6.2 La teoria della regolazione e le sue prospettive 6.2.1 Introduzione La concorrenza riveste un ruolo centrale sui mercati. In regime di concorrenza perfetta, il benessere complessivo viene massimizzato e, come affermato nei due teoremi del benessere, l’allocazione delle risorse di mercato soddisfa la condizione di ottimalità paretiana. Inoltre il governo può raggiungere tutte le allocazioni pareto-ottimali attraverso un’opportuna distribuzione delle risorse per mezzo di trasferimenti in somma fissa (lump sum). Le condizioni che assicurano la validità dei due teoremi del benessere non sono estremamente restrittive; tuttavia, alcune di esse non sono sempre soddisfatte e, in particolare, è frequente che il mercato non sia concorrenziale. L’ambito della regolazione include l’analisi dell’assetto istituzionale adottato per governare un mercato in cui l’emergere della concorrenza è difficilmente raggiungibile (o molto costoso). A dire il vero, è tuttora difficile definire la portata della regolazione. Mentre il termine regolazione è spesso usato in riferimento a un insieme di regole, obiettivi e meccanismi imposti dal governo (generalmente attraverso un’agenzia indipendente) per regolare specifici e ben definiti aspetti dell’economia, parte della letteratura ha adottato una definizione più ampia, includendo ogni forma di intervento diretto dello Stato nell’attività economica. Da questo momento ci atterremo alla prima definizione (relativa a un approccio più settoriale), ritenendo che il più vasto ambito a cui si riferisce la seconda definizione rientri in modo più appropriato nel dominio della politica industriale o anche dell’economia pubblica. Anche se quella dell’intervento pubblico nell’economia è una questione discussa da tempo, la regolazione è emersa come branca di studio a sé stante all’interno delle scienze economiche durante gli anni Ottanta, quando furono scritti diversi fondamentali articoli volti ad analizzare gli strumenti regolatori più efficaci nel tutelare i consumatori e promuovere la concorrenza. VOLUME IV / ECONOMIA, POLITICA, DIRITTO DEGLI IDROCARBURI Questo lavoro è articolato nel modo seguente: il paragrafo 6.2.2 fornisce una spiegazione dei motivi per i quali la regolazione è importante; il paragrafo 6.2.3 introduce alcuni dei più comuni strumenti di regolazione in un contesto di completa informazione; il paragrafo 6.2.4 si occupa dei problemi della regolazione in presenza di asimmetrie informative; il paragrafo 6.2.5 sintetizza le principali problematiche connesse ai gruppi di interesse che tentano di influenzare gli organismi di regolazione; il paragrafo 6.2.6 affronta la questione se sia più desiderabile un monopolio pubblico o un mercato privato regolato; il paragrafo 6.2.7 illustra le conclusioni. 6.2.2 Perché regolare? Il principale scopo della ricerca economica sulla regolazione è quello di giustificare e individuare le forme appropriate di intervento pubblico nell’economia (approccio normativo). Parte della letteratura sulla regolazione ha proposto un’analisi più positiva, cercando di spiegare perché in alcune circostanze si può osservare un mercato regolato (anche se non c’è ragione della sua esistenza secondo una prospettiva economica) o anche perché si osservano forme inefficienti di regolazione.1 D’ora innanzi ci focalizzeremo solo sul primo tipo di approccio. È risaputo che i mercati, secondo le classiche assunzioni di libertà d’ingresso, che includono perfetta informazione, bassi costi di accesso e mercati finanziari 1 Questo secondo approccio è più frequente nei contributi della giurisprudenza e delle scienze politiche piuttosto che nella letteratura economica; tuttavia anche nell’ambito di quest’ultima, lo si può ritrovare in alcuni lavori, per es. in quelli di: Joskow, 1974; Williamson, 1976; Mackay et al., 1987; Spiller, 1990. Parte di questa letteratura, specialmente i contributi più recenti, riguarda i problemi della cattura del regolatore e le relazioni tra imprese e politici. 351 L’INDUSTRIA DEL GAS NATURALE DAL MONOPOLIO ALLA CONCORRENZA perfetti, convergono naturalmente verso una configurazione di concorrenza perfetta. In diversi casi, alcuni di questi requisiti non sono pienamente soddisfatti: barriere naturali o legali e costi di struttura possono, per es., generare fallimenti di mercato, il che significa che i mercati non sono in grado di convergere verso un’efficiente allocazione delle risorse. Le imperfezioni di mercato possono essere numerose e di vario tipo, per es. monopoli naturali, informazione imperfetta, esternalità e beni pubblici, scarcity rents o concorrenza distruttiva. Questo contributo si concentra sui problemi posti dalla regolazione dei monopoli naturali in condizioni di informazione perfetta e di informazione asimmetrica. Le esternalità vengono spesso prese in considerazione per giustificare l’intervento regolatorio in campo ambientale o talvolta nel settore delle telecomunicazioni (per es., la regolazione per l’assegnazione dello spettro delle frequenze). Le scarcity rents e la concorrenza distruttiva sono concetti usati molto più frequentemente dai politici e dagli scienziati politici piuttosto che dagli economisti. Le scarcity rents sono extra profitti dovuti alla particolare scarsità di una risorsa, che possono avere un impatto sulle azioni emesse da un’impresa e anche generare esternalità negative.2 La concorrenza distruttiva, nello stesso tempo, è dovuta a forme di concorrenza instabile: imprese miopi non investono a sufficienza a causa del contesto troppo rischioso in cui operano e ciò comporta inefficienze di lungo termine.3 Nella fig. 1 sono rappresentati il Ricavo Marginale (RM), il Costo Marginale (CM) e le funzioni di domanda delle imprese. Il punto di intersezione tra CM e la curva di domanda rappresenta l’equilibrio in condizioni di concorrenza perfetta (q*; p(q*)), mentre l’equilibrio di monopolio (q°; p(q°)) è dato dall’intersezione delle funzioni di CM e RM. Il surplus dei consumatori è l’area sottostante la curva di domanda. L’area azzurra p (q) RM p (q°) perdita secca di benessere CM p (q*) q° fig. 1. Ricavo marginale, costo marginale e funzioni di domanda delle imprese. 352 q* q rappresenta la cosiddetta perdita secca o netta di benessere, corrispondente alla diminuzione del surplus del consumatore al netto della variazione dei profitti delle imprese (vale a dire il surplus totale), che si verifica con il passaggio da una forma di mercato di concorrenza perfetta a una di monopolio in conseguenza del fatto che la quantità totale scambiata diminuisce e il prezzo di equilibrio aumenta. Ogni volta che si verifica un fallimento del mercato, si osserva una perdita secca di benessere. Ovviamente, lo scopo del pianificatore sociale benevolo è la massimizzazione del benessere complessivo che implica la minimizzazione della suddetta perdita. Secondo una prospettiva normativa, per giustificare la regolazione non è sufficiente dimostrare che si è verificato un fallimento di mercato. Occorre anche provare che l’intervento pubblico è in grado di migliorare l’equilibrio di libero mercato.4 Tra tutti gli interventi pubblici realizzabili in grado di aumentare il benessere, occorre selezionare quello che consente il massimo incremento del benessere sociale. Anche qualora, tra tutte le politiche pubbliche realizzabili, la regolazione di un mercato rappresenti il modo più efficiente per far fronte a un determinato fallimento di mercato, va comunque sottolineato che in letteratura sono stati proposti molti modi alternativi per affrontare una simile ipotesi. Per es., in presenza di esternalità, il teorema di Coase afferma che la contrattazione privata risulterebbe sufficiente a internalizzare tutti i guadagni e i costi a condizione che non vi siano costi di transazione. Inoltre, l’uso dei sussidi e delle imposte pigouviane, o una ridefinizione dei diritti di proprietà e la creazione di nuovi mercati, potrebbero costituire modalità alternative con cui affrontare le imperfezioni di mercato. In generale, ciò che conta non è capire se l’intervento pubblico sia efficiente o meno; la regolazione si giustifica non tanto per il fatto che attraverso di essa vengono eliminati completamente i fallimenti del mercato, quanto perché con essa è possibile incrementare l’efficienza più di qualsiasi altro rimedio alternativo. In un contesto di riferimento classico, vale a dire in condizioni di perfetta informazione e in assenza di costi di 2 Per un’analisi delle scarcity rents si veda, per es.: Olsen, 1972; Sanders, 1981. 3 La concorrenza distruttiva è stata utilizzata, tra l’altro, per fornire una giustificazione teorica all’intervento pubblico nel settore dei trasporti aerei e in quello dei trasporti su strada con mezzi pesanti verificatosi negli Stati Uniti durante gli anni Trenta, ma è stata trascurata dalla maggior parte della letteratura economica. 4 Si consideri che un equilibrio di mercato è migliore di un altro se è fattibile (possibilmente con trasferimenti) e se lo domina in senso paretiano, il che significa che tutti gli attori economici godono almeno della stessa utilità e alcuni di loro si trovano in una posizione migliore. ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI LA TEORIA DELLA REGOLAZIONE E LE SUE PROSPETTIVE transazione, la regolazione non è sempre necessaria, poiché è possibile raggiungere la soluzione ottimale ( first-best) senza ricorrere a essa. Tuttavia, introducendo uno scenario più complicato, la regolazione potrebbe essere una soluzione desiderabile perché, per es., potrebbe essere meno costosa o comportare minori distorsioni. Come menzionato sopra, la presenza di un monopolio o, più in generale, di una qualsiasi configurazione di mercato diversa dalla concorrenza perfetta, può essere fonte di inefficienza. Ogni qual volta ciò risulti possibile, le autorità pubbliche cercano in primo luogo di risolvere il problema attraverso strumenti di politica della concorrenza, ostacolando gli accordi collusivi, i cartelli e qualsiasi restrizione tesa ad aumentare il potere di un’impresa. Per un’impresa, avere un certo potere di mercato implica che le forze di mercato non abbassano prezzi e profitti; tutte le unità sono vendute a un prezzo superiore a CM e la quantità totale scambiata sul mercato è inferiore a quella ottimale: parte della domanda non viene soddisfatta anche se i consumatori sono disposti a pagare un prezzo superiore al costo marginale di produzione. Questa discrepanza, come già sottolineato, genera una riduzione nel benessere totale (vale a dire una perdita secca di benessere). Anche se i monopoli non costituiscono una forma di mercato desiderabile a priori, potrebbe talvolta accadere che un monopolio risulti l’unica configurazione di mercato sostenibile oppure la più efficiente. È questo, per es., il caso dei cosiddetti monopoli naturali, la cui regolazione sembra essere necessaria. I monopoli naturali possono essere definiti ricorrendo dapprima al concetto di Scala Minima Efficiente (SME). Questo è il livello di output che, dati la forma della funzione di produzione e il livello dei prezzi correnti, permette all’impresa di produrre al costo unitario più basso possibile. In mercati caratterizzati da elevati costi fissi e bassi costi variabili, è chiaramente osservabile una SME elevata perché, fintantoché l’impianto può consentire aumenti nella produzione, il basso livello di CM garantisce che il costo medio si riduce. Altre due nozioni che è necessario introdurre sono quelle di economie di scopo e di economie di scala. Le prime si verificano quando la produzione di diversi beni è meno costosa se effettuata da una sola impresa piuttosto che da più imprese che li realizzano separatamente. Questo implica che l’integrazione delle imprese è socialmente desiderabile e, di conseguenza, un mercato più concentrato può essere, in una certa misura, invidiabile. Le economie di scala si manifestano quando la produzione di una data quantità di un bene da parte di una sola impresa comporta un costo di produzione inferiore a quello sostenuto da più imprese distinte, ciascuna delle quali produce quantità inferiori di quel bene. VOLUME IV / ECONOMIA, POLITICA, DIRITTO DEGLI IDROCARBURI Quando si è in presenza di significative economie di scala o, più precisamente, quando la SME è sufficientemente grande rispetto alla funzione di domanda (è questo generalmente il caso dell’energia elettrica, del gas, delle ferrovie, ecc.), ci si trova di fronte a un monopolio naturale. La logica sottostante l’esistenza dei monopoli naturali è semplice: fin quando la curva del costo medio è decrescente, è più conveniente aumentare la produzione dell’impresa già presente sul mercato piuttosto che creare nuovi impianti che duplicano i costi fissi. Il caso alternativo (di offerta oligopolistica o concorrenziale) non implica il fatto che alcune imprese possano incorrere in perdite, ma semplicemente che il costo totale di produzione sarebbe più alto del necessario e, di conseguenza, il benessere complessivo diminuirebbe inevitabilmente rispetto al livello di produzione ottimale (che, in questo caso, richiederebbe che l’intera domanda di mercato, che risulta fissando il prezzo pari al costo marginale, venga soddisfatta da una singola impresa). Da un punto di vista analitico, considerando il caso di un’impresa monoprodotto, siamo in presenza di un monopolio naturale quando, rispetto alla quantità di equilibrio q, la funzione di costo C(q) è subadditiva, vale a dire se e solo se vale la condizione C(q i )⭐C(q i ), per tutte le quantità q tali che q i⫽q, dove q i è la quantità prodotta dall’impresa i-esima. Ciò significa semplicemente che i costi totali di una sola impresa per produrre una data quantità q sono inferiori alla somma dei costi sostenuti da un qualsiasi numero di imprese ciascuna delle quali produce una parte di quello stesso ammontare q. Baumol et al. (1977, 1982) hanno fornito un contributo fondamentale alla teoria della regolazione. Questi due articoli chiarificano che la presenza di un monopolio non sempre è di per sé una condizione sufficiente per giustificare l’intervento del regolatore. Quando, in assenza di barriere all’entrata in un contesto potenzialmente competitivo – in particolare in presenza di quelli che gli Baumol et al., (1977, 1982) definiscono mercati contendibili – si osserva una configurazione di monopolio, è possibile che l’assenza di regolazione sia preferibile a una regolazione dei prezzi. Ciò che interessa non è semplicemente la forma di mercato attuale, ma piuttosto la funzione di costo dell’impresa e i costi di entrata. Il mercato contendibile di Baumol et al. (1977, 1982) è una particolare configurazione di mercato con caratteristiche specifiche che la gran parte della recente letteratura considera irrealistiche allo stato attuale, in particolare perché si assume l’assoluta assenza di barriere all’entrata. Questa assunzione ha un’importante conseguenza: anche in presenza di un monopolio, l’opportunità per qualsiasi potenziale entrante di fare ingresso nel mercato, quando è possibile realizzare profitti, implica che 353 L’INDUSTRIA DEL GAS NATURALE DAL MONOPOLIO ALLA CONCORRENZA l’incombente, minacciato dalla possibile entrata, si comporti come se operasse in un mercato concorrenziale. Recentemente, c’è stata una ripresa della letteratura sui mercati contendibili, in quanto si tratta di forme di mercato che possono fornire una valida descrizione dei mercati delle nuove tecnologie, come quelle per l’accesso a internet o la comunicazione in rete. 6.2.3 La regolazione in condizioni di perfetta informazione Il fondamento logico della regolazione deriva dal fatto che il principale (vale a dire il pianificatore sociale o il regolatore) ha obiettivi divergenti rispetto a quelli dell’agente (l’impresa regolata). Si assume di frequente che l’impresa cerchi di massimizzare i suoi profitti o il suo valore azionario; più in generale, massimizza il suo surplus. Lo scopo del regolatore può essere quello di realizzare alcuni obiettivi sociali e politici (quali, per es., la diffusione di un certo servizio sull’intero territorio nazionale), di garantire determinati requisiti tecnici o di raggiungere certi risultati economici. Questo paragrafo si concentra fondamentalmente sul terzo tipo di finalità. Vecchi approcci alla regolazione Nella prassi, regolare significa introdurre alcune regole e alcuni vincoli finalizzati a condizionare il comportamento dell’agente in modo da conseguire un migliore risultato economico. I primi tentativi di regolazione erano del tipo ‘comando e controllo’; essi consistevano, cioè, nell’imposizione esplicita agli agenti economici del mantenimento di una condotta specifica. Politiche come la cost of service regulation (che riconoscono un saggio di rendimento sul capitale investito), per es., appartengono a questa tipologia di regolazione. La cost of service regulation tenta in sostanza di imporre all’impresa un prezzo pari al costo medio, calcolato in base al costo del capitale. Per stimarlo, il regolatore prende in considerazione l’onere del debito e i rendimenti delle obbligazioni aventi un rischio analogo a quello dell’impresa regolata. Successivamente il regolatore fissa il prezzo in modo da assicurare all’impresa di ottenere profitti positivi, ma li limita a una data percentuale del capitale investito. Invece di fissare il prezzo, il regolatore può scegliere il saggio di rendimento che all’impresa è consentito avere. Questo tipo di regolazione lascia poco potere al regolatore e presenta un altro importante limite definito in letteratura come effetto Averch-Johnson: l’impresa ha uno scarso incentivo a produrre in modo efficiente. Più precisamente, i manager potrebbero essere incentivati a sovrainvestire in capitale fisico a scapito del fattore lavoro, aumentando pertanto il costo marginale del capitale. Inoltre, questo metodo non fornisce adeguati incentivi agli investimenti per 354 la riduzione dei costi di produzione. Infine, il regolatore spesso non dispone di molte importanti informazioni necessarie per implementare una tale politica, e ciò implica che, anche se fosse in grado di controllare perfettamente il comportamento dell’impresa, potrebbe non sapere qual è la politica ottimale da adottare. Un diverso metodo di regolazione, che riduce in misura anche maggiore il potere del regolatore sull’impresa, è il cosiddetto price cap. Il price cap consiste nel porre un tetto sul prezzo praticato dall’impresa. Il termine pure price cap è usato quando al regolatore non è consentito, o non può in alcun modo, osservare i costi dell’impresa. Una versione più efficiente del metodo del price cap consiste nel fissare un prezzo per un limitato orizzonte temporale, rivedendolo in un secondo momento al fine di estrarre dall’impresa quanto più surplus possibile. Il principale vantaggio del metodo di regolazione price cap è che per implementarlo il regolatore non ha necessariamente bisogno di osservare e misurare il risultato economico dell’impresa. Inoltre, facendo sì che l’impresa rivendichi il diritto di appropriazione sugli extra profitti derivanti dalla riduzione dei costi, il regolatore fornisce all’impresa stessa i giusti incentivi. La revisione del prezzo consente al regolatore di estrarre un surplus maggiore. In generale, il tetto sui prezzi viene aumentato in linea con il tasso di inflazione e diminuito in relazione all’avanzamento tecnologico (con la conseguente riduzione dei costi), e, quando possibile, ad alcuni fattori specifici dell’impresa. La revisione di prezzo genera un problema di impegno e uno di ordine temporale. Il problema di impegno è dovuto al fatto che, al momento della rinegoziazione, il regolatore modifica unilateralmente i parametri e può estrarre tutto l’extra-profitto derivante dalla riduzione dei costi. Per il regolatore è quindi difficile impegnarsi credibilmente a non rinegoziare il tetto per un dato periodo di tempo. Il problema temporale deriva dal fatto che revisioni frequenti riducono gli incentivi dell’impresa a essere efficiente, in quanto lo sforzo di riduzione dei costi diventa meno profittevole. Il proporre revisioni sporadiche potrebbe non risultare credibile e comportare il rischio di lasciare all’impresa un surplus troppo alto. Un ulteriore limite consiste nel fatto che l’impresa, per aumentare il margine lordo di profitto (mark-up), potrebbe essere incentivata a ridurre la qualità. Per risolvere almeno i problemi di scadenze temporali e di credibilità, il regolatore può proporre una clausola di ripartizione dei guadagni (clausola di earnings-sharing). La clausola implica che, a ogni revisione, la riduzione dei costi venga calcolata e il nuovo prezzo fissato in modo da ripartire il profitto incrementale tra l’impresa e il regolatore in base a una qualche regola di ripartizione predefinita. Nell’ultimo decennio è emerso un altro metodo di regolazione che differisce dal ‘comando e controllo’. Invece di vincolare il comportamento di un’impresa, ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI LA TEORIA DELLA REGOLAZIONE E LE SUE PROSPETTIVE l’incentive regulation consiste nel fornire all’impresa i giusti incentivi (in modo che i suoi obiettivi si avvicinino maggiormente a quelli del regolatore), lasciandole la libertà di scegliere come attuarli. In qualche misura il metodo di regolazione del price cap può ritenersi un precursore della incentive regulation. Questo cambiamento è certamente una conseguenza della difficoltà riscontrata nell’osservare le caratteristiche di un’impresa e nel controllare il suo comportamento, a causa dello svantaggio informativo di cui il principale soffre. Prima di passare al paragrafo 6.2.4, in cui viene analizzata l’incentive regulation, viene spiegato come si calcola l’ottimo sociale che può essere raggiunto in condizioni di perfetta informazione in presenza di un monopolio naturale. Regolare un monopolio naturale In passato, la nazionalizzazione delle imprese costituiva il tipico approccio utilizzato per far fronte ai casi di monopolio naturale. Allora si pensava che le imprese massimizzassero il benessere sociale; in altre parole ai manager veniva chiesto di praticare un prezzo pari a CM anche se questo comportava una perdita finanziaria (dal momento che in questa configurazione di mercato il costo medio è più alto di CM). Questa perdita, secondo la teoria economica classica, avrebbe dovuto essere finanziata tramite imposte in somma fissa (lump sum). Questo modo di ragionare implica non solo che i manager siano razionali e benevoli, ma anche che essi dispongano altresì di una perfetta informazione circa l’andamento della funzione di costo (il che non sempre si verifica). È inoltre risaputo che le imposte lump sum non sono fattibili. Il rimedio migliore a quest’ultimo problema potrebbe consistere nell’introduzione di una tassa distorsiva oppure nell’imposizione alle imprese pubbliche del vincolo del pareggio di bilancio (cioè imporre un prezzo pari al costo medio), ma, ovviamente, entrambe risultano soluzioni sub-ottimali. Si consideri in primo luogo l’imposizione di una tassa per finanziare il deficit di un’impresa pubblica. Indichiamo con l il costo del finanziamento pubblico, con S(q) il surplus del consumatore e con p(q) il prezzo. Il problema di massimizzazione del pianificatore sociale è: max(q,t)[S(q)⫺p(q)q]⫹[ p(q)q ⫺C(q)]⫺ ⫺lt ⫽S(q)⫺C(q)⫺lt sotto il vincolo: qp(q)⫹t⭓C(q). Questo problema di massimizzazione significa che l’impresa pubblica massimizza la somma dei surplus dei consumatori (al netto del pagamento che essa riceve) e i suoi profitti, tenuto in considerazione il fatto che le tasse raccolte per assicurare il pareggio di bilancio sono distorsive. Si noti che, dal momento che il pianificatore sociale attribuisce la stessa importanza sia al surplus del VOLUME IV / ECONOMIA, POLITICA, DIRITTO DEGLI IDROCARBURI consumatore sia a quello del produttore, il prezzo che pagano i consumatori e che determina il ricavo dell’impresa è visto semplicemente come un trasferimento di surplus da un agente a un altro, ma non ha alcun impatto sul benessere complessivo. Di conseguenza, invece di considerare la somma dei surplus dei consumatori e dell’impresa, è possibile prendere direttamente in considerazione il surplus dei consumatori al netto dei costi di produzione. Il vincolo richiede che il governo sia in grado di coprire tutti i costi di produzione con i ricavi complessivi generati dalle vendite e le tasse raccolte. Dal momento che la tassazione è distorsiva, è desiderabile ridurla al minimo, il che significa che il livello dell’imposta verrà fissato esattamente in modo da avere un perfetto equilibrio di bilancio (ciò equivale a dire che il vincolo è stringente). La soluzione del problema, generalmente definita come regola di Ramsey per la fissazione dei prezzi, può essere sintetizzata dalla formula: p(q)⫺b l 123 1 1214 1 ⫽ 11 p(q) 1⫹l ep,q dove b è il CM dell’impresa ed e indica l’elasticità della domanda. Questo risultato può essere interpretato nel seguente modo: il regolatore cerca di bilanciare il costo sociale del finanziamento pubblico e il costo associato alla riduzione delle quantità scambiate sul mercato. Quando l⫽0 (corrispondente al caso di imposte lump sum), si può applicare la soluzione di first-best e il prezzo può essere fissato al livello del CM. All’altro estremo, quando il costo sociale del finanziamento pubblico è infinitamente grande, il costo sociale generato dalle tasse risulta tale che è preferibile coprire i costi sommersi e comportarsi come un monopolista. Di fatto, quando l tende all’infinito, l(1⫹l) tende all’unità e si ritorna così al risultato canonico secondo il quale l’indice di Lerner è proporzionale all’inverso dell’elasticità della domanda. L’approccio alternativo, vale a dire l’imposizione del vincolo del pareggio di bilancio al problema di massimizzazione del regolatore, conduce a risultati molto simili. In questo caso, i manager dell’impresa devono garantire che la stessa non consegua profitti negativi senza poter fare affidamento sull’entrata derivante dall’imposizione fiscale. Risolvendo il nuovo problema di massimizzazione, si ottiene la stessa condizione di equilibrio di cui sopra: p(q)⫺b l 123 1 124 11 ⫽ 11 p(q) 1⫹l ep,q ma in questo caso l rappresenta il moltiplicatore di Lagrange del vincolo di pareggio di bilancio (o il tratto positivo della funzione di profitto) ed è il prezzo ombra derivante dal rilassamento del vincolo di bilancio stesso. 355 L’INDUSTRIA DEL GAS NATURALE DAL MONOPOLIO ALLA CONCORRENZA In altre parole, l è il costo sociale sostenuto per lasciare all’impresa un surplus maggiore. Nel caso di un’impresa multiprodotto, i risultati sono leggermente diversi. Quando il monopolista produce due beni indipendenti, la soluzione dello stesso problema di massimizzazione è: p1⫺b1 1211 ep2 p1 1211 ⫽ 12 ep1 p2 ⫺b2 1211 p2 dove b1 e b2 sono i costi marginali di produzione dei due beni. Questa soluzione richiede una discriminazione di prezzo: per conseguire l’equilibrio finanziario, il pianificatore sociale effettua una distorsione dei prezzi, ma, traendo vantaggio dal fatto che l’elasticità della domanda è diversa per ogni bene, minimizza il costo sociale connesso all’applicazione di prezzi superiori al CM, attraverso una distorsione dei prezzi più elevata per quei beni la cui domanda è meno elastica.5 Il caso di un’impresa che produce due beni è molto più complesso quando, invece di produrre beni indipendenti, esistono tra i due alcune complementarietà. Mentre il problema di massimizzazione rimane pressoché invariato, a causa degli effetti incrociati si ottiene: p ⫺b l eq2,p2 ⫹eq1,p2 l 1 141111 ⫽ 122 1111132111 ⫽ 11 244 p1 1⫹l eq1,p1eq2,p2⫺eq1,p2eq2,p1 1⫹l ¥ e dove ¥ e rappresenta la cosiddetta superelasticità. Si noti che per i beni normali la superelasticità è sempre positiva, eccetto che per i beni complementari tali che eq1,p2⬎eq2,p2 In questo caso particolare (che sostanzialmente significa che un aumento del prezzo del bene 2 ha un impatto negativo sulla domanda del bene 1 superiore all’effetto diretto sulla quantità q2 del bene 2) è ottimale vendere il bene 1 a un prezzo inferiore al suo CM (incorrendo in una perdita), in quanto ciò comporta un aumento delle vendite del bene 2 (che è venduto a un prezzo più alto del CM) sufficientemente grande da compensare la perdita.6 In presenza di un’impresa multiprodotto, può essere socialmente desiderabile che, anche in un contesto di first-best, almeno qualche bene venga prezzato al di sopra del CM se ciò assicura che, attraverso i sussidi incrociati, altri beni vengano venduti al di sotto del loro CM. È interessante notare, in un siffatto contesto, che un’impresa regolata o nazionalizzata può conseguire risultati migliori di quelli ottenibili in condizioni di concorrenza perfetta. Un approccio alternativo proposto da H. Demsetz (1967) per affrontare il caso dei monopoli naturali e, più in generale, dei mercati in cui la concorrenza è difficilmente raggiungibile, consiste nell’incentivare la concorrenza per il mercato piuttosto che la concorrenza nel 356 mercato. L’idea di Demsetz era quella di indire un’asta per assegnare un diritto temporaneo a servire un certo mercato sotto un insieme di condizioni predefinite. Vale la pena notare che un’asta può essere vista in sostanza come una forma di concorrenza ex ante. Dato che il contratto è temporaneo, la sua rinegoziazione viene effettuata prima di ogni nuova asta (permettendo al regolatore di tenere in considerazione mutamenti tecnologici o economici) e ciò assicura che il monopolista non abusi del suo potere. Allo stesso tempo, la minaccia di possibili nuovi operatori incentiva l’impresa incombente a ridurre i suoi costi e a proporre interessanti condizioni di mercato per assicurarsi il risultato dell’asta successiva. Questo tipo di impostazione presenta diversi svantaggi, il più importante dei quali è che le imprese incombenti sono meno incentivate a scegliere investimenti di lungo termine perché in futuro potrebbero perdere l’asta. Altri due limiti riguardano il vantaggio informativo di cui gode l’impresa incombente che partecipa a un’asta rispetto ai nuovi entranti e i significativi costi di transazione che l’implementazione di questo modello potrebbe richiedere. Nel presente paragrafo è stato preso in considerazione il caso di un regolatore ben informato circa tutte le variabili rilevanti, ma si tratta di un’assunzione forte e spesso non molto realistica. Nel paragrafo successivo verrà eliminato l’assunto della perfetta informazione. 6.2.4 La regolazione in condizioni di asimmetria informativa Alcune nozioni generali Il contesto che abbiamo considerato nel paragrafo 6.2.3 ha sostanzialmente consentito il calcolo dell’ottimo 5 Dato che almeno ad alcuni beni deve essere applicato un prezzo superiore al CM per raggiungere il pareggio di bilancio, è socialmente desiderabile aumentare il prezzo dei beni la cui domanda è più rigida e lasciare il prezzo degli altri il più vicino possibile al CM. 6 Il punto è che una variazione nel prezzo del bene 2 ha un impatto relativamente grande sul consumo del bene 1, ma un impatto ridotto sul bene 2 stesso. Ciò implica che è conveniente aumentare il prezzo del bene 2 e diminuire il prezzo del bene 1: il consumo del bene 1 si ridurrà in modo consistente, mentre la domanda del bene 2 non subirà una contrazione così forte (potrebbe perfino aumentare dal momento che abbiamo ridotto il prezzo del bene 1). La riduzione del consumo del bene 1 genera benefici in quanto questo prodotto è venduto a un prezzo inferiore al CM e l’incremento del prezzo del bene 2 aumenta il profitto (e permette la copertura di tutti i costi). Un esempio di una siffatta tipologia di mercato potrebbe essere quello della telefonia mobile in Francia o nel Regno Unito: i telefoni cellulari possono essere acquistati gratuitamente o a un prezzo inferiore al loro CM, ma in seguito le perdite vengono recuperate grazie agli extra profitti derivanti dall’applicazione di tariffe telefoniche superiori al CM. ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI LA TEORIA DELLA REGOLAZIONE E LE SUE PROSPETTIVE di second-best. Ciò è stato possibile perché il regolatore dispone di una perfetta informazione sulla funzione di costo. Poiché questo assunto è molto più realistico in presenza di un’impresa pubblica piuttosto che di un’impresa privata, riteniamo che sia più rispondente al caso di un’impresa statale, anche se può essere applicato a imprese private.7 Regolare un’impresa privata può sollevare problemi differenti da quelli analizzati finora. Come sottolineato in precedenza, un manager di un’impresa pubblica potrebbe perfino riscontrare alcune difficoltà nel valutare i costi reali della sua impresa: chiaramente, per il regolatore di un’impresa privata è ancora più difficile ottenere questa informazione. Per di più, uno degli strumenti di cui si avvale il pianificatore sociale, quando l’impresa è nazionalizzata, è sussidiare il monopolio attraverso l’imposizione fiscale; ma potrebbe risultare politicamente non fattibile, per es., ottenere il sussidio governativo di un’impresa o chiedere all’impresa stessa di generare deliberatamente delle perdite (vale a dire praticando prezzi uguali al CM). È più probabile che i trasferimenti di denaro dal governo all’impresa vengano consentiti in caso di appalto. In termini più semplici, questo si verifica quando il governo è il solo consumatore del bene (è il caso, per es., di imprese che producono armi). Quando la legge autorizza i trasferimenti, due contratti di regolazione molto diffusi sono i contratti ‘a prezzo fisso’ e i contratti del tipo ‘costo rimborsabile più compenso fisso’ (cost-plus-fixed-fee). Il primo consiste nel fissare il prezzo di un bene a un livello sufficientemente alto da impedire all’impresa di incorrere in perdite. Il secondo è costituito da due componenti: i costi vengono interamente rimborsati e, in aggiunta, viene trasferito all’impresa un compenso fisso (indipendente dal risultato economico). Si potrebbe anche costruire un contratto che sia una combinazione dei due, vale a dire un costo totale ripartito tra l’impresa e il governo, e un trasferimento fisso. Di seguito esamineremo i modelli di regolazione che prendono in considerazione le asimmetrie informative tra il regolatore e i manager dell’impresa. Inoltre, il problema dell’impegno, così come quelli dell’informazione asimmetrica e imperfetta, hanno indotto gli economisti a cercare nuovi e più potenti schemi che tengano conto degli sviluppi della letteratura in materia di incentivi e dei modelli principale-agente. Secondo l’approccio bayesiano8 alla regolazione, il regolatore non osserva alcune variabili o funzioni importanti (come la funzione di domanda, o i costi marginali o fissi dell’impresa, o entrambe le tipologie di costo), e basa invece il suo comportamento su alcune convinzioni a priori circa queste variabili. Utilizza poi queste convinzioni per calcolare la sua utilità attesa e quindi massimizzarla. VOLUME IV / ECONOMIA, POLITICA, DIRITTO DEGLI IDROCARBURI In questo contesto, sono diffusi i problemi di selezione avversa (il regolatore non conosce la reale struttura dei costi dell’impresa) e di azzardo morale (il regolatore non può osservare lo sforzo profuso dall’impresa per ridurre i propri costi). Il regolatore affronta quindi un trade-off tra il fornire i giusti incentivi all’impresa affinché questa produca in modo efficiente (scegliendo pertanto il livello ottimo di sforzo e la giusta qualità e quantità del bene finale) e appropriarsi il più possibile della rendita dell’impresa. I metodi di regolazione cost-plus e a prezzo fisso rappresentano le due soluzioni estreme a questo problema di trade-off: i contratti a prezzo fisso assicurano lo sforzo ottimale ma non sono affatto efficienti dal punto di vista dell’estrazione della rendita, per contro tutti i contratti del tipo cost-plus consentono al regolatore di non lasciare alcun profitto all’impresa ma non incentivano sforzi aggiuntivi. La regolazione in condizioni di selezione avversa: i modelli di Baron e Myerson I problemi di informazione nascosta possono essere di diversi tipi: il regolatore può, per es., non avere alcuna informazione sulla funzione di costo dell’impresa (sui costi fissi o sui costi marginali o su entrambi) o può essere poco informato sulla curva di domanda che l’impresa fronteggia. Uno dei primi modelli che considera il caso di una funzione di costo non osservabile è il modello di Baron e Myerson (1982). La funzione di costo è lineare: più precisamente, l’impresa sostiene un livello di costi C⫽bq, con costi fissi normalizzati a zero. Il CM b, rappresenta l’informazione privata dell’impresa e ne determina la tipologia di appartenenza. Questo parametro può assumere due valori: {bL, bH} rispettivamente con probabilità (u) e (1⫺u). Senza perdita di generalità, assumendo bL⬍bH, l’impresa con CM pari a bL è quella più efficiente, mentre l’altra è l’impresa inefficiente. Si indica con Db la differenza tra i costi marginali. Il regolatore non può osservare la reale struttura dei costi (vale a dire il tipo di impresa) ma solo la quantità prodotta. Il regolatore può trasferire all’impresa regolata un ammontare t di denaro. Il profitto dell’impresa è calcolato in base ai ricavi generati dalle vendite e al trasferimento di denaro al netto dei costi di produzione: P ⫽t ⫹p(q)q ⫺bq dove p(q) è l’inverso della funzione di domanda. 7 L’ondata di privatizzazioni (dovuta sia a necessità di bilancio pubblico sia a ragioni ideologiche) che si è osservata nella maggior parte dei paesi aderenti all’Organizzazione per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo (OCSE) e nei paesi ex comunisti spiega perché la recente letteratura si concentri maggiormente sulla regolazione delle imprese private. 8 Questa denominazione deriva dal fatto che, in questo tipo di modello, gli agenti attribuiscono agli eventi incerti una data probabilità che viene calcolata utilizzando la regola di Bayes. 357 L’INDUSTRIA DEL GAS NATURALE DAL MONOPOLIO ALLA CONCORRENZA È possibile includere una componente di azzardo morale.9 Tuttavia, considerato che in questo tipo di modello il CM non è osservabile, sarebbe impossibile per il regolatore distinguere la componente di azzardo morale da quella di selezione avversa. Pertanto, il suo comportamento non sarebbe influenzato da questa variazione; la componente di azzardo morale non aggiungerebbe nulla all’intuizione economica e complicherebbe semplicemente il calcolo.10 Di fatto, quando la quantità è l’unica variabile osservabile, un contratto a prezzo fisso è la sola opzione praticabile. In altre parole, il regolatore non ha modo di influenzare il livello di sforzo dell’impresa. Il modello originale di Baron e Myerson (1982) considera una funzione di benessere sociale utilitaristica, che attribuisce un diverso peso ai consumatori e all’impresa, vale a dire: W⫽S(q)⫺p(q)q ⫺t ⫹aP In questo caso, il parametro a rappresenta il peso relativo che il regolatore assegna al profitto dell’impresa rispetto al surplus dei consumatori; il regolatore non sopporta alcun costo di transazione o di accumulo di denaro. Il termine di paragone (la soluzione di first-best) è il contesto di perfetta informazione che richiede la fissazione di un prezzo pari al CM, p(q)⫽S’(q)⫽b, e non lascia all’impresa alcuna rendita, a patto che il peso attribuito ai profitti sia inferiore o uguale a uno. La funzione di benessere sociale può anche attribuire uguale peso ai consumatori e all’impresa. Si consideri che la raccolta di denaro per finanziare i trasferimenti abbia un costo sociale pari a l. Con questa formulazione alternativa, la funzione di benessere sociale diventa: W⫽S(q)⫺lt ⫺bq e rimanda al contesto considerato nel paragrafo 6.2.3. È risaputo che, in condizioni di perfetta informazione, la strategia ottimale di fissazione dei prezzi è data dalla formula: p(q)⫺b l 123 1 124 11 ⫽ 11 p(q) 1⫹l ep,q che coincide con la già discussa soluzione di Ramsey per la fissazione dei prezzi. Il regolatore crea un meccanismo diretto, vale a dire un insieme di regole che inducono l’agente a dichiarare a quale tipo appartiene. La rivelazione si verifica in quanto l’agente, attraverso il suo comportamento, fornisce inevitabilmente alcune informazioni (lancia dei messaggi) al principale. Si dice che il meccanismo è truth-telling (dice la verità) se è nell’interesse dell’agente rivelare al principale il suo vero tipo. In questo caso, un meccanismo consiste in una molteplicità di contratti. Ogni contratto equivale a una coppia di ‘trasferimenti di prezzo’. 358 Il regolatore propone una scelta tra due contratti, (tH, pH) e (tL, pL), predisposti rispettivamente per la tipologia di impresa inefficiente e per quella efficiente. In condizioni di asimmetria informativa, l’impresa sceglie un contratto tra quelli proposti dal regolatore. Se il meccanismo è correttamente impostato, l’impresa sceglie il contratto previsto per essa. Un’impresa del tipo b può sempre pretendere di appartenere al tipo b: pertanto essa massimizza la seguente funzione di profitto: P(b;b̃)⫽t(b̃)⫹p(q(b̃))q(b̃)⫺bq(b̃). Affinché ciascuna impresa scelga il contratto per essa definito, è necessario verificare che l’impresa più efficiente non abbia incentivi a imitare quella meno efficiente e viceversa. Attenendosi alla letteratura classica in materia di economia dell’informazione, possiamo costruire i vincoli di compatibilità degli incentivi (IC, Incentive Compatibility) e di razionalità individuale (IR, Individual Rationality) per le due tipologie di impresa. Si ricorda che IR, altresì definito vincolo di partecipazione, assicura che un agente razionale sia desideroso di partecipare, e cioè che la sua utilità di riserva (il payoff che può ottenere restando fuori dal mercato) sia inferiore a quella che potrebbe ricevere se decide di entrare nel mercato. IC è un vincolo imposto per accertarsi che nessuna impresa voglia imitare l’altra, ovvero: per tutti i tipi di impresa, dichiarare il vero è la strategia ottimale da perseguire. Chiaramente non è nell’interesse di un’impresa inefficiente pretendere di appartenere alla tipologia efficiente. Dal momento che, a parità di condizioni, il surplus dell’impresa efficiente è sempre più alto di quello dell’altra, quando è pienamente soddisfatto il vincolo di partecipazione dell’impresa inefficiente lo è anche quello dell’impresa efficiente. Di conseguenza, i soli due vincoli rilevanti sono IC per l’impresa efficiente e IR per l’impresa inefficiente. Normalizzando a zero l’utilità di riserva delle imprese, si possono costruire i due vincoli: (IRH) P(bH,bH)⫽0 e (ICL) P(bL,bL)⭓P(bL,bH) IRH viene semplicemente interpretato come segue: all’impresa inefficiente non viene lasciato alcun profitto. ICL significa invece che il profitto dell’impresa deve essere 9 Introdurre una componente di azzardo morale significa avere una funzione di costo del tipo: C=(b⫺e)q, dove e rappresenta lo sforzo e il suo costo per l’impresa è pari a Y(e). 10 Questo tipo di contesto è noto in letteratura come falso azzardo morale. Una sua analisi esaustiva è presente in Laffont e Martimort (2002). ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI LA TEORIA DELLA REGOLAZIONE E LE SUE PROSPETTIVE più alto quando sceglie il contratto per essa predisposto, rispetto al caso in cui imiti il tipo inefficiente. Il prezzo ottimale che il regolatore sceglie per l’impresa efficiente è pL⫽bL (in altre parole, all’impresa efficiente viene chiesto di applicare un prezzo pari al CM) e per quella inefficiente è: u pH ⫽bH ⫹ 1441 (1⫺l)Db 1⫺u il che significa che all’impresa inefficiente è consentito fissare il prezzo al di sopra del CM. La distorsione è rappresentata dal secondo termine della formula 14u41 (1⫺l)Db 1⫺u che rappresenta il trade-off tra estrazione del profitto dall’impresa efficiente e inefficienza di costo associata alla produzione dell’impresa inefficiente. La quantità prodotta è quella ottimale per la tipologia efficiente, mentre è più bassa per l’altra. I profitti delle imprese sono rispettivamente: P(bL,bL)⫽Db q( pH) e P(bH,bH)⫽0, pertanto l’impresa efficiente gode di un profitto proporzionale alla quantità prodotta dall’impresa inefficiente e alla sua rendita informativa, che è la differenza in termini di costi tra le due imprese. Più un tipo è efficiente rispetto all’altro, più alto è il profitto che il regolatore deve permettergli di conseguire, al fine di garantire che il tipo efficiente non provi a imitare quello inefficiente. La conclusione generale che si può trarre dal modello di Baron e Myerson (1982) è che, in condizioni di non osservabilità dei costi, è impossibile costruire uno schema efficiente che induca entrambi i tipi di impresa a produrre la giusta quantità. Inoltre, la rendita informativa dell’impresa efficiente le consente di ottenere un profitto ulteriore. Questo secondo risultato è in sostanza equivalente a quello cui perviene Sappington (1982). Baron e Besanko (1984) estendono il modello di Baron e Myerson (1982) aggiungendo due componenti: la prima è che il regolatore può osservare l’impresa del tipo b al livello di costo K; la seconda è che la funzione di costo è composta da una variabile nuova e di natura aleatoria, un elemento di disturbo e che il regolatore non può mai osservare. Ex ante, il regolatore corrisponde all’impresa un trasferimento t(b) che dipende dalla dichiarazione di quest’ultima; nel secondo periodo, possibilmente avendo osservato la vera tipologia dell’impresa, il regolatore può imporre a essa una tassa (anche interpretabile come una sanzione). Baron e Besanko (1984) concludono che la tassa ottimale debba essere crescente in relazione alla differenza tra l’efficienza dichiarata dall’impresa e quella effettiva, e che pertanto risulti fondamentalmente decrescente rispetto a b. Questo risultato è vero purché non si verifichi un problema di azzardo morale (ma solo di selezione VOLUME IV / ECONOMIA, POLITICA, DIRITTO DEGLI IDROCARBURI avversa), perché, in caso contrario, essa incentiverebbe l’impresa ad aumentare i suoi costi piuttosto che a compiere uno sforzo per ridurli. Introducendo la possibilità per il regolatore di acquistare l’informazione sul tipo di impresa, la rendita informativa dell’impresa efficiente risulta più bassa. Il ragionamento sottostante questa idea è che, dal momento in cui il regolatore può ottenere l’informazione, questa perde valore e di conseguenza la rendita informativa è minore, il che significa che l’estrazione del profitto è più elevata e la differenza tra i profitti dei due tipi di impresa è più piccola. Infine, si può dimostrare che, in questo contesto, il prezzo finale è più basso e che, a condizione che il regolatore scelga di sottoporre a verifica contabile le imprese, la probabilità di verifica è più alta per le imprese che hanno dichiarato un b più elevato (tipologia meno efficiente). Mentre i due modelli sopra menzionati assumono che il regolatore disponga di informazioni limitate sulla funzione di costo, Lewis e Sappington (1988) analizzano il caso di un regolatore che non può osservare né la funzione di costo C(q) né la quantità prodotta. La funzione di domanda che l’impresa ha di fronte è definita dalla funzione Q( p,b), dove b è il parametro noto all’impresa ma non al regolatore, il quale conosce solamente la probabilità che b sia grande (bH) o piccolo (bL). I prezzi hanno un impatto negativo sulla funzione di domanda, vale a dire: ⭸Q 1 1 ⬍0 ⭸p mentre la domanda è crescente in b: per ogni livello di prezzo, Q( p,bH)⭓Q( p,bL). L’impresa è costretta a servire il mercato al prezzo p(b) scelto dal regolatore, e in cambio riceve un trasferimento t. Il suo profitto è: P(b)⫽t(b)⫹pQ( p,b)⫺C[Q( p,b)] La funzione di benessere sociale è la stessa indicata da Baron e Myerson (1982): W⫽S(q,b)⫺pQ( p,b)⫺t(b)⫹aP⫽ S(q,b)⫺(1a) PC(Q( p,b)) senza costi associati ai finanziamenti pubblici e con un pianificatore sociale che considera diversamente l’utilità dei consumatori da quella dell’impresa. Mentre nel caso di perfetta informazione l’equilibrio implica una completa estrazione del profitto e un prezzo uguale al CM, in condizioni di asimmetria informativa si ottengono risultati differenti dal modello proposto da Baron e Myerson (1982). In particolare, la conclusione è che, in presenza di rendimenti di scala decrescenti, la soluzione di first-best può essere raggiunta offrendo un contratto tale che: ¥ p*(b )⫽CM; t(b ¥)⫽C(Q( p*(b¥);b¥))⫺p*(b¥)Q( p*(b¥);b¥) 359 L’INDUSTRIA DEL GAS NATURALE DAL MONOPOLIO ALLA CONCORRENZA Si noti che questo interessante risultato è valido solo con questo particolare modello; se si introducono i costi dei finanziamenti pubblici, esso non è più pienamente valido. In quel caso, risulterebbe che il prezzo ottimo è il prezzo di Ramsey (che è superiore al CM) e pertanto l’impresa ha interesse a diminuire la quantità venduta. In presenza di rendimenti di scala crescenti, i risultati dipendono dall’andamento della funzione di domanda. Tutti questi modelli sono stati estesi per considerare il caso di un’impresa che produce diversi beni che devono essere regolati. In queste circostanze, deve essere preso in considerazione qualche altro fattore; tra questi, è fondamentale sapere se i beni sono sostituti o complementari. Un’analisi esaustiva della regolazione delle imprese multiprodotto la si può ritrovare in Baumol et al. (1982) e in Laffont e Tirole (1993). In base ad alcuni risultati generali che emergono da questa letteratura, il sistema di fissazione dei prezzi ottimale per ciascun bene è quello per il quale l’indice di Lerner uguaglia il prezzo di Ramsey, aggiustato in modo che venga soddisfatto il vincolo di compatibilità degli incentivi. Inoltre, la regola dei prezzi di Ramsey, in assenza di un vincolo di bilancio, dipende unicamente dalla curva di domanda, mentre non è in alcun modo dipendente dalla funzione di costo. L’estrazione del profitto è limitata dal vincolo di compatibilità degli incentivi (che potrebbe dipendere dai costi). Quando un’impresa è in grado di ridistribuire sforzi e costi tra diverse marche, può essere preferibile prendere semplicemente in considerazione in modo aggregato costi e sforzi dell’impresa stessa (il che consente anche di ridurre i costi di controllo), piuttosto che monitorare i costi dei diversi settori e intervenire sulle sue scelte di investimento e di sforzo, cosa che potrebbe risultare sub-ottimale. Qualunque siano il contesto e il modello di riferimento, una conclusione generale che si sarebbe tentati di trarre è che, in presenza di asimmetrie informative, il regolatore non sarà in grado di applicare la soluzione di first-best. Invece, egli opterà per una scelta di second-best e lascerà un profitto al tipo di impresa efficiente, che produrrà la giusta quantità di un bene e sceglierà il livello di sforzo ottimale, mentre il tipo meno efficiente non otterrà alcun profitto e produrrà una quantità inferiore a quella ottimale. È già stato dimostrato che la prima parte dell’affermazione è falsa, vale a dire: in presenza di rendimenti di scala decrescenti, il regolatore può qualche volta raggiungere la soluzione di first-best anche in condizioni di informazione asimmetrica, come si osserva, per es., nel contributo di Lewis e Sappington (1988). Anche la seconda affermazione potrebbe essere falsa. Si prenda il caso degli incentivi di compensazione: si supponga che vi sia asimmetria informativa tanto sui costi fissi, quanto sui costi variabili. È assodato che esiste una correlazione negativa tra costi fissi e costi variabili. Ciò implica che non vi 360 sono più un tipo efficiente a priori e un tipo inefficiente a priori, ma che vi sono invece un’impresa (FL;CH) con bassi costi fissi e alti costi variabili, e un’altra (FH;CL) con alti costi fissi e bassi costi variabili. La prima è preferibile quando è necessario un basso livello di produzione, mentre la seconda è preferita per alti livelli produttivi. Più nello specifico, sono tre i tipi di equilibrio possibili: • (FH⫺FL)⬍q(FL;CH)(CH⫺CL): è il caso canonico di assenza di distorsione per il tipo efficiente (prezzo uguale al CM per il tipo di impresa con basso CM e prezzo superiore al CM per l’altra tipologia); • (FH⫺FL)⬎q(FH;CL)(CH⫺CL): il prezzo ottimo è uguale al CM per l’impresa con alto CM e inferiore al CM per l’altra; • q(FL;CH)(CH⫺CL)⬍(FH⫺FL⬍q(FH;CL)(CH⫺CL): il prezzo è uguale al costo marginale per entrambe le imprese. La regolazione in condizioni di selezione avversa e azzardo morale: il modello di Laffont e Tirole Nel seguente sottoparagrafo, eccetto dove diversamente specificato, le imprese considerate avranno una funzione di costo del tipo C⫽C(b,e,...)⫹e con costi crescenti in relazione al parametro di selezione avversa b, fattore tecnologico, e decrescenti e convessi rispetto a e, parametro di azzardo morale (che rappresenta lo sforzo). Y(e) è la funzione di disutilità associata allo sforzo del manager, le cui derivate prima, seconda e terza sono tutte positive.11 Partendo dal modello più semplice possibile, si consideri il caso di un regolatore che vuole portare a compimento un unico progetto di dimensione fissa. In seguito, si può tenere conto di una dimensione variabile del progetto, che comporta un’ulteriore preoccupazione circa la fissazione del prezzo. Si assume che la funzione di costo sia lineare, vale a dire C⫽b⫺e, che l sia il costo sociale dei finanziamenti pubblici e che il governo rimborsi l’impresa per i costi sostenuti, più un trasferimento t. L’utilità di riserva dell’impresa è normalizzata a zero. Dal momento che i finanziamenti pubblici sono costosi, anche quando si considera una funzione di benessere sociale benthamiana (o utilitaristica) che attribuisce uguale peso ai profitti dell’impresa e al surplus dei consumatori, il regolatore vuole appropriarsi del profitto dell’impresa nella maggiore misura possibile. È ovvio concludere che, in condizioni di perfetta informazione (soluzione di first-best), il regolatore rimborserebbe all’impresa solo i suoi costi, includendo il costo dello sforzo Y(e); e l’impresa sceglierebbe il livello ottimo di sforzo. 11 Il significato dei vincoli posti sulle prime due derivate è chiaro: lo sforzo è costoso e il costo è convesso rispetto allo sforzo. Il vincolo sulla terza derivata è ascrivibile a ragioni di convenienza tecnica. ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI LA TEORIA DELLA REGOLAZIONE E LE SUE PROSPETTIVE In questo contesto, un contratto a prezzo fisso potrebbe portare alla soluzione di first-best; inoltre, il regolatore non ha nemmeno bisogno di controllare il livello di sforzo, purché sappia quale è il livello di sforzo ottimale. Sfortunatamente, la perfetta osservabilità sia dei costi sia dello sforzo dell’impresa non si verifica di frequente. Si consideri poi che il regolatore può solo osservare i costi totali e sa che il parametro b può assumere due valori, specificamente b⫽{bL,bH}. Nel caso che prevede due tipi di impresa, il regolatore offre due contratti all’impresa, specificando un trasferimento basato sul costo totale osservabile adattato ai due possibili valori di b. A partire dalla funzione di costo, si può esprimere lo sforzo come e⫽b⫺C e, conseguentemente, il costo a esso relativo come Y( b⫺C ). La funzione di utilità di un’impresa è data da: P(b)⫽t(b)⫺Y[b ⫺C(b)]. Non sorprende riscontrare che, se il problema del regolatore è risolto, IR del tipo meno efficiente e IC del tipo più efficiente sono entrambi cogenti, mentre gli altri due vincoli non lo sono. Infine date le probabilità a priori n e (1⫺n) che l’impresa appartenga a un dato tipo (quello efficiente e quello inefficiente rispettivamente), si può costruire il problema di massimizzazione del regolatore, che sarà: maxn{S ⫺(1⫹l)[C(bL)⫹Y(bL ⫺C(bL))]⫺ ⫺lP(bL)}⫹(1⫺n){S ⫺(1⫹l)[C(bH)⫹ ⫹Y(bH ⫺C(bH))]⫺lP(bH)} sotto i vincoli: nt(bL)⫹(1⫺n)t(bH)⫺Y(e)⫽0 (IR) t(bL)⫺t(bH)⫽DY(e) (IC) Risolvendo il problema di massimizzazione, si ottiene il risultato classico di ‘assenza di distorsione per il migliore, nessun profitto per il peggiore’. Nello specifico, il tipo di impresa efficiente (bL) sceglierà il livello efficiente di sforzo e conseguirà un profitto12: P ⫽Y(bH ⫺C(bH))⫺Y[bL ⫺C(bH)] Viceversa, il tipo meno efficiente sceglie un livello di sforzo inferiore a quello ottimale e non si appropria di alcuna rendita. Questi risultati mostrano che l’informazione asimmetrica riduce il potere degli schemi di incentivo, e dunque della regolazione, e inoltre lascia un profitto alle imprese più efficienti. In generale, quando è più alta la probabilità di appartenere a una tipologia efficiente è possibile appropriarsi di un profitto maggiore. Per concludere, il regolatore propone due contratti all’impresa (ciascuno dei quali è designato per un particolare tipo). Analogamente al caso di discriminazione dei prezzi di secondo grado, l’impresa sceglie il suo contratto preferito e, in un certo senso, rivela la sua vera tipologia. Ciò ha importanti conseguenze in termini di VOLUME IV / ECONOMIA, POLITICA, DIRITTO DEGLI IDROCARBURI esigibilità dei contratti: il regolatore, una volta scoperto che l’impresa appartiene al tipo efficiente, sarebbe tentato di modificare il contratto in modo da conseguire una soluzione di first-best (proponendo un nuovo contratto non sottoposto al vincolo IC). Se ciò si verificasse, in un gioco ripetuto, sarebbe impossibile indurre uno sforzo di first-best o di second-best. Questo problema può essere superato se i contratti sono imponibili da un tribunale o se il regolatore ha una reputazione tale da farli rispettare. Considerato il ruolo centrale dell’informazione nel campo della regolazione e, in particolare, dal momento che una più profonda conoscenza del mercato può consentire al regolatore di estrarre un maggior profitto o di indurre un più alto sforzo, il regolatore proverà a raccogliere quante più informazioni possibili. La yardistick regulation è un metodo molto diffuso per conoscere la struttura dei costi dell’impresa, la sua tecnologia e le sue potenzialità di riduzione dei costi. Consiste nel confrontare i risultati di diverse imprese, operanti sia nello stesso paese sia in paesi diversi, e nel premiare quelle che hanno riportato i risultati migliori. Ciò, ovviamente, può essere fatto in presenza di diverse imprese che operano nello stesso settore o in settori simili che non sono in competizione tra loro all’interno di un mercato comune, a patto che le condizioni sotto le quali operano siano confrontabili, come per es. accade quando il regolatore controlla diverse aree geografiche di uno stesso frammentato mercato. In presenza di monopoli locali, se nessun fattore idiosincratico (come ragioni geografiche, culturali o storiche) rende impossibile confrontare i mercati, il regolatore può valutare i risultati relativi dei monopolisti locali e in un secondo momento premiarli o punirli. Ovviamente, quando l’agenzia di regolazione dispone di tutte le informazioni necessarie, può anche svolgere un’analisi comparativa della concorrenza (yardistick competition) misurando la performance di un’impresa nazionale rispetto a quella della sua controparte all’estero. Sarebbe addirittura possibile confrontare imprese che producono beni differenti, a condizione che il contesto tecnologico sia lo stesso. Per implementare la yardistick competition, viene costruito un modello che tiene conto di due componenti di b, una idiosincratica e una comune. Se quest’ultima è nulla, allora si ritorna al modello precedente. 12 Questa rendita è nota come ‘rendita informativa’ e rappresenta l’utilità che il regolatore deve lasciare al tipo più efficiente così da convincerlo a non imitare quello meno efficiente. Tale rendita è funzione dello sforzo profuso in condizioni di equilibrio dal tipo non efficiente. Questa è la ragione per cui il regolatore vuole che il tipo non efficiente scelga un basso livello di sforzo, in quanto il costo (vale a dire la rendita incrementale che dovrebbe lasciare al tipo efficiente per evitare che imiti quello inefficiente) di implementazione di un alto livello di sforzo sarebbe troppo alto. 361 L’INDUSTRIA DEL GAS NATURALE DAL MONOPOLIO ALLA CONCORRENZA Per contro, quando è assente la prima componente, è possibile ottenere un maggior numero di informazioni sui due concorrenti e arrivare a una soluzione di first-best offrendo alle due imprese un contratto a prezzo fisso che prenda in considerazione la performance relativa delle due imprese regolate. Ovviamente, in tutti i casi intermedi, la soluzione sarà una media ponderata delle due formulazioni precedenti. L’analisi comparata della concorrenza è quindi uno strumento molto potente che consente al regolatore di ottenere un risultato finale molto più vicino alla soluzione di first-best. 6.2.5 La cattura La maggior parte della teoria economica e, in particolare, dell’economia della regolazione, è basata su un’assunzione semplice ma molto forte: le autorità pubbliche (vale a dire i politici, il regolatore, o più in generale l’ipotetico pianificatore sociale) sono benevoli: tutte le loro decisioni vengono prese allo scopo di massimizzare una data funzione di benessere sociale e agiscono sempre per il pubblico interesse. Ciò che si osserva nella realtà non corrisponde sempre a quanto enunciato dalla teoria economica, e spesso i politici si comportano in modo diverso da quello suggerito dagli economisti. Per spiegare questa discrepanza è stata sviluppata un’altra teoria. I gruppi di interesse o le lobby possono avere un maggiore impatto sulla formulazione delle linee politiche. L’idea che gli agenti economici possano influenzare le decisioni delle istituzioni pubbliche è abbastanza radicata nella teoria della scienza politica e solo più di recente anche nella teoria economica. Il primo saggio su questo argomento riteneva che i grandi gruppi e le lobby fossero più bramosi di catturare i politici. Stigler (1971) dimostra che anche piccole industrie sono in grado di catturare i decisori politici. Ovviamente, è più probabile che siano le grandi imprese o i potenti gruppi di consumatori ad avere abbastanza potere da catturare i politici. Negli ultimi tre decenni, la scuola di Chicago, con Stigler e Peltzman tra i vari esponenti, è stata prolifica su questo argomento. Tuttavia non si può negare che la maggior parte di questi articoli, specialmente quelli meno recenti, non prendono in considerazione le questioni sollevate dalle asimmetrie informative. Dato che in condizioni di completa informazione il regolatore è generalmente in grado di assorbire l’intero profitto dell’impresa, sarebbe molto più difficile convincere il regolatore ad allontanarsi dalla politica migliore (anche perché sarebbe difficile per il regolatore motivare le scelte dell’impresa). In condizioni di asimmetria informativa, è molto più facile influenzare la scelta del regolatore e convincerlo a preferire un tipo di intervento piuttosto che un altro. 362 Le modalità in cui le lobby cercano di influenzare i decisori politici sono numerose: le tangenti non sono legali e quindi meno comuni di quanto ci si aspetti; la corruzione è altresì poco frequente perché potrebbe eliminare l’opportunità futura per la lobby di lavorare con l’impresa regolata;13 le imprese potrebbero promettere di non criticare pubblicamente il regolatore e, al contrario, elogiare chi lavora per l’agenzia di regolazione; infine le imprese possono influenzare, corrompere o fare negoziazioni con una terza parte (vale a dire politici, consulenti economici, mezzi di comunicazione, lavoratori, cittadini o azionisti) per convincere il regolatore ad adottare qualche comportamento particolare. Per elaborare un modello di cattura, si può costruire un’ipotesi in cui il principale sia il Parlamento, l’agente sia il regolatore e siano presenti un monopolista e le associazioni di consumatori. Il Parlamento non ha informazioni riguardo ai costi dell’impresa o alla domanda del mercato, e pertanto legifera seguendo le indicazioni del regolatore e facendo uso delle informazioni fornitegli dallo stesso. Catturare il regolatore è costoso e inefficiente: il costo del trasferimento di una somma all’agente è aumentato di un fattore l (vale a dire: il prezzo ombra di un trasferimento è pari a l e comprende sia il rischio di sanzione morale, pecuniaria o giudiziaria, sia il costo organizzativo associato all’attività di lobbying). Il Parlamento può punire l’agenzia e massimizzare la somma delle funzioni di utilità di tutti gli operatori dell’economia. La benevolenza del Parlamento è un’ultra-semplificazione per rendere il modello più gestibile; chiaramente, il Parlamento stesso è esposto alle azioni di lobbying. Si consideri un modello semplice: le imprese possono essere di due tipi {bL,bH}, la loro funzione di costo è C⫽(b⫺e)q ed esse ricevono un trasferimento netto dal Parlamento pari a T⫽t⫺Y(e). L’agenzia di regolazione è anche finanziata dal Parlamento. La sua utilità è data dalla differenza tra il trasferimento s che il Parlamento le elargisce e la sua utilità di riserva s*. Con una certa probabilità positiva (inferiore a uno), l’agenzia ottiene informazioni sul vero tipo dell’impresa. Il gruppo di interesse sa se l’agenzia ha ricevuto o no il segnale circa la sua tipologia. Se l’agenzia dispone dell’informazione, può riferirla al Parlamento o nascondergliela. Il Parlamento massimizza il benessere sociale. Dal momento 13 Per ridurre la probabilità che i loro dipendenti vengano catturati, la maggior parte delle agenzie di regolazione proibisce loro di lavorare per le imprese regolate per diversi anni consecutivi (spesso quattro o cinque anni). Dal momento che, durante tale periodo di tempo, questi dipendenti diventano esperti nella sfera di azione dell’impresa regolata, accade spesso che le imprese siano propense ad assumere coloro che prima svolgevano il ruolo di regolatori. ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI LA TEORIA DELLA REGOLAZIONE E LE SUE PROSPETTIVE che la raccolta di denaro è costosa, il Parlamento tenterà di minimizzare i trasferimenti all’impresa e all’agenzia. Come termine di paragone, si consideri il caso in cui il costo della cattura è così alto che non si verifica mai. L’agenzia non ha incentivo a riportare il falso e il Parlamento sceglie trasferimenti tali da soddisfare il vincolo di partecipazione, non lasciando alcuna rendita né all’impresa né all’agenzia. Si supponga ora che il trasferimento sia praticabile e che il costo di un trasferimento dall’impresa all’agenzia sia nullo. Senza entrare nei dettagli del modello, la sua soluzione fornisce il seguente risultato: solo il tipo efficiente può avere un interesse nel catturare l’agenzia, perché il Parlamento offrirà sempre, al massimo, un contratto che rende indifferente l’impresa inefficiente (il che significa che l’impresa inefficiente non può aumentare la sua utilità catturando l’agenzia). Per questo, la reazione del Parlamento è quella di provare a ridurre l’incentivo per le imprese efficienti a imitare quelle inefficienti. Per fare ciò, il Parlamento riduce il profitto delle imprese efficienti. Nel complesso, la possibilità che i gruppi catturino l’agenzia conduce a una riduzione tanto del potere di regolazione (cioè l’agenzia ha meno autorità e gli schemi di incentivo hanno minor potere) quanto del benessere della collettività, anche se alcuni agenti economici possono trarne beneficio. È possibile che, considerati tutti i fattori, la presenza di un gruppo di interesse porti a una riduzione del profitto dei suoi membri. 6.2.6. Privatizzazione Il presente lavoro si è concentrato finora sulla regolazione delle imprese private e sulla gestione delle imprese nazionalizzate, ma la domanda che non è stata posta è se è meglio avere un’impresa pubblica o un’impresa privata, il che rappresenta un grande elemento di dibattito in questa epoca di privatizzazioni. La prima privatizzazione dell’era moderna è stata probabilmente quella della Volkswagen in Germania, durante gli anni Sessanta. Tuttavia la prima importante ondata di privatizzazioni si è verificata nel Regno Unito sotto il governo di Margaret Thatcher negli anni Settanta. Questa ondata interessò, in un primo momento, alcuni settori industriali e il settore bancario, e, in un secondo momento, le telecomunicazioni, i trasporti, il gas e l’elettricità. In Francia e in Italia un primo tentativo di privatizzazione si ebbe negli anni Ottanta,14 ma è negli anni più recenti che diverse importanti imprese, come Renault, Thomson Multimedia, EDF ed Eni (la compagnia energetica francese e la sua controparte italiana), France Telecom e Telecom Italia, sono state almeno in parte privatizzate. Il principale svantaggio delle imprese pubbliche è che il capitale impiegato nell’impresa avrebbe potuto VOLUME IV / ECONOMIA, POLITICA, DIRITTO DEGLI IDROCARBURI essere investito in modo più efficiente, per es. aumentando i profitti da utilizzare per ridurre le tasse distorsive o per ridistribuire la ricchezza. Il principale limite delle imprese private regolate è che i manager rispondono a due principali (gli azionisti e il regolatore) aventi obiettivi divergenti. Pertanto, ne deriva una distorsione assimilabile al problema della doppia marginalizzazione che si verifica in assenza di coordinamento tra due monopolisti. Le principali conclusioni dell’analisi dei processi di privatizzazione condotta da Laffont e Tirole (1993) sono che il conflitto di interessi tra i due principali riduce l’efficacia del regolatore e gli incentivi per i manager dell’impresa che sono più desiderosi di effettuare investimenti non definiti contrattualmente (dal momento che da questi potrebbero trarre maggiore profitto). Allo stesso tempo, i manager dell’impresa nazionalizzata devono investire al fine di perseguire finalità differenti dall’efficienza economica (per es., la riduzione della disoccupazione). Come conseguenza, i manager sia delle imprese pubbliche sia di quelle private spesso non sono efficienti in termini di riduzione dei costi e il benessere complessivo risulta inferiore al livello ottimale. È pressoché impossibile effettuare a priori affermazioni generali sulla preferibilità di un’impresa nazionalizzata piuttosto che di un’impresa privata regolata. Sono stati proposti diversi modelli molto più specifici per rispondere a questa domanda: tra questi, quelli di Shapiro e Willig (1990) e quello di Schmidt (1990). Il contributo di Siniscalco et al. (2001) è un lavoro molto più pratico ed empirico, focalizzato principalmente sul mercato dell’energia. In base alle loro conclusioni, sono due le ragioni principali che spingono i Ministri delle Finanze dell’Unione Europea a privatizzare diverse imprese di Stato: i problemi di bilancio e la promozione di efficienza e liberalizzazione. Dal momento che liberalizzazione significa un aumento della concorrenza e una riduzione dei profitti, si potrebbe pensare che essa possa diminuire il valore delle azioni e pertanto, nel caso in cui lo scopo della privatizzazione sia quello di ridurre il deficit pubblico, non sembra ottimale liberalizzare prima di vendere le azioni stesse. In questo capitolo viene dimostrato che, almeno nel mercato energetico, questo non si verifica ed è meglio liberalizzare prima di avviare il processo di privatizzazione. Le principali conclusioni di Siniscalco et al. (2001) indicano l’esistenza di una relazione negativa tra la velocità del processo di privatizzazione e il livello di integrazione verticale di un’impresa: l’integrazione verticale non favorisce la concorrenza perché una impresa verticalmente integrata può sostenere settori meno efficienti 14 Questo processo di privatizzazione riguardava, tra le altre imprese, Paribas e diverse altre banche francesi, Elf Aquitaine, SIRTI e Alitalia. 363 L’INDUSTRIA DEL GAS NATURALE DAL MONOPOLIO ALLA CONCORRENZA attraverso sussidi incrociati; diventa necessario ristrutturare le imprese verticalmente integrate prima di privatizzarle. Inoltre, Siniscalco et al. (2001) hanno osservato una correlazione positiva tra livello di regolazione e livello di privatizzazione. Gli effetti positivi di una buona regolazione si diffondono anche presso il mercato dei capitali e sono essenziali per realizzare una completa privatizzazione. La percentuale di titoli venduti è proporzionale sia al livello di disintegrazione verticale che a quello di regolazione. La velocità e la qualità della privatizzazione varia da paese a paese per diverse ragioni: fattori istituzionali e legali possono essere importanti, ma soprattutto sono fondamentali una buona regolazione e un mercato competitivo. Questo risultato contrario all’intuitizione si ottiene perché gli agenti anticipano che il mercato sarà regolato: un mercato già regolato ha il vantaggio che rischio e incertezza siano ridotti. Siniscalco et al. (2001) concludono che la disintegrazione verticale e un alto livello di regolazione nel settore dell’energia elettrica portano benefici e rendono le imprese private regolate più interessanti (dal punto di vista del pianificatore sociale benevolo) rispetto a un’impresa di proprietà statale. Il fatto che la privatizzazione di un monopolio pubblico consenta di trasformare il mercato in una struttura più competitiva, privata e regolata, indebolisce ulteriormente il fondamento logico delle imprese pubbliche. 6.2.7 Conclusioni Questo capitolo, che ovviamente non vuole essere una rassegna esaustiva di tutta la letteratura sulla regolazione, è focalizzato sugli aspetti più recenti della regolazione. Tra gli argomenti chiave non sviluppati in questa sede, la letteratura recente esamina alcuni temi che sono particolarmente interessanti: riguardo al contesto in cui il regolatore opera, sono state condotte importanti analisi per determinare l’impatto dell’avversione al rischio. Diversi altri studi si focalizzano sulla regolazione in presenza di asimmetrie informative multidimensionali, di imprese multiprodotto, di mercati oligopolistici, di imprese verticalmente integrate e sull’effetto dell’intervento regolatorio sulle interazioni implicite tra imprese e beni. Infine, una parte della letteratura si è concentrata sulle conseguenze della regolazione sulla qualità e in particolare sulla possibilità di garantire che le politiche di regolazione non influenzino negativamente la qualità di beni e servizi.15 La principale conclusione tratteggiata in questo lavoro è che il regolatore, mancando dell’informazione cruciale sull’impresa e/o sul mercato, deve indurre l’impresa a comportarsi in modo compatibile con gli obiettivi sociali. Per far questo, il regolatore deve fornire i giusti 364 incentivi in modo da modificare la funzione di utilità dell’impresa nella direzione desiderata. Le azioni del regolatore dipendono pesantemente da diversi fattori, tra i quali i più importanti sono: il suo insieme di informazioni, il potere che riceve dal governo e la sua credibilità. Bibliografia generale Akerloff G.A. (1974) The market for lemons, «Quarterly Journal of Economics», 84, 488-500. Auriol E., Laffont J.-J. 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Alcuni lavori particolarmente interessanti in materia sono: Laffont e Rochet, 1998; Scarpa, 1998; Lee e Hamilton, 1999; Beard et al., 2001. ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI LA TEORIA DELLA REGOLAZIONE E LE SUE PROSPETTIVE Laffont J.J., Rochet J.C. (1998) Regulation of a risk-averse agent, «Games and Economic Behaviour», 25, 199-213. Laffont J.J., Tirole J. (1993) A theory of incentives in procurement and regulation, Cambridge (MA), MIT Press. Lee S.H., Hamilton J. (1999) Using market structure to regulate a vertically integrated monopolist, «Journal of Regulatory Economics», 15, 223-248. Lewis T., Sappington D. (1988) Regulating a monopolist with unknown demand, «American Economic Review», 78, 986998. Mackay R.J. et al. (1987) Public choice and regulation, Stanford (CA), Hoover Institution Press. Olsen E.O. (1972) An economic analysis of rent control in new York City, «Journal of Political Economy», 80, 1081-1100. Sanders M.E. (1981) The regulation of natural gas. 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