I segreti della basilica romana di San Clemente al Celio I segreti della basilica romana di San Clemente al Celiodi Elisa Di Agostino 21/04/2017 La chiesa di San Clemente al Celio è una delle più importanti di Roma, non solo sotto l’aspetto artistico ma anche perché rappresenta bene una città che è stata costruita a strati sovrapposti. L’edificio visibile oggi, risale al XII secolo, ma nasconde parti ben più antiche. Sotto l’attuale pavimento furono infatti scoperti, nel 1857, diversi strati comprendenti un mitreo, un’antica casa romana ed i resti della prima basilica. La posizione di questa chiesa, a pochi passi dal Colosseo, tra i fori e la via Labicana, ha favorito la stratificazione degli edifici, distrutti a più riprese da varie vicissitudini. La basilica di San Clemente a Roma, dedicata a papa Clemente I, sorge nella valle tra l’Esquilino e il Celio, sulla direttrice che unisce il Colosseo al Laterano, nel rione Monti. Ha la dignità di basilica minore. Attualmente è retta dalla provincia irlandese dei domenicani. La chiesa attuale venne ricostruita da Pasquale II sull’aprirsi del XII secolo, quando il monaco benedettino venne proclamato pontefice proprio in questo edificio. Ancora nel pieno dell’aspra lotta tra papato ed impero, mentre le famiglie nobili romane si schieravano dall’una e dall’altra parte, Pasquale II operò una serie di rinnovamenti nelle più antiche ed importanti chiese romane, volti ad affermare il potere spirituale su quello temporale e a rendere le chiese luoghi di raccoglimento e preghiera su modello di quelle benedettine. San Clemente è l’esempio più lampante di questa renovatio : la chiesa era già in fase di trasformazione tra il 1080 e il 1099 anno in cui fu eletto papa. Probabilmente l’edificio preesistente era stato danneggiato da Roberto il Guiscardo e dalle sue truppe nel 1084. Il saccheggio di Roma da parte dei normanni fu uno degli episodi più violenti del periodo della lotta per le investiture. Le truppe erano state chiamate da papa Gregorio VII stesso, per contrastare l’assedio dell’imperatore tedesco Enrico IV ma, una volta sconfitto l’esercito imperiale, i normanni del Guiscardo saccheggiarono e devastarono Roma. La zona più colpita dalle distruzioni fu proprio quella tra il Colosseo ed il Laterano, ragione che spinse la popolazione a radunarsi intorno alla zona del Tevere e di Castel Sant’Angelo. Da sinistra a destra: Pasquale II, nato Rainerio Raineri (1050 – 1118), è stato il 160º papa della Chiesa cattolica dal 1099 alla morte; Enrico IV di Franconia (1050 – 1106) è stato dal 1056 rex romanorum e dal 1084 imperatore del Sacro Romano Impero; Roberto d’Altavilla, detto il Guiscardo (l’Astuto), in latino Robertus Guiscardus o Viscardus (1015 circa – 1085), è stato un condottiero normanno. Per quanto riguarda San Clemente, ciò che è certo, è che la vecchia struttura fu interrata e sfruttata come base per la nuova, inaugurata nel 1118. Questa chiesa è stata spesso portata come esempio di basilica paleocristiana anche per via del suo quadriportico che in realtà è frutto di ristrutturazioni successive e risulta pesantemente rimaneggiato. Il manufatto attuale si presenta a tre navate, divise da colonne di spoglio, interrotte nel centro da pilastri che determinano una sorta di divisione della navata in due spazi. Le colonne in granito si alternano a quelle di marmo scanalato. La divisione della chiesa in due diverse parti, coincide con la schola cantorum, elemento reimpiegato dalla basilica precedente ma con delle aggiunte del XII secolo. All’interno del recinto sacro, vi sono un magnifico ciborio medievale e un candelabro pasquale cosmatesco. Il vero capolavoro della chiesa è però il mosaico absidale. Sullo sfondo dorato bizantineggiante si staglia un Cristo in croce tra la Vergine e San Giovanni Evangelista. Dalla croce si diramano girali di acanto a formare l’albero della vita, simbolo della chiesa che dà vita all’umanità intera. Tra le foglie spiccano figure zoomorfe ed umane, mentre sulla croce vi sono dodici colombe rappresentanti gli apostoli. Ai piedi del crocifisso si diramano i quattro fiumi del Paradiso, a cui si abbeverano vari animali, immagine del popolo di Dio che si avvicina alla verità e alla vita eterna. Ciascuna di queste creature ha un significato simbolico molto preciso: il pavone, ad esempio, è simbolo di immortalità, poiché la sua carne era creduta incorruttibile. Al di sopra della scena, tra raggi luminosi, la mano di Dio protende una corona verso la croce. Ai lati del catino absidale troviamo invece San Pietro e San Paolo, sotto di loro i profeti Isaia e Geremia. Al di sopra troneggia il Cristo pantocratore circondato dal tetramorfo.I pavimenti della basilica sono a lungo stati considerati tra i più bei pavimenti cosmateschi di Roma. Di recente è stato però dimostrato che tale pavimentazione ha subito numerosi rifacimenti nei secoli, ragione per la quale quello che vediamo oggi non può dirsi l’originale medievale. San Clemente custodisce però importanti tracce del suo passato: scendendo al livello inferiore infatti, si può accedere alle strutture più antiche. Il primo edificio identificato è di forma rettangolare e risale alla fine del I secolo d.C. Si è ipotizzato possa trattarsi di un horreum, cioè un magazzino per le merci, forse legato ai giochi dell’anfiteatro Flavio o allo stoccaggio del grano. I muri sono realizzati in grandi blocchi di tufo e travertino, ma la scarsità dei resti non ci permette di definire con sicurezza la sua funzione. Alla metà del II secolo d.C. risale invece un’insula, cioè una casa privata che accolse al suo interno un mitreo, si pensa verso il III secolo, di cui si possono ancora vedere le decorazioni a fresco e l’altare. Su questa seconda struttura fu poi edificato il nucleo della prima basilica, in cui venne aperto un abside nel IV secolo. Nello strato della prima chiesa, da cui fu prelevata parte dei materiali per la struttura nuova, si trovano ancora affreschi e testimonianze di grande importanza. L’esempio più famoso è uno dei primi documenti di volgare italiano: si tratta delle storie di San Clemente, risalenti all’XI secolo. Quest’opera narra di San Clemente e Sisinnio, un prefetto romano che perseguitava Clemente poiché cristiano. Nelle scene, quasi fumettistiche, si vede il prefetto fare irruzione durante una messa del santo: per effetto di un miracolo, l’aguzzino diventa improvvisamente cieco e sordo e deve andarsene senza potere procedere all’arresto. La scena sottostante è molto divertente: si vedono il santo che ha fatto visita a Sisinnio per guarirlo e lui che reagisce ordinando ai suoi sottoposti di gettare Clemente fuori dall’edificio. Grazie ad un altro miracolo, il santo ne esce illeso, mentre gli uomini si ritrovano a dover sollevare una pesante colonna di pietra. Le figure sono accompagnate da didascalie con le loro parole. I sottoposti del prefetto, gente del popolo, si esprimono in dialetto volgare mente il santo pronuncia in latino “Duritiam cordis vestri, saxa traere meruistis”ossia “per la durezza del vostro cuore, avete meritato di trascinare pietre” mentre Sisinno “Fili de le pute, traite, Gosmari, Albertel, traite. Falite dereto co lo palo, Carvoncelle!” ossia “figli di puttana, tirate, Gosmari, Albertel, tirate. Spingete da dietro con il palo, Carvoncelle!”. La differenza di registro segna ovviamente la distanza tra il santo educato e colto ed i suoi persecutori, ignoranti e volgari; per noi tuttavia questo documento è fondamentale perché ci fa capire come la lingua parlata a Roma in quell’epoca fosse ormai lontana dal latino. San Clemente non custodisce quindi solo tesori d’arte e di storia, ma anche un’importantissima testimonianza linguistica. La chiesa fu a più riprese rimaneggiata, come si nota dal soffitto barocco, dalla facciata settecentesca e da varie altre aggiunte. Ciononostante, San Clemente ha mantenuto il suo fascino primitivo ed è una chiesa unica proprio grazie alla sua storia di stratificazione, in cui possiamo vedere tutte le epoche sovrapposte e fuse in un unico edificio. Per approfondimenti: _Gianluca Lauta, “ancora sull’iscrizione di San Clemente”,Lingua Nostra, 2007 _Nicola Severino, Pavimenti Cosmateschi di Roma: Storia, Leggenda e Verità. Basilica di San Clemente © L’altro – Das Andere – Riproduzione riservata