ORIZZONTE RICERCA 8 NUOVO oggi MOLISE Mercoledì 23 Novembre 2005 ’Allerta, non allarmismo’ Il punto del direttore dell’Istituto di Malattie Infettive del Policlinico Gemelli sul virus dell’influenza aviaria Sette schede per la prevenzione Continua la pubblicazione delle «Sette schede per la tua salute» realizzate dai Laboratori di Ricerca dell’Università Cattolica in collaborazione con il Gruppo di Azione Locale Molise (Moli.G.A.L.). Una raccolta di informazioni rapide e semplici su ciò che possiamo fare per migliorare il nostro futuro. IL FUMO Un laboratorio chimico Nel fumo di sigaretta esistono oltre 4.800 sostanze, ed almeno 69 sono capaci di causare il cancro. Tra tabacco, additivi e carta di rivestimento, la sigaretta accesa è un vero laboratorio chimico, di quelli che non vorremmo avere vicino casa, figuriamoci in bocca Il richiamo della sigaretta La nicotina è una droga che dà una forte assuefazione già dalle prime volte. Quando viene inalata nei polmoni, raggiunge il cervello molto più rapidamente di un qualsiasi farmaco iniettato per endovena Chi ben comincia Il 90% dei fumatori ha acceso la sua prima sigaretta quando non aveva ancora compiuto i 21 anni di età Il pericolo è il mio mestiere Il 90% dei fumatori conosce abbastanza bene i rischi per la salute che derivano da questa abitudine I caduti dell’esercito grigio Al mondo ci sono oggi 650 milioni di fumatori. Cinque milioni sono i morti da fumo ogni anno Fumose leggende Sigarette leggere, sigari, pipa. Sono tutte facce della stessa medaglia. Non esisterà mai un fumo «sicuro» Regalare veleno Respirare il fumo di altri significa respirarne anche i rischi Gli effetti sulla salute A parte quelle parti del corpo in qualche modo a diretto contatto con il fumo (bocca, laringe, esofago, stomaco, trachea, bronchi, polmoni), il rischio di cancro nei fumatori aumenta anche per una serie di altri organi, ad esempio il pancreas, il collo dell’utero nelle donne, la vescica ed i reni. Malattie cardiovascolari L’indurimento delle arterie, la loro perdita di elasticità, è il principale effetto del fumo. Ma c’è anche l’aumento della pressione, e poi quella percentuale di emoglobina che si lega all’ossido di carbonio anzichè all’ossigeno. Insomma, cuore e vasi sanguigni se la passano male, e questo sfocia in un aumento vertiginoso del rischio di ictus, di infarto o di malattie vascolari di vario tipo Malattie respiratorie Ci si pensa forse poco, ma la Broncopolmonite Cronica Ostruttiva (BPCO) è una malattia molto seria, la quarta causa di morte al mondo. Quasi tutti i malati sono o sono stati fumatori. Che fare * Non cominciare è estremamente facile, ed è la migliore assicurazione sulla vita che possiamo sottoscrivere. * D’altro canto, smettere è possibile ed utile. I rischi per la salute iniziano subito a diminuire, anche se ci vorranno molti anni prima che un ex fumatore possa considerarsi «normale». Un motivo per pensarci subito. * Parlatene naturalmente con il vostro medico prima di tutto. La volontà spesso basta da sola, ma esistono anche molti «alleati» in farmacia. PIU’ o meno esagerate, le preoccupazioni sul «virus dei polli» H5N1 hanno fatto nascere il bisogno di un’informazione estremamente corretta. Ecco perchè abbiamo posto alcune domande al Professor Roberto Cauda, Direttore dell’Istituto di Malattie Infettive dell’Università Cattolica di Roma. Professor Cauda, il virus H5N1 è da alcuni anni sotto osservazione da parte delle autorità sanitarie internazionali. Cos’è che lo ha reso preoccupante sin dall’inizio? «Il virus influenzale H5N1 è comparso nell’uomo per la prima volta nel 1997 ad Hong Kong causando 18 casi di infezione, di cui 6 mortali. In quella occasione la diffusione del virus fu contenuta grazie all’abbattimento in pochi giorni di milioni di capi di volatili. La pericolosità del ceppo influenzale H5N1 deriva dal fatto che dal 2003, anno della sua ricomparsa, è passato più volte da una specie all’altra, contagiando felini e altri mammiferi, ed in particolare maiali, che sono ricettivi sia ai virus aviari che ai virus umani. Per quanto riguarda la diffusione all’uomo, l’attuale situazione epidemiologica (al 17/11/2005) riferisce di 130 casi di cui 67 mortali, avvenuti in 5 paesi del Sud Est asiatico: Indonesia, Vietnam, Tailandia, Cambogia e Cina. Ad oggi, i casi umani vanno interpretati come l’occasionale salto di specie operato dal virus H5N1 attraverso il contagio uccello-uomo. L’uomo infettato, eccezion fatta per un caso, non ha però ulteriormente trasmesso la malattia ad altri uomini». Le misure di contenimento basate soprattutto sull’abbattimento degli animali, nelle aree dove la malattia è presente, hanno sortito l’effetto sperato? «Non ancora. Si deve comunque tener conto di situazioni particolari legate alle modalità di allevamento degli animali nelle aree del Sud Est asiatico e soprattutto della capacità di questo virus di infettare non solo gli uccelli domestici ma anche gli uccelli selvatici ed i migratori. L’influenza aviaria fa così paura perchè nelle ultime tre pandemie influenzali (1918, 1957, 1968) si è rivelata la presenza nel virus responsabile di parti di virus aviario combinato con quello dell’influenza umana». A che livello di allerta siamo? «L’allerta pandemia dell’Organizzazione Mondiale della Sanità oggi è a livello 3 di una scala che va da uno a sei, vale a dire che siamo in una fase in cui la trasmissione uomo-uomo è o assente o estremamente infrequente. Il rischio comunque innegabilmente esiste ed è importante che vi sia a livello nazionale e degli organismi sopranazionali un livello di attenzione costante alla diffusione del virus H5N1». Quali sono le possibili- Il virus H5N1 al microscopio elettronico tà di una mutazione che renda capace il virus di attaccare l’uomo? «Attualmente accanto ad un rischio di infezione diretta da uccello a uomo, verificatasi in oltre un centinaio di casi, la metà dei quali mortali, sussiste un pericolo ancor maggiore, quello di una mutazione che renda questo virus adattabile all’uomo, con l’inevitabile risultato dell’inizio di una nuova pandemia. Questa evenienza può verificarsi per una mutazione spontanea ovvero per una ricombinazione tra virus aviario e virus umano o nell’uomo stesso o nel maiale, in quanto recettivo ad entrambi i virus. In questo caso non si tratterebbe più del virus H5N1, ma di una nuova entità virale». Mentre tutti pensano all’H5N1, ci sono possibilità che altri virus influenzali, già adattati all’uomo, mutino diventando più pericolosi? «In linea teorica sussiste la possibilità che altri virus di origine aviaria oltre l’H5N1 abbiano la possibilità di mutare e diventare pericolosi per l’uomo. Mi riferisco in particolare ai sottotipi H7, che sono anch’essi in grado di causare malattia. Al momento però credo che la nostra attenzione si debba focalizzare sull’H5N1 e non su altri virus influenzali». Pensa che l’ondata di allarmismo, con le consuete rinunce a mangiare certi cibi, sia dovuta solo ai giornalisti o c’è stata un’informazione distorta da parte anche di organi ministeriali o del mondo medico? «La domanda tocca un tema di grande importanza, in quanto si riferisce al diritto all’informazione che ha il grande pubblico su temi, come il rischio di una nuova pandemia, che lo toc- cano molto da vicino. Io credo che in Italia sia stata fatta, in generale, un’informazione corretta e puntuale, anche se certe volte, proprio per la tematica trattata, il riverbero che le informazioni hanno avuto sul grande pubblico non sono state quelle sperate. Mi riferisco in particolare alla paura di mangiare il pollo ed i suoi prodotti. A tal proposito credo che meglio delle mie parole sia importante quanto l’Organizzazione Mondiale della Sanità in questi giorni ha dichiarato: "Nelle aree esenti dalla malattia il pollo e i prodotti aviari possono essere preparati e consumati come sempre (seguendo le usuali norme igieniche ed una appropriata cottura) senza nessuna paura di acquisire l’infezione da H5N1"». Qual è, Professor Cauda, il messaggio corretto da trasmettere alla popolazione? «Sì all’allerta, no all’allarmismo. L’allerta è bene che ci sia, perché il rischio pandemia sussiste. Rischio peraltro che c’è oggi così come è sempre esistito, dal momento che a far corso dal 1580 si stima siano avvenute con periodicità variabile almeno 31 pandemie influenzali». AB La salute in un sorriso Le malattie delle gengive possono essere collegate alle patologie cardiovascolari? UN giorno potremmo finire per ritrovarci i dentisti al lavoro nell’ambulatorio di cardiologia. Ricerche scientifiche condotte negli ultimi anni stanno infatti puntando la loro attenzione sulla salute della bocca, delle gengive in particolare, in vista di possibili collegamenti con le patologie cardiovascolari. E’ uno sviluppo che forse può sorprendere, ma che si lega ad un grande filone della medicina moderna: l’infiammazione, un mosaico che si sta gradualmente formando e che vede le infiammazioni croniche (quindi anche quelle delle gengive) come un possibile fattore di rischio per infarto cardiaco, ictus cerebrale ed altre malattie legate al sistema cardiocircolatorio. Di infiammazione delle gengive, periodontiti in particolare, si è parlato nei giorni scorsi presso l’Università Cattolica di Campobasso, che ha ospitato il Professor Maurizio Trevisan, medico ricercatore originario di Napoli, preside della Scuola di Salute Pubblica dell’Università di Buffalo, negli Stati Uniti. La questione potrebbe rivestire un notevole interesse per la medicina. Le periodontiti sono infatti molto diffuse tra la popolazione, e spesso sono trascurate. Iniziano con un’infiammazione cronica, che porta al graduale scollamento delle gengive, e possono arrivare fino alla caduta dei denti. Problemi estetici, ovviamente, ma anche funziona- Il professor Maurizio Trevisan li, con difficoltà nella masticazione. Però, se fosse definitivamente confermato che hanno qualcosa a che fare con le malattie cardiovascolari, diventerebbero ben altro: un vero problema di salute pubblica. Trevisan, nel suo seminario, ha esposto lo stato attuale delle ricerche, con una particolare attenzione ai cosiddetti «fattori confondenti». Ad esempio, sappiamo che le periodontiti colpiscono con maggiore frequenza i fumatori. Ma chi fuma ha anche un rischio molto alto di sviluppare malattie cardiovascolari. E’ allora semplicemente il fumo che causa entrambi i problemi, senza un vero rapporto tra di essi? Sembra di no. Il ricercatore italiano ha esposto i risultati di uno studio scientifico, condotto su 1.600 persone, che rafforza la possibilità dell’esistenza di una relazione reale tra infiammazione delle gengive e patologie del cuore e dei vasi. La ricerca suggerisce infatti che le persone con periodontite hanno un significativo aumento di rischio per malattie cardiache e vascolari rispetto a chi ha la bocca più «a posto», indipendentemente dal fatto se siano fumatori o no. E nelle donne l’aumento del rischio sembra anche più marcato. «Ci vorranno altri studi dice Trevisan con un largo sorriso rassicurante û prima di avere una risposta definitiva in questo campo. Da un lato dovremo conoscere meglio le relazioni tra le periodontiti ed i markers infiammatori (le sostanze che possono essere misurate con analisi del sangue e che denotano uno stato di infiammazione in corso, ndr). Dall’altro ci saranno classici trial clinici, nei quali i pazienti verranno sottoposti a trattamento per le periodontiti. Successivamente potremo vedere se il loro rischio di ammalarsi di infarto verrà diminuito da questo intervento». Il dentista ospite fisso in cardiologia, quindi? «Le nostre conoscenze in questo campo devono sicuramente essere ancora ampliate, anche per capire se esiste una predisposizione genetica nel rapporto tra malattie delle gengive e patologie cardiovascolari. Considerando l’elevato numero di persone con periodontiti, le implicazioni per la salute pubblica di queste ricerche potrebbero essere molto grandi».