SCUOLA POLO ITCS ERASMO DA ROTTERDAM - BOLLATE Laboratorio neo immessi 2016-2017 – “Inclusione sociale e dinamiche interculturali” Relatore Prof. Cassarino Emanuele “L’identità è la nostalgia dell’identico, il tornare nell’indistinto delle origini, il resistere alla proliferazione del divenire storico…” E. De Martino Il modulo formativo che presentiamo in questa sede intende partire dalla problematizzazione partecipata di alcune definizioni la cui valenza epistemologica e teorico-metodologica verrà sottoposta alla verifica di casi studio specifici proposti dal relatore e/o dai partecipanti al modulo stesso. Il tema delle relazioni interculturali in generale e delle specifiche dinamiche osservabili in ambito scolastico, verrà trattato con un approccio interdisciplinare, psico-pedagogico/psico-sociale e antropologicoculturale. Il modulo formativo intende fornire alcuni strumenti interpretativi di una contemporaneità in cui la complessità rischia di diventare inconoscibilità se non indagata con un approccio scientificamente fondato. La scuola non può non riflettere l’andamento demografico, storicoculturale e socio-economico della società nella quale si pone come istituzione e agenzia educativa specializzata. Essa si pone come Istituzione “ acculturativa”1, una istituzione cioè in cui saperi culture e competenze sono chiamati, al fine di mantenersi al passo con i tempi e rinnovarsi in continuità/discontinuità con il passato, a incontrarsi, confrontarsi, ad interagire dialetticamente. I portatori di culture diverse hanno sempre imparato gli uni dagli altri: nonostante contrapposizioni, conflitti e guerre; ciò si è verificato e continua a verificarsi a ritmi crescenti nella macrostoria. E ciò si verifica quotidianamente nelle microstorie individuali e di gruppo che vanno a comporre l’andamento della nostra società, e che hanno un impatto inevitabile sul mondo della scuola. Il seguente vuole essere un glossario orientativo e propedeutico rispetto a un auspicabile successivo approfondimento (vedi bibliografia consigliata). Razza In riferimento alle diverse popolazioni che abitano il nostro pianeta, una concezione che faccia riferimento a razze diverse non è scientificamente fondato, in quanto tutte le popolazioni condividono le stesse caratteristiche fondamentali, divergendo soltanto per una porzione insignificante del patrimonio genetico. La razza è un concetto che in buona o in cattiva fede non distingue tra caratteri biologici innati, come ad esempio il colore della pelle, e acquisiti (storico-culturali e sociali), come ad esempio la lingua. Cultura Scrive Callari Galli : “… davanti alla celebrazione, spesso frettolosa e superficiale, di elementi culturali molto vagamente ricostruiti o di relativismi così assoluti da rischiare l’incomunicabilità, è doveroso ricordare che l’insegnamento più valido delle discipline antropologiche, risiede nel collegamento tra analisi minute che mettono in luce il particolarismo più estremo di questo o di quel gruppo e schemi 1 Nel lessico dell’Antropologia Culturale acculturazione significa incontro / scontro , dialogo /dialettica tra portatori di culture di verse. interpretativi generali, che riconducano questo o quel particolarismo a un livello di significato e di rilevanza che appartenga all’umanità intera…”(Callari Galli, 2005, p 118). Un altro celebre antropologo francese a proposito del concetto di cultura in senso antropologico ci suggerisce: “Innanzi tutto, è evidente che la cultura non implica in sé alcun rifiuto e alcuna incompatibilità fino a che resta cultura, cioè creazione” 2 . Etnia Etnia deriva da “etnos” e può significare anche “popolo” in greco antico. Se non correttamente usato e semanticamente connotato, il termine etnia può assumere una funzione stereotipante, in sostituzione del concetto di razza, per definire un popolo la cui diversità culturale sia erroneamente considerata assoluta e non storicamente condizionata e condizionabile. Il termine etnia può costituire quindi un modo di etichettare che non ha sempre una corrispondenza reale: in moltissimi casi, infatti, le diversità etniche sono state artificialmente costruite ( o ricostruite ex-post attraverso i ben noti processi di “ invenzione della tradizione”), narrate ed imposte, considerate come immutabili, quindi astoriche. Innumerevoli sono e sono stati e a maggior ragione saranno i casi di famiglie, comunità miste e città plurali in cui ormai il dato etnico poteva, può e potrà essere percepito come tendenzialmente irrilevante. Da segnalare come spesso si faccia confusione tra gruppi nazionali di immigrazione ed etnie: ad esempio per quanto riguarda il gruppo di immigrazione costituito dai nigeriani si può parlare in realtà di etnie riferendosi ai popoli (ad es Yoruba, Ibo , Hausa…) le cui storie precoloniali sono andate a formare la Nigeria come Stato amministrativo di concezione moderna, creato dal dominio coloniale e poi resosi indipendente. Etnocentrismo 2 Marc Augè, “La guerra dei sogni”, Milano Eleuthera 1998 (1997), p. 22 Vittorio Lanternari (si veda bibliografia) distingue un etnocentrismo innocuo, percettivo, spontaneo da un etnocentrismo ideologico e patologico: nel primo caso ci si limita a interpretare il mondo a partire dai propri, inevitabili e legittimi condizionamenti culturali. Nel secondo caso, invece, si arriva a teorizzare, ed in certi casi persino a praticare, l’annientamento dell’altro, non riconoscendone la dignità umana, e quindi la capacità di porsi come interlocutore in un confronto tra diversi punti di vista culturali. Tale duplice interpretazione del concetto di etnocentrismo si pone tendenzialmente in contrasto con una concezione relativistica, che può arrivare a considerare le culture come universi separati adottando un approccio culturalistico / differenzialistico. L’identita culturale Ogni individuo sviluppa la propria personalità a partire da una base di senso sociale che ha radici storico-culturali. Marc Augè distingue il senso, di natura eminentemente sociale, dalla libertà, di natura individuale. La cultura è l’universo simbolico dotato di significato che ci consente di riconoscerci in un noi, in una comunità. L’identità culturale non è un dato a priori ma il risultato di una necessaria dialettica con l’alterità, con l’altro, dal quale a contrario si distingue e con la quale si misura comparativamente. Identità plurale L’identità plurale concilia i riferimenti culturali ed identitari di partenza dell’individuo con quelli acquisiti nella successiva vicenda esistenziale. Ci si può “sentire” siciliani, lombardi, italiani, ma allo stesso tempo europei, e persino cittadini del mondo. In questo senso l’identità non è data una volta per tutte, ma si forma, si evolve e si rafforza proprio nel confronto e nel dialogo con gli altri, con la cosiddetta “ alterità”. In caso contrario l’identità acquista un carattere di autoreferenzialità che paradossalmente, ma non troppo, la indebolisce, invece di rafforzarla, poiché la rende funzionalmente incompatibile con la realtà quotidiana, in cui la relazione con gli altri è la norma e non certo l’eccezione. 1. Oltre la crisi del modello multiculturale Il modello multiculturale entra in crisi quando non sussistono le condizioni per una sua maturazione in senso interculturale. Tali condizioni sono legate alle dinamiche di rielaborazione dell’identità culturale, ma anche a fattori quali l’istruzione, la capacità di integrazione dello Stato nazionale in termini di politiche di inclusione e di riconoscimento dei diritti di cittadinanza. Il modello multiculturale non potrebbe che entrare in crisi laddove non vi siano occasioni adeguate di trasformare la mera coesistenza fisica in un territorio da parte di portatori di culture diverse in occasioni di confronto, di dialogo, di crescita civile, a partire dai contesti urbani, scolastici e lavorativi. Piuttosto che di crisi di identità, M. Augè suggerisce di parlare di “crisi di alterità”, per esprimere l’incapacità sistemica di metabolizzare le relazioni con l’altro all’interno di un gioco a somma positiva. “La crisi della modernità” - scrive M. Augè – in cui alcuni vedono una crisi dell’identità, potrebbe invece essere imputata al fatto che uno dei due linguaggi (quello dell’identità) oggi ha la meglio sull’altro (quello dell’alterità). Sarebbe allora più esatto parlare di crisi d’alterità […] ciò che perde la sua armatura simbolica è la relazione con l’alterità, che pure è costitutiva di qualsiasi identità individuale” (M. Augè, “Storie del presente. Per un’antropologia dei mondi contemporanei”, il Saggiatore, Milano, 1997, p 80) La diversità culturale costituisce un valore positivo se viene ricondotta in ultima istanza ad una concezione universalistica dell’agire culturale umano. BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA: Amselle, J.L., “Connessioni. L’universalità delle culture”, Torino, Bollati Boringieri, 2001 (2001), Aime M., “Il mercato come agorà”, in “La città plurale”, a cura di Lorenzo Luatti, Bologna, Emi, 2006 Augè M., “Storie del presente. Per un’antropologia dei mondi contemporanei”, Milano, Il Saggiatore, 1997 (1994), Callari Galli M., “Antropologia per insegnare”Milano, Mondatori, 2000 Dal Lago A., “Non-persone. L’esclusione dei migranti in una società globale”, Milano, Feltrinelli, 1999 Di Cristofaro Longo G., “Identità e cultura. Per un’antropologia della reciprocità”, Roma, Edizioni Studium, , 1993 Habermas J, “L’inclusione dell’altro”, Milano, Feltrinelli, 1998 (1996) Hannerz U. , “La diversità culturale “, Bologna, Il Mulino, 2001 Lanternari V , “L’incivilimento dei barbari”, Bari, Dedalo, 1990 Rivera Annamaria, Renè Gallissot, Mondher Kilani, “L’imbroglio etnico in quattordici parolechiave”, Bari , Dedalo, 2001 Sen A., “Identità e violenza”,Bari, Laterza , 2006 (2006)