DIAGNOSI DI LABORATORIO DELLE MALATTIE INFETTIVE La diagnosi di laboratorio delle malattie infettive si basa sulla evidenziazione del microrganismo o sue frazioni in tessuti o secreti dove normalmente non è presente (diagnosi diretta) oppure tramite la determinazione di una risposta immunologica operata dall’ospite nei confronti di un determinato microrganismo (diagnosi indiretta). In linea di massima i metodi di diagnosi diretta sono più rapidi ed attendibili, quindi da preferire. DIAGNOSI DIRETTA Comprende le seguenti metodiche: Osservazioni al microscopio ottico di preparati a fresco o dopo adeguate colorazioni, ottenuti in genere ponendo o strisciando su un vetrino portaoggetto (direttamente o dopo adeguate preparazioni) sangue, essudati, trasudati, feci, urine, frammenti di cute, unghia, capelli, tessuti etc. Utilizzando gli accessori per il contrasto di fase si possono osservare meglio i preparati a fresco in genere feci ed urine. La metodica del campo oscuro particolarmente utile per la ricerca della spirocheta della sifilide. Possibili ed utilizzati prevalentemente in campo virologico, metodiche che prevedono l’utilizzo di anticorpi coniugati con perossidasi, gli antigeni virali si evidenziaranno come macchie brunastre. Osservazione al microscopio a fluorescenza. Il fenomeno della fluorescenza viene sfruttato per evidenziare alcuni tipi di batteri o protozoi mediante l’impiego di fluorocromi che si legano direttamente alla cellula; più comunemente viene utilizzata l’iimunofluorescenza diretta in cui anticorpi (spesso monoclonali) coniugati alla fluoresceina sono in grado di svelare nei campioni la presenza di determinati microrganismi. Osservazione al microscopio elettronico direttamente o dopo adeguate colorazioni o dopo l’aggiunta di antisieri specifici (immunoelettromicroscopia), è una metodica che nonostante le ottime potenzialità, considerati i costi delle apparecchiature e la necessità di personale addestrato resta confinata a pochi centri. Indagini colturali: emocoltura, coprocotura, urinocoltura, coltura di liquido cefalo rachidiano, di materiali provenienti da aspirati ipofaringei o dei liquidi di drenaggio etc. 1 Nonostante il tempo necessario per la crescita del microrganismo e la complessità delle metodiche, l’isolamento dell’agente eziologico mediante coltura in terreni artificiali, colture tissutali o in animali rappresenta la procedura diagnostica più attendibile. È possibile la coltura non soltanto dei batteri, ma anche dei virus e dei protozoi e dei miceti; in ogni caso sono di fondamentale importanza le modalità ed i tempi della raccolta del campione, nonché eventualmente l’utilizzazione di adeguati terreni di trasporto e di coltura. Sarà il nostro sospetto clinico ad indicare quali campioni coltivare, quali terreni utilizzare, con quale modalità deve essere prelevato il campione etc. Soltanto la nostra attenzione in tali fasi ed eventualmente un colloquio telefonico col microbiologo che riceverà tali campioni saranno garanzia di un risultato attendibile. Da ricordare che una tecnica di prelievo inadeguata può determinare l’inquinamento del campione e che l’antibioticoterapia in atto o recente può determinare la negatività della coltura o ritardare la crescita del microrganismo. Alla coltivazione seguono l’identificazione dei germi sviluppatisi e successivamente le prove di sensibilità ai diversi chemioterapici. Identificazione di antigeni microbici o di porzioni genomiche: per ovviare alla scarsa specificità di molte metodiche basate sull’esame microscopico diretto e alla lentezza delle indagini colturali, sono state messe a punto metodiche che consentono la dimostrazione di antigeni specifici di determinati microrganismi o di porzioni del loro genoma. Per quanto riguarda la dimostrazione degli antigeni, le metodiche sono basate fondamentalmente su tecniche immunulogiche come l’agglutinazione al latex, la controimmunoelettroforesi, l’ELISA, il RIA, etc. Per quanto riguarda il riconoscimento e la dimostrazione di determinate porzioni genomiche, vengono utilizzate metodiche di biologia molecolare: Reazioni di ibridizzazione utilizzando sonde (probes) di DNA che si legano specificamente a determinate porzioni del genoma (precedentemente denaturato) del microrganismo ricercato; le sonde sono marcate con isotopi radioattivi come il 32P oppure con marcatori enzimatici o sostanze luminescenti. La PCR (polymerase chain reaction) permette, una volta conosciuto il genoma di un determinato microrganismo, di evidenziarne la presenza di piccole porzioni anche se presenti in quantità limitatissime nel campione in esame, utilizzando primers specifici per determinate sequenze nucleotidiche da cui avrà inizio la replicazione di uno specifico segmento di DNA, tale operazione verrà ripetuta n volte avendosi una crescita 2 esponenziale del DNA amplificato, tale amplificato viene quindi fatto migrare in un gel di agarosio contente bromuro di etidio e quindi visualizzato al transilluminatore a raggi UV. Più recentemente sono state messe a punto sistemi suscettibili ad automazione che prevedono la visualizzazione dell’amplificato in piastre sfruttando metodiche enzimatiche. DIAGNOSI INDIRETTA Si avvale di metodiche che evidenziano una risposta immunologica nei riguardi del microrganismo sospettato di essere l’agente eziologico della malattia in questione. In genere vengono raggruppati in questo capitolo le tecniche con le quali vengono ricercati gli anticorpi delle diverse classi (IgM, IgG, IgA e IgE) nei liquidi biologici (in genere nel siero), ma dovrebbero essere inserite in questo capitolo anche le prove che evidenziano la formazione di una immunità cellulomediata specifica come le intradermoreazioni (es. tubercolina, leishmanina, etc) o eventuali test di blastizzazione linfocitaria in vitro nei confronti di antigeni specifici. Le metodiche utilizzate al giorno d’oggi sono moltissime ed esula dagli scopi di questo manuale il volere trattarle dettagliatamente e non è sempre vero che le più recenti e costose siano più affidabili di quelle classiche. Per quanto riguarda i test sierologici si ricorda che: la presenza delle IgM indica in genere un contatto recente con un determinato Ag, ma talvolta le IgM possono essere evidenziate nel siero anche fin dopo 6-12 mesi dall’infezione oppure in occasione del risveglio di virus entrati in latenza ponendo non pochi problemi interpretativi; il dosaggio delle IgM è bene che sia accompagnato da quello delle IgG, e una eventuale loro assenza deve far dubitare della specificità delle IgM; l’assenza delle IgM in taluni casi non può escludere un recente contatto con un determinato Ag (soggetti cattivi produttori di IgM); in linea di massima è bene avvalersi di test seriati (almeno due test a distanza di 1520 giorni) per evidenziare un innalzamento del titolo anticorpale (di 4 volte) e la comparsa delle IgG specifiche. Il dosaggio delle IgA specifiche può talora essere d’ausilio per confermare un’infezione recente; 3 Il dosaggio delle IgE specifiche può essere utile nel monitoraggio di alcune malattie parassitarie; Sono stati messi a punto test per saggiare l’avidità delle IgG specifiche nei confronti di determinati Ag (T. gondii, cytomegalovirus), la loro presenza è indice di una infezione avvenuta non recentemente; Nell’interpretazione di un test sierologico è molto importante informarsi se il paziente ha praticato vaccinazioni nei confronti di quel microrganismo e tenere presente le cross reattività esistenti fra numerosi batteri; Quando possibile, è preferibile utilizzare metodiche sierologiche in cui vengano utilizzati come Ag gli stessi microrganismi verso cui si vuole evidenziare una risposta anticorpale, e non Ag cross reagenti (ad es. dovrebbe essere bandita la reazione di Weil-Felix una volta che sono disponibili metodiche in immunoflurescenza indiretta che sfruttano come Ag le diverse rickettsie responsabili dei diversi quadri clinici) Un contatto recente con un determinato microrganismo può essere svelato anche dalla evidenziazione di anticorpi diretti verso antigeni timo-indipendenti che non evocano la formazione delle IgG, e la cui durata è limitata nel tempo (come ad es. l’Ag O dei batteri Gram negativi) oppure verso Ag che vengono espressi precocemente e soltanto durante le prime fasi delle infezione virale (come ad es. l’Ag EA dell’ EBV) Un eccesso di IgG specifiche può talvolta rendere la ricerca delle IgM meno affidabile, problema ovviato con l’utilizzo di ELISA a cattura. Per la diagnosi della brucellosi è bene ricordare il fenomeno della prozona (dovuto ad un eccesso di Ab) e quello degli anticorpi incompleti o meglio bloccanti (Ab che si legano alle brucelle in sospensione con scarsa capacità agglutinante) bisogna diffidare di nuove metodiche e di eventuali kit diagnostici eventualmente commercializzati, ma la cui sensibilità e specificità siano state studiate solo su un numero limitato di campioni; tali metodiche dovrebbero essere sempre affiancate da quelle tradizionali; 4 Altri esami A parte la dimostrazione diretta o indiretta dell’agente eziologico, può essere d’aiuto nella diagnosi differenziale delle malattie infettive la valutazione di alcuni parametri quali le variazioni dell’emocromo, la velocità di eriotrosedimentazione e il dosaggio quantitativo della proteina c reattiva. È chiaro che l’interpretazione di tali parametri deve essere molto critica in quanto variazioni si verificano pure in corso di neoplasie e malattie autoimmuni. Tab. Modificazioni dell’emocromo in corso di malattie infettive Neutrofili Monociti Eosinofili Linfociti Globuli rossi Piastrine Aumentati Infezioni da Gram-positivi, suppurazioni, Sindrome di Kawasaki Diminuiti ascessi, Salmonellosi, tifo addominale, brucellosi, leishmaniosi viscerale, maggior parte infezione virali Leucemia Leucemie, tumori, farmaci mielotossici TBC, brucellosi, endocardite bastterica Infezioni da HIV subacuta, sifilide, leishmaniosi viscerale Alcune neoplasie, malattie granulomatose Infezioni parassitarie Infezioni batteriche, Stati atopici, patologie autoimmunitarie, malattie linfoproliferative, leucemia stress, somministrazioni di corticosteroidi eosinofila Pertosse, brucellosi, TBC, sifilide, epatiti, Infezione da HIV mononucleosi, parotite, infezioni da CMV Tireotossicosi, ipoadrenalismo, colite ulcerosa, malattie immunitarie, leucemia linfoide Pseudopoliglobulia da inspissatio sanguinis in corso di disidratazione Poliglobulia Sindrome di Kawasaki Malattie debilitanti, somministrazione di corticosteroidi e immunosoppressivi Leishmaniosi, infezione da parvovirus B 19, malattie ad andamento cronico, o in seguito a episodi di emolisi complicanza di alcune malattie come la mononucleosi o l’infezione da M. pneumoniae. Neoplasie,. leucemie, anemie Leishmaniosi viscerale, infezioni virali 5