risoluzione oiv-oeno 409-2012 strumenti di biologia molecolare per l

RISOLUZIONE OIV-OENO 409-2012
STRUMENTI DI BIOLOGIA MOLECOLARE PER L’IDENTIFICAZIONE DEI BATTERI LATTICI
DELL’UVA E DEL VINO
L’ASSEMBLEA GENERALE
Visto l'Articolo 2 paragrafo 2, n. IV dell'accordo del 3 aprile 2001 che istituisce l'Organizzazione
internazionale della vigna e del vino
Su proposta del gruppo di esperti di “Microbiologia”
DECIDE di adottare i seguenti strumenti
lattici dell’uva e del vino.
di biologia molecolare per l’identificazione dei batteri
STRUMENTI DI BIOLOGIA MOLECOLARE PER L’IDENTIFICAZIONE DEI BATTERI
LATTICI DELL’UVA E DEL VINO
Informazioni generali
Nel corso degli ultimi decenni, sono stati sviluppati differenti metodi molecolari per
l’identificazione dei batteri lattici (BL) d’interesse enologico, allo scopo di ridurre il tempo di
analisi di solito necessario per l’esecuzione delle analisi fenotipiche. Inoltre, i metodi
molecolari, non essendo influenzati dalle condizioni fisiologiche ed ambientali, permettono
risultati di identificazione più affidabili.
Tali metodi possono essere utilizzati per l’identificazione dei batteri lattici nei mosti d’uva e
durante le varie fasi della vinificazione, dell’invecchiamento e della conservazione del vino. Tali
strumenti comprendono sia metodi coltura-dipendenti che metodi coltura indipendenti. I
metodi molecolari permettono identificazioni a livello di specie e di ceppo. Inoltre, i ceppi
batterici possono differenziarsi gli uni dagli altri ed inoltre i ceppi portatori di geni specifici
possono essere individuati indipendentemente dalla specie. La tabella riassume i principali
metodi molecolari utilizzati per l’identificazione dei batteri lattici dell’uva e del vino.
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1
IDENTIFICAZIONE A
LIVELLO DI SPECIE
METODI COLTURA-DIPENDENTI
(isolamento preliminare dei
batteri su piastra e
coltivazione)
IDENTIFICAZIONE A
LIVELLO DI CEPPO
Ibridazione (2):
dot blot, su colonie,
in situ (“FISH”) e
microscopio a
fluorescenza
Ibridazione (1):
dot blot su colonie
Metodi basati sulla
PCR:
-amplificazione di una
regione consenso e
sequenziamento (3)
-PCR specie-specifica
FUNZIONE SPECIFICA
Metodi basati sulla
PCR:
Metodi basati sulla
PCR:
-RAPD: amplificazione
random
PCR specifiche (5)
-RFLP o ARDRA:
amplificazione e
restrizione (6)
PFGE: restrizione del
DNA genomico
tramite l’utilizzo di
enzimi con pochi siti
di taglio ed
elettroforesi su gel in
campo pulsato
METODI COLTURA-INDIPENDENTI
(ANALISI DIRETTA DEL
CAMPIONE)
1 Ricerca di una specie o di
una data funzione
2 Identificazione dei batteri
senza a priori
Ibridazione in situ e
osservazione al
microscopio a
fluorescenza “FISH”
(1)
Ibridazione (2) in situ
(“FISH”)
PCR (5)
PCR (4)
PCR-DGGE e
sequenziamento (6)
(1) Sonda specie-specifica
(2) La sonda è rappresentata da un gene o da un frammento di gene o da una regione
che codifica una specifica proteina (enzima)
(3) I primer amplificano la regione consenso (16S rDNA, rpoB)
(4) I primer sono specifici per la specie
(5) I primer sono specifici per un gene o una regione che codifica una specifica proteina
(enzima)
(6) Le sequenze consenso amplificate vengono separate mediante elettroforesi su gel
denaturante e, quindi, sequenziate. Ogni specie ha una sequenza specifica.
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2
METODI COLTURA-DIPENDENTI
1. Informazioni preliminari
I metodi di analisi sono applicati a colture pure o a colonie il cui DNA viene estratto e reso
accessibile alle sonde.
1.1
Isolamento dei cloni e ottenimento di colture pure
La maggior parte dei batteri che si sviluppano nel vino può essere isolata con le tecniche
microbiologiche tradizionali, come il piastramento (coltura in piastre) su idonei mezzi di coltura
agarizzati. In base alla loro concentrazione, tale procedura prevede una diluizione seriale del
campione in soluzione fisiologica sterile (0,9% NaCl) necessaria prima della coltura su specifici
mezzi nutritivi agarizzati. I batteri lattici dell'uva e del vino si sviluppano sui mezzi descritti per
il conteggio (CII/MICRO/01/206). La popolazione batterica ottenuta può quindi essere
identificata.
I cloni vengono isolati sulla piastra e ri-coltivati nello stesso mezzo liquido, o coltivati di nuovo
su piastra per purificare il ceppo isolato. Un singolo clone viene poi rimesso in coltura liquida al
fine di fornire la biomassa pura da analizzare. In alcuni casi, la colonia è direttamente utilizzata
per l'identificazione, ad esempio nella tecnica della PCR (reazione a catena della polimerasi).
Nell’ibridazione su colonia viene analizzata a totalità delle colonie sulla superficie della piastra .
1.2 Estrazione del DNA
Il DNA deve essere estratto dalla biomassa raccolta dopo la coltura in liquido. Per
l'ibridazione su colonie o per l’analisi microscopica (“FISH”) viene ottenuto mediante lisi
cellulare in situ. La metodica PCR diretta sulle colonie non necessita di una fase di estrazione;
il DNA è disponibile per l'amplificazione durante il primo ciclo di aumento della temperatura del
protocollo di amplificazione.
2. A livello di specie o per una specifica funzione
2.1 Ibridazione [“spot-on” (dot blot) o colonie] con sonde di DNA specifiche di una specie o di
una regione del genoma.
Ambito d’applicazione
Identificazione dei batteri lattici vinari
enzimatica).
a livello di specie o di funzione specifica (attività
Principio
Il principio comune dei metodi basati sull'ibridazione DNA-DNA è che frammenti di acidi
nucleici complementari possono ibridarsi in condizioni specifiche che dipendono principalmente
dalla temperatura e dalla forza ionica del tampone. Il DNA estratto dai batteri da identificare,
chiamato “DNA target”, dopo la denaturazione a singolo filamento, , può riassociarsi in certe
condizioni di ibridazione con un filamento singolo di DNA noto, chiamato “sonda” (“probe”), se
le sequenze sono identiche o sufficientemente simili. Pertanto, la scelta della sonda è una
decisione della massima importanza e determina il livello tassonomico dello studio. La sonda
può essere costituita in tutto o in parte dal genoma che fornisce la specificità. Nella maggior
parte dei casi, per l'identificazione della specie si utilizzano sonde del 16S rDNA. Talvolta si
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verifica la “ibridazione crociata” (“cross hybridization”) e si rende pertanto necessario trovare
altre sequenze. Lo stesso principio si applica anche all'identificazione dei batteri portatori di
geni specifici o regioni coinvolte in funzioni specifiche. Le sonde sono i geni, o parti di geni che
codificano le proteine corrispondenti. Le applicazioni più note sono l'identificazione dei batteri
che determinano alterazioni.
Secondo l’applicazione, esistono diverse procedure di ibridazione.
(i) Metodi che utilizzano il DNA estratto dalla coltura del ceppo da identificare.
Il DNA target, estratto dalla coltura da identificare, viene depositato e fissato su una
membrana. Il DNA sonda, composto da un DNA marcato di riferimento, viene messo in
contatto con la membrana che si trova nelle condizioni di temperatura di ibridazione. Dopo la
reazione e i lavaggi destinati ad eliminare i residui di sonda non ibridata, la membrana viene
trattata allo scopo di rivelare gli ibridi (DNA target/DNA sonda).
(ii) Metodi applicati alle cellule intere: sulle colonie.
La membrana viene applicata sulla superficie di agar nutritivo sopra le colonie che si sono
sviluppate, per poi essere rimossa. Essa cattura le colonie che sono state trasferite per
semplice contatto. A questo punto la membrana viene trattata per ottenere la lisi delle cellule
(affinché il DNA sia accessibile) e l'ibridazione con sonda. Dopo l’ibridazione, si ottiene
un’immagine della piastra in cui le colonie che vengono rivelate appartengono alla stessa
specie della sonda di riferimento. Grazie all'utilizzo di numerose sonde di DNA specifiche, la
tecnica permette l'identificazione delle specie di batteri lattici del campione dopo successive
ibridazioni/de-ibridazioni della stessa membrana.
Bibliografia
Lonvaud-Funel, A., Fremaux, C., Biteau, N., Joyeux A. (1991a). Speciation of lactic acid
bacteria from wines by hybridisation with DNA probes. Food Microbiol., 8, 215-222.
Lonvaud-Funel, A., Joyeux, A., Ledoux, O. (1991b). Specific enumeration of lactic acid bacteria
in fermenting grape must and wine by hybridization with non isotopic DNA probes. J. Appl.
Bacteriol., 71, 501–508.
Sohier, D., Coulon, J., Lonvaud-Funel, A. (1999). Molecular identification of Lactobacillus
hilgardii and genetic relatedness with Lactobacillus brevis. Int. J. Syst. Bacteriol., 49, 10751081.
(iii) Polimorfismo di restrizione (RFLP) ribotipizzazione:
I frammenti di restrizione ottenuti a seguito di digestione del DNA totale estratto dalla coltura
sono separati mediante elettroforesi su gel di agarosio e trasferiti su membrane di nylon o
nitrocellulosa per l'ibridazione con una sonda di DNA ribosomiale (Southern). La sonda è
precedentemente marcata.
Dopo l'ibridazione e la rivelazione, il profilo costituisce l’immagine dei frammenti generati dalla
restrizione per tutta la lunghezza della regione genomica complementare alla sonda.
L'impiego di geni ribosomali nella sonda (o eventualmente di altri geni) permette di identificare
il ceppo di una specie o sottospecie confrontando le dimensioni dei frammenti della regione
ribosomiale (ribotipizzazione) (o eventualmente di un'altra regione specifica del genoma).
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2.2 Metodi basati sulla PCR (reazione di polimerizzazione a catena)
Ambito d’applicazione
Identificazione, a livello di specie, di batteri lattici precedentemente isolati dal mosto e da vini
tramite coltura su piastra. La PCR può essere utilizzata per diversi livelli di identificazione,
genere, specie o ceppo in funzione della scelta dei primer (breve sequenza oligonucleotidica).
Il principio è che il primer trovi la regione complementare per appaiarsi con il DNA stampo
analizzato. È a partire dall’estremità del primer che la polimerizzazione viene condotta
mediante duplicazione del tratto del DNA stampo, portando numerose copie dell’amplificato.
2.2.1 Amplificazione delle regioni consenso e sequenziamento: sub-unità 16S dell’RNA
ribosomiale o rpoB
Principio
Il sequenziamento del prodotto amplificato del gene codificante per l’rRNA 16S rappresenta il
metodo di base. Tale approccio è fondato sulla presenza certa dell’RNA nei batteri. La
sequenza nucleotidica di questo gene viene utilizzata per la classificazione filogenetica e per
l'identificazione di isolati sconosciuti, dal momento che il database disponibile per questo gene
è il più completo tra i geni batterici. La sequenza nucleotidica della regione tra i geni che
codificano per l’rRNA 16S e 23S, definita spaziatore interno trascritto (ITS), può essere usata
per l'identificazione, tuttavia la sua sequenza è meno conservata. In questo caso, la PCR
utilizza i primer diretti verso regioni universali conservate dei geni di codifica dell’rRNA 16S e
23S, da una parte e dall’altra dell’ITS.
Un'altra sequenza interessante è il gene rpoB che codifica una sub-unità della RNA polimerasi.
Questo si è mostrato più adatto per l'identificazione (almeno allo stato attuale delle
conoscenze). Effettivamente esiste solo una copia di questo gene nei batteri, mentre ci sono
più copie dell'operone ribosomiale, la cui sequenza può variare all’interno della medesima
specie. Tuttavia, il suo utilizzo è più raro poiché il database è relativamente meno
documentato. Per i principali batteri lattici vinari , è stato realizzato un database e sono stati
sviluppati primer per talii batteri lattici .
Protocollo generale
Il presente metodo necessita dell'estrazione del DNA della coltura pura da identificare. Il DNA
estratto viene usato nella reazione di PCR. Dopo la separazione mediante elettroforesi, gli
amplificati sono purificati utilizzando kit adeguati e, in seguito, sequenziati. Le sequenze dei
geni codificanti l’rRNA 16S o l’rpoB così ottenute sono confrontate con le sequenze presenti nei
database disponibili.
Bibliografia
Du Plessis, E.M.; Dicks L.M.T., Pretorius I.S., Lambrechts M.G., & du Toit M. (2004).
Identification of lactic acid bacteria isolated from South African brandy base wines. Int. J. Food
Microbiol. 91, 19-29
Sato, H., Yanagida, F., Shinohara, T., Suzuki, M., Suzuki, K., Yokotsuka, K. (2001).
Intraspecific diversity Oenococcus oeni. FEMS Microbiol. Lett. 202, 109-114
Renouf, V., O. Claisse, and A. Lonvaud-Funel. 2006. rpoB gene: A target for identification of
LAB cocci by PCR-DGGE and melting curves analyses in real time PCR. Microbiol. Met. 67:162170.
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2.2.2 PCR specie-specifica
La tecnica di PCR viene adattata per l'identificazione diretta delle specie, poiché si possono
trovare primer specifici che amplificano solo in una data specie. Diverse coppie di primer sono
state descritte per l'identificazione di varie specie di batteri lattici. In enologia la specie più
importante da identificare è Oenococcus oeni. I primer sono sintetizzati in base alle regioni che
codificano l'enzima malolattico, che si differenziano secondo le specie.
Bibliografia
Zapparoli G, Torriani S, Pesente P, Dellaglio F., 1998.Design and evaluation of malolactic
enzyme gene targeted primers for rapid identification and detection of Oenococcus oeni
in wine. Lett Appl Microbiol. 27:243-246.
2.2.3 Polimorfismo della lunghezza dei frammenti di restrizione (PTFR) (RFLP)
Ambito d’applicazione
Identificazione delle specie di batteri lattici isolate dal vino.
Principio
Secondo lo stesso principio della ribotipizzazione (si veda iii), l’amplificazione tramite PCR della
regione ribosomiale (o di un’altra regione), seguita dalla restrizione del prodotto amplificato
tramite enzimi appropriati, fornisce le stesse informazioni. Tuttavia, questo metodo è molto più
semplice e rapido rispetto a quello della restrizione seguita dall’ibridazione.
La restrizione del gene che codifica l’rRNA 16S o del gene che codifica l’RpbB con endonucleasi
di restrizione appropriati e la separazione dei frammenti tramite elettroforesi su gel d’agarosio
danno come risultato un profilo dei frammenti di DNA che è specifico per una particolare
specie.
Risultati
Differenziazione di isolati di O. oeni da altre specie tramite analisi RFLP del 16 S rRNA.
Identificazione delle specie batteriche dei batteri lattici tramite RFLP del gene rpoB.
Bibliografia
Claisse, O., V. Renouf, and A. Lonvaud-Funel. 2007. Differentiation of wine lactic acid bacteria
species based on RFLP analysis of a partial sequence of rpoB gene. Journal of microbiological
methods 69:387-390.
Zavaleta, A.I.; Martínez-Murcía, A.J.; Rodríguez-Valera, F. 16S-23S rDNA intergenic sequences
indicate that Leuconostoc oenos is phylognetically homogeneous. Microbiology, 1996, 142,
2105-2114.
Sato, H.; Yanagida, F.; Shinohara, T.; Yokosutka, K. Restriction fragment length polymorphism
analysis of 16S rRNA genes in lactic acid bacteria isolated from red wines. J. Biosc. Bioengin.
2000, 3, 335-337.
3. Identificazione a livello di ceppo
Ambito d’applicazione
Identificazione dei batteri lattici del vino a livello di ceppo.
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3.1 Metodi basati sulla PCR: amplificazione casuale del DNA (Randomly Amplified Polymorphic
DNA (RAPD)
Principio
La RAPD è basata sulla PCR eseguita mediante l’utilizzo di primer di sequenze arbitrarie in
grado di ibridarsi in differenti punti del genoma per studiare il polimorfismo genomico del DNA.
Un singolo primer oligonucleotidico arbitrario lungo circa 10 nucleotidi viene utilizzato per
l'amplificazione di segmenti randomizzati di DNA genomico e genera un profilo caratteristico
composto da brevi frammenti di DNA di varie lunghezze. È anche possibile utilizzare una
combinazione di due o più oligonucleotidi (RAPD multiplex) in una singola PCR per generare
profili RAPD più affidabili per la tipizzazione dei ceppi. I profili RAPD sono caratteristici dei vari
ceppi e la loro affidabilità e capacità di discriminazione dipendono dalle sequenze dei primer.
Risultati
Questo metodo consente di ottenere un’impronta genetica caratteristica del ceppo. Può essere
utilizzato per controllare il buon attecchimento (ovvero il successo dell’inoculo) delle colture
starter di batteri malolattici durante la vinificazione. L'inconveniente principale è rappresentato
dalla mancanza di ripetibilità e riproducibilità.
Bibliografia
Bartowsky, E.J., McCarthy, J.M., Henscheke, P.A. (2003). Differentiation of Australian wine
isolates of Oenococcus oeni using random amplified polymorphic DNA (RAPD). Aus. J. of Grape
and Wine Res., 9, 122-126.
Du Plessis, E.M., Dicks, L.M.T. (1995). Evaluation of random amplified polymorphic DNA
(RAPD)-PCR as a method to differentiate Lactobacillus acidophilus, Lactobacillus crispatus,
Lactobacillus amylovorans, Lactobacillus gallinarum, Lactobacillus gasseri, and Lactobacillus
johnsonii. Curr. Microbiol., 31, 114-118.
Reguant, C., Bordons, A. (2003). Typification of Oenococcus oeni strains by multiplex RAPDPCR and study of population dynamics during malolactic fermentation. J. Appl. Microbiol., 95,
344-353.
Rodas, A.M., Ferrer, S., Pardo, I. (2005). Polyphasic study of wine Lactobacillus strains:
taxonomic implications. Int. J. Sys. Evol. Microbiol., 55, 197-207.
Zavaleta, A.I., Martinez-Murcia, A.J., Rodriguez-Valera, F. (1997). Intraspecific genetic
diversity of Oenococcus oeni as derived from DNA fingerprinting and sequence analyses. Appl.
Environ. Microbiol., 63(4), 1261-1267.
3.2 Analisi del profilo di restrizione del genoma tramite Elettroforesi su gel in campo pulsato
(Pulsed Field Gel Electrophoresis - PFGE)
Principio
Il DNA genomico viene digerito grazie ad enzimi di restrizione con pochi siti di taglio. La
totalità del genoma viene frammentato in un numero di frammenti adeguato sia per una facile
lettura che per una chiara differenziazione tra ceppi. Le cellule batteriche derivanti da colture
fresche vengono recuperate tramite centrifugazione e immobilizzate in blocchi d'agarosio. La
lisi della cellula e la restrizione del DNA genomico sono condotte nei blocchi affinché il DNA
venga specificatamente tagliato solo dall'enzima e non a caso da effetti meccanici. I blocchi di
gel sono caricati sul gel d'agarosio e i frammenti separati mediante elettroforesi PFGE. Grazie
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all'azione del campo elettrico pulsato, vengono separati frammenti di grandi dimensioni,
perché generati dagli enzimi aventi rari siti di taglio .
Le restrizioni con endonucleasi ApaI e NotI sono quelle più frequentemente usate e ben si
adattano a rivelare il polimorfismo tra i ceppi di O. oeni. Inoltre, gli enzimi SfiI e SmaI sono
stati utilizzati per differenziare a livello intraspecifico le varie specie vinarie di Lactobacillus.
Risultati
Questa tecnica è la più affidabile per l'identificazione a livello di ceppo. È riproducibile e, se
necessario, l'uso di un secondo enzima elimina, in generale, ogni dubbio dopo la prima
restrizione. Questa tecnica può essere utilizzata per il controllo della purezza delle colture
durante la produzione di starter. Si tratta della tecnica più appropriata per la valutazione della
sopravvivenza e della prevalenza degli starter dopo l'inoculo per la fermentazione malolattica.
Gli svantaggi principali di questa tecnica sono i tempi lunghi, dovuti alla fase preliminare di
coltura necessaria prima di procedere alla restrizione, oltre all’esigenza di una strumentazione
speciale e onerosa.
Bibliografia
Gindreau, E., Joyeux, A., De Revel, G., Claisse, O., Lonvaud-Funel, A. (1997). Evaluation
del´établissement des levains malolactiques au sein de la microflore bactérienne indigene. J.
Int. Sci. Vigne Vin 31, 197-202.
Pardo I., Rodas A.; Ferrer S. (1998). Study on populations dynamics of Oenococcus oeni in
wine by using RFLP-PFGE. Les entretiens scientifiques Lallemand nº 6. pp. 93-96.
Rodas, A.M., Ferrer, S., Pardo, I. (2005). Polyphasic study of wine Lactobacillus strains:
taxonomic implications. Int. J. Sys. Evol. Microbiol., 55, 197-207.
Zapparoli, G., Reguant, C., Bordons, A., Torrioni, S., Dellaglio, F. (2000). Genomic DNA
fingerprinting of Oenococcus oeni strains by pulsed-field electrophoresis and randomly
amplified polymorphic DNA-PCR. Current Microbiol., 40, 351-355.
METODI “COLTURA-INDIPENDENTI”
1. Informazioni preliminari
I metodi coltura-indipendenti permettono di determinare la diversità delle popolazioni
batteriche che si sviluppano durante la vinificazione senza la necessità di procedure di
isolamento e coltura. Pertanto, individuano anche le cellule batteriche vitali ma non coltivabili
(VBNC).
Queste tecniche comportano:
- La PCR: dopo l'estrazione del DNA totale da campioni di mosto o di vino, si esegue
l’amplificazione mediante la tecnica della PCR (Reazione a catena della polimerasi) con
primer universali di amplificazione del DNA 16S o primer specifici della specie o del ceppo;
- L'ibridazione in situ: utilizzazione di sonde specifiche per ibridare direttamente il DNA dei
batteri presenti nel campione. L'osservazione si avvale della microscopia.
1.1 Estrazione del DNA da campioni di mosto o di vino
Dei metodi di estrazione e amplificazione del DNA sono stati messi a punto per lavorare
partendo da campioni di mosti e vini. Sono stati descritti numerosi protocolli per l'estrazione
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del DNA (Baleiras-Couto e Eiras-Dias, 2005; Jara et al., 2008; Pinzani et al., 2004, Savazzini e
Martinelli, 2006; Marques et al., 2010). In linea generale, vengono utilizzati vari kit
commerciali, secondo le raccomandazioni del produttore o alcuni protocolli modificati.
Renouf et al., 2006 hanno descritto il seguente protocollo per l'estrazione del DNA che è stato
adattato ai campioni di vino:
Centrifugare 10 ml di vino a 10.000 g a temperatura ambiente per 10 min. Lavare il
centrifugato in 1 ml di buffer TE (Tris 10 mM, EDTA 1mM). Dopo una seconda centrifugazione
(10.000 g per 5 min), eliminare il surnatante e risospendere il centrifugato in 300 µl di 0,5 mM
EDTA pH 8. A questo punto, aggiungere 300 µl di biglie di vetro () ( 0,1 mm) e mescolare i
campioni alla massima velocità per 10 minuti. In seguito, aggiungere 300 µl di soluzione di lisi
e 200 µl di soluzione di precipitazione delle proteine e agitare per 20 s. Eseguire la
precipitazione dei frammenti cellulari mantenendo la provetta in ghiaccio per 5 minuti. Dopo
un'ulteriore centrifugazione (10.000 g per 3 min), trasferire il surnatante contenente il DNA in
una nuova provetta da microcentrifuga e aggiungere 60 µl di soluzione Poli-Vinil-Pirrolidone
(PVP) al 10%. Agitare su vortex ad alta velocità per 10 s, in modo da permettere la
precipitazione dei polifenoli del vino responsabili dell’inibizione della reazione di amplificazione.
Dopo la centrifugazione (10.000 g per 2 min), trasferire il surnatante in una provetta pulita da
microcentrifuga da 1,5 ml contenente 300 µl di isopropanolo a temperatura ambiente.
Mescolare delicatamente il contenuto della provetta per inversione, finché non si osserva una
massa visibile di DNA. Dopo la centrifugazione (10.000 g per 15 min), aggiungere al
centrifugato 300 µl di etanolo al 70% a temperatura ambiente, prima della fase definitiva di
centrifugazione (10.000 g per 2 min). Prestando la massima attenzione, aspirare l'etanolo e
lasciare asciugare la provetta. Utilizzare un totale di 50 µl di acqua pura PPI (per preparazioni
iniettabili) unita a 1 µl di RNase per reidratare il DNA durante la notte ad una temperatura di 4
°C. Dopo la reidratazione, conservare il DNA a -20 °C.
Bibliografia
Baleiras-Couto M.M., Eiras-Dias J.E. (2006). Detection and identification of grape varieties in
must and wine using nuclear and chloroplast microsatellite markers. Analytica Chimica Acta
563: 283–291.
Jara C., Mateo E., Guillamón J.M., Torija M.J., Mas A. (2008) Analysis of several methods for
the extraction of high quality DNA from acetic acid bacteria in wine and vinegar for
characterization by PCR-based methods. Int. J. Food Microb, 128: 336–341.
Marques A.P., Zé-Zé L., San-Romão M.V., Tenreiro,R. (2010) A novel method for identification
of Oenococcus oeni and its specific detection in wine. International Journal of Food
Microbiology 142: 251-255.
Pinzani P., Bonciani L., Pazzagli M., Orlando C., Guerrini S. and Granchi L.(2004) Rapid
detection of Oenococcus oeni in wine by real-time quantitative PCR. Lett. Appl. Microb., 38:
118–124.
Savazzini F., Martinelli L. (2006) DNA analysis in wines: Development of methods for enhanced
extraction and real-time polymerase chain reaction quantification Analytica Chimica Acta, 563:
274–282.
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2. Identificazione della specie
2.1 Reazione di polimerizzazione a catena - Elettroforesi su gel in gradiente denaturante (PCRDGGE) e sequenziamento
Ambito d’applicazione
Identificazione dei batteri lattici vinari a livello di specie in una popolazione mista.
Principio
La PCR-DGGE viene eseguita dopo l'estrazione del DNA dal campione e consiste in
un'amplificazione di regioni ipervariabili di geni che codificano il gene 16S rRNA o altri geni, ad
esempio il gene rpoB (che codifica la subunità β della polimerasi RNA) che sono circondate da
regioni consenso. Gli amplificati di DNA, tutti identici in termini di dimensioni, ma con
differenze in termini di sequenza, se si tratta di specie differenti, sono separate mediante
elettroforesi su gel di poliacrilammide contenente un gradiente ben definito di componenti
denaturanti (di norma si tratta di urea e formammide). I frammenti di DNA a doppio filamento
migrano attraversando il gel finché non vengono denaturati dalle condizioni chimiche, pertanto
la migrazione risulta rallentata ed alla fine si arresta. Tuttavia, i frammenti non vengono
completamente denaturati, ciò è dovuto al GC clamp che si forma come conseguenza
dell'utilizzo di un primer caratterizzato da un’estremità 5’ ricca in GC. La posizione nel gel dove
il frammento di dsDNA si denatura nel gel e diventa DNA a doppio filamento dipende dalla
sequenza del nucleotide e dal tenore in % di G+C del frammento. Le diverse sequenze si
posizioneranno in differenti zone denaturanti e, conseguentemente, anche in differenti
posizioni all'interno del gel, nei punti in cui si arresta il frammento di DNA. Gli amplificati di
DNA dei batteri di specie differenti saranno quindi separati dallo loro distanza di migrazione
all’interno del gel. Pertanto, l’identificazione finale di ciascuna specie è ottenuta sia
confrontando la distanza di migrazione con un DNA di riferimento della specie, sia mediante
purificazione e sequenziamento del DNA della banda estratta dal gel e successivo confronto
con le banche dati disponibili (Gen Bank, www.ncbi.nlm.nih.gov/gov/blast/).
Questa tecnica è stata impiegata con successo per l'identificazione di numerose specie di
batteri lattici del vino in miscele complesse. Innanzitutto, sono state utilizzate come DNA
target le regioni 16SrDNA (Lopez et al., 2003), ma recentemente è stato dimostrato che il
gene “housekeeping” rpoB, che codifica la subunità beta dell’RNA polimerasi, è un DNA target
migliore, per la differenziazione delle specie tramite analisi PCR-DGGE diretta, rispetto al gene
16S rRNA (Rantsiou et al. 2004; Renouf et al. 2006; Renouf et al. 2007, Spano et al. 2007).
Bibliografia
Lopez I., Ruiz-Larrea F., Cocolin L., Orr E., Phister T., Marshall M., VanderGheynst J., and Mills
D.A. (2003) Design and Evaluation of PCR Primers for Analysis of Bacterial Populations in Wine
by Denaturing Gradient Gel Electrophoresis. Appl. Environ.Microbiol. 6801–6807
Rantsiou, K., Comi, G., Cocolin, L., 2004. The rpoB gene as a target for PCR-DGGE analysis to
follow lactic acid bacteria population dynamics during food fermentations. Food Microbiol. 21,
481–487
Renouf V., Claisse O., Miot-Sertier C.,.Lonvaud-Funel A (2006) Lactic acid bacteria evolution
during winemaking:Use of rpoB gene as a target for PCR-DGGE analysis. Food Microbiol., 23:
136–145
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Renouf V., Strehaiano P. and Lonvaud-Funel A. (2007) Yeast and bacteria analysis of grape,
wine and cellar equipments by PCR-DGGE. J. Int. Sci. Vigne Vin, 41: 51-61.
Spano G., Lonvaud-Funel A., Claisse O., Massa S. (2007) In Vivo PCR-DGGE Analysis of
Lactobacillus plantarum and Oenococcus oeni Populations in Red Wine. Cur.Microbiol., 54: 9–
13.
2.2 Reazione di polimerizzazione a catena (PCR) con primer specie-specifici
Ambito d’applicazione
Ricerca delle varie specie dei batteri lattici in un campione di vino o di mosto.
Principio
Il principio generale è basato sul fatto che i primer specifici per le specie si ibridano sul DNA
stampo della miscela di DNA estratto dal vino o dal mosto se
trovano le sequenze
complementari. La loro ibridazione provoca la reazione di amplificazione. Solo il DNA della
specie corrispondente ai primer scelti sarà amplificato, se questa specie è presente.
Procedura
La ricerca di Oenococcus oeni è possibile in quanto sono stati messi a punto dei primer specifici
per questa specie. Dopo l'estrazione del DNA dai campioni di mosto o di vino, le reazioni di PCR
sono realizzate secondo le condizioni descritte nei protocolli specifici. Zapparoli et al., 1998 e
Bartowsky e Henschke (1999) hanno sviluppato condizioni di PCR che consentono
l'identificazione di O. oeni tramite l'utilizzo di primer specifici per il gene dell'enzima malolattico
o il gene 16 S rRNA.
Bibliografia
Zapparoli G, Torriani S, Pesente P, Dellaglio F., 1998.Design and evaluation of malolactic
enzyme gene targeted primers for rapid identification and detection of Oenococcus oeni in
wine. Lett Appl Microbiol. 27:243-246.
Bartowsky E.J., Henscke P.A. 1999 Use of a polymerase chain reactionfor specific detection of
the malolactic fermentation bacterium Oenococcus oeni (formerly Leuconostoc oenos) in grape
juice and wine samples. Austr. J. Grape Wine Res. 5: 39-44.
2.3 Individuazione dei ceppi particolari di batteri lattici caratterizzati dalla presenza di un gene
codificante per una funzione particolare; ricerca di batteri dannosi.
Il principio e il protocollo sono i medesimi utilizzati per l’individuazione delle specie batteriche.
Tuttavia, i primer presentano delle sequenze dedotte da geni i cui prodotti sono responsabili
della formazione di sostanze tossiche o di alterazioni: produzione di ammine biogene (Cfr.
Oeno-MICRO 10-449), gusto amaro derivante dall’idrossipropionaldeide/acroleina (Claisse e
Lonvaud-Funel, 2001) e filante (Gindreau et al., 2001).
Bibliografia
Claisse, O., e A. Lonvaud-Funel. 2001. Primers and a specific DNA probe for detecting lactic
acid bacteria producing 3-hydroxypropionaldehyde from glycerol in spoiled ciders. J Food Prot
64:833-7.
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Gindreau, E., E. Walling, and A. Lonvaud-Funel. 2001. Direct polymerase chain reaction
detection of ropy Pediococcus damnosus strains in wine. J Appl Microbiol 90:535-42.
3. Identificazione di specie batteriche in una popolazione mista senza estrazione di
DNA
3.1 Ibridazione in situ: Tecnica di ibridazione a fluorescenza in situ (FISH)
Tale tecnica è fondata sulla progettazione di sonde specie-specifiche marcate con marcatore
fluorescente. L'RNA ribosomiale è spesso il target di tali sonde. In primo luogo, le cellule
batteriche sono permeabilizzate; questo permette alla sonda di attraversare la parete dei
batteri e raggiungere l’RNA. La sonda ibridizza se troverà la sequenza complementare di RNA
ribosomiale 16s . Pertanto, durante tale fase, il fluorocromo verrà fissato al ribosoma delle
cellule della specie a cui corrisponde la sonda. In seguito, utilizzando un microscopio a
epifluorescenza, sarà possibile rilevare, contare e identificare simultaneamente i vari tipi di
microrganismi presenti in un campione se si utilizzano sonde multiple con fluorocromi di colore
diverso. Uno dei principali vantaggi di questo metodo è la rapidità, in quanto non necessita
della coltivazione del campione. L'inconveniente principale è che tale metodo ha una bassa
sensibilità limitata dall'osservazione microscopica.
Tale metodo può essere adattato all'individuazione di ceppi specifici scegliendo una sonda di
DNA che si ibrida con un gene o qualsiasi altra regione del genoma.
Bibliografia
Sohier, D. Lonvaud- Funel, A. (1998). Rapid and sensitive in situ hybridization method for
detecting and identifying lactic acid bacteria in wine. Food Microbiol. 15, 391-397.
Blasco L., Ferrer S.; Pardo I. (2003). Development of specific fluorescent oligonucleotide
probes for in situ identification of lactic acid bacteria. FEMS Microbiol. Lett. 225, 115-123.
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