenica. L’energia richiesta per il trasporto attivo è spesso fornita dall’ATP. Nella piante la dipendenza del potenziale di membrana dall’ATP può essere dimostrata osservando l’effetto del cianuro sul potenziale di membrana. Il cianuro avvelena rapidamente i mitocondri e diminuisce la quantità di ATP cellulare. Poiché la sintesi di ATP è inibita si ha che il potenziale di membrana cade sotto i livelli del potenziale di diffusione di Goldman. Quando il cianuro inibisce il trasporto ionico elettrogenico, il pH del mezzo esterno aumenta mentre il citosol diventa acido poiché l’H+ rimane all’interno della cellula. Acquaporine: Sono una classe di proteine e quando sono espresse in oociti non mostrano correnti ioniche. Quando l’osmolarità del mezzo è ridotta, l’espressione di queste proteine ha come risultato il rigonfiamento e l’esplosione degli oociti. Lo scoppio dipende dal rapido influsso di acqua attraverso la membrana plasmatica dell’oocita che di solito presenta una permeabilità all’acqua molto bassa. Le cellule vegetali sono in grado di alterare velocemente la loro permeabilità all’acqua in ritmo a stress idrico, salino, da gelo o da siccità. Le acquaporine sono espresse nelle cellule epidermiche ed endodermiche e nel parenchima xilematico. Si considera il valore INIZIALE del tasso di trasporto dell’acqua. Appena entra acqua, Ψw della cellula aumenta e la driving force (ΔΨw) diminuisce. 1. la velocità di trasporto rallenta e si avvicina a zero 2. le piante in siccità hanno ψw foglie = -2 / -5 mPa 3. quando il terreno contiene poca acqua si presenta il problema del rischio di morte della pianta per disseccamento 4. la presenza e la regolazione dell’attività delle aquaporine è un esempio di risposte per regolare il flusso di acqua 5. la pianta risponde in vario modo e con tempi diversi: a breve termine chiudendo gli stomi (soluzione temporanea); a tempi lunghi concentrando soluti (per abbassare ψw)e a tempi ancora più lunghi aumentando la quantità di radici Le piante possono modificare ψs delle cellule: - in genere ψs =-0.8 , -1.2 MPa ; il limite superiore è ~-0.5 MPa e dipende dalla concentrazione ionica compatibile con il metabolismo - può aumentare la concentrazione osmotica ( ψs più negativo) per diminuire ψw e permettere alle piante di estrarre acqua dal terreno arido - risposta allo stress idrico nelle alofite - le piante in genere sintetizzano alti livelli di prolina come osmotico In risposta allo stress idrico le piante: - accumulo di acido abscissico - accumulo di soluti - fotosintesi Fotosintesi: teoria La luce possiede sia le proprietà di particella che di onda. Un’onda è caratterizzata da una lunghezza d’onda che è la distanza tra due picchi successivi nell’onda. La frequenza è il n° di picchi d’onda che intercorrono in un certo periodo di tempo: c = λ*ν dove c vale 3*10^8 m/s. L’onda luminosa è un’onda elettromagnetica trasversale in cui i campi sia elettrico che magnetico oscillano in modo perpendicolare alla direzione di propagazione e a 90° l’uno rispetto all’altro. La luce è anche una particella che chiamiamo fotone. Ogni fotone contiene una determinata quantità di energia detta quanto: E = h*ν dove h vale 6,6*10^-34 J/s. Lo spettro di assorbimento fornisce informazioni circa la quantità di energia luminosa catturata o assorbita da una molecola o da una sostanza in funzione della lunghezza d’onda. La clorofilla a assorbe nelle regioni del blu (430 nm) e del rosso (660 nm) ed emessa luce verde. La luce verde non è assorbita ma riflessa. L’assorbimento della luce è rappresentato da: ChL + h*ν ChL. La clorofilla nel suo stato energetico minore, o stato basale, assorbe un fotone (h*ν) e passa ad un livello energetico superiore o stato eccitato ChL. Fra lo stato eccitato e lo stato basale la distribuzione degli elettroni nella molecola è diversa. L’assorbimento della luce blu eccita la clorofilla a uno stato energetico superiore all’assorbimento della luce rossa, poiché l’energia dei fotoni è superiore quando la loro lunghezza d’onda è più corta. Nello stato di eccitazione superiore la clorofilla è estremamente instabile e cede rapidamente un po’ della sua energia sotto forma di calore all’ambiente circostante, passando così a uno stato eccitato minore dove può essere stabile per alcuni nanosecondi. A causa di questa instabilità dello stato eccitato ogni processo volto a catturarne l’energia dovrà essere estremamente rapido. Nello stato di eccitazione minore, la clorofilla eccitata ha 4 vie per dissipare l’energia disponibile: 1) la clorofilla eccitata può ri-emettere un fotone e quindi tornare al suo stato basale. Questo processo è la fluorescenza. La lunghezza d’onda della fluorescenza è quasi sempre un po’ più lunga di quella dell’assorbimento allo stato elettronico poiché una parte dell’energia di eccitazione è convertita in calore prima che il fotone fluorescente venga emesso. Le clorofilla fluorescono nella regione del rosso dello spettro. La fluorescenza è una reazione di 1° ordine in cui: - dS/dt = K1*S. La soluzione è una funzione esponenziale: St = S0 * e^ (K1t) in cui la fluorescenza decade nel tempo con una funzione esponenziale in cui k1 = 1/ τ 2) la clorofilla eccitata può tornare al suo stato basale convertendo direttamente l’energia di eccitazione in calore, senza emissione di fotoni 3) la clorofilla può partecipare al trasferimento di energia, nel quale una molecola di clorofilla eccitata trasferisce la sua energia ad un’altra molecola 4) nella fotochimica l’energia dello stato eccitato permette che avvengano le reazioni chimiche. Una caratteristica che li distingue è la K di velocità con cui avvengono ( s-1). Se la costante di velocità K di una reazione è molto più grande di quella delle reazioni in competizione, lo stato eccitato diverrà de-eccitato prevalentemente attraverso quel processo. Gli spettri di azione mettono in relazione l’assorbimento della luce con l’attività fotosintetica. Engelmann utilizzò un prisma per suddividere la luce in un arcobaleno di colori che era orientato su un filamento di un’alga. Venne introdotta nel sistema una colonia di batteri che utilizzavano O2. Queste regioni erano quelle illuminate dalla luce blu e dalla luce rossa che sono quelle fortemente assorbite dalla clorofilla. Questo spettro serve per descrivere l’efficacia di varie λ nel determinare una risposta biologica specifica, fa capire che non tutte le lunghezze d’onda sono ugualmente efficaci e dimostra che la clorofilla serve per far avvenire la fotosintesi. Ci sono diversi pigmenti fotosintetici: clorofille, batterioclorofille, ficoeritrobilina e β-carotene. Una parte dell’energia luminosa assorbita dalle clorofille e dai carotenoidi è accumulata sotto forma di energia chimica. Questa conversione di energia da una forma all’altra è un processo che dipende dalla cooperazione tra un gran n° di molecole di pigmenti e un gruppo di proteine che trasferiscono elettroni. La maggior parte dei pigmenti funge da complesso antenna, captando la luce e trasferendo l’energia a un complesso del centro di reazione, dove avvengono le reazioni chimiche che portano all’accumulo a lungo termine dell’energia. Emerson e Arnold misero a punto il classico esperimento che fornì la prima prova della cooperazione di numerose molecole di clorofilla nella conversione dell’energia durante la fotosintesi. Essi fornirono dei lampi di luce molto brevi a una sospensione di alghe verdi e misurano la quantità di O2 prodotta. I lampi erano ad intervalli di circa 0,1s, un tempo che si era precedentemente determinato essere abbastanza lungo da completare i passaggi enzimatici del processo prima dell’arrivo del lampo successivo. Variando poi l’energia dei lampi scoprirono che ad alta intensità, quando veniva fornito un lampo ancora più intenso, la produzione di O2 non aumentava: il sistema fotosintetico era saturo di luce. In condizioni saturanti veniva prodotta solo una molecola di ossigeno per ogni 2500 molecole di clorofilla presenti nel campione. Oggi sappiamo che numerose centinaia di pigmenti sono associati a ogni centro di reazione e che ogni centro di reazione deve funzionare per quattro volte per produrre una molecola di ossigeno. I centri di reazione e la maggior parte dei complessi antenna sono componenti integrali delle membrane fotosintetiche. Negli eucarioti queste membrane si trovano all’interno del cloroplasto. La resa quantica è: n° dei protoni fotochimici / n° totale di quanti assorbiti. Nella porzione lineare della curva l’aumento del n° di fotoni stimola un incremento proporzionale di sviluppo di O2. La pendenza della curva è la misura della resa quantica per la produzione dell’O2. In cloroplasti attivi mantenuti a luce bassa, la resa quantica del processo fotochimico è circa 0,95 mentre la resa quantica della fluorescenza è 0,05. La funzione dei sistemi antenna è di cedere energia in maniera efficace ai centri di reazione ai quali sono associati. L’ampiezza del sistema antenna varia: da un minimo di 20-30 batterioclorifille per centro di reazione in alcuni batteri a 200-300 molecole di clorofilla per centro di reazione nelle piante. Il meccanismo fisico mediante il quale l’energia di eccitazione viene convogliata dalla clorofilla che assorbe la luce al centro di reazione si ritiene avvenga per trasferimento di energia per risonanza di fluorescenza. L’energia di eccitazione viene trasferita da una molecola all’altra per mezzo di un processo non radiante (es. due diapason vicini in cui il 2° riceve energia dal 1° e vibra). L’efficienza del trasferimento dipende dalla distanza, dall’orientamento e dall’intensità delle loro frequenze di vibrazione. L’energia assorbita dai pigmenti antenna è convogliata verso il centro di reazione attraverso una serie di pigmenti, con un massimo di assorbimento che è via via spostato sempre più verso il rosso. Questo spostamento indica che l’energia dello stato di eccitazione è in un certo modo più bassa vicino al centro di reazione. Ad esempio quando l’eccitazione viene trasferita da una molecola di clorofilla b a una di clorofilla a si ha che la differenza di energia viene persa nell’ambiente sotto forma di calore. Per trasferire di nuovo lo stato di eccitazione alla clorofilla b bisognerebbe rifornire l’energia persa. Il sistema sacrifica un po’ di energia da ogni quanto in modo tale che quasi tutti i quanti possano essere catturati dal centro di reazione. La clorofilla eccitata può tornare allo stato fondamentale rilasciando l’energia come calore o luce o trasferire l’e- ad un accettore. Il risultato è la generazione di 1) donatore(+) e 2) accettore(–) e la separazione di carica avviene nei centri di reazione. L’energia luminosa viene trasformata in energia chimica. Esistenza di due fotosistemi: la caduta del rosso La resa quantica massima generale per la produzione di O2 è di 0,1 fotone per molecola di ossigeno. Se la resa quantica è misurata per le lunghezze d’onda alle quali la clorofilla assorbe la luce i valori che si possono trovare nella maggior parte dello spettro sono costanti. Nella parte estrema della zona del rosso (> 680 nm) però la resa scende drasticamente. La luce con lunghezze d’onda > 680 nm è molto meno efficiente di quelle a lunghezza d’onda minori. Altri risultati che davano perplessità furono attribuiti all’effetto di amplificazione fatto da Emerson. Egli misurò la velocità della fotosintesi separatamente con luci a due lunghezza d’onda differente, usando poi i raggi simultaneamente. Quando venivano fornite la luce rossa e quella rosso lontano si aveva che la velocità fotosintetica che si otteneva era > della somma delle velocità ottenute individualmente. Questo portò alla scoperta dell’esistenza dei fotosistemi I e II che operano in serie. Il fotosistema I assorbe la luce nel rosso lontano a lunghezze d’onda > 680 nm e produce un forte agente riducente capace di ridurre il NADP+ e un debole agente ossidante. Il fotosistema II è localizzato nelle membrane impilate ed assorbe la luce rossa di 680 nm e produce un forte agente ossidante in grado di ossidare l’acqua e un debole agente riducente rispetto a quello prodotto dal fotosistema I. La caduta del rosso e l’effetto di amplificazione furono spiegati da Duysens. Egli intuì che due eventi fotochimici erano responsabili dell’effetto di amplificazione: un evento fotochimico produceva un’ossidazione e l’altro produceva una riduzione. I cloroplasti contengono i citocromi che sono proteine contenenti ferro che fungono da intermedi nel trasporto fotosintetico degli elettroni. Duysens scoprì che quando un campione di alga rossa veniva illuminato con una luce di lunghezza d’onda lunga, il citocroma si ossidava fortemente. Se era anche presente una lunghezza d’onda più corta l’effetto era parzialmente rovesciato. Questi effetti antagonistici furono spiegati da due eventi fotochimici: uno tendeva ad ossidare il citocromo mentre l’altro a ridurlo. Ora sappiamo che sono presenti due fotosistemi. Potenziale del punto medio: Il potenziale del punto medio è la misura della tendenza di un composto ad acquisire elettroni da un altro composto. Un grande positivo potenziale medio indica che il composto è in forma ossidante mentre un grande valore negativo indica che il composto è un forte riducente. L’asse y dello schema a Z indica i potenziali del punto medio dei carriers di elettroni, con valori negativi superiori a quelli positivi. Le reazioni che sono spontanee sono in discesa. E’ importante conoscere i potenziali del punto medio per stabilire le modalità del flusso di elettroni. Questa misura viene fatta con titolazioni redox. Il campione viene calibrato ad un particolare potenziale redox spesso aggiungendo piccole quantità di un ossidante o di un riducente. Per essere sicuri che il sistema sia veramente in equilibrio si aggingono dei mediatori redox, piccole molecole che permettono il rapido raggiungimento dell’equilibrio fra il campione e gli elettrodi del sistema di misura. Il campione viene agitato in una camera contenente elettrodi di riferimento al platino, si aggiungono dei riducenti e ossidanti chimici e un voltmentro dà i valori del potenziale redox. L’entità del potenziale redox viene misurata, seguendo ad ogni potenziale alcune proprietà come ad es. l’assorbanza. La forza ridotta del campione ha un assorbimento che diminuisce man man che il campione si ossida. La porzione di forma ridotta è rappresentata in funzione del potenziale redox e il potenziale del punto medio viene determinato come il potenziale al quale un composto è per metà ossidato e per metà ridotto. Lo schema a Z: Tutti i processi chimici che fanno parte delle reazioni alla luce della fotosintesi sono operati da 4 complessi proteici: fotosistema II, il complesso citocromo b6f, il fosistema I e l’ATP sintasi: 1) nel lume del tilacoide il PSII ossida l’acqua a O2 secondo questa reazione 2H2O O2 + 4H+ + 4e- e il processo rilascia protoni nel lume 2) il citocromo b6f ossida le molecole di plastoidrochinone PQH2 ridotte dal PSII e rilascia elettroni al PSI. L’ossidazione del PQH2 è accoppiata al trasferimento di protoni dallo stroma al lume, generando così una forza proton motrice 3) nello stroma il PSI riduce NADP+ a NADPH tramite l’azione della ferredossina e della flavoproteina ferredossina-NADP reduttasi (FNR) 4) come i protoni diffondono dal lume allo stroma l’ATP sintasi produce ATP Nello stato basale la molecola è un debole agente riducente (perde elettroni da un orbitale a basa energia) e un debole agente ossidante (accetta elettroni solo in un orbitale ad alta energia). Durante lo stato eccitato un elettrone può essere perso da un orbitale ad alta energia, rendendo la molecola un agente riducente estremamente potente. Dopo aver perso un elettrone e prima di essere ridotta dal suo donatore di elettroni la clorofilla del centro di reazione è transitivamente in uno stato ossidato. In questo stato è persa o sbiancata la forte assorbanza della luce nella regione rossa. La clorofilla nel centro di reazione del PSI ha nel suo stato ridotto un massimo di assorbimento a 700 nm per questo è definito P700 mentre la relativa clorofilla del PSII è riconosciuta come P680. - - Caratteristiche: plastoidrochinone: piccola membrana non polare che diffonde rapidamente e si trova nel PSI II b6f: grande proteina costituita da molte sub unità e contiene due emi di tipo b ed un eme di tipo c (citocromo f). Nei citocromi di tipo c l’eme è legato al peptide covalentemente, mentre nei citocromi di tipo b il gruppo proto emico non è legato covalentemente. Il complesso contiene anche una ferro-zolfo proteina in cui due atomi di ferro sono collegati da due atomi di zolfo Ciclo Q: Le strutture del complesso del citocromo b6f e de citocromo bc1 suggeriscono un meccanismo di flusso elettronico e protonico attraverso il complesso citocromo b6f. In questo meccanismo il PQH2 è ossidato e uno dei due elettroni è trasferito tramite una catena lineare di trasporto di elettroni al PSI I, mentre l’altro elettrone va incontro a un processo ciclico che aumenta il n° di protoni pompati attraverso la membrana. Nella catena di trasporto di elettroni la proteina di Rieske accetta un elettrone dal PQH2 e lo trasferisce al citocromo f. Questo trasferisce un elettone a una proteina contenente rame colorata in blu, la plastocianina, che a sua volte riduce il P700 ossidato del PSI. Nella parte ciclica del processo il plastosemichinone trasferisce il suo secondo elettrone a uno degli emi di tipo b rilasciando i suoi due protoni nella parte del lume della membrana. Il primo eme di tipo b trasferisce il suo elettrone attraverso il secondo eme di tipo b a una molecola ossidata di plastochinone, riducendolo a semichinone. Un’altra sequenza simile di flusso di elettroni riduce completamente il plastochinone che cattura protoni dalla faccia stromatica della membrana e viene liberato dal complesso b6f come plastoidrochinone. Il risultato finale dei due cicli è che due elettroni vengono trasferiti al P700, due plastochinoni vengono ossidati a forma plastochinonica e un plastochinone ossidato viene ridotto a plastoidrochinone. Vengono poi trasferiti 4 protoni dalla faccia stromatica a quella del lume della membrana. Sviluppo di ossigeno: 1° passaggio Si può osservare un modello caratteristico di produzione di ossigeno se un campione di membrane foto sintetiche adattate al buio viene esposto a una serie di lampi brevissimi e intensi. Durante i primi due lampi viene prodotto poco o niente ossigeno. Il massimo di ossigeno è liberato al 3° lampo e a ogni 4 lampi successivi fino a quando la resa per lampo si stabilizza a valori costanti. Questo modello è definito meccanismo dello stato s e consiste in una serie di 5 stati, dallo stato S0 all’S4 che rappresenta in successione forme sempre più ossidate del sistema enzimatico per l’ossidazione dell’acqua. I lampi sequenziali di luce fanno avanzare il sistema da uno stato S all’altro, fino a raggiungere lo stato S4 che produce O2 senza ulteriore imput luminoso e quindi fa tornare il sistema allo stato S0. A volte dopo l’eccitazione dovuta a un lampo, un centro non avanza allo stato S successivo e meno frequentemente un centro è attivato 2 volte da un lampo singolo. Ciò causa la perdita della sincronia ottenuta dall’adattamento al buio e alla fine portano la resa in O2 a stabilizzarsi su valori costanti. Gli stati S2 e S3 decadono al buio ma solo fino allo stato S1 che si ritiene essere stabile in assenza di luce. Lo stato S4 invece è instabile e reagisce con 2 molecole di acqua per produrre O2. PSI: Il centro di reazione del fotosistema I è un grande complesso formato da molte subunità e si trova nelle membrane stromatiche non impilate. Ha molti accettori e riesce sempre a scaricare l’energia assorbita. PSII invece può solo trasferire gli elettroni al cyt b6f e poi a PSI. PQH2 deve essere ossidato alla stessa velocità con cui è ridotto. Quando questo non accade si ha un eccesso di energia su uno dei due fotosistemi. Se è su PSII è pericoloso! Occorre assorbire energia in eccesso dalle clorofille eccitate: esistono diversi meccanismi di fotoprotezione. I pigmenti antenna del PSI I formano una sfera che circonda i cofattori di trasferimento elettronico. Alcuni accettori di elettroni comprendono 3 proteine ferro-zolfo associate alla membrana: Fex, Fea, Feb. Gli elettroni sono trasferiti attraverso i centri A e B alla ferredossina, una piccola proteina ferro-zolfo idrosolubile. La flavoproteina associata alla membrana ferredossina-NADP reduttasi riduce il NADP+ a NADPH, completando così la sequenza di trasporto non ciclico di elettroni iniziata con l’ossidazione dell’acqua. Azione dei diserbanti: DCMU: agisce interrompendo il flusso fotosintetico degli elettroni negli accettori del chinone del fotosistema I, entrando in competizione per il sito di legame del plastochinone Paraquat: agisce accettando elettroni dagli accettori primari del fotosistema I Destini degli elettroni: 1) ciclo di Calvin: vanno a formare NADPH 2) fosforilazione ciclica: il movimento avviene lungo un percorso che si chiude ad anello con il P700 del fotosistema I: gli elettroni passano dall'accettore primario del fotosistema I a un trasportatore che non fa parte della via Z, il citocromo b6 3) fosforilazione non ciclica: il movimento degli elettroni avviene lungo l'intera via Z perché gli elettroni iniziano e terminano il loro spostamento a livello di sostanze diverse Una parte dell’energia luminosa viene usata per la sintesi di ATP con un processo noto come foto fosforilazione. In condizioni in cui la rigenerazione di NAP+ è bassa o la richiesta di ATP è alta, la foglia può ciclare elettroni tra il plastochinone e il PSI e pompare protoni attraverso la membrana. Il meccanismo che accoppia la sintesi di ATP con il trasporto degli elettroni nei cloroplasti viene spiegato dall'ipotesi chemioosmotica di Mitchell: la produzione di ATP è accoppiata alla formazione di un gradiente di protoni nella fotosintesi, a sua volta dovuta al particolare orientamento dei complessi molecolari della membrana tilacoide (asimmetria nella membrana tilacoide). Il principio su cui si basa la chemiosmosi è che le differenze di concentrazione degli ioni e del potenziale elettrico attraverso la membrana rappresentano delle fonti di energia libera che può essere utilizzata dalla cellula. Le differenze di potenziale chimico di qualsiasi specie molecolare rappresentano tale fonte di energia. Jagendolf sospese i cloroplasti in un tampone a pH 4, il quale permeò la membrana portando l’interno e l’esterno dei tilacoidi a equilibrarsi a questo pH acido. Iniettò poi la sospensione in una soluzione tamponata a pH 8, generando quindi una differenza di pH 4 con la parte più interna della membrana più acida. Senza input luminoso e senza trasporto di elettroni potevano essere generate grandi quantità di ATP a partire da ADP e Pi. Mitchell propose che l’energia totale per la sintesi di ATP risultasse dalla somma del potenziale chimico dei protoni e il potenziale elettrico trans membrana: forza proton motrice. ATP sintasi: Questo enzima sintetizza l’ATP ed è formato da due parti: una porzione idrofoba legata alla membrana CF0 e una porzione che si protrude verso lo stroma definita CF1. Il CF0 ha la funzione di canale trans membrana attraverso il quale passano i protoni ed è composto da diversi peptidi disposti in modo alternato. I siti catalitici si trovano sul peptide β. CF1 invece è la sezione che sintetizza ATP. Il lume tilacoidale corrisponde allo spazio intermembrana del mitocondrio. Per ogni rotazione dell’enzima vengono sintetizzate 3 molecole di ATP. Ogni volta che il complesso ruota ciascuna sub unità può traslocare un protone attraverso la membrana. La sintesi di ATP dissipa il gradiente protonico (un forte gradiente protonico agisce come segnale per aumentare la dissipazione di energia dai complessi antenna). Fotoprotezione: I sistemi foto sintetici devono affrontare una situazione, essi sono costituiti in modo tale da assorbire quantità notevoli di energia luminosa e da trasformarla in energia chimica. L’energia di un fotone può essere dannosa. Se non viene dissipato in modo sicuro, l’eccesso di energia può portare alla produzione di specie tossiche come il superossido, il singoletto di ossigeno che danneggiano il sistema. I carotenoidi giocano un ruolo fondamentale nella fotoprotezione. I carotenoidi esercitano la loro azione foto protettiva estinguendo lo stato eccitato della clorofilla. Il carotenoide eccitato non possiede sufficiente energia per formare singoletti di ossigeno e decade così al suo stato basale liberando l’energia sotto forma di calore. La fotoinibizione avviene quando l’eccesso di eccitazione che giunge sul centro di reazione del PSI II tende ad inattivarlo e danneggiarlo. E’ un complesso di più processi definito come l’inibizione della fotosintesi causata dall’eccesso di luce. Questo fenomeno è un processo a più livelli: 1° linea di difesa: soppressione del danno tramite estinzione del processo di eccitazione con produzione di calore 2° linea di difesa: si attiva se la 1° linea non basta e si formano foto prodotti tossici questi sono eliminati da una varietà di sistemi di salvataggio se anche questa 2° linea fallisce i foto prodotti possono danneggiare certe molecole target come la proteina D1 del foto sistema II. Questo danno porta alla foto inibizione e D1 viene staccata dal centro di reazione e degradata. Una nuova proteina D1 è reinserita nel centro di reazione per riformare un’unità funzionante Le condizioni che favoriscono la fotoinibizione sono: alta luce e bassa temperatura che rallenta il ciclo di Calvin. Se la velocità di passaggio di energia ai fotosistemi I e II non è perfettamente accoppiata e se le condizioni sono tali che la fotosintesi sia limitata dalla luce disponibile, la velocità del flusso elettronico sarà limitata dal fotosistema che riceve meno energia. Una soluzione sarebbe un meccanismo in grado di spostare l’energia da un foto sistema all’altro come risposta alle differenti condizioni. Le membrane tilacoidali contengono una proteina chinasica in grado di fosforilare un residuo specifico di treonina posto sulla superficie dell’LHCII. Quando l’LCHII non è fosforilato cede più energia al fotosistema II e quando è fosforilato cede più energia la fotosistema I. La chinasi è attivata quando il plastochinone è accumulato in forma ridotta, il che avviene quando PSII è attivato rispetto a PSI. LHCII fosforilato allora migra dalle regioni impilate della membrana verso quelle non impilate. Questa migrazione serve a spostare il bilancio energetico verso PSI che è localizzato nelle lamelle stromatiche e lontano dal PSII che è localizzato nelle lamelle impilate dei grana. Questa situazione è definita stato 2. Se il plastochinone passa a uno stato più ossidato a causa di un eccesso di eccitazione del PSI, la chinasi è disattivata e il grado di fosforilazione di LHCII viene abbassato da una fosfatasi di membrana. Allora il LHCII ritorna verso i grana e il sistema passa allo stato 1. Il risultato è un controllo preciso della distribuzione di energia fra i due fotosistemi. L’estinzione non fotochimica invece è attuata dalle xantofille ed è l’estinzione della fluorescenza della clorofilla. A seguito di questo processo gran parte dell’eccitazione del sistema antenna causata da illuminazione intensa viene estinta con conversione in calore. Fotosintesi: Gli organismi autotrofi hanno la capacità di utilizzare l’energia derivante da fonti fisiche e chimiche per trasformare il carbonio della CO2 atmosferica in composti organici compatibili con le necessità cellulari. Questa via metabolica riduce la CO2 in carboidrati tramite il ciclo foto sintetico. Nel ciclo di Calvin la CO2 e l’acqua ottenuti dall’ambiente sono unite enzimaticamente a una molecola accettore a 5 atomi di C cioè il ribulosio-1,5-difosfato per generare 2 molecole di 3-fosfoglicerato. Quando intermedio è ridotto in carboidrati usando ATP e NADPH generati fotochimicamente. Il ciclo si completa attraverso la rigenerazione di ribulosio-1,5-difosfato. Il ciclo di Calvin si divide in 3 fasi: 1) carbossilazione dell’accettore della CO2, il ribulosio-1,5-difosfato, per formare 2 molecole di 3-fosfoglicerato, il primo intermedio stabile del ciclo 2) riduzione del 3-fosfoglicerato a formare il carboidrato gliceraldeide-3-fosfato 3) rigenerazione di ribulosio-1,5-difosfato a partire dalla gliceraldeide-3-fosfato Fase di carbossilazione: Ribulosio-1,5-difosfato + 3CO2 + H2O 6*3-fosfoglicerato + 6H reazione catalizzata dalla rubisco 6*3-fosfoglicerato + 6ATP 3*1,3-difosfoglicerato + 6ADP reazione catalizzata dalla fosfoglicerato chinasi 6*1,3-difosfoglicerato + 6NADP + 6H+ 6 gliceraldeide-3P + 6NADP+ + 6H+ reazione catalizzata dalla glicelaldeide-3P deidrogenasi 2*Gliceraldeide-3P 2 diidrossiacetone-3P reazione catalizzata dalla trioso-P isomerasi Gliceraldeide-3P + diidrossiacetone-3P fruttosio-1,6-difosfato reazione catalizzata dall’aldolasi Fruttosio-1,6-diP + H2O fruttosio-6P + Pi reazione catalizzata dalla fruttosio-1,6-difosfato fosfatasi Fruttosio-6P + gliceraldeide-3P eritrosio-4P + xilulosio-5P reazione catalizzata dalla transchetolasi Eritrosio-4P + diidrossiacetone-3P sedeptulosio-1,7-difosfato reazione catalizzata dall’aldolasi Sedeptulosio-1,7-difosfato + H2O sedeptulosio-7P + Pi reazione catalizzata da sedeptulosio-1,7diP fosfatasi Sedeptulosio-7P + gliceraldeide-3P ribosio-5P + xilulosio-5P reazione catalizzata dalla transchetolasi 2*xilulosio-5P 2-ribulosio-5P reazione catalizzata dalla ribulosio-5P epimerasi Ribosio-5P ribulosio-5P reazione catalizzata dalla ribosio-5P-isomerasi 3*ribulosio-5P 3-ribulosio-1,5-difosfato reazione catalizzata dalla ribulosio-5P chinasi Bilancio del ciclo: Per ogni CO2 vengono prodotte due molecole di 3-PGA – 2 x ATP – 2 x NADPH • 2 elettroni per NADPH • 2 fotoni per elettrone • 2x2x2 = teoricamente 8 fotoni per CO2 (se ATP è prodotto in quantità sufficiente) • 1ATP aggiuntivo per ogni CO2 richiesto nella reazione della Fosforibulokinasi I prodotti della fase luminosa quanta energia possiedono? –18 x ATP e 12 x NADPH Corrispondono a quanti Joule? In totale: 3126 kJ/mol 18 x 29 kJ/mol 12 x 217 kJ/mol Quanta energia in 8 moli di fotoni di luce rossa (x 6 CO2)? 6 x 8 x 175 kJ/mol = 8400 kJ Quanta energia deriva dalla combustione di una mole di esoso? 2804 kJ (ed è la quantità minima richiesta per sintetizzarla) Efficienza: energia ricavata / energia investita 3126 / 8400 = 33% efficienza della fotosintesi 2804 / 3126 = 83% efficienza del ciclo di Calvin Enzima rubisco: Enzima composto da 8 subunità grandi e 8 subunità piccole (L8S8). La subunità L codificata dal genoma plastidiale e porta il sito attivo (all’interfaccia tra due subunità L). La sububità S codificata dal genoma nucleare e non catalizza la reazione (nessun residuo partecipa al sito attivo). L’attività della rubisco è questa: l’estrazione di un H+ dal C3 del ribulosio-1,5-bisfosfato promuove la formazione di un intermedio enediolato. Un attacco nucleofilo sulla CO2 porta alla formazione di un intermedio β-keto acido, che reagisce con acqua per formare 2 molecole di 3 phosphoglycerate. La rubisco in realtà catalizza due reazioni anche se i due substrati sono molto simili. La molecola di O2 risulta più piccola di CO2 per cui è difficile che non entri nel sito attivo. L’attività della rubisco è inevitabile ed utile perché la CO2 è molto meno abbondante dell’O2 e si scioglie di più. La CO2 pur essendo a bassa concentrazione nell’aria (350 µbar), si arricchisce (scioglie preferenzialmente) nell’acqua. All’aumentare della temperatura, la solubilità di O2 e CO2 scende, ma quella della CO2 scende più velocemente. Questo enzima presenta una doppia funzione, carbossilasica e ossigenasica, ognuna delle quali in grado di agire in particolari condizioni di concentrazione dei substrati. Se la reazione carbossilasica interviene nella fase oscura della fotosintesi allo scopo di formare gliceraldeide-3-fosfato utilizzabile per la glulconeogenesi o le biosintesi lipidiche e aminoacidiche, la reazione ossidasica permette la protezione della cellula vegetale dall'accumulo di ROS (specie reattive dell'ossigeno) in caso di esagerate quantità di fotoni assorbiti dalle clorofille, che permanendo nello stato di tripletto tendono a formare radicali liberi tossici e capaci di perossidare anche le membrane. La funzione ossidasica della Rubisco diminuisce in maniera sostanziale la capacità di fissazione del carbonio con un fenomeno che è proprio della maggior parte delle piante superiori, dette piante C3 in quanto il primo prodotto di fotosintesi presenta 3 atomi di carbonio. Alcune specie di piante, però, sono in grado di aggirare il problema sfruttando delle pompe molecolari adibite al trasporto di anidride carbonica, in modo da mantenere la concentrazione intracellulare molto alta ed evitare che l'enzima venga a trovarsi in presenza di ossigeno. In particolare nelle specie dette C4 nelle cellule del mesofillo ha luogo la conversione di fosfoenolpiruvato in acido ossalacetico, molecola a 4 atomi di carbonio, e da questo in malato. Il malato prodotto viene quindi trasferito nelle cellule della guaina del fascio ove libera la CO2 per il normale ciclo di Calvin e genera piruvato che ritorna la mesofillo ove serve per generare nuovo PEP. Tale meccanismo si traduce nella scarsa sensibilità delle piante C4 ai fenomeni di saturazione luminosa. Le piante CAM infine sono piante tipiche di aree caratterizzate da scarsissima disponibilità idrica, per cui presentano una fase notturna in cui, a stomi aperti, le cellule del mesofillo a partire da PEP producono OAA e di qui Malato che viene accumulato nel succo vacuolare (che pertanto diviene sempre più acido). Di giorno, a stomi chiusi, il malato ritorna al citoplasma ove viene liberata CO2 che alimenta il normale ciclo di Calvin. Una proprietà caratteristica della rubisco è la sua capacità di catalizzare sia la carbossilazione che l’ossigenazione del ribulosio-1,5-diP. Questa ossigenazione dà inizio ad una serie di eventi fisiologici in cui l’assorbimento dell’O2 dipendente dalla luce è associato allo sviluppo di CO2 in foglie foto sinteticamente attive. Per fotorespirazione si indica quel processo metabolico respirativo che le piante con ciclo C3 attuano alla luce, e continuano per un breve periodo anche al buio, per eliminare l'ossigeno in eccesso. Le alte pressioni di ossigeno atmosferico provocano uno stop della fotosintesi, al fine di prevenire la formazione di radicali liberi, dannosissimi alle cellule; via via che queste pressioni diminuiscono, in favore della pressione cellulare di anidride carbonica, il processo fotosintetico aumenta la sua attività. Il perché è da ricercarsi nell'ambiguo meccanismo di funzionamento della ribulosiodifosfato carbossilasi (enzima chiave nella carbossilazione nel ciclo di Calvin). Comunemente la ribulosiodifosfato carbossilasi ha un'azione che ad alte concentrazioni di ossigeno predilige svolgere il compito di ossidasi, ovvero l'eliminazione dell'ossigeno in eccesso, anziché prender parte al ciclo di Calvin, il cui scopo è invece la fissazione dell'anidride carbonica. In pratica, sulla RuDP Carbossilasi (o anche Rubisco) gravita un meccanismo competitivo tra molecole di CO2 e molecole di O2, basato sulle loro concentrazioni. Il ciclo fotorespirativo si articola in tre differenti organuli dei tessuti verdi delle cellule vegetali; il cloroplasto, il perossisoma ed il mitocondrio. 1) Il carbonio esce dal cloroplasto sottoforma di 2 molecole di glicolato e fa ritorno sottoforma di una molecola di glicerato, perdendo una molecola di CO2 nel mitocondrio 2) Nel secondo ciclo l’azoto esce dal cloroplasto come molecola di glutammato e vi fa ritorno come NH4+ poi associata a una molecola di 2-oxoglutarato. L’azoto totale resta invariato in quanto la formazione dell’azoto inorganico nel mitocondrio è bilanciata dalla sintesi di glutammina nel cloroplasto 3) Nel terzo ciclo, quello legato all’ossigeno, le reazioni catalizzate dalla rubisco nel cloroplasto e dalla glicolato ossidasi nel perossisoma incorporano O2 dando un carattere ossidativo all’intero processo In generale due molecole di 2-fosfoglicolato che vengono perse dal ciclo di Calvin attraverso l’ossigenazione del rubulosio-1,5-difosfato vengono convertite in una molecola di 3-fosfoglicerato e una molecola di CO2. E’ necessario che la fotorespirazione fornisca l’ATP necessario per far avvenire la reazione. La fotorespirazione mantiene attiva la catena di trasporto degli elettroni in assenza di CO2 ma se ho O2 vado incontro a < foto inibizione. Al termine del processo la pianta riesce a recuperare il 75% del carbonio che altrimenti andrebbe perso in un composto a C2. Questa diminuzione di efficienza può essere misurata come un aumento nella richiesta quantica per la fissazione della CO2 in condizioni di elevata foto respirazione (aria con molta O2 e poca CO2), in contrapposizione a reazioni di scarsa foto respirazione (basso O2 e alta CO2). Il bilancio tra il ciclo C2 e il ciclo di Calvin è legato alle proprietà della rubisco e alla temperatura e [CO2] e [O2]. Un aumento della temperatura modifica le costanti cinetiche della rubisco aumentando il tasso di ossigenazione rispetto alla carbossilazione e abbassa la [CO2] in una soluzione in equilibrio con l’aria. Es. mutanti nella glutammato sintetasi cloroplastica (Fdx dipendente) sono capaci di crescere ad alta CO2 ma non in aria (clorosi). La fotorespirazione conferisce un vantaggio (i mutanti muoiono) in limitazione di CO2. Esempi di mutanti che richiedono alta CO2: Gli enzimi alterati sono: fosfoglicolato fosfatasi, catalasi, serina trans-idrossimetilasi, traslocatore dell’accido dicarbossilico, glusintasi e glicina sintasi. I mutanti mostrano tutti clorosi a [CO2] ambientale. La semplicità dello screening (clorosi in aria, ma non ad alta CO2) ha permesso l’isolamento di molti mutanti. Attivazione della rubisco: La conversione della forma inattiva della rubisco in uno stato attivo, necessaria per la reazione di carbossilazione e di ossigenazione, richiede la carbammilazione si uno specifico residuo di lisina. A seguito del legame della molecola di CO2- con il residuo di lisina, l’enzima acquisisce una triade di residui anionici che forniscono il sito di legame per Mg2+. Questo comporta l’incorporazione della CO2 e della O2 nel sito attivo per generare i prodotti della carbossilazione e dell’ossigenazione. L’attivazione della rubisco è promossa dall’aumento sia del pH che dalla [Mg2+]. Nello stato attivo la rubisco si lega alla CO2 substrato, che reagisce con il ribulosio-1,5-diP per generare due molecole di 3-fosfoglicerato. Lo stretto legame del ribulosio-1,5-diP alla rubisco impedisce la carbamminazione. L’interazione della rubisco con la rubisco attivasi, in una reazione che richiede ATP, porta a un cambiamento strutturale della rubisco che rilascia lo zucchero P e prepara l’enzima per l’attivazione. Alcuni mutanti di Arabidopsis mancano in vivo dell’attivazione mediata dalla luce della rubisco e possono crescere a basse [CO2]. Cinetica: Se S >> Km V° = Vmax Se S << Km V° = (Vm*[S]) / Km Se metto l’inibitore ho che la velocità tende ad andare a saturazione: v = Vm*S) / (Km*(1+ I/Ki) + S) se metto il substrato ho che questo scalza via l’inibitore e V° = Vmax Ottengo: Vc = (Vc*C*K0) / (Kc*K0 + Kc*O + C*K0) velocità di carbossilazione Vo = (Vo*O*Kc) / (Ko*Kc + Ko*C + O*Kc) velocità di ossigenazione (Vc*Ko) / (Vo*Kc) * C/O = Srel * C/O Srel è molto varia tra i diversi organismi ed è il fattore di specificità relativa. Varia tra 20 e 180. Mentre la rubisco è molto inefficiente dal punto di vista catalitico perché fa meno di 10 catalisi/s. Per trade off si intende l’aumento della velocità della reazione ma questo comporta una perdita di specificità. Quanto più l’enediolo nel sito attivo è in una configurazione contorta, tanto più la reazione è specifica per la CO2 e tanto più è difficile rilasciare i prodotti. Se c’è una buona rubisco c’è un’alta capacità di carbossilazione. La pianta fa avvenire carbossilazione e ossigenazione e lo vedo perché non acquista peso infatti tanta CO2 strappa e tanta ne restituisce: A = Assimilazione = vc- 0.5vo- Rd in cui 0,5 vo indica che servono 2 glicine decarbossilate per produrre una CO2 e Rd è la respirazione al buio (bassa luce) quindi si trascura Per ogni RuBP ossigenato si libera una glicina e quindi solo 0.5 molecole di CO2. Mi servono 2°2 per liberare una CO2. Quando A=0 siamo al punto di compensazione della CO2. Punto di compensazione della CO2: Al buio non vi è assimilazione foto sintetica di carbonio; invece vi è una liberazione netta di CO2 da parte della foglia a causa della respirazione mitocondriale e per convenzione in questa parte della curva l’assimilazione della CO2 ha valori negativi. Quando aumenta il flusso fotonico, aumenta l’assorbimento della CO2 fino a quando equivale alla liberazione di CO2 da parte della respirazione mitocondriale. Il punto al quale l’assorbimento fotosintetico della CO2 bilancia esattamente la CO2 liberata è definito punto di compensazione. Le piante cresciute al buio hanno punti di compensazione più bassi delle piante cresciute al sole perché è sufficiente una piccola quantità di fotosintesi netta per portare i tassi di liberazione della CO2 a zero. Aumentare il flusso fotonico sopra il p.d.c porta ad un aumento proporzionale della velocità fotosintetica risultando in una relazione lineare tra velocità di fotosintesi e flusso fotonico. In questa porzione lineare della curva la pendenza della linea fornisce la massima resa quantica della fotosintesi: prodotto dipendente dalla luce / n° di fotoni assorbiti. Regolazione della rubisco: L’attività della Rubisco deve essere regolata, altrimenti i substrati tendono a scomparire e i prodotti ad accumularsi. L’attività della Rubisco viene regolata a diversi livelli: * Quantità di enzima sintetizzato * Stato di attivazione * Presenza di inibitori * Anche la disponibilità dei substrati influenza la reazione La RuBisCO viene attivata per carbamilazione di un residuo di lisina da parte di una molecola di CO2 che non interagisce con il sito attivo; la reazione viene favorita da [H+] bassa e [Mg++] alta. La RuBisCO attivasi aiuta il rilascio del substrato (o di inibitori) che impediscono la carbamilazione. La reazione è ATP dipendente. Quando aumenta la luce la Rubisco viene attivata. La CO2 agisce sia da attivatore (modulazione) o da substrato (catalisi) per la rubisco. Alcune piante sintetizzano al buio degli inibitori della Rubisco. Sono analoghi dello stato di transizione, (es. CABP o carboxyarabinitol-1-phosphate CA1P). La Rubisco attivasi facilita il rilascio di CA1P dalla Rubisco, quando viene attivata in condizioni di illuminazione dal sistema della tioredossina. Regolazione della ferredossina-tioredossina: La luce, oltre alla rubisco, regola l’attività di 4 enzimi del ciclo di Calvin attraverso il sistema ferredossina-tioredossina cioè ferredossina, ferredossina-tioredossina reduttasi e tioredossina. Il meccanismo di ossidazione-riduzione utilizza il prodotto del sistema di trasporto degli elettroni della fotosintesi per la modulazione dell’attività enzimatica. Così il sistema ferredossinatioredossina unisce la luce assorbita dalla clorofilla nelle membrane tilacoidali all’attività metabolica dello stroma del cloroplasto. Il potere riducente della ferredossina ridotta è trasferito alla tioredossina dal ferro-zolfo enzima ferredossina-tioredossina reduttasi. A sua volta la tioredossina ridotta riduce un enzima target alterandone l’attività catalitica. Gli enzimi biosintetici sono attivati e quelli degradati sono disattivati. Come aggirare la fotorespirazione: Molte piante non fotorespirano o lo fanno in modo limitato. Queste piante posseggono rubisco normali e la loro ridotta fotorespirazione dipende da un meccanismo di [CO2] nell’ambiente in cui si trova la CO2, sopprimendo così le reazioni di ossigenazione. Uno dei meccanismi è rappresentato dalle pompe di CO2 della membrana plasmatica presente nelle piante acquatiche. Molti organismi in risposta al cambiamento di [HCO3-] dell’ambiente acquoso sviluppano efficaci meccanismi di [CO2], migliorando la carbossilazione della rubisco. Quando cellule algali e ciano batteriche vengono coltivate in un’atmosfera arricchita con il 5% di CO2, esse mostrano i sintomi della fotorespirazione cioè inibizione della fotosintesi dovuta a basse [CO2]. Se queste cellule sono messe in un’atmosfera con 0,03% di CO2 esse sviluppano la capacità di concentrare al loro interno il carbonio inorganico. In queste condizioni di bassa CO2 le cellule perdono la capacità di foto respirare poerchè accumulano HCO3- nel citosol usando sia pompe per HCO3- che per CO2 associate all’azione dei complessi NADPH-deidrogenasi della membrana citoplasmatica. Il carattere ionico dell’HCO3- aumenta il suo assorbimento attivo poiché le membrane lipidiche sono meno permeabili a questa specie. I traslocatori localizzati nella membrana tilacoidali e in quella plasmatica pompano CO2 e HCO3- nel citosol del tilacoide di un cianobatterio. La resistenza alla diffusione per l’efflusso e il gradiente interno di HCO3- portano il carbonio inorganico verso il carbossisoma. L’anidrasi carbonica catalizza l’interconversione fra HCO3- e CO2 aumentando la [CO2] intorno alla rubisco e facilitando la carbossilazione del ribulosio-1,5-diP. Piante C4: Quando le foglie erano esposte per pochi secondi alla 14CO2 in piena lucesi riscontrava il 70-80% della marcatura negli acidi a 4 atomi di C malico e aspartico. Hatch e Slack furono in grado di stabilire che gli acidi malico e aspartico erano i primi intermedi stabili e rilevabili della fotosintesi nelle foglie di canna da zucchero e che l’atomo di C in posizione 4 dell’acido malico diventava poi l’atomo di C in 1 del 3-fosfoglicerato. La via C4 è stata riscontrata in foglie di piante superiori con tessuti vascolari circondati da due tipi distinti di cellule: un anello interno di cellule della guaina del fascio, circondato da un anello esterno di cellule del mesofillo. Le cellule della guaina del fascio contengono cloroplasti generalmente collocati centrifugamente, contenenti grandi granuli di amico e membrane tilacoidali non granali mentre le cellule del mesofillo contengono cloroplasti disposti a caso con tilacoidi granali e amido scarso o assente. Questa particolare struttura dimorfica assicura la compartimentazione cellula-specifica degli enzimi essenziali per fornire la CO2 alla via C4. Gli enzimi che prendono parte si trovano in uno dei due tipi cellulari: la PEPCasi e la piruvatoP dichinasi si trovano nelle cellule del mesofillo e sono attive se c’è luce e inattive se c’è buio. Le decarbossilasi e tutti gli enzimi del Ciclo di Calvin si trovano nelle cellule della guaina del fascio. Il ciclo C4 si divide in 4 fasi: 1) La fissazione della CO2 tramite la decarbossilazione delle cellule del mesofillo del fosfoenolpiruvato per formare ossalacetato. L’ossalacetato è poi ridotto ad acido malico dalla NADP-malato deidrogenasi o convertito in aspartato attraverso la transamminazione con la glutammina 2) Trasporto degli acidi a 4 atomi di C (malato o aspartato) nelle cellule della guaina del fascio che circondano i fasci vascolari 3) Decarbossilazione degli acidi a 4 atomi di C e la liberazione della CO2 che viene poi ridotta in carboidrati per opera del ciclo di Calvin. In alcune piante C4, prima di questa reazione, una aspartato amminotrasferasi catalizza la conversione dell’aspartato in ossalacetato. Diversi tipi di piante C4 hanno co-optato carbossilasi alternative per il rilascio della CO2 da acidi organici la cui azione riduce efficacemente la reazione ossigenasica della rubisco, aumentando la proporzione di CO2 rispetto all’O2 4) Trasporto degli acidi a 3 atomi di C (piruvato e alanina) formati durante la decarbossilazione verso le cellule del mesofillo e la rigenerazione dell’accettore della CO2. Quando il piruvato è l’acido a 3 atomi di C disponibile viene generato fosfoenolpiruvato tramite l’azione della piruvato-P dichinasi. Quando l’alanina è il composto esportato dalle cellule della guaina del fascio, la formazione del piruvato per azione dell’alanina amminotrasferasi procede la fosforilazione catalizzata dalla piruvato-P dichinasi Esistono 3 varianti del ciclo C4 che differiscono dall’acido C4 trasportato dentro le cellule della guaina del fascio (acido malico e aspartico) e nelle modalità di decarbossilazione. Il loro nome è legato all’enzima che catalizza la decarbossilazione: enzima malico NADP-dipendente che si trova nei cloroplasti; enzima malico NAD-dipendente che si trova nei mitocondri e fosfoenolpiruvato carbossichinasi presente nel citosol. Una costante dei vari tipi di C4 è la necessità di un grande flusso di metaboliti tra il mesofillo e la guaina del fascio. Sono presenti abbondanti perforazioni che mettono in comunicazione i citoplasmi. Piante CAM: Molte piante che popolano ambienti aridi con disponibilità idrica stagionale concentrano la CO2 nel sito della rubisco. La fotosintesi CAM è associata a caratteristiche anatomiche che minimizzano la perdita di acqua come la presenza di spesse cuticole, bassi rapporti superficie-volume, grandi vacuoli e riduzione dell’ampiezza e della frequenza dell’apertura stomatica. Una pianta CAM perde 50-100g di acqua ogni grammo di CO2 organicata rispetto ai 250-300 delle piante C3 e C4. La formazioni degli acidi è separata sia spazialmente che temporalmente. Di notte la PEPCasi del citosol cattura la CO2 trasformandola in ossalacetato usando il fosfoenolpiruvato formato attraverso la degradazione glicolitica di carboidrati accumulati. Una NAD-malato deidrogenasi citosolica converte l’ossalacetato in malato che è poi accumulato nel vacuolo. Durante il giorno il malato accumulato viene trasportato nel cloroplasto e quindi decarbossilato tramite l’enzima malico NADP-dipendente citosolico, l’enzima malico NADP-dipendente mitocondriale o la fosfoenolpiruvato carbossichinasi mitocondriale. La CO2 liberata è fissata nuovamente dal ciclo di Calvin mentre si ritiene che gli acidi complementari a 3 atomi di C siano convertiti prima in triosi fosfato e quindi in amido tramite gluconeogenesi. Dipende poi dalla specie di pianta il fatto che i triosi fosfati vadano nel cloroplasto per essere accumulati come amido o che siano trasportati nel vacuolo per diventare riserve di saccarosio o esosi. Le piante si acclimatano alla quantità di luce: l’anatomia e la fisiologia della foglia dipendono dalla quantità di luce che sperimentano (in particolare durante lo sviluppo). Piante crescite ad alta luce hanno foglie spesse e alta capacità fotosintetica, ma crescono male a bassa intensità. Nelle piante cresciute a bassa luce la fotosintesi è saturata a irradiazione minore. Se le piante C3 sono esposte a basse [O2] la fotorespirazione viene inibita e la resa quantica aumenta a 0,09 moli CO2 / mole di fotoni. Se si espongono le C4 la resa quantica rimane costante a 0,05. Questo avviene perché il meccanismo di concentrazione del carbonio nelle C4 elimina efficacemente lo sviluppo di CO2 dovuto alla fotorespirazione. Le rese quantiche variano in base alla temperatura e alla [CO2]. Sotto i 30° le rese quantiche delle C3 sono > di quelle delle C4. Una volta raggiunta la saturazione, ulteriori aumenti nella densità di flusso fotonico non influiscono più sulle velocità foto sintetiche indicando che altri fattori come l’attività della rubisco sono diventati limitanti per la fotosintesi. Piante C3: Al buio la respirazione causa un efflusso netto di CO2 dalla pianta. Il punto di compensazione è raggiunto quando l’assimilazione della CO2 dalla fotosintesi equivale alla CO2 liberata dalla respirazione. Aumentando la luce sopra il pdc aumenta la fotosintesi, indicando che la fotosintesi è limitata dalla velocità di trasporto degli elettroni, che a sua volte è limitata la luce. Ulteriori aumenti della fotosintesi sono limitati dalle capacità carbossilanti della rubisco o dal metabolismo dei triosi fosfati. Questa parte della curva è limitata dalla CO2. Il mais è una pianta C4. Normalmente nell’aria la fotorespirazione aumenta nelle C3 con l’aumentare della temperatura e il costo energetico della fissazione netta aumenta parallelamente. Questo maggiore costo energetico è espresso dalla minore resa quantica a temperature + elevate. La fotorespirazione delle C4 a causa dei meccanismi di [CO2] è bassa e la resa quantica non mostra dipendenze dalla temperatura. A bassa temperatura la resa quantica delle C3 è maggiore delle C4. Assimilazione netta della CO2: Le C4 presentano un massimo a temperatura più alta. Le caratteristiche del loro metabolismo possono essere riprodotte in una singola cellula. Le piante C3 sono fotosinteticamente attive di giorno, mentre di notte chiudono gli stomi e diventano consumatori. Il processo avviene all'interno di un'unica cellula e, a differenza delle piante CAM, senza la necessità di scompartimenti. Le piante C3 fotosintetizzano efficientemente solo a temperature temperate, poiché tenendo gli stomi aperti di giorno, con una temperatura eccessiva fanno evaporare troppa acqua dalle foglie. Fotosintati: L’assimilazione fotosintetica della CO2 atmosferica da parte delle foglie porta alla formazione di saccarosio e amido come prodotti finali: il saccarosio nel citosol e l’amido nel cloroplasto. Alla luce, il saccarosio è esportato continuamente dal citosol della foglia verso le parti non foto sintetiche della pianta. L’amido invece formato da amilosio e amilopectina, è un composto di riserva e si accumula all’interno dei cloroplasti sotto forma di granuli. L’arrivo del buio non solo arresta l’assimilazione del carbonio ma dà inizio alla degradazione dell’amido contenuto nel cloroplasto al fine di mantenere il tasso di esportazione di saccarosio. Gli zuccheri prodotti dalla fotosintesi si spostano dal mesofillo al floema. Durante il giorno il C assimilato foto sinteticamente è incorporato nell’amido nel cloroplasto o esportato nel citosol per la sintesi di saccarosio. L’ADP-glucosio è il donatore di glucosio per l’allugamento della catena polisaccaridica dell’amido. Di notte la degradazione del granulo d’amido soddisfa le richieste di carbonio per il mantenimento della produzione di saccarosio. La rottura del legame glucosidico che avviene di notte libera maltosio e glucosio che fluiscono attraverso la membrana del cloroplasto e alimentano il pool di esosi fosfati (fruttosio-6P; glucosio-6P; glucosio-1P). Le [amido] sono massime durante il giorno e minime durante la notte. Il problema di fondo è che gli intermedi della fotosintesi hanno un turnover rapido; il rifornimento di precursori deve essere accoppiato alla rimozione di prodotti. L’esporto di triosi fosfati deve essere accoppiato all’importo di fosfato nel cloroplasto. Il trasfocatore dei TP ha appunto questo ruolo. Ogni molecola di Trioso-P che esce si porta dietro un fosfato. Se il fosfato non rientrasse, dopo un poco la fotosintesi si bloccherebbe. Durante l’attività fotosintetica in un giorno di sole il trasfocatore di triosi fosfati media l’esportazione del carbonio fissato dal cloroplasto al citosol. Il P rilasciato dai processi biosintetici che avvengono nel citosol è traslocato verso il cloroplasto, dove viene usato per rifornire l’ATP e altri metaboliti fosforilati, sostenendo così il trasporto di elettroni durante la fotosintesi e il ciclo di Calvin. Questo scambio bilancia il rapporto triosi fosfati/fosfati tra lo stroma e il citosol. Il DAP è il trasfocatore migliore. Ci deve essere un concentrazione ottimale di fosfato per stimolare la fotosintesi. Se c’è troppo P la fotosintesi è repressa e il trioso fosfato sarebbe trascinato fuori velocemente e il ciclo di Calvin non si può sostenere. Se è troppo poco l’esporto di TP è rallentato, si accumula nel cloroplasto e stimola la sintesi di amido. La sintesi di amido raggiunge un massimo a concentrazioni di Pi più basse di quelle a cui la fotosintesi raggiunge il massimo. L’amido viene degradato a maltosio e maltotrioso durante la notte ed esportato principalmente come maltosio. Piante mutate nel trasfocatore crescono meno ad alta luce. Cosa succede quando i [TP] salgono? (se GAP raddoppia, anche DAP aumenta quasi proporzionalmente) Keq= [GAP]x[DAP]/ [F1,6 BP] [F1,6 BP] = [GAP]x[DAP]/ Keq Se i TP raddoppiano, [F1,6 BP] quadruplica!! [Pi] scende Quando aumenta l’esporto di TP viene stimolata la sintesi di saccarosio e l’amido non si accumula. Vie di esporto dei TP: traslocatore del maltosio, del glucosio e del TP Degradazione dell’amido: il rilascio di glucani solubili dal granulo d’amido richiede la fosforilazione del polisaccaride tramite una glucano-acqua chinasi e una fosfoglucano-acqua dichinasi. Gli enzimi de ramificati trasformano l’amido ramificato in glucani lineari che a loro volta posso essere convertiti in maltosio tramite β-amilolisi catalizzata dalla β-amilasi del cloroplasto. Il malto triosio residuo è trasformato in maltopentatosio e glucosio. Due pompe presenti nella membrana del cloroplasto, una per il maltosio e l’altra per il glucosio, facilitano il flusso di questi prodotti della degradazione dell’amido verso il citosol. L’utilizzo del maltosio nel citosol fogliare procede tramite una glicosidasi che trasferisce un gruppo glucosile su un glucano ramificato, liberando allo stesso tempo glucosio. Il glucosio citosolico può essere fosforilato tramite una esochinasi a glucosio-6P per la sua incorporazione nel pool degli esosi fosfati. Trasporto floematico: Il processo che redistribuisce: – Fotosintato – Altri composti organici (metaboliti, ormoni) – Alcune sostanze minerali Attraverso la pianta scorrono due vie di trasporto a lunga distanza, il floema e lo xilema. Il floema di solito è situato nella parte esterna sia dei tessuti vascolari primari che secondari. Le cellule del floema che trasportano lo zucchero e le altre sostanze attraverso la pianta sono definite elementi del cribro e comprendono sia gli elementi dei tubi cribrosi (differenziate nelle angiosperme) che le cellule cribrose (non specializzate nelle gimnosperme). Le piccole venature delle foglie e i fasci vascolari primari dei fusti sono spesso circondate da una guaina del fascio che consiste di uno o più strati di cellule con disposizione compatta. Gli elementi del cribro sono caratterizzati dalle aree cribrose, porzioni della parete cellulare dove dei pori mettono in connessione le cellule conduttrici. Alcune aree cribrose si differenziano in placche cribrose che possiede pori più grandi cioè canali aperti che permettono il trasporto tra cellule. Si trovano sulle pareti terminali degli elementi dei tubi cribrosi, dove le singole cellule si uniscono per formare una serie longitudinale detta tubo cribroso. Ci sono dei meccanismi di riparazione degli elementi del cribro a breve termine che coinvolgono proteine del succo floematico. Il meccanismo invece per evitare la perdita di succo a lungo termine è invece l’occlusione dei pori delle placche cribrose con un polimero del glucosio. Le principali proteine floematiche coinvolte sono le proteine P che non si trovano mai nelle gimnosperme. Entrano in azione sigillando gli elementi del cribro danneggiati, tappando i pori della placca. I tubi cribrosi sono sottoposti a un’alta pressione di turgore interna e gli elementi del cribro in un tubo cribroso sono collegati gli uni agli altri tramite i pori aperti della placca. Quando un tubo cribroso è tagliato la liberazione della pressione causa il movimento del contenuto degli elementi del cribro verso la parte tagliata dalla quale la pianta perderebbe la maggior parte del succo. Una soluzione più a lungo termine è invece la produzione all’interno dei pori di callosio che è sintetizzato negli elementi funzionanti del cribro in risposta a lesioni o a stress come la stimolazione meccanica e le alte temperature. Le cellule degli elementi del cribro: Ogni elemento del cribro è associato a una o più cellule compagne. I plasmodesmi penetrano attraverso le pareti fra gli elementi dei tubi e le cellule compagne indicando una stretta relazione funzionale e facilità di trasporto. Le cellule compagne giocano un ruolo importante nel trasporto dei prodotti fotosintetici dalle cellule produttrici delle foglie mature agli elementi del cribro nelle venature minori della foglia. Esse si fanno anche carico ad es. della sintesi proteica mentre i loro numerosi mitocondri possono fornire energia agli elementi del cribro sotto forma di ATP. Le cellule compagne comuni sono caratterizzate da cloroplasti con tilacoidi ben sviluppati e da pareti cellulari con una superficie interna liscia. Non ci son plasmodesmi che connettono queste cellule con quelle che le circondano. Il simplasto dell’elemento del cribro e la sua cellula compagna è quasi del tutto isolato da quello delle cellule che stanno intorno. Una transfer cell è come una cellula comune ma ha uno sviluppo di invaginazioni digitiformi della parete che aumentano la superficie della membrana plasmatica e il trasferimento di soluti attraverso le membrane. Le cellule compagne e le transfer cell sono specializzate nell’assorbimento dei soluti dall’apoplasto o dalla parete cellulare. Le cellule intermedie invece sono specializzate nell’assorbimento di soluti tramite connessioni citoplasmatiche e contengono numerosi plasmodesmi che le collegano alle cellule che le circondano in modo particolare alle cellule della guaina del fascio. Queste cellule hanno anche la funzione nel trasporto simplastico degli zuccheri dalle cellule del mesofillo agli elementi del cribro. Sorgente e pozzi: Il trasporto del floema non avviene esclusivamente verso l’alto o verso il basso. La traslocazione avviene da aree di rifornimento definite sorgenti verso aree di metabolismo o accumulo definite pozzi. Le sorgenti comprendono qualsiasi organo in grado di esportare, di solito le foglie adulte, e capace di produrre fotosintati in eccesso rispetto al proprio fabbisogno. Un altro tipo di sorgente è un organo di riserva durante la fase di esportazione del suo sviluppo. Durante la seconda stagione di crescita la stessa radice diventa una sorgente, gli zuccheri vengono rimossi e usati per produrre un nuovo germoglio che alla fine diventa produttivo. I pozzi comprendono tutti gli organi non fotosintetici della pianta e quegli organi che non producono a sufficienza prodotti fotosintetici tali da sostenere il loro fabbisogno di accrescimento e di accumulo. Le radici, i tuberi, i frutti in via di sviluppo e le foglie non mature sono esempi di pozzi. Le vie da sorgente a pozzo sono soggette a delle regole anatomiche: 1) vicinanza: le foglie mature superiori di una pianta trasportano gli assimilati agli apici in vie di crescita e alla foglie giovani e mature, mentre le foglie inferiori riforniscono il sistema radicale. Le foglie intermedie esportano in entrambe le direzioni evitando le foglie mature intermedie 2) sviluppo: gli apici della radice e del germoglio sono i pozzi principali durante l’accrescimento vegetativo, i semi e i frutti diventano i pozzi dominanti durante lo sviluppo riproduttivo 3) connessioni vascolari: le foglie sorgente riforniscono i pozzi con i quali hanno connessioni dirette 4) modificazione delle vie di traslocazione: ferite o potature possono modificare le caratteristiche appena descritte. Una via alternativa di interconnessioni vascolari può essere presente in mancanza di collegamenti diretti fra sorgente e pozzo Sostanze traslocate nel floema: L’acqua è la sostanza più abbondante trasportata nel floema. Disciolti in essa ci sono i soluti traslocati che consistono di carboidrati, amminoacidi e proteine. Il saccarosio è lo zucchero più comunemente trasportato negli elementi del cribro ed in forma non riducente cioè meno reattivo delle forme riducenti. Altri zuccheri sono raffinosio, stachiosio e verbascosio. L’azoto si riscontra nel floema sotto forma di amminoacidi e ammidi, specialmente glutammato/glutammina e aspartato/asparagina. Altri soluti sono potassio, magnesio, fosfato e cloro. Modello del flusso da pressione: Il modello del flusso da pressione è un esempio di meccanismo passivo e spiega la traslocazione del floema come un flusso di soluzione all’interno portato da un gradiente di pressione generato osmoticamente fra la sorgente e il pozzo. E’ necessaria energia sia alla sorgente che al pozzo. Nelle sorgenti l’energia è necessaria per spostare i fotosintati dalle cellule produttrici agli elementi del cribro. Questo spostamento dei fotosintesi è definito caricamento del floema. La diffusione è troppo lenta per giustificare le velocità di movimento di soluto osservate nel floema. Il modello del flusso stabilisce che il flusso della soluzione all’interno degli elementi del cribro sia portato da un gradiente di pressione generato osmoticamente fra la sorgente e il pozzo. Il gradiente è stabilito in conseguenza al caricamento di floema alla sorgente e allo scaricamento al pozzo. Nei tessuti sorgente il caricamento di floema che richiede energia porta ad un accumulo di zuccheri negli elementi del cribro generando un basso potenziale di soluto e causando un rapido calo nel potenziale idrico. In risposta al gradiente di potenziale idrico l’acqua entra negli elementi del cribro e causa l’aumento della pressione di turgore. Lo scaricamento del floema porta a una minor concentrazione di zuccheri negli elementi del cribro generando un maggiore potenziale di soluto negli elementi del cribro dei tessuti pozzo. Man mano che il potenziale idrico del floema aumenta al di sopra di quello dello xilema l’acqua tende ad abbandonare il floema in risposta al gradiente di potenziale idrico, causando la diminuzione della pressione di turgore nel elementi del cribro del pozzo. La presenza di placche cribrose aumenta la resistenza lungo la via di traslocazione e ha come risultato la generazione e il mantenimento di un gradiente di pressione sostanziale che si verifica fra la sorgente e il pozzo. Se non ci fosse la membrana, la differenza di pressione a livello della sorgente e del pozzo si annullerebbe velocemente. Il contenuto degli elementi del cribro viene spinto lungo la via da un flusso di massa che avviene da un organo sorgente con potenziale idrico minore verso un organo pozzo con potenziale idrico maggiore. Caricamento del floema: 1) il trioso fosfato che si forma durante la fotosintesi è trasportato dal cloroplasto al citosol, dove è convertito in saccarosio. Durante la notte il carbonio accumulato nell’amido di riserva esce dal cloroplasto sotto forma di maltosio ed è convertito in saccarosio 2) il saccarosio si sposta dalle cellule del mesofillo alle prossimità degli elementi del cribro, nelle venature più piccole della foglia. Questa via viene definita via di trasporto a breve distanza 3) gli zuccheri sono trasportati negli elementi del cribro e nelle cellule compagne dove raggiungono concentrazioni superiori a quelle del mesofillo. Una volta dentro agli elementi del cribro il saccarosio e gli altri soluti vengono traslocati lontano dalla sorgente, un processo conosciuto come esportazione. La traslocazione al pozzo tramite il sistema vascolare viene detta trasporto a lunga distanza Caricamento apoplastico: gli zuccheri all’inizio si spostano nel simplasto ma entrano nell’apoplasto appena prima del caricamento delle cellule compagne e negli elementi del cribro. Si ritiene che gli zuccheri caricati nelle cellule compagne si muovano verso gli elementi del cribro attraverso i plasmodesmi. Questo caricamento porta a: - gli zuccheri di trasporto dovrebbero essere nell’apoplasto - negli esperimenti in cui gli zuccheri sono nell’apoplasto, essi dovrebbero essere accumulati dagli elementi del cribro e dalle cellule compagne - l’inibizione dell’assorbimento degli zuccheri dall’apoplasto dovrebbe portare all’inizione dell’esportazione dalla foglia Nelle cellule sorgente gli zuccheri sono più concentrati negli elementi del cribro e nelle cellule compagne che nel mesofillo. Questa differenza di concentrazione essere verificata misurando il potenziale osmotico dei vari tipi cellulari della foglia. Si ritiene che la maggior parte di questa differenza di pressione osmotica sia dovuta all’accumulo di zucchero e specificatamente al saccarosio. Il trasporto del saccarosio dall’apoplasto al complesso elementi del cribro-cellule compagne sia mediato da un importatore saccarosio/H+: o pompe protoniche ATPasi si trovano nella membrana plasmatica di cellule compagne e nelle transfer cells. In queste ultime le H+/ATPasi sono + concentrate nelle invaginazioni della membrana plasmatica che si affacciano verso le cellule della guaina del fascio e quelle parenchimatiche o la distribuzione della H+/ATPasi nelle cellule compagne sembra essere correlata alla presenza nel floema di un importatore saccarosio/H+ o la riduzione dell’attività di trasporto inibisce il trasporto dalle foglie sorgente Caricamento simplastico: dipende dalla diffusione di zuccheri dal mesofillo agli elementi del cribro attraverso plasmodesmi aperti. Si può spiegare con il modello trappola per polimeri. Secondo questo modello il saccarosio, sintetizzato nel mesofillo, diffonde dalle cellule della guaina del fascio verso le cellule intermedie attraverso i plasmodesmi. Il raffinosio e lo stachiosio sono sintetizzati a partire dal saccarosio trasportato e dal galattosio mantenendo così il gradiente di concentrazione del saccarosio. A causa della loro ampiezza questi non sono in grado di ridiffondere nelle cellule del mesofillo. Il raffinosio e lo stachiosio non sono in grado di diffondere negli elementi del cribro. La concentrazione degli zuccheri aumenta nelle cellule intermedie e negli elementi del cribro. Si deduce che: il saccarosio dovrebbe essere + concentrato nel mesofillo che nelle cellule intermedie gli enzimi per la sintesi del raffinosio e dello stachiosio dovrebbero essere localizzati nelle cellule intermedie i plasmodesmi che collegano le cellule della guaina del fascio e le cellule intermedie dovrebbero escludere molecole + grandi del saccarosio. I plasmodesmi posti tra le cellule intermedie e gli elementi del cribro dovrebbero essere + grandi per permettere il passaggio di raffinosio e stachiosio Scaricamento del floema: L’importazione degli zuccheri nelle cellule pozzo coinvolge i seguenti passaggi: 1) scaricamento del floema: processo tramite il quale gli zuccheri traslocati fuoriescono dagli elementi del cribro dei tessuti pozzo 2) trasporto a breve distanza: gli zuccheri sono trasportati alle cellule del pozzo tramite questa via 3) accumulo e metabolismo: gli zuccheri sono metabolizzato o accumulati nelle cellule pozzo Nei pozzi gli zuccheri si spostano dagli elementi del cribro verso le cellule che li accumulano e metabolizzano. I pozzi variano: apici radicali, giovani foglie, radici e fusti. Gli zuccheri possono muoversi nei pozzi tramite il simplasto attraverso i plasmodesmi o possono entrare in determinati punti nell’apoplasto. L’assenza di plasmodesmi fra le cellule indica un passaggio nel trasporto apoplastico. Questa via a breve distanza tipica di semi in via di sviluppo è definita apoplastica poiché un passaggio, lo scaricamento del floema dal complesso elemento del cribro-cellula compagna avviene nell’apoplasto. Il trasporto diventa simplastico quando gli zuccheri sono riassorbiti nel simplasto delle cellule contigue. In foglie giovani la via di scaricamento e la via a breve distanza sono simplastiche. Parete cellulare: pareti 1°: si formano in cellule in crescita e di solito sono considerate poco specializzate ed estensibili. Alcune pareti sono molto sottili e semplici mentre altre sono più spesse e formate da strati multipli. La parete 1° è composta da microfibrille di cellulosa immerse in una matrice polisaccaridica. Questa struttura fornisce sia forza che flessibilità. La matrice è formata da emicellulose, pectine e una piccola quantità di proteine strutturali. Le microfibrille sono delle strutture relativamente rigide che contribuiscono a dare forza e struttura alla parete. Le singole catene polisaccaridiche che formano la microfibrilla sono allineate e legate le une alle altre a formare una struttura molto ordinata che esclude acqua ed è relativamente inaccessibile all’attacco enzimatico. La cellulosa è una microfibrilla impacchettata formata da catene lineari di β-D-glucosio unite con legame 1-4. Al microscopio le microfibrille sono sintetizzate da grandi complessi proteici detti rosette di particelle o complessi terminali. Queste rosette sono presenti fino a 6 subunità ognuna delle quali contiene 6 unità di cellulosa sintasi, l’enzima che sintetizza i singoli 1-4 β-Dglucani che formano la microfibrilla. Questo enzima è localizzato trasferisce un residuo di glucosio alla catena di glucano in fase di crescita. Il donatore di zucchero è uridin difosfato D-glucosio. La matrice è composta da emicellulose, pectine e proteine strutturali. Le emicellulose sono dei polisaccaridi flessibili che si legano alla superficie della cellulosa. Possono formare dei lacci che legano insieme le microfibrille di cellulosa a formare uno stretto intreccio oppure possono agire come un rivestimento scivoloso che previene il contatto diretto tra le microfibrille. Le pectine sono i polisaccaridi + solubili della parete e formano una fase di gel in cui è immersa la trama di cellulosa ed emicellulosa. Esse agiscono da riempimento idrofilico in modo da prevenire il collasso e l’aggregazione della cellulosa e determinano il grado di porosità della parete cellulare ai polisaccaridi. Formano degli intrecci gelificati formati da polimeri altamente idratati. Nei gel peptidici i gruppi carbossilici carichi (COO-) delle molecole peptidiche sono legati ionicamente tramite lo ione calcio che forma un saldo complesso con la pectina. Infine ci sono le proteine strutturali che aggiungono forza meccanica alla parete e contribuiscono all’esatto assemblaggio delle componenti della parete. pareti 2°: non sono estensibili, contengono lignina, sono prodotte all’interno della parete 1° e si formano alla fine dell’accrescimento della cellula e possono essere molto specializzate. Le cellule dello xilema sono rafforzate dalla presenza di lignina. La lamella mediana si può notare nella zona in cui giungono in contatto due pareti cellulari di cellule limitrofe. Espansione cellulare: durante di essa sono continuamente sintetizzati e secreti nuovi polimeri di parete che si aggiungono a quelli preesistenti nella parete in crescita. L’espansione può essere localizzata (accrescimento apicale) o uniformemente distribuita (accrescimento diffuso). L’accrescimento apicale è tipico dei peli radicali e dei tubetti pollinici ed è regolato dalle componenti del citoscheletro. La maggior parte delle cellule vegetali mostra accrescimento diffuso. Durante l’accrescimento la parete cellulare distesa di estende a causa di forze fisiche generate dalla pressione di turgore cellulare. Questa pressione crea una forza verso l’esterno, in modo uniforme e in tutte le direzioni. La direzionalità dipende dall’orientamento delle microfibrille. Se l’orientamento fosse casuale la cellula crescerebbe in modo uniforme in tute le direzioni. Nelle cellule vegetali la disposizione invece non è casuale. Le microfibrille vengono depositate nelle pareti laterali di cellule cilindriche in via di espansione come quelle corticali e vascolari delle radici e del germoglio. Sono inoltre disposte sulla circonferenza di queste pareti laterali ad angolo retto rispetto all’asse principale della cellula. Uptake di acqua: Prima della maturazione, quando le cellule si espandono, l’aumento in volume è generato dall’assunzione di acqua. Quest’acqua va a finire nel vacuolo che a mano a mano che la cellula aumenta di volume, assume una dimensione sempre + grande. L’assunzione di acqua da cellule in crescita è un processo passivo. Le cellule possono abbassare il loro potenziale idrico così che l’acqua possa essere assorbita spontaneamente in risposta ad una differenza di potenziale idrico, senza spendere direttamente energia. La differenza di potenziale idrico è la differenza tra il potenziale idrico fuori dalla cellula e dentro la cellula. La velocità di assorbimento dipende anche dall’area della superficie cellulare e dalla conduttività idraulica della membrana: v = A*Lp in cui Lp è appunto la conduttività idraulica cioè la facilità con cui l’acqua attraversa la membrana. Quest’equazione è valida in acqua pura sia per le cellule in crescita che per quelle che hanno cessato di crescere. In una cellula non in crescita l’assorbimento di acqua aumenterebbe il volume cellulare, obbligando il tonoplasto a spingere sempre + forte contro la parete cellulare aumentando quindi la pressione di turgore. Questo aumento di pressione aumenterebbe il ψw cellulare portando a zero il Δψw. L’assunzione di acqua cesserebbe. In una cellula in via di crescita il Δψw non raggiunge lo zero perché la parete è allentata. Essa cede alle forze generate dal turgore e quindi riduce la tensione nella parete e il turgore cellulare. Questo processo si chiama rilassamento da tensione. In una cellula turgida il contenuto cellulare spinge contro la parete causandone uno stiramento elastico e dando origine a una controforza, una tensione di parete. In una cellula in crescita l’indebolimento biochimico della parete permette alla parete di cedere in modo non elastico alla tensione della parete. Poiché l’acqua è quasi incomprimibile è necessaria un’inifinitesima espansione della parete per ridurre la pressione di turgore e quindi la tensione di parete. Come il turgore viene ridotto il rilassamento della parete e la crescita rallentano. La crescita di solito cessa prima che il turgore raggiunga lo 0. Il valore di turgore al quale si arresta la crescita è detto soglia di cedevolezza. Questa dipendenza dall’espansione della parete cellulare dalla pressione di turgore è riassunta qui: GR = m*(ψp - ψ) in cui GR è la velocità di crescita della cellula e m è il coefficiente che mette in relazione la velocità di crescita con il turgore in eccesso alla soglia di cedimento ed è l’estensibilità della parete. L’aumento di volume cellulare è uguale al volume d’acqua assorbito in condizioni di stato stazionario. Ogni sbilanciamento fra assorbimento di acqua ed espansione di parete porterà a cambiamenti nel turgore cellulare e ricondurrà la cellula al punto stabile definito dall’intersezione fra i due processi. Regolatori della crescita: 1. endogeni: sostanze prodotte dalla pianta e regulate dall’ambiente. 2. esogeni: sostanze applicate alle piante che alterano la crescita nello stesso modo. La produzione è regolata dall’ambiente 3. ormoni: sostanze che agiscono a basse concentrazioni, sono prodotte in una parte della pianta e agiscono in un’altra, ha la stessa risposta in piante differenti Ormoni 1°: auxina, citochina, gibberellina, acido abscissico, etilene Ormoni 2°: acido jasmonico, brassinosteroidi, juglone, acido salicilico, poliammide L’ormone auxina: Darwin e il figlio studiarono il ripiegamento delle piante verso la luce. Questo fenomeno è definito fototropismo. In alcuni esperimenti Darwin usava piante di scagliola che hanno le giovani foglie incapsulate in un organo protettivo detto coleottile. Questo è molto sensibile alla luce, specialmente a quella blu. Se vengono illuminati da una sola parte con un breve impulso di luce blu essi crescono verso la sorgente luminosa. I Darwin scoprirono che era la punta del coleottile che percepiva la luce poiché se coprivano con un foglio il coleottile non piegava. La regione del coleottile responsabile del piegamento definita zona di accrescimento si trova a molti mm sotto l’apice. Così conclusero che un certo segnale di crescita era prodotto nell’apice, raggiungeva la zona di crescita e faceva sì che la parte in ombra crescesse più velocemente rispetto a quella rivolta verso la luce. Se l’apice del coleottile veniva reciso, l’accrescimento si arrestava. I ricercatori avevano cercato di isolare ed identificare il composto chimico responsabile macinando l’apice e valutando l’attività dell’estratto. L’approcio fallì perché la macinatura dei tessuti rilasciava nell’estratto sostanze inibitrici normalmente compartimentate nella cellula. La più grande scoperta successivamente fu quella di evitare di macinare i tessuti permettendo che la sostanza diffondesse dagli apici recisi dei coleottili in blocchetti di gelatina. Se uno di questi blocchi di gelatina veniva posto asimettricamente sull’apice di coleottile reciso, si poteva valutare la capacità del blocco di gelatina di causare il ripiegamento in assenza di luce unilaterale. Questa sostanza era l’auxina. 1. pianticina intatta (curvatura) 2. apice di coleottile reciso (nessuna curvatura) 3. cappuccio opaco sull’apice (nessuna curvatura) 1. apice rimosso 2. apice posizionato su un lato del moncone dei coleottile 3. la curvatura avviene senza la luce naturale 1. apici del coleottile sulla gelatina 2. gli apici sono rimossi e la gelatina e tagliata in blocchetti 3. ogni blocchetto di gelatina è posto su un lato del moncone di coleottile 4. il coleottile si piega al buio L’auxina è l’acido 3-indolacetico e stimola l’allungamento di sezioni di coleottili di avena ad es. L’auxina stimola la crescita rendendo la parete più cedevole. Se si impedisce alle cellule in crescita di assorbire l’acqua, per esempio tenendo il tessuto in una camera umida e non in una goccia d’acqua, l’espansione della parete riduce progressivamente il turgore. La cinetica di decadimento, t1/2, dipende da m. L’auxina abbassa m, abbassando il pH della parete promuovendo l’estrusione di H+. Il pH acido favorisce quindi l’allungamento. Nella parete ci sono delle proteine enzimatiche che vengono attivate a pH acido. Gli enzimi indeboliscono i legami all’interno della parete che diventa cedevole ( aumenta m) e la cellula cresce di più. L’estensione indotta dall’acidità può essere misurata con un estensiometro. Il campione della parete è legato e messo sotto tensione di un estensiometro, che misura la lunghezza tramite un trasduttore elettronico attaccato ad un morsetto. Quando si sostituisce la soluzione che circonda la parete con un tampone acido, la parete si distende irreversibilmente in modo dipendente dal tempo. Nella parete ci sono delle proteine (enzimi) che vengono attivate a pH acido (espansina). L’espansina non è un enzima idrolitico e si mette sulle fibrille di cellulosa e fa ponte tra le fibrille e lo xiloglucano. L’auxina stimola l’attività della pompa protonica e trascina dentro i soluti perché serve rifornimento di energia per mantenere nel tempo la driving force. L’auxina per aumentare il pH della parete: 1) ΔpH, influenza “m” agendo sugli enzimi di parete 2) ΔV, mantiene ψcell < ψout (stimola uptake soluti) 3) L’accumulo di soluti avviene in modo analogo alle cellule di guardia 4) l’auxina aumenta la fusione di vescicole nuova H+/ATPasi, materiale per nuova membrana e nuova parete. Serve energia e serve sintesi di membrana L’auxina stimola l’estrusione di protoni nella parete dopo un lag time di 10-15 minuti. La crescita è inibita da tamponi neutri, ammesso che la cuticola sia abrasa. La fusicoccina stimola sia l’estrusione rapida di protoni che l’accrescimento transiente in fusti e sezioni di coleottile. Modello per il meccanismo di azione della H+/ATPasi: - una coppia di H+/ATPasi di membrana si associa a formare un dimero attivo. L’attività della pompa è limitata dall’effetto auto inibente del C-terminale di ogni monomero - i dimeri delle proteine 14-3-3 formano un complesso con il C-terminale autoinibitore. Quando il C-terminale è legato aumenta l’attività della H+/ATPasi ma l’effetto è transiente a causa dell’instabilità del complesso - il legame della fusicoccina con il complesso lo stabilizza, bloccando l’H+/ATPasi in un stato attivo La biosintesi di auxina è associata ai tessuti in rapida divisione e accrescimento, in particolar modo nel germoglio. I siti primari di sintesi di auxina sono i meristemi apicali, le giovani foglie e i meristemi apicali delle radici. Trasporto dell’auxina: 1. l’IAA entra nella cellula passivamente nella forma in dissociata (IAAH) o tramite cotrasporto attivo secondario nella forma anionica (IAA-) 2. la parete cellulare è mantenuta a pH acido dall’attività della H+/ATPasi della membrana plasmatica 3. nel citosol che ha un pH neutro predomina la forma anionica (IAA-). Poiché la membrana è meno permeabile all’IAA- dell’IAAH, l’IAA- tenderà ad accumularsi nel citosol: efflusso 4. gli anioni escono dalla cellula tramite i carrier di efflusso per l’anione auxina posti alla base di ogni cellula nella via longitudinale Le proteine PIN sono una componente importante nei complessi di efflusso dell’auxina e sono allineate secondo la direzione del trasporto di auxina. PIN1 media il trasporto verticale di IAA dal fusto alla radice. Poiché vi è una certa diffusione laterale di auxina si pensa che PIN3 re-diriga l’auxina verso i tessuti parenchimatici vascolari dove avviene il trasporto polare. Altre funzioni dell’auxina sono: - indurre la formazione di radici laterali - soprrimere la crescita delle gemme ascellari in fagiolo - essere implicata nella rigenerazione dello xilema dopo una ferita Il gene BR2 (Brachytic 2) codifica una P-glicoproteina necessaria per il normale trasporto di auxina nel mais e i mutanti br2 presentano degli internodi corti. Fotorecettori: I segnali chimici attivati con la luce sono: fotomorfogenesi, germinazione dei semi, inverdimento, fioritura, fototropismo. La luce regola lo sviluppo della pianta: rinverdimento, allungamento (ipocotile- e radice+) e apertura cotiledoni. In piante cresciute al buio o eziolate il fitocromo è presente nella forma che assorbe la luce rossa, forma Pr. Questa forma di colore blu è convertita dalla luce rossa nella forma che assorbe la luce nel rosso lontano detta forma Pfr che ha un colore verde. La forma Pfr può essere riconvertita dalla luce nel rosso lontano in quella Pr. Questa capacità di foto reversibilità è la proprietà + importante del fitocromo. Il pool di fitocromo non è pienamente convertito nelle forme Pr o Pfr a seguito di irradiazione di luce. Così quando le molecole di Pr ricevono la luce rossa la maggior parte di esse la assorbirà e verrà convertita nella forma Pfr ma alcune delle molecole di Pfr assorbiranno anche la luce rossa e saranno convertite nella forma Pf. La proporzione di fitocromo nella forma Pfr sottoposto a irradiazione saturante con la luce rossa e dell’85%. Allo stesso modo la piccolissima quantità di luce nel rosso lontano assorbita dal Pr rendere impossibile convertire completamente il Pfr in Pr con una luce a largo spettro nel rosso lontano, anche se si raggiunge un equilibrio costituito dal 97% da Pr e dal 3% dal Pfr. Questo equilibrio è definito stato foto stazionario. La luce rossa stimola, quella rosso lontana inibisce. E’ cruciale quale tipo di luce colpisca i semi per ultima. Risposta dei germinelli di Arabidopsis: I mutanty hy di Arabidopsis hanno permesso di isolare diversi geni importanti nella fotomorfogenesi (tra cui alcuni per i fotorecettori. I fitocromi sono codificati da una famiglia genica con proprietà diverse: PHYA, PHYB, PHYC, PHYD, PYE. Per generare mutazioni Koornneef immerse semi di A. taliana in una soluzione di EMS che crea delle mutazioni puntiformi nel DNA. Le piante derivanti dai semi mutagenizzati e autoimpollinate generarono una grande quantià di semi mutagenizzati. Le famiglie furono fatte crescere in luce bianca e i mutanti con difetti nella percezione o risposta alla luce furono identificati a causa del loro lungi ipocotile (hy), simile a quello osservato in piante cresciute al buio. Incroci tra piante mutanti definirono 5 loci di gruppi di complementazione: H1-H5. Il clonaggio e l’analisi di sequenza di tutti e 5 i geni hy ha portato all’identificazione di numerose componenti della via di trasduzione del segnale. Nella collezione originale di hy non erano presenti mutazioni geniche del fitocromo ad eccezione di quelle per il phyB, così l’identificazione di mutanti phyA richiese lo sviluppo di metodi di selezione + ingegnosi. Poiché la FR-HIR richiedeva il fitocromo labile alla luce, si sospettò che phyA dovesse essere il fotorecettore coinvolto nella percezione della luce rosso lontano continua. Per selezionare i mutanti phyA, le piante che crescevano in luce rosso lontano continua furono fatte crescere in luce rosso continua. I mutanti carenti di phyA possono crescere normalmente ma un mutante carente di cromoforo e di phyB funzionale non risponde. Le piante phyA selezionate in questo modo non avevano un fenotipo ovvio se cresciute in luce normale suggerendo che il phyA non ha ruoli discrezionali nel percepire la luce bianca. Il phyA sembra agire durante le deeziolature in risposta alla luce rosso lontano. Il fitocromo A sembra essere coinvolto nella germinazione dei semi di Arabidopsis in risposta ad una luce a largo spettro. I mutanti che mancano di phyA non possono germinare in risposta a impulsi di luce di millisecondi ma mostrano una risposta normale alla luce rossa nella gamma della bassa fluenza. Questo dimostra che phyA funge da fotorecettore primario per questa VLFR. La caratterizzazione del mutante hy3 ha rivelato un ruolo importante del phyB nella de-eziolatura poiché particelle mutanti cresciute in luce continua bianca avevano ipocotili lunghi. Il mutante phyB è carente in clorofilla e in certi mRNA che codificano le proteine del cloroplasto ed è incapace di rispondere agli ormoni vegetali. I mutanti carenti di phyB sono incapaci di rispondere alla luce rossa a bassa fluenza. Questo dimostra che phyB è il mediatore foto reversibile della germinazione dei semi. L’effetto delle mutazioni varia con la specie: in pomodoro senza PhyA e i due PhyB, i frutti (ma solo quelli) mancano di clorofilla. Piante di pisello con lesioni del phyA mostrano fioritura ritardata e internodi accorciati. In Arabidopsis la luce continua blu e rosso lontano porta alla promozione della fioritura, mentre la luce rossa la inibisce. La luce rosso lontano agisce tramite phyA e l’effetto antagonistico della luce rossa è prodotta da phyB. Il mutante cry2 fiorisce allo stesso tempo delle piante di ceppo selvatico in condizioni di luce continua blu o rossa. Il ritardo si osserva solo se la luce blu o rossa sono somministrate insieme. Cry2 promuove la fioritura in luce blu sopprimendo la funzione di phyB. Alla luce CRY1 è stabile, mentre CRY2 viene degradato. La loro attività è regolata da fosforilazione. Interagiscono con PHYA che le fosforila. Anche per il criptocromo esistono eventi precoci sulla membrana plasmatica (attivazione di canali anionici) e regolazione della trascrizione. Fototropismo: non è mediato dal criptocromo perché i mutanti cry1 e cry1cry2 hanno una risposta fototropica normale al blu. Assorbimento della luce cascata di eventi risposte fisiologiche. Spesso una risposta fisiologica è influenzata da più fotorecettori e mediata dalla modulazione dell’attività/azione di più ormoni (es. il fototropismo implica la redistribuzione laterale di auxina). Fitocromi: Il fitocromo nativo è una proteina solubile di 250 kDa. Esso è presente come dimero formato da 2 subunità equivalenti, ognuna delle quali formata da due componenti: un pigmento che assorbe la luce cioè il cromoforo e una catena polipeptidica cioè l’apoproteina. L’apoproteina e il cromoforo formano l’oloproteina. Il cromoforo è un tetra pirrolo lineare definito fitocromobilina. La sola apoproteina del fitocromo non è in grado di assorbire la luce rossa o quella nel rosso lontano. La luce può essere assorbita solamente quando il polipeptide è legato covalentemente alla fitocromobilina per formare l’oloproteina. La fitocromobilina è esportata nel citosol dove si lega all’apoproteina tramite un legame tioetere ad un residuo di cisteina. In risposta alla luce rosso e rosso lontano il cromoforo va incontro ad una isomerizzazione cis-trans. Sintesi del fitocromo: l’apoproteina del fitocromo si assembla con il cromoforo del plastidio per produrre la oloproteina; a seguito dell’attivazione dovuta alla luce rossa risultano esposte le sequenze di localizzazione nucleare; la maggio parte del pool di fitocromo si sposta nel nucleo dove regola l’espressione genica; una piccola quantità di fitocromo rimane nel citosol dove media le risposte rapide. Proteina COP: regolano il turnover di proteine necessarie per lo sviluppo fotomorfogenico. Durante la notte COP1 entra nel nucleo e il complesso COP1/SPA1 aggiunge l’ubiquitina ad un gruppo di attivatori trascrizionali e li manda al proteosoma. Il fitocromi è stato diviso in 2 classi: la forma labile alla luce (tipo 1) in alte concentrazioni in plantula eziolata e la forma stabile alla luce (tipo 2). Le risposte del fitocromo possono essere distinte dalla quantità di luce necessarie per indurle. Questa quantità è la fluenza ed è il n° di fotoni che colpiscono un’unità di area di superficie. Alcune risposte del fitocromo sono sensibili all’irradiazione. Queste risposte rientrano in 3 categorie: risposte a fluenza bassissima (VLFR), risposte a fluenza bassa (LFR) e risposte ad elevata irradiazione (HIR). Nelle VLFR le risposte ai fotoni sono da 0.0001 fino a 0.1 μmoli/m^2 e non sono fotoreversibili. Il quantitativo di luce necessario per indurla converte meno dello 0,02% del fitocromo totale in Pfr. Poiché la luce nel rosso lontano che normalmente invertirebbe un effetto dovuto alla luce rossa converte il 97% del Pfr in Pr. circa il 3% del fitocromo resta nella forma Pfr, molto di più di quanto è richiesto per indurre una VLFR. La luce nel rosso lontano non è in grado di diminuire la concentrazione del Pfr sotto lo 0,02% così è incapace di inibire la VLFR. Lo spettro d’azione della VLFR corrisponde allo spettro di assorbimento del Pr. Lo stimolo della germinazione se in bassa luce, non è foto reversibile. La LFR comprende la maggior parte delle risposte rosso/rosso lontano come l’induzione della germinazione dei semi di lattuga e la regolazione dei movimenti della foglia. Questi spettri sono formati da un picco principale per la stimolazione nel rosso (660 nm) e da un picco per l’inibizione nel rosso lontano (720 nm). Nelle risposte a bassa fluenza (LFR) è la % di Pfr che determina la risposta. Le HIR richiedono esposizioni continue e prolungate ad una luce con radiazione elevata e la risposta è proporzionale all’irradiazione fino a quando la risposta va a saturazione e ulteriore luce non ha + effetto. Le HIR vanno a saturazione a fluenze + elevate delle LFR e non sono fotoreversibili. Lo spettro d’azione non coincide con quello del fitocromo: sia il fitocromo che un altro recettore (criptocromo) contribuiscono ad inibire la crescita. I due effetti si sovrappongono nello spettro di azione (ma è possibile distinguerli). Nelle risposte ad alta irradianza (HIR) è importante il valore di Pr/Pfr. Fuga dall’ombra: la pianta esplora lo spazio intorno a lei per la ricerca della luce ottimale. E’ il fitocromo a percepire l’ombra generata da altre piante. Man mano che l’ombreggiamento aumenta diminuisce R/FR come anche il rapporto tra Pfr e la quantità di fitocromo totale. Per variare il contenuto di FR si nota che + questo è alto, + alta sarà la velocità di distensione del fusto delle piante sole. La simulazione dell’ombreggiamento dovuta alla chioma degli alberi induce queste piante ad allocare una maggior quantità delle loro risorse per crescere + verso l’alto. Questa correlazione non è così forte per le piante da ombra. Queste piante mostrano poche o nulle variazioni nella velocità di distensione del fusto rispetto alle piante da sole, man mano che sono esposte a valori sempre + alti di R/FR. Le analisi genetiche di Arabidopsis hanno indicato che phyB gioca un ruolo predominante nel mediare molte risposte di evitazione dell’ombra ma phyD e phyE danno un contributo per l’allungamento del picciolo. Etilene: L’etilene può essere prodotto da quasi tutte le piante superiori e aumenta durante l’abscissione fogliare e la senescenza del fiore, come anche durante la maturazione del frutto. Qualsiasi tipo di ferita può indurre la biosintesi dell’etilene, così come gli stress fisiologici come l’allagamento, il gelo, le malattie, la temperatura e la siccità. Nella maggior parte dei tessuti l’etilene può essere completamente ossidato a CO2: etilene-ossido di etilene-acido ossalico-CO2. L’etilene è facilmente liberato dal tessuto e si diffonde nella fase gassosa che attraversa gli spazi intercellulari fuoriuscendo dal tessuto. Esperimenti in vivo hanno dimostrato che i tessuti vegetali sono in grado di convertire la L-[C14] metionina in [C14]etilene e che l’etilene deriva dagli atomi di carbonio in 3 e in 4 della metionina. Il fattore limitante della via è la conversione dell’AdoMet in ACC, catalizzata dalla ACC sintasi. L’ultimo passaggio della via, la conversione dell’ACC in etilene, necessita di ossigeno ed è catalizzata dalla ACC ossidasi. Il gruppo CH3-S della metionina è riciclato tramite il ciclo di Yang. Effetti causati dall’etilene sono: epinastia cioè foglie incurvate verso il basso e formazione dei peli radicali. L’etilene e le alte concentrazioni di auxina inducono l’epinastia. L’allagamento o le condizioni anaerobiche intorno alle radici scatena l’aumento della sintesi di etilene nel germoglio. Poiché gli stimoli sono percepiti dalle radici ed evidenti nei germogli, ci deve essere un segnale che dalle radici è trasportato al germoglio. Esso è l’ACC che infatti sono + alte per 1-2 gg in succhi xilematici in seguito ad allagamento. Poiché in suoli allagati l’acqua riempie gli spazi aeriferi e dato che l’O2 diffonde attraverso l’acqua, la [O2] vicino alle radici allagate cala drasticamente. L’alta produzione di etilene risulta dall’accumulo di ACC, poiché la conversione di ACC in etilene richiede O2. L’ACC accumulato nelle radici anaerobiche viene trasportato dal flusso respiratorio verso i germogli. Un altro effetto causato dall’etilene è l’abscissione fogliare. Esperimento: la pianta wt ha perso tutte le foglie. Se si trasforma un’altra pianta con un gene per il recettore dell’etilene che reca una mutazione dominante si ha che la pianta non perde + le foglie perché incapace di rispondere all’etilene. La domesticazione comporta quasi sempre la mancata formazione degli strati di abscissione a livello del seme. Le varietà di riso Nipponbare e Kasalath differiscono per la facilità con cui perdono il seme a maturità. Trovata una mutazione puntiforme nel promotore che impedisce l’attacco di un regolatore trascrizionale. Il gene non è più espresso nel tessuto e non si forma più il layer di abscissione a livello del seme. Diversi frutti hanno un picco di produzione dell’etilene di tipo autocatalitico. Aumenta la respirazione (consumo di O2 e produzione di CO2). I frutti climatterici producono etilene quando maturano (e rispondono all’etilene accelerando la maturazione). Il pomodoro in cui l’ACC ossidasi è inibita non matura completamente, ma matura se esposto all’etilene. I frutti non climaterici non hanno un aumento della produzione di etilene e della respirazione. A concentrazioni sopra 0,1 µ/l l’etilene cambia il pattern di accrescimento delle pianticelle riducendo il tasso di allungamento e aumentando l’espansione laterale, portando al rigonfiamento dell’ipocotile. Questi effetti sono comuni nei germogli di crescita di molte dicotiledoni, formando parte della risposta tripla. In Arabidopsis questa risposta consiste nell’inibizione e nel rigonfiamento dell’ipocotile, inibizione della distensione delle radici e nell’esagerazione dell’incurvamento dell’apice. Durante la risposta tripla la disposizione trasversale nell’allineamento dei microtubuli è alterata e i microtubuli si ri-orientano secondo l’asse longitudinale. Questa rotazione di 90° porta ad un’analoga rotazione nella disposizione delle microfibrille di cellulosa. La parete cellulare così depositata va a rinforzare l’asse longitudinale piuttosto che quello trasversale, promuovendo così l’espansione laterale della cellula più che la sua distensione. I microtubuli non si ri-orientano dalla direzione trasversale alla longitudinale con una depolarizzazione completa ma compare un n° crescente di microtubuli non disposti trasversalmente in luoghi particolari. Pianticelle eziolate sono caratterizzate di solito da una forma a gancio nella parte terminale del’apice del germoglio. Questa forma facilita lo spostamento nel terreno e protegge il meristema apicale. La formazione e il mantenimento del gancio derivano dall’accrescimento asimettrico indotto dall’etilene. La forma del gancio risulta dal + veloce accrescimento della parte esterna nei confronti di quella interna. L’apertura è indotta dalla luce rossa, mentre quella del rosso lontano la previene indicando che il fitocromo è il fotorecettore coinvolto in questo processo. Al buio la crescita delle piante è inibita fino a quando l’etilene è prodotto dai tessuti del gancio. La luce rossa inibisce la formazione di etilene promuovendo l’accrescimento della parte interna. La formazione del gancio potrebbe dipendere da un gradiente di auxina dipendente dall’etilene Se KO: niente gancio apicale e alterata pattern di geni che rispondono all’auxina; se OE: gancio costitutivo in assenza di etilene. Via di trasduzione del segnale dell’etilene: Ad un 1° legame con il recettore fa seguito l’attivazione di 1 o + segnali per le vie di trasduzione che portano alla risposta cellulare. L’etile esercita i suoi effetti alterando lo schema dell’espressione genica. Il 1° mutante etilene sensibile ad essere isolato fu etr1, mutazione dominante che blocca la risposta all’etilene. Quando il gene ETR1 è stato clonato e sequenziato si è visto che la porzione carbossi terminale della proteina aveva omologie con le istidina-chinasi a due componenti usate dai batteri. La familiarità fra i recettori batterici e l’insensibilità all’etilene dei mutanti etr1 suggerisce che ETR1 possa essere un recettore per l’etilene. Quando si è fatto esprimere ETR1 in lievito, le cellule di lievito hanno acquisito la capacità di legare etilene radioattivo. Il genoma di Arabidopsis codifica 4 proteine simili a ETR1: ETR2, ERS1, ERS2 e EIN4. Questi recettori legano l’etilene e mutazioni non senso nei geni che codificano queste proteine impediscono all’etilene di legarsi al recettore mentre permettono al recettore di funzionare regolarmente come regolatore della via di risposta all’etilene in presenza dell’ormone. ETR1: è stimolato dall’etilene e reprime ciò che avviene a valle CTR1: è un regolatore negativo inattivato dall’etilene SIMK: la sua sovra espressione è = all’inattivazione di CTR1 EIN3: l’etilene regola sua concentrazione Si ottiene l’epistasi: se ho una via unica e lineare e muto un gene a monte muta tutta la via Gibberelline: Pianta di riso infettata dal fungo Gibberella fujikuroi che causa la malattia nota come “piantina sciocca” (pianta molto più alta e senza semi) Da filtrati di coltura del fungo è stato isolato nel 1938 l’acido gibberellico. In seguito si sono isolate le gibberelline anche dalle piante (oltre 120 molecole diverse, ma tutte simili). Tutte le GA possiedono uno scheletro a 19 o a 20 atomi di C. Alcune GA hanno solo 19 atomi di C perché uno l’hanno perso durante il metabolismo. In quasi tutte le GA C19 il carbossile nel carbonio in 4 forma un lattone nel carbonio in 10. Le gibberelline sono presenti nei tessuti vegetali: semi immaturi e tessuti vegetativi 1-10 ppb. Il trattamento con gibberelline: - accorcia la fase giovanile - influenza la determinazione del sesso - stimola sviluppo del polline - germinazione di semi - fruttificazione e partenocarpia - ritarda la senescenza di fiori e frutti Hanno effetti sulla germinazione, sull’allungamento dell’ipocotile, sulla transizione di fase, posso forzare la riproduzione prima del tempo, stimolano lo sviluppo del polline, hanno effetti sulla fruttificazione e promuovono l’allungamento dell’internodo in mutanti geneticamente nani, in specie a rosetta e nelle graminacee. La transizione da fase vegetativa a fase riproduttiva è sensibile a molti fattori: stimoli come un periodo freddo, l’accorciamento (o l’allungamento) dei giorni, lo stress idrico (siccità) e il trattamento con ormoni possono causare la transizione. Ci sono mutanti che crescono sotto forma vegetativa ma fioriscono tardi o piante che fioriscono prima. Molti stimoli ambientali vengono tradotti poi in cambiamenti negli ormoni: es. il freddo (inverno) stimola la sintesi di GA e induce la fioritura. Alcune piante richiedono basse temperature per germinare (stratificazione) e per fiorire (vernalizzazione) Le gibberelline possono sostituire il trattamento a basse temperature per produrre questi effetti. Se non stanno al freddo le piante fioriscono + tardi. Uno degli enzimi coinvolti nella sua sintesi è il CPS è espresso nei tessuti che accumulano maggiormente gibberellina: meristemi, antere e semi. Il mutante le è nano perchè non sintetizza GA1. Il trattamento con GA1 recupera il fenotipo. Germinazione dei semi in orzo: GA viene prodotta nell’embrione e agisce sull’endosperma promuovendo la trascrizione nell’aleurone di geni come l’ α-amilasi (dove l’enzima idrolizza l’amido). La GA stimola la trascrizione dell’mRNA. L’aumento di mRNA di GAMYB precede l’aumento di trascrizione della α-amilasi. L’analisi della sequenza del promotore suggerisce che il fattore di trascrizione appartenga alla classe MYB. È stato isolato in mais un gene MYB la cui trascrizione è indotta da GA3. Evidenze coinvolgimento proteine G: 1-Produzione α -amilasi indotta da GA è inibita da analogo GDP che lega subunità α delle proteine G ma non scambia con GTP 2- mutante Dwarf-1 in riso. Ha un difetto di sintesi della subunità α delle proteine G Calcio e cGMP: -aumentano entrambi in seguito a trattamento con GA -se tengo basso calcio, ho produzione α -amilasi ma non secrezione La crescita dipendente da GA comporta sia l’allungamento che la divisione cellulare (aumenta il numero di cellule e la loro lunghezza). L’allungamento è stimolato per primo ed è mediato da un aumento nell’estensibilità della parete (abbassano la soglia di cedevolezza). Come la durata del giorno influenza la fioritura di Arabidopsis? La durata del giorno determina il ritmo circadiano ce viene misurato attraverso PhyB e Cry. Questo a sua volta influenza la fioritura regolando la trascrizione di FKF1. GA aumenta con il trascorrere delle ore del giorno. Numerosi passaggi della sintesi di GA sono alterati dalla lunghezza del giorno: in Arabidopsis giorni lunghi aumentano l’espressione del gene GA20ox1 estensione del fusto e fioritura. La manipolazione dei livelli di GA è un modo per ottenere mutanti nani. La mutazione di geni coinvolti nel metabolismo / risposta alla gibberellina è alla base della rivoluzione verde. L’effetto del ritmo circadiano sulla fioritura è mediato dalle proteine FKF1, CONSTANS (CO) e FLOWERING LOCUS T (FT). I mutanti in FRI fanno crescita vegetativa per molto tempo mentre I mutanti in FLD fioriscono dopo e fanno delle rosette aeree. La stimolazione della germinazione mediata dal fitocromo in lattuga è mediata dall’aumento nella sintesi di GA. Mutanti di Arabidopsis: Queste piante in orzo e riso, quando sono omozigoti per la mutazione recessiva, sono alte e slanciate. Quando crescono in assenza di inibitori della biosintesi di GA rimangono slanciate. L’altezza dipende dal fatto che la risposta alle GA è espressa costitutivamente. In questi mutanti possiamo ipotizzare che la via di trasduzione del segnale è sempre accesa anche in assenza del segnale GA. Il clonaggio dei geni slender ha svelato che sono omologhi con Arabidopsis. Essi appartengono a una sottoclasse della famiglia GRAS di regolatori di trascrizione e hanno un dominio terminale in cui i primi 5 amminoacidi sono: aspartato, glutammato, leucina, leucina e alanina. Gli alleli mutanti di Gai in frumento (Rht, Reduced height) e mais (D8) codificano per proteine con un N terminale alterato. Il mutante gai è una pianta nana. Modello per il legame di GA con il suo recettore: in assenza di GA il repressore DELLA blocca la trascrizione dei geni inducibili da GA; quando GA interagisce con il recettore si lega a DELLA e l’interazione porta alla degradazione di DELLA che non può più reprimere la trascrizione. Citochinine: Sono state scoperte durante la ricerca di fattori che stimolassero la divisione delle cellule vegetali. Dopo coltura in vitro, molte cellule possono dare luogo a piante intere (es. cellule di guardia). In seguito a ferita le cellule possono ricominciare a dividersi. Negli anni 30’ White dimostrò che le radici di pomodoro possono essere coltivate in modo indefinito in un mezzo nutritivo semplice contenente saccarosio, sali minerali e poche vitamine, senza aggiunta di ormoni. Il mezzo nutritivo di White unito ad un’auxina e al 10-20% di latte di cocco sosteneva la divisione cellulare di cellule mature e differenziate in una vasta gamma di tessuti e specie, portando alla formazione di calli. Il latte di cocco conteneva zeatina. La prima vera citochinina fu però la chinetina. La zeatina è la citochinina naturale + abbondante. Questa sostanza stimola le cellule mature a dividersi quando viene aggiunta alla coltura con l’auxina. La chinetina in presenza di auxina stimolava il tessuto parenchimatico del midollo di tabacco a proliferare in cultura. Le citochinine sono rapidamente metabolizzate dalla citochinina ossidasi che le inattiva. Il tabacco è in grado di sovra esprimere il gene catabolico (citochinina ossidasi) e questo porta a una riduzione nei livelli di citochinina endogena e una inibizione della crescita del fusto dovuta a una ridotta velocità di proliferazione nel SAM. Alcuni batteri patogeni producono citochinine libere. L’infezione di tessuti vegetali da parte di questi organismi induce il tessuto a dividersi e in alcuni casi a formare strutture speciali (galle di insetti che sono usate come “feeding sites” e protezione). Ci sono mutanti di Arabidopsis le cui radici crescono per pochi giorni e poi si fermano. Il mutante è insensibile alle citochinine. Le citochinine inoltre deprimono le dimensioni e la divisione cellulare a livello delle radici. Hanno inoltre ruoli opposti nel regolare la proliferazione cellulare nel RAM (Root Apical Meristem) e nel SAM. Il rapporto auxina:citochinina regola la morfogenesi dei tessuti in coltura. High auxin:cytokinin ratio: root; Low auxin/cytokinin ratio: shoot; Intermediate auxin/cytokinin ratio: callus. La citochinina rallenta la senescenza fogliare cioè l’invecchiamento programmato che porta alla morte del tessuto. La senescenza fogliare è ritardata in tabacco transgenico contenente alti livelli di citochinine. Citochinine producono una fenocopia del mutante det: e aumentano la deeziolatura di piante cresciute al buio. I plastidi si sviluppano parzialmente. Brassinosteroidi: Scoperti come agenti stimolanti la crescita e presenti nel polline della colza. Mitchell nel 1970 chiama queste sostanze Brassine. Brassine inducono l’allungamento di steli in fagiolo ma furono riconosciute come ormoni dal 1990. Inibiscono: - crescita delle radici (ma in alcuni casi la promuovono) - abscissione fogliare Stimolano: - allungamento di cellule e steli e la divisione promuovono la crescita - srotolamento e curvature nelle erbacee - produzione di etilene - germinazione dei semi e fotomorfogenesi - differenziamento dello xilema - crescita del tubetto pollinico Il recettore dei BR, il BRI1, è localizzato sulla membrana plasmatica. I BR si legano direttamente ad una regione composta da 100 amminoacidi localizzata nel dominio extracellulare di BRI1. BRI1 è membro di una famiglia di recettori vegetali serina/treonina chinasi con leucina ripetuta. Il legame di BL con BRI1 scatena l’interazione tra BRI1 e BAK1, un recettore chinasi affine. BL induce la fosforilazione sia di BR1 che di BAK1. BRI1 è fosforilato in siti multipli lungo il suo dominio intracellulare e alcuni di questi si sono dimostrati capaci di regolare l’attività del recettore. Azoto: L’azoto può essere assorbito dal terreno attraverso le radici oppure incorporato nei composti organici. Molto costoso in termini di energia: NO3- NH4+ aa 12 ATP/N N2 NH4+ aa 16 ATP/N Le piante trovano nel terreno ed usano sia NO3- che NH4+. L’accumulo di NH4+ è tossico per piante e animali. Dissipa i gradienti di protoni a cavallo delle membrane (mitocondrio, cloroplasto, vacuolo). Le piante non lo accumulano e lo assimilano appena assorbito. L’accumulo di NO3- è tossico per gli animali. Le piante lo possono accumulare nei vacuoli ( diventano tossiche per gli erbivori) o lo trasportano a lunga distanza ad altre parti dove poi viene assimilato. La riduzione del nitrato avviene nel citosol per mezzo della nitrato reduttasi. Il cofattore è il cobalto. La riduzione del nitrito avviene per mezzo della nitrito reduttasi, presente in diverse isoforme nel cloroplasto e nei plastidi delle radici. Donatore di elettroni è la ferredossina, ridotta da NADPH proveniente dalla via dei pentosi fosfati plastidica nelle radici. L’assimilazione di NH4+ è catalizzata dalla glutammina sintetasi che ha alta affinità per NH4+. Regolazione dell’assimilazione del nitrato: durante la PS l’assimilazione nitrato procede solo se ci sono gli scheletri carboniosi (fissazione CO2) per gli aa. (regolazione da glucosio e altri zuccheri); la sintesi degli aa non deve superare la richiesta (regolazione da aa); formazione nitrito non deve procedere più velocemente della sua riduzione ad ammonio, perché se il nitrito si accumula è tossico. Di notte nelle foglie c’è abbastanza NADH per la nitrato reduttasi ma molto meno NADPH nel cloroplasto (solo PPP) per ridurre nitrito e fissare NH4+. Meglio spegnere la nitrato reduttasi per non accumulare nitrito. (regolazione da luce). Fissazione di N2: In un sistema chiuso il nitrato proviene dalla degradazione della biomassa. Fertilizzanti compensano l’asportazione di biomassa. Il mais richiede 200Kg N /ettaro. L’NH3 è prodotto industrialmente con alte pressioni e alte temperature. Nonostante la spontaneità della reazione la reazione è molto lenta per via dell’alta energia di attivazione ed è catalizzata dalla nitrogenasi. Problemi: questo enzima richiede un largo apporto di ATP, è molto sensibile all’O2 e negli organismi aerobici la produzione di ATP richiede O2. Prima strategia: ridurre PO2 con una emoglobina. Si costruisce uno speciale organo sulla radice della pianta che è in grado di ridurre la richiesta di O2. Seconda strategia: confinare la reazione in una cellula non ossigenica. flavonoidi, betaine chemiotattiche per R attivano nod genes. I nod factors inducono allungamento pelo radicale e inducono degradazione parete cellulare. Si forma il tubetto infettivo per invaginazione della PM. Il nodulo matura: forma connessioni vascolari ed esclude O2. I batteri diventano batterioidi (10 v. più grandi) e iniziano a fissare N2.