Archiloco Archiloco nacque alla fine dell'VIII secolo a.C. o nella prima metà del VII secolo a.C. intorno al 680 a.C. nell'isola di Paro nelle Cicladi. Il padre, Telesicle, era un nobile mentre la madre era una schiava tracia di nome Enipò. Archiloco visse nel periodo che va dal 680 a.C. al 645 a.C. in quanto in una sua opera viene menzionata un'eclissi di sole probabilmente avvenuta il 6 aprile 648 a.C., che sconvolse gli abitanti dell'Egeo e alla quale egli assistette mentre si trovava a Taso, una colonia dei Pari. Nella seconda metà dell'VII secolo a.C., durante la colonizzazione ellenica, i Pari colonizzarono a nord l'isola di Taso, ma dovettero sostenere lunghe lotte contro i barbari del continente e contro le colonie delle città rivali tra cui la vicina Nasso. Archiloco, figlio del fondatore della colonia tasia, combatté in tali guerre e ne cantò le vicende. In una sua famosa elegia si mostra addolorato per la perdita del cognato morto in un naufragio. E’ il primo a raffigurare allegoricamente la politica come il naufragio di una nave, che verà ripresa da poeti successivi come Alceo e Quinto Orazio Flacco. In un altro componimento si lamenta della vita a Paro, invitando dei conoscenti a lasciarla, e sostiene che a trattenerlo nella vicina Nasso non basti né il dolce vino, né il suo vitto peschereccio. Si guadagnò da vivere facendo il soldato mercenario. Secondo la tradizione mori’ in un combattimento contro Nasso, ucciso da un certo Calonda. Personalità Sulla base dei frammenti rimasti dell'opera di Archiloco, si e’ delineatoun profilo di Archiloco: individualista, litigioso, trasgressivo e anticonformista. Secondo molti però, tale interpretazione vizia in senso autobiografico i caratteri satirici della poesia giambica: in spregio della morale del tempo, Archiloco afferma di aver gettato lo scudo ed essere fuggito per salvarsi la vita, ripromettendosi di comprarne uno nuovo: negazione dei topoi dell'ethos eroico una visione pragmatica tipica del lavoro mercenario. Rifiutò anche la καλοκἀγαθία,binomio inscindibile di bellezza e virtù. L'amore Si racconta che amò una fanciulla di Paro, di nome Neobule, promessagli in sposa dal padre Licambe, che però poi negò il matrimonio. Nei propri versi attaccò tanto pesantemente il padre della fanciulla da indurre lui e la figlia a impiccarsi. La storicità di tale episodio è assai dubbia, in quanto si tratta di un topos letterario assai frequente, presente anche in un altro poeta giambico, Ipponatte. Fu il primo poeta di tutta la letteratura occidentale a rappresentare l'amore come tormento. Il violento erotismo della sua poesia assieme al disprezzo per i valori tradizionali gli procuro’ aspri rimproveri da parte degli antichi e degli autori contemporanei. Opere Delle sue opere restano circa 300 frammenti ordinati dai grammatici alessandrini secondo il metro utilizzato: egli scrisse elegie, giambi, tetrametri trocaici, asinarteti, epodi. La quantità di libri scritti è incerta, ma si ritiene ve ne furono almeno uno di elegie, tre di giambi, e forse altri. La maggior parte dei frammenti a noi è giunta per tradizione indiretta, ma alcuni, i più estesi e lacunosi, in forma papiracea. I frammenti superstiti di Archiloco vengono convenzionalmente raggruppati in: frammenti legati all'esperienza biografica componimenti di carattere gnomico e riflessivo versi caratterizzati dallo psògos e dall'invettiva versi di stampo erotico I destinatari principali erano gli ἑταῖροι ovvero membri della suo gruppo aristocratico,suoi compagni d'armi a cui dedicava i suoi componimenti durante i simposi. Mito Una parte di rilievo della lirica archilochea ebbe anche carattere obbiettivo e narrativo. Egli e’ collocato all'origine non solo della lirica, ma soprattutto della melica, che trattava di mitologia. Cantò le leggende di Eracle, di Achille, di Euripilo e del pario Coiranos salvato da un delfino. Veniva considerato dagli antichi come il più vicino a Omero per la qualita’ del linguaggio. Favola Gli esigui frammenti ci informano che le favole della volpe e dell'aquila o della scimmia erano trattate a tal punto da Archiloco che consentiva discorsi diretti tra animali protagonisti, invocazioni a Zeus e forse il riferimento esplicito alla realtà. La figura della volpe compare per la prima volta proprio con questo poeta. Metrica Archiloco è ritenuto l'inventore del giambo, ma probabilmente tale verso è più antico dell'autore stesso. Egli fu il primo ad utilizzarlo in larga scala e molti poeti successivi come Saffo, Alceo, Anacreonte e i latini Catullo e Orazio lo presero come modello. I ritmi giambici e trocaici erano i più vicini alla lingua viva, a quella parlata nelle processioni. Ad Archiloco si deve inoltre la creazione della prima strofa (epodo). L'epodo archilocheo, il distico della poesia giambica, risulta dall'accoppiamento di un verso semplice o composto, con uno generalmente più breve. Lingua e stile La lingua di Archiloco è la lingua omerica sottoposta ad un processo continuo di transcodificazione, spesso violentemente rappresentativo (carattere ironico antiomerico). I pregi stilistici sono la brevità, l’efficacia espressiva e moltissimo sangue. Inoltre compaiono parecchie metafore e similitudini. Lo ψόγος I versi caratterizzati dallo ψόγος (biasimo) e dall'invettiva erano composti in metro giambico: per questo motivo con "poesia giambica" si intende una poesia di tono satirico e canzonatorio. Al contrario, i componimenti elegiaci trattano motivi autobiografici ed evitano ogni oscenità; tuttavia, nell'accezione moderna di poesia archilochea, si tende ad assimilare componimenti giambici e componimenti elegiaci: da ciò ne deriva un'immagine unitaria di Archiloco. Le invettive, in Archiloco, erano una denuncia per gli aspetti deformi della realtà a lui contemporanea, critiche o derisioni a persone e fatti per affermare quei principi e quei valori che erano o avrebbero dovuto essere condivisi da tutti. La denuncia si intreccia dunque con la riflessione e l'esortazione.Nelle invettive di Archiloco quelli che sembrano attacchi sono in realtà schiette e risentite denunce dei molteplici aspetti negativi del mondo: il poeta non va inteso come un individualista, maledetto ed irridente personaggio, ma come un convinto assertore di valori, come la modestia, la lealtà, l'amicizia, l'equilibrio, la misura. La persona loquens L'uso della persona loquens, un personaggio terzo cui vengono attribuiti fatti personali, ideali o considerazioni del poeta caratterizza il poeta Archiloco. Secondo Aristotele l'uso della persona loquens era usato dai poeti per esprimere un'opinione o un ideale che era in contrasto con quelli della società in cui vivevano. Però che il poeta tra VII e VI secolo a.C. parlava spesso a nome della "comunità" o del gruppo a cui apparteneva; gli ideali che lui o la "persona loquens" esprime sono condivisi da altri. Musica Archiloco fu un grande innovatore anche nel campo della musica: a lui si deve l'invenzione della parakataloghè, il recitativo musicale tipico della poesia giambica dove la voce narrante era cioè accompagnata da uno strumento a corda o a fiato, senza arrivare al canto spiegato vero e proprio. dell'epica. Giudizi su Archiloco Archiloco ebbe molta fama; fu infatti modello ispiratore per molti poeti e artisti: su tutti, Anacreonte, Alceo, Saffo e Orazio; studiato nelle scuole, imitato, copiato e canzonato dai comici, discusso da filosofi e sofisti, artista sommo per Platone, fonte per gli storici. Raccolse lodi presso i greci d'ogni luogo e fu considerato da Quintiliano come unico e sommo maestro di stile. Fr. 5 West2 [Fonti: Pseudo-Plutarco, Detti dei Lacedemoni 239b; Sesto Empirico, Schizzi Pirroniani III, 216; Aristofane, Pace 1298-1299, 1301 + scolii; Strabone, Geografia X 2, 17; et cetera...] ἀσπίδι μὲν Σαΐων τις ἀγάλλεται͵ ἣν παρὰ θάμνωι͵ ἔντος ἀμώμητον͵ κάλλιπον οὐκ ἐθέλων· αὐτὸν δ΄ ἐξεσάωσα. τί μοι μέλει ἀσπὶς ἐκείνη; ἐρρέτω· ἐξαῦτις κτήσομαι οὐ κακίω. Qualcuno dei Sai si fa bello dello scudo che, arma irreprensibile, presso un cespuglio abbandonai, contro il mio volere. Ma salvai me stesso: che m'importa di quello scudo? Vada alla malora! Me ne procurerò uno non peggiore E’ uno dei frammenti più celebri di Archiloco, ritenuto dagli antichi un biasimevole attacco contro il modello omerico dell'eroismo guerriero. La posizione di Archiloco è diversa poiche’ filtrata da un topos letterario dello scudo abbandonato. Fr. 13 West2 [Fonte: Giovanni Lo Stobeo, Florilegio IV 56, 30] κήδεα μὲν στονόεντα Περίκλεες οὔτέ τις ἀστῶν μεμφόμενος θαλίηις τέρψεται οὐδὲ πόλις· τοίους γὰρ κατὰ κῦμα πολυφλοίσβοιο θαλάσσης ἔκλυσεν͵ οἰδαλέους δ΄ ἀμφ΄ ὀδύνηις ἔχομεν πνεύμονας. ἀλλὰ θεοὶ γὰρ ἀνηκέστοισι κακοῖσιν ὦ φίλ΄ ἐπὶ κρατερὴν τλημοσύνην ἔθεσαν φάρμακον. ἄλλοτε ἄλλος ἔχει τόδε· νῦν μὲν ἐς ἡμέας ἐτράπεθ΄͵ αἱματόεν δ΄ ἕλκος ἀναστένομεν͵ ἐξαῦτις δ΄ ἑτέρους ἐπαμείψεται. ἀλλὰ τάχιστα τλῆτε͵ γυναικεῖον πένθος ἀπωσάμενοι. Lamentando dolorosi lutti, o Pericle, nessuno dei cittadini e neppure l'intera città gioirà di feste e banchetti. Tali uomini l'onda del risonante mare sommerse, e noi abbiamo i polmoni gonfi per la sofferenza, ma, o amico, a mali irreparabili gli dei posero come rimedio una virile sopportazione. Ora uno, ora un altro incorre in questa sventura; adesso si è volta contro di noi e noi lamentiamo una sanguinosa ferita, un'altra volta toccherà ad altri. Su, dunque, sopportate, bandendo femminee manifestazioni di lutto. Comunemente conosciuto con il titolo di Elegia di Pericle, questo frammento di cinque distici è il più ampio di Archiloco giuntoci attraverso la tradizione indiretta. La consolazione, in occasione di un disastro marittimo che ha coinvolto illustri concittadini, è indirizzata ad un tale Pericle, persona cui Archiloco anche altrove si rivolge ma di cui non sappiamo nulla. Fr. 19 West2 [Fonti: Plutarco, La Tranquillità dell'Animo 19, 470bc; Aristotele, Retorica III 17, 1418b 23ss.; et cetera...] Οὔ μοι τὰ Γύγεω τοῦ πολυχρύσου μέλει οὐδ᾽ εἶλέ πώ με ζῆλος οὐδ᾽ ἀγαίομαι θεῶν ἔργα, μεγάλης δ᾽ οὐκ ἐρέω τυραννίδος· ἀπόπροθεν γάρ ἐστιν ὀφθαλμῶν ἐμῶν. Non mi interessano le ricchezze di Gige, del molto oro mai mi prese invidia, né ambisco a imprese divine e non bramo un grande potere assoluto: queste cose infatti sono lontane dai miei occhi. Aristotele ci fornisce informazioni sull'interpretazione del passo. Egli ci riferisce, infatti, che questo brano era parte di un discorso diretto, quindi riferito ad un personaggio e non all'autore in prima persona. Tuttavia, non è difficile riconoscere il distacco quasi proverbiale di Archiloco nella caratterizzazione di questo brevissimo spezzone di dialogo. Fr. 122 West2 [Fonti: Stobeo, Florilegio IV 46, 10; Aristotele, Retorica III 17, 1418b 28; Papiro di Ossirinco 2313 fr.1a] Χρημάτων ἄελπτον οὐδέν ἐστιν οὐδ᾽ ἀπώμοτον οὐδὲ θαυμάσιον, ἐπειδὴ Ζεὺς πατὴρ Ὀλυμπίων ἐκ μεσημβρίης ἔθηκε νύκτ᾽, ἀποκρύψας φάος ἡλίου λάμποντος. ὑγρὸν δ᾽ ἦλθ᾽ ἐπ᾽ ἀνθρώπους δέος. ἐκ δὲ τοῦ καὶ πιστὰ πάντα κἀπίελπτα γίνεται ἀνδράσιν. μηδεὶς ἔθ᾽ ὑμέων εἰσορέων θαυμαζέτω, μηδ᾽ ἐὰν δελφῖσι θῆρες ἀνταμείψωνται νομόν ἐνάλιον καί σφιν θαλάσσης ἠχέεντα κύματα φίλτερ᾽ ἠπείρου γένηται, τοῖσι δ᾽ ἦι δύνειν ὄρος. Di cose non ve n'è alcuna che non ci si possa attendere, né che si possa escludere con giuramento, né che susciti meraviglia, da quando Zeus, padre degli Olimpi, di mezzogiorno fece notte, avendo nascosto la luce del sole che splendeva, ed un agghiacciante terrore invase gli uomini. Da allora tutte le cose diventano credibili e attendibili per gli uomini. Nessuno di voi più si stupisca a tal vista, neppure qualora le fiere ricevano in cambio dai delfini il pascolo marino e ad esse le risonanti onde del mare diventino più gradite della terraferma, e per quelli invece sia più gradito immergersi tra gli anfratti del monte. E' questo il famoso componimento (in tetrametri) da cui deriva la nostra malferma datazione biografica del poeta: la tecnica è quella dell'adynaton, che accosta fra loro un crescendo di immagini impossibili per suscitare sorpresa nel pubblico ed evidenziare l'insegnamento trasmesso. Certe affermazioni non sono comunque da prendere alla lettera perché filtrate dalla convenzione letteraria e adornate per ottenere la massima efficacia espressiva. Di Roberta Foti e Giulia Trovato 1I