CAPITOLO 8
La tettonica a placche (3° parte)
Alla fine degli anni sessanta è stata elaborata la teoria della tettonica a placche. La teoria prende in esame il
comportamento della litosfera, cioè l’involucro rigido ed esterno della terra che poggia sull’astenosfera, meno rigida.
La litosfera è formata da dorsali, fosse di subduzioni e faglie trasformi che dividono la litosfera in venti maglie
dette placche che possono esser formate sia da crosta continentale che da quella oceanica. I bordi delle placche sono
detti margini e sono di tre tipi:
 Margini costruttivi o divergenti: sono le dorsali oceaniche lungo le quali si costruisce nuova litosfera
 Margini distruttivi o di convergenza: fosse oceaniche lungo le quali la litosfera viene distrutta nel processo
di subduzione.
 Margini conservativi: sono le faglie trasformi dove le placche scorrono l’una al fianco dell’altra in direzioni
opposte con fenomeni di metamorfismo e forte attività sismica, ma senza variazioni nel volume della litosfera.
Il bilancio globale di produzione e distruzione di litosfera deve essere in equilibrio.
Se un lembo di crosta continentale finisce per interferire con una fossa di subduzione potrebbe risultare una
orogenesi; esistono 3 situazioni in sui si può formare un orogene:
 Crosta oceanica in subduzione sotto un margine continentale. Se un continente finisce per trovarsi a ridosso di
una fossa oceanica, non entra in subduzione, perché la litosfera continentale, meno densa non può sprofondare
entro il mantello. In questo caso è la crosta oceanica della placca antistante a infilarsi sotto il margine
continentale. Dalla crosta in subduzione vengono strappati i sedimenti oceanici insieme a lembi dei
sottostanti basalti che finiscono per saldarsi al margine continentale per formare una nuova striscia di crosta
continentale eterogenea. La crosta continentale si accresce di spessore, per la risalita di grandi quantità di magmi
e si individua il processo di orogenesi (Ande).
 Collisione continentale: Se la placca che sprofonda nel processo di subduzione comprende oltre a crosta
oceanica, quella continentale una volta consumata la crosta oceanica ci sarà la collisione continentale. I due
margini entrano in contatto e vengono deformati finche si saldano facendo aumentare lo spessore della crosta
e nasce una catena montuosa. Nel processo l’oceano che separa i due continenti viene progressivamente ridotto, i
sedimenti compresi tra le coste sono compressi e deformati in pieghe e falde, spinte ad accavallarsi una sull’altra
per grandi spessori. Anche alcuni lembi di crosta oceanica sono coinvolti: sono ammassi di rocce particolari dette
ofioliti.
 Accrescimento crostale: Questo si verifica quando frammenti di crosta di varia natura in origine aree anche
molto lontane tra loro si trovano incastonati in una placca oceanica in lento movimento di subduzione. Questi
frammenti vengono strappati dalla crosta e si accavallano contro il margine continentale.
Fosse e dorsali non sono forme stabili. Gli stessi mutamenti nei moti nel mantello possono far nascere una nuova
dorsale e un nuovo oceano. Questo accade quando grandi volumi di materiale caldo arrivano al di sotto di un lembo
di litosfera stabile, che si inarca e si frattura da dove fuoriesce il magma. Questo è lo stato embrionale. Se il
processo continua i due margini si allontanano e le lavo formano una prima striscia di nuova crosta, mentre le
acque dei mari vicini invadono la depressione che si apre. E’ lo stadio giovanile.
Nello stadio di maturità l’oceano si è ampliato, mentre lungo i margini dei due continenti l’accumulo dei detriti da
origine a prismi sedimentari.
Il fondo del vecchio oceano si consumerà per l’attività di una nuova fossa di subduzione finche i due continenti
entrare anno in collisione e si salderanno nuovamente in un unico continente.
La Pangea non è sempre esistita; si è formata in seguito ad una serie di collisioni tra continenti ancora più antichi,
derivati a loro volta dallo smembramento di un altro supercontinente esistito 750 milioni anni fa detto Rodinia.
Sembra che l’incessante movimento delle croste porterà di nuovo a formare un nuovo continente. Il ciclo è detto di
Wilson ed è la nuova unità di misura del nostro continente ed ha una durata di 500 milioni di anni.
Si possono mettere a confronto i fenomenti vulcanici e i terremoti con la distribuzione delle placche:
 Il vulcanismo effusivo avviene .lungo le dorsali dovuto alla risalita di materiale caldo dal mantello e da
origine a lave fluide
 Il vulcanismo esplosivo è localizzato lungo le fosse e le lave sono neutre o acide
 I centri vulcanici all’interno delle placche si possono trovare sia nella crosta continentale che in quella
oceanica. Siamo di fronte a punti caldi, ovvero una ristretta area della crosta caratterizzata da un elevato
flusso termico e continua effusione di lave basaltiche.
Per quanto riguarda i terremoti l’allineamento degli ipocentri delinea i margini delle placche
© Federico Ferranti S.T.A.
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 Le forze che tendono a far allontanare i due fianchi della rift valley provocano sismi di modesta entità
compresi nei primi 10km di crosta. Lungo le faglie trasformi ci sono terremoti superficiali
 La forte sismicità associata alle fosse è legata alla subduzione. Possiamo trovare terremoti a bassa
profondità (50 km) causati dall’attrito con tra le placche e terremoti in profondità conseguenza delle forti
compressioni subite dalla placca.
 Nelle catene montuose, le spinte che hanno deformato e saldato tra loro i margini delle placche danno
origine a terremoti. Il settore di crosta inspessito tende a riacquistare una posizione di equilibrio isostatico e
si muove verso l’alto causando altri terremoti.
 Una piccola percentuale di terremoti cade lontano dai margini delle placche a causa degli sforzi della
placca che si propagano nella litosfera
Ma cosa fa muovere il complesso meccanismo delle placche? Molti elemento fanno pensare a movimenti convettivi
all’interno del mantello provocati da squilibri termici. Analizzando le onde sismiche si è scoperto che a basse
profondità il mantello è freddo sotto i continenti e caldo sotto le dorsali. A profondità maggiori la struttura termica
del mantello non si collega con zone di attività specifica in superficie. Se osservano due regioni calde, una sotto
l’africa orientale e l’Arabia e una sotto l’oceano pacifico. Questo aspetto deriva dal nucleo: infatti il calore del
nucleo interno solido si propaga verso l’esterno. Il nucleo esterno fuso assorbe questo calore che si aggiunge al
calore prodotto dai materiali radioattivi. Il nucleo esterno è cosi agitato da moti convettivi con velocità di parrecchi
kilometri all’anno che trasferiscono calore alla base del mantello. Qui ci sono moti convettivi più lenti. Alcuni
geofisici credono che dalle regioni più calde alla base del mantello si innalzino dei pennacchi che arriverebbero in
superficie nei punti caldi. I pennacchi portano il calore dal nucleo alla superficie e i moti delle placche sono collegati
cosi ai moti convettivi dell’intero mantello ma con interferenze a causa dei pennacchi.
Altri studiosi credono che ci siano due sistemi distinti di movimenti convettivi nel mantello e i movimento
convettivi del mantello superiore siano la causa dei movimenti delle placche.
© Federico Ferranti S.T.A.
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