LA VALLE DEL GUERNA Il quadro di natura Aldo Avogadri Tra i tanti modi di “usare” un territorio ce n’è uno particolarmente piacevole, quello di percorrerlo da turisti per carpirne emozioni e suggestioni. Questa motivazione ci fa attenti a cogliere nel paesaggio la trama di una storia naturale che nei secoli più recenti si è integrata alla storia degli uomini di queste contrade. È un compito avvincente, anche se non facile, quello di condensare in poche pagine la descrizione di una sorprendente ricchezza di valori ambientali. Un onorevole compromesso risiede nell’invito a consultare la pubblicazione "Dal Sebino al Bronzone", edito dalla Comunità Montana del Monte Bronzone e del Basso Sebino nel 2000. Prendiamo le mosse dal titolo di questo volume per un viaggio ideale che parte dal basso, dalle rive del fiume Oglio nelle quali vanno a confluire le acque del torrente Guerna, al centro del nostro viaggio naturalistico. Partiremo quindi dalle piane fertili, industriose e trafficate tra Sarnico Villongo e Credaro per raggiungere e trovare pace sulle parti più elevate del bacino tappezzate di boschi e di praterie dove la quiete regna sovrana e i rumori giungono attutiti o non giungono affatto. Lo faremo con l’occhio attento alle evidenze geologiche. Una volta giunti lassù ridiscenderemo a valle contemplando questa volta la ricchezza del manto vegetale. Geologia e botanica si fonderanno, lo spero, in una conoscenza naturalistica unitaria. Iniziamo intanto - idealmente - a risalire la vallata intraprendendo un percorso contrario a quello dell'acqua che ha in buona parte la responsabilità del modellamento di questa nostra vallata. L'asse viario si presta provvidenzialmente all’attuazione di questa escursione consentendo soste ritempranti e numerose occasioni di osservazione panoramiche attraverso le quali assaporare l'anima del territorio. Avete già inteso che natura geologica e copertura vegetale sono i due punti di vista descrittivi privilegiati. L'uno e l'altro sono, tuttavia, solo due aspetti di un unico quadro di natura che ha in questo territorio una particolare ricchezza di valori e complessità. Questo forse è poco percepibile per quella familiarità che ispirano le nostre valli tra rilievi mai solenni e maestosi e dall'aspetto domestico ed accessibile. Ma non dilunghiamoci oltre, partiamo… Uno sguardo alla geologia Attorno alla foce del Torrente Guerna il paesaggio è fortemente caratterizzato da forme che rammentano l’incidenza sul territorio delle azioni glaciale e fluviale. Osserviamo un naturale disporsi di colline moreniche, terrazzi, piane alluvionali, forre e meandri sui quali si è impostata perdurando fino ad oggi - una millenaria e intensa attività antropica, ricchezza e gravame per la qualità della nostra vita. Il torrente Guerna, nel suo tratto finale, si inalvea tra terrazzi che mostrano al loro interno la prova della eterogenea origine dei ciottoli, tutti ben arrotondati e composti da rocce provenienti dall'intero bacino camuno- sebino. Tra queste, la presenza dei rossi conglomerati del Verrucano e le inconfondibili tonaliti dell'Adamello attestano, con inconfutabile evidenza, la loro lunga corsa a cavallo delle lingue glaciali quaternarie per giungere a questa destinazione finale. A Villongo, in marcia per risalire la valle fino sui Colli di San Fermo, si vede sulla destra la collina morenica di Castel Merlo, che testimonia la sua appartenenza ad un arco morenico 1 frontale, secondario rispetto a quello più imponente della Franciacorta. È una piccola, ma significativa prova, che la poderosa fiumana di ghiacci che colmava la conca sebina terminava qui la sua corsa, sciogliendosi ed abbandonando i detriti che trasportava verso la pianura. Più avanti il torrente corre tra terrazzi antichi lambendo tra Cascina Rocchetta e Campo Matto estesi depositi fluvio-glaciali, un caotico ammasso di ciottolame movimentato questa volta dalle impetuose acque di fusione dei ghiacci, tra i quali quelli che si affacciavano dalla sella della Forcella, tra il Colle ed il M. Faeto. È suggestivo anche solo immaginare che questo tratto di vallata, fino alle soglie di Adrara S.Martino, abbia accolto un giorno uno o più specchi lacustri allungati di varia profondità, formatisi per sbarramento delle acque del torrente Guerna. Ma il destino di tutti i laghi è quello di essere progressivamente colmati di sedimenti e ora constatiamo che il torrente nel suo millenario scorrere ha intagliato i suoi stessi depositi formando meandri e terrazzamenti. Oltre Adrara San Martino la morfologia della valle assume tratti più incisi. Se a valle il torrente Guerna scorre tra montagne dalle cime smussate e basse costituite da rocce arenacee e marnose (Sass della Luna, Marne Rosse, Flysch di Colle Sedrina, Arenarie di Sarnico), nella Maiolica inizia il suo percorso entro le rocce più antiche del bacino. Salendo progressivamente in direzione dei Colli di S.Fermo, infatti, l'ossatura delle montagne è costituita da rocce giurassiche come il calcare di Sedrina, il calcare di Moltrasio ed il calcare di Domaro, lo stesso utilizzato a Tavernola per la produzione del cemento. Ma alle soglie di Adrara San Rocco ci imbattiamo in una singolare situazione per l’incontro di grossi banchi di una roccia particolarmente dura (la Dolomia a Conchodon), seguita verso monte da un vasto affioramento di Calcare di Zu: rocce triassiche, quindi, le più antiche del bacino e poste proprio nel suo cuore tra formazioni più recenti. Questa, che parrebbe una anomalia, è invece un fenomeno geologico abbastanza comune nell'area prealpina. Si tratta infatti di un “sovrascorrimento” di rocce più antiche e profonde al di sopra di altre più recenti causato dalle spinte orogenetiche che nell’Era terziaria hanno costruito l’intero arco alpino e queste nostre montagne. Questo spiega la palese rottura di pendenza di Corna Meruselli che evidenzia la superficie dell'antico movimento crostale isolando, nel profilo della montagna, la sommità impervia e dominante del Monte Bronzone. Scendendo dalla frazione Costa a Pennini, verso Adrara S.Martino, si può “calpestare” la superficie di passaggio del sovrascorrimento evidenziata dalla presenza di roccia frantumata dal movimento tettonico e ridotta ad un friabile impasto giallastro. Concediamoci una digressione, abbandoniamo la strada asfaltata che conduce ai Colli di San Fermo, dominio del calcari giurassici, e inoltriamoci a piedi dal paese di Adrara S.Rocco per una bella passeggiata lungo il torrente. Il cammino è accompagnato dal gorgogliare delle acque in una verde frescura di boschi che rivestono le ripide pendici. Ad un certo punto il torrente incontra massicci banchi di dolomia a Conchodon che resistono tenacemente all'erosione costringendo l'acqua ad una serie di pittoreschi salti: ecco le marmitte dei giganti, qui chiamate "tinelle". Scavate dal turbinoso moto dell'acqua che ha messo in movimento una quantità di ciottoli in grado di sviluppare una poderosa forza abrasiva, le “tinelle” sono quanto di più suggestivo possa offrire questo verdissimo e fresco tratto di vallata. Arricchiti da queste emozioni, riprendiamo il percorso stradale per portarci sui più panoramici luoghi del bacino frutto, invece, di un lavoro più lento e progressivo delle acque superficiali che hanno plasmato i crinali con forme armoniose e smussate. Al di sotto di un suolo argilloso, rossastro, i calcari di Domaro sopportano da millenni 2 un silente e minuto lavoro di dissoluzione carsica che appena intuiamo nel nostro godere degli splendidi pascoli sommitali trapuntati in primavera di multicolori fioriture al sole ed al vento. Uno sguardo alla botanica Partiamo da qui, dai Colli di San Fermo, per descrivere la vegetazione del bacino aiutati in ciò dagli ariosi panorami che in ogni direzione si aprono al nostro sguardo. Dall’alto cogliamo con evidenza le diverse tipologie della vegetazione: i boschi, le praterie ed i coltivi. Tuttavia fisionomie simili nascondono a volte notevoli differenze. Il manto verde delle praterie qui attorno a noi, ad esempio, è composto da specie diverse rispetto alle praterie del fondo valle. In prossimità delle dorsali e dei crinali i prati-pascoli sono costituiti da specie dei triseti (perché dominati dall’avena bionda: Trisetum flavescens) sottoposti ad un solo sfalcio ed al pascolo animale. Queste sono praterie di primaria importanza nell'economia storica locale perché da esse dipendeva la possibilità del mantenimento del bestiame e la connessa produzione lattiero casearia. Col declino della zootecnia montana locale purtroppo è decaduta anche la varietà paesistica di riconosciuto valore estetico, frutto e scenografia dell'agire delle generazioni che ci hanno preceduto. Il paesaggio pastorale dei Colli di San Fermo, singolare mosaico geometrico composto da praterie e da siepi in una discontinua e varia cornice forestale, è soggetto ad evolvere nella misura in cui sui condizionamenti umani prendono il sopravvento i meccanismi della natura per instaurare quella che fu la vegetazione boschiva originaria: il bosco di faggio . Ma questa pianta non è soltanto un ricordo ed un elemento forestale di riferimento perché, assieme ad altre specie arboree, caratterizza i lineamenti del paesaggio boschivo dell’alto bacino del torrente Guerna. Boschi meravigliosi, questi, dove il susseguirsi delle stagioni è sottolineato ciclicamente da sfumature di colori che vanno dal verde chiaro della primavera a quello più intenso dell'estate, alle calde e fiammanti tonalità autunnali fino alla spoglie geometrie scure, invernali, dei rami. Più in basso, intorno ai paesi e alle loro pittoresche frazioni, il castagneto occupa le coste più fresche, alternandosi alle dense compagini dei boschi di querce e carpini che invece prediligono i versanti più caldi del bacino. La ricca flora nemorale che si può ammirare soprattutto in primavera quando lo sviluppo della chioma degli alberi non ha ancora raggiunto il massimo ombreggiamento, è parte della rasserenante bellezza di questi boschi fuori casa. E poi ancora le praterie falciate e concimate gli arrenatereti (perché dominate dall'avena altissima: Arrhenatherum elatius)- che incorniciano le blande pendici attorno ad abitati, trapuntate da cascinali pulsanti di vita e dove il vento trasporta lontano suoni e rumori, profumi e odori caratteristici quasi dimenticati. Il fondovalle, una volta occupato da querceti a farnia e carpino bianco, per la sua riconosciuta fertilità ospita ora i coltivi più produttivi del territorio. Il bosco igrofilo di ontani neri, salici bianchi e pioppi, ridotto in esili e frammentate cortine, accompagna i margini ripali dei corsi d’acqua che nel torrente Guerna corrono verso il fiume Oglio. Questa nostra vegetazione non si differenzia di molto da quella di altri territori vicini, ma questo non autorizza a credere che non sia importante . L'oggettiva ricchezza floristica che caratterizza ogni ambiente del territorio è frutto della sua appartenenza ad una circoscritta area prealpina di grande interesse biogeografico: l'Insubria. Qui è presente, tra l'altro, un contingente di specie "endemiche" particolari che ha pochi eguali nel nostro Paese. Un esempio per tutti è la 3 Campanula di Insubria (Campanula elatinoides), piantina villosa dai fiori cerulei stellati che vive sulle pareti rocciose nel cuore della valle del Guerna, oltre l'abitato di Adrara S.Rocco. Ogni pianta endemica ha una sua storia da raccontare. Questa campanula, ad esempio, ha preso origine da una ancestrale stirpe diffusa nel mediterraneo orientale il cui areale di diffusione nel corso del Quaternario si è frammentato seminando anche qui, nel bacino del torrente Guerna, alcuni suoi esemplari. A.Crescini con parole appropriate afferma "nella nostra terra, a tanta distanza dalle contrade marine, il pallido azzurro della Campanula di Insubria sembra evocare sbiaditi ricordi di acque e di cieli". Prediamo a prestito alcune magistrali considerazioni dell’abate Antonio Stoppani, autore del “Bel Paese”, per chiudere questo nostro viaggio ideale. Con efficacia il famoso geologo dell’Ottocento ha saputo descrivere la bellezza di questo nostro paesaggio lombardo: " Chi vuole il ridente, il molle, il tranquillo, il temperato, insomma delizie ed amenità, non va sicuramente a cercarle nelle Alpi, ma nelle Prealpi, dove regnano primavere ed estati che non trovano molto da invidiare a quelle dei paesi meridionali. È questa la regione dei laghi azzurri, dei limpidi torrenti, dei boschi ombrosi, dei prati fioriti, dei pingui colti, delle viti e degli ulivi e, più in alto, dei castagni e dei faggi ". Sta a ciascuno di voi, cari lettori, constatare l'intrinseca fondatezza di queste parole per levare in ogni stagione della vita il canto della vostra personale contemplazione. 4