L'Africa e il virus Occidentale - Massimo Fini
pubblicato su Il Fatto Quotidiano del 28 maggio 2011
Siamo continuamente sollecitati a versare, anche via sms, un obolo per l'Africa nera, soprattutto
per i bambini che non hanno scuole, che non possono usufruire di un'educazione come si deve,
che muoiono di malattie da noi curabilissime, come il tifo, o scomparse da tempo come la
malaria. Alcune aziende, per accattivarsi i possibili clienti, dichiarano che uno o due euro
saranno destinati ad aiutare l'Africa. Quando questi soldi arrivano a destinazione, se vi arrivano,
sono maneggiati da ong che, animate dalle migliori intenzioni, li utilizzano per certi progetti in
loco.
A queste 'anime belle' voglio raccontare la storia di Nana Konadu Yadom, una Ashanti,
antichissima tribù dell'Africa nera, regina di un piccolo villaggio, Besoro, immerso nella giungla
subtropicale del Ghana. Quando è ancora principessa Nana parte per l'Italia perchè vuole
incontrare una suora di cui ha sentito parlare e l'ha affascinata. Al momento di partire è presa
da qualche dubbio guardando i volti luminosi, gli occhi limpidi, sereni della sua gente e i mille
bambini che scorrazzano allegramente. Ma parte. L'impulso alla conoscenza è più forte. Prima
di raggiungere la suora, che dovrebbe stare, secondo vaghe indicazioni, in una città del nord, si
ferma in Sicilia dove, per vivere, si adatta a fare la colf. Quando raggiunge la città della suora,
Schio, viene a sapere che è morta da cinquant'anni. Si ferma a Schio, sempre come domestica.
Del nostro Paese non ha una percezione negativa, ne ammira le conquiste, anche se nota che
tutti hanno sempre una tremenda fretta, vanno di corsa, sono ossessionati da uno strano
strumento, l'orologio, tutte cose sconosciute a Besoro anche perchè a Besoro l'orologio non
esiste, ci si regola con il levar del sole e quando l'ombra lambisce le radici di un certo baobab.
Nel frattempo a Besoro la regina morente, che è sua zia, l'ha nominata per la successione. Ma
Nana rimane ancora un po' in Italia. Diventa un caso: una regina che fa la sguattera! Finisce sui
giornali. Per un pelo non la portano all'Isola dei Famosi. Dopo diciotto anni in Italia Nana torna
al suo villaggio, richiamata dal Consiglio degli Anziani perché adempia ai suoi doveri di regina.
Ormai partecipe delle due culture Nana vuole portare qualche innovazione a Besoro, niente di
grandioso: una piccola scuola, un piccolo ospedale. Costruito questo il medico, un nero pure lui,
le fa notare che l'ospedale è inutile se non si costruisce anche un pozzo in modo che i bambini
e gli adulti di Besoro non si abbeverino a un laghetto putrido dove si infettano. Comincia così
una nota trafila da cui non si esce più. I bambini si ammalano di meno ma Nana nota, con
sorpresa, che gli abitanti sono diventati tristi, non hanno più i volti luminosi, gli occhi limpidi,
felici, mentre è comparsa una malattia mai vista a Besoro, l'ipertensione. Il virus occidentale ha
rotto equilibri ancestrali. Il primo a squagliarsela è il cacciatore Coio che torna nella foresta, poi
altri, infine anche il tranquillo zio Ofa se ne va mentre uno che lavora in ospedale le dice con
una voce quasi infantile:"Io non posso vivere con l'orario". L'esperimento è stato fallimentare.
Mi piace concludere questo apologo con le parole di Andrea Pasqualetto, il giornalista che ha
raccolto il racconto della regina Nana Konadu Yadom per un libro che uscirà prossimamente da
Marsilio:"Chi l'ha detto che l'Africa nera deve essere aiutata? Chi l'ha detto che servono scuole,
ospedali, pozzi? Servono a chi? Agli africani o a noi?".
Massimo Fini
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