Incontro con le balene
di Carlo Auriemma
"Lizzi, ci sono le balene"
"Dove"
"No, aspetta, non le vedo più"
Scruto l'orizzonte fino ad avere male agli occhi, ma il cielo e il mare oggi si confondono, e
sembra tutto uguale, vaporoso di caldo e di afa.
Passa un minuto e lo sbuffo riappare, lontanissimo eppure evidente. Il vapore resta sospeso
per una manciata di secondi, poi sparisce, ma ormai abbiamo individuato dove sono,
accendiamo il motore e dirigiamo verso di loro.
Siamo al largo di Sumatra, in Indonesia, in un oceano completamente calmo, immobile,
senza brezza e senza gente. L'acqua liscia è incredibilmente blu, di un colore così intenso da
sembrare finto. E sopra l'acqua c'è l'azzurro di un cielo immobile, senza nuvole e senza
vento. E’ proprio a causa di questa mancanza quasi totale di brezze che da oltre dieci giorni
ci trasciniamo, registrando percorsi giornalieri incredibilmente bassi: 40 miglia, 35 miglia,
50 miglia al giorno, tutte sudate faticosamente navigando contro arie leggerissime e
perlopiù contrarie. Il Monsone di Nord Est, che avrebbe dovuto spingerci in poppa per 2000
miglia dalla Tailandia all’Australia non si è fatto vedere. Al suo posto c’è calma e dopo 20
giorni, invece che essere arrivati, siamo appena a metà del percorso. I nostri programmi
sono saltati. Gli amici che ci aspettavano in Australia non ci vedranno arrivare, e noi siamo
qua in mezzo, impotenti, fermi in un oceano fermo. Ma il mare è fatto così, e bisogna
accettare. Bisogna smettere di contare le miglia che non passano mai e cominciare a
guardarsi attorno. Così passiamo le ore a guardare i pesciolini a strisce bianche e nere che
si raccolgono attorno alla nostra carena, e che si vedono benissimo attraverso l’acqua
limpida come un cristallo, così come si vedono migliaia di meduse sottili che nuotano
appena sotto la superficie, col corpo composto tanti di piccoli anelli trasparenti. Ed ora le
balene!
"Hei, sono enormi", Lizzi è sull'albero, seduta sulle crocette, e scruta col binocolo.
"Quante sono?"
"Tantissime. Vedo i corpi. Sono immobili. Forse dormono."
In dieci minuti siamo a ridosso del branco. Le telecamere sono pronte in pozzetto, insieme
alle macchine fotografiche; il mare immobile è nelle condizioni ideali, ma noi siamo indecisi.
"Non sarà rischioso?" chiede Lizzi.
"Non so" rispondo.
Chi lo sa se è pericoloso avvicinarsi a un branco di balene addormentate. Fino a che punto si
può arrivare? E se si svegliano all'improvviso? E se si spaventano?
Quando siamo a cinquanta metri metto il motore in folle e la barca rallenta. Quando siamo a
venti metri la balena più vicina si sveglia. Ha un occhio enorme che guarda di lato, proprio
dalla nostra parte. Ma subito la testa si inabissa mentre il corpo nero e lucido si inarca, col
dorso che fuoriesce, e comincia lentamente a rotolare. Compare la pinna dorsale, una specie
di pennacchio che interrompe la linea uniforme del dorso grigio, poi esce la coda enorme.
Emerge, si libra in alto, oscilla come un pendolo al contrario, andando infine a sbattere di
piatto sulla superficie, sollevando una piccola cascata.
"Che peccato, se n'è andata."
"Be, proviamo con un altra"
"No, guarda, aspetta, rieccola"
La balena è riemersa, solo un po’ più lontano, nuovamente immobile, come a riprendere il
sonno interrotto.
"Proviamo ad avvicinarci a vela" propone Lizzi.
Il vento è leggerissimo, e arriva da dietro. Con le due rande alzate, senza fiocchi, la Barca
Pulita si muove impercettibilmente, l’ideale per avvicinarsi senza spaventarle. Puntiamo
verso quella di prima a cui nel frattempo se ne sono affiancata ad altre due, più piccole.
Incredibile. Non si muovono. Arriviamo a dieci metri e loro sono ferme. A cinque, e non si
spostano. Lizzi a prua filma con la telecamera piccola. Io mi divido tra il timone e la
telecamera grande con cui riprendo la scena dal centro della barca. Ho legato le rande in
fuori con due ritenute, e la barca, col timone bloccato, riesce a camminare dritta e a tenere
la rotta per qualche decina di secondi, prima che debba correre a correggere col timone.
Ci affianchiamo. La bestia è lunga come la barca, ma dall'acqua emerge solo la gibbosità del
dorso. La coda e la testa restano immerse, chiaramente delineate sotto la superficie.
"E adesso?" chiedo.
"Non so. Possibile che si sia riaddormentata?
Lizzi non ha ancora finito di parlare che la balena si scuote. La testa emerge come una
roccia quando l’onda si ritira. Dallo sfiatatoio esce un fischio, col rumore di un tuono, e
contemporaneamente parte lo zampillo, che sale come una fontana accesa all'improvviso. Il
corpo enorme del bestione comincia a rotolare. Come prima, ma stavolta è vicinissima. Se
mi sporgessi con la mano potrei toccarla. La testa scompare verso il basso, e dopo qualche
secondo la coda si libra in aria, enorme, più alta di noi e del ponte. Schiaffeggia l'acqua e
scompare, mentre lo spruzzo investe noi, il ponte e le vele, e la superficie del mare resta
segnata da gorghi trasparenti e da veloci rimescolii.
"Accidenti"
"Ti sei spaventata?"
"No, ma ho rischiato di bagnare la telecamera"
"Hai sentito che puzza?"
L'aria è satura di un odore marcio di mare e di alghe. E' l'alito della balena, il suo fiato,
emesso con lo zampillo dallo sfiatatoio.
Siamo esaltati. Quindici metri di lunghezza! No mi è mai capitato di vedere così da vicino
una balena. Nemmeno nei film. E questa invece è vera. Qui, sotto di noi. Penso alle
immagini che ne usciranno, ravvicinate, dettagliate, in un mare liscio e che lascia vedere
benissimo anche le parti immerse degli animali.
"Ci riproviamo?"
"Non vorrei che si infuriassero"
Invece non si infuriano, e la scena si ripete, con noi che ci portiamo sopravvento e ci
facciamo spingere dal vento in poppa, con loro che si lasciano avvicinare, con noi che
filmiamo dividendoci tra il timone, le vele e le telecamere, con altre alitate puzzolenti e altre
code torreggianti. Filmiamo in continuazione dal bordo, da prua, di lato, mentre i bestioni
accettano questo strano gioco, giocato in un oceano irreale, immobile e indifferente.
Finché commettiamo un errore. Sarà stata la troppa confidenza, o forse il caldo e la
stanchezza. Sta di fatto che mi dimentico di mettere la ritenuta alla randa di maestra. Un
refolo di vento, la vela prende a collo e passa di colpo. Il boma mi colpisce al capo. Non
vedo arrivare il colpo perché ho l'occhio incollato all'oculare della telecamera. Lizzi a sua
volta con l'occhio nella telecamera non ha visto nulla, ma ora alza la testa e capisce al volo.
"Ti sei fatto male?"
"No, ma ho rischiato di finire in mare"
"Da che parte stiamo andando?...!"
Nel tempo che ho impiegato a riprendermi la randa ha sbilanciato la barca che accosta
cambiando progressivamente rotta. Mentre prima ci avvicinavamo paralleli alla balena ora
abbiamo la prua che procede dritta verso il dorso addormentato, sempre immobile e ormai
vicinissimo. Resto impietrito. Accendere il motore? Non c'è tempo. Strambare di nuovo? Non
c'è tempo. La balena è a due metri e non c’è nulla che possa arrestare la barca in due metri.
“Tanto peggio” , penso, e senza sapere nemmeno io il perché inquadro la prua che avanza
verso il dorso nero.
E' strano, ma in certi momenti manca il tempo di avere paura. Si resta avvolti come dallo
stupore. La prua avanza, è verticale sopra il dorso, lo supera e nell'oculare il corpo
scompare. “Ecco adesso la tocca”, penso, immaginando il dritto di prua che va ad urtare il
bestione e attendendo di sentire il colpo e la reazione. Ma il colpo non arriva. La barca
continua a scivolare nell’acqua come se non ci fossero ostacoli. Mi sporgo. La balena è sotto
di me. L'acqua gorgoglia, piena di bolle e di vortici. Ma il corpo è più in basso e pare
inabissarsi, pur restando orizzontale. Niente rotolamento. Niente coda.
Incredibile. La balena ha capito. Ha buttato fuori l'aria e si è lasciata sprofondare nell'unico
modo in cui non sarebbe stato pericoloso ne per lei né per noi.
"Porca......"
"Dai, basta. Non è successo niente"
Basta davvero. La balena è riaffiorata più in la, come se volesse ricominciare il gioco. Noi
però ne abbiamo abbastanza. Issiamo i fiocchi e ci allontaniamo, lenti come lumache, per
lasciar calmare i battiti del cuore e ritrovare il silenzio e la noia incantata di questo mare
strano.