CAPITOLO I
“Ai margini della grande storia da Cluviae a Casoli ”
CLUVIAE, un profilo storico.
Tracciare un profilo storico di Cluviae anche se solo con spirito amatoriale,come mi accingo
a svolgere, significa non fare a meno di ridisegnare a monte la traccia di quel villaggio sannita
individuato tra l’Aventino e Selva Romana che ha attirato l’interesse di diversi studiosi italiani e
stranieri.
L’insediamento romano di CLUVIAE, individuato e scoperto nel 1885 dall’archeologo Giulio De Petra, nostro concittadino emerito, già sovrintendente agli scavi nazionali di Ercolano e
Pompei, è stato scoperto con tale toponimo solo nel 1966 dal prof. Adriano La Regina, archeologo
e al tempo sovrintendente agli scavi di Roma, a conclusione di uno studio approfondito supportato
da storici e geografi latini e greci nonché da ricercatori locali, studio evidenziato con motivazione
del 21.O6.67 all’ACCADEMIA NAZIONALE DEI LINCEI. Nello stesso periodo, il prof. Nicola
Fiorentino, sotto la guida dello stesso La Regina, conduceva una particolareggiata campagna di
ricognizione dei reperti archeologici esistenti a Piano La Roma sul sito individuato; i risultati di
quella ricognizione furono tenuti ben presenti da La Regina e vennero pubblicati nella rivista
“Archeologia”, n°36, novembre-dicembre 1966, pp. 304-308.
La svolta che ha dato soluzione all’identificazione della città sannitica è data dal
ritrovamento di una “tabula patronatus”, redatta nell’anno 384 d.C. per conto dei “ Cluvienses
Carricini “.
La lastra di bronzo, ( vedi tav. 01 ) con scritta, rinvenuta a S.Salvo, località Bufalara, che
mostra l’incisione di un decreto dell’assemblea municipale di Cluviae per il conferimento del
patronato ad AURELIUS EVAGRIUS HONORIUS e che menziona i Cluvienses Carricini, altro
non è che un atto ufficiale trascritto su una lastra bronzea. Normalmente questi documenti venivano
redatti in due copie originali perché una restasse nel “ municipium” e l’altra consegnata al titolare
dell’investitura. I reperti recuperati sono questi ultimi, poiché gli archivi pubblici, ovunque
venivano sistematicamente devastati.
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Possiamo supporre con ragionevole certezza, in considerazione del ritrovamento, l’esistenza
di una proprietà allora posseduta da Aurelio Evagrio in quel di S.Salvo e non è una coincidenza che
proprio in località Bufalara sia presente una grossa comunità casolana proveniente da tempo proprio
dalla contrada “Laroma” di Casoli.
La tabula, in buone condizioni, è ora conservata presso il museo dell’Abruzzo Bizantino e
Altomedievale del comune di Crecchio (Ch).
L’ulteriore prova dell’esistenza di CLUVIAE dei CARRICINI è documentata da un cippo
commemorativo, databile intorno al II secolo d.C., rinvenuto nell’area forense della città di Isernia
in data non precisabile e collocato attualmente nell’atrio della chiesa di Santa Maria delle Monache.
Il monumento venne eretto per volontà della popolazione in onore di Flavio Celere
dell’ordine equestre; la scritta che indica il magistrato “curator del municipio di Saepinum”, poi di
“Cluviae dei Carricini ” è più che indicativa.
Il cippo con relativa scritta, realizzato in pietra calcarea, misura 123 x 69 cm., si presenta in
ottimo stato di conservazione e ne risulta solo parzialmente rotta la metopa d/s. (vedi tav.02)
In conseguenza di quanto sopra ed a conclusione della ricostruzione elaborata da A. La
Regina, salvo la sussistenza del dubbio sulla esatta indicazione dei confini tra i vari distretti,
l’assetto generale della distribuzione dei municipi carecini e pentri è stato definitivamente
individuato e il municipio di Cluviae, va localizzato tra quelli di ANXANUM e di JUVANUM
(vedi tav. 03).
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L’area d’interesse archeologico, situata quasi interamente nel comune di Casoli e solo in
parte nel territorio di Palombaro, si articola sostanzialmente lungo l’asse NORD-EST/SUD-OVEST
e va dai piedi della Maiella, a quota 512 di “pisavini”, al piano Aventino quota 195 di Piano la Fara,
a latitudine 42°07’43” nord e longitudine 14°15’55” est.
Il sito si estende su un piano ora denominato “ Piano della Roma” confinante a nord con il
territorio del comune di Guardiagrele ed a sud con quello di Palombaro.
L’intera area è interessata da un lato dal bacino idrologico del fiume Avello SUD-OVEST,
dalla parte opposta NORD-EST dal bacino del torrente Laio e dalla parte fronte verso Casoli dal
fiume Aventino. (vedi tav. 04 )
Delle diverse ipotesi finora formulate su Cluviae, D.ROMANELLI in “Scoverte patriae”
(1809) sostiene che i resti del villaggio nel piano della Roma potrebbero risalire a ROMULEA ,
città frentana distrutta, secondo Tito Livio, per rappresaglia dal proconsole P.Decio Mure nel 299
a.C. Alla rappresaglia avvenuta durante la guerra sannitica seguì il restauro dell’insediamento al
quale fu attribuito il nome di Roma.
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T. Mommsen invece, in “Inscriptiones”(1883) cita alcuni frammenti di epigrafi e sostiene
che potrebbe trattarsi di un “municipium” o, in sottordine, di un “vicus” o di un “ pagus urbanus”;
precisa inoltre che uno dei reperti, in particolare una lapide, farebbe coincidere l’antica Romulea
con l’attuale abitato di Palombaro.
G. DE PETRA, su “notizie di scavi” 1895, scrive testualmente : “ L’appellazione la Roma,
non essendo di data recente, induce a ritenere che il luogo si sia chiamato primitivamente Roma,
nulla infatti vieta di credere che gl’Italici, i quali posero ivi stanza, pieni di entusiastica
ammirazione per Roma, abbiano dato quel nome al loro gruppo di case e chiamato Aventino il
fiume” ed ancora “quando ai Frentani fu data la cittadinanza di Roma, questa non permise che
altri usurpassero il suo nome e impose un nome nuovo PAGUS URBANUS, il quale però non
arrivò a far dimenticare il nome precedente che dura tutt’oggi”.
Il Renzetti, infine, attribuisce all’insediamento una origine etrusca e colloca il sito a circa
tre miglia da Lanciano nel comune di Mozzacrogna.
Si conferma che CLUVIAE, nel IV secolo a.C., era un “ oppidum” sannitico e possiamo
supporre che l’origine dello stesso possa risalire alla seconda metà del V secolo a.C.; certamente
con la guerra sociale 89 a.C., al concludersi del processo così detto di “romanizzazione” iniziato già
dal III secolo a.C., la città venne ristrutturata e sottoposta alla legislazione romana. Il governo
romano vi istituì probabilmente una colonia di veterani per consentirne lo sfruttamento agricolo e
contemporaneamente, in considerazione della sua posizione strategica, posta tra la montagna e il
mare, per consentirne sicurezza. L’insediamento, divenuto di seguito un “municipium”, restò tale
per diversi anni. Già durante la repubblica, il municipio era un’importante comunità cittadina legata
a Roma ma priva dei diritti politici propri dei cittadini romani; si distingueva così dal federato che
conservava la propria sovranità e dalla colonia. Con l’estensione della cittadinanza a tutti i popoli
della penisola (212 d.C.), l’istituzione municipale perderà la sua condizione particolare.
Nella maggior parte dei municipi vi erano uno o più magistrati i quali godevano di ampia
autonomia amministrativa; il “municipium”, in età medievale e nella moderna storia, coinciderà con
l’istituzione comunale.
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Durante la seconda guerra sannitica, la guarnigione romana che presidiava la città appena
occupata, fu assediata e costretta alla resa per fame da forze belligeranti sannite; grazie allo storico
romano Tito Livio, sappiamo che Roma, in quella occasione, nel 311 a.C., inviò delle truppe nei
pressi di Cluviae per rappresaglia e per impedire che gli Etruschi, nemici di Roma, potessero
congiungersi ai Sanniti per riunire le loro forze. Le truppe erano guidati dal console C. Giunio
Bubulco Bruto, il quale, nel corso della ‘interminabile’ guerra, fu varie volte sconfitto proprio in
quelle vicinanze. Cluviae, infine, dovette arrendersi ed i suoi abitanti adulti furono passati per le
armi.
Nel 269 a.C., un certo ‘Lollio’ organizzò la rivolta dell’intero popolo“ carecino” contro i
romani ma la ribellione si concluse malamente, con la violenta repressione e l’uccisione di tutti i
capi con la conseguente ‘vendita’ dei ribelli come schiavi.
Il territorio di Cluviae, situato tra i Carecini e i Marrucini, apparteneva alla IV^ regione
romana “Samnium” e sotto l’imperatore Adriano nel 138 d.C. divenne parte della provincia Valeria,
collegata a Roma con la via Claudia-Valeria e, ancora oggi, il vecchio percorso coincide grosso
modo con la statale Chieti, Popoli, Avezzano, Roma.
Cluviae andò progressivamente decadendo col tramonto del dominio romano in Occidente.
Dopo la caduta dell’Impero e gli scontri tra Goti e Greci, presumibilmente tra la fine del
quinto e il sesto secolo, forse anche a causa di un evento distruttivo, Cluviae cessò di esistere come
toponimo, sul sito inoltre, non risulta fondata alcuna chiesa che conservi nel suo nome traccia del
toponimo, contrariamente a quanto normalmente accadeva alla quasi totalità degli insediamenti
romani.
Della sua esistenza non si ha più alcuna notizia certa dopo l’anno 383, la zona deve essere
rimasta scarsamente abitata per l’intero medioevo e obiettivamente, ci saranno delle diverse
concause che possano averne determinato il declino quali: l’indebolimento del ceppo biologico; le
scorrerie e le devastazioni subite nel periodo delle invasioni barbariche; le epidemie; l’inesorabile
degrado del sito dovuto ad assestamenti idrogeologici nonché smottamenti e frane che ne causarono
il degrado ambientale.
La repentina scomparsa del toponimo resta un problema irrisolto, il nome non si ripete in
nessun altro posto d’Italia, nemmeno trasformato, esattamente come è accaduto per Juvanum; si può
supporre perciò che i due toponimi fossero fortemente legati alla Roma imperiale come municipi
particolari e che scompariranno inesorabilmente con la rovina dell’impero stesso e, nel tempo,
resteranno solo notazioni storiche.
Fra il 459 e il 425 a.C., Roma aveva inglobato il popolo latino ed estese a seguire il suo
dominio su tutta l’Italia peninsulare, dalla pianura padana alle città meridionali, soggiogando: i
Sanniti dal 343-304 a. C.; la Magna Grecia 280-272 a.C.; Etruschi Sabini e Umbri 264 a.C.; la
Gallia padana 241-222 a.C. e la Gallia Transalpina 125 a.C.
Nel 27 a.C. venne eletto console a tempo indeterminato e nominato dal senato “Augusto”, e
di fatto, tutto il potere politico, militare e religioso, si concentrava nella sola persona del principe.
L’impero di Augusto, oltre a rappresentare il passaggio dalla Roma repubblicana a quella
imperiale, inaugura due secoli caratterizzati dalla “pax romana”, così detta perché dopo una
secolare storia di guerre e di conquiste, uomini e popoli potevano finalmente muoversi da un capo
all’altro dell’impero lungo uno straordinario sistema integrato di strade e rotte marittime. Il sistema
aveva come centro propulsore il mar Mediterraneo intorno al quale fiorivano città e mercati.
Possiamo immaginare che già allora le abitudini quotidiane, gli stili di vita e gli ideali nascevano
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dal fatto che si viveva come oggi, in un mondo globalizzato anche se allora limitato al solo bacino
mediterraneo.
I Romani costruirono città ovunque, anche nella estrema periferia, e, questo felice periodo,
coincide verosimilmente con la ricostruzione di Cluviae e il suo momento storico più significativo.
Alla morte di Augusto, avvenuto il 14 d.C., si susseguirono nell’ordine i seguenti
imperatori: Tiberio (14-37); Caligola (37-41); Claudio con ritorno all’equilibrio fra principe e
senato (41-54); Nerone col dispotismo (54-68); Vespasiano (69-79); Tito col ritorno all’autorità del
senato (79-81); Domiziano con la nuova svolta assolutistica (81-96); Nerva (96-98); Traiano (98117), con lui l’impero raggiunse la massima espansione; Adriano (117-138), con lui iniziative
culturali e opere pubbliche; Antonino Pio, con lui provvedimenti a favore dei poveri (138-161);
Marco Aurelio (161-180); Commodo (180-192), con lui ritorno al dispotismo ed alla instabilità
politica.
Le ricerche condotte dalla Soprintendenza Archeologica testimoniano la vitalità
dell’insediamento fino al IV secolo d.C. E’ probabile che, col peggioramento irreversibile delle
condizioni di vita, gli abitanti iniziarono ad abbandonare il sito originario già nella prima metà del
V secolo, spostandosi nelle aree limitrofe a monte e più vicine: Guardiagrele, Palombaro,
Pennapiedimonte, Piano la fara, Fara S. Martino e Casoli.
Solo più tardi, tra il IX e X secolo, i residui insediamenti agricoli assunsero in loco il nuovo
nome di “castrum Laroma” e “castrum Caprifico”, contemporaneamente anche il castro di
“Casule” si sviluppava oltre il fiume Aventino nell’area settentrionale della collina.
La città di Cluviae, sorta nel territorio dei Carecini su un villaggio fortificato preesistente, si
sviluppa su una lunghezza di 870 metri e con un perimetro di 1560 metri (vedi tav.05 ).
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Confrontata con l’antica Isernia, lunghezza 870 metri e perimetro 2000 metri e con l’antica
Sulmona, lunghezza 450 metri e 1500 metri di perimetro, ci si rende conto che si tratta di un
discreto insediamento e, certamente, con una realtà diversa da quella di un semplice “pagus” o di un
“vicus”.
La città, situata a 316 metri s.l.m., è di origine “carecina” con civiltà e cultura già italica;
la sua presumibile data di fondazione viene individuata tra il V e IV secolo a.C.
Esaminando attentamente la ricostruzione planimetrica che disponiamo dell’insediamento e
la sua ubicazione, possiamo fare due considerazioni: 1) la città è stata strutturalmente ricostruita su
un sito preesistente poiché, se fosse stata impostata ex novo dai Romani, avrebbe avuto una pianta
quadrangolare, infatti tutte le città impostate dai Romani avevano tale forma e normalmente
ricalcavano lo sviluppo del “castrum”, l’accampamento militare (vedi tav. 06 ); 2) il versante sudovest esposto sul bacino idrologico dell’Avello come il lato nord-est sul torrente Laio e quello
sud sull’Aventino, appaiono morfologicamente notevolmente degradati, vedi curve di livello, si può
immaginare quindi, come la città abbia subito nel tempo notevoli frane e smottamenti dovuti alle
erosioni fluviali.
Si può ipotizzare che gran parte del nuovo
insediamento urbano romano, tutto a ridosso
delle mura della precedente fortificazione sannita, sia
degradato in conseguenza dell’evoluzione idrogeologica dei tre bacini fluviali.
Al degrado complessivo, sembrano sfuggire
solo le due necropoli a monte; ciò sarebbe confermato
dal fatto che molti reperti siano stati trovati a valle e
provengano dal Piano la Fara e da Laroma di sotto.
Nella pianificazione urbanistica romana, sia
esso municipio, colonia o accampamento militare,
la viabilità principale era assicurata da una strada con
orientamento est-ovest che attraversava e divideva
l’abitato in tutta la sua estensione; tale arteria era
indicata come il DECUMANO (decumanus);
naturalmente venivano previste vie parallele ad essa,
più strette e meno importanti, i decumani minori. Il
decumano principale veniva indicato come Decumanus
Maximus, questo incrociava perpendicolarmente il
cosiddetto Cardo Maximus, l’altra grande strada
principale. Il foro della città normalmente si trovava
all’intersezione tra il Cardo Maximus e il Decumanus Maximus. Il decumano normalmente
collegava due porte dell’accampamento: la Pretoria più vicina al nemico e la Decumana.
Nel caso di Cluviae, proprio perché si tratta di un insediamento romano riadattato su una
struttura preesistente, l’orientamento del “Decumano” non coincide esattamente alla direzione
EST-OVEST ma SUDEST-NORDOVEST, osservando lo schema planimetrico in relazione alla
ubicazione ed al contesto generale, la via principale “decumana” non poteva essere che l’attuale
strada comunale collegante il piano Aventino fino alla montagna di Pennapiedimonte, strada che
corre in parte lungo il ciglio di Piano Laroma e che attraversa l’intero sito archeologico.
Sicuramente esistevano decumani minori in rapporto al massimo; oggi, purtroppo, essi non
sono più individuabili a causa del degrado ma potrebbero essere agevolmente localizzati
continuando gli scavi.
Il cardine “cardo”, al contrario, era una via che, in linea di massima, correva in direzione
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contraria NORD-SUD basato sempre su uno schema urbanistico ortogonale e suddivideva il tessuto
urbano in isolati quadrangolari uniformi, in particolare per le fondazioni coloniali.
Nella centuriazione romana, infatti, il termine cardo veniva utilizzato per indicare una
delimitazione in senso NORD-SUD, tuttavia l’orientamento dell’allineamento per attestare la
centuriazione, poteva essere modificato in presenza di una grande via di comunicazione preesistente
o di un importante elemento geografico, come il corso di un fiume. Nel nostro caso
siamo in presenza dei due elementi che confermerebbero ciò, una importante strada e il fiume
Avello; dalla documentazione nota e dall’interpretazione delle foto aeree risulterebbero tracce della
centuriazione, tecnica con cui la terra veniva assegnata ai coloni ed ai veterani, dal “Liber
Coloniarum” si ricorda la distribuzione di terre avvenuta in seguito ad una legge Julia.
Il cardine, incrociandosi col decumano, formava il “Templum” ad imitazione del cardine
degli DEI imperniato sul polo nord “cardo caeli”, perciò l’incrocio tra le due strade costituiva
il cuore politico, amministrativo e produttivo della città, nonché il luogo di culto. (vedi tav. 07 )
Per quanto è possibile interpretare, nel complesso urbanistico di Cluviae, il “cardo”
dovrebbe essere individuato in prossimità del teatro indicato in planimetria ed oggi in prossimità del
caseggiato “Pietropaolo”, in particolare nella scarpata situata ad ovest del teatro, si trova interrato
un pavimento a mosaico localizzato e fotografato nella campagna di scavo del 1967.
Il muro di contenimento del proscenio del teatro che ancora resta (vedi tav.08), occupato da
un edificio rurale, permette di individuare una via di accesso dalla via dei Gentili, dove erano situate
le terme e evidenzia una cortina realizzata in opera reticolata.
Tratti delle torrette di pianta quadrata si conservano, in prossimità delle porte di accesso alla
città, a ridosso delle mura perimetrali.
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Domenico Di Marco, studioso ed autore del
saggio “Un villaggio chiamato Roma”
sostiene questa ipotesi: “ evidentemente si
tratta del pavimento di un edificio pubblico o
di un tempio, che sembrerebbe un po’
decentrato, ma invece sta nel posto giusto,
tale strada conduce al piazzale, sul cui
margine c’è un mucchio di macerie (come ce
ne sono tanti in giro) nel quale furono trovati
e fotografati pezzi di colonne e un piede
scolpito, probabile sostegno di un’ara o
d’altra opera, posta nella piazza o foro; la
traversa, inoltrandosi verso nord, sembra che
vada a corrispondere al rudere di una porta
“settentrionalis” sepolta dal groviglio della vegetazione; il piazzale, inoltre, situato lungo il
“cardo” è ricco di elementi pregiati, col teatro nei pressi, confermerebbe l’ipotesi della struttura
romana dell’insediamento”.
Della probabile strada decumana, è ancora visibile un tratto di muretto in reticolato romano,
vedi (tav.09).
Nel descrivere i fatti bellici del 311 a.C., Tito Livio parla di Cluviae come di una città con
mura. Secondo il prof. La Regina, all’antico nucleo si poteva accedere almeno mediante cinque
porte, due delle quali ancora conservate in parte con torri a basi quadrate sul lato fronteggiante
l’Avello.
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Finora è stato possibile rintracciare parzialmente l’ubicazione delle mura poligonali di
recinzione dell’originale insediamento, individuabile per alcuni tratti, anche in altezza; sul
versante EST si conferma la presenza di un ex-teatro mimetizzato da recenti costruzioni, ma ancora
rintracciabile nel suo sviluppo planimetrico, la cavea del teatro é orientata a NORD e ne resta solo
parte del muro di sostegno; ciò si spiega nel fatto che gli spettacoli venivano organizzati nel primo
pomeriggio e gli spettatori mostravano le spalle al sole mentre la luce investiva la scena.
Poiché i primi teatri in muratura si cominciarono a costruire sotto Pompeo tra il 50 e il 60
a.C., è possibile risalire alla presumibile data di costruzione del teatro di Cluviae, tra il I secolo a.C.
e il I secolo d.C.
Lungo la via dei Gentili, nel caseggiato Ranieri, si trovano le terme; fuori le mura
perimetrali della città, esse si possono individuare attraverso alcuni resti esterni in opera reticolata
in pietra (vedi tav.10 e tav.11 come ridisegnata).
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I ruderi sono stati successivamente riutilizzati per costruzioni a servizio delle attività
agricole; l’elemento artistico più importante in loco è dato da un pavimento a mosaico a vivaci
colori ormai non più visibile, ma secondo la testimonianza di anziani agricoltori, sino alla fine del
XIX secolo, si poteva ammirare nella sua interezza.
In zona, oltre le mura e l’abitato di Palombaro; a ridosso della Maiella sopra “Coste
Manganelle” è visibile una costruzione arroccata, oggi grotta S.Angelo; in parte di essa è
individuabile una vecchia struttura sannitica romana su cui è rielaborato un volume
architettonicamente normanno.
Si può immaginare che la parte più antica sia stata utilizzata dai Cluviensi come torre
d’avvistamento o tempietto. (vedi tav. 12)
Per avere un quadro più esauriente della posizione geografica di Cluviae, si veda il sito
archeologico in riferimento a Casoli, riportato sulla relativa tavoletta dell’I.G.M., vedi (tav.13).
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Il classico reperto archeologico romano di Timgad, visitabile ancora oggi in Algeria, è
progettato e costruito sul modello di un accampamento militare.
La città si è conservata praticamente nella sua interezza grazie allo strato di sabbia desertica
che lo ha ricoperto e ne ha impedito il degrado.
La fotografia aerea e la ricostruzione di un accampamento militare romano sono di seguito
riportati.
La città romana di TIMGAD , nell’attuale ALGERIA .
(1)
Accampamento romano.
(2)
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