Dalle (36) r i s u l t a : a) II modo n o n cambia, c a m b i a n d o sistema di riferimento ; però la frequenza v a l u t a t a nel sistema mobile dipende da v ed è m i n i m a p e r : 2 (37) c v = vg = — , vf poi t o r n a ad a u m e n t a r e . b) L'energia viaggia nella guida con velocità (apprezzata nel sistema fisso) vg, cioè con la velocità di gruppo. c) La velocità di fase e la lunghezza d ' o n d a nel sistema mobile t e n d o n o all'infinito positivo per a d e s t r a ; sono negative e t e n d o n o all'infinito negativo per a sinistra. d) In un sistema mobile con velocità v g il campo a p p a r e stazionario. (38) ove è i n v a r i a n t e rispetto alle trasformazioni di Lorentz. Inoltre se v f , v g sono le velocità di fase e di gruppo di u n ' o n d a che si p r o p a g a nella guida (f> fc) rispetto ad un sistema di riferimento S fisso, e vOf , vog le analoghe velocità rispetto a un sistema S o mobile, è a n c h e : (39) ove fo è la frequenza dell'onda a p p r e z z a t a in S o ed n 0 il corrispondente indice di rifrazione. Se ne deduce che il modo di variare delle velocita e dell'indice di rifrazione è il medesimo in funzione della frequenza, t a n t o in S q u a n t o in S o , e si conclude (19) che le onde irradiate nella guida, o comunque in un mezzo con indice di rifrazione espresso dalla (38) con k i n v a r i a n t e , da u n a sorgente fissa in un d a t o sistema di riferimento, presentano in quel sistema eguale velocità nei due versi, q u a l u n q u e sia la velocità di traslazione del (19) N. CARRARA, N. C, 1951, VIII, p. 569. La proprietà indicata fu dimostrata da R. W. Ditchburn (Revue d'Òptique, 1948, XXVII, p. 4), limitatamente però al caso in cui v << c . 238 Sul concetto di banda passante di un circuito selettivo È analizzato il concetto di banda passante di un circuito selettivo in relazione alla sua dipendenza dagli elementi circuitali ed alla sua applicazione ai problemi del rumore. 1. - Una delle grandezze p i ù spesso usate in radiotecnica p e r caratterizzare il c o m p o r t a m e n t o dei circuiti selettivi è la « b a n d a passante », B, intesa come scarto fra le due frequenze f 1 ed f 2 in corrispondenza alle quali la risposta del circuito ha u n ' a t t e n u a z i o n e di 3 decibel rispetto alla risposta massima, che si ha ad u n a frequenza f 0 compresa fra f 1 ed f2. La b a n d a passante è soprattutto usata in relazione allo studio dei circuiti rison a n t i , isolati o variamente accoppiati fra loro, ed è fondamentale p e r lo studio degli amplificatori di alta frequenza e p e r i ricevitori. La sua introduzione in radiotecnica è probab i l m e n t e legata al fatto che le due frequenze f 1 ed f 2 sono, di solito, agevolmente riferibili agli elem e n t i del circuito, p e r cui è generalmente possibile esprimere la b a n d a passante B conoscendo la costituzione del circuito. La scelta della banda passante B, avvenuta in t e m p i o r m a i lontani, si è dimostrata avveduta perchè essa si adatta agevolmente p e r caratterizzare il c o m p o r t a m e n t o dei circuiti anche di fronte al r u m o r e , argomento la cui i m p o r t a n z a n o n poteva certamente essere p r e vista q u a n d o si è cominciato ad usare il concetto di b a n d a passante. Occorrono, p e r a l t r o , alcune precisazioni, p e r cui è sembrato interessante rivedere il concetto stesso di banda passante con metodi modern i , dandone u n a definizione generale e mostrando la ragione della sua adattabilità ai p r o b l e m i del rumore. Dalla definizione di b a n d a passante è derivata, in m a n i e r a del t u t t o n a t u r a l e , quella di « larghezza di b a n d a » di u n a funzione di r u m o r e e si è trovata u n a singolare rispondenza fra la sua definizione e quella di u n ' a n a l o g a grandezza ottica, la « larghezza di u n a riga spettrale », introdotta p e r via c o m p l e t a m e n t e diversa. 2. - Il c o m p o r t a m e n t o di un circuito lineare al variare della frequènza è caratterizzabile mediante u n a grandezza complessa, funzione della frequenza, detta « caratteristica di frequenza » A(f) del circuito. La risposta del circuito ad u n a perturbazione impressa q u a l u n q u e ha come spettro complesso il p r o d o t t o di A(f) p e r lo spettro Gi(f) della p e r t u r b a z i o n e stessa: detto G 2 (f) lo spettro complesso della risposta del circuito si h a , cioè : Che il risultato dell'esperienza di Fizeau e Fresnel debba essere nullo lo si p u ò dedurre anche dalla formula di Zeeman, che dà il t r a s c i n a m e n t o parziale : (40) I n f a t t i è agevole provare che, se n sodisfa la (38), è e) In tale sistema, la frequenza a p p a r e sempre la stessa q u a l u n q u e sia la frequenza nel sistema fisso e coincide con fc . Particolare considerazione merita il legame fra velocità di fase e velocità di gruppo, che si riscontra in u n a guida d ' o n d a , espresso dalla (28). Osserviamo a n z i t u t t o che la guida d ' o n d a è un mezzo dispersivo. I n f a t t i essa si c o m p o r t a come un mezzo di indice di rifrazione: a Giancarlo Vallauri sistema stesso, il che equivale a dire che è impossibile riconoscere, con determinazioni del genere, se il sistema sia fisso al mezzo o p p u r n o . In particolare gli esperimenti di Michelson e Morley, e di Fizeau e Fresnel (trascinamento parziale) debbono in t a l caso dare risultato nullo. Non si p u ò allora riconoscere alcun sistema che possa dirsi fisso rispetto al mezzo, cosicché il mezzo n o n costituisce un sistema di riferimento privilegiato. e quindi 7. - Spettroscopia con microonde. La spettroscopia con microonde ha suscitato u n o straordinario interesse, giustificato dal confronto che si può fare con la spettroscopia ottica. T a n t o la spettroscopia con microonde, q u a n t o quella ottica p e r m e t t o n o la determinazione degli scambi energetici che avvengono neghi a t o m i e nelle molecole, ma le tecniche e gli s t r u m e n t i sono diversi, e diversa è la regione dello spettro esplorato. Nella spettroscopia con microonde n o n si fa uso di s t r u m e n t i dispersivi, ma di sorgenti elettroniche di radiazioni p r a t i c a m e n t e mono cromatiche e di rivelatori accordati; in conseguenza la sensibilità risulta molto elevata e il potere risolutivo superiore a quello dei migliori spettrografi nell'infrarosso. Poichè le regioni dello s p e t t r o esplorabili n o n si sovrappongono, la spettroscopia con microonde e la spettroscopia ottica si completano vicendev o l m e n t e : la spettroscopia con microonde si p r e s t a in m o d o particolare per lo studio della s t r u t t u r a delle molecole, per rilevare effetti d o v u t i allo spin e al m o m e n t o quadrupolare del nucleo. 8. - Conclusioni. Lo studio delle microonde è s t a t o g r a n d e m e n t e agevolato dalle approfondite cognizioni teoriche e sperimentali nel campo dell'ottica. Teorie già elab o r a t e p e r l'ottica h a n n o p o t u t o essere utilizzate nel campo delle m i c r o o n d e ; esperienze classiche ottiche h a n p o t u t o essere r i p e t u t e con le microonde ; con le quali è s t a t o peraltro possibile compiere ricerche sperimentali inattuabili in ottica. Questo processo di collaborazione fra ottica e microonde è t u t t o r a in fecondo sviluppo. (1) G2(f) = A ( f ) · G 1 ( f ) . Se il circuito è un semplice bipolo (ad esempio, un circuito risonante parallelo) a cui sia a p plicata u n a corrente i(t) (perturbazione impressa), nella forinola (1) G1(f) r a p p r e s e n t a lo spettro complesso di i ( t ) , G2(f) lo spettro complesso della tensione ai capi del bipolo (risposta del circuito) ed A(f) è l'impedenza complessa del bipolo. Nel caso di un q u a d r i p o l o (ad esempio, un amplificatore lineare) la p e r t u r b a z i o n e impressa p u ò essere la Nello Carrara Firenze - Centro di studio per la Fisica delle Microonde. tensione a p p l i c a t a all'ingresso e la risposta la tensione in uscita; in tal caso la caratteristica di frequenza A(f) è il r a p p o r t o di trasduzione del quadripolo ( r a p p o r t o di amplificazione, n e l caso dell'amplificatore). Nei casi che interessano il presente studio, il m o d u l o A(f) di A(f) p a r t e n d o da valori trascurabili in corrispondenza a frequenze sufficientemente basse, va crescendo al crescere di f p e r poi discendere n u o v a m e n t e fino a raggiungere valori trascurabili p e r valori sufficientemente elevati di f. F r a la regione in cui A(f) cresce e quella in cui decresce vi è u n a regione più o m e n o a m p i a in cui la funzione varia relativamente p o c o : in questa regione è individuabile u n a frequenza f 0 a cui corrisponde un massimo assoluto A(f o ) = A o della funzione. Le due frequenze f 1 ed f2, rispettivamente inferiore e superiore ad f 0 in corrispondenza alle quali è: (2) delimitano u n a b a n d a di frequenza B = f2—f1 che, p e r definizione, si assume quale « b a n d a passante » del circuito. Si p u ò p o r r e : (3) A(f) = A o e a ( f ) , e considerare a(f) come il coefficiente dell'attenuazione relativa ad A o che si ha q u a n d o si passa dalla frequenza f 0 ad u n ' a l t r a q u a l u n q u e frequenza f; la sua misura in decibel sarà : (4) In corrispondenza alle due frequenze f 1 ed f 2 si ha a'(f 1 ) = a'(f 2 ) = —3 d B , p e r cui la b a n d a passante p u ò anche definirsi come lo scarto fra le frequenze cui corrisponde un coefficiente di attenuazione di 3 dB rispetto ad A o ; p e r questo motivo la b a n d a passante è a n c h e qualche volta denominata « b a n d a dei 3 dB ». 3. - Si è detto in precedenza che la b a n d a passante B è generalmente riferibile agli elementi del circuito; sarà qui r i p o r t a t o l'esempio più semplice e n o t o di questa p r o p r i e t à p e r mostrare come, ad u n ' a n a l i s i a p p r o f o n d i t a , la quistione sia in effetti p i ù complessa di q u a n t o n o r m a l m e n t e sia r i t e n u t o . Si consideri a questo proposito il circuito rison a n t e in parallelo di fig. 1; la caratteristica di frequenza, considerata p e r comodità funzione di co invece che di f, coincide con l ' i m p e d e n z a complessa del circuito ed ha l'espressione: (5) ATTI E RASSEGNA TECNICA DELLA SOCIETÀ DEGLI INGEGNERI E DEGLI ARCHITETTI IN TORINO - ANNO 6 - N. 8-9 - AGOSTO-SETTEMBRE 1952 ATTI E RASSEGNA TECNICA DELLA SOCIETÀ DEGLI INGEGNERI E DEGLI ARCHITETTI IN TORINO - ANNO 6 - N. 8-9 - AGOSTO-SETTEMBRE 1952 I 239 e moltiplicando il n u m e r a t o r e Posto ed il d e n o m i n a t o r e della (5) p e r ω 0 L , si o t t i e n e : (6) il cui m o d u l o è : (7) Fig. 1. - Circuito risonante parallelo. Si ragiona p o i , di solito, nel m o d o seguente: il massimo di A (ω) si ha p e r ω = ω 0 ed ha il valore A 0 = R. Le pulsazioni ω 1 = 2πf 1 ed ω 2 = 2πf 2 sono quelle che soddisfano a l l ' e q u a z i o n e : (8) da cui si ricava a g e v o l m e n t e : (9) si ha q u i n d i : (10) Il fatto che R n o n sia costante implica che la pulsazione cui corrisponde il massimo di A ( ω ) non sia la a cui corrisponde l ' a n n u l l a m e n t o del coefficiente d e l l ' i m m a g i n a r i o nella ( 6 ) ; il valor massimo di A (ω) n o n è perciò A 0 = R, ma p u ò essere d e t e r m i n a t o , così come le pulsazioni ω 1 ed ω 2 , solo se si conosce la legge di variazione di R in funzione della frequenza. Ne deriva c h e è assai più difficile, di q u a n t o n o r m a l m e n t e venga r i t e n u t o , il p r o b l e m a di stabilire la relazione fra B e gli elem e n t i del circuito. Ciò non toglie nulla a l l ' u t i l i t à pratica di B ed alle relazioni n o r m a l m e n t e ammesse fra B e gli elementi circuitali, p e r c h è , se le p e r d i t e sono modeste e q u i n d i R è abbastanza grande, l'approssimazione che dette relazioni offrono è più che sufficiente p e r le esigenze della tecnica. Le considerazioni svolte nel caso semplice del circuito risonante valgono sostanzialmente anche negli altri casi p i ù complicati. 4. - Si vuole ora indagare sull'applicazione del concetto di b a n d a passante ai p r o b l e m i inerenti al rumore. Le tensioni e correnti di r u m o r e applicate ai circuiti sono funzioni del t e m p o (funzioni di rumore), il cui a n d a m e n t o è del tutto ignoto a p r i o r i . P e r ciò che r i g u a r d a il c o m p o r t a m e n t o di un circuito di fronte al r u m o r e , è giustificato p a r l a r e della perturbazione impressa al circuito e di spettro della risposta (come si è fatto nel n. 1) solo se si considera un intervallo di t e m p o i n t e r a m e n t e trascorso, in cui l ' a n d a m e n t o della funzione di rum o r e è o r m a i c o m p l e t a m e n t e noto. In un intervallo di t e m p o diverso i detti spettri risultano gener a l m e n t e diversi ed è perciò illusorio p a r l a r e , in tal senso, di c o m p o r t a m e n t o di un circuito di fronte alle p e r t u r b a z i o n i applicate q u a n d o m a n c a n o gli elementi p e r caratterizzarle a p r i o r i . Ma nelle funzioni che r a p p r e s e n t a n o il r u m o r e applicato n o r m a l m e n t e ai circuiti, è possibile individuare delle regolarità statistiche che consentono lo studio del c o m p o r t a m e n t o del circuito indipen- P o n e n d o Q = R/(ω 0 L)ed f al posto di ω si o t t i e n e la ben nota relazione : f2 - f1 = B = f 0 Q , (11) che m e t t e in relazione la b a n d a passante B col coefficiente di risonanza, Q = R/(ω 0 L), del circuito. Occorre p e r a l t r o osservare che nei r a g i o n a m e n t i che h a n n o condotto alla relazione (11) si è implicitamente ammessa l ' i n d i p e n d e n z a di R dalla frequenza, che in r e a l t à non sussiste. La resistenza R, che r e n d e conto delle p e r d i t e del condensatore e della bobina che compongono il circuito risonante, è in effetti funzione della frequenza : se, come spesso avviene nei circuiti usati in Radiotecnica, le p e r d i t e del condensatore sono trascurabili di fronte a quelle della b o b i n a , R è la resistenza parallelo della bobina, legata alla pulsazione co ed al coefficiente di b o n t à Q b della bobina dalla relazione R = ω L Q b . Le n o r m a l i bobine sono p r o g e t t a t e e costruite in m o d o che, n e l c a m p o delle frequenze di lavoro, Q b sia sufficientemente costante, p e r cui R risulta a p p r o s s i m a t i v a m e n t e p r o p o r z i o n a l e ad ω. 240 studio sono la « potenza specifica », il « valore efficace » e la « densità spettrale ». La potenza specifica w di u n a funzione di rum o r e y ( t ) (il cui a n d a m e n t o sia noto p e r è il valor m e d i o dei q u a d r a t i dei valori che la funzione assume in un intervallo di t e m p o T, molto g r a n d e , precedente t 0 : (18) (12) (13) (19) La potenza specifica è manifestamente il q u a d r a t o del valore efficace (secondo la definizione n o r m a l e ) della funzione y ( t ) p r i m a di t 0 : dentemente dalla conoscenza attuale dell'andam e n t o delle sopra dette funzioni ( 1 ). Tale studio è basato sull'uso di grandezze statistiche che, det e r m i n a t e dalla conoscenza d e l l ' a n d a m e n t o delle funzioni nel t e m p o trascorso fino ad un certo istante t 0 , si a m m e t t o n o costanti anche p e r t > t 0 . Le grandezze di questo t i p o che interessano il presente (1) S. MALATESTA, Contributo allo studio statistico delle comunicazioni, Alta Frequenza, 1952, XXI, p. 163. ATTI E RASSEGNA TECNICA DELLA SOCIETÀ DEGLI INGEGNERI E DEGLI ARCHITETTI IN TORINO - ANNO 6 - N. 8-9 - AGOSTO-SETTEMBRE 1952 w = Yeff2. (14) Φ(f ) = 4kRT , dove k è la costante di B o l t z m a n n e T è la t e m p e r a t u r a assoluta del c o n d u t t o r e . Se tale r u m o r e è applicato ad un circuito lin e a r e , la densità spettrale all'uscita risulta : o, con più r i g o r e : Si a m m e t t e che p e r le funzioni di r u m o r e w ed Y eff conservino i l medesimo valore anche p e r t > t 0 . Se y ( t ) r a p p r e s e n t a u n a tensione od u n a corr e n t e , la potenza specifica p u ò interpretarsi come la potenza m e d i a in u n a resistenza di 1 Ω ( 2 ) . Come la potenza in u n a resistenza, la potenza specifica p u ò pensarsi suddivisa fra le infinite frequenze che compongono lo spettro della tensione o della c o r r e n t e : (15) la funzione Φ (f) ( 3 ) che e s p r i m e la distribuzione della potenza specifica fra le frequenze dello spett r o si dice c o m u n e m e n t e « densità spettrale » della funzione y ( t ) . La determinazione di Φ (f) avviene p a r t e n d o dallo spettro di F o u r i e r della funzione y ( t ) e n t r o un intervallo di t e m p o T p r e c e d e n t e a t 0 ed il suo a n d a m e n t o si a m m e t t e che rimanga il medesimo anche p e r t > t o ; la relazione fra Φ(f) e lo spettro complesso G(f) di y ( t ) è la seguente ( 4 ): Φ 2 (f) 2 = Φ 1 A (f), dove con Φ 1 si è indicato il valore costante di Φ 1 ( f ) ; la densità spettrale n o n è p i ù costante e la sua distribuzione in funzione della frequenza coincide, a p a r t e la costante moltiplicativa Φ 1 , con 2 quello m e d e s i m o di A (f). Nel caso degli o r d i n a r i circuiti selettivi impiegati in alta frequenza essa risulta del t i p o schematicamente indicato nella figura 2 : si h a , cioè, u n a regione relativamente stretta dello spettro in cui Φ 2 ( f ) ha valori n o n n u l l i . A p p a r e n a t u r a l e assumere quale larghezza di tale « b a n d a » di frequenza il medesimo valore della b a n d a passante del circuito che ha selezionato, p e r così dire, la b a n d a stessa dallo spettro uniforme. Alla frequenza f o cui corrisponde il massimo valore A o di A(f), la densità spettrale all'uscita del circuito è : (20) Φ 2 (f 0 ) = Φ1A02, m e n t r e in corrispondenza alle due frequenze f 1 ed f 2 che delimitano la b a n d a passante, essendo risulta : (21) Confrontando le relazioni (21) e (20) si o t t i e n e : (22) (16) Dalle relazioni (1) e (16) si ricava agevolmente ( s ) che, se u n a tensione od una c o r r e n t e , la cui densità spettrale sia Φ 1 (f), sono applicate ad un circuito lineare, la cui caratteristica di frequenza sia A(£), la densità spettrale Φ 2 (f) della tensione o corrente di uscita ha l'espressione : (17) Fig. 2. - Generico andamento della densità spettrale del rumore termico filtrato da un circuito selettivo per alta frequenza. sione e della corrente presenti in un conduttore p e r effetto del caotico m o t o termico dei suoi e l e t t r o n i ; nel r u m o r e termico la potenza specifica è distrib u i t a u n i f o r m e m e n t e dalle frequenze più basse alle p i ù alte della g a m m a radio così che la densità spettrale è costante. Il suo valore, nel caso della tensione presente ai capi di u n a resistenza R, è: Φ 2 (f) = A 2 (f ) • Φ1(f ) . Vale d u n q u e la p r o p r i e t à che un circuito lineare modifica la densità spettrale della tensione o della corrente che gli è applicata m o l t i p l i c a n d o n e il valore p e r il q u a d r a t o del m o d u l o della caratteristica di frequenza del circuito. Il tipo più semplice di distribuzione spettrale si ha nel caso del r u m o r e t e r m i c o , cioè della ten(2) Le dimensioni della potenza specifica corrispondono alle unità V2 od A2, secondo che y(t) rappresenta una tensione od una corrente. (3) Le dimensioni di Φ (f) corrispondono alle unità V2/Hz od A2/Hz, secondo che y(t) rappresenta una tensione od una corrente. (4) J. L. LAWSON and G. E. UHLENBECK, Threshold Signals, McGraw-Hill, New York, 1950, p. 39. (5) Loc. cit., nota 1. Se ne deduce che in corrispondenza alle frequenze f 1 ed f 2 che delimitano la larghezza di b a n d a , la densità spettrale è m e t à di quella massima e questa p r o p r i e t à p u ò essere scelta p e r formulare una definizione generale della larghezza di u n a b a n d a di frequenza, i n d i p e n d e n t e m e n t e dal caso particolare di r u m o r e termico da cui si è p a r t i t i . Si assumerà d u n q u e come larghezza di b a n d a di u n a funzione di r u m o r e ( 6 ) lo scarto fra le frequenze cui corrisponde un valore della densità spettrale metà di quello massimo raggiunto nella b a n d a stessa. Questa definizione ha u n a stretta analogia con quella della « larghezza di u n a riga spettrale » usata nell'ottica. La riga spettrale corrisponde nell'ottica alla b a n d a di r u m o r e dianzi considerata; in corrispondenza alla riga l'intensità luminosa specifica (che è la grandezza analoga della densità spettrale qui considerata) ha un a n d a m e n t o in funzione della frequenza del t u t t o simile a quello indicato nella fig. 2. I n d i v i d u a t e le d u e frequenze f 1 , ed f 2 a cui corrisponde u n ' i n t e n s i t à luminosa spe(6) La definizione può, peraltro, essere estesa a qualunque altra funzione di comunicazione. ATTI E RASSEGNA TECNICA DELLA SOCIETÀ DEGLI INGEGNERI E DEGLI ARCHITETTI IN TORINO - ANNO 6 - N. 8-9 - AGOSTO-SETTEMBRE 1952 241 (27) In questo caso — che, come si vedrà, è il p i ù sfavorevole che si presenti in pratica differisce a p p r e z z a b i l m e n t e da B : e q u i n d i e r r a t o , nelle formole del t i p o (29), confondere, come qualche con B q u a n d o il circuito selettivo volta si fa, sia un semplice circuito risonante. Situazione p i ù favorevole si incontra nel caso in cui il circuito selettivo è costituito da vari circuiti risonanti identici, fra loro isolati da a m p l i ficatori s e p a r a t o r i . Si ha in t a l caso, p r e s c i n d e n d o dall'eventuale guadagno degli amplificatori: (43) A(f ) = A 1 (f ) • A 2 (f ) • • A n (f ) = A 1 n f ) ; p e r cui, valendosi della (40), si o t t i e n e : il relativo valore efficace risulta : (28) Nel caso di un circuito selettivo avente A o = 1 ed in cui agisca u n a tensione di r u m o r e t e r m i c o p r o d o t t a da u n a resistenza R, si h a , p e r la (18),Φ 1 = 4 k R T e quindi : (29) Fig. 3. - è la base di un rettangolo di altezza 1 e di area uguale a quella sottesa dalla curva A2(f)/A02. cifica m e t à di quella massima, si chiama larghezza della riga la differenza fra le due corrispondenti lunghezze d ' o n d a ( 7 ). L'analogia fra le due definizioni a p p a r e t a n t o p i ù singolare in q u a n t o il m e t o d o seguito in ottica p e r giungere alla sopra detta definizione sembra essere del t u t t o estraneo a quello usato in radiotecnica ( 8 ). Il p u n t o di contatto sta p r o b a b i l m e n t e nella p r o p r i e t à (valida, p e r a l t r o , rigorosamente nel solo caso in cui l ' a n d a m e n t o della funzione spettrale sia esattamente rettangolare o triangolare) che, se si h a n n o d u e b a n d e (righe) adiacenti di uguale valor massimo, sparisce p r a t i c a m e n t e ogni distinzione fra di esse, q u a n d o le d u e frequenze (lunghezze d'onda) centrali sono discoste fra loro di un intervallo p a r i alla larghezza della b a n d a (riga). ben n o t a formola che e s p r i m e la tensione efficace di r u m o r e t e r m i c o che compete ad u n a b a n d a di frequenza È interessante i n d a g a r e in q u a l e relazione sia con la b a n d a passante B del circuito. Se la curva di A 2 (f)/A 0 2 è rettangolare, allora manifestamente coincide con B : lo stesso avviene se la curva è triangolare (fig. 4), p e r c h è in t a l caso è metà della base e tale è anche B che è la differenza fra le frequenze f 2 ed f 1 p e r le q u a l i , essendo l'ordinata risulta cioè m e t à dell'altezza. Se la curva di A 2 (f)/A o 2 è gaussiana, cioè se vale la relazione: (30) si h a : (31) Le frequenze f 1 ed f 2 che delimitano la b a n d a passante sono quelle che risolvono l'equazione : (32) con passaggio ai logaritmi si ricava mente : (33) immediata- (44) e quindi: (45) Fig. 5. - Confronto fra la curva gaussiana (curva 1) e le curve di A2(f)/A02 di ugual banda passante, corrispondenti al caso di un sol circuito risonante (curva 2), di due (curva 3), di quattro (curva 4) e di otto (curva 5) circuiti risonanti identici, isolati da opportuni amplificatori. Anche in questo caso, d u n q u e , si ha p r a t i c a m e n t e la coincidenza fra e la b a n d a passante B. Si consideri ora un circuito risonante parallelo e, p e r semplicità, si supponga che le p e r d i t e siano piccole, così che possano p r a t i c a m e n t e ritenersi valide le relazioni dedotte nel n. 3. P o n e n d o , allora, nella (7): (37) e sostituendo f ad ω si o t t i e n e : (f - f 0 ) 2 = a2 ln 2 = 0,69 a2 , da cui si ottiene : (38) 5. - La potenza specifica di u n a funzione la cui densità spettrale è Φ (f) è, secondo la formola (15): (23) (34) f1 = f0 - 0,83 a , f2 = f0 + 0,83 a . Se ne deduce : (35) B = f2 — f1 = 1,66 a ; Si p u ò scrivere: nel caso di r u m o r e t e r m i c o , filtrato da un circuito selettivo di caratteristica di frequenza A(f), si ha p e r la (19): confrontando questa espressione con la (31), si ottiene: (24) (36) Se, come di solito, l ' a n d a m e n t o di A(f) è regolare ed A o è il suo valor massimo, si p u ò s e m p r e scrivere: m a , se le p e r d i t e sono piccole, l'espressione (38) ha valori diversi da zero p r a t i c a m e n t e solo in un intorno assai piccolo di f0. In questo i n t o r n o p u ò , senza errore a p p r e z z a b i l e , porsi (f + fo) = 2f, p e r cui la (38) d i v i e n e : (40) (25) p u r di scegliere o p p o r t u n a m e n t e precisamente : (39) Se ne deduce, p e r la (26): Af; deve essere (41) (26) Ciò equivale a sostituire alla curva che r a p p r e s e n t a l'effettivo a n d a m e n t o di A 2 (f)/A 0 2 un rettangolo di altezza 1 e base tale che la sua a r e a sia uguale a quella sottesa dalla curva (fig. 3). Con la posizione (26) la (24) p u ò scriversi : (7) E. PERUCCA, Fisica generale e sperimentale, U.T.E.T., Torino, 1942, p. 204. (8) Loc. cit., nota 7. 242 da cui ( 9 ): Livorno - Accademia Navale. (10) Basati sulla relazione: (42) Fig. 4. - Se l'andamento di A2(f)/A02 è triangolare, cide con la banda passante B. Con calcoli complicati solo formalmente ( 10 ) si ricava che il r a p p o r t o assume i valori 1,22, 1,15, 1,13, 1,11 c o r r i s p o n d e n t e m e n t e ad n = 2, 3, 4, 5 e t e n d e ad 1,06 al crescere di n; esso t e n d e , q u i n d i allo stesso valore che ha nel caso della curva gaussiana (formola (36) ). Ciò corrisponde al fatto che la curva rappresentativa della funzione (44) si approssima r a p i d a m e n t e , al crescere di n, ad u n a curva gaussiana; questa interessante p r o p r i e t à è messa in evidenza nella fig. 5, dove sono fra loro raffrontate la curva gaussiana e le curve di A 2 (f)/A o 2 di u g u a l e b a n d a passante, corrispondenti al caso di un sol circuito risonante, di 2, di 4 e di 8 circuiti risonanti identici isolati da opport u n i amplificatori. Da q u a n t o visto deriva che negli amplificatori selettivi, attuati con vari stadi tutti accordati sulla medesima frequenza (come sono gli amplificatori a frequenza intermedia di m o l t i ricevitori r a d a r , ad esempio) n o n differisce a p p r e z z a b i l m e n t e da B. In tutti gli a l t r i casi di amplificatori selettivi, in cui con vari artifizi (circuiti risonanti accoppiati, circuiti risonanti con frequenze di risonanza o p p o r t u n a m e n t e sfalsate fra loro) si riesce a r e n d e r e la curva di risposta più prossima a quella rettangolare, il r a p p o r t o a p a r i t à di n u m e r o di stadi, differisce ancor m e n o da 1. Se ne deduce che in t u t t i gli amplificatori di alta frequenza a più stadi, q u a l u n q u e siano i circuiti selettivi usati, non differisce apprezzabilmente da B. P o i c h é lo studio del r u m o r e si riferisce sopratt u t t o ai ricevitori e q u i n d i essenzialmente ad amplificatori di alta frequenza, risulta giustificata la pratica corrente di confondere con B e risulta spiegata l'adattabilità del concetto di b a n d a passante ai p r o b l e m i del r u m o r e . Sante Malatesta (9) Vale la formola: coin- ATTI E RASSEGNA TECNICA DELLA SOCIETÀ DEGLI INGEGNERI E DEGLI ARCHITETTI IN TORINO - ANNO 6 - N. 8-9 - AGOSTO-SETTEMBRE 1952 ATTI E RASSEGNA TECNICA DELLA SOCIETÀ DEGLI INGEGNERI E DEGLI ARCHITETTI IN TORINO - ANNO 6 - N. 8-9 - AGOSTO-SETTEMBRE 1952 243