I CAPISALDI DEL PENSIERO HEGELIANO Per

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I CAPISALDI DEL PENSIERO HEGELIANO
Per seguire proficuamente gli sviluppi del pensiero di Hegel risulta indispensabile avere chiare le due
proposizioni di fondo del suo sistema:
1) LA RISOLUZIONE DEL FINITO NELL'INFINITO
2) L'IDENTITÀ DI RAZIONALE E REALE
1) La realtà non è un insieme di sostanze autonome, ma una struttura globale, di cui tutto ciò che esiste è
manifestazione.
Tale struttura globale non ha nulla fuori di sè ed è la causa e il fine di ogni realtà: coincide quindi con
l'Assoluto e con l'Infinito.
I vari enti, essendo parte o manifestazione di essa, sono il finito.
Il finito come tale non esiste, poichè ciò che viene denominato finito è in verità un'espressione parziale
dell'Infinito. Come la parte non può esistere se non in relazione al tutto, in rapporto al quale ha vita e
senso, così il finito esiste unicamente nell'Infinito e in virtù di esso.
Tale Assoluto si identifica con un soggetto spirituale e in divenire che trova il suo culmine nell'uomo.
Tale soggetto viene denominato con i termini di Idea o Ragione o con quelli di Assoluto, Dio, Spirito,
ecc...
2) CIÒ CHE È RAZIONALE È REALE E CIÒ CHE È REALE È RAZIONALE
Prima parte della formula (ciò che è razionale è reale): la razionalità non è un'astrazione, ma la struttura
stessa di ciò che esiste.
La Ragione abita nel mondo e lo costituisce.
Seconda parte della formula (ciò che è reale è razionale): la realtà non è una materia caotica, ma il
dispiegarsi di una struttura razionale che si manifesta in modo inconsapevole nella natura e in modo
consapevole nell'uomo.
LA REALTA' E' IL LUOGO DI REALIZZAZIONE DI UN SOGGETTO SPIRITUALE
INFINITO (RAGIONE) DI CUI TUTTO CIO' CHE VEDIAMO E' PARTE O SVILUPPO
Atteggiamento giustificazionistico di Hegel: da questo punto di vista la realtà finisce per essere
sostanzialmente accettata e giustificata (essere e dover essere coincidono, in quanto ciò che è è anche ciò
che razionalmente deve essere: il mondo non è altro che il dispiegarsi della razionalità, ovvero ragione
reale e realtà razionale).
Il mondo è una totalità processuale necessaria, una serie di passaggi necessari che non possono essere
diversi da come sono, che rappresentano ognuno il risultato di quelli precedenti e il presupposto di quelli
seguenti.
LA CRITICA ALLE FILOSOFIE PRECEDENTI
Hegel e gli Illuministi
Hegel assume un atteggiamento di contrapposizione polemica all'Illuminismo, considerato come il
momento della tipica scissione tra ragione e realtà. Gli illuministi, facendo dell'intelletto il giudice della
storia, sono costretti a ritenere che il reale non è razionale, dimenticando così che la vera ragione (lo
Spirito) è proprio quella che prende corpo nella storia e abita in tutti i momenti di essa. La ragione degli
illuministi esprime solo le esigenze e le aspirazioni degli individui: è una ragione finita e parziale, ovvero
un "intelletto astratto", che pretende di dare lezione alla realtà e alla storia (antistoricismo), stabilendo
come essa dovrebbe essere e non è. mentre la realtà è sempre necessariamente ciò che deve essere.
Hegel e Kant
L'avversione di Hegel per l'Illuminismo si accompagna alla sua tenace opposizione a Kant. Questi aveva
voluto costruire una filosofia del finito e l'antitesi tra il dover essere e l'essere fa parte integrante di una
tale filosofia. Per Kant le idee della ragione sono meri ideali e, inoltre, nel dominio morale, la volontà non
coincide con la ragione e non raggiunge mai la santità, che è il termine di un progresso all'infinito, ma che
nella sua attualità è propria soltanto di Dio. In una parola, l'essere non si adegua mai al dover essere, la
realtà alla razionalità. Secondo Hegel, invece, questa adeguazione è in ogni caso necessaria e separare la
realtà dal razionale significa vedere nelle idee e negli ideali nient'altro che pure chimere.
Il grosso limite di Kant, inoltre, è di aver posto dinanzi all'io quella x sconosciuta che è la cosa in sè,
impedendo in tal modo quel riconoscimento dell'infinità dell'io e della spiritualità e razionalità del reale
che è la grande conquista dell'idealismo.
In tutti i casi, il kantismo appare dunque ad hegel come una filosofia del finito cui egli contrappone la
propria filosofia dell'infinito.
Hegel e i romantici
Il dissenso di Hegel nei confronti dei romantici verte essenzialmente su due punti.
In primo luogo Hegel contesta il primato del sentimento, dell'arte o della fede, sostenendo che la filosofia,
in quanto scienza dell'Assoluto, non può che essere una forma di sapere mediata e razionale. In secondo
luogo Hegel contesta gli atteggiamenti individualistici dei romantici (o di certi romantici, poichè nel
Romanticismo coesistono atteggiamenti individualistici ed anti-individualistici al tempo stesso),
affermando che l'intellettuale non deve ripiegarsi narcisisticamente sul proprio io o invocare le leggi del
"cuore", ma guardare soprattutto all'oggettivo corso del mondo, cercando di integrarsi nelle istituzioni
socio-politiche del proprio tempo.
In realtà Hegel risulta profondamente partecipe del clima culturale romantico, del quale, oltre a numerosi
motivi particolari (il concetto della creatività dello Spirito, dello sviluppo provvidenziale della storia,
della spiritualità incosciente della natura, ecc.), condivide soprattutto il tema dell'infinito, anche se ritiene
che ad esso si acceda speculativamente e non attraverso vie "immediate".
Di conseguenza Hegel non costituisce un superamento del Romanticismo, ma solo il diverso esito di una
determinata direzione di sviluppo della cultura romantica.
LA DIALETTICA
L'asserto basilare dal quale èopportuno prendere le mosse per intendere Hegel è che la realtà e il vero non
sono "sostanza", ma "Soggetto", vale a dire "Pensiero", "Spirito".
Dire che la realtà non è sostanza ma Soggetto e Spirito significa dire che è "attività", che è "processo", che
è "movimento", o, meglio ancora, "automovimento".
La struttura e la vita stessa dello Spirito, e quindi anche la legge di sviluppo della realtà e il procedimento
secondo cui si svolge il sapere filosofico, è la dialettica.
Lo Spirito è dunque infinito, sempre attuantesi e realizzantesi , come continua posizione del finito e
infine come superamento del finito medesimo.
L'infinito è il positivo che si realizza mediante la negazione di quella negazione che è propria di ogni
finito, è il toglimento e superamento sempre realizzantesi del finito. Allora lo Spirito infinito hegeliano è
come un circolo, in cui principio è fine coincidono in maniera dinamica, ossia come un movimento a
spirale in cui il particolare è sempre posto e sempre dinamicamente risolto nell'universale, l'essere è
sempre risolto nel dover essere e il reale è sempre risolto nel razionale.
Lo Spirito hegeliano è una uguaglianza che continuamente si costruisce, ossia un'unità-che-si-fa proprio
attraverso il molteplice. La quiete è solo "l'intero del movimento".
Tutto ciò che abbiamo detto vale per il reale nel suo intero così come nelle sue parti. Ogni momento del
reale è momento indispensabile dell'Assoluto, perchè Esso si fa e si realizza in ciascuno e in tutti questi
momenti, tanto che ciascun momento diviene assolutamente necessario.
ES.: Si prenda un bocciolo, il relativo fiore e il frutto che ne deriva. Il bocciolo, nello sviluppo della
pianta, è una de-terminazione e quindi una negazione; ma questa determinazione è tolta (ossia superata)
dalla fioritura, la quale, però, mentre nega questa determinazione, la "invera", in quanto il fiore è la
positività del bocciolo. A sua volta, però, il fiore è una de-terminazione, che pertanto implica una
negatività, e che viene a sua volta tolta e superata dal frutto (superare che è ad un tempo un "togliere-econservare"); e, in questo processo, ogni momento è essenziale all'altro e la vita della pianta è questo
stesso processo che via via pone i vari contenuti, ossia i vari momenti, e via via li supera.
Il reale è, dunque, un processo che si autocrea mentre percorre i suoi momenti successivi, e in cui il
positivo è appunto il movimento medesimo, che è un progressivo autoarricchimento (da pianta a
bocciolo, da bocciolo a fiore, da fiore a frutto).
La dialettica è dunque per Hegel "sintesi degli opposti", ovvero processo conciliativo e sintetico, nel
quale le divisioni o le opposizioni della realtà vengono superate nell'unità della sintesi.
Si è visto come la dialettica risponda all'esigenza di un processo conciliativo o sintetico, nel quale le
divisioni o le opposizioni della realtà vengano nello stesso tempo giustificate come tali e superate
nell'unità di una sintesi. In tale processo il compito di giustificare la varietà e l'opposizione e di conciliarle
è attribuito alla ragione.
Ma la ragione non è l'intelletto finito. Hegel chiama intelletto "il pensiero che produce solo
determinazioni finite e che si muove in esse"; l'intelletto così inteso è solo un aspetto parziale, è il primo
momento della ragione. E' il momento, per l'appunto, intellettuale, nel quale il pensiero si ferma alle
determinazioni rigide della realtà, limitandosi a considerarle nella loro differenza reciproca. Ad esso deve
seguire il momento dialettico, che fa vedere come quelle determinazioni siano unilaterali e limitate ed
esigano di essere messe in relazione con le determinazioni opposte o negative.Il terzo momento, quello
speculativo o positivo razionale, mostra l'unità delle determinazioni diverse proprio nella loro
opposizione. La molla propulsiva di questo processo, attraverso il quale la ragione reale o la realtà
razionale si sviluppa e si determina in un contenuto sempre più ricco e concreto, è il secondo momento,
quello dialettico, per il quale tutte le determinazioni perdono la loro rigidezza e diventano momenti di una
Idea unica e infinita. Il momento dialettico rappresenta la crisi di dissoluzione del finito. Attraverso il
momento dialettico il finito si nega e si risolve nell'infinito.
La dialettica in Hegel diventa necessaria sintesi razionale di opposizioni autentiche, nella quale ad ogni
tesi (affermazione) si contrappone un'antitesi (negazione) cui succede una sintesi (ri-affermazione o
negazione della negazione).
La dialettica è per Hegel la legge del mondo e della ragione che lo domina.
Riassumendo
Primo momento della dialettica (tesi): l'intelletto astrae concetti determinati e si ferma alla
determinazione dei medesimi. Esso distingue, separa e de-finisce, irrigidendosi in queste separazioni e definizioni, che ritiene in qualche modo definitive. La filosofia deve cominciare proprio dal lavoro
dell'intelletto, ma la conoscenza dell'intelletto resta chiusa nel finito: il pensiero filosofico deve dunque
andare oltre i limiti dell'intelletto.
Secondo momento della dialettica (antitesi): l'andare oltre i limiti dell'intelletto è peculiarità della
ragione, la quale ha un momento "negativo" e uno "positivo". Il momento negativo, che è quello che
Hegel chiama dialettico in senso stretto (dato che dialettica in senso lato sono tutti e tre i momenti),
consiste nello smuovere la rigidità dell'intelletto. Il momento positivo segna il passaggio al terzo momento
della dialettica.
Terzo momento della dialettica (sintesi): è quello che coglie l'unità delle determinazioni opposte, ossia
il positivo che emerge dalla risoluzione degli opposti. Il momento speculativo è quindi un superare nel
senso che è ad un tempo un "togliere e conservare".
Hegel usa i termini "Aufheben" (superare) e "Aufhebung" (superamento) per esprimere il momento
speculativo.
Il principio della risoluzione del finito nell'infinito, o dell'identità di reale e razionale, è stato illustrato da
Hegel in due forme diverse.
Dapprima Hegel si è fermato a illustrare la via che per giungere fino ad esso ha dovuto percorrere la
coscienza umana; in secondo luogo Hegel ha illustrato quel principio quale appare in atto in tutte le
determinazioni fondamentali della realtà.
La prima illustrazione è quella che Hegel ha dato nella Fenomenologia dello Spirito; la seconda è quella
che ha dato nella Enciclopedia delle scienze filosofiche e nelle opere che estendono le singole parti di
essa (Scienza della logica, Filosofia dell'arte, Filosofia della religione, Filosofia del diritto, Filosofia della
storia).
E' evidente che anche la via che lo spirito infinito ha dovuto seguire per riconoscersi nella sua infinità
attraverso le manifestazioni finite fa parte della realtà, e che pertanto la fenomenologia dello spirito deve
ripresentarsi come parte del sistema generale della realtà e precisamente della filosofia dello spirito. Come
tale, infatti,Hegel la ripresenta nella Enciclopedia.
Si può comprendere ora la triplice distinzione della filosofia hegeliana in
1) logica
2) filosofia della natura
3) filosofia dello spirito
La prima studia l' "idea in sè", la seconda il suo "alienarsi" e la terza il momento del "ritorno a sè".
Assoluto=Idea
1) Idea in sè (=Logos) studiata dalla logica
2) Idea fuori di sè (=Natura) studiata dalla filosofia della natura
3) Idea che ritorna a sè (=Spirito) studiata dalla filosofia dello spirito
La Fenomenologia dello Spirito
La Fenomenologia è la storia romanzata della coscienza, che attraverso erramenti, contrasti, scissioni esce
dalla sua individualità, raggiunge l'universalità e si riconosce come ragione che è realtà e realtà che è
ragione. La Fenomenologia è la via che conduce la coscienza finita all'Assoluto infinito, la quale coincide
con la via che l'Assoluto ha percorso e percorre per giungere a Sè medesimo.
Hegel afferma che per "costruire l'assoluto della coscienza" bisogna negare e superare le finitezze della
coscienza ed elevare in tal modo l'io empirico a Io trascendentale, a Ragione e Spirito.Ma tutto questo non
può avvenire di colpo: il passaggio dalla coscienza comune alla coscienza filosofica deve avvenire in
modo mediato, e non in modo romanticamente immediato. Hegel ammette dunque che vi sia una sorta di
"introduzione alla filosofia", che tuttavia è già essa stessa un filosofare.
Nella Fenomenologia vi sono due piani che si intersecano:
1) c'è il piano costituito dalla via percorsa dallo Spirito per giungere a sè attraverso tutte le vicende della
storia del mondo
2) ma c'è anche il piano del singolo individuo empirico che deve ripercorrere quella stessa via e
appropriarsela.
La storia della coscienza dell'individuo non può pertanto essere altro che il ripercorrere la Storia dello
Spirito.
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