INCONTRO su ‘I nuovi problemi emergenti del castagno: scolitidi e marciume dei frutti’ …………………..questioni di tipo agronomico Cristiana PEANO Dipartimento di Colture Arboree Università degli studi di Torino Sanità del materiale vivaistico Trovandoci in presenza di una malattia fungina a sviluppo endofita è necessario che il materiale vivaistico prodotto e commercializzato nei vivai risulti sano. La lotta al parassita è sicuramente più facile da eseguire in vivaio perché , non essendo le piante in fase produttiva, può essere impiegato uno spettro di principi attivi molto più ampio di quello ammesso e registrato per la coltura del castagno. E’ consigliabile l’alternanza di più principi attivi e l’impiego già in vivaio dei formulati che inducono la SAR.. Vanno rispettate le distanza minime d’impianto. 7 m X 7 m per i castagni ibridi 8 m x 8 m per gli europei Piante che non rispettino le distanze corrette si ombreggiano reciprocamente e creano condizioni microclimatiche del sottochioma che stimolano lo sviluppo delle malattie fungine, quindi anche del marciume. Potatura e gestione della pianta la pianta si ribella a essere allevata in forme costrittive Gli interventi di potatura nelle piante di castagno sono molto limitati e si concentrano, soprattutto, nei primi anni di crescita della pianta allo scopo di favorire una formazione equilibrata della chioma. La produzione del castagno è concentrata sulla superficie esterna della chioma: la distribuzione uniforme della luce all’interno della chioma è, quindi, premessa indispensabile per ottenere una costante produttività. La pianta di castagno si dimostra tanto più produttiva tanto più è esaltata la sua crescita vegetativa. Questo implica che non è necessario e risulta controproducente intervenire con spuntature e accorciamenti dei rami allo scopo contenere lo sviluppo vegetativo del castagno in taglia ridotta. La pianta di castagno deve essere libera di svilupparsi in altezza. Gli ibridi euro giapponesi non producono piante di castagno di taglia ridotta (nane o comunque di piccola taglia). Una pianta di Bouche de Betizac di 30 anni è alta 16 / 17 metri. Nelle piante in produzione le branche laterali, nel curvarsi verso terra sotto il peso dei frutti, creano ostacolo agli operatori nello svolgimento delle pratiche colturali (falciatura dell’erba, raccolta manuale o meccanica dei frutti); La presenza dell’impalcatura di branche fruttifere ad altezza d’uomo, oltre a non offrire vantaggi produttivi, rende la parte basale del tronco della pianta più facilmente soggetta ad attacchi del fungo agente del cancro corticale per effetto dell’ombreggiamento della chioma soprastante e delle condizioni di elevata umidità relativa che l’ombreggiamento comporta nel sottochioma. Un’osservazione in campo mostra che gli attacchi di Coleotteri Scolitidi sono più frequenti alla biforcazione di un ramo laterale dove avviene naturalmente un rallentamento del flusso linfatico. Piante impalcate a 2,00 metri d’altezza e prive di rami laterali ad altezza inferiore sono meno soggette agli attacchi di Scolitidi. Per questo motivo, sulle piante in fase di allevamento, si opera in modo da favorire la formazione della prima impalcatura ad un’altezza superiore ai 2,00-2,50 metri. Ciò si ottiene eliminando con taglio rasente l’asse centrale tutti i rami dell’ anno sviluppatisi al di sotto dell’ altezza prescelta e lasciando integro il prolungamento dell’asse. Il criterio è: dove arriva la luce diretta del sole non vi sono attacchi di Chryphonectria perché i raggi UV inattivano le spore e non c’è persistenza di velo di bagnato necessario a far germinare i conidi. QUANTA ACQUA? Il castagno richiede per la sua crescita il supporto di precipitazioni piovose medie annue non inferiori ai 700 mm A titolo indicativo, gli interventi irrigui devono essere previsti nel periodo compreso tra la metà di maggio e la metà di settembre. La cadenza degli interventi va valutata in base al 1 - natura del terreno terreno compatto- interventi più dilazionati terreno sciolto – interventi più frequenti 2 - età della pianta piante giovani (1-5 anni) richiedono bagnature più frequenti e minor volume d’acqua per intervento (10-30 litri/pianta). piante adulte mostrano capacità di resistenza all’asciutto più prolungate, ma reclamano volumi d’acqua nettamente più cospicui per la maggior espansione dell’apparato radicale (200-300 l d’acqua/pianta). COME DISTRIBUIRLA? Le piante nelle fasi giovanili di crescita prediligono forme di distribuzione localizzata dell’acqua ( ala gocciolante, microaspersori), mentre nella fase adulta il castagno si avvantaggia di sistemi tradizionali di irrigazione a scorrimento superficiale. Per prevenire lo sviluppo di pericolose malattie fungine a carico dell’apparato radicale si deve predisporre l’irrigazione in modo tale che la base del tronco della pianta non sia direttamente lambita (irrigazione a scorrimento) o irrorata (irrigazione localizzata per aspersione) durante la distribuzione dell’acqua. Non c’è alcuna evidenza sul fatto che la presenza o meno dell’irrigazione influisca sull’andamento dell’infezione del marciume dei frutti. Si sono registrate elevate percentuali elevate di frutti marci sia in castagneti irrigui, sia in castagneti in asciutta. L’irrigazione localizzata potrebbe manifestare un duplice vantaggio: 1. creare aree di bagnato di superficie inferiore rispetto a quelle generate dall’irrigazione a scorrimento superficiale e , quindi, non aumentare ulteriormente il coefficiente di umidità relativa dell’aria; 2. essere utilizzata per la fertirrigazione e , di conseguenza, essere utilizzata per convogliare i prodotti che stimolano la SAR (resistenza sistemica acquisita) e i fungicidi per via radicale (assorbimento più rapido ed efficace). Controllo delle infestanti E’ da sconsigliarei l’uso del decespugliatore se la parte bassa del tronco non è adeguatamente protetta perché il suo uso porta a lacerazioni della corteccia che favoriscono il diffondersi del cancro corticale. L’inerbimento naturale o controllato del frutteto di castagno è la scelta agronomica più semplice ed economica per la gestione della coltura •sfalcio periodico del manto erboso quando questo superi i 20-30 cm in altezza; •trinciatura meccanica dell’interfilare associata allo sfalcio manuale alla base della pianta; •impiego del disseccante sistemico GLYPHOSATE lungo la fila e nei solchetti irrigui associata alla trinciatura (o allo sfalcio) dell’interfilare. La presenza dell’erba alta attorno al ceppo della pianta di castagno prolunga il tempo di permanenza della rugiada e dell’umidità a livello del suolo, crea le condizioni di umidità e ombreggiamento che predispongono le infezioni di cancro corticale nelle parti basali del fusto, offre riparo ad una particolare entomofauna che può arrecare grave danno alle giovani piante. La concimazione. Questa pratica riguarda sia i frutteti di castagno, sia i boschi di castagno da frutto. La concimazione va effettuata una sola volta l’anno. Può essere eseguita nel tardo autunno oppure nel tardo inverno (marzo-aprile) Può avvenire in un’unica somministrazione oppure con somministrazione frazionata. ESEMPIO DI CONCIMAZIONE IN PERIODO DI FINE INVERNO Piante in fase di allevamento ( da 2 a 6 anni). Si può distribuire un concime composto ad elevato contenuto di azoto, tipo 20-10-10. La dose di impiego per pianta varia da grammi 400-500 alla fine del I° anno fino ad arrivare a grammi 1.500 al V*- VI* anno di vegetazione. La distribuzione deve avvenire secondo un raggio crescente che segua la crescita della chioma della pianta: si parte da una circonferenza di un metro di raggio (2° anno) fino ad arrivare a tre metri di raggio (6° anno) attorno al ceppo. • Piante in fase di produzione (dopo il 7° anno). Va distribuito un concime complesso tipo 15-9-15S+2MgO. Ii fertilizzanti vanno impiegati alla dose di kg 500 per ettaro, corrispondenti a 2,5-3 kg per pianta. • Concimazione di piante isolate: la dose di impiego è di 5-6 kg di concime complesso distribuiti per un raggio di 5-6 metri attorno al ceppo • La concimazione organica va ripetuta ogni due–tre anni in alternanza con quella minerale che va, invece, eseguita annualmente. • • Evitare concimi organici ad elevata concentrazione azotata e da allevamenti intensivi. Sterilizzano il terreno e limitano la microfauna utile. • Non è consigliabile eseguire la sola concimazione organica ripetuta negli anni: la spinta vegetativa indotta dall’azoto non compensata da un adeguata somministrazione di fosforo e potassio aumenta la sensibilità alle malattie fungine. • Indicazioni positive sembrano emergere dall’uso di calcio come parziale ammendante dei terreni castanicoli. Il prodotto consigliabile è il LITOTAMNIO, ammendante con il 40% di Calcio (+ 3 MgO) dalla micronizzazione di alghe dell’Oceano Atlantico e quindi organico e biologico. Le dosi consigliate sono di 1 quintale/giornata piemontese (2,50 quintali/ha). • I concimi minerali sono Sali: come tali tendono a sciogliersi con l’umidità ceduta dal terreno e penetrare in profondità attraverso il flusso idrico del suolo (l’acqua tende a trascinare i sali negli orizzonti sottostanti interessati dalla presenza delle radici). Non è necessario interrare i fertilizzanti con le lavorazioni superficiali del terreno. Le lavorazioni del terreno possono risultare molto pericolose perché determinano la rottura dell’apparato radicale della pianta che è localizzato alla profondità di pochi centimetri e creare i presupposti per attacchi di Phythophtora all’apparato radicale • Nella fertilizzazione minerale del castagno non si devono impiegare i concimi a reazione alcalina: Nitrato di Calcio, Scorie Thomas, Calciocianamide (rischio clorosi ferrica) • Nel caso il castagneto sia collocato su terreno di limitata fertilità e con scarsa, o nulla, dotazione irrigua è consigliabile aumentare la disponibilità di sostanza organica che può essere distribuita in varie forme: • letame maturo ( 30-40 kg /pianta adulta) • guano naturale del Cile (10-15 kg/pianta adulta) • concime organico pellettato (10-15 kg/pianta adulta) • compost di propria produzione ottenuto dai residui vegetali (20-25 kg/pianta adulta) Lo scopo è quello di migliorare le caratteristiche chimico- fisiche del suolo apportando al contempo elementi nutritivi ( azoto, fosforo, potassio, microelementi) in forma estremamente assimilabile, sia a breve, sia a lenta cessione. Nel caso del letame e del Guano si rende’ necessaria un’ulteriore integrazione con solfato potassico 50/52 alla dose di 1 kg per pianta. Massa vegetale residuale della coltura Nei residui della coltura possono mantenersi le spore delle varie patologie fungine. Questa constatazione sembrerebbe fornire l’indicazione della necessità di rimuovere tutti i residui dal campo per diminuire la capacità d’inoculo dell’agente patogeno. Ma vi sono alcune remore nell’attuare questo progetto. •Reperibilità di aree idonee alla distruzione col fuoco di tutta la massa organica (con relativa necessità di autorizzazioni forestali etc.) •nei frutteti tradizionali di castagno l’unico apporto di sostanza organica è offerto dal deposito delle foglie e dei ricci vuoti che cadono al suolo in autunno •l’elevato rischio d’incendi in periodi siccitosi; •alcune varietà (Bouche de Betizac) si caratterizzano per la presenza dei ricci sulla pianta anche una volta ultimata la raccolta. L’inoculo si manterrebbe comunque all’interno di detti ricci rendendo inutili i lavori di pulizia del terreno; Per non sottrarre al castagneto il prezioso apporto nutritivo offerto dai residui stessi della coltura, si prospettano le seguenti soluzioni: • mantenere il deposito di ricci e foglie presenti sul terreno, • facilitarne la disgregazione attraverso la trinciatura meccanica; • irrorare la massa trinciata con soluzioni acquose di urea o con fertilizzanti azotati semplici (solfato ammonico) nel periodo autunnale successivo alla raccolta; • promuoverne la raccolta in masse di compostaggio in cui il fogliame è intervallato con strati di terra o letame. Il compost così prodotto potrà essere successivamente ridistribuito all’interno del castagneto Protezione dal danno da gelo Le lesioni da gelo si manifestano pochi giorni dopo l’evento dannoso come inscurimenti e depressioni nerastre della corteccia cui segue frequentemente l’emissione di essudati che alla presenza dell’aria si ossidano e assumono una colorazione bruno scura- nerastra. Il danno è spesso irreversibile, tende ad estendersi a tutta la circonferenza del tronco e la pianta secca. Laddove il danno si mostri localizzato a settori della corteccia, la pianta può essere in grado di riprendersi, ma cresce stentatamente. E’ in questa fase di debolezza che avvengono i temibili attacchi degli Scolitidi che approfittano della ridotta pressione linfatica per instaurarsi sulla pianta sofferente. La protezione della parte basale delle giovani piante deve avere le seguenti caratteristiche: •Deve essere costituita in materiale idrofugo: se si inumidisce e gela formerà un anello ghiacciato attorno all’area di fissaggio alla pianta che amplificherà il danno (quindi, non sacchi di juta , carta, cartone, paglia) •Deve possibilmente essere di colore bianco per riflettere i raggi del sole e evitare che vi sia un’eccessiva escursione termica tra la faccia assolata e quella in ombra (nelle giornate fredde con cielo sereno). •Deve avvolgere la pianta senza toccare la corteccia (le soluzioni di continuità tra la protezione e la corteccia creano aree preferenziali di deposito d’acqua che può gelare); •Soluzioni comunemente adottate. Spennellature di calce spenta e Vinavil 10%, polistirolo, mastici riflettenti. RACCOLTA •curaree pulire preventivamente il terreno all'interno del castagneto, onde migliorare la reperibilità dei frutti e dei ricci caduti a terra (soprattutto in caso di raccolta a mano); • evitare di forzare la cascola attraverso la bacchiatura degli alberi; • procedere a una raccolta tempestiva (giornaliera se possibile) dopo la cascola. Oltre al pericolo di essere preda di roditori e ungulati, per le castagne esiste infatti un alto rischio di infezione fungina o di progressivo disseccamento, soprattutto in caso di temperature elevate e bassa umidità relativa (DELATOUR e MORELET 1979; BREISCH 1995); • evitare ferite ai frutti durante la raccolta: in certi casi anche un minimo danno, come la rottura della torcia, può costituire una via di penetrazione privilegiata per le infezioni fungine (MONARCA et al. 2002) • allontanare anche i frutti non utilizzabili (frutti immaturi, vani, bacati o di piccolo calibro), i ricci e la lettiera. Questa misura profilattica contribuisce a minimizza- re la presenza di inoculo fungino e di larve di insetti carpofagi nel castagneto. Osservazioni effettuate su otto alberi campione all’interno dello stesso castagneto, durante la raccolta 2003, hanno infatti evidenziato che il 59% dei frutti vani o di piccolo calibro era infestato da balanino o da tortrice tardiva. CONSERVAZIONE CI SONO ALTERNATIVE ? TENORI ELEVATI DI ANIDRIDE CARBONICA