Gli antichi Egizi 1 2 Quarta A Fabio Aiello Elena Barone Simone Campisi Fabiana Cannata Nicolas Caserta Michele Ceglia Andrea Chieppa Riccardo Cinquetti Giorgia Cirasella Elisa De Luca Federico Grossi Samantha Leccese Valentina Mancino Melissa Mughetti Mattia Prattichizzo Antonio Pio Quinto Jessica Rampulla Anna Risi Alyssa Taccardi Garcia Isaac Giovanny Velez Laura Ventre 3 4 Quarta B Massimiliano Acampora Antonio Brunetti Miriana Carrino Simone Drago Federico Fugazzi Garofalo Matteo Yousef Hamouie Yoanna Henin Marco Liuzzi Mattia Longu Valentina Massaro Michele Mileto Giorgia Monopoli Riccardo Mucci Elisa Occhiuzzo Greta Polito Giulia Remini Sarah Rigoldi Ylenia Sardella Nicole Sempreviva Noemi Troiano 5 Classi quarte A - B - C Insegnanti D’Errcico, Garofalo, La Rosa, Marmorale, Carnevale, Ponci Scuola primaria statale “Italo Calvino” via Liguria, 11 Cologno Monzese (Milano) Anno scolastico 2007 - 2008 Questo titolo fa parte del progetto “La scuola come casa editrice” condotto da anni nella scuola “Italo Calvino”. 6 Quarta C Silvio Arcoria Alessandro Astone Domenico Caserta Giuseppe Colaiacolo M. Camilla Crippa Alessia Di Bari Letizia Di Monte Giulia Dicandia Aurora Ferrante Claudio Ferrazzi Alessio Fiore Elena Gattico Elisa Grigore Paolo Hu Yong Silvia Longo Federica Maiocchi Gulia Marmo Juan Pastor Dalila Patti Giulia Ravini Michela Ricci Marco Vivian Daniele Zupi 7 8 Gli antichi Egizi Quest’anno abbiamo studiato in storia le antiche civiltà: i Sumeri, i Babilonesi, gli Assiri in Mesopotamia; gli Egizi in Africa; i Fenici, gli Ebrei, i Cretesi, i Micenei e i Greci lungo le coste del Mar Mediterraneo. La vita di questi popoli, così lontani da noi nel tempo, ci ha molto interessato e abbiamo imparato a conoscere le loro abitudini, le loro condizioni di vita, le loro città, le loro credenze sulla base delle informazioni raccolte da fonti diverse (fonti materiali, fonti iconografiche, fonti scritte...) scoperte e studiate da archeologi, storici, antropologi e linguisti. Abbiamo approfondito la civiltà dell’antico Egitto, sia perché la storia millenaria di questo popolo ci aveva particolarmente affascinato sia perché ci è stato possibile osservarne da vicino moltissimi reperti visitando il Museo Egizio di Torino, il più importante dopo quello de Il Cairo. È stata un’esperienza interessantissima e anche per certi aspetti emozionante, in special modo quando siamo entrati nello Statuario dove sono esposte molte statue gigantesche dei faraoni e della sfinge. Il lavoro di ricerca che adesso vi presenteremo ripercorre la storia dell’antico Egitto; attraverso i nostri testi e le immagini cercheremo di raccontarvi la vita di questo popolo straordinario. 9 Alla scoperta dell’Egitto Migliaia di anni fa il Sahara era una pianura verde, ricca d’acqua e popolata da animali selvatici e da uomini dell’età della pietra. Lentamente il clima cambiò e il Sahara divenne un deserto, perciò uomini e animali furono costretti ad andare in cerca di terre fertili: raggiunsero così l’Egitto. A quei tempi la valle del Nilo era una giungla abitata da animali pericolosi. I nuovi arrivati, per sicurezza, si stabilirono inizialmente ai bordi della valle (circa 700 000 anni fa). Col trascorrere del tempo gli uomini impararono ad allevare gli animali, a seminare, a raccogliere, a tessere il lino, a filare la lana e a forgiare i metalli. Il numero della popolazione man mano cresceva, iniziarono a sorgere i primi insediamenti e i primi villaggi. Le tracce di queste prime presenze umane sono scomparse, forse cancellate dalle inondazioni. La civiltà egizia è una delle più antiche del mondo: esiste da più di 5 000 anni. Le prime testimonianze, infatti, risalgono al 4500 a.C., l’età “Pre- 10 dinastica”, che terminò nel 3 100 a.C., quando Narmer unificò il Basso e L’Alto Egitto sotto la guida di un unico faraone. La tavoletta di Narmer, scoperta nel 1898 a Hierakonpolis, celebra il faraone Narmer (o Menes) a cui si attribuisce l‘unificazione dell’Egitto. La tavolozza è un contenitore per cosmetici a 2 facciate. Sul lato A è rappresentato Narmer che indossa Hedjet (la corona bianca) dell’alto Egitto, e sta bastonando un prigioniero sotto gli occhi di Horus, è proprio Horus il fulcro simbolico della scena, perché afferra il papiro per dimostrare che il basso Egitto appartiene a lui. Sul lato B è rappresentato Narmer che indossa Deshret (la corona rossa) del basso Egitto, e marcia in corteo davanti alle vittime di guerra. Sotto ci sono due leoni che intrecciano i loro lunghi colli 11 e rappresentano la potenza e il controllo del re. Ancora più sotto è rappresentato un bufalo infuriato, che con le corna si avventa sulle mura della città e sul nemico, questa figura simboleggia il potere del re. In questo paese, che si estende soprattutto in lunghezza, si distinguono due parti: una lunga e stretta vallata, l’Alto Egitto, e una pianura alluvionale, il Basso Egitto, dove si estende il delta del Nilo. L’Alto Egitto è costituito, a sua volta, da due parti: da Assuan ad Assiut, dove il Nilo supera uno sbarramento di rocce chiamato cateratta, e da una vallata chiusa da due pareti rocciose che segnano l’inizio a est del deserto Arabico e a ovest del deserto Libico. Da Assiut a Menfi la vallata si allarga; un braccio del Nilo si stacca dal corso principale e va a gettarsi in un lago di acqua salata, El-Fayum; il Nilo poi si ramifica formando un delta ricco di laghi paludosi. Questo delta, con le zone circostanti a est e a ovest, costituisce il Basso Egitto. Questo paesaggio è rimasto quasi lo stesso dell’epoca dei faraoni: ancor oggi nell’Alto Egitto il Nilo è orlato da una fascia di terra coltivabile e da una zona desertica chiusa da una balza rocciosa, il gebel; il Basso Egitto è una vasta pianura, solcata dai bracci del Nilo. Il Nilo è il fiume più lungo del mondo, infatti misura 6 671 km. Nasce dal lago Vittoria con il nome di Nilo Bianco. A Khartum si 12 unisce al Nilo Azzurro e supera sei cateratte. Lungo le sponde la vegetazione cresce rigogliosa. Il Nilo, o Kemet, come era allora chiamato dagli Egizi, ha le sorgenti in una zona dove le piogge in certe stagioni sono abbondanti e, proprio durante la stagione delle piogge, il fiume si ingrossava e, tra luglio e settembre, le acque uscivano dal suo letto, allagando il terreno circostante e depositando il limo, un ricco fertilizzante per i campi. Lungo il Nilo vi era una serie di “nilometri”, che misuravano l’altezza delle acque. Era compito dei sacerdoti prevedere i giorni dell’inizio del fenomeno e il livello dell’inondazione. Delle dighe in fango e pietra, costruite lungo il percorso, venivano aperte al momento opportuno, in modo che le acque allagassero i terreni da coltivare. Nel XIX secolo sono stati costruiti dei canali d’irrigazione che permettono la regolazione del flusso delle acque. Strabone, geografo greco vissuto dal 63 a.C. al 24 d.C., così descrive la piena del fiume nel suo libro Geografia: “Quando il Nilo straripa tutto il paesaggio intorno viene sommerso e prende l’aspetto del mare, ad eccezione dei luoghi abitati che, costruiti su rialzi del terreno o su colline artificiali, hanno da lontano l’aspetto di isole; l’acqua rimane più di 40 giorni in estate poi si ritira a poco a poco come a poco a poco aveva sommerso la terra. In 60 giorni tutto è completamente asciutto; più in fretta il suolo si dissecca prima iniziano i lavori agricoli”. Lungo le rive coperte da un fango nero chiamato limo venivano coltivati grano, orzo, vite, ulivo, lino e legumi; qui cresceva il papiro e vivevano molti animali, tra cui varie specie di uccelli acquatici. Gli Egizi avevano tanti inni dedicati al Nilo, per esempio: 13 Salve o Nilo che doni la vita all’Egitto! Tu bagni la terra in ogni luogo, signore dei pesci, creatore del grano e dell’orzo... Non appena ti gonfi, la terra grida di gioia. Tu ti impadronisci delle terre e i granai si riempiono i beni dei poveri tu moltiplichi... Il calendario Gli egiziani antichi inventarono un calendario, composto da tre stagioni di 4 mesi ciascuna: Akhet, Peret e Shemu. Il calendario egizio si basava sul ciclo del Nilo. La prima stagione era Akhet che andava da metà luglio a metà novembre, era la stagione della piena: l’acqua inondava i campilasciando uno strato di limo che è un fertilizzante naturale. Attualmente il limo non si trova più, perché dal 1971 la diga di Assuan sbarra il corso del Nilo, perciò il fango si deposita nel grande lago artificiale (lago Nasser) formato in seguito alla costruzione della diga di Assuan. Ora il livello dell’acqua è regolato dalle chiuse. 14 Peret era la seconda stagione: da metà novembre a metà marzo le acque si ritiravano e bisognava arare e seminare i campi. Shemu era l’ultima stagione, da metà marzo a metà luglio. Questa stagione era la più faticosa perché l’acqua scendeva al livello minimo tanto da provocare la siccità, però il grano continuava a crescere finché veniva falciato e depositato nei magazzini. Shemu annunciava anche il capodanno egizio che cadeva intorno al 19 luglio del nostro calendario, quando la stella Sirio sorgeva all’orizzonte e preannunciava Akhet. La vita quotidiana Gli Egiziani amavano la vita in famiglia: i genitori, in particolare le madri, trascorrevano quanto più tempo potevano con i figli. Le donne si sposavano assai giovani, si dedicavano alla famiglia e sbrigavano le faccende sia da sole che con l’aiuto di domestici. La donna godeva di molti diritti rispetto alle altre civiltà dell’antico oriente: era giuridicamente equiparata al marito e protetta in caso di divorzio, ella portava il titolo di “padrona di casa” ed è probabile che scegliesse da sola lo sposo. Gli Egiziani amavano circondarsi di molti figli e rivolgevano preghiere agli dei affinché ne concedessero loro. I maschi, se appartenenti a famiglie ricche, frequentavano la 15 scuola altrimenti imparavano il mestiere dei padri; le ragazze aiutavano le madri a curare la casa e passeggiavano ben adornate in giardino in attesa di essere notate da un giovane che le avrebbe chieste in moglie. Le case avevano caratteristiche diverse a seconda della classe sociale: quelle del popolo erano piccolissime e con poche suppellettili, quelle dei ricchi avevano più stanze disposte su due piani, erano circondate da un giardino chiuso da un muro dove si coltivavano alberi e piante. L’arredamento era semplice: letti, sedie di forme diverse, panche, scrigni. Lampade a olio e bracieri assicuravano l’illuminazione e il riscaldamento. Le città egizie erano abbastanza numerose e sorgevano in prossimità del Nilo. La cinta delle mura racchiudeva i templi in pietra, gli edifici amministrativi e le case che erano realizzate in mattoni crudi. Le città rivelavano una certa cura urbanistica: divisione geometrica dei quartieri, strade rettilinee provviste di canali di scolo delle acque sporche, distribuzione razionale dei punti d’acqua. Ogni città o villaggio aveva laboratori artigiani: vasai, tessitori, fabbri, muratori, falegnami. 16 Gli scavi hanno portato alla luce il villaggio di Deir-el-Medina abitato dagli artigiani incaricati di decorare le tombe reali di Tebe; essi avevano un tenore di vita superiore agli altri artigiani. Nella tomba tebana di Meketra è stato rinvenuto un modellino di legno dipinto risalente al 2000 a. C. che illustra alcuni falegnami a lavoro: il falegname al centro utilizza una lunga sega per tagliare un asse di legno legata ad un palo che la tiene ferma; altri falegnami si servono di accette, uno usa un maglio di legno e uno scalpello. Altri arnesi, come asce e bulini, sono disposti su una cassapanca. Uno dei legni più pregiati dell’Egitto era il sicomoro, usato per ricavare sarcofagi, tavoli e casse. È un albero d’alto fusto sempreverde, molto comune in Medio Oriente e in alcune regioni dell’Africa tropicale e del Sudafrica. Alto generalmente 10-25 m, (sono però noti anche esemplari di oltre 45 m), il sicomoro ha una chioma ampia e tondeggiante. I frutti, inizialmente gialli e rossi, sono commestibili e si sviluppano sui rami in densi grappoli. L’albero del sicomoro era impiegato già nell’antico Egitto come pianta da ombra e da legno. 17 L’abbigliamento Gli Egizi indossavano indumenti di tela di lino bianca o di colore diverso come ci mostrano le pitture tombali. Questa fibra è ricavata dal fusto di una pianta alta da 80 a 120 cm, poco ramificata e con piccoli fiori, di un colore variabile dal bianco all’azzurro intenso, che fioriscono solo per un giorno. Questa pianta viene estirpata dal terreno quando la fibra ha la massima lunghezza. Dopo la macerazione le fibre tessili vengono separate dai residui legnosi. Infine le fibre vengono pettinate per eliminare le impurità. Gli Egizi avevano molta cura per i propri vestiti. L’uomo portava un gonnellino a pieghe, la donna un abito diritto, con spalline larghe ornato di perline. I ricchi indossavano abiti di lino di qualità migliore confezionati in diverse fogge. Dato il clima molto caldo, i lavoratori indossavano un semplice perizoma, invece le schiave qualche volta portavano solo una cintura. Spesso i bambini, mentre giocavano, non indossavano quasi niente o erano del tutto nudi. I mantelli erano utilizzati solo nel breve periodo invernale. Bambini e ragazzi, sia maschi che femmine, avevano in genere la testa rasata con un boccolo o una treccia che ricadeva su un orecchio. Molti adulti avevano la testa del tutto rasata, e chi si lasciava crescere i capelli li teneva con molta cura. Per le cerimonie uomini e donne 18 indossavano parrucche che a quel tempo erano molto diffuse; alcune erano artisticamente lavorate, da una parte con ciocche lunghe e piatte, dall’altra con ricciolini. Uomini e donne si truccavano: nella scatola dei cosmetici il maggior spazio era occupato dagli oli per evitare che la pelle fosse inaridita dal sole violento, erano anche molto importanti il kohl, che serviva a truccare gli occhi e i profumi. Tutti portavano tanti gioielli come cerchietti, orecchini, collane di ogni dimensione, anelli, braccialetti per le caviglie. I materiali andavano dall’oro, argento e pietre dure alle perline di vetro, alle conchiglie e ai sassi lucidati dai bei colori. A tavola con gli Egizi Gli Egizi facevano tantissimi tipi di pane dalle forme più svariate, come i pani a forma di animali e pupazzi, fatti apposta per i bambini. Il pane offerto agli dei aveva la forma di orecchio, perché la divinità ascoltasse le preghiere. Il pane e le cipolle erano gli alimenti principali degli Egizi. Tante anche le focacce, le polentine d’orzo e le farinate, condite con frutta secca. In mancanza di zucchero si facevano i dolci con datteri e miele. Piselli, cavolo, lenticchie, aglio, lattuga, cetrioli, porri facevano parte della dieta quotidiana. La carne era riservata ai ricchi, era rara e costosa come l’olio, che veniva usato più per proteggere la pelle dai cocenti raggi del sole 19 che condimento per i cibi. Il Nilo era ricchissimo di pesci. Vi si potevano pescare carpe, anguille e pesce persico. La bevanda nazionale era la birra, ricavata strizzando un pane d’orzo a metà cottura. Quella più comune si chiamava “hag”, era leggera e poco costosa. Il vino veniva venduto a un prezzo molto alto e il sapore non doveva essere molto buono visto che per renderlo più gradevole vi veniva aggiunto miele o succo di datteri. Per fare il vino si pigiava l’uva con i piedi, ma talvolta in Egitto si preferiva torcere un sacco con dentro i grappoli e raccogliere il liquido che si filtrava Anche i defunti, secondo gli Egizi avevano bisogno di nutrirsi nell’aldilà. Così i parenti, durante le feste religiose, portavano cibo nelle tombe e apparecchiavano tavole riccamente imbandite. L’agricoltura Le inondazioni del Nilo aiutarono a sviluppare molto l’agricoltura, perché quando esso si ritirava lasciava uno strato di limo, per questo la popolazione era in maggior parte costituita da agricoltori. Le principali colture erano l’orzo, il farro, il grano, il lino e le viti. Gli Egizi producevano 20 birra d’orzo e vino bianco o rosso. Il vino veniva ricavato anche da datteri, fichi o melagrane. Per coltivare si arava il terreno utilizzando un aratro primitivo, detto a chiodo, trainato da buoi o a mano. Dopodiché si spargevano manualmente i semi. Al momento del raccolto, per tagliare il grano, si utilizzavano falci dalla struttura in legno e selce dentata; poi, i muli portavano il raccolto sull’aia dove veniva battuto e infine veniva immagazzinato nei granai del faraone. Gli agricoltori più facoltosi avevano bestiame proprio, usato per la macellazione o per il lavoro dei campi. Pecore e capre venivano allevate per il latte, la carne e la lana. Oltre a tassare i campi si tassavano anche gli animali: uno scriba contava il bestiame portato dai pastori. Se qualche uomo commetteva qualche infrazione veniva frustato. Menes, il primo faraone, fece costruire dighe e canali per controllare il flusso del Nilo, dalla capacità di controllare le acque in piena poteva venire prosperità o carestia e fame. Col passare del tempo si diffuse il sistema di dividere la parte coltivabile in bacini rettangolari riempiti con l’acqua delle piene. I contadini usavano lo shaduf per raccogliere l’acqua del fiu21 me. Lo shaduf è una sorta di bilanciere. Ad una estremità c’è un recipiente per l’acqua, dall’altra un contrappeso. Lo shaduf viene usato ancora oggi. Dopo le piene del Nilo si dovevano misurare i campi per evitare le liti; per questo il re Sesostri aveva distribuito il terreno in parti quadrangolari ad ogni contadino. Perciò ogni anno si doveva pagare una tassa per i campi. Se il fiume toglieva una parte di porzione ad uno, il faraone mandava dei funzionari e degli scribi a fare sopralluoghi, rimisurare il campo e diminuire la tassa. Per questo si crede che gli Egizi avessero scoperto la geometria. La caccia e la pesca Erodoto affermò che l’Egitto era un dono del Nilo. Lungo le rive del fiume crescevano rigogliosi giardini ricchi di vegetazione e abitati da diversi animali. Questa ricchezza era completa grazie agli animali che vivevano nel deserto e sulle montagne. Dai tempi antichi gli Egizi sfruttavano queste risorse faunistiche. Per cacciare gazzelle, antilopi cervi e tori gli egiziani usavano lance, archi con frecce di canna con la punta di metallo e il boomerang, un bastone a forma di serpente. Per cacciare con il boomerang si seguiva un procedimento particolare: un uccello imprigionato col suo pigolare aveva il compito di richiamare gli altri uccelli che una volta giunti nelle vicinanze venivano colpiti dai boomerang dei cacciatori. A questo punto entrava in scena un gatto addestrato il cui compito era riportare le prede ai cacciatori. Un documento iconografico 22 databile al 1400 a.C., ritrovato in una tomba a Tebe, ben rappresenta una scena di caccia nelle paludi. Protagonista è lo scriba Nebamun che con la mano destra tiene tre aironi che hanno probabilmente la funzione di richiamo, come forse la papera seduta a prua. La mano sinistra dello scriba regge il boomerang. Sulla barca ci sono la moglie, vestita in modo ricercato e la figlia che sfoggia l’acconciatura tipica dei giovani egiziani: il boccolo. Sulla barca c’è anche il gatto di famiglia che a sua volta sta cacciando: con le zampe anteriori artiglia un malcapitato uccello. Dalla lettura dell’immagine si vede che il Nilo era ricchissimo di pesci e le canne di papiro crescevano abbondantemente. Si cacciavano anche i tori selvatici, la loro figura era legata a diversi aspetti: era forza di lavoro dei campi e aveva un significato religioso. La sua immagine rappresentava la crescita annuale del Nilo e la sua forza, il potere e il valore, ragion per cui veniva associato al faraone. Nell’antichità una specie molto numerosa era l’ippopotamo, il re del fiume, in grado di annientare tutti i rivali. La caccia all’ippopotamo era molto pericolosa. I cacciatori si dovevano mantenere in 23 lontananza, perché, se l’animale rimaneva ferito, poteva lo stesso attaccare l’imbarcazione. La caccia agli uccelli era riservata alle classi dominanti. La pesca era un’altra fonte di nutrimento. Il Nilo era un fiume molto pescoso, specialmente dopo le piene. Per pescare si usavano l’arpione con punta di osso, la rete che gettata in acqua veniva poi recuperata da molti pescatori, la lenza e la nassa, una particolare cesta di vimini. Gli Egizi avevano imparato ad addestrare un uccello, il cormorano, per farsi aiutare durante la pesca. Questo uccello acquatico, legato con una fune ad una zampa, gettato in acqua riportava poi sulla barca il pesce che pescava con il suo lungo becco. Il pesce, una volta pescato, veniva pulito, essiccato, quindi salato o affumicato per la conservazione. Da una cronaca di vita egiziana di migliaia di anni fa, possiamo ricostruire una giornata di pesca di un antico egizio. ”Un giorno felice, quando scendiamo verso la palude, che possiamo prendere uccelli e prendere molti pesci nelle sue acque... Porteremo le nostre reti, prenderemo uccelli a migliaia e accenderemo un braciere... con vari tipi di arrosto sopra, consistenti in pesci e oche... Sono contento di ciò di cui vivevo ieri, un cibo che ho portato io stesso: vivo di uova e di miele. Poi potrò mangiare il pesce della mia fiocina e gli uccelli della mia rete... Siedo vicino al guado, mi preparo un ricovero dopo aver deposto la 24 mia esca. Sono in una brezza fresca, mentre i miei pesci sono al sole... un pesce è trafitto da una freccia: io ammazzo ogni volta, non c’è sosta per la mia fiocina. Faccio mazzi di bianchi pesci... È bello scendere tra ciuffi di papiri. All’alba mangiare un boccone, poi andare lontano, e camminare nel luogo dove desidera il mio cuore...” I passatempi Il gioco ha sempre avuto una parte importante nella vita di tutti i popoli. Gli egizi amavano trascorrere il tempo libero divertendosi, come possiamo vedere da varie pitture giunte fino a noi. I divertimenti preferiti dei nobili erano la caccia e la pesca. La musica, suonata con l’arpa, con lunghi flauti, liuti e lire era eseguita durante i banchetti e le feste religiose e accompagnata da danzatori o danzatrici. Fra i giochi di società, due erano molto diffusi: uno lo “zenet” era una specie di dama di trenta caselle. Il “mehn”, invece, era simile a una tavola rotonda a forma di serpente arrotolato e diviso in caselle, mentre le pedine avevano forma di leoni. Fra i giocattoli si sono conservate statuette di legno e palle di cuoio. 25 Un passatempo assai diffuso fra i bambini era la lotta libera che forse serviva anche da esercitazione di tipo militare. A casa ragazzi e ragazze facevano giochi semplici come la corsa, i salti e la mosca cieca; avevano inoltre gatti e scimmie come animali da compagnia Medicina e magia La dea Sekhmet era la dea padrona della vita: aveva il potere di guarire ma anche di distruggere. In tutto il paese si chiedeva il suo aiuto per guarire dalle malattie e sanare le ferite. Lo studio delle mummie e degli scheletri ha permesso di conoscere le malattie e gli incidenti più diffusi tra gli egizi; spesso la malattia era causata da infezioni batteriche o virali che provocavano tubercolosi, tetano, lebbra o vaiolo. Tracce di traumi e ferite sono comuni nei corpi degli uomini che costruirono la Grande Piramide. Molti avevano problemi alla schiena, altri presentavano i segni di fratture alle braccia o avevano perso le mani. Nell’antico Egitto magia e medicina erano strettamente legate. Se un medicinale non aveva effetto, medici e pazienti si affidavano alla magia: venivano così recitate formule, preghiere e incantesimi. Si indossavano amuleti protettivi realizzati appositamente per mantenere in salute chi li portava e come difesa dalle forze ostili. I medici studiavano le malattie e il modo in cui curarle nei rotoli di papiro scritti da generazioni di curatori prima di loro. Per i diversi tipi di malattie esistevano medici specialisti la cui conoscenza del corpo umano e dei farmaci era davvero approfondita. 26 La piramide sociale Nella civiltà egizia sopra tutti regnava il faraone, egli aveva il potere di vita e di morte sui suoi sudditi che lo consideravano un dio: comandava l’esercito, decideva le leggi e stabiliva persino l’inizio della semina. Sotto di lui c’erano i nobili e i sacerdoti. I sacerdoti, ricchi e potenti, erano destinati a questa carriera fin da piccoli. Ai nobili spettava il compito di difendere lo Stato organizzando l’esercito. Entrambe queste classi sociali non pagavano tasse e godevano di privilegi e ricchezze. Grande importanza avevano gli scribi che avevano appreso la difficile arte del leggere, scrivere e far di conto e avevano il compito di registrare tutte le attività che regolavano la vita della società egizia. 27 Seguivano, poi, i mercanti, gli artigiani e gli operai. A loro si deve l’enorme quantità di oggetti di uso quotidiano che ancora oggi possiamo ammirare nei musei. I contadini erano la maggioranza della popolazione: nutrivano con il loro lavoro tutto l’Egitto coltivando i campi e allevando animali da cortile, pecore, maiali e buoi; questi ultimi erano utilizzati anche per i lavori agricoli. Oltre a queste attività quotidiane i contadini dovevano contribuire con gli operai, quando era necessario, al lavoro di costruzione di strade, opere pubbliche e monumenti. La loro era una vita molto misera. Nei dipinti sulle tombe la diversa dimensione delle figure indicava l’importanza dei personaggi rappresentati. Agli schiavi, ultimi e considerati solo oggetti, spettavano i lavori più duri. 28 I faraoni In Egitto, il faraone era un sovrano assoluto con un potere totale sui propri sudditi. Era ritenuto figlio del Sole e per questo veniva adorato come una divinità vivente. Era sua responsabilità controllare che il paese fosse ben governato e prospero, svolgeva il ruolo di sommo sacerdote, di giudice supremo e di comandante militare dell’impero. Era il sovrano che trasmetteva agli dei le offerte del popolo, a lui le divinità concedevano le piene del Nilo ed era lui che possedeva le chiavi dell’aldilà. Il re disponeva di funzionari che lo aiutavano ad amministrare l’impero, fra i quali c’era un ministro supremo, il visir. La prima moglie del re esercitava una grande influenza, qualche regina assunse anche il titolo di “re”. 29 La guerra Per gran parte della sua storia l’Antico Egitto rimase in pace. In Egitto c’era solo un piccolo esercito il cui compito era quello di tenere lontane le bande di nomadi e di proteggere le spedizioni commerciali e le miniere. A seguito dell’invasione degli Hyksos, gli Egiziani riorganizzarono l’esercito e iniziarono anche loro le guerre di conquista. Inizialmente i soldati erano lavoratori sottratti alle attività quotidiane e obbligati a combattere nell’esercito del faraone; tuttavia essi dovevano essere lasciati liberi nella stagione del raccolto o della semina. Questo sistema venne cambiato nel 1500 a.C. circa, da quel momento l’esercito fu composto da soldati per professione a tempo pieno. I soldati professionisti provenivano essenzialmente dalla Nubia. Quando non erano in guerra, i Nubiani rimanevano in servizio come polizia o guardie del corpo. L’esercito egizio risultò formato da 20.000 guerrieri. Un guerriero aveva lance, asce e mazze. Le lance e le asce erano di rame o di bronzo con manici di legno; la mazza era una pietra pesante fissata su un corto manico di legno, serviva per colpire da vicino. Le frecce venivano scoccate a vari metri di distanza. Il soldato aveva uno scudo di pelle tesa su un’intelaiatura alta quasi come un uomo. Nel 1500 a.C circa l’esercito Egizio cominciò a far uso dei carri da guerra: veicoli agili e veloci che raggiungevano 40 Km/h, ed era30 no tirati da cavalli. Il carro ospitava due uomini: il guidatore e un arciere o un lanciere. I carri erano piattaforme da guerra che venivano spinte in mezzo ai nemici creando il panico. Nelle pitture tombali sono raffigurati gli Egiziani che danno assalto a fortezze nemiche e così sappiamo che il loro esercito usava le scale per superare i muri e gli arieti per aprivirvi delle brecce. Prima della battaglia il faraone invocava Montu che gli conferiva il suo potere e dava ai soldati la forza di combattere come eroi. Una battaglia famosa, combattuta dall’esercito Egizio fu quella di Qadesh, nel 1275 a.C tra gli Egizi e gli Ittiti. Di questa battaglia abbiamo dettagliati resoconti scritti. Il re Ramesses condusse il suo esercito di 20.000 uomini fino alla città di Qadesh, in Siria, dove fronteggiò le forze di Muwatallis il re ittita. Alla fine la battaglia non ebbe né vincitori né vinti. 31 Scienza e commercio Gli Egizi usavano la scienza e la tecnica per fini pratici, come la previsione dello straripamento del Nilo, e la costruzione di templi, piramidi ed altre tombe. Alcuni studiosi pensano che le piramidi venissero usate come osservatori astronomici. Nella Valle dei Re è stata ritrovata la volta della camera funebre di Seti I decorata in tinta nera e gialla. La pittura include le dodici ore della notte e varie costellazioni celesti: Orione, Sirio e il Toro. Il soffitto astronomico fu dipinto in modo da apparire direttamente sopra la bara contenente la mummia del re morto con lo scopo di favorire l’ascesa al cielo del faraone. Gli Egizi svilupparono accurati sistemi di misurazione a scopi commerciali e fiscali. Le prime monete furono introdotte soltanto nel 4° secolo a.C., prima il commercio veniva svolto soprattutto attraverso il baratto (scambio di beni di egual valore); oro, papiro, lino erano i prodotti di esportazione dell’Egitto, mentre le importazioni comprendevano legname robusto e pesante, spezie, pietre preziose e, più tardi, ferro. Il “metro” egizio si chiama cubito reale e corrisponde a 52,5 cm, cioè allo spazio compreso tra il gomito di una persona e l’estremità del suo dito medio è suddiviso in varie sotto unità (le dita e i palmi). I pesi sono costituiti da pietre o pezzi metallici; il peso base è il deben, corrispondente ai nostri 91 grammi. 1deben è composto da 10 kite e 10 deben costituiscono 1 sep. 32 La scuola e la scrittura Solo le famiglie ricche potevano mandare i figli maschi a scuola in quanto erano in condizione di pagare un maestro; le bambine, invece, erano educate in casa. L’istruzione si svolgeva nel tempio dove gli alunni imparavano a leggere, a scrivere e a fare i conti. Il maestro insegnava a scrivere su fogli di papiro e su tavolette d’argilla (ostraka); era molto severo e se necessario ricorreva a punizioni corporali. Gli alunni sedevano su stuoie di paglia intrecciata e a scuola praticavano anche lo sport: la lotta, gli esercizi acrobatici e la sfida con i bastoni. Gli dei erano considerati responsabili della creazione del mondo e di ogni cosa, dunque per gli Egizi anche la scrittura era da considerare un dono degli dei. Al dio Thot è riconosciuta l’invenzione della scrittura e della matematica e il suo simbolo è l’ibis, un uccello il cui becco, sottile e ricurvo, ricorda la penna usata dagli Scribi 33 egizi. La scrittura egizia è formata da segni geroglifici, cioè scrittura sacra. Alcuni di questi geroglifici sono ideogrammi: un solo segno richiama un’intera parola. Ma la maggior parte sono segni fonetici: essi rappresentano un suono, cioè una singola lettera o un gruppo di lettere che vengono combinate insieme per formare le varie parole. Il geroglifico non si legge solo da sinistra a destra come facciamo noi con l’italiano: può cominciare da destra o essere letto anche partendo dal basso verso l’alto. Per capire dove comincia il brano lo studioso deve osservare dove sono rivolti gli occhi degli animali o delle persone rappresentati: guardano sempre verso l’inizio. La scrittura geroglifica era considerata sacra, perciò veniva usata per testi religiosi; per le necessità quotidiane, invece, usavano il demotico scrittura cosiddetta popolare e lo ieratico scrittura che si può paragonare al nostro corsivo. La stele di Rosetta Nel 1799 a Rosetta, un villaggio vicino alla foce del Nilo, fu scoperta una pietra nera dai soldati francesi di Napoleone in cui si parlava dell’incoronazione del faraone Tolomeo V. L’episodio era riportato in tre scritture diverse: il geroglifico, il demotico e il greco. Un giovane archeologo francese Jean Champollion scoprì cosa 34 si nascondeva dietro ai misteriosi geroglifici egizi. Era noto che gli antichi egiziani scrivevano i nomi dei faraoni in cartigli: ossia circondandoli con un linea ovale. Partendo dal testo greco identificò i cartigli di Tolomeo e di Cleopatra. Champollion confrontando i due cartigli trovò che alcuni segni si ripetevano in entrambi. Egli capì per primo che i vari segni potevano avere valori alfabetici (ossia rappresentare una singola lettera) ovvero sillabici (rappresentare 2 o 3 lettere) o determinativi (ossia determinare il significato esatto di una parola). In Egitto pochissime persone sapevano leggere e scrivere. Coloro che possedevano questa capacità erano detti scribi, erano ben pagati e facevano un lavoro tranquillo e stimato da tutti. Spettava allo scriba registrare attentamente tutto ciò che serviva per il buon funzionamento del regno: le tasse da pagare, la quantità di grano e di orzo nei magazzini, le ricchezze accumulate in guerra, il raccolto dei contadini lungo il Nilo. Per la sua attività lo scriba usava o la tavoletta d’argilla e lo stilo, oppure rotoli di papiro, su cui scriveva con inchiostro rosso o nero. Dal disegno si vede la lavorazione del papiro per la preparazione dei fogli. Anche la matematica era considerata un’abilità donata all’uomo dal dio Thot. I funzionari, la usavano per calcolare quanto grano 35 veniva prodotto, quanti pesci venivano pescati o il livello raggiunto dalla piena del Nilo. Gli architetti si servivano della matematica per progettare gli edifici. La scoperta di diversi papiri ci consente di sapere che gli antichi egizi erano in grado di compiere le quattro operazioni aritmetiche fondamentali (sommare, sottrarre, moltiplicare, dividere), ma anche calcoli matematici più complessi. Gli architetti sapevano calcolare l’area e il volume delle figure geometriche. Per scrivere i numeri si usava un sistema che comprendeva 7 segni; lo zero non era conosciuto. Per contare si usava un sistema decimale; i numeri venivano scritti ripetendo un segno tutte le volte necessarie, perciò potevano essere anche molto lunghi. La religione Gli Egizi adoravano molti dei, erano quindi politeisti. Divinità diverse rappresentavano: - fenomeni naturali (sole, luna, tuono, pioggia); - animali; - aspetti della vita (nascita, malattia, morte); - proteggevano le attività degli uomini (gli scribi, gli artigiani...) Gli dei erano raffigurati con forme umane o animali o ibride, cioè con la testa d’animale e il corpo umano. La funzione principale della pratica religiosa nell’antico Egitto, era quella di mantenere il MAAT, o corretto ordine del mondo, equi- 36 valente al kosmos o “cosmo” greco, poiché gli Egizi credevano che il mondo fosse nato dal caos e che alla fine sarebbe ritornato al disordine iniziale. Pertanto, il compito degli dei consisteva nel difendere la vita e l’ordine dagli agenti del caos, cioè dal disordine. Tra le più importanti divinità ricordiamo: Amon-Ra, il dio sole, aveva creato il mondo ed era il padre di tutti gli dei; Shu, il dio dell’aria; Tefnut, la dea della rugiada e dell’umanità; Horus, il dio falco, il signore del cielo; Khnum, creatore degli uomini; Anubi, il dio sciacallo, protettore dei morti; Osiride, rappresentava la vittoria sulla morte; Iside, rappresentava l’amore e la maternità; Seth, il male; Maat, dea della verità, della giustizia e della buona condotta; Sekhmet, la dea leonessa, divinità della guerra; Thot, protettore degli scribi; Ptah, protettore degli artigiani. Durante la XVIII dinastia, il faraone Amenofi IV cambiò radicalmente la religione egizia. All’inizio del suo regno Amenofì mutò il proprio nome in Akhenaton, che significa “al servizio di Aton (il Sole)”. Diversamente da tutti i faraoni egizi prima e dopo di lui, Akhenaton venerò soltanto un dio: Aton. Tutti gli altri dei e dee, anche le dignità domestiche, furono esclusi dal culto. 37 Akhenaton dedicò un lungo inno ad Aton, molto simile al Salmo 104 della Bibbia: Inno al Sole Bella è la tu alba, Aton vivente, Signore dell’eternità! Tu sei fulgente, bello e forte! Grande e profondo è il tuo amore. Sorgi dunque per dare la vita poiché tu sei padre e madre. Tutte le creature si levano verso di te quando ascendi nel firmamento e i loro cuori si empiono di entusiasmo quando tu appari. Tutta la terra è festante: si canta, si suona, si mandano grida di gioia. Quando ti corichi dietro l’orizzonte all’occaso del cielo, le tue creature si addormentano e le loro menti si annebbiano fino a che il tuo fulgore si rinnovella il mattino dall’estremo oriente del cielo. Aton, tu sei eterno! Hai creato il lontano cielo per innalzartici e dall’alto mirare tutte le tue creature. Tu sei uno e pure dai la vita a milioni di esseri che s’inebriano della tua luce e innalzano preghiere a te, Aton, fonte di vita. La nuova religione non lasciava dubbi: l’uomo poteva contattare dio soltanto tramite Akhenaton. Il faraone mise al bando i sacerdoti (che nel corso dei secoli erano diventati sempre più potenti), fece chiudere i templi e trasferì inoltre la sede della capitale ad 38 Akhetaton (successivamente elAmarna), la nuova città dedicata ad Aton. Dopo la sua morte, Akhetaton fu abbandonata e l’Egitto ritornò agli antichi culti. Ad ogni divinità corrispondeva un racconto che spiegava le sue qualità o la sua storia (il mito). Il mito egizio più famoso è quello del dio Osiride che insegnò agli uomini a coltivare la terra e smisero così di mangiare carne umana. Per la sua saggezza divenne re dell’Egitto. Seth, il fratello, volendo essere il solo re della terra, lo uccise. Tagliò il corpo di Osiride in 14 pezzi e lo gettò nel Nilo. La sposa di Osiride, Iside, riuscì con la forza dell’amore a ritrovare il corpo del marito, lo resuscitò e ne ebbe un figlio, Horus. Quest’ultimo combattè e sconfisse il perfido zio Seth e così ereditò il diritto di governare l’Egitto. Per questo, secondo gli Egizi: Osiride rappresentava l’ordine, la continuità, la forza che faceva crescere il grano, straripare il fiume e sorgere il sole ogni giorno; Seth invece era il disordine, la carestia che poteva colpire il paese, il deserto che poteva inghiottire i campi coltivati, il nemico dell’Egitto sempre in agguato; Iside rappresentava l’amore e la maternità; Horus si incarnava in ogni faraone. 39 La morte e la vita ultraterrena Gli Egizi credevano nella vita dopo la morte. Secondo gli Egizi, i defunti erano giudicati dal dio Osiride, il giudice supremo. Chi in vita si era comportato bene, giungeva nel regno dell’aldilà e continuava a vivere una vita simile a quella reale. Per questo tutti, ma in particolare i ricchi, cercavano di conservare il loro corpo con la mummificazione. Chi invece, era giudicato immeritevole dagli dei, era divorato da un mostro dal muso di coccodrillo e dal corpo per metà di leone e per metà di ippopotamo. Questa credenza è raccontata delle immagini sulle pareti delle tombe egizie. I corpi erano trasformati in mummie dagli imbalsamatori sulla riva occidentale del Nilo. Questo lato del fiume era associato alla morte e all’oltretomba perché il sole tramontava (moriva) ad occidente per poi risorgere (rinascere) ad oriente. Il lavoro era sporco e perciò era compiuto in tende in cui circolava aria fresca portando via i cattivi odori. Il processo di mummificazione durava circa 70 giorni. Il cervello, che non era considerato particolarmente importante, veniva estratto di solito dal naso, quindi si apriva l’addome con un taglio per asportare polmoni, fegato, intestino e stomaco. Tutti gli organi venivano imbalsamati e conservati in alcuni vasi canopi. Il cuore non era estratto dal corpo, poiché ritenuto sede dell’intelli40 genza, del pensiero e della memoria. Essi credevano che il cuore del defunto fosse pesato su una bilancia che sull’altro piatto aveva la piuma di Maat, la dea della verità. Il cuore doveva risultare più leggero della piuma, solo così il defunto entrava nei campi di giunchi, il paradiso degli Egizi. Nel caso fosse risultato più pesante, a causa del comportamento non degno tenuto in vita, il morto sarebbe stato divorato da un mostro dalla testa di coccodrillo, le zampe anteriori di leone e le zampe posteriori di ippopotamo. Nel corso del tempo, i riti di sepoltura divennero sempre più elaborati; offerte di cibo, vestiti e altri beni erano posti accanto al defunto per favorire il viaggio nell’aldilà. Papiri magici, con formule e con preghiere utili a neutralizzare i pericoli presenti nell’oltretomba, meglio conosciuti come “Libri dei Morti”, erano talvolta collocati anche all’interno della fasciatura della mummia. Tutti i rituali eseguiti durante le cerimonie funebri miravano ad assicurare allo spirito del defunto la vita eterna dopo la morte fisica. Si riteneva anzi che l’ombra e il nome stesso del defunto avessero esistenza eterna. Durante le operazioni di mummificazione il sommo sacerdote indossava la maschera di Anubi, il dio con la testa di sciacallo che aveva il potere di ridare la vita dopo la morte. Durante la cerimonia, un sacerdote sfiorava la bocca della mummia con uno strumento speciale. Tale gesto doveva riportare la vita nel corpo, in modo tale che il defunto potesse mangiare e parlare. Nel contempo, un secondo sacerdote, con indosso una pelle di leopardo 41 era intento a spargere incenso. Un ruolo fondamentale, durante il funerale, lo avevano delle donne che erano ingaggiate come lamentatrici di professione, le quali urlando e agitando le braccia esprimevano il dolore per la morte di qualcuno. Nelle tombe dei faraoni, dei ricchi funzionari, sacerdoti o architetti, sono state ritrovate delle piccole statue chiamate ushabti che avevano il compito di lavorare nell’aldilà al posto del potente o ricco defunto. La parola ushabti deriva da usheb, che significa “rispondere” infatti secondo gli Egizi gli ushabti rispondevano all’appello del dio a svolgere nell’altro mondo i lavori necessari alla vita ultraterrena del defunto . Spesso nella tomba venivano messe almeno 365 statuette in modo che ci fosse per ogni giorno dell’anno qualcuno che lavorasse. Inoltre, proprio come nella civiltà egizia, vi erano dei sorveglianti: per questo ogni 10 ushabti era aggiunta una statuetta che rappresen42 tava un guardiano, addetto a controllare il lavoro. Il museo egizio di Torino deve parte della sua fama al ricco e intatto corredo tombale dell’architetto Kha e di sua moglie Merit. I coniugi vissero intorno al 1450 a.C.e la loro tomba fu ritrovata intatta nel 1906 da Ernesto Schiapparelli nella necropoli di Den el Medina a Tebe; qui vivevano gli operai che lavoravano nella valle dei Re per preparare le tombe dei faraoni. Possiamo osservare i sarcofagi con le mummie di Kha e di Merit, gli oggetti della loro vita quotidiana e gli alimenti per la vita ultraterrena perfettamente conservati grazie all’ambiente asciutto della tomba. Il reperto più importante è il libro dei morti di Kha lungo ben 13.80 metri e diviso in 33 capitoli con preghiere e implorazioni funebri. I faraoni erano considerati degli dei e, per lasciare un segno eterno della loro ricchezza e del loro potere anche dopo la morte, iniziarono a costruire tombe gigantesche che gradualmente assunsero forma piramidale. Molte di queste tombe si sono conservate e sono tra i lasciti più sorprendenti della civiltà egizia. Le tombe dei primi re egiziani erano dei tumuli modellati a forma di panca e chiamati mastabe. La mastaba era la tomba per i nobili e i dignitari, costruita a somiglianza della casa che il defunto aveva abitato quand’era in vita. Intorno al 2780 a.C., l’architetto del Re Zoser, Imhotep, costruì la prima piramide collocando sei mastabe, una sopra l’altra, dalla più grande alla più piccola, creando una sorta di catasta o “Piramide a Gradoni”. A Giza furono costruite grandi piramidi nell’arco di tre generazioni, da Cheope, da suo figlio Chefren, e da Micerino. La piramide di Micerino è la più piccola delle tre e le tre piccole piramidi che la fronteggia43 no furono costruite come tombe per le regine spose di Micerino. La grande sfinge, statua di leone con testa umana, fa parte del complesso di Chefren è alta quasi 20 m e lunga 73,2 m. Le tre piramidi principali insieme alle altre vicine più piccole sembrano disegnare perfettamente la costellazione di Orione dove gli Egizi pensavano vivesse Osiride, il signore del regno dei morti. Per costruire la grande piramide di Cheope ci sono voluti oltre sei milioni di tonnellate di blocchi di roccia. La base forma un quadrato quasi perfetto, ogni lato misura 230 metri, la piramide si eleva verso il cielo per 146 metri e mezzo. Le “facce” sono rivolte ai punti cardinali con incredibile precisione, raggiungibile solo attraverso grandi conoscenze scientifiche. Giza e il monumento di Cheope racchiudono tutti i misteri associati alla costruzione delle piramidi. Secondo le antiche fonti, le piramidi erano state costruite per custodire e tramandare, tutto il bagaglio di conoscenze astronomiche, matematiche e geografiche che erano in possesso dell’antico popolo egizio. Infatti secondo molti studiosi, i figli del Nilo conoscevano la sfericità della Ter44 ra ed erano giunti a calcolarne i gradi di latitudine e longitudine. Altri studiosi collegarono il vero significato delle piramidi, a culti stellari e religiosi. La tomba del giovanissimo Tutankhamon che salì al trono all’età di 9 anni e morì all’età di 18-20 anni fu scoperta nel 1922 dal- l’archeologo Howard Carter nella Valle dei Re piena di “cose meravigliose” secondo le sue stesse parole. Oltre a sarcofagi d’oro e alla mummia del re adolescente, c’erano divani dorati, scrigni, vasi, parti di un carro e molti altri bellissimi oggetti. Il busto in oro di Tutankhamon è sul coperchio di uno dei sarcofagi che racchiudevano il corpo del faraone. Sulla parte frontale del copricapo si notano le immagini simboliche della dea avvoltoio (Nekhbet) dell’Alto Egitto e della dea cobra (Uto) del Basso Egitto. Altri simboli di regalità sono la falsa barba intrecciata, il pastorale come simbolo di potere e il flagello che veniva associato agli dei Osiri45 de e Min e in origine forse era uno scacciamosche o un battitore per il grano. Sul retro di un trono d’oro è incisa l’immagine di Tutankhamon e della sua regina che unge il marito con balsamo profumato. L’arte Quando si fa riferimento all’arte egizia, bisogna pensare a: I GIOIELLI Fin da tempi antichissimi, la gioielleria egizia ricorreva ad oro, lapislazzuli, turchese e ametista. Gli artigiani usavano arnesi chiamati trapani ad arco per perforare perline e altri gioielli, e inserivano i gioielli nella pasta di legno, metallo e vetro. Anche i più poveri portavano semplici gioielli. LE SCULTURE Quelle più antiche in pietra, poi in bronzo o rame. L’ORO Molte erano le miniere d’oro tra il Nilo e il Mar Rosso, e gli Egizi amavano il prezioso metallo. L’oro era battuto oppure fuso e gettato in stampi. Le sottili lamine d’oro erano facilmente lavorabili ed erano usate per rivestire statue di legno e altri oggetti. L’oro era considerato 46 un metallo divino e associato agli dei, soprattutto a Ra, il dio solare. Pitture e colori Molti dipinti, sia nelle tombe sia altrove, erano eseguiti su superfici intonacate. Per prima cosa la superficie era divisa in una griglia composta di quadrati, all’interno dei quali i disegnatori abbozzavano il disegno. I pittori poi lo coloravano, prima che i disegnatori riprendessero i contorni, in genere usando il marrone scuro o il nero. I colori giallo, rosso e marrone provenivano dal minerale chiamato ocra. Il bianco proveniva dal calcare e veniva anche mischiato ad altri colori per renderli più vividi. Il blu si otteneva riducendo in polvere una sostanza in rame, e il pigmento nero si ricavava in genere dalla fuliggine. Per gli Egizi la pittura, che noi possiamo ammirare nei moltissimi dipinti trovati nelle tombe, doveva essere prima di tutto chiara. Siccome i visi si vedevano meglio di profilo, i pittori egizi li disegnavano di lato, così come il corpo, le gambe e le braccia. L’occhio e la spalla invece si vedono meglio frontalmente: per questo erano disegnati non di profilo, ma per intero. Più era importante il personaggio ritratto, più spazio gli si riservava nel dipinto, in più se si trattava di una donna, questa era dipinta di giallo chiaro, al contrario della pelle dell’uomo che era fatta di color mattone. 47