atene e gerusalemme

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ATENE E GERUSALEMME
PENSIERO ANTICO E PALEOCRISTIANO

Direttore
Giuseppe G
Università Vita–Salute San Raffaele di Milano
Comitato scientifico
Werner B
Ludwig–Maximilians–Universität München
Elisabetta C
Università di Cagliari
Maurizio M
Università di Macerata
Roberto R
Università Cattolica di Milano
Comitato redazionale
Vito L
Università Vita–Salute San Raffaele di Milano
ATENE E GERUSALEMME
PENSIERO ANTICO E PALEOCRISTIANO
La civiltà europea occidentale è nata dall’incontro e dalla fusione di due sorgenti originariamente distinte, la cultura ellenica
e la cultura ebraica, con le rispettive punte di diamante, ossia
la filosofia greca e la religione biblica. L’avvento di Gesù Cristo, presentato nei Vangeli contemporaneamente come il Lógos dei Greci che si è fatto uomo e il Messia degli Ebrei che ha
compiuto le profezie, segnò il momento culmine dell’incontro delle due civiltà in una nuova prospettiva. Il Cristianesimo
delle origini, nelle grandi figure dei Padri della Chiesa ha svolto il compito di fondere insieme le due diverse radici in una
nuova sintesi, facendo in modo tale che l’uomo occidentale
senta ormai di appartenere contemporaneamente ad “Atene”
e a “Gerusalemme”.
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L’obiettivo del Centro di Studi Patristici “Luigi Maria Verzé”, fortemente voluto dal Fondatore dell’Università Vita-Salute San Raffaele di
Milano, è quello di ricostruire la storia e il pensiero dei Padri greci e
latini della Chiesa e dell’Europa intera, in continuità con la tradizione
filosofica greca.
Francesco Dovetta
La vera gnosi
secondo Clemente Alessandrino
Presentazione di
Giuseppe Girgenti
Copyright © MMXII
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Raffaele Garofalo, /A–B
 Roma
() 
 ----
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: ottobre 
Mariae, Sedi Sapientiae
κατ’ἰδίαν δέ τοῖς ἰδίοις μαθηταῖς
ἐπέλυεν πάντα.
[Gesù] « in privato, ai suoi discepoli,
spiegava ogni cosa ».
— Mc., , 
Indice

Presentazione
di Giuseppe Girgenti

Capitolo I
La figura di Clemente Alessandrino
.. La vita di Clemente Alessandrino nel quadro politico e culturale del tempo,  – .. Le opere di Clemente
Alessandrino, .

Capitolo II
La gnosi in Clemente Alessandrino
.. Introduzione all’argomento,  – .. L’esame della
gnosi clementina realizzato da Pierre– Thomas Camelot,  – .. L’interpretazione della gnosi clementina proposta da Giuseppe Lazzati,  – .. La gnosi dell’Alessandrino
nella lettura che ne dà Paolo Brezzi,  – .. La ricostruzione della gnosi clementina operata da André Méhat nel suo
Étude sur les Stromates de Clément d’Alexandrie,  – .. La
gnosi di Clemente alla luce delle considerazioni espresse
da Raoul Mortley,  – .. La gnosi dell’Alessandrino
nell’analisi tracciata da Salvatore Lilla, .


Indice

Capitolo III
Considerazioni conclusive sulla gnosi di Clemente

Appendice

Bibliografia
Presentazione
di Giuseppe G
Questo saggio su Clemente Alessandrino di Francesco Dovetta nasce come tesi di laurea specialistica presso la Facoltà di Filosofia dell’Università Vita–Salute San Raffaele; una tesi che —
relatore il sottoscritto e controrelatore Vito Mancuso — è stata discussa e valutata con il massimo dei voti il  luglio ,
quando la sede della Facoltà di Filosofia era ancora al Palazzo
Borromeo di Cesano Maderno.
A distanza di quattro anni viene ora pubblicata come secondo titolo di questa collana “Atene e Gerusalemme”, patrocinata
dal Centro di Studi Patristici “Genesis”, intitolato a don Luigi
Verzé; del resto, la posizione filosofico–teologica sostenuta da
Clemente esprime al meglio quella che, con termine gadameriano, ho definito “fusione di orizzonti” tra Atene e Gerusalemme, ma che l’Alessandrino tratteggia come fusione di due
rivoli — l’ebraismo e l’ellenismo — che confluiscono nel grande fiume del Cristianesimo. Clemente è il primo che ci autorizza a parlare di “sorgenti” (e non “radici”) della Cristianità (e
quindi dell’Europa), avendo in mente proprio la ragione greca
e la fede ebraica.
Il compimento delle due diverse tradizioni, che per Clemente sono in pari grado due “Antichi Testamenti”, uno filosofico preparato dal Logos, e uno profetico ispirato dallo Pneuma,
è caratteristica della vera gnosi, ossia della vera conoscenza di
Dio; questa è una delle grandi differenze della posizione clementina rispetto agli gnostici in senso tecnico — Marcione,
Basilide, Valentino, Apelle — i quali accentuarono la continuità ellenismo–cristianesimo a scapito della tradizione ebraica,


Presentazione
fino alla tesi estrema di Marcione che propose di espungere
l’intero Antico Testamento ebraico dal canone delle Scritture.
Dal punto di vista conoscitivo, inoltre, questo significava per la
Gnosi svalutare la pistis a vantaggio della sophia.
Può essere utile, per mettere in risalto ancora di più la posizione “ecumenica” di Clemente, porre la sua visione a confronto con quella di due suoi contemporanei, un filosofo ellenistico e un padre latino della Chiesa, che, su fronti opposti,
concordano nella critica a ogni possibile incontro tra Atene e
Gerusalemme: mi riferisco a Diogene Laerzio e a Tertulliano.
Per il confronto tra Clemente e Diogene Laerzio, riprendo un’intuizione di Luciano Canfora, che aveva già notato
l’analogia tra i due autori in quanto preziose fonti dossografiche per la ricostruzione della filosofia greca; il primo presenta, però, la filosofia greca come una praeparatio evangelica,
secondo l’espressione che verrà resa celebre da Eusebio di Cesarea: basti citare la sua idea del Logos eracliteo, che Clemente non ha difficoltà a presentare come quel Principio divino
(Zeus, per gli Stoici), che ha preso forma umana in Gesù Cristo. Diogene Laerzio, invece, presenta la filosofia greca come
una praeparatio epicurea, escludendo tutte quelle commistioni
del pensiero ellenico con le cosiddette “sapienze barbare” in
senso lato (non solo i profeti ebrei, ma altresì i rappresentanti
di tutto quel variegato mondo religioso che si richiamava ai
magi persiani, ai sacerdoti egizi, ai bramini indiani, ai druidi celti, eccetera); lo stesso problema si poneva in sede puramente linguistica e retorica, tra i grammatici sostenitori della
purezza della lingua attica e coloro che invece erano propensi
alle commistioni con le lingue “asiatiche” (si veda, a tal proposito, la Praeparatio sophistica di Frinico, opera dedicata in
quegli stessi anni all’imperatore Commodo, figlio di Marco
Aurelio).
Per il confronto tra Clemente e Tertulliano, rimando a un
mio contributo sull’interpretazione antitetica che i due hanno
proposto del discorso di san Paolo all’Areopago, quando l’apostolo parlò ai filosofi di Atene, senza ottenere in verità un
Presentazione

gran successo, se non la conversione di Dionigi Areopagita (diventato poi, secondo la tradizione, il primo vescovo di Atene).
Da quell’episodio, Tertulliano trasse lo spunto per decretare
l’incompatibilità tra Atene e Gerusalemme, tra l’Accademia di
Platone e la Chiesa di Cristo, tra la Stoa di Zenone e il Tempio
di Salomone, e in definitiva tra la filosofia e la fede, in una priorità assoluta della fides che non ha alcun bisogno della ratio per
giustificarsi; Clemente, invece, pensò che san Paolo cercasse
l’alleanza con la filosofia, e in particolare con gli Stoici, riservando al solo Epicuro la condanna della filosofia pronunciata
nella Lettera ai Colossesi. Forse dal punto di vista esegetico ha
più ragione Tertulliano, ma dal punto di vista della storia successiva del Cristianesimo, è indubbio che la posizione di Clemente è stata vincente e maggioritaria, prima nella Patristica e
poi nella Scolastica.
Si vede, quindi, molto chiaramente come la Gnosi, intesa
come continuità grecità–cristianesimo, si poneva all’estremo
opposto sia di Tertulliano sia di Diogene Laerzio. Ed è su questo punto che si incentra lo studio di Francesco Dovetta, che
già nella laurea triennale si era occupato del pitagorismo di età
imperiale (in modo specifico dello scritto allegorico dal titolo
Tavola di Cebete).
La scelta di concentrarsi su questo specifico aspetto del pensiero clementino parte dalla necessità di superare l’ostacolo
rappresentato dalla difficoltà a cogliere il senso più autentico
della gnosi, quello, cioè, che l’autore stesso le attribuiva. Tale
difficoltà dipende, innanzitutto, dal fatto che Clemente si preoccupa di tenere il più possibile segreto il contenuto stesso della gnosi, al fine di evitare fraintendimenti e/o manipolazioni
da parte di coloro che non sono predisposti, per diverse ragioni, ad accoglierne l’insegnamento, e, in secondo luogo, dal fatto che quello che effettivamente conosciamo della Gnosi, rivela molteplici influenze, riconducibili all’ambiente culturale in
cui viveva ed operava l’Alessandrino, per cui risulta per nulla
semplice individuare quale sia l’elemento che dà unità, che dà
forma alla materia trattata.

Presentazione
Il lavoro è articolato nel modo seguente. Nel primo capitolo, Dovetta tratteggia la figura di Clemente, analizzando la sua
vita e le tre opere principali che ci sono pervenute (Protrettico,
Pedagogo e Stromati).
Nel secondo capitolo, quello centrale, affronta la gnosi di
Clemente, osservandola da angolature diverse, corrispondenti
alle differenti analisi che di essa sono state proposte da alcuni
dei principali studiosi che l’hanno esaminata (Camelot, Lazzati, Brezzi, Méhat, Mortley, Lilla). In tal modo, sono emerse le
molte sfaccettature della gnosi “ortodossa”, e il contributo di
Dovetta risulta così una proposta alternativa a quella di Hans Jonas, nel suo pur fondamentale contributo su Gnosi e spirito tardo–antico, uscito da poco anche in traduzione italiana (a cura
di C. Bonaldi, Bompiani, Milano ).
Nel terzo capitolo, quello conclusivo, Dovetta dà conto del
suo punto di vista sulla gnosi, esprimendo le sue personali considerazioni tanto sul problema della individuazione del senso
autentico della gnosi quanto sulla gnosi vera e propria.
Nell’appendice, infine, abbiamo scelto, come già si era fatto nella tesi di laurea, di riportare il discorso sulla figura di
Clemente Alessandrino tenuto da Papa Benedetto XVI in occasione di un’udienza generale del  aprile , a motivo del
carattere di sintesi che esso manifesta quanto alle linee guida
del pensiero di Clemente, ma anche perché in esso si trova
un’indiretta conferma alla lettura pienamente “cattolica” della
gnosi clementina.
Capitolo I
La figura di Clemente Alessandrino
.. La vita di Clemente Alessandrino nel quadro politico e
culturale del tempo
Della vita di Tito Flavio Clemente, detto l’Alessandrino, non
sappiamo molto: le sue opere sono quasi prive di dati autobiografici e le notizie forniteci da Eusebio di Cesarea, da Girolamo, da Epifanio di Eleuteropoli e dal patriarca bizantino Fozio
sono alquanto scarse.
Nonostante l’appellativo tramandato suggerisca un’origine
egiziana, il nostro, quasi certamente, nacque ad Atene, intorno al  d.C., da genitori pagani. Educato secondo la migliore
cultura classica antica, è probabile che abbia frequentato da
vicino la religione greca e che sia stato iniziato ai riti misterici. Divenuto, non sappiamo quando, cristiano, Clemente volle studiare a fondo la dottrina della Chiesa. E così, per poter
ascoltare i più rinomati maestri cristiani dell’epoca, intraprese una serie di viaggi che dapprima lo condussero per tutta la
Grecia, poi, lasciata la madrepatria, pare intorno ai  anni, lo
portarono in Italia meridionale, in Siria, in Palestina e infine
in Egitto . Ad Alessandria, dove giunse intorno al , ascoltò
l’ultimo maestro, il più amato, per cui nutrì una grandissima
ammirazione, e che ricorda con parole commosse: « Quando
infine m’imbattei nell’ultimo (ma questi per il suo valore era
. Cfr. Biblioteca, CIX-CX-CXI. Per l’edizione di riferimento dei testi
indicati nelle note si veda la Bibliografia.
. Cfr. Stromati, I, , –.


La vera gnosi secondo Clemente Alessandrino
il primo), ebbi riposo. Lo avevo rintracciato in Egitto, dove si
teneva nascosto. Vera “ape sicula”, coglieva i fiori del prato di
profeti ed apostoli: e generò un puro frutto di “gnosi” nelle
anime degli ascoltatori » . Questo maestro, di cui Clemente tace il nome, Eusebio di Cesarea nella sua Historia ecclesiastica
lo identifica in Panteno (cfr. Hist. eccl., VI, ), che secondo la
tradizione era stato discepolo dell’apostolo Giovanni.
Prima però di trattare di Panteno e della sua scuola, entrambi fondamentali nella formazione intellettuale e spirituale di
Clemente, vogliamo dare brevemente conto del contesto politico, sociale e culturale in cui il nostro si trovò calato una volta
giunto ad Alessandria, la città cui fu così legato da derivarne
l’appellativo con cui ancora oggi è ricordato. La capitale egiziana, fondata per volere di Alessandro Magno già nel  a.C.,
era a quei tempi la seconda città dell’Impero dopo Roma e,
sul piano commerciale e culturale, era forse addirittura la prima. Immenso emporio di scambi di ogni genere tra Oriente
ed Occidente, Alessandria si segnalava come città cosmopolita,
dove convivevano razze e culture differenti, tutte quante però
sotto l’egida dell’ellenismo. Rinomata per le sue attività economiche, essa era ovunque famosa pure per le sue palestre, per
il grande teatro, per le terme e per il celeberrimo Ginnasio,
situato nella Neàpolis, il quartiere nuovo e ricco. Meta di turisti da ogni parte del mondo allora conosciuto per via dei suoi
spettacolari monumenti, essa doveva la sua celebrità anche alla
Biblioteca e al Museo, antichi già di quasi cinque secoli.
Altrettanto variegato era il quadro religioso di Alessandria:
oltre ai seguaci della religione egiziana e del paganesimo greco,
era presente in essa una forte e numerosa comunità ebraica
(Filone Ebreo, noto per aver tentato una sintesi tra rivelazione biblica da un lato e pensiero greco–classico dall’altro, era
proprio di Alessandria, dove morì nel  d.C.). Non si contavano, poi, i centri di studio, filosofici, scientifici e letterari, le
scuole di sapienti, studiosi, santoni e ciarlatani. E non si può
. Strom., I, , .
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