Lezioni 3-4 21 e 22 ottobre 2010 Italiano • I complementi del nome • Le espansioni Latino Fonetica • La pronuncia e le leggi dell’accento Morfologia • Indicativo presente, infinito presente, imperativo presente delle coniugazioni regolari • La prima declinazione Sintassi • Il nucleo a uno e due argomenti (nominativo – accusativo) • Coesivi: congiunzioni coordinanti copulative e avversative XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX Fonetica (sul manuale: fonema, sistema fonetico del latino; quantità; pronuncia scolastica e pronuncia classica) Le leggi dell'accento La legge della penultima In latino non esistono parole tronche (cioè con l'accento sull'ultima sillaba: es. "città"), né parole bisdrucciole (con l'accento sulla quartultima: es. "telèfonami"): l'accento può dunque posizionarsi sulla penultima sillaba (parole piane) o sulla terzultima sillaba (parole sdrucciole). Per sapere dove dobbiamo mettere l'accento in una parola latina, dobbiamo sempre guardare alla quantità della penultima sillaba: se essa è lunga, porta l'accento, se è breve, l'accento cade sulla terzultima. Una sillaba è sempre lunga quando è chiusa, cioè se termina per consonante (es. vic-tus, "vinto"): la sillaba vic- è lunga, indipendentemente dalla quantità della vocale, perché è chiusa. Se la sillaba è aperta (cioè termina per vocale), è lunga se contiene una vocale lunga, è breve se contiene una vocale breve: es. in laudāmus, "noi lodiamo", la sillaba -da- è lunga; in dicĭmus, "noi diciamo", la sillaba -ci- è breve. Come sapere se una sillaba è lunga o breve? Di norma, nei testi latini, le lunghe e le brevi non sono segnate. In ultima istanza, si può sempre ricorrere al dizionario, ma ci sono alcune regole che ci possono aiutare: 1. 2. 3. 4. la sillaba chiusa, è, come sappiamo, sempre lunga la vocale che precede un'altra vocale si abbrevia, anche quando fosse lunga di sua natura il dittongo è sempre lungo l'esito italiano ci aiuta a ipotizzare la quantità di una vocale 1 La legge dell'ènclisi C'è un'altra legge, che si applica anche quando fosse in contrasto con la prima, che viene detta "legge dell'enclisi". In latino, come in italiano, ci sono delle parole che non hanno autonomia d'accento, ma si "appoggiano" alla parola che le precede, e ad essa si saldano. Questo fenomeno si chiama enclisi (dal verbo greco che significa "mi appoggio, mi stendo") e queste parole sono dette enclitiche. La più frequente enclitica del latino è la congiunzione copulativa -que, che significa "e", che si pospone alla parola da copulare, e che ad essa si salda (es.: rosa violaque: la rosa e la viola). Se una parola contiene un'enclitica, l'accento va sempre sulla penultima, anche se la sillaba è breve: leggiamo cioè violằque, anche se la ă è breve. Esercizio 1 Data la quantità della penultima sillaba, poni l'accento sulle seguenti parole, tenendo conto di entrambe le leggi dell'accento: colĭmus, vidēmus, poetăque, consōlor, constāre, fidēlis, flumĭna, debēre, dicĕre, audīre, amāre, conspĭcis, fabŭla, vetĕra, solĭdus, philosophĭa, interrēgnum, rosăque, liquĭdus, calĭdus, frigĭdus, monēmus, fidesque, praemitto, consŭlo, consulto, gratulabĭlis, indoctus, felicĭtas, insĭgne, intūtus, inultus, mellītus. Esercizio 2 Dato l'accento, poni il segno della quantità sulla penultima sillaba. Ìncola, èrimus, philosòphia, dìcitis, amàmus, iudìcium, cònfero, concédo, còncido, loboriòsus, verecùndus, lùmina, spècimen, glòria, dulcèdo, vìdimus, vidèmus, legèrunt, lègerant, conspìcimus, increpàtis, fùlgidus, medùlla, pèndeo, cantàre, cànere, cìnerem, quadrìga, subèsse. XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX Radice, tema, desinenza Una forma flessiva, cioè che varia (si flette) secondo criteri definiti, è scomponibile nelle seguenti parti: • La radice, cioè la parte che esprime il significato di base. • Il tema, cioè la radice unita ai prefissi, infissi o suffissi (morfemi) che ne esplicitano il significato e specificano a quale categoria grammaticale appartiene la parola; il tema resta invariato a prescindere dalla funzione sintattica che la parola viene ad assumere nella frase. • La desinenza, cioè, il “finale” della parola (dal verbo desino, “finire”). Essa varia secondo criteri definiti in base alla categoria grammaticale di appartenenza. Le desinenze del nome, dell’aggettivo e del pronome variano ad esempio secondo il genere, il numero e, in latino, il caso; quelle del verbo secondo il modo, il tempo, la persona e il numero. Qualche esempio: nella parola italiana “amica”: am- costituisce la radice; amic- (radice + suffisso –ic-) è il tema che indica che si tratta di un aggettivo che indica la qualità dell’amare; -a è la desinenza, che varia a seconda del genere (amic-a e amic-o) e il numero (amic-i e amich-e). In “amavamo”: am- è la radice; ama- è il tema, che indica che si tratta di un verbo della prima coniugazione, ed è la parte che si mantiene inalterata rispetto a tutte le variazioni tipiche della voce verbale; nel nostro caso, 2 -va-, il suffisso specifico dell’indicativo imperfetto, -mo, la desinenza di prima persona plurale. Analogamente in latino: amicas: am- : radice amic-: tema aggettivale -as: desinenza di accusativo plurale femminile. amabamus am- : radice ama-: tema verbale del presente -ba- : suffisso caratteristico dell’indicativo imperfetto -mus : desinenza di prima persona plurale Nello studio della morfologia latina la distinzione tra radice, tema e desinenza riveste un importante valore operativo, oltre che teorico. Il verbo: le coniugazioni regolari del sistema del presente Il sistema verbale latino si basa sull’opposizione tra tema del presente (o dell’infectum) cioè dell’azione incompiuta, continuativa e del perfetto (o perfectum), dell’azione conclusa. Nel sistema del presente, si possono distinguere quattro coniugazioni regolari, dette tematiche, perché sono distinte in base alla vocale con cui finisce il tema: la vocale tematica: I coniugazione in -ā- : donā-re, “donare” II coniugazione in -ē- : merē-re, “meritare” III coniugazione in -ĕ-: mittĕ-re, “inviare” IV coniugazione in -ī- : munī-re, “fortificare” Esiste anche una coniugazione in -ĭ-, detta nella terminologia scolastica “coniugazione mista”, tipica di pochi verbi, ma molto frequenti, che viene convenzionalmente trattata a parte. La vocale tematica nel corso della coniugazione può subire variazioni fonetiche a contatto con le desinenze. L’infinito presente attivo La formula: Tema del presente+ vocale tematica + desinenza -re I coniugazione donā-re donare II coniugazione merē-re meritare III coniugazione mitt-ĕ-re mandare IV coniugazione munī-re fortificare 3 Attenzione: La desinenza originaria dell’infinito presente attivo era –se; la –s- a contatto con la vocale tematica viene a trovarsi tra due vocali e diventa –r-, secondo un fenomeno fonetico tipico del latino detto rotacismo (trasformazione in rho, la –r dell’alfabeto greco). Cfr. box a p. *** XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX Box: il rotacismo Il rotacismo (dal nome della lettera –r in greco, rho) è un fenomeno fonetico tipicamente latino che consiste nella trasformazione in –r di –s intervocalica (cioè tra due vocali): ad esempio, la –s della radice del verbo sum diventa –r quando si trova tra due vocali (ero, eram, etc…), mentre resta –s se non lo è (esse, estis, etc..). Il fenomeno smette di essere attivo nel IV secolo a.C.: se in una parola si trova una –s intervocalica, pertanto, dobbiamo pensare che si tratti di termini entrati nella lingua successivamente a tale data (ad esempio i grecismi, come pausa), oppure che siano intervenuti altri fenomeni a bloccare il rotacismo (come ad esempio in miser, in cui il rotacismo non si è verificato per evitare la sequenza di due –r). XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX L’indicativo presente attivo L’indicativo presente esprime un’azione durativa o abituale nel presente. Può anche indicare un’azione compiuta nel passato (presente storico) alla quale viene data particolare immediatezza espressiva. La formula: Tema del presente + vocale tematica + desinenze personali attive Le desinenze: Ecco l'elenco delle desinenze personali, comuni a tutte le forme verbali dell’indicativo e del congiuntivo del sistema del presente: 1 s. 2 s. 3 s. 1 p. 2 p. 3 p. -ō oppure -m -s -t -mus -tis -nt L’imperativo presente 4 L’imperativo è il modo verbale utilizzato per dare ordini. Esso nel presente ha soltanto due persone (i destinatari del comando): la seconda singolare e plurale Le forme dell’imperativo sono riconoscibili per la presenza di desinenze proprie di questo modo verbale. La formula: Tema del presente + vocale tematica + desinenze dell’imperativo presente attivo Le desinenze: 2s 2p • tema puro -te Nei seguenti verbi della terza coniugazione la –e- finale della seconda persona singolare cade (apocope): da dico, is, “dire”: dic, “dì!” da duco, is, “condurre”: duc, “conduci!” I temi verbali in i breve (o coniugazione mista) Un esiguo numero di verbi, molto frequenti e particolarmente produttivi di composti, presenta il tema del presente in -ĭ-. La coniugazione è costruita con le medesime formule delle altre coniugazioni regolari. Le caratteristiche fonetiche e grafiche che presenta la fanno largamente coincidere rispettivamente con la terza e la quarta coniugazione; tale coincidenza viene inoltre accresciuta, in alcuni casi, dal fenomeno dell’analogia. Date queste caratteristiche, la coniugazione in –i breve viene chiamata, nella terminologia scolastica, coniugazione mista. In generale, possiamo osservare che la -ĭ- è visibile in tutte le forme, tranne che in quelle che hanno il tema puro e davanti a –r, in cui diventa –ĕ. In particolare: • imperativo presente attivo seconda persona singolare: capĕ; • infinito presente attivo: capĕre XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX La prima declinazione Nel sistema nominale latino ci sono cinque declinazioni, cioè cinque differenti modelli secondo cui avviene la flessione dei nomi. La prima declinazione comprende prevalentemente nomi femminili, cui si aggiunge un esiguo numero di maschili, che designano spesso qualifiche professionali (es. agricola, “contadino”, nauta, “marinaio”) o nomi propri (Agrippa, Catilina). 5 Essa è caratterizzata da un tema in –a-. Ad esso si aggiungevano le desinenze specifiche dei casi. Nel corso dell’evoluzione della lingua sono intervenuti fenomeni fonetici e analogici che hanno reso impossibile, in diversi casi, distinguere chiaramente il tema dalla desinenza. Pugna, ae sf., “battaglia” N. G. D. Acc. V. Abl. Singolare pugn-ă pugn-ae pugn–ae pugn–am pugn–ă pugn–ā Plurale pugn–ae pugn–arum pugn–is pugn–as pugn–ae pugn–is Attenzione: • • • Il nominativo singolare corrisponde al tema breve; la coincidenza col tema è un tratto distintivo del nominativo anche in altre declinazioni. L’accusativo singolare è caratterizzato dalla desinenza in –m, tratto comune nei nomi maschili e femminili all’accusativo fin dall’indoeuropeo. La desinenza del genitivo plurale –arum è caratteristica della prima declinazione (anche nell’indoeuropeo); originariamente era *asōm; la –-s intervocalica è diventata –r-, per il fenomeno del rotacismo; la ō è diventata –u-, secondo una tendenza tipica del latino. Operativamente: • • • Sul dizionario viene riportato il nominativo singolare unitamente al genitivo: un lemma del tipo: ancilla, ae s.f. si caratterizza come sostantivo della prima declinazione femminile. Terminazioni omografe (scritte allo stesso modo) possono avere funzioni diverse: -a può essere nominativo, vocativo e ablativo singolare; ricordiamo però che la -a del nominativo e del vocativo singolare è breve, mentre quella dell’ablativo è lunga. -ae può essere genitivo e dativo singolare, nominativo e vocativo plurale; -is può essere dativo o ablativo plurale. Solo il contesto ci permetterà di individuare il caso e dunque la funzione delle parole nella frase. Il vocativo è uguale al nominativo: ritroveremo questa caratteristica in tutte le declinazioni, eccetto che per i nomi in -us della seconda declinazione. Gli aggettivi della prima classe: l’uscita del femminile in -a L’aggettivo è una forma nominale che esprime caratteristiche di vario genere (qualità, quantità, numero, posizione…) riferite a sostantivi. Di norma, non ha una funzione indipendente, ma è usato solo in stretto legame col sostantivo cui è riferito; tale legame è segnalato dalla concordanza per genere, numero e caso. 6 Il latino, come del resto l’indoeuropeo, conosce tre generi: il maschile, il femminile e il neutro; quest’ultimo, scomparso in italiano, era riservato agli oggetti inanimati, concetti o alle entità, come il bestiame, di cui non fosse specificato il sesso. In latino ci sono due classi, cioè due tipi morfologicamente distinti, di aggettivi, analogamente all’italiano, che presenta una classe di aggettivi che hanno due forme distinte per il maschile e il femminile (es.: buon-o / buon-a) e una classe di aggettivi in cui la forma del maschile e del femminile è identica (es.: intelligente). In latino la prima classe degli aggettivi ha tre uscite, cioè presenta tre distinti modelli di declinazione, uno per il maschile, uno per il femminile, uno per il neutro. Il femminile segue la prima declinazione, il maschile e il neutro la seconda. Ecco le indicazioni per cercare un aggettivo sul dizionario: il lemma dell’aggettivo viene dato iniziando dalla forma maschile, che termina solitamente in –us (che è la desinenza del nominativo singolare della seconda declinazione). Prendiamo per esempio l’aggettivo clarus “famoso”; la forma del nominativo singolare femminile è clarǎ : già ad un primo sguardo, capiamo che la desinenza in -ǎ è comune ai sostantivi della prima declinazione. Singolare N. G. D. Acc. V. Abl. clar–ă clar–ae clar–ae clar–am clar–ă clar–ā Plurale clar–ae clar–arum clar–is clar–as clar–ae clar–is XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX Predicato verbale a un argomento e a due argomenti con accusativo 1. Summa gloria semper manet. (da Cic.) 2. Amicitiam natura parit. (da Cic.) 1. Troviamo il verbo manet, “rimanere”, alla terza persona singolare. Di conseguenza il soggetto della frase è al nominativo singolare: gloria, “gloria”. Per dare una frase di senso compiuto il verbo non richiede altre determinazioni (ovvero, è intransitivo): compone dunque un nucleo a un argomento (il solo soggetto). Al soggetto è inoltre concordato un aggettivo in genere, numero e caso, summa: si tratta di un attributo del soggetto. Troviamo un altro termine, semper: si tratta di una forma invariabile, un avverbio di tempo; esso costituisce un elemento accessorio, che aggiunge una caratterizzazione temporale all’azione verbale. Traduzione: “La gloria eccelsa rimane per sempre”. 2. Anche in questo caso troviamo il verbo parit, “generare” alla terza persona singolare; di conseguenza il soggetto corrispondente è al nominativo singolare: natura, “la natura”. 7 Il verbo comporta inoltre un oggetto sul quale l’azione del “generare” si esercita. Accanto al soggetto e al verbo troviamo dunque anche un oggetto in accusativo: amicitiam, “l’amicizia”. Il verbo compone quindi un nucleo a due argomenti con nominativo e accusativo. Traduzione: “La natura genera l’amicizia”. Esercizio 3: Sottolinea i verbi e distingui i nuclei a uno e due argomenti. Non analizzare e non tradurre i sintagmi che non fanno parte del nucleo. 1. Cura animum tuum tangit. 2. Magnam curam semper suscipis. 3. Aqua pluvia in urbe nocet. 4. Preatermitto ruinas fortunarum tuarum. 5. Tullia subito accurrit. 6. Marcia flebat subitas ruiunas familiae. 7. Tolletis magnam iniuriam. 8. Avae cum puellis ludunt. 9. Iustitiae statuam in foro videmus. 10. Diligentia agricolae villas tenent. 11. Audacia amentiaque saepe iniurias parant. 12. Ancillae villam diligenter ornant. 13. Diligenter severeque sententiam dico. 14. Exstat memoria bonae filiae. 15. Seneca videt magnam turbam in circo. XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX Ricordiamo che: In latino la forma della parola cambia secondo la funzione: quando la funzione è soggetto troviamo il nominativo, quando è complemento oggetto l’accusativo. In questo modo la funzione di una parola risulta evidente, a prescindere dalla sua posizione, dall’ordine della frase. Un esempio: Agrippa Iuliam amat: il verbo amat compone un nucleo a due argomenti, un soggetto, e cioè Agrippa, che è nominativo, e un oggetto, e cioè Iuliam, che è accusativo: “Agrippa ama Giulia” La frase Iuliam Agrippa amat, anche se ha un ordine diverso, ha una struttura identica, e ancora “Agrippa ama Giulia” infatti Agrippa è sempre nominativo, e Iuliam è sempre accusativo; pertanto anche la traduzione sarà sempre la stessa. Per fare innamorare Giulia di Agrippa, non ci resta che cambiare i casi, e scrivere Iulia (nominativo) Agrippam (accusativo) amat. In conclusione, per tradurre correttamente dal latino è necessario stare attenti alle desinenze e non alla posizione delle parole, per non stravolgere il senso della frase. Costruire l’albero partendo dal verbo, e fare previsioni sul suo nucleo, anche partendo dal significato, è il più potente antidoto contro errori di questo genere. Esercizio 4 1. Puellam domina videt. 2. Prudentiam non habebat Sulla. 3. Tangit terram pluvia. 4. Opimam praeclaramque praedam militia parat. 5. Filiae dicebant summam iniuriam et acerbas contumelias. 6. Linguam obmutescit Catilina et audaciam obtorpescit. 7. Claram eloquentiam Messalla habet. 8. Memoriam clementia non tenet et iniurias remittit. 9. Ligneam materiam flamma urit. 10. Gratiam magna opera exigit. 11. Honestam vitam et laboriosam agricolae agunt. 12. Puella vivida et laeta avam delectat. 13. Puellam adflictam ava vivida delectat. 14. Copiae pugnam incipiunt. 15. Vitam beatam dominae opulentae agebant, servae duram et incertam. 16. Iram Livia supprimit. 17. Liviam 8 ira opprimit. 18. Provinciam novam piratae vastabant. 19. Poetas fama laudat. 20. Lacrimas comprimit domina. Costruire il diagramma ad albero Può essere utile costruire l’albero del nucleo della frase formata da verbi che si completano con uno o due argomenti (nominativo e accusativo). Seguiamo in ordine queste operazioni: 1) partire dal verbo: poiché è il verbo a fornirci il maggior numero di informazioni sulla struttura della frase, la prima operazione, su qualsiasi frase, è riconoscerlo e porlo al centro della struttura; 2) ricavare le informazioni del verbo: il verbo ci dice, in base alla sua costruzione che possiamo controllare sul dizionario, quali elementi dobbiamo cercare: se solo un nominativo, se un nominativo e un accusativo (in questo caso il verbo si dice transitivo); con la desinenza, il verbo ci dice che tipo di nominativo cercare: un nome (singolare o plurale) o un pronome personale ( il più delle volte sottinteso); 3) costruire il nucleo: in base al verbo possiamo delineare il nucleo della frase e costruirne l’albero; 4) tradurre il nucleo: questa operazione è essenziale perché la traduzione del nucleo permette di chiarire il significato fondamentale della frase, che offre un orientamento prezioso per stabilire coerentemente il valore degli elementi accessori (o circostanziali); 5) separare gli elementi non necessari: su un piano diverso (più in basso) collocheremo gli altri elementi della frase, che sono, ovviamente, indispensabili per capire il senso reale, ma che sono sintatticamente secondari, e quindi daranno senso solo dopo aver costruito la struttura base. Ricordiamo che tutte queste operazioni possono essere condotte in modo corretto solo se consideriamo attentamente le desinenze sia verbali che nominali. Esercizio 5 Costruisci l’albero delle seguenti frasi nucleari, poi traduci. 1. Famam et fortunas defendimus. 2. Certam viam habeo. 3. Iniurias publicas et privatas non neglegebamus. 4. Avaritiam vitare debemus. 5. Avaritia et audacia animas impellunt. 6. Agricolas perseverantia et modestia regunt. 7. Ancillas sedulas vident dominae. 8. Gratias agimus. 9. Proximas insulas nautae inspiciunt. 10. Defendo provinciam Siciliam. 11. Discipulam laudat magistra. 12. Discipulas laudat magistra. 13. Vacca herbas vorat.1 4. Fabulae delectant puellas. 15. Mensam paramus. 16. Puellae rosas legunt. 17. Poetas perpetua fama evehit. 18. Poetae silvas celebrant. 19. Territant saepe umbrae. 20. Industriam praebent nautas. 21. Incertas insidias piratae parant. 22. Puella parva aegrotat. 23 Puellae ludunt. 24. Exaudiunt deae beatae meam querelam. 25. Epistulam longam scribo. 26. Poena angit tuam vitam. 27. Asperam agricolae vitam agunt et laboriosam. 28. Mensas opulentas ancillae parabant. 29. Rosas vides et legis. 30. Nauta patriam desiderabat. 31. Ancillam sedulam clara domina laudat. 32. Matrona epistulas mittit. 33. Poetae gloriam, non pecuniam, petunt. 34. Gutta cavat petram. 35. Insulas saepe piratae vastabant. 9 Esercizio 6 Costruisci l’albero del solo nucleo delle seguenti frasi, eliminando gli elementi che non conosci; poi traduci. 1. Agricolae maxime laborabant. 2. Ancillarum copiam antiquae matronae Romanae semper habebant. 3. Silvarum umbra puellas terret. 4. Iudicii moram Dolabella quaerebat. 5. Inter sese etiam feras natura conciliat. 6. Fortuna subito commutat. 7. Horridas poenas Sulla saepe tribuebat. 8. Pudicae feminae in tantum virorum conventum accurrunt. 9. Summa gratia et eloquentia antiquitus in urbe exstabant. 10. Catilina rerum gestarum gloriam, memoriam virtutis et victoriae adimit. 11. Hostium lingua obmutescit et audacia obtorpescit. 12. Vestra auctoritate viam patefacitis claram et latam. 13. In iudicio clementiam iudicum Dolabella sperabat. 14. In omnibus rebus iram dominae vitant. 15. Adhibebant saepe antiqui domini saevitiam in servos. 16. Inculte et horride Messalla vivebat: naturam reconditam et taciturnam habebat. 17. Romanorum copiae viam per Sequanos relinquebant. 18. Reliquis deinceps diebus Agrippa silvas caedere instituit. 19. Summa pecunia Catilinae avaritiam non explet. 20. Messalla magna frumenti copia in castris habebat. 21. Piratae in navibus vitam agunt. 22. Curam puellarum ancillae levant iocis. 23. Incolae Romae in insulis sordidis vivebant. 24. Antiquitus Romanae aquam ex puteis trahebant. 25. Puellae rosas violasque ponunt in dearum aris. XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX Il vocativo e l’imperativo Il vocativo viene usato quasi esclusivamente per chiamare. E’ dunque logico trovarlo specialmente con nomi propri, o comunque di esseri animati e senzienti. E’ tipico per costituire enunciati in sé autosufficienti, che non richiedono legami con altre parole per dare luogo a frasi di senso compiuto: per chiamare qualcuno basta dire il suo nome. Il suo scopo immediato è quello di richiamare l’attenzione dell’individuo a cui è destinato un enunciato. Ecco perché lo troviamo abitualmente fra due virgole, a indicare la sua indipendenza sintattica dalla frase in cui è inserito. Osserviamo in proposito i seguenti, celeberrimi, esempi d’autore: Vivamus, mea Lesbia, atque amemus. (Cat.) “Viviamo, o mia Lesbia, e amiamo!” Quo usque tandem abutere, Catilina, patientia nostra? (Cic.) “Fino a quando, o Catilina, abuserai della nostra pazienza?” Frequentemente, troviamo il vocativo in associazione a enunciati col verbo all’imperativo, il modo verbale usato per dare ordini o esortazioni: Leonida, curre, obsecro. (Plauto) “Leonida, corri, ti prego!” Vale, mea Terentia. (Cic.) “Stai bene, o mia Terenzia! Esercizio 7 Traduci le seguenti frasi. 1. Veniam, Livia, quaero. 2. Amas sapientiam, Tullia. 3. Ama sapientiam, Tullia, et iram vita. 4. Fabulas lege, quaeso, ava. 5. Ancillae, magnam iniuriam facitis. 6. Puellae, magnam avaritiam vitate. 7. Atram curam habeo, mea Terentia; meae miseriae conficiunt animam meam. 8. Valete, filiolae meae. 10. Lucretia, filios ama. 11. Nauta, vide altas undas. 12. Agricolae, terram colite. XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX Connettori: coordinanti copulativi e avversativi 10 Il valore logico della coordinazione Linguisticamente, l’operazione di coordinazione istituisce una relazione tra termini, omogenei sul piano morfologico e sintattico. I connettori coordinanti possono coordinare tra loro sia sostantivi (“le mele e le pere”), che aggettivi (“timido ma affascinante”) che verbi (“mangio e bevo”), che intere frasi (“Ieri c’era il sole ma non sono andato a fare una passeggiata nel parco”). La coordinazione copulativa consiste nell’unione (dal latino copulare, “accoppiare”) di concetti semanticamente omogenei. In altre parole: Un enunciato del tipo “Giovanni ha comperato mele e pere” è coerente perché vengono coordinati due tipi di frutta (omogeneità semantica), due sostantivi (omogeneità morfologica), due complementi oggetto (omogeneità sintattica). Al contrario, il seguente enunciato: “Giovanni mangia una mela e avesse giocato a tennis” non è coerente perché non esiste alcun elemento a cui la forma “avesse giocato” può essere coordinato, dato che morfologicamente il primo verbo è all’indicativo presente mentre il secondo è al congiuntivo imperfetto. La coordinazione avversativa è più complessa: anch’essa associa termini morfologicamente e sintatticamente omogenei ma tra essi istituisce, sotto qualche aspetto, un’opposizione semantica. Ad esempio la frase “Giovanni è timido, ma affascinante” oppone due aggettivi (omogeneità morfologica), due nomi del predicato (omogeneità sintattica), due qualità associate al comportamento di una persona (omogeneità semantica), ma tra loro opposte (una negativa, “timido”, l’altra positiva, “affascinante”). Al contrario, non avrebbe senso un enunciato del tipo: “Giovanni è intelligente, ma buono”, trattandosi di due qualità entrambe inequivocabilmente positive e pertanto logicamente non opponibili. I connettori coordinanti copulativi In latino ci sono quattro modi per dire “e”: et atque ac -que • • • • Et, usato in funzione avverbiale (quindi non in funzione di connettore coordinante) significa “anche”. Quando viene ripetuto per unire elementi della stessa serie (et rosae et violae..) segnala un elenco e corrisponde a “sia...sia”. Mentre et, atque e ac si comportano come la congiunzione “e” italiana, precedendo il termine o la frase che vengono aggiunti, troviamo -que saldato in fondo alla parola che deve essere unita: rosae violaeque. Per questa caratteristica di non essere mai autonomo, questo connettore viene definito enclitico (letteralmente “che si appoggia su”). Semanticamente, il legame istituito da – que è strettissimo, tanto che i termini vengono quasi a costituire un’unica entità. Nelle frasi negative, la congiunzione coordinante copulativa è nec o neque, “e non”, “né”: Nec iniuriam nec contumeliam accipio (da Sen.) 11 “Non ricevo né offesa, né oltraggio”. I connettori coordinanti avversativi In latino ci sono due modi per dire “ma”: sed at Tra i due, at istituisce un’opposizione più intensa, e si trova frequentemente all’inizio di un periodo; in questo caso, tale connettore coordina in modo oppositivo l’intero periodo a quello precedente; è talora rafforzato dall’avverbio contra, che significa “al contrario”. I connettori coordinanti copulativi e avversativi (così come tutti i tipi di connettori) svolgono un’azione essenziale nella struttura logica della frase; il loro studio ragionato ci permette di controllare la coerenza degli enunciati. Un esempio: Temperantiam ac pudicitiam matronae puellaeque magnopere colunt sed vitam longam et beatam non agunt. ac unisce temperantiam e pudicitiam: due sostantivi all’accusativo, che indicano due virtù che nel sistema di valori romano si addicono particolarmente alle donne: la “temperanza”, cioè il controllo delle passioni, e la “pudicizia”. -que unisce strettamente, i due sostantivi al nominativo plurale matronae puellaeque, “le matrone e le fanciulle”: la componente femminile della familia romana che costituiscono quasi una entità singola, e infatti sono copulati dal –que enclitico. et unisce due aggettivi all’accusativo singolare, coordinati a vitam di cui sono attributi: longam e beatam (due qualità positive). sed coordina avversativamente due frasi: i verbi sono entrambi alla terza plurale e sono accomunati dal medesimo soggetto, matronae puellaeque. Traduciamo: “Le matrone e le fanciulle praticano grandemente la temperanza e la pudicizia, ma non conducono una vita felice”. La coerenza è confermata: le azioni sono in rapporto di opposizione: all’impegno alacre e considerato positivamente nella prima frase corrisponde una condizione negativa, del resto tipica delle donne dell’antichità. Esercizio 8 Sottolinea i sintagmi uniti dai connettori copulativi e avversativi, e indica se si tratti di coppie di nomi, di aggettivi o di verbi. Quindi traduci. 1. Famam fortunasque meas defendebam. 2. Et prudentiam et temperantiam antiquae matronae colebant. 3. Iniurias abhorreo et vito. 4. Ludit et Iulia. 5. Sapientiam iniuriae nec comminuunt nec violant. 6. Sanctimonia ac diligentia tenent bonas ancillas. 7. Sanctam atque sinceram constantiam semper servate, puellae. 8. Non pecuniam sed vitam nostram patria petit. 9. Non mala sed misera ancilla lacrimas multas fundebat. 10. Summa audacia atque amentia Catilinam tenebat. 11. Fortuna dat pecuniam, at natura sapientiam. 12. At contra non semper persuadet eloquentia. 13. Multam aquam agricolae desiderant, at et paucam libenter accipiunt. 14. Memoriam firmat atque alit exercitatio (nom. femm. sing. “esercizio”). 15. Catilina patriam et incolas perdere cupiebat. 12