5. DALL’AGIRE CORPOREO ALL’ASTRAZIONE MATEMATICA Giuseppe Pea doi: 10.7359/746-2015-peag Nella popolazione si assiste a un persistente calo del dominio della matematica che si manifesta con scorrettezze nella concezione e nella comprensione del numero, dell’operatività aritmetica, delle forme e dei nessi spaziali e geometrici. È da circa venti anni che si assiste a una continua e inesorabile regressione. I minori (e anche molti adulti) stanno diventando sempre più deboli nell’utilizzo del numero per comprendere e giudicare la realtà e ciò è dovuto a tanti fattori sociali, scolastici, familiari, ma in particolare è dipendente dal fatto che la comprensione di tutti gli oggetti matematici è legata al dominio delle categorie mentali ritenute primitive: lo spazio, il tempo e la logica. Il termine «primitive», riferito alle categorie mentali, sta a indicare che non si possono capire e comprenderle attraverso la spiegazione degli altri. In altre parole, le forme linguistiche che sono utilizzate per comunicare queste categorie non possono far comprendere e generare queste categorie mentali. Essendo primitive non si possono ricondurre ad altre categorie e, quindi, la funzione linguistica di ricondurre un concetto ad altri che lo precedono non può essere utilizzata. La questione di fondo è che queste categorie mentali che reggono tutto il pensiero matematico-scientificocognitivo (spazio, tempo e logica) si possono apprendere solo ed esclusivamente attraverso le proprie esperienze personali, cioè vivendo nella realtà, istante dopo istante, la propria vita. È importante affermare il principio che nessuna spiegazione degli altri e nessuna comunicazione linguistica possono darci queste categorie mentali che reggono tutto il pensiero matematico: spazio tempo e logica. Più di un secolo fa l’epistemologo Poincaré ha pubblicato lavori fondamentali su quanto detto prima ed ha saputo andare ol109 La bussola della mente funzionale. Dal corpo intelligente al sé operativo - A cura di M. Bonali, L. Stefanini e A. Antonietti - Milano, LED, 2015 http://www.ledonline.it/ledonline/746-bussola-mente-funzionale Giuseppe Pea tre affermando che l’apprendimento spazio-temporale e logico dipendono soltanto ed esclusivamente dall’agire dell’individuo. Da allora la matematica è sempre stata collocata nell’ambito delle discipline legate all’azione e che, di conseguenza, per insegnare queste categorie e per far conquistare i concetti matematici è necessario portare i discenti più ad agire che ad ascoltare; si devono portare i bambini, allievi, studenti verso il pensiero rivolto al come agire più che al cosa dire. Questo si sa da più di un secolo, ma nella scuola non è mai stato preso seriamente in considerazione perché, ancora oggi, nella maggior parte delle scuole l’insegnamento è di tipo accademico, cioè l’insegnante possiede la disciplina, l’ha già strutturata nella propria mente e la comunica attraverso la sua strutturazione ai discenti. In tal modo è prevalente la comunicazione linguistica che sui concetti primitivi non ha alcuna efficacia didattica e i discenti che ascoltano ovviamente imparano la parte linguistica e la recitano. In tal modo non c’è vero apprendimento; se va bene, si ottiene una capacità recitativa dei concetti matematici, ma non è detto che la capacità di dire sia in corrispondenza alla comprensione di ciò che si sta dicendo. La comprensione è tanto maggiore quanto più problemi si sono affrontati e risolti (o anche non risolti) con l’azione e, in particolare, con il pensiero ideomotorio. Per Poincaré dire «apprendimento legato all’azione» si­gnifica dire che non è «apprendimento sensoriale», cioè i sensi non sono i generatori dei concetti anche se svolgono il ruolo iniziale di «segnalatori»; sono le azioni (ideate sulla base delle segnalazioni) e le riflessioni sulle azioni compiute (intese come «correttori» delle distorsioni e dei falsi concetti che le sole percezioni possono causare) che originano i concetti, da quelli primitivi a quelli derivati. Basare quindi la didattica sull’osservazione è del tutto inutile per l’apprendimento matematico. L’utilizzo dei sensi non fa altro che portare dentro ciò che sta fuori di noi, mentre per ottenere i concetti matematici, si ha bisogno di strutturare, di operare, di agire cioè del concepire (far nascere internamente a noi) questi concetti che non stanno fuori da noi. La matematica non è «una cosa» che si trova qua e là nell’universo, ma è qualche cosa che sorge dentro di noi (si concepisce) sulla base delle esperienze e dei problemi che si affrontano nella vita agendo. I sensi svolgono solo la loro funzione di sensori in questo processo di apprendimento, ma è il modo con cui si agisce e si opera per affrontare e tentare di risolvere i problemi che determina, dentro di noi, gli sviluppi neuronali che reggeranno i concetti matematici e le astrazioni della matematica. Ma cosa succede nella nostra società e nelle nostre famiglie? Si crescono i figli con età mentali sempre più piccole con comunicazioni e linguaggi verbali e iconici, si crede che ogni forma di apprendimento avvenga 110 La bussola della mente funzionale. Dal corpo intelligente al sé operativo - A cura di M. Bonali, L. Stefanini e A. Antonietti - Milano, LED, 2015 http://www.ledonline.it/ledonline/746-bussola-mente-funzionale 5. Dall’agire corporeo all’astrazione matematica solo attraverso la comunicazione linguistica. Si sta dimenticando che è in funzione della cultura, dell’esperienza e dello stato psichico dei destinatari della comunicazione se i dati forniti linguisticamente diventano informazioni o continuano a rimanere semplicemente dei dati linguistici (perché il ricevente non è in grado di interpretarli, di confrontarli, di valutarli, di giudicarli). Ne consegue che la comunicazione, per diventare un atto che potrebbe far scattare un processo cognitivo, deve far leva sull’esperienza già preesistente nel ricevente, su conoscenze che quest’ultimo deve già avere. È palese che tutti i minori abbiano esperienze, cultura e dominio linguistico molto scarsi e, quindi, il loro apprendimento può avvenire solo con un mediatore ben diverso e molto più efficace: il corpo che con la sua fisicità e operatività consente di sperimentare la vita. L’intero corpo apprende agendo, muovendosi, perché i problemi che i bambini devono affrontare non si risolvono scrivendo segni astratti sul quaderno. I bambini i problemi li risolvono agendo direttamente nella realtà, ottenendo in questo modo, una nuova strutturazione della loro mente (dopo l’esperienza sono neurologicamente diversi rispetto a com’erano prima dell’esperienza). Che cosa accade invece nella nostra società? Si dà estrema importanza a tutto ciò che è solo verbale e, cosa ancora peggiore, si nasconde l’importanza del confronto con i problemi che il vivere comporta. I genitori hanno come massimo obiettivo fare in modo che i loro figli non abbiano problemi e se, nonostante tutto, dovessero averne, allora devono delegare la risoluzione ad altri. Questo comportamento educativo produce un sicuro effetto: impedire che i bambini facciano le giuste esperienze personali e, di conseguenza, impedire la formazione di strumenti cognitivi indispensabili per l’intelligenza e per la comprensione della vita. È solo attraverso la risoluzione dei problemi che i bambini diventano intelligenti. È attraverso queste esperienze (agire, sbagliare e risolvere) che riescono a strutturare la loro mente e, proprio per questo, nel caso in cui questi figli non abbiano problemi, se ne devono creare loro di nuovi. Dai test che vengono sottoposti ai bambini all’ingresso della scuola primaria (età cronologica di 6 anni) risulta che sul piano cognitivo, rispetto al dominio delle categorie primitive (spazio, tempo e logica), la loro età mentale media è equivalente a quella che i bambini di trent’anni fa avevano tra i grandi della scuola dell’infanzia. La perdita di circa un anno di apprendimento su sei anni di vita impedisce che in prima elementare si possa procedere didatticamente con un programma e con una metodologia che venivano tranquillamente adottati trent’anni anni fa. 111 La bussola della mente funzionale. Dal corpo intelligente al sé operativo - A cura di M. Bonali, L. Stefanini e A. Antonietti - Milano, LED, 2015 http://www.ledonline.it/ledonline/746-bussola-mente-funzionale Giuseppe Pea Oggi nemmeno nella scuola dell’infanzia i bambini si muovono quanto dovrebbero e dalla scarsa attività motoria scolastica passano all’immobilità casalinga sul divano davanti ad un televisore, con il pollice sul telecomando: tutte queste ore passate nella completa inattività sono ore perse per l’apprendimento delle categorie primitive che reggono tutto il pensiero logicomatematico. Questa è una delle principali cause del ritardo cognitivo che i bambini, in media, presentano all’ingresso della scuola primaria e questo ritardo si mantiene fino all’università (e forse va oltre). I test di accesso all’università lo dimostrano ed è per questo ritardo cognitivo e formativo che si sono creati i corsi integrati del 1° anno accademico con lo scopo di colmare quello che non hanno appreso negli istituti superiori. In tal modo si deve perdere tempo a colmare le lacune, tempo che dovrebbe essere dedicato alle discipline formative per la propria futura formazione. Questa situazione è mortificante perché nel confronto con il resto dei paesi europei siamo tra gli ultimi in graduatoria per i processi cognitivi ed è insopportabile perché, se non si rimedia, ci toglie la speranza di un futuro migliore. Nelle pagine che seguono sono descritte delle attività didattiche improntate ai principi sopra esposti. 5.1. Classe prima e seconda Mappa concettuale: vd. Fig. 5.1. La forza è una grandezza vettoriale (come tale è dotata di intensità, direzione e verso) che è volta a modificare lo stato di quiete o di moto dei corpi. Questa forza genera nei corpi una forza che le si oppone, detta resistenza, mantenendone lo stato di quiete o di moto. L’uomo esercita una forza/resistenza con il proprio corpo, attraverso le tensioni muscolari, al fine di agire sui corpi o di resistere alle forze che i corpi esercitano sull’uomo. Le tensioni muscolari danno intensità alla forza, ma ne determinano anche la direzione e il verso che la forza deve avere per risultare efficace nel­l’agire/resistere. La «forza muscolare» è quindi una capacità motoria senza la quale l’uo­mo non potrebbe vincere od opporsi ad una resistenza. Il termine «resistenza» trae origine dalla capacità che ha l’uomo nel sopportare una forza a lui avversa (con la finalità di mutarne lo stato) generandone un’altra opposta nel verso (non nella direzione) e di intensità tale da annullarne o ridurne gli effetti. Quindi se la forza avversa spinge in un verso, la resistenza spinge nel verso opposto. 112 La bussola della mente funzionale. Dal corpo intelligente al sé operativo - A cura di M. Bonali, L. Stefanini e A. Antonietti - Milano, LED, 2015 http://www.ledonline.it/ledonline/746-bussola-mente-funzionale 5. Dall’agire corporeo all’astrazione matematica FORZA lo ifica èu na mod STATO DI MOTO/QUIETE FORZA OPPOSTA O RESISTENZA mantiene lo dei CORPI sui sono presenti nel CORPO UMANO AGIRE per sotto forma di ai RESISTERE per TENSIONI MUSCOLARI GRANDEZZA VETTORIALE perché dotata di INTENSITÀ DIREZIONE VERSO te cita esecr idendo de Fig. 5.1. È proprio su questo principio che si basano molti giochi motori praticati dai bambini ed è attraverso queste esperienze che le riflessioni sulla forza passano dal «quanto è» a «come si applica per faticare meno». In molti giochi i bambini devono «tirare» o «spingere» altri bambini o altre cose che inevitabilmente opporranno resistenza. Con queste attività svilupperanno: • una maggiore percezione della segmentarietà dei propri arti superiori; • una maggiore evidenziazione delle tensioni contrastate delle gambe e del busto; • un maggior controllo della tensione degli arti (superiori e inferiori) e del busto; • una valutazione sempre più precisa della misura della propria forza in fun­zione del confronto diretto con le forze resistenti. Quando le azioni del «tirare» o «spingere» si rivolgono a corpi capaci di generare una resistenza che si oppone totalmente alle forze, non si ottiene alcun mutamento dello stato di quiete/moto dei corpi. È il caso di quando un bambino spinge un muro, non ottiene risultati di mutazione e le forze praticate vengono dette «isometriche» perché la lunghezza dei muscoli resta costante e non produce lavoro meccanico. Le spinte isometriche non producono effetti spazio-temporali, cioè cam­ biamenti di posizione, di forma, di dimensione, … nei corpi sui quali agiscono, ma sono molto intense e affaticano notevolmente chi le pratica. Per questo motivo producono delle forti percezioni relative ai propri segmenti 113 La bussola della mente funzionale. Dal corpo intelligente al sé operativo - A cura di M. Bonali, L. Stefanini e A. Antonietti - Milano, LED, 2015 http://www.ledonline.it/ledonline/746-bussola-mente-funzionale Giuseppe Pea corporei che, se sono molto positive rispetto alla consapevolezza ed alla immagine mentale della propria struttura corporea, sono anche pericolose per l’incolumità di chi le pratica. Ma l’esperienza della forza non viene solo dalle azioni dello spingere/tirare, ci sono altre attività che permettono di percepire le tensioni muscolari: • nelle braccia e nel busto, come ad esempio: sollevare pesi, trasportare oggetti ingombranti e pesanti, fare le flessioni sulle braccia, …; • nelle braccia e nelle spalle, come ad esempio: lanciare oggetti a distanze sempre maggiori, calibrare dei lanci «tiri» come nella pallacanestro, nel tiro a segno, …; • nelle mani, come ad esempio lo stringere le mani attorno al manico di un martello, impastare, ammorbidire il Das per poterlo poi plasmare meglio, …; • nelle mani e nelle braccia, come ad esempio: appendersi ad una sbarra, salire una pertica, …; • nelle gambe, come ad esempio: con busto eretto fare flessioni sulle gambe, a piedi pari saltare a canguro ostacoli sempre più alti, in bicicletta pedalare in salita, … Queste attività sviluppano e rendono sempre più preciso il concetto di forza. I bambini di una prima elementare normalmente hanno già superato la fase dove la percezione e la coscienza di sé stessi è di tipo globale e sincretico. Sono quindi capaci di controlli corporeo-motori più analitici (discriminazione segmentaria del proprio corpo), ma è importante, attraverso le esperienze di «dosaggio» della forza e del modo in cui va applicata, portare a livelli sempre più raffinati la conoscenza del sé corporeo e motorio. Non bisogna dimenticare che queste finalità dell’educazione motoria sono di fondamentale importanza per conquistare molti concetti matematici, la segmentarietà del proprio corpo e il «dosare» le proprie forze sono conoscenze e capacità propedeutiche ai seguenti concetti: Riferimento spaziale Il proprio corpo viene concepito come una struttura, cioè come formato da parti tra di loro tutte in relazione. I segmenti corporei portano ad una concezione «anatomica/funzionale» dove il tronco corporeo, le gambe, le braccia, le dita, vengono considerate come pezzi di un puzzle. Ma è proprio grazie a questa chiarezza anatomica che si può ottenere una nuova concezione «topologica» del corpo: il corpo diviso in due parti contrapposte separate da una superficie e non da un’altra parte. Le parti diventano «luoghi» del corpo, dati da dove sono collocati rispetto ad un riferimento. La parte «davanti» non è un organo del corpo, ma è la parte (nella direzione 114 La bussola della mente funzionale. Dal corpo intelligente al sé operativo - A cura di M. Bonali, L. Stefanini e A. Antonietti - Milano, LED, 2015 http://www.ledonline.it/ledonline/746-bussola-mente-funzionale 5. Dall’agire corporeo all’astrazione matematica del camminare) individuata dal «piano corporeo» trasversale alla direzione del camminare. Quindi il petto è nel «davanti» del corpo ma non è il «davanti». Misure delle grandezze Il fatto che la forza muscolare può essere aumentato o diminuita è già di per sé una scelta metrica, il mettere a confronto la propria con l’altrui forza è un ulteriore passo avanti verso la metrica delle forze, ma non si deve dimenticare quanto queste esperienze siano preziose per la conquista di altre grandezze e delle loro misure. Basti pensare che le distanze raggiunte con i lanci si valutano sulla base della scelta della forza da applicare all’oggetto lanciato, nella corsa per impiegare meno tempo devo dare più forza alle gambe, per sollevare pesi maggiori devo fare più forza con le braccia. Le esperienze, i giochi e gli esercizi che richiedono l’utilizzo pensato e cosciente della forza sono molto importanti tanto per l’educazione motoria quanto per la creazione delle basi propedeutiche alla matematica. Questa importanza non deve essere minore per le femmine perché in prima elementare la forza ha uno sviluppo parallelo sia nei maschi che nelle femmine, è solo verso i 12 o 13 anni che tale sviluppo si diversifica in funzione della diversa produzione degli ormoni androgeni. 5.2. Conversazione clinica Le domande da proporre ai bambini sono volte a verificare cosa conoscono del concetto di forza, cioè se è qualcosa di più di un semplice vissuto: 1. Cosa significa: «Che forte che è Giovanni!!!»? 1.a. È diverso dire: «Giovanni è più forte di Aldo e Giorgio messi insieme»? 2. Quando usate la vostra forza muscolare? 2.a. Si può fare forza senza spingere o tirare qualche cosa? 2.b.Si può fare forza e non ottenere alcun risultato? 3. Resistere alle forze degli avversari è fare anche noi delle forze? 3.a. Ma le forze hanno un verso? Schiacciare con un piede un palloncino o calciare con lo stesso piede il palloncino è aver dato la stessa forza? 3.b.Quando due bambini si spingono e nessuno dei due sposta l’avversario, le forze dei due si oppongono o si aiutano? 4.La direzione della forza usata per sollevare una valigia è la stessa che viene utilizzata per spostare in avanti la stessa valigia? 115 La bussola della mente funzionale. Dal corpo intelligente al sé operativo - A cura di M. Bonali, L. Stefanini e A. Antonietti - Milano, LED, 2015 http://www.ledonline.it/ledonline/746-bussola-mente-funzionale Giuseppe Pea La conversazione clinica proposta da un insegnante ai suoi bambini di prima classe ha dato, in sintesi, i seguenti risultati: «Che forte che è Giovanni!!!» non è stato inteso come un fatto corporeo e muscolare, ma come un rimarcare la bravura di Giovanni e la sua capacità di affrontare e risolvere problemi. Un bambino ha detto che «Giovanni è forte quasi come Del Piero» (un calciatore attaccante della «sua» squadra di calcio). Solo con il confronto diretto «Giovanni è più forte di Aldo e Giorgio messi insieme» è stato ricondotto a livello di forza muscolare. Si sono espressi con esempi: ■«Vuol dire che Aldo e Giorgio sono proprio senza muscoli». ■«È come quando, con il tiro alla fune, di qua Giovanni da solo e di là Aldo e Giorgio insieme, vince Giovanni perché tira con una forza bestiale». ■«Mio zio batterebbe Giovanni perché mio zio è un campione a ‘braccio di ferro’». • Riguardo alla seconda domanda i bambini hanno dato delle risposte condizionate dagli esempi raccontati prima e per loro la forza è per spingere o per tirare, nient’altro. Sollecitati a qualche esempio diverso ne è emerso che la forza la usano molto nel calciare il pallone, nel distruggere i giocattoli (anche con il martello), nel lavarsi («Mia mamma mi dice sempre di sfregarmi forte forte con il sapone»). La domanda «Si può fare forza, anche grande, ed ottenere niente, come se la forza non fosse stata usata?» ha creato inizialmente una risposta unanime dell’impossibilità. Alla fine però un bambino ha rivelato un segreto di suo fratello, cioè «avere gambe più forti, per diventare un grande ciclista», con gli allenamenti di spingere forte le pareti con i piedi senza romperle. • Il resistere è stato inteso come il «non dargliela vinta» e non come il generare delle forze da contrapporre all’avversario. Un bambino ha detto «Quando Marco mi spinge, io mi preparo a gambe larghe e lui non riesce a spostarmi». Alla domanda «Quando resisti fai forza su Marco?» il bambino risponde «No». Solo qualche bambino ricorre al gioco del tiro alla fune per dire che resistere è tirare dalla parte opposta. Solo nei giochi dove i due ruoli «difendere/attaccare» sono intrapresi da tutte le persone che vi partecipano, le forze di attacco e di difesa sono uguali (la fune è tirata da entrambi gli avversari), ma il verso cambia (uno tira da una parte e l’altro dall’altra). • 116 La bussola della mente funzionale. Dal corpo intelligente al sé operativo - A cura di M. Bonali, L. Stefanini e A. Antonietti - Milano, LED, 2015 http://www.ledonline.it/ledonline/746-bussola-mente-funzionale 5. Dall’agire corporeo all’astrazione matematica Quando la forza viene applicata ad un oggetto, nessun bambino crede che l’oggetto generi una forza contrapposta. Sollevare una valigia genera l’idea della passività della valigia e, quindi, la convinzione che la valigia non può generare delle forze. • La quarta domanda, pur avendo esplicito il richiamo alla direzione di una forza, ottiene come risposta un giudizio puramente scalare: «Occorre più forza a sollevare la valigia che a spostarla». Anche altre classi hanno dato risultati analoghi e si possono sintetizzare con la matrice cognitiva rapresentata in Fig. 5.2. La rete concettuale sintetizzata in Fig. 5.3 esprime il percorso che l’inse­­gnante deve far compiere ai bambini progettando le opportune unità didattiche. sul (solo dopo sollecitazioni) Giocattoli cose … Compagni sui Agire nel senso di Stato dei corpi Spingere / tirare e se mu m ta pr el che serve per Forza muscolare Essere bravi nel confronto è la o che Essere forti FORZA Agisce è intesa come nella forma non è Grandezza vettoriale Resistono Forze opposte n co senza generare pe so interché lo sa co me Forza da contrapporre s parteesono a di unttiva se Subiscono Intensità fra Confronto Fig. 5.2. 117 La bussola della mente funzionale. Dal corpo intelligente al sé operativo - A cura di M. Bonali, L. Stefanini e A. Antonietti - Milano, LED, 2015 http://www.ledonline.it/ledonline/746-bussola-mente-funzionale da FORZA forza muscolare che è che mpre lo grandezza vettoriale agisce sui che m uta se forza fisica a a agisce contro a superare verso intensità corpi forza avversaria misura con ch indifferenza direzionale el a direzione a a subiscono ra la concetti spaziali gene stato dei corpi forza opposta resistenza tramite giochi ed esercizi motori intensità delle tensioni muscolari ideografia delle forze attività lavorative direzione e verso delle azioni Fig. 5.3. La bussola della mente funzionale. Dal corpo intelligente al sé operativo - A cura di M. Bonali, L. Stefanini e A. Antonietti - Milano, LED, 2015 http://www.ledonline.it/ledonline/746-bussola-mente-funzionale 5. Dall’agire corporeo all’astrazione matematica 5.3.Fasi di lavoro Tutte le attività di seguito proposte sono da effettuarsi rispettando questi punti: • Il lavoro va fatto con la classe in palestra, con i bambini che si suddividono a coppie o, se è possibile, lavorano da soli. • La comunicazione insegnanti-bambini deve essere a senso unico e multiplo. • Il metodo va impostato sull’attività dei bambini, che segue le indicazioni dell’insegnante, e sulle risposte collettive e singole, che seguono le domande dell’insegnante. • I mezzi necessari si limitano ai normali attrezzi della palestra, a schede predisposte e ai normali attrezzi scolastici dei bambini. Fase 1 – Spingere/tirare: Scheda 5.1(a-b) Obiettivo: Saper giudicare l’intensità delle forze muscolari anche quando non è possibile il confronto diretto; analizzare le forze applicate in termini di contrapposizioni; rendere più sicura la percezione e la rappresentazione mentale della segmentarietà degli arti e del busto. Fase 2 – Tanto sforzo per nulla: Scheda 5.2(a-b) Obiettivo: Saper valutare quale è la minor forza da applicare ad un corpo per ottenere la massima mutazione. Conoscere le situazioni della forza isometrica, cioè quella che, per tanto che ci si sforzi, non produce mutazioni. Avere maggiori conoscenze dei propri segmenti corporei. Fase 3 – Direzione della forza: Scheda 5.3 Obiettivo: Portare il bambino alla comprensione di due grandezze inerenti alle forze: direzione e verso e che i risultati dell’applicazione delle forze dipendono da queste grandezze. Fase 4 – Scheda di consolidamento: Scheda 5.4 Obiettivo: Riprendere, a livello grafico, la scrittura simbolica della freccia per indicare una forza applicata ad un corpo. 119 La bussola della mente funzionale. Dal corpo intelligente al sé operativo - A cura di M. Bonali, L. Stefanini e A. Antonietti - Milano, LED, 2015 http://www.ledonline.it/ledonline/746-bussola-mente-funzionale Scheda 5.1(a). – Fase 1: Spingere/tirare. Cosa fa l’insegnante Cosa fa il bambino Aiuta l’insegnante nel trasportare la struttura. Pone la struttura di un’altalena (solo i due cavalletti con la barra) al centro di uno spazio libero, per proporre diverse attività motorie. Prima sfida: «Dopo che vi ho sollevati per permettervi di attaccarvi con le mani alla sbarra, vi lascio e voi dovete tiravi su fino a raggiungere con la faccia il livello della sbarra». Ascolta e poi si fa sollevare dall’insegnante e tenta di fare quanto richiesto. Quando tutti i bambini hanno provato, consiglia, a chi non è riuscito, di riprovare e di fare un po’ di allenamento. Propone, quindi, delle domande: •Dove sentivi di più lo sforzo? Risponde. Qualcuno specifica indicando il bicipite, altri diranno le mani, … •Ma Risponde, ad esempio: «Solo con il bicipite». Seconda sfida: Completa la struttura ponendo una corda grossa e lunga a cavallo della sbarra e incolla per terra due nastri adesivi a livello dei piedi dell’altalena. Fa impugnare le corde a due bambini per giocare al «tiro alla fune sollevata». Vince chi fa toccare o oltrepassare il nastro all’avversario (se nessuno dovesse riuscirci, converrebbe allontanare tra di loro i nastri). Osserva il lavoro fatto dall’insegnante e, con un compagno, inizia la sfida e prosegue fino a quando c’è un vincitore. lo sentivi solo con il bicipite o anche nell’avambraccio? (si aiuta indicando le parti del proprio braccio) (segue) La bussola della mente funzionale. Dal corpo intelligente al sé operativo - A cura di M. Bonali, L. Stefanini e A. Antonietti - Milano, LED, 2015 http://www.ledonline.it/ledonline/746-bussola-mente-funzionale Scheda 5.1(b). – Fase 1: Spingere/tirare. Cosa fa l’insegnante Cosa fa il bambino Terminate le sfide fa delle domande: •Con quali parti del corpo facevate gli sforzi nel tirare? Risponde che facevano lo sforzo per tirare, oltre che con la braccia, anche con le gambe e con il «corpo» (inteso nel senso del busto). •Tiravate Risponde: «Dalla parte opposta, cioè io di qua e lui di là». dalla stessa parte dell’avversario o dalla parte opposta? Riceve la scheda e la completa. Consegna a ciascun bambino una scheda con un disegno schematizzato e chiede ai bambini di completarlo disegnando le frecce che indicano come tiravano la corda. Il bambino prova e, alla fine, esprime il suo Terza sfida: giudizio. Riempie una cassa di attrezzature sportive e chiede ai bambini di spingere la cassa in diversi modi: •con i piedi; •con la schiena; •stando in ginocchio, con le mani. Alla fine ciascun bambino dovrà dire in quale modo ha fatto meno forza. Combattono fino a quando c’è un vincitore, Quarta sfida: Pone una coppia di bambini seduti per terra quello con più forza. con schiena a schiena e, a poco dai loro piedi, incolla due strisce di nastro adesivo. Vince il bambino che riesce a far superare il nastro dai piedi dell’avversario. Compila la scheda tracciando le due frecce. È necessario concludere con una scheda che il bambino deve completare per rimarcare il verso delle forze applicate. La bussola della mente funzionale. Dal corpo intelligente al sé operativo - A cura di M. Bonali, L. Stefanini e A. Antonietti - Milano, LED, 2015 http://www.ledonline.it/ledonline/746-bussola-mente-funzionale Scheda 5.2(a). – Fase 2: Tanto sforzo per nulla. Cosa fa l’insegnante Mostra ai bambini un copertone di una bicicletta e spiega ai bambini come applicare una forza per farlo rotolare e come applicarla, invece, per farla strisciare, in ogni caso il più lontano possibile. Cosa fa il bambino Emula l’insegnante e fa diverse prove. Gareggiano poi tra di loro nel tentativo di mandare il copertone più lontano di tutti gli altri, sia facendolo rotolare, sia facendolo strisciare. Risponde che è con il farlo strisciare. Pone alcune domande: •Con quale dei due modi si deve fare più forza per allontanare il copertone? Propone una scheda e chiede di disegnare, sotto ogni disegno, la forza che si deve fare per mandare il copertone lontano (più forza si fa, più lunga deve essere la freccia). Compila la scheda tracciando le frecce. Chiede ai bambini: •Se si spinge fortissimo una cosa è vero che questa forza sposta o distrugge la cosa ma non fa niente a noi? I bambini rispondono con un «Sì» convinto. Pone supino con i piedi appoggiati ad una parete il bambino più forte della classe (p. es. Marco). Quando marco è ben accomodato gli dà il comando di spingere la parete il più forte possibile. Marco esegue il comando di spingere forte e ottiene, come unico effetto, il suo allontanamento dalla parete. Si rivolge agli altri bambini della classe Tutti rispondono: «Il proprio corpo». e chiede: •Voi che avete visto, ditemi: Marco ha spostato la parete o il proprio corpo? •Marco, •Ma perché non hai spostato la parete? se ti mettessi a spingere di spalla o di schiena, ci riusciresti? Risposta di Marco: «È troppo dura e si scivola». «Posso provare». E, alla fine: «Non ci riesco». (segue) La bussola della mente funzionale. Dal corpo intelligente al sé operativo - A cura di M. Bonali, L. Stefanini e A. Antonietti - Milano, LED, 2015 http://www.ledonline.it/ledonline/746-bussola-mente-funzionale Scheda 5.2(b). – Fase 2: Tanto sforzo per nulla. Cosa fa l’insegnante Cosa fa il bambino Chiede: •Ma la forza che hai dato in quali muscoli l’hai sentita? Risponde: «Nelle gambe, specialmente nei polpacci, ma anche nel collo e nelle spalle». Chiede ai bambini di dire in quali altri casi lo spingere non sposta e non modifica ciò che si spinge. I bambini, all’inizio impacciati, daranno via via risposte sempre più convincenti, come: «Spingere un grosso albero». La bussola della mente funzionale. Dal corpo intelligente al sé operativo - A cura di M. Bonali, L. Stefanini e A. Antonietti - Milano, LED, 2015 http://www.ledonline.it/ledonline/746-bussola-mente-funzionale Scheda 5.3. – Fase 3: Direzione della forza. Cosa fa l’insegnante Cosa fa il bambino Mostra ai bambini una carrozzella per neonati Spingono la carrozzella con le ruote fisse (non sterzanti) e invita facendo anche i bambini a spingerla. delle corse fra gli ostacoli presenti in palestra. Qualche bambino compie dei tentativi, ma poi si rassegna all’impossibilità di fare un qualsiasi percorso. Fa una nuova richiesta: •Ora spingetela ma di lato! E mostra in quale modo. •Riuscite a fare il percorso di prima? Consegna una scheda e chiede di completarla Prende la scheda colorando di blu la direzione da dare alla forza e colora per ottenere il massimo risultato con il minimo le due direzioni. sforzo e, di rosso, la direzione che dà nessun spostamento anche applicando una certa forza. Gioco del pozzo. Pone per terra un cerchio grande e una lunga e grossa corda e propone ai bambini il gioco del «pozzo». Il cerchio viene posto al centro della palestra e rappresenta un pozzo molto profondo. Due bambini (più o meno di uguali forze) vengono legati tra di loro dalla lunga corda (è opportuno annodare ciascun estremo della corda ad una cintura di cuoio) e vengono posizionati da parti opposte del pozzo. «Per vincere, al mio via dovete cercare di trascinare l’avversario nel pozzo». Al via dell’insegnante i bambini fanno il tiro alla fune. Il meno forte man mano che si avvicina al pozzo deve escogitare qualche cosa per non cadervi dentro. I bambini che si oppongono solo cercando di fare una forza maggiore dovranno prima o poi capitolare. Bisogna cercare altre strategie. Il bambino che mentalmente ha intuito l’importanza della direzione della forza giunge alla conclusione che può agire su quella. Risolve, quindi, il problema applicando la sua forza di opposizione con cambiamento repentino di direzione spingendosi, ad esempio, di lato. Ottiene l’effetto dell’allontanarsi dal pozzo, di sbilanciare l’avversario e di diminuire la componente trainante della forza avversaria. La bussola della mente funzionale. Dal corpo intelligente al sé operativo - A cura di M. Bonali, L. Stefanini e A. Antonietti - Milano, LED, 2015 http://www.ledonline.it/ledonline/746-bussola-mente-funzionale Scheda 5.4. – Fase 4: Scheda di consolidamento. Cosa fa l’insegnante Dà una scheda da compilare disegnando le frecce delle forze. Cosa fa il bambino Prende la scheda, la legge e la completa. La bussola della mente funzionale. Dal corpo intelligente al sé operativo - A cura di M. Bonali, L. Stefanini e A. Antonietti - Milano, LED, 2015 http://www.ledonline.it/ledonline/746-bussola-mente-funzionale