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3 Sezione morale
Scheda di approfondimento per pagina 149
La specificità dell’essere-uomo
Che cosa significa parlare dell’uomo come immagine di
Cristo, un’immagine non già definita ma da completare e
perfezionare? Quali sono i risvolti etici di tale affermazione? Quali dimensioni dell’uomo vengono coinvolte?
La definizione di uomo che dal VI secolo è accettata dalla
filosofia cristiana è quella data da Severino Boezio: la persona è una «sostanza individuale di natura razionale».
Tale definizione mette in evidenza l‘individualità dell’essere
umano come soggettività unica (e non-divisibile dal punto
di vista quantitativo) e originale (irripetibile dal punto di
vista qualitativo). La sua razionalità si riferisce non solo
alla dimensione della sfera intellettiva intesa come comprensione, ma anche come capacità giudicante e decisionale in base a criteri logico-oggettivi.
Accanto o, a volte, in opposizione all’interpretazione filosofica e teologica, oggi si è soliti rappresentare e definire
l’uomo come un essere psico-fisico, costituito dal funzionamento di organi, apparati e sistemi che compongono
l’organismo del singolo individuo al di sopra dei quali si
collocano i fenomeni della vita psichica. Tuttavia, la storia
stessa dell’umanità attesta il persistente e generalizzato
desiderio di andare oltre l’orizzonte materiale biologico e
psichico dell’uomo. Esiste una valenza simbolica delle
realizzazioni umane e dell’esistenza stessa che va oltre la
realtà concreta e le sue esigenze.
Più recentemente il filosofo Max Scheler (1874-1928) ha
dato una definizione della persona: egli la intende come
portatrice e “centro” di atti spirituali.
In sostanza l’uomo, l’essere umano, la persona, si presenta come caratterizzata da diversi elementi o dimensioni
costitutive dell’essere-uomo che possono rappresentare
come i vertici di un quadrato:
Ma tali funzioni definite non possono stare le une senza
le altre. Ad esempio, non sempre le realtà vengono colte
dal pensiero razionale: a volte si intuiscono e poi si elaborano razionalmente. La sola percezione non dà una
rappresentazione “oggettiva” della realtà stessa, poiché
percepire con i sensi è un atto fisiologico condizionato
dalle condizioni esistenziali in cui avviene l’azione del percepire. L’agire secondo coscienza non è lo stesso che
agire per istinto. Ragione e sentimenti sono spesso in
conflitto tra loro, ma la maturità di una persona consiste
nel non lasciarsi guidare solo dalle ragioni del cuore o
dalle ragioni della ragione, ma da entrambi.
Così, pure, l’essere umano è un essere sessuato, il che
esprime la prima e fondamentale delle relazioni; ed è un
essere sociale, oltreché individuale.
Tali dimensioni fondamentali che tra loro interagiscono,
alla luce dell’affermazione biblica dell’uomo creato a immagine e somiglianza di Dio, possono essere riassunte
nei modi seguenti.
L’uomo è un essere pensante perché Dio è pensiero:
In principio era il Verbo... e il Verbo si fece carne;
(Gv 1, 1.14)
l’uomo è un essere amante perché Dio è amore:
«Come il Padre ha amato me io ho amato voi»;
(Gv 15, 9)
l’uomo è un essere cosciente perché Dio è coscienza:
«ma io vi dico...»;
(Mt 5-7)
l’uomo è un essere che si relaziona perché Dio è relazione
di Persone:
«io sono nel Padre e il Padre è in me».
(Gv 14, 10)
L’agire umano è dunque multiforme e complesso, è un
agire che ha come riferimento l’azione di Dio e ultimamente il pensiero e l’agire di Cristo. È un agire che, analogamente all’agire creativo di Dio, diventa concreazione,
intesa come progettualità e autoprogettualità, che chiama
in causa la libertà e la responsabilità. Non si ha propriamente comportamento veramente “umano” se non si è
liberi e se non si è responsabili di ciò che si compie.