ECONOMIA AMBIENTALE, ECONOMIA ECOLOGICA E IL CONCETTO DI SVILUPPO SOSTENIBILE GIUSEPPE MUNDA UNIVERSITA’ AUTONOMA DI BARCELLONA DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E STORIA ECONOMICA 08193 BELLATERRA (BARCELLONA) SPAGNA SINTESI: Questo studio presenta una discussione sistematica, soprattutto per i non-economisti, sugli approcci economici al concetto di sviluppo sostenibile. In un primo momento il concetto di sostenibilità è ampiamente discusso. In un secondo momento, la tesi secondo la quale non è possibile considerare la sostenibilità soltanto da un punto di vista economico o ecologico, è difesa; questioni come integrazione economica ed ecologica, equità intergenerazionale e intra-generazionale sono considerate di fondamentale importanza. Sono confrontati due diversi approcci economici alle questioni ambientali cioè economia ambientale neo-classica ed economia ecologica. Alcune differenze chiave come sostenibilità forte e debole, incommensurabilità e commensurabilità, neutralità etica contro l’accettazione di diversi valori sono posti in rilievo. PAROLE CHIAVE: economia ecologica, scienza post normale, co-evoluzione, economia istituzionalista, sostenibilità, incommensurabilità. 1. INTRODUZIONE La crescita della popolazione mondiale e la rapida crescita delle attività economiche hanno causato stress ambientali in tutti i sistemi socio-economici. C’è un generale consenso scientifico che problemi come l’effetto serra (cambiamenti climatici) l’assottigliamento dello strato d’ozono, le piogge acide, la perdita di biodiversità, gli inquinamenti tossici e l’esaurimento delle fonti rinnovabili e non rinnovabili siano chiari segni dell’insostenibilità ambientale. Gli economisti tradizionali neo-classici analizzano i processi di formazione dei prezzi considerando il sistema economico come un sistema chiuso: le imprese vendono beni e servizi, e poi remunerano i fattori produttivi (terra, lavoro, capitale). E’ interessante notare che mentre gli economisti classici come Malthus (1798), Ricardo (1871), Mill (1857), e Marx avevano chiaro nelle loro menti che l’attività economica fosse condizionata dall’ambiente, gli economisti neo-classici hanno completamente dimenticato quest’importante caratteristica delle reali economie mondiali fino agli anni ’70, quando iniziò il dibattito sui limiti sociali e ambientali alla crescita economica. L’economia reale iniziò ad essere vista come un sistema aperto che per funzionare deve estrarre risorse dall’ambiente e si disfa di una gran quantità di rifiuti gettandoli nell’ambiente (Ayres e Kneese, 1969). La funzione di supporto alla vita degli economisti (De Groot, 1992) è connessa con il ruolo fisico, chimico e biologico nel sistema globale. Gli ecosistemi possono essere divisi in tre categorie: • Ambienti naturali o ecosistemi naturali alimentati dal sole (oceani aperti, zona umida, foreste pluviali). • Ambienti civilizzati o ecosistemi in cui il sole è stato sostituito dall’uomo (terre coltivate, acquicoltura, terreni boscosi). • Ambienti artificiali o sistemi urbani e industriali alimentati da combustibile (città aree industriali, aeroporti). E’ evidente che gli ambienti artificiali non sono autosufficienti. Per essere sostenuti essi dipendono dagli ambienti naturali e da quelli civilizzati. Lo stress causato dall’eliminazione dei rifiuti e degli inquinamenti, che interessa negativamente il riciclaggio, i cicli di feed-back e i meccanismi di controllo degli ecosistemi che supportano la vita e a causa di ciò la produzione e il mantenimento dei beni e servizi ambientali. Negli anni ’80, la consapevolezza dei reali o potenziali conflitti tra la crescita economica e l’ambiente portarono al concetto di sviluppo sostenibile. 2. IL CONCETTO DI SVILUPPO SOSTENIBILE. Tradizionalmente il P.I.L. è stato considerato come il miglior indicatore per misurare l’economia nazionale e il benessere. Ma se l’esaurimento delle risorse e il degrado sono fattori nei trends economici, ciò che emerge è un quadro radicalmente differente da quello descritto dai metodi convenzionali (Daly e Cobb, 1990). In termini ambientali il P.I.L. è chiaramente difettoso. • Nessun valore è dato alla distruzione e al degrado ambientale. • Il valore delle risorse naturali è pari a zero. Le spese di ripristino e di rimedio come le misure di abbattimento dell’inquinamento, cure per la salute, sono considerate come contributi positivi al P.I.L. visto che comportano spese per beni e servizi economici. Cerchiamo di chiarire alcuni punti fondamentali del concetto di “sviluppo sostenibile”. Nelle scienze economiche per “sviluppo” si intende “l’insieme dei cambiamenti nelle strutture economiche sociali, istituzionali, e politiche necessarie per mettere in atto la transizione da una economia pre-capitalistica basata sull’agricoltura a un’economia industriale e capitalistica” (Bresso). Una definizione di questo tipo presenta due caratteristiche principali. I cambiamenti necessari non sono soltanto quantitativi (crescita del P.I.L.), ma anche qualitativi (sociali, istituzionali e politici ). Il solo modello possibile di sviluppo è quello dei paesi industrializzati occidentali. Questo implica che il concetto di sviluppo sostenibile è visto come un processo di fusione culturale verso la migliore conoscenza, i valori migliori, la migliore organizzazione e le migliori tecnologie. Il concetto di sviluppo sostenibile ha un ampio consenso, in parte perché, in contrasto con l’idea di crescita zero di Daly, non mette la crescita economica e la conservazione dell’ambiente in netta opposizione. Piuttosto lo sviluppo sostenibile porta l’ideale di un’armonizzazione o di realizzazione simultanea della crescita economica e della conservazione degli interessi ambientali. Per esempio Barbier scrive che lo sviluppo implica: “massimizzare simultaneamente gli obiettivi del sistema biologico (diversità genetica resilienza, produttività biologica) gli obiettivi del sistema economico (soddisfazione dei bisogni primari, miglioramento dell’equità, incremento dei beni e servizi utili) e gli obiettivi del sistema sociale (diversità culturale, sostenibilità istituzionale, giustizia sociale, partecipazione)”. Questa definizione chiaramente rileva che lo sviluppo sostenibile è un concetto multi-dimensionale, ma come l’analisi multicriteriale ci insegna è impossibile massimizzare obiettivi diversi nello stesso momento. Per esempio, in accordo con gli attuali valori sociali nei paesi occidentali avere una macchina ogni due tre persone potrebbe essere considerato un obiettivo ragionevole nei paesi meno sviluppati. Questo implicherebbe un numero di auto dieci volte più grande del presente, con enormi conseguenze per il riscaldamento globale, l’esaurimento del petrolio, la perdita di terre coltivabili, rumore, produzione di CO2 e NO8. Consideriamo uno studio delle Nazioni Unite citato da Bresso. Nel 1980, il consumo mondiale di energia era dieci terawatt/ora, senza incremento dei consumi nei paesi meno sviluppati, entro il 2025, l’intera popolazione mondiale necessiterebbe di quattordici terawatt /ora. Se i consumi dell’intera popolazione mondiale fossero ai livelli dei paesi occidentali, allora sarebbero 55 terawatt/ora. E’ chiaro come è difficile mettere in pratica l’idea di sviluppo sostenibile. Da un punto di vista economico i costi e i benefici della crescita economica sono incommensurabili. Inoltre l’ecologia da sola non può spiegare (usando il concetto di capacità di carico) un’importante caratteristica degli esseri umani: le enormi differenze nell’uso dei materiali ed energia tra diverse popolazioni e diversi territori. La distribuzione geografica è determinata storicamente e non biologicamente. Possiamo sintetizzare, le caratteristiche principali dello sviluppo sostenibile così: primo, un importante caratteristica è la questione dell’equità distribuzionale sia nella stessa generazione (equità intra-generazionale) che tra diverse generazioni (equità inter-generazionale). Secondo è necessaria un’integrazione economica-ecologica. Soprattutto in termini di utilizzo delle risorse e delle emissioni inquinanti. Possiamo porre una domanda “sviluppo sostenibile” di chi ? Noorgard scrive “i consumatori vogliono che il consumo sia sostenuto, i lavoratori vogliono che i posti di lavoro siano sostenuti. I capitalisti e i socialisti vogliono i loro “ismi”, mentre gli aristocratici e i tecnocrati vogliono le loro “crazie”. Possiamo concludere che il management dell’ambiente è effettivamente un’analisi conflittuale caratterizzata da giudizi di valore, tecnici, socio-economici, ambientali e politici. Il concetto della distribuzione ecologica si riferisce alle asimmetrie o ineguaglianze sociali, spaziali o temporali nell’uso dei servizi e delle risorse dell’ambiente da parte dell’uomo. Così, le asimmetrie territoriali tra le emissioni di SO2 e i pesi delle piogge è un esempio della distribuzione ecologica spaziale; la disuguaglianza inter-generazionale tra l’utilizzo dell’energia nucleare e il peso dei rifiuti radioattivi è un esempio di distribuzione ecologica temporale. Negli Stati Uniti, il termine “razzismo ambientale” è utilizzato per descrivere la localizzazione delle industrie che inquinano o di depositi di rifiuti tossici nelle aree dove vive la popolazione più povera. Questo è un esempio di distribuzione ecologica sociale. Nelle prossime sezioni esamineremo come l’economia ambientale neo-classica e l’economia ecologica si differenziano nell’affrontare l’argomento dello sviluppo sostenibile. In particolare sarà posta in rilievo la differenza tra sostenibilità forte e sostenibilità debole. 3. L’ECONOMIA AMBIENTALE NEO-CLASSICA 3.1 I principi base L’economia ambientale può essere considerata come una particolare specializzazione dell’economia neo-classica che studia due argomenti fondamentali: 1. Le esternalità ambientali. 2. Il corretto management delle risorse naturali ( in particolare, l’allocazione intergenerazionale ottimale delle risorse non rinnovabili ). Da un punto di vista epistemologico gli economisti appartenenti alla scuola neo-classica prendono ispirazione dalla meccanica di Newton. Essi tendono a credere nella neutralità e nell’oggettività dei prezzi e considerano le loro idee come scientifiche. Le decisioni razionali sono connesse con l’esistenza di soluzioni ottimali basate su calcoli in termini monetari o unidimensionali ( assunzione di completa commensurabilità ). Va notato che dare un prezzo ( valore ) preciso a un’esternalità ambientale implica la soluzioni di importanti problemi,l’incertezza collegata all’impatto ambientale, un corretto orizzonte temporale e un corretto tasso di sconto. Gli economisti neo-classici hanno una visione del tutto ottimista del progresso tecnologico e della crescita economica. Essi generalmente riconoscono che anche se le tecnologie prodittive di un economia possano potenzialmente produrre aumenti di produzione nella stessa misura degli aumenti di fattori produttivi, soprattutto la produzione sarebbe vincolata dai limitati approvvigionamenti di risorse (teoria della crescita con risorse esauribili ) ma questi limiti possono essere superati dal progresso tecnologico: se il tasso del progresso tecnologico è abbastanza alto da controbilanciare il declino della quantità di servizi delle risorse naturali pro capite, la produzione per lavoratore potrebbe aumentare illimitatamente. sostituibile Un’affermazione più forte è la seguente : anche in assenza di progresso tecnologico le risorse esauribili non costituiscono un problema fondamentale se il capitale artificiale riproducibile è sufficientemente alle risorse naturali. Questo concetto di sostituire i capitale naturale con più capitale artificiale produttivo può essere criticata da più parti. • Se il capitale si svaluta in proporzione costante e le risorse sono esauribili sono indispensabili, a causa del consumo dovrebbero alla fine andare a zero (assumendo che non ci siano cambiamenti tecnologici ). • Il capitale artificiale non è indipendente dal capitale naturale; poiché le risorse sono richieste per costruire i beni capitali il successo di ciascun tentativo di sostituire il capitale alle risorse sarà limitato dal volume verso il quale l’aumento del capitale richiede un input di risorsa. L’idea della sostituzione potrebbe essere mantenuta se dimostrassimo che l’extra produttività in km ( capitale artificiale ) supera le risorse naturali extra che vengono utilizzata nella produzione di km. A questo punto tutto quello che possiamo dire è che questo non è ovvio. • Un limite alla sostituibilità tra capitale naturale e capitale artificiale è che il capitale naturale ha la caratteristica della multifunzionalità ( tutte le funzioni di supporto alla vita ) una caratteristica simile non è condivisa dal capitale artificiale (Pearce e Turner ). Il cosiddetto concetto di sostenibilità debole (Pearce e Atkinson ) afferma che un’economia può essere considerata sostenibile se risparmia di più della combinazione dei deprezzamenti del capitale naturale e di quello artificiale. Possiamo accettare la perdita di ambiente purché controbilanciamo questa perdita aumentando lo stock di strade o macchinari, o altro capitale artificiale (fisico ). Alternativamente, noi possiamo avere meno strade e fabbriche purché compensiamo avendo più zone umide o foreste umide miste o più istruzione (Turner ). La sostenibilità debole è basata su un’assunzione molto forte, la perfetta sostituibilità tra le diverse forme di capitale, così tutte le critiche presentate sopra sono applicabili anche a questo. Sotto le condizioni della sostenibilità debole, la sostenibilità è equivalente a lasciare le generazioni future con uno stock totale di capitale non inferiore a quello utilizzato dalle generazioni presenti. Cebeza fa notare che il concetto di sostenibilità non è altro che un sottoprodotto della teoria della crescita con risorse esauribile quando: • La definizione di equità inter-generzionale è ristretta a un livello di non diminuzione dei consumi pro capite, e • la relazione tra economia e ambiente è limitata dall’introduzione nella funzione di produzione di un fattore aggregato chiamato capitale naturale. Di fatto, la sostenibilità debole è semplicemente una diversa esposizione della così chiamata regola di Hartwick-Solow regola, la quale sostiene che per avere un flusso di livelli di consumo pro capite costanti fino all’infinito, la società dovrebbe reinvestire tutti i ricavi che provengono dall’utilizzo dei flussi e degli stock di risorse esauribili. Critiche sui risultati empirici dei calcoli di Pearce e Turner si possono trovare in Martinez Alier. 3.2 La regola del capitale costante di Pearce e Turner Pearce e Turner sebbene siano all’interno dell’ossatura dell’economia convenzionale, hanno diverse posizioni nell’affrontare i problemi ambientali. Essi dedicano la loro attenzione alla desiderabilità e al significato del mantenimento dello stock di capitale naturale come condizione per lo sviluppo sostenibile. Il mantenimento dello stock di capitale naturale è considerato desiderabile soprattutto perché il ruolo che gli ambienti naturali svolgono nel supportare e sostenere i sistemi economici è coperta da incertezza scientifica. Poiché esiste l’incertezza sul modo in cui gli ambienti funzionano, sia internamente sia nelle interazioni con l’economia, un trade-off tra i benefici nella sostituzione tra capitale artificiale e naturale non è realistico. Inoltre la maggior parte delle decisioni ambientali sono caratterizzate dall’irreversibilità: se viene commesso un errore, non è possibile correggerlo successivamente ( è piuttosto difficile ricreare una foresta tropicale ).Così la presenza di incertezza e irreversibilità insieme dovrebbe rendere gli esseri umani più circospetti nell’abbandonare il capitale naturale. Ma cosa significa stock di capitale naturale costante? Pearce e Turner danno quattro possibilità: 1. La quantità fisica degli stock di risorse naturali non dovrebbe cambiare 2. Il valore totale degli stocks naturali dovrebbe rimanere costante in termini reali ( approccio economico standard ). 3. Il valore unitario dei servizi delle risorse naturali, misurate dai prezzi delle risorse naturali dovrebbe rimanere costante in termini reali. 4. Il valore delle risorse che fluiscono dagli stock di risorse naturali dovrebbe rimanere costante in termini reali. Dove i flussi di risorse sono il prodotto dei prezzi delle quantità utilizzate, è possibile permettere alla quantità di diminuire , ma al prezzo di aumentare, mantenendo il valore costante. Pearce e Turner riconoscono alcuni dei difetti di ognuna di queste definizioni di capitale naturale costante, altri punti deboli sono stati indicati da Victor. Le misurazioni dello stock di capitale naturale fatte elusivamente in termini fisici sono problematiche, secondo questi autori, a causa delle difficoltà di sommare quantità fisiche diverse espresse in unità di misura differenti. Per questo motivo viene data un’altra interpretazione, valutando ciascun stock di risorse in termini monetari può essere misurato il valore totale delle risorse naturali. Un problema ovvio è che molte risorse naturali non hanno prezzi rilevabili, così qualcuno in qualche modo dovrebbe trovare prezzi impliciti o prezzi ombra.. Anche quei prezzi che esistono possono non essere utili; potrebbero essere colpiti da imperfezioni del mercato e tasse e potrebbero escludere le esternalità coinvolte nella produzione e nell’utilizzo delle risorse. Ci sono ulteriori problemi nell’utilizzare i prezzi di mercato per valutare lo stock aggregato di capitale naturale. I prezzi delle risorse o i prezzi netti riflettono condizioni ai margini e usarli per valutare interi stocks può dare risultati sballati; per esempio è possibile che il prezzo reale o il prezzo netto di una risorsa aumenti nel tempo allo stesso tasso ( o più velocemente ) che il tasso di diminuzione dello stock fisico delle risorse. Questa possibilità è di un interesse più che teorico. Se il prezzo o il prezzo netto aumentano mentre la quantità delle risorse si riduce, il valore dello stock di risorse come indicatore di sostenibilità può dare al governo il segnale di una politica sbagliata. Fin tanto che il valore dello rimane costante o aumenta il governo attraverso questo indicatore non percepirà il problema anche se il flusso delle risorse sta crescendo di valore (come misurato dai prezzi) e lo stock sta diminuendo. La terza e la quarta interpretazione di Pearce e Turner dello stock di capitale costante utilizza anche i prezzi di mercato e quindi critiche simili hanno senso fatte in relazione al mantenimento costante dello stock di capitale. Sebbene l’idea dello stock di capitale naturale costante sia molto importante e desiderabile ( il mantenimento del capitale naturale è un importante pre-requisito per la sostenibilità ) va ammesso che le considerazioni di cui sopra dimostrano che lo sviluppo di indicatori rilevanti collegati con questa idea è abbastanza difficile. Questo soprattutto perché basato sull’assunzione della completa commensurabilità monetaria. 4. ECONOMIA ECOLOGICA I nessi tra ecosistema e sistema economico sono il punto centrale dell’economia ecologica. Una buona definizione di cosa si intende per economia ecologica è la seguente. La crescente consapevolezza che il sistema che sostiene la nostra vita ecologica globale è in pericolo, ci costringe a capire che le scelte fatte sulla base di criteri locali, ristretti, di breve termine, possono produrre, nel lungo termine, disastrosi risultati globali. Noi stiamo iniziando anche ad accorgerci che i modelli economici ed ecologici tradizionali non sono in grado di affrontare appieno i problemi ecologici globali. L’economia ecologica è un nuovo campo di studi trans-disciplinare che affronta la relazione tra ecosistema e sistema economico nel senso più ampio…. L’Economia ecologica (EE) differisce da entrambe, economia ed ecologia convenzionale, per l’ampiezza della sua percezione dei problemi, e l’importanza che assegna all’interazione ambiente-economia. (Costanza e altri, 1991, pp. 2-3) Uno schema semplificato del possibile approccio scientifico delle interazioni Ambiente-Economia può essere quello in fig. 1. La metà sinistra riguarda quegli approcci che usano diversi criteri di valutazione per analizzare l’interazione tra sistemi ecologici e economici, e nella metà destra si usa un comune denominatore per questa valutazione, come la moneta o l’energia. L’economia ecologica rifiuta categoricamente il paradigma della commensurabilità e riconosce l’esistenza dell’incommensurabilità tra gli aspetti economici e ambientali. Di conseguenza è necessario un nuovo paradigma scientifico. VALUTAZIONE DENOMINATORI MULTIPLI SCIENZE NATURALI VALUTAZIONE DENOMINATORI SINGOLI Approccio dei SISTEMI ECOLOGICI Approccio BIOFISICO ECOLOGIA E ECONOMIA SCIENZE SOCIALI ISTITUZIONALISM O e altre PROSPETTIVE ECONOMICHE Approccio NEO – CLASSICO Figura 1. Modello concettuale semplificato di prospettive e approcci ecologici ed economici sul problema ambientale (da Folke e Kaberger 1991, p.275) 4.1. Fondamenti epistemologici dell’economia ecologica 4.1.1. Scienza post-normale ed economia istituzionale In ogni scienza esiste un paradigma o una visione pre-analitica: la ricerca deve iniziare da qualche parte, di conseguenza qualcosa è assegnato da un atto cognitivo pre-analitico. Tutti iniziano la propria ricerca dal lavoro dei propri predecessori. Secondo Kuhn (1962), gli scienziati normalmente sono persone comuni (così né impeccabili ‘raccoglitori’ di verità della tradizione positivista, né eroici congetturalisti alla Popper) interessate solo a risolvere ricerche rompicapo dentro una struttura, non messa in discussione, di concetti e metodi. I problemi globali ambientali offrono nuovi incarichi per la scienza: gli scienziati ora affrontano problemi che vengono sollevati da esigenze di “policy” (politiche di intervento dei governi), dove tipicamente i fatti sono incerti, i valori in discussione, la posta è alta e le decisioni urgenti (Funtowicz e Ravetz, 1990, 1991, 1994). Così Funtowicz e Ravetz hanno sviluppato una nuova struttura epistemologica chiamata “scienza post-normale”, dove è possibile fare uso di due aspetti cruciali della scienza nel campo delle politiche (policy): incertezza e conflitto di valori. Il nome “post-normale” indica che gli (ordinari) esercizi di problem-solving della scienza normale, nel senso di Kuhn, i quali sono estesi con grande successo dal laboratorio delle scienze di base alla conquista della natura attraverso la scienza applicata, non sono più adatti alla soluzione dei problemi ambientali. Gli economisti neo-classici hanno tradizionalmente potuto mantenere la loro credibilità relegando in secondo piano l’incertezza nella conoscenza e la complessità nell’etica. Ma, l’incertezza nelle informazioni in ingresso produce irriducibile incertezza nelle conclusioni; il problema della qualità delle policy suggerite è relativo al loro grado di robustezza rispetto all’incertezze. Come scienza post-normale, l’economia ecologica riconosce la presenza, l’importanza e la legittimità di diversi principi di valore per una appropriata gestione dell’incertezza. Non rivendica neutralità morale, né indifferenza verso conseguenze delle politiche delle sue posizioni. Dato che la scienza viene usata per politiche, è stato scoperto che “lay-persons” (uomo della strada) (per esempio giudici, giornalisti, scienziati di altri campi, o semplici cittadini) possono conoscere a fondo quanto basta della metodologia per diventare partecipanti effettivi al dialogo. Un principio basilare della scienza post-normale è che questi nuovi partecipanti sono indispensabili. Questa estensione della peer comunity (comunità dei parigrado) è essenziale per mantenere la qualità dei processi di risoluzione dei sistemi complessi. Di conseguenza l’appropriata gestione della qualità è arricchita dall’inclusione di questa molteplicità di partecipanti e prospettive. I criteri di qualità in questo nuovo contesto, come nella scienza tradizionale, presupporranno principi morali. Ma in questo caso, i principi saranno chiari e diventeranno parte del dialogo. Secondo Funtowicz e Ravetz (1994), l’approccio analitico tradizionale, che riduce implicitamente o esplicitamente tutti i beni a prodotti, può essere riconosciuto come una prospettiva tra le tante, legittimo come punto di vista e come riflessione delle strutture reali di potere, ma non (può essere considerato in grado di spiegare) l’intera storia. Scegliere una qualsiasi definizione operativa del valore implica prendere una decisione su ciò che è importante e reale; altre definizioni rifletteranno le posizioni di altri stakeholders. Riguardo ai problemi ambientali, si dovrebbe notare che anche l’economia istituzionalista (Bromley, 1989, Myrdal, 1973, 1978) condivide la visione secondo cui i conflitti tra interessi e parti interessate sono il normale stato delle cose. L’economia istituzionale si focalizza sugli attori, la loro visuale del mondo, abitudini, ecc., e sulle istituzioni esistenti. Quest’ultimo termine fa riferimento all’organizzazione, alle regole del gioco, ai rapporti di forza, ai diritti, e ad altri tipi di controllo sulle risorse (Söderbaum, 1992, p.131). Alcune relazioni tra l’economia ecologica e l’economia istituzionale sono state studiate da Aguilera-Klink (1994; 1996), Klaassen e Opschoor (1991), Opschoor e van der Straaten (1993) e Söderbaum (1992). I principali punti in comune sono stati individuati nell’impossibilità di una scienza “value free” (n.d.t. che non si fondi, anche solo implicitamente, su assunzioni etiche), l’enfasi sull’importanza della distribuzione dei diritti di proprietà, e una dura critica al riduzionismo monetario. Quanto valore ha il canto di un uccello? Rispondere a questa domanda rappresenta un nuovo problema di valutazione, dove le misurazioni non possono pretendere di essere indipendenti dalla metodologia e dall’etica. La questione non è se è solo il mercato che può determinare il valore, dato che gli economisti hanno lungamente discusso sui altri strumenti di valutazione; la nostra preoccupazione è che in ogni dialogo il presupposto è che tutte le valutazioni o “numerari” dovrebbero essere riducibili ad una singola dimensione standard. (Funtowicz e Ravetz, 1994, p.198) William Kapp, probabilmente il primo economista istituzionalista con interessi ambientali, scrisse nel 1970: Porre un valore monetario e applicare un tasso di sconto (quale?) alle utilità o disutilità future per esprimere il loro valore attuale capitalizzato ci può dare un preciso calcolo (n.d.t.) valore monetario, ma questo non ci leva dal dilemma di una scelta e il fatto che corriamo un rischio sulla salute umana e la sopravvivenza. Per questo motivo, io sono propenso a considerare che il tentativo di misurare i costi sociali e i benefici sociali in termini monetari o valori di mercato è destinato a fallire. I costi sociali e i benefici sociali vanno considerati come un fenomeno extra-mercato; loro sono nati e derivano dalla società nel complesso, sono eterogenei e non possono essere confrontati quantitativamente tra loro e con gli altri nemmeno in linea di principio. Da una prospettiva filosofica, è possibile distinguere tra il concetto di commensurabilità forte (misura comune delle diverse conseguenze di un’azione basata su una scala di misurazione cardinale), commensurabilità debole (misura comune basata su una scala di misurazione ordinale), comparabilità forte (esiste un singolo termine di comparazione con il quale differenti azioni sono classificate) e comparabilità debole (si accetta l’esistenza di conflitti tra differenti conseguenze di un’azione) (O’Neill, 1993). Chiaramente, la tradizionale analisi costi-benefici è basata sull’assunzione di una comparabilità forte, mentre la comparabilità debole può essere considerata la base filosofica della valutazione multicriteriale (Martinez-Alier e altri,1996; Munda e altri, 1994; Munda, 1995). I metodi usati nella valutazione multicriteriale sono basati su assunzioni matematiche (necessariamente restrittive) e anche su informazioni raccolte dai “decision-maker”. Così il concetto di “processo decisionale” ha un’importanza essenziale. Secondo Simon (1972, 1978, 1983), una distinzione può essere fatta tra la nozione generale di razionalità come un adattamento agli scopi degli strumenti disponibili, e le varie teorie e modelli basati su una razionalità che è per lo più sostanziale o procedurale. Questa terminologia può essere usata per distinguere tra la razionalità di una decisione considerata indipendentemente dal modo con cui questa è fatta (nel caso di razionalità sostanziale, la valutazione di razionalità si riferisce esclusivamente ai risultati della scelta) e la razionalità di una decisione in termini del modo in cui è presa (nel caso di razionalità procedurale, la valutazione di razionalità si riferisce al processo di presa delle decisioni) (Froger e Munda, 1997). Dobbiamo ammetterlo, l’analista può grandemente influenzare i risultati di un’analisi decisionale, ma il vantaggio della valutazione multicriteriale è che gli effetti di “scatola nera” (non trasparenza) sono ridotti ai minimi livelli: così in teoria è sempre possibile giustificare o difendere le decisioni prese. Di certo una decisione difendibile non è la migliore decisione possibile, ma almeno è una decisione trasparente. L’analista è generalmente soggetto a pressioni di uomini politici o stakeholders che vogliono influenzare i risultati del processo di valutazione. 4.1.2 Il paradigma coevolutivo. C’è un’interazione sempre attiva e costante tra gli organismi viventi e il loro habitat; gli organismi non sono semplicemente i risultati ma anche le cause dei loro ambienti: questa è la tesi centrale del “paradigma coevolutivo”(Norgaard, 1994; Gowdy, 1994).Lo sviluppo economico può essere visto come un processo d’adattamento ad un ambiente che cambia, mentre è esso stesso fonte di un tale cambiamento. Tuttavia la coevoluzione non comporta necessariamente un cambiamento in una particolare direzione (es. il progresso). In biologia, coevoluzione fa’ riferimento all’esempio di cambiamento evolutivo di due specie strettamente interagenti, dove l’aspetto dei tratti genetici di ogni specie dipende in gran parte dai tratti genetici dominanti dell’altra.Partendo da uno studio sull’adattamento reciproco di farfalle e piante fu così coniato il nome di “coevoluzione biologica ” (Ehrlich and Raven, 1964). Nelle società odierne le persone sopravvivono per la maggior parte come membri di gruppi. Il successo del gruppo si fonda sulla conoscenza: sistemi di valori, le religioni e le forme d’arte che sostengono le organizzazioni sociali e ne concretizzano l’azione. Principi e religioni hanno fatto sì che l’ecosistema sopravviva e si moltiplichi; o per lo meno che non scompaia.Ed in questo modo, gli aspetti culturali sono stati selezionati maggiormente, rispetto ad i tratti genetici.Allo stesso tempo, i valori culturali e le religioni influenzano il modo di interagire delle persone con il loro ecosistema e forniscono specifiche pressioni sulle specie.Non solo si è avuta coevoluzione tra le persone e l’ambiente, ma anche tra i sistemi sociali ed i sistemi ambientali.(Norgaard 1994, p.41) L’attività agricola ebbe inizio, in un periodo compreso tra i cinque ed i dieci mila anni fa quando, c’erano approssimativamente cinque milioni di persone nel mondo. L’incredibile incremento della popolazione fu possibile solo grazie ad un continuo aumento dell’efficienza con la quale le persone interagivano con l’ambiente mediante lo sviluppo di nuove conoscenze, tecnologie e forme sociali. Secondo Norgaard, l’incremento delle qualità dei materiali e del tasso di crescita della popolazione nel secolo scorso, può essere interpretato come un processo coevolutivo. Con l’industrializzazione, i sistemi sociali si svilupparono più facilmente grazie all’introduzione del carbone e del petrolio. Gli idrocarburi portarono notevoli facilitazioni allo sviluppo delle società nell’immediato, ma non le liberarono dai vincoli ambientali- la non rinnovabilità degli idrocarburi ed i limiti dell’atmosfera e degli oceani all’assorbimento d’anidride carbonica ed altri gas serra collegati con le economie dei combustibili fossili. (Norgaard, 1994, p.44) Dall’esempio coevolutivo possono essere desunte queste regole: 1. A priori sono plausibili diversi modelli di coevoluzione, inoltre non esiste un'unica strada per uno sviluppo ottimale.Una visione ad ampio raggio è la chiave per rappresentare lo sviluppo sostenibile. 2. Il rispetto della diversità culturale è di fondamentale importanza. Nell’amministrazione ambientale la conoscenza e l’esperienza (essendo il frutto di un lungo processo di coevoluzione) talvolta sono più utili delle opinioni di esperti. 3. I sistemi che co-evolvono hanno ruoli e relazioni che variano in maniera imprevedibile.In qualsiasi momento, essi possono essere visti come un ecosistema ma allo stesso tempo essi sono imprevedibili come l’evoluzione della vita stessa. C’è da rilevare come i principi del paradigma coevolutivo, dell’economia classica e della " post normal science " si avvalorino tra loro.Essi hanno in comune principi contrastanti, "democratizzazione" della scienza ed incertezza. La "post normal science" e l’economia classica sottolineano l’importanza della incommensurabilità e dei processi decisionali; la coevoluzione rileva invece l’importanza dell’iterazione economia ambiente. 4.2 INTERAZIONE ECONOMIA-AMBIENTE 4.2.1 La questione del bilanciamento. Gli approcci sistemici alle questioni ambientali prendono in considerazione le relazioni fra tre diversi sistemi: il sistema economico, il sistema umano ed il sistema naturale.(Passet ,1979). Il sistema economico include tutte le attività economiche dell’uomo come la produzione, gli scambi ed i consumi.Data la limitatezza del fenomeno esso è stato facilmente ricondotto a sistema.Il sistema umano comprende tutte le attività dell’essere umano sul nostro pianeta.Includendo in esso i campi della biologia umana, delle idee, dell’estetica e della moralità costituisce la struttura della vita stessa. Da quando è chiaro che il sistema economico non costituisce la totalità del sistema umano, possiamo desumere che il sistema economico sia un sottosistema del sistema umano.In conclusione possiamo affermare che il sistema naturale comprenda sia quello umano e quindi quello economico.(Nijkamp and Bithas, 1995). Da un punto di vista economico-ecologico l’espansione del sottosistema economico incontra un limite nella grandezza finita dell’ecosistema mondiale; questa sua dipendenza gli assicura la sopravvivenza, grazie ad intricati legami con l’ecologia che sono stati più facilmente interrotti ( o arrestati) come scala della crescita economica che rispetto a tutto il sistema.Dopo l’espansione umana il conseguente utilizzo e smaltimento dei rifiuti e degli inquinanti, ha apportato cambiamenti non solo sull’ambiente come tale, ma anche sul livello e la composizione ecocompatibile dei prodotti e dei servizi richiesti per "sostenere"la società, il sottosistema economico potrà così essere, limitato esso stesso dall’impatto delle sue azioni sull’ambiente. (Folke, 1991). Un nodo centrale è poi la domanda: "Esiste un peso ottimo per l’economia?" Questo nodo è stato in particolar modo affrontato da Daly.Il termine "peso" si usa per indicare "sia il peso dell’uomo, sia come misura dell’incidenza umana nell’ecosistema"(Daly, 1991b,p.35). Il punto di vista dell’economia classica riguardo alla crescita sembra quasi ottimistico. Ma se l’economia cresce, ciò significa che aumenta il suo peso. Peso con un limite massimo di crescita, che dipende, sia dalla capacità rigeneratrice, che da quella “assorbente” dell’ecosistema; "fino al momento in cui la superficie della terra inizierà a crescere ad un tasso pari a quello di interesse" (Daly , 1991b,p.40), non si dovrebbe prendere questa affermazione troppo seriamente.Pertanto il concetto di " sostenibilità forte" si è reso necessario. Tale definizione è stata costruita sull’ipotesi che alcuni tipi di capitale naturale, sono considerati “critici o scarsi”, e non attualmente sostituibili dal capitale artificiale (Barbier and Markandya, 1990). In particolare la caratterizzazione della sostenibilità in base al “forte” principio del " non-negative change" si sovrappone alle scorte di particolari capitali naturali, fornendo una ferma giustificazione allo sviluppo di indicatori non-monetari di sostenibilità ecologica elaborati sulla misurazione diretta di importanti riserve e flussi (Faucheux and O’Connor, 1997; F. and Noel, 1995). Traendo le dovute conclusioni da questo concetto, abbiamo successivamente preso In considerazione indicatori bio-fisici, o "conti satellite" di variazioni del patrimonio naturale,senza adattarli in termini monetari al pil. Tuttavia, un dibattito politico ed una storia di ricerche scientifiche, dovrebbero sempre precedere una lista di indicatori. Inoltre, si dovrebbe evidenziare che una lista d’indicatori è lontana dall’essere una lista d’obiettivi o di limiti per gli indicatori stessi. A questo punto sorge spontanea la questione: di come questi indicatori possano essere aggregati. Bisogna rilevare che questa è la classica situazione conflittuale studiata nella teoria della valutazione multicriteriale, in quanto i metodi non compensativi sono molto rilevanti da quando la " compensabilità " implica sostituibilità tra differenti tipi di capitale.(Faucheux et al.1994; Munda, 1996). 4.2.2. La legge dell’entropia ed il processo economico. L’analisi energetica è molto importante per lo studio delle relazioni tra economia e ambiente. Una valutazione basata sull’energia può essere considerata una novità per il campo economico: secondo alcuni le origini di questi studi possono essere fatte risalire alla crisi energetica del 1973; altri le identificano con lo scritto di Georgescu-Roegen "The entropy lawand the economic process". Allo stato delle cose, i tentativi di fondere le teorie di misurazioni o valori economici sui vari concetti di energia ha ancora una lunga storia dinnanzi. Martinez-Alier(1987) dimostra che esiste una interconnessione(a tradition of cross-fertilisation)storica tra economia, termodinamica ed ecologia, dovuta al lavoro di scienziati come Jevons, Clausius, Poldolinsky ed altri.Tuttavia L’energia non è un sostituto per il denaro se parliamo di commensurabilità, come invece fu ipotizzato dalla "energy theories of value"negli anni settanta, ottanta (a questo proposito consultate Faucheux and Pilet; Mirosky). Poiché il significato delle leggi sull’entropia sono state un soggetto molo dibattuto, qui noi seguiremo esclusivamente la terminologia usata da Georgescu-Roegen. La termodinamica classica affronta il problema dell’energia ma solo nel suo significato più ampio. Nessun concetto della termodinamica ha un qualche significato se applicato a piccoli elementi.Il concetto di entropia può essere definito come segue: "in un sistema termodinamico isolato l’energia disponibile si degrada continuamente ed inesorabilmente in una eguale quantità di energia non disponibile, così che l’energia totale rimane costante, mentre l’energia non disponibile tende ad un massimo"(GeorgescuRoegen), dove L’energia disponibile è quella che gli uomini possono usare per i loro bisogni; l’energia non disponibile è quell’energia cui gli uomini possono far ricorso in ogni caso; ed un sistema isolato è l’unico che non può scambiare né materia né energia con il suo ambiente. La legge sull’entropia non può essere applicata né ad un sistema chiuso che può scambiare solo energia con l’ambiente, né ad un sistema aperto che può scambiare sia energia che materia con l’ambiente circostante.Nelle stesse due forme dell’energia così esiste anche la materia: disponibile e non disponibile; a questo proposito, visto che materia-energia entrano nel processo economico in uno stato di bassa entropia e ne escono in uno di alta, Roegen formula la sua controversa quarta legge che dice quanto segue: "in un sistema chiuso(come la terra)il lavoro meccanico non può crescere ad un tasso costante per sempre "(Georgescu Roegen 1993), o più semplicemente, la materia non può essere completamente riciclata. Come conseguenza di questa legge possiamo desumere che un progetto fondato sulla sostituibilità dell’energia terrestre con quella solare, come affermava convintamene Daly, non può essere attuato.Interessanti discussioni sul significato e le conseguenze della declamata quarta legge possono essere ricercate in Mayumi(1991,1992,1993). Per quanto riguarda poi il tema dei progressi tecnologici Georgescu-Roegen era completamente pessimista. Lui definisce "Promethean techniques" tutte quelle tecniche che mirano ad ottenere un surplus di energia disponibile( rendendo utilizzabile più energia di quella necessaria).Una nuova tecnologia ha bisogno di una "Promethen techiques" non appena diventa più familiare.Una di queste tecniche che ci salvò dalla crisi del legno fu l’energia a vapore, ma oggi ne fusione controllata , ne energia solare rispondono a queste caratteristiche.Secondo Roegen una tecnologia può definirsi vitale solo se può mantenere inalterata la struttura materiale. Una tecnologia che diminuisca irrimediabilmente le riserve di materie, o generi inquinamento, o violi la capacità delle stesse di rigenerarsi, non è sostenibile (viable). La rilevanza di ciò, è che tutti i processi produttivi, sono caratterizzati dall’afflusso di materie dalla natura e dal deflusso di rifiuti alla natura, e sono dunque limitati. 5.CONCLUSIONI Da tutta quanta la discussione possiamo trarre le seguenti conclusioni: 1. Gli ecosistemi naturali sono influenzati negativamente dai rifiuti prodotti dal sistema economico.Se le interazioni tra ambiente-economia fossero prese in considerazione, nascerebbe spontaneo chiedersi quale sia la capacità dell’ambiente di sostenere l’economia. 2. La sostituzione del capitale naturale con il più proficuo capitale artificiale non è una risposta accettabile ai problemi ambientali. 3. l’idea di mantenere inalterato il capitale naturale è auspicabile; sfortunatamente ciò è di difficile applicazione.Il più grande ostacolo a riguardo, è connesso alla possibilità di una quantificazione monetaria dei beni ambientali. 4. I problemi ambientali sono molto complessi e caratterizzati da incertezza scientifica. Ciascun metodo che cerca di ottimizzare il concetto di sviluppo sostenibile è necessariamente un approccio di “second best”. 5. Nella teoria economica possono essere identificati tre valori principali tra loro in contrasto: allocazione, distribuzione e scala.In un lavoro di "framework", ciò vuol dire, che devono essere presi in considerazione criteri di efficienza, etici ed ecologici. 6. L’economia ecologica riconosce che economia ed ecologia non sono sufficienti ad operare una corretta scelta nel processo decisionale, in quanto le decisioni in materia d’ambiente devono essere prese usando un procedimento decisionale democratico e scientifico-politico. Possiamo identificare le più grandi differenze tra l’economia ambientale tradizionale e l’economia ecologica in relazione al concetto di sviluppo sostenibile, come segue: ECONOMIA AMBIENTALE ECONOMIA ECOLOGICA PRETENDE DI ESSERE LIBERA I VALORI SONO SEMPRE INERENTI INTERDISCIPLINARIETA’ E TRANSDISCIPLINARIETA’ SONO LA CHIAVE PRINCIPALE COEVOLUZIONE E DIVERSITA’ SONO LA CHIAVE DEL PRINCIPIO DI SOSTENIBILITA’ HA UNA PRECISA VISIONE SUL SIGNIFICATO DI SVILUPPO ECONOMICO COMPARABILITA’ FORTE CHE POGGIA SULLA FORTE COMMENSURABILITA’ E’ UN PRINCIPIO CHIAVE SOSTENIBILITA’ DEBOLE E’ LA SOLA POSSIBILE “APPLICAZIONE “ DEL CONETTO DI SOSTENIBILITA’ INCOMMENSURABILITA’, MULTIDIMENSIONALITA’ E COMPARABILITA’ DEBOLE SONO LA CHIAVE CHE GUIDANO I PRINCIPI FORTE SOSTENIBILITA’ SPIEGATA DAGLI INDICATORI BIO-FISICI. I tradizionali metodi di valutazione in termini monetari come l’analisi costi e benefici sono basati su fenomeni quali il surplus del consumatore, i fallimenti del mercato, curve di domanda che sono un punto di vista solo parziale, in quanto collegate con un unico aspetto: i mercati. Dal punto di vista dell’economia ecologica devono essere prese in considerazione le problematiche legate alle azioni fuori dal mercato ed al contempo , devono essere considerate anche persone al di fuori della classe dei consumatori. Nella struttura della " post-normal science", alcune raccomandazioni che emergono dovrebbero essere avvalorate non solo dagli esperti di settore, ma anche dai politici, dai media e da tutti gli stakeholders.Ciò non sta a significare che deve essere trovato un accordo in ogni caso. Altresì è proprio grazie a questa diversità di approcci che si evidenzia l’esistenza di differenze inconciliabili. Si dovrebbe sottolineare che la questione del “valore-libertà scientifica” ricopre un ruolo importante nella politica ambientale mondiale.Per esempio, David Pearce sostiene che il suo lavoro per il “Progetto Intergovernamentale sui Cambiamenti climatici (IPCC)” dove il valore delle nazioni ricche, è stato valutato cinquanta volte più elevato di quello delle nazioni povere, è una questione di correttezza scientifica e politica.E’ veramente una questione di valore-liberta’ scientifica dare valutazioni basate su stime di una comune compiacenza e sulla capacità di pagare per allontanare lo spettro della morte? L’impossibilità di eliminare le divergenze di vedute nella politica ambientale e la richiesta di una pluralità di approcci crea una chiara necessità per i filosofi ambientali ed etici di giocare un ruolo importante nell’economia ecologica.