1 INDICE Premessa >> 1 1. Materiali lapidei naturali – litotipi >> 4 1.1 . - Rocce Magmatiche >> 6 1.2 -. Rocce sedimentarie >> 8 1.2.1. - Rocce detritiche o clastiche >> 9 1.2.2.. - Rocce di sedimentazione chimica e biochimica >> 16 1.2.2.1. – Calcari 1.3. - . Rocce Metamorfiche 2. Materiali lapidei artificiali >> “ “ >> 25 >> 27 2.1. – Laterizi >> “ “ 2.2. – Malte >> 29 2.2.1 - Malte di calce aerea >> “ “ 2.2.2. - Malte idrauliche >> 31 2.2.3. - Malte a base di gesso >> 37 2.3. – Intonaci >> 40 2.4. - Coloritura delle superfici ad intonaco >> 42 2.5 - Applicazioni decorative dei lapidei artificiali >> 46 Bibliografia Allegato -Repertorio di materiali litici adoperati in antico >> 50 >> I-XXVII 2 PREMESSA La conoscenza di una fabbrica storica, oltre alla restituzione della sua consistenza geometricodimensionale ed architettonico-figurativa (rivolte all’ accertamento spaziale e formale dell’ edificio), si estende, ai fini della conservazione fisica del materiale componente, all’ individuazione preventiva dei materiali, sia costruttivi che da rivestimento, che decorativi, adoperati. Il riconoscimento e la rappresentazione dei materiali costituiscono uno dei momenti essenziali dello studio della fabbrica storica, intesa nella sua componente figurale e fisica. La materia si può considerare, infatti, sia quale necessario supporto della forma, e quindi dei significati figurali della fabbrica, espressione di singole specificità artistiche o di culture collettive, accomunate dalla frequentazione di uno stesso luogo, in diverse epoche storiche, sia quale segno del tempo fisicamente trascorso, nell’ ottundimento della novità della materia, che ci fornisce la percezione della storicità della fabbrica. L’ alterazione della materia fisica, determina quindi, una sottrazione dei molteplici e complessi significati, di cui essa è portatrice. Per tale motivo, i materiali storici impiegati vanno conosciuti, al fine della comprensione delle modalità di alterazione che possono subire, in relazione alle loro caratteristiche chimico-fisicomineralogico-petrografiche. L’azione di degrado è infatti fenomeno interdipendente fra le caratteristiche proprie del materiale e le condizioni ambientali in cui questo è posto in opera. Materiali porosi sono soggetti a tipologie di degrado, che non interessano quelli non porosi; materiali di natura carbonatica, possono subire degradi differenti, a parità di condizioni ambientali, rispetto a quelli di natura silicatica. La materia é infatti soggetta alle leggi naturali di alterazione e dissoluzione, che possono determinarne perdita della consistenza morfologica che essa supporta. La conoscenza della natura dei materiali è pertanto essenziale al riconoscimento dei meccanismi ed agenti di alterazione, al fine di valutare il più efficace e corretto sistema di intervento, in vista della trasmissione al futuro del dato materiale arrivato fino a noi. L’ individuazione dei materiali costitutivi, nonché il successivo accertamento del loro stato di conservazione, in relazione al loro degrado ed alterazione, consente l’ esecuzione di un progetto di restauro e\o conservazione, capace di rispettare le condizioni di efficacia, compatibilità, minimo intervento1, e salvaguardia di tutti i significati, suscettibili di preservazione e di trasmissione al futuro, compresi quelli di cultura costruttiva materiale, espressivi di un ‘fare’ edilizio appartenente ad altre epoche storiche e capace di comunicarci modi e strumenti della realizzazione concreta e materiale di una forma architettonica, adottati in un dato tempo ed in un dato luogo2. Il rilevamento dei materiali costitutivi, può costituire, inoltre, utile strumento di conoscenza delle fasi costruttive e delle modificazioni avvenute sulla fabbrica storica, attraverso la registrazione delle diversità costruttive esistenti, laddove possano ricondursi a precise o ipotetiche trasformazioni d’ impianto. 1 G. Carbonara in un suo saggio, sottolinea alcuni dei criteri - guida dell’ intervento di restauro quali quelli di ‘ minimo intervento’ , quale massima salvaguardia delle preesistenze; di ‘ reversibilità’ , intesa quale massima auspicabile, ovvero di interventi potenzialmente eliminabili ove possibile, operando più per aggiunte, che per sottrazioni di materia o comunque limitando queste il più possibile; ‘compatibilità’ , meccanica e chimico-fisica con l’esistente, dei materiali aggiunti, al fine di evitare fenomeni di successiva alterazione, dovuti ad interazione fra materiali e strutture esistenti e di intervento;‘durabilità’ dei materiali aggiunti simile a quella degli esistenti, da riferirsi soprattutto agli interventi di integrazione. Cfr. G. CARBONARA, Storia, scienza, tecnica del restauro, in Id., Avvicinamento al restauro, Napoli 1997, pp. 450-451. 2 L’ attenzione per la conoscenza di elementi di cultura storico-costruttiva è acquisizione relativamente recente della disciplina del restauro, cui notevoli contributi si devono anche all’ opera di sensibilizzazione svolta, alla fine degli anni ’ 80 e ’ 90, dagli studi promossi in Italia da Antonino Giuffrè e Paolo Marconi. Tuttavia, pur riconoscendo il sostanziale contributo che tali studi hanno apportato alla disciplina della conservazione ed al patrimonio della conoscenza storica delle tecnologie antiche, la sostanziale assunzione di incompatibilità di ogni intervento di consolidamento moderno sull’ antico, e l’ utilizzo di tecniche e materiali simili all’ antico, ha il sapore di un radicalismo estremo conducente all’ impossibilità di una mediazione dialettica, peraltro sempre esistita, fra preesistenza ed intervento attuale, storicamente dotato di una sua morfologia e storicità. Tale intenzione programmatica si rileva dalle stesse parole di Paolo Marconi, il quale dichiara che <<I manuali, (… ), sono l’ indispensabile supporto culturale di ogni operazione di intervento sul costruito storico, (… ), ..in quanto supporto indispensabile alla progettazione di quelle mutazioni che dobbiamo necessariamente imporre al vecchio, se vogliamo che esso sia adatto ad ospitarci>>, ed ancora che <<… il nostro manuale consente, a chi lo abbia assimilato, di rimodellare il vecchio, partendo dai suoi elementi costitutivi..>>. Cfr. P. MARCONI, Introduzione, in F.GIOVANETTI (a cura di), Il Manuale del Recupero per il centro storico di Palermo, Palermo 1997, pp. 18-19. 1 Tale individuazione dei materiali componenti sarà effettuata attraverso un elaborato tematico specifico, definito ‘ CARTA DEI MATERIALI’ , in cui vengono rappresentati, ed individuati, i materiali, le loro alterazioni di forma, ed eventuale presenza di stratificazioni, quali segni sempre rappresentanti “ (… ) insiemi di uomini, di persone, di soggetti sociali accomunati dal rapporto di frequentazione quotidiana con un “luogo”, un nodo di storia umana passata e presente (… )3,. Modalità e metodologie di rappresentazione La rappresentazione degli elementi componenti è finalizzata, da un lato, all’ individuazione dei materiali, dall’ altro, a registrarne lo stato di consistenza materica al momento storico del loro rilevamento, mettendone in luce le eventuali lacunosità, discontinuità, e modificazioni della loro consistenza morfologica, sia per naturale deterioramento, sia per modificazioni apportate da azioni umane. La lettura dell’ organismo va quindi operata tramite: - La determinazione specifica di ciascuno degli elementi individuati (tipologie e materiali delle murature esistenti, degli archi, delle piattabande, dei solai, delle volte, delle coperture, dei sistemi di smaltimento delle acque, delle aperture, etc.) descritti nella loro articolazione tecnologica, nei loro elementi componenti, nelle soluzioni di collegamento, nei materiali costitutivi, sia in pianta che in sezione o tramite eventuali grafici particolareggiati. I solai, le volte e le coperture, ai fini della lettura della loro tessitura, vanno rappresentati in pianta secondo una vista dal basso verso l’ alto, in modo da permettere la descrizione delle orditure, oppure tramite una rappresentazione per strati, che metta in luce gli elementi componenti. A queste informazioni, possono aggiungersi quelle relative ad interventi di riparazione, consolidamento, trasformazione, realizzati su tali parti (ad esempio, sistemi metallici di consolidamento sulle travi, o inserimento di conci di dimensione e pezzature estranee a quelle esistenti, con funzione di ‘ riparazione’ , rappezzamenti di intonaco, etc.) che laddove individuabili attraverso dati storici, possono essere correlati dalla datazione accertata. I materiali possono essere rappresentati tramite una legenda che riporti in piccolo parte dell’ elemento individuato, in maniera realistica o tramite l’ uso di retini esemplificativi. I contenuti delle legende saranno individuati caso per caso, in relazione alle caratteristiche esistenti sul manufatto. Un sistema di organizzazione della legenda può prevedere il raggruppamento secondo sezioni di categorie materiche : – Materiali lapidei naturali; - Materiali lapidei artificiali; - Legno; - Metalli; - Calcestruzzo; Queste a loro volta saranno raggruppate in sottocategorie tecnologiche. Per quanto riguarda i materiali lapidei, naturali ed artificiali, oggetto del testo questi, nella loro individuazione nella carta dei materiali, saranno suddivisi nel modo, sottoelencato. Materiali lapidei naturali, in : - Murature - (in conci intagliati di Calcarenite, in Pietrame informe, etc); questi saranno individuati secondo la sequenza della tipologia muraria, del materiale litico componente, dell’eventuale dato metrologico; ad esempio, muratura in conci squadrati di Calcarenite organogena, di colore sabbia, allettata con malta di calce, a filari regolari di altezza….). - Da rivestimento (in lastre; in questo caso va specificata la tipologia del materiale; laddove non individuato in maniera specifica, si indica la tipologia del litotipo; ad esempio, laddove si individui il materiale, indicare lastre in Calcare di Biliemi; laddove non sia individuato, lastre in calcare compatto di Colore grigio scuro…); 3 Da S. Boscarino, Centro storico e restauro in Id., Sul restauro dei monumenti, 2a. ediz. Milano 1987, p. 78. 2 - Architettonico-decorativi (ossia laddove impiegato non solo con mera funzione costruttiva, ma anche con intenti figurali; ad esempio lesene o paraste, capitelli, cornicioni, cornici, etc…; in questo caso, vanno definiti nella loro funzione architettonica, ossia paraste in conci intagliati di Calcarenite….); Materiali lapidei artificiali, suddivisi nelle sottocategorie dei Laterizi, della malte, intonaci e stucchi. I Laterizi si articoleranno negli impieghi delle: - Murature o da costruzione (in mattoni pressati, o laddove siano impiegati anche in funzione di consolidamento strutturale, come sarciture murarie); - da protezione (nel caso di manti di copertura, e pluviali, intendendosi in questo caso la funzione di protezione dall’azione delle acque; per i manti va descritta la tipologia degli elementi dei manti, quindi manto in coppi laterizi alla siciliana…); Le malte ed intonaci sono riferiti a materiali artificiali da rivestimento, con le seguenti differenziazioni denominative: - Malte, laddove non abbiano valenza cromatica o figurale e si presentino semplicemente come sarciture (queste laddove siano impiegate in funzione di riempimento di un vuoto del rivestimento, vanno designate come sarcitura e ne va individuata la tipologia materiale, per esempio sarcitura con malta cementizia stesa grossolanamente….); - Intonaci, laddove si presentino in strati con chiara intenzionalità di attribuire definizione di superficie; Nel caso degli intonaci, questi vanno individuati nell’identità dei singoli strati, e quindi si indicheranno, laddove visibili, per esempio, strato di rinzaffo in malta di calce con inerti di media dimensione, strato di ariccio (o corpo, o stabilitura) con inerti di taglia sabbiosa, strato di finitura a calce colorata in pasta di colore….); laddove sia presente lo strato di tinta, questo va descritto insieme allo strato di finitura; Lo strato di finitura dell’intonaco può anche essere definito figurativamente, con un trattamento ad imitazione sia del materiale lapideo o laterizio, sia dell’uso del materiale lapideo in esterno (p.e. bugnato). In tal caso, nella definizione dello strato di finitura deve riportarsi anche tale carrateristica di lavorazione (ad esempio, intonaco a finto travertino a bugnato semplice, intonaco a finta cortina laterizia…). - Scialbi, laddove pur non presentandosi nella generale struttura a più strati sovrapposti degli intonaci, ma in monostrati, abbiano funzione sia protettiva dei giunti fra i conci, sia di seppur minima definizione di omogeneità cromatica di superficie, definendone laddove possibile il materiale costitutivo; - Stucchi, laddove il materiale artificiale sia definito in forma tridimensionale e configurare elementi decorativi di superficie; Considerazioni successive al rilevamento dei materiali, saranno sintetizzate nella relazione tecnica di accompagnamento, capace di illustrare discorsivamente le deduzioni tratte dal riconoscimento delle tecnologie e materiali costitutivi. Il testo redatto costituisce una guida minima alle conoscenze essenziali relativa alla conoscenza del materiale presente nell’ edilizia storica, con sezioni specifiche relative ai tipi adoperati localmente in alcuni periodi storici. L’ articolazione del testo prevede una prima esemplificazione dei caratteri dei materiali lapidei naturali ed artificiali, relativamente alla loro classificazione ed alla descrizione delle componenti costituenti (1. Materiali lapidei naturali – litotipi ;2. Materiali lapidei artificiali). 3 1. MATERIALI LAPIDEI NATURALI – LITOTIPI Cenni di petrografia Rocce e minerali Il materiali lapidei naturali impiegati nelle costruzioni sono costituiti da rocce, ovvero da aggregati di più minerali (p.e. Calcarenite, Granito, Scisti, etc… ) o di un solo minerale (p.e. Marmo, Calcari lucidabili, etc..), definente il materiale lapideo. Il minerale, costituisce l’ unità minima base, si può dire, costituente le rocce, ed è caratterizzato dall’ essere un corpo naturale, inorganico, omogeneo dal punto di vista chimico e fisico. Generalmente si presenta in una forma poliedrica caratteristica di ciascun cristallo, coincidente con la struttura reticolare che lega gli atomi delle sostanze componenti il minerale stesso. In base alla struttura del cristallo ed alla composizione chimica delle sostanze componenti è possibile riconoscere i singoli minerali costituenti la roccia. Composizione chimica dei principali minerali Le principali composizioni chimiche dei minerali sono costituite da: - Carbonati, composti da Calcite (Carbonato di Calcio, CaCO3) o da Dolomite (Carbonato di Magnesio, Mg(CO3)2); - Solfati, composti da Gesso (Solfato di Calcio bi-idrato, CaSO4 . 2H2O); - Solfuri, come la Pirite (Solfato di Ferro, FeS2); - Ossidi, come il Quarzo (Ossido di Silicio, SiO2), Ematite (ossido ferrico, Fe2O3); - Aloidi, come il Salgemma (Cloruro di Sodio, NaCl); ed il gruppo più consistente dei Silicati, caratterizzati da diversi minerali, costituiti da Silicio, Ossigeno e metalli (Al, Fe; Mg, Na, K, Ca, atc..). Questi sono caratterizzati da una struttura tetraedrica (gruppo SiO4- a forma piramidale) che lega tra loro gli atomi di tali sostanze. In relazione al numero e alla disposizione di questa struttura base, si distinguono diversi gruppi di minerali. Rocce Si definisce roccia un aggregato di minerali o di un solo minerale cristallino cui possono aggiungersi anche elementi amorfi o sostanze organiche. Struttura e tessitura La tessitura di una roccia è l’insieme delle caratteristiche derivanti dalle sue componenti (clasti, grani), dalla forma, dimensioni, caratteristiche di questi, e dalle loro modalità di aggregazione. Per struttura si intende la disposizione su larga scala dei componenti nello spazio e gli aspetti determinati dall’ orientamento dei cristalli Classificazione dei litotipi Le rocce costituenti la maggior parte dei materiali lapidei, vengono generalmente classificate in base alla genesi di formazione in: - rocce magmatiche od ignee (formatesi per cristallizzazione di un magma o fuso); - rocce sedimentarie (formatesi in seguito al deposito di materiale proveniente da altre rocce in un cosiddetto bacino di sedimentazione – mare, lago, fiume, ghiacciaio); - rocce metamorfiche (formatesi in seguito alla trasformazione di altre rocce per l’ azione di elevate Temperature e pressioni); Tale classificazione fissa un momento del ciclo litologico, che è continuo passaggio dalla formazione di una roccia magmatica (solidificazione per raffreddamento di un fuso), sua degradazione e deposito in bacino dei suoi componenti insieme a quelli di altre rocce deterioratesi, poi litificatesi a seguito di processi di diagenesi (sedimentarie), trasformazione di queste per variazioni di T e P (metamorfiche), eventuale rifusione di queste (anatessi) e riinizio del ciclo (fig.1). La degradazione del materiale è pertanto fenomeno naturale proprio della stessa genesi litologica. 4 Fig.1. Schema dei processi di formazione dei diversi tipi di rocce esistenti in natura. Sono evidenziate le fasi di cristallizzazione di un fuso (1), di alterazione, trasporto, deposizione delle rocce (2), del deposito in bacini di sedimentazione e conseguente trasformazione di esse per processi meccanici, chimici e biochimici (2’ ), della trasformazione delle rocce esistenti per elevati valori di T e P per processi di metamorfismo (3), della rifusione eventuale di rocce preesistenti e riinizio del ciclo. Minerali presenti nelle rocce Considerando i Minerali essenziali e trascurando quelli accessori, avremo per le: - Rocce Magmatiche Quarzo, Feldspati (Ortoclasio, plagioclasio) miche, anfiboli, pirosseni, Olivina, Feldspatoidi; - Rocce sedimentarie Quasi tutti i precedenti con l’ aggiunta di Calcite, Dolomite e Gesso; - Metamorfiche tutti i precedenti con l’ aggiunta di minerali caratteristici (granato, serpentino). 5 1.1 . - ROCCE MAGMATICHE Sono rocce formatesi in seguito alla cristallizzazione di un magma, costituito da un sistema chimicofisico a molti componenti (liquido, gas, cristalli), costituita da una fase liquida o fuso e da fasi solide di cristalli in sospensione. Principali componenti delle rocce magmatiche sono costituiti dalla Silice (SiO2), dall’ Allumina (AlO2), e da Ossidi di Ferro, Calcio, Sodio, Magnesio e Potassio. Nella fase gassosa è presente in maniera preponderante acqua; anidride Carbonica, Acido Cloridrico, anidride Solforosa, etc..sono presenti, ma in minori quantità. Formazione di una Roccia magmatica La cristallizzazione di un magma avviene per abbassamenti della T nella massa magmatica, che creano le condizioni di cristallizzazione di alcuni minerali nel fuso. Esiste un ordine di cristallizzazione dei diversi minerali presenti, a seguito del raffreddamento del magma. L’ ordine, detto ‘ serie di Bowen’ , ordinato in serie decrescente di formazione dei minerali è schematizzato come segue: - Olivine di Mg (Forsterite) Plagioclasio di Ca (Anortite) - Olivine di Fe (Fayalite) Plagioclasio di Ca-Na (labradorite) - Pirosseni di Mg Plagioclasi di Na-Ca (oligoclasio) - Pirosseni di Ca ed Mg Plagioclasio di Na (albite) - Anfiboli - Biotite -Ortoclasio - Muscovite - Quarzo I minerali più antichi sono quelli che si degradano più velocemente, mentre i più recenti, sono quelli più resistenti. In relazione alla loro genesi, inoltre, gli ultimi minerali formatisi, per effetto dello spazio ridotto lasciato dalle altre fasi minerali, hanno forma irregolare, a differenza dei primi costituiti da cristalli di forma regolare (idiomorfi). Classificazione generale delle rocce magmatiche In relazione al luogo in cui il magma si cristallizza si possono dividere le rocce magmatiche in due gruppi: - Intrusive, ossia formatesi all’ interno della crosta terrestre. Queste possono venire in superficie per effetto di cause tettoniche o geomorfologiche. Sono generalmente caratterizzate da strutture idiomorfe (con cristalli perfettamente formati) per la lenta velocità di cristallizzazione; - Effusive, ossia formatesi sulla superficie terrestre, per effetto di fenomeni vulcanici eruttivi. La rapidità del raffreddamento del magma, impedisce le reazioni di cristallizzazione, dando luogo alla cosiddetta struttura porfirica, costituita da una massa di fondo composta da cristalli di piccolissime dimensioni o da una pasta vetrosa in cui sono inclusi pochi cristalli ben formati (fenocristalli). Rocce magmatiche comunemente impiegate nelle costruzioni storiche Fra le rocce magmatiche più comunemente impiegate nelle costruzioni, possono annoverarsi: Intrusive Granito. Roccia intrusiva costituita da Ortoclasio, Plagioclasio, quarzo, Biotite e minerali accessori. Ha struttura idiomorfa con cristalli ben visibili di taglia da media a grossa. All’ osservazione macroscopica, il colore dipende generalmente dalla quantità di Ortoclasio (ovvero dal K- Feldspato), di colorazione dal rosa al rosso. La punteggiatura nera è dovuta alla Biotite. 6 Fig. 2 – Esempio di Granito. I minerali rossi sono costituiti da K-Feldspato (Ortoclasio), i cristalli grigi da quarzo, i neri, di forma lamellare da Biotite Effusive Porfido. Roccia effusiva acida. Presenta una struttura porfirica (con pasta di fondo) con fenocristalli grigi di Quarzo, Ortoclasio, plagioclasio e Biotite in forma laminare; massa di fondo di quarzo ed ortoclasio. Il colore rossastro della pasta di fondo è dovuto alla presenza di Ematite. Basalto. Ha struttura variabile con fenocristalli di Olivina, Plagioclasio ed augite (Pirosseno); massa di fondo di Plagioclasio (andesina).Presenta colore scuro, grigio o nero. E' una roccia effusiva, caratterizzata da una pasta di fondo, matrice microcristallina (a volte vetrosa, criptovetrosa o semivetrosa) a forma di piccoli aghi di colore grigio, in cui sono osservabili diffusi fenocristalli neri ed a struttura prismatica allungata di piccole dimensioni. A volte i fenocristalli sono disposti lungo una linea che coincide con quella della colata Tale struttura, detta struttura porfirica è caratteristica delle rocce effusive. Nel basalto non sono invece mai presenti i cristalli di Quarzo, il quale non arriva a cristallizzare poiché la Silice viene sottratta prima nella formazioni di rocce silicatiche intrusive. Fig. 3– Esempio di Porfido. Si presenta con una pasta di fondo, composta da Silice amorfa e fenocristalli, bianco-grigi di quarzo, bianchi di Plagioclasio, e neri di biotite. Fig. 4– Esempio di Basalto. Ha colore grigio scuro, e carattere spesso bolloso. Nella pasta di fondo grigio o nera si riscontrano cristalli bianchi di Plagioclasio, neri ed allungati di pirosseno. 7 1.2 . ROCCE SEDIMENTARIE Sono costituite da sedimenti, provenienti dal disfacimento di precedenti rocce (magmatiche, altre sedimentarie, metamorfiche), poi litificatesi a seguito di processi chimico-fisici in bacini di sedimentazione. Genesi delle rocce sedimentarie Il processo di formazione di una roccia sedimentaria può essere diviso in 4 fasi: - Alterazione delle rocce preesistenti, con formazione di detriti solidi e sostanze in soluzione. - Trasporto del materiale detritico fino al bacino di sedimentazione, ad opere di fiumi, vento, ghiacciai, etc.. - Deposizione (sedimentazione) del materiale, in ambienti diversi (marino, continentale, etc..), per strati successivi. - Litificazione dei sedimenti, a seguito della pressione esercitata da sedimenti superiori e da processi chimico-fisici per l’ azione di soluzioni. I processi di litificazione prendono il nome di ‘ diagenesi’ . Alterazione. L’ alterazione può avvenire per cause fisiche, chimiche o biologiche. I processi fisici disgregano la roccia senza modificarne le caratteristiche chimiche originarie, quelli chimici possono comportare una modificazione chimica e mineralogica; quelli biologici favoriscono sia i processi fisici che chimici. Trasporto. Il trasporto può avvenire per gravità (frane, colate, etc..), o in soluzione (fiumi, correnti marine, ghiacciai, etc..), o per azione eolica. Il trasporto influenza la forma, la grandezza e la tipologia dei sedimenti: trasporti lunghi rispetto al luogo di formazione generano particelle arrotondate e sedimenti di piccola dimensione, nonché la alterazione di tutti i minerali instabili. La Classazione, ossia, l’assortimento delle taglie dei sedimenti , è quindi influenzata dal trasporto. Sedimentazione Può essere meccanica (azione del peso di sedimenti sovrastanti), chimica (azione di soluzioni circolanti), biochimica. - La prima riguarda il materiale detritico e si differenzia in base all’ ambiente in cui avviene (marino, fluviale, etc..); - La seconda riguarda il materiale trasportato in soluzione; - La terza riguarda il materiale trasportato in soluzione (p.e. Carbonato di Calcio), che può essere fissato da organismi acquatici, per la formazione del proprio guscio. I gusci, alla morte degli animali si depositano nei bacini di sedimentazione. Diagenesi (litificazione). In questa fase si distinguono dei processi diagenetici iniziali, dovuti prevalentemente ad azioni di natura chimica e della flora batterica. Nelle parti superiori del sedimento (zona di ossidazione) per azione della flora batterica, viene sottratto ossigeno libero e trasformato in anidride Carbonica, idrogeno libero, metano, ammonio e fosfato, che porta alla distruzione di eventuale materia organica presente nei sedimenti. Tali prodotti, inoltre modificano la composizione dell’ acqua presente nei sedimenti provocando la distruzione di alcuni minerali e la riprecipitazione di questi al variare delle condizioni o la precipitazione di minerali di neo-formazione. In profondità nel sedimento è invece presenta una flora anaerobica, che consuma il ciclo delle Ione Solfato. Lo ione solfato si riduce a ione solfuro con conseguente formazione e precipitazione di nuovi minerali. In ambienti marini privi di circolazione d’ acqua invece si avranno rocce ricche di sostanze organiche. I processi diagenetici tardivi sono quelli che conducono alla vera e propria litificazione per effetto del carico dei nuovi sedimenti accumulatisi. L’ espulsione dell’ acqua provoca il costipamento e le variazioni tessiturali dei diversi sedimenti, che si dispongono in strati orientati. 8 Le rocce sedimentarie, in relazione al tipo di formazione possono dividersi in diversi gruppi: 1. Rocce sedimentarie miogeniche (originate da sedimenti di origine biologica), suddivisi in: calcari più antichi (Dolomiti); Cherts: composti da radiolari, ovvero microorganismi a struttura silicea; Ailshales: rocce argillose di origine organica da cui si poi originano gli idrocarburi; 2. Rocce clastiche terrigene (o detritiche); queste a loro volta si dividono in: - rocce formatesi per azione biochimica (durante processi di diagenesi, in bacino, con presenza di soluzioni circolanti) Calcari e Dolomie Rocce fosfatiche Rocce ad elevata componente organica - rocce di origine chimica, ma inorganica: Rocce evaporitiche: gessi e depositi salini Calcari formatisi per precipitazione Depositi ferriferi Frequenti sono le rocce in cui la componente carbonatica è composta con percentuali più o meno elevate di materiale argilloso. in relazioni ai valori percentuali delle due componenti la roccia viene definita: - ancora Calcare se contiene fino al 10 % di impurezze - Calcare marnoso, se contiene dal 10 al 35 % di argilla - Marna calcarea, se contiene dal 35 al 50 % di argilla - Marna argillosa, se contiene dal 50 al 75 % di argilla - Argilla, se la percentuale di Carbonato presente si aggira attorno al 10% 1.2.1. - ROCCE DETRITICHE O CLASTICHE Caratteri generali Le rocce sedimentarie detritiche sono costituite da gruppi diversi di rocce, estendendosi dai fanghi a granuli molto sottili, alle arenarie a grani più grossi, ai conglomerati ed alle brecce. Sono per la maggior parte costituite da frammenti o clasti, provenienti da preesistenti rocce ignee, metamorfiche e/o sedimentarie. I grani clastici vengono prodotti attraverso processi meccanici e chimici di degrado, e successivamente trasportati nei siti di deposizione. I meccanismi coinvolti nella deposizione includono l’ azione eolica, i ghiacciai, le correnti fluviali, le onde, le correnti marine. Esse possono essere costituiti da frammenti di rocce, ma la maggior parte sono rappresentati da specifici cristalli, erosi a vari livelli. I prodotti di alterazione più sottili delle rocce originarie, formatisi per effetto del degrado e consistenti principalmente di minerali argillosi, sono prevalenti nelle rocce argillose e formano la matrice (cemento dei detriti) di molte arenarie e conglomerati. La composizione dei sedimenti può anche essere influenzata dal trasporto di sedimenti a distanza e da processi diagenetici. Due caratteristiche importanti dei sedimenti terrigeni sono rappresentate dalla struttura e dalla tessitura. Molti di questi sedimenti sono prodotti da effetti deposizionali, mentre altri hanno origine post-deposizionale o diagenetica. Qui tratteremo dei sedimenti con grani di maggior dimensione escludendo quelli a taglia più fine. 9 Tessitura dei sedimenti La tessitura di rocce clastiche terrigene è in gran parte indice dei processi deposizionali e pertanto molti sedimenti recenti sono stati studiati per determinare le loro caratteristiche tessiturali. Gli studi sulla tessitura dei sedimenti includono esami della taglia dei grani ed criteri per la classificazione di questi, la loro morfologia, struttura e organizzazione di superficie di essi. Sulla base delle caratteristiche tessiturali, un sedimento può essere valutato in termini di maturità tessiturale. Criteri di classificazione L’ elemento descrittivo di base di ogni roccia sedimentaria è costituito dalla dimensione dei grani. Sono stati proposti parecchi sistemi di classificazione ma quello più ampiamente adottato è quello di Udden-Wentworth, che divide i sedimenti in più livelli: -argille, limi, sabbia, granuli, ghiaie, ciottoli e massi; - le Sabbie sono a loro volta suddivise in 5 categorie in relazione alle dimensioni dei grani; -i limi in 4 categorie., sempre in relazione alla taglia delle particelle detritiche. La classificazione è esplicitata nella ‘tabella 1’ dove i termini boulders, cobbles, pebbles, granules, sand, silt e clay, stanno rispettivamente per sassi, ciottoli, sassolini, grani, sabbia, limi, argille. Le sabbie sono divise in 5 sottocategorie fra molto grandi, grandi, medie, fini e molto fini, le argille da grandi a fini. Le rocce corrispondenti in relazione alla dimensione dei grani detritici possono dividersi in gravel, rudite, rudaceos sediments, conglomerates Breccias (ghiaie, ruditi, sedimenti ruditici, conglomerati e brecce); in relazione alla taglia delle sabbie si dividono in sand, sandstones, arenaceous sediments, areniti (sabbie, arenarie, sedimenti arenacei, areniti); i limi in limi e rocce fangose; le argille in clay e claystone (argille e rocce argillose). Tabella 1 Taglia dei grani La dimensione dei clasti di una breccia o di un conglomerato può essere misurata direttamente con una fettuccia. Per analisi accurate dei clasti di minori dimensioni sono invece disponibili parecchie metodologie di laboratorio. Con arenarie poco cementate e sabbie poco compattate, la tecnica più comunemente adottata è quella della vagliatura con setacci, analogamente a limi di media grandezza fino a sassi di piccola dimensione. Per rocce argillose ed arenarie ben cementate (nonché calcari) può essere adoperato lo studio in sezione sottile e possono essere misurate parecchie centinaia di taglie di grani con un oculare a graticcio e un contatore di punti. 10 Una volta determinata la distribuzione della taglia dei clasti, allora il sedimento può essere caratterizzato da diversi parametri: media della taglia dei clasti, stato, taglia media dei grani, classazione, e spigolosità di questi. La classazione è una misura della deviazione standard, p.e. diffusione della distribuzione della taglia dei clasti. E’ uno dei parametri più utili dal momento che fornisce indicazioni sull’ efficacia del mezzo deposizionale in grani separati di classi diverse. Tale classificazione in base all’ assortimento e distribuzione della dimensione dei grani dei clasti è quella adottata nello schema di Folk, che visualmente può essere ben rappresentato dal seguente schema (Fig.5) : Fig.5 – Schema della Classazione, ossia assortimento della taglia dei grani in una roccia sedimentaria detritica: Molto ben classato, ossia grani di dimensioni pressoché uguali; ben classato, mediamente uguali; mediamente classato, ossia presentante una certa differenziazione nelle dimensioni; poco classato, con clasti di varia granulometria, presenti insieme. La classazione influenza la maggiore o minore porosità della roccia. La classazione (sorting) dei sedimenti è determinata da parecchi fattori. In primo luogo, dall’ origine dei sedimenti: se un granito sta fornendo i sedimenti, la taglia dei clasti sarà piuttosto diversa dal sedimento fornito dalla rimodellazione di un’ arenaria. Il secondo fattore è dato dalla stessa dimensione dei grani. la classazione è, infatti, anche dipendente dalla dimensione dei grani. I sedimenti di grossa taglia, come ghiaie e conglomerati, ed i sedimenti fini, argille e limi, sono generalmente più poveramente classati di quelli a taglia sabbiosa che sono più facilmente trasportabili, e quindi selezionati e omogeneizzati per azione del vento e dell’ acqua. Il terzo fattore, per cui la classazione è utile strumento per l’ interpretazione, è il meccanismo deposizionale. I sedimenti che si sono depositati in breve tempo, sono generalmente poco classati; sedimenti che sono stati modellati e rimodellati dal vento o dall’ acqua, come i depositi di sabbia del deserto, delle spiaggie, dei bassifondi marini di poca profondità, ad esempio, sono molto ben classati, perché hanno subito il trasporto o l’ azione erosiva degli ambienti deposizionali. Morfologia dei grani I tre aspetti principali relativi alla morfologia dei grani sono costituiti dalla forma, sfericità e rotondità delle estremità. La sfericità è una misura di quanto la forma dei grani si approssimi a quella della sfera. La rotondità è in rapporto alla curvatura degli angoli dei grani e in relazione a questa si distinguono 6 classi da molto angoloso a ben arrotondato (fig. 6). 11 Per l’ interpretazione ambientale le valutazioni di rotondità sono molto più significative della sfericità o della forma, e per molti aspetti i semplici termini descrittivi della fig. 6 sono sufficienti a descrivere tale parametro. La morfologia dei grani è dipendente da vari fattori; inizialmente dalla mineralogia, dalla natura della roccia sorgente ed il grado di alterazione, successivamente dal grado di abrasione durante il trasporto, ed infine dalla corrosione o messa in soluzione durante i processi diagenetici. In linea molto generale, il livello di rotondità aumenta con la durata del trasporto o con la rimodellazione. Sabbie di mare e di deserto per esempio, sono generalmente ben arrotondate rispetto a quelle dei fiumi e dei ghiacciai. Fig.6 – Morfologia dei clasti, suddivisa fra quella a bassa o alta sfericità. Si distinguono fra queste: grani molto spigolosi, spigolosi, mediamente spigolosi, mediamente arrotondati, arrotondati, ben-arrotondati. Struttura dei grani Il termine struttura, per i grani, nelle rocce sedimentarie fornisce informazioni sul loro orientamento, assemblaggio, e sulla tipologia dei contatti fra essi (fig.7). In molte sedimentarie e conglomerati i grani di sabbia e sassi sono allineati con i loro assi maggiori nella stessa direzione. L’ orientamento preferenziale costituisce la struttura primaria delle rocce ed è prodotto dall’ interazione del mezzo deposizionale scorrente (vento, ghiaccio, acqua) ed il sedimento. I clasti in depositi fluviali ed in distese d’ acqua possono essere orientati sia perpendicolarmente che parallelamente alla direzione della corrente. Grani di sabbia allungati, nelle sedimentarie, possono anche mostrare sia orientamenti paralleli che perpendicolari alla corrente, sebbene in molte sedimentarie l’ orientamento in senso parallelo sembra essere più prevalente. Assemblaggio L’ assemblaggio dei grani dei sedimenti è un dato importante dal momento che influenza la porosità e la permeabilità della roccia. L’ assemblaggio è ampiamente dipendente dalla dimensione, forma e classazione dei grani. Le spiagge recenti e le sabbie delle dune composte di grani ben classati ed arrotondati, hanno una porosità compresa fra il 25 ed il 65 %. Laddove la porosità è elevata, l’ assemblaggio, ad esempio, è poco compatto Sedimenti poco classati hanno un assemblaggio più fitto e quindi una più bassa porosità per effetto del grande campo di variazione nella dimensione dei clasti e del riempimento dello spazio dei pori dei grani di grande dimensione con i grani più fini. Le tipologie più comuni di contatto fra i clasti sono: contatti fra i punti in cui i grani si toccano appena gli uni con gli altri, definendo una struttura grano-sostenuta, contatti concavo-convessi in cui alcuni grani hanno penetrato altri, e contatti ‘ suturati’ dove è presente una reciproca, interpenetrazione dei clasti. (fig. 7). Inoltre, dove è riscontrabile molta matrice, i grani possono non essere in contatto, ma galleggiare nella matrice stessa, definendosi così una struttura matrice-sostenuta. 12 Con i conglomerati, laddove dove i sassi sono in contatto la struttura si definisce clasto-sostenuta e nella roccia può riscontrarsi una piccola percentuale di matrice (figg. 8 e 9). Fig.7 – Schematizzazione degli assemblaggi dei clasti riscontrabili nelle sedimentarie: Da C ad H sono descritte le modalità di contatto fra i grani: contatto per punti, contatto concavo-convesso, contatti suturati, orientamento preferenziale dei grani, struttura grano-sostenuta, struttura matrice sostenuta Figg. 8 e 9 – Esempi rispettivamente di strutture Matrice-sostenute (in alto), conglomerato in cui i sassi sono dispersi in una matrice; e di struttura Grano-sostenuta (in basso), Quarzite, in cui i clasti sono a contatto fra loro. Maturità tessiturale In relazione alla maturità tessiturale, si distinguono sedimenti tessituralmente immaturi e maturi. Sedimenti tessituralmente immaturi sono costituiti da: -presenza di parecchia matrice, poca classazione e grani angolari; sedimenti maturi da: -presenza di poca matrice, classazione da moderata a buona, grani da sub-arrotondati ed arrotondati. Arenarie tessituralmente molto mature sono quelle con assenza di matrice, classazione molto buona e grani ben arrotondati. La porosità primaria e la permeabilità aumentano al crescere della maturità tessiturale, dal momento che più maturo è un sedimento, minore la matrice e maggiore lo spazio dei pori. Struttura una caratteristica principale della struttura di una roccia clastica è la stratificazione, che può essere normalmente parallela oppure incrociata se la corrente carica di sedimenti incontra una depressione o sporgenza sul fondo. Si usa distinguere la stratificazione in base allo spessore degli strati : 13 Strati molto spessi Strati spessi Strati medi Strati sottili Strati molto sottili spessore > 1 m 30 cm < spessore < 1 m 10 cm < spessore < 30 cm 1 cm < spessore < 10 cm spessore < 1 cm Con spessori inferiori al 1/2 cm si parla di laminazione. Si possono ritrovare nelle stratificazioni segni di vario genere, come le increspature, dovute al moto ondoso o alle correnti o le Bioturbazioni dovute alla presenza di organismi che popolavano il fondo al momento della sedimentazione. CLASSIFICAZIONE DELLE ROCCE SEDIMENTARIE DETRITICHE Le rocce sedimentarie detritiche o terrigene si suddividono in 4 gruppi principali: Conglomerati, Arenarie, Argille e Tufi. - Conglomerati. (Fig. 11) Rappresentano il termine più grossolano, con dimensioni dei detriti (clasti) da un minimo di 2 mm ad un massimo non definito. Corrispondono per dimensione alle attuali ghiaie. Il processo di litificazione interessa soprattutto i componenti più fini presenti all’ interno dei clasti e costituenti il cemento, la cui composizione dipende dal tipo di bacino di sedimentazione. Un tipo di conglomerato è costituito dalle brecce (Fig. 10), i cui clasti mantengono le forme a spigolo vivo, per non aver subito trasporto, avendo avuto origine da crolli e frane. Fig. 10 – Esempio di Breccia. Roccia clastica detritica con clasti di grandi dimensioni a spigoli vivi, immersi in una matrice. Breccia calcarea di Monte Billiemi, Palermo. Fig. 10 – Esempio di Conglomerato, roccia clastica detritica con clasti di dimensioni dei ciottoli. - Arenarie. Costituiscono il termine intermedio, con dimensioni dei clasti variabili fra 2 e 0,062 mm. Corrispondono alle attuali sabbie. Il processo di litificazione avviene per precipitazione fra i clasti di un cemento di origine chimica (Carbonatico o siliceo). Principali componenti sono costituiti da Quarzo, Ortoclasio, Fillosilicati, in base ai quali si suddividono in: - Areniti, con assoluta prevalenza di Quarzo (90% circa), cemento siliceo, clasti ben arrotondati, di colore generalmente biancastro, e con sedimenti ben classati. - Arcose, con elevata percentuale di Ortoclasio; i clasti sono immersi in una matrice di cemento fine costituita dagli stessi minerali. Hanno colore rossastro. - Grovacca, con elevata percentuale di matrice fine argillosa a cemento calcareo; non sono in genere ben classate e presentano clasti angolosi. 14 Fig. 12 – Esempio di Arenaria, roccia detritica composta da granuli di natura quarzosa. Colorazione grigia. Fig. 13 – Esempio di Arcose Il colore rossastro è derivato da componenti detritiche provenienti dalla disgregazione di preesistenti rocce contenenti K. Feldspato - Argille, molto fini, con dimensioni dei clasti inferiore a 0.062 mm. Corrispondono ai fanghi detritici. Costituite quasi esclusivamente da Fillosilicati – minerali argillosi come la Montorillonite, Illite, Caolinite, prodottisi per alterazione di altri minerali. Tra gli altri componenti Quarzo, Feldspato e Miche; - Tufi, prodotto di eruzioni vulcaniche, costituiscono rocce sedimentarie piro-plastiche, derivanti dalla sedimentazione di cenere e lapilli, in strati spesso regolari. Sono molto diffusi nell’ area Campana e nel Lazio – Peperino laziale, Piperno, area Campana. I minerali presenti, di colore scuro sono costituiti da biotite, mentre i cristalli chiari da Leucite. Fig. 14 – Esempio di Argillite. Roccia detritica composta da clasti di finissima dimensione. Caratteristiche le fratture concoidi tipiche di una roccia a grana fine. Fig. 15 – Esempio di Tufo, roccia sedimentaria piroclastica, nella fattispecie Peperino, zona laziale. 15 1.2.2. - ROCCE DI SEDIMENTAZIONE CHIMICA E BIOCHIMICA Le rocce sedimentarie di origine chimica e biochimica si formano principalmente attraverso processi diagenetici, che portano successivamente alla litificazione del sedimento, per azione delle soluzioni circolanti ricche in particolari minerali. Sono generalmente suddivise in 3 gruppi: Calcari, Dolomie, Evaporiti Nei Calcari (rocce sedimentarie con contenuto in Carbonato di Calcio superiore al 50%, ed altri minerali presenti – Quarzo, Ortoclasio, etc… ), sono presenti anche termini di passaggio verso le arenarie (in dipendenza della percentuale di Silice o di Calcite prevalente), le argille (calcare Marnoso o Marna, in dipendenza dalla percentuale di argilla o Calcite presente) e le Dolomie (Calcari Dolomiti o Magnesiaci, in dipendenza dalla Percentuale di Carbonato di Calcio o di Magnesio prevalente); Del gruppo dei Calcari fanno parte le Calcareniti (Calcari detritici), per la cui natura si associano alle rocce clastiche, con la specificità che l’ azione disgregante e svolta a svantaggio di preesistenti rocce detritiche carbonatiche. Attraverso la Diagenesi si hanno poi dissoluzioni e ricristallizzazioni di Calcite. Processi chimici (precipitazione diretta di acque calde ricche di Carbonato di Calcio) o biochimici (fissazione del Carbonato di Calcio da parte di organismi) costituiscono la genesi principali dei Carbonati Le Dolomie contengono in maggiore percentuale Carbonato di Magnesio (Dolomite); Le Evaporiti sono costituite da rocce formatesi in seguito alla precipitazione di Solfato di Calcio, Cloruro di Sodio ed altri sali. In genere la precipitazione avviene in bacini chiusi, lagunari. Rocce impiegate in architettura sia per la produzione di malte che come materiale da costruzione sono costituite dalla pietra di gesso, impiegata anche quale materiale costruttivo nella zona del Nisseno. Anidridi (Solfato di Calcio Anidro, CaSO4) e Gesso (Solfato di Calcio bi-idrato, CaSO4 . 2H2O), rappresentano i materiali costruttivamente più impiegati. In Sicilia la cosiddetta formazione ‘ gessoso solfifera’ (provincia di Caltanissetta) costituisce ampia zona di affioramento di tali materiali. Una trattazione a parte sarà fatta per il gruppo dei Calcari, costituenti il gruppo di maggiore presenza come materiale costruttivo in Sicilia. Di cui verrà fornita una più ampia descrizione. 1.2.2.1. – Calcari Mineralogia dei componenti Carbonatici I Calcari sono costituiti da rocce a prevalente contenuto di minerali cartonatici (oltre il 50%). I minerali presenti possono essere infatti costituiti da: - Carbonato di Calcio (CaCo3); - Aragonite (CaCo3, ma con diversa struttura cristallina); - Carbonato di Calcio e Magnesio, o Dolomite (CaMg(CO3)2); Nei sedimenti recenti o abbastanza recenti, predominano due minerali di Carbonato di Calcio: -Aragonite e Calcite. I gusci carbonatici di organismi fossili hanno una mineralogia specifica o mista (Fig. 16), sebbene l'attuale contenuto in Magnesio possa variare molto. Dal momento che l'Aragonite è metastabile e che la calcite magnesiaca perde il contenuto in Magnesio, tutti i sedimenti carbonatici si trasformano in Calcite poco magnesiaca nei sedimenti più antichi. Minerali non carbonatici nei calcari sono invece costituiti da quarzo, pirite, ematite, e fosfati di origine diagenetica. Minerali evaporitici, in particolare gesso-anidrite, possono essere associati in sequenze carbonatiche. Relativamente alla genesi di formazione, possono distinguersi analogamente alle rocce sedimentarie: - Calcari detritici (compattatisi per azione meccanica); - Calcari di precipitazione chimica e biochimica (litificatisi per azione chimica e biochimica); 16 Fig. 16 – Tabella che indica la composizione mineralogica di alcuni dei principali clasti fossili rinvenibili nei sedimenti carbonatici. COMPONENTI CLASTICHE DEI CALCARI I calcari sono molto variabili nella composizione, ma possono individuarsi 4 gruppi di componenti principali: clasti non fossili, bioclasti (gusci fossili), micrite e cemento (Sparite, a composizione calcitica). I primi due sono riferiti alla componente detritica, i secondi alla componente del ‘legante’. Clasti non fossili Ovoli Gli ovoli sono clasti sferici o ovoidali costituiti da una o più lamelle regolari attorno ad un nucleo, costituito spesso da particelle carbonatiche o da grani di quarzo. I sedimenti composti di ovoli si definiscono ooliti, sebbene il termine ovolo sia riferito a clasti minori di 2 mm di diametro, mentre il termine pisoliti, definisce clasti simili, ma di maggior diametro. La maggior parte degli ovoli ha comunque taglia variante da 0.2 a 0.5 mm di diametro. Gli ovoli compositi sono invece costituiti da molti piccoli ovoli, avviluppati da lamelle concentriche. (Figg. 17, 18). 17 Fig. 17 – Schema di rappresentazione di Ovoli (ooid) e peloidi (pellets). Fig. 18 – Immagine in sezione sottile a nicols incrociati di un Calcare oolitico. Sono visibili ovoli, ed ovoli compositi. Peloidi I peloidi sono clasti sferici, cilindrici o spigolosi, composti di carbonato microcristallino, ma senza struttura interna (Fig. 17). Come gli ovoli, la dimensione dei peloidi può raggiungere parecchi mm, ma la maggior parte di essi è compresa da 0.1 e 0.5 mm di diametro. Molti peloidi sono di origine fecale e vengono definiti 'pallottole’ (pellets)'. Organismi come Gasteropodi e crostacei producono grandi quantità di residui. Le pallottole fecali hanno forma regolare e sono ricche di materia organica . Le pallottole, molto comuni nei calcari ed in molti calcari micritici, sono molto somiglianti a grani di sabbia. Gli intraclasti (parti di sedimento carbonatico) sono costituiti da frammenti di sedimento deposto recentemente litificato o parzialmente litificato, rotto e frammentato dal moto ondoso e dalle correnti. I Litoclasti sono invece costituiti da frammenti di rocce carbonatiche derivanti da rocce preesistenti. Clasti fossili I componenti fossili di un calcare sono dovuti alla distribuzione di invertebrati producenti carbonato, (Figg. 19-20). La presenza di alcune specie fossili all’ interno dei sedimenti permette di datare il sedimento stesso in relazione al periodo di esistenza dei fossili presenti in esso (i cosiddetti fossili-guida), considerando che alcune specie si sono estinte in determinati e noti periodi. Per l'identificazione delle particelle fossili in sezione sottile gli elementi principali sono: - forma e dimensione, tenendo a mente che il microscopio consente la sola visione bidimensionale; guardando in altre sezioni sottili lo stesso fossile se ne determina la forma tri-dimensionale; - microstruttura interna, che può essere modificata o cancellata dalla diagenesi; - mineralogia. 18 Fig. 19 – Esempi di clasti fossili. Fra i più diffusi i Bivalvi (con guscio a due valve), i Gasteropodi, i Foraminiferi, come possono presentarsi in visione a sezione sottile. Fig. 20. – Vista di una Calcarenite dell’ Aspra (comune di Bagheria, Palermo) in sezione sottile. Sono visibili i fossili contenuti. Molluschi Bivalvi, Gasteropodi o Cefalopodi si ritrovano in tutto il basso Paleozoico. I Bivalvi costituiscono un grande gruppo di specie, molte delle quali presenti in ambiente marino, ed in ambiente di acque fredde. La maggioranza delle conchiglie dei bivalvi sono composte di Aragonite; alcune sono a mineralogia mista; altri, come le ostriche, calcitiche. Le conchiglie dei bivalvi sono formate da numerose lamelle di una specifica microstruttura interna, composta da cristalli di piccola dimensione, sia di Aragonite, che di Calcite. Generalmente, dal momento che l’Aragonite è un minerale poco stabile, spesso si trasforma in Calcite, nel tempo.Per questo motivo molti frammenti di bivalvi presenti nei Calcari sono composti di molteplici cristalli di Sparite (cristalli di Calcite di grandi dimensioni). Frammenti di Bivalvi in sezione sottile sembreranno clasti allungati, a sezione rettangolare e di profilo curvilineo, tipicamente disaggregati. I Gasteropodi sono ubiquitari, essendo presenti in tutti gli ambienti marini di acque profonde. La maggioranza di essi ha conchiglie di Aragonite con struttura interna simile ai bivalvi. La microstruttura interna di Aragonite dei gasteropodi fossili è spesso sostituita da Calcite. Frammenti di Gasteropodi possono essere facilmente riconosciuti al microscopio per la loro forma, sebbene dipenda molto dal piano di sezione (fig. 18). Essi possono somigliare ai Foraminiferi, ma questi ultimi sono molto più piccoli e composti di calcite micritica scura. Cnidaria (specialmente coralli) I cnidaria includono gli autozoi (coralli) . L'identificazione dei coralli è basata su alcuni caratteri interni come setti e placche interne. Foraminiferi Sono per la maggior parte protozooi marini, di dimensioni generalmente microscopiche. I foraminiferi bentonici vivono dentro e sopra il sedimento. Sono composti di alta o bassa Calcite Mg, raramente di Aragonite. I Foraminiferi sono molto diversi nelle forme, ma in sezione mostrano tutti comuni forme circolari od ovoidali. 19 Alghe Cyanophyta (Alghe azzurre), inviluppo micritico e stromatoliti Sebbene solo alcune alghe siano calcificate, esse influenzano grandemente i sedimenti attraverso la loro attività di perforazione e la formazione di matrici algali. L'inviluppo è prodotto da alghe che perforano la struttura detritica. I vuoti prodottisi a seguito delle perforazioni (5-15 mm di diam.) vengono riempiti di micrite. Ripetute perforazioni e riempimenti danno luogo ad un denso inviluppo micritico. La micrite, riempiendo i fori prodotti dalle alghe, di aragonite o di Mg, può precipitare in modo fisicochimico, o biochimico, attraverso la decomposizione delle alghe, in concorso con l'azione dei batteri. Alcune alghe, che hanno caratteristiche mucillaginose, grazie a queste, hanno facoltà di catturare ed includere particelle sedimentarie producendo un sedimento laminare detto stromatolite (Figg. 21 e 22). Tipica roccia avente tale caratteristica è rappresentata dal Travertino, caratterizzato dalla formazione in acque superficiali (velo d’acqua, con condizioni di sovrassaturazione del Carbonato di Calcio presente) ricche di Carbonato di Calcio. E’ stato ipotizzato per esso che l’ attività biochimica algale abbia contribuito alla precipitazione del Carbonato di Calcio, di cui è composto tale materiale. In tal senso il Travertino potrebbe definirsi una roccia chimica-organogena, per la sua genesi biochimica. Le cavità presenti all’ interno sono dovute alla presenza di sostanze organiche (legni, animali, etc..), inizialmente inglobate nel sedimento e poi alteratesi. Fig. 21 - Tipiche laminazioni ondulatorie stromatolitiche, indicative di una genesi algale della roccia. Fig. 22. – Tipica struttura a stromatoliti del Travertino. Nella foto, particolare di un travertino in cui è evidente tale tipo di struttura COMPONENTI ‘NON DETRITICHE’ DEI CALCARI Micrite Molti Calcari hanno generalmente una matrice microcristallina scura o sono interamente composti da sottili grani carbonatici. Questo materiale detto Micrite (Calcite microcristallina -fango), con cristalli da 1 a 5 micron), presenta dimensione dei grani generalmente inferiore ai 4 millimicron. La Micrite può essere alterata da processi diagenetici ed essere rimpiazzata da ampi tratti di microsparite (cristalli di maggiori dimensioni). Cemento Il cemento che occupa la maggior parte delle porosità più ampie è costituito da una calcite chiara ed uniforme, denominata Sparite (Calcite Spatica , con cristalli attorno ai 10 micron); 20 Stiloliti Le stiloliti sono costituite da sottili vene di argilla o materiale insolubile, orientate generalmente in direzione parallela alla stratificazione in un calcare. Si presentano generalmente compatte, o possono manifestarsi in forme più irregolari. Le stiloliti possono prodursi a seguito della pressione di soluzione e dissoluzione dei calcari o a causa della pressione tettonica. L’argilla che spesso riempie i giunti stilolitici è costituita dal residuo insolubile presente nella soluzione carbonatica. Rotture dei piani di sedimentazione dovuti anche a piccoli movimenti tettonici durante la sedimentazione e\o alcuni movimenti leggermente inclinati dei sedimenti, possono causare fratture del sedimento litificato o parzialmente litificato, in cui possono precipitare, ossidi di ferro (colori dal rosso al verde), o altri minerali insolubili (fig. 23). Fig. 23 – Vene stilolitiche di Barite (Carbonato di Bario, insolubile) in un sedimento di calcite microcristallina. Avorio Venato, zona di provenienza provincia di Trapani. Dimensione dei grani calcarei e tessitura La maggior parte dei sedimenti carbonatici si sono formati in situ. Sebbene alcuni possano essere trasportati dalla piattaforma al bacino di sedimentazione dalla turbolenza delle correnti o da frane, la maggioranza si accumula dove le componenti dei clasti si erano depositate o per limitati trasporti di onde e correnti sotterranee. I grani fossili dei sedimenti carbonatici variano grandemente in forma e dimensione. Sebbene la dimensione dei grani sarebbe generalmente dipendente dai gusci carbonatici degli organismi che vivono nell'area e dei molti fattori biologici coinvolti nella loro rottura, i fattori fisici delle onde e delle correnti spesso contribuiscono a questa ed anzi a volte sono predominanti. Struttura sedimentaria dei calcari Piani di sedimentazione Analogamente alle rocce sedimentarie terrigene in genere, i piani di sedimentazione rappresentano un mutamento delle condizioni di sedimentazione. (Fig. 24). Tali piani sono spesso sottili o di breve durata. Nei Calcari non è insolito trovare tali piani di sedimentazione provocati da dalla pressione esercitata da un sovraccarico del sedimento. In seguito a tale condizione i graduali e sfumati limiti dei letti di sedimentazione possono diventare molto netti. 21 Fig. 24 – Strati di sedimentazione in un concio di Calcarenite. (Chiesa Normanna di S. Cataldo a Palermo). CLASSIFICAZIONE DEI CALCARI Generalmente esistono 3 sistemi di classificazione dei Calcari, ognuno basato su differenti impostazioni di base: taglia dei clasti; rapporto caratteristiche matrice/cemento e dei clasti (Folk); caratteristiche tessiturali (Dunham). In base alla taglia dei Clasti Uno schema semplice e molto diffuso, che divide i Calcari in relazione alla taglia dei clasti, in: - Calciruditi (maggior parte dei grani di dimensione maggiore di 2 mm.); - Calcareniti (maggior parte dei grani di dimensione compresa fra i 2 mm. ed i 62 millimicron) (Fig.25) - Calcilutiti (maggior parte dei grani di dimensione inferiore ai 62 millimicron) (Fig. 26). Fig. 25 – Esempio di Calcarenite. E’ osservabile la taglia dimensionale dei clasti. Calcarenite dell’ Aspra, Cava di S. Isidoro Caputo (Palermo). Fig. 26 – Esempio di Calcilutite lucidata. L’ insieme dei grani ha taglia microcristallina e si presenta alla vista come una roccia compatta. Calcare tipo Botticino. Cave del Trapanese (bacino di Custonaci). 22 In base al rapporto fra le caratteristiche della componente ‘legante’ e clastica (Classificazione di Folk): Classificazione di Folk La classificazione secondo lo schema di Folk (Fig. 27), divide i Calcari in tre sezioni, in relazione alla composizione: a) Allochimici (particelle o grani); b) Matrice, principalmente micritica; c) Cemento, a cristalli più grandi di Sparite; In questo caso in relazione ai rapporti fra le tre possibili componenti vengono impiegati dei prefissi identificativi. Abbreviazioni per gli allochimici sono costituite dai prefissi: – bio- per clasti fossili; - oo- per ovoli; - pel, per peloidi,; - intra-per intraclasti; Questi sono impiegati come prefisso a Micrite o Sparite se sono predominanti l’ una o l’ altra. In relazione alla compresenza di diversi Allochimici, si userà un prefisso comprendente entrambi i termini, ad esempio, Bi-oo-sparite (Calcare con fossili di origine biologica e ooliti con legante sparitico), o Bio-pel-sparite. Fig. 27 – Schema della classificazione di Folk per i calcari. 23 In base alle caratteristiche tessiturali Classificazione di Durham Una terza classificazione, molto adoperata attualmente è quella di Durham (Fig. 28), che divide i Calcari in base alle caratteristiche tessiturali, in: - Grainstone, (grani senza matrice, ossia Calcari grano-sostenuti a contatto fra loro, come può essere la Bioosparite secondo lo schema di Folk), lo spazio fra i pori è riempito di cemento calcitico; - Packstone, (grani eterogenei, sia per morfologia che per composizione, con spazi interni riempiti di matrice, analoghi alla bio-micrite, nella classificazione di Folk); - Wackestone, grani rari immersi in una matrice microcristallina (anche questa può essere analoga alla bio-micrite di Folk). Possono presentare una ricristallizzazione della matrice a Sparite; - Mudstone, Calcare a prevalente composizione micritica con pochi grani; Termini aggiuntivi possono essere impiegati per fornire ulteriori indicazioni, come Grainstone oolitico, Pellet Mudstone, etc… Fig. 28 – Classificazione di Dunham 24 1.3. - . ROCCE METAMORFICHE Sono rocce prodottesi per metamorfismo da altre rocce, in seguito a mutamenti di T e P, con modificazioni della composizione mineralogica o nella struttura (forma dei cristalli) e tessitura (aggregazione dei minerali). Il gruppo delle rocce metamorfiche è quello meno diffuso fra i materiale da costruzione storicamente adoperati in Sicilia. Processi metamorfici Nel metamorfismo non si verificano variazioni della composizione chimica della roccia, che contiene gli stessi elementi della roccia di partenza, quanto della composizione mineralogica. Le reazioni avvengono a T > ai 30°C, ed interessano solo alcuni minerali. Aumentando la T, vengono coinvolti altri minerali, pur nel permanere di alcuni degli originari. Tipi di metamorfismo Tale fenomeno avviene in profondità all’ interno della crosta. Le rocce vengono poi portate in superficie, analogamente alle intrusive per fenomeni tettonici o oro-genetici. Si distinguono 3 tipi di metamorfismo: - di contatto, causato dall’ aumento di T in seguito ad intrusioni magmatiche. Dà origine a nuovi minerali e a strutture caratteristiche; - regionale, interessa vaste aree interessati da fenomeni orogenetici con aumenti di T e P. In questa casistica si distingue il metamorfismo da carico, dovuto alla pressione di carico di rocce sovrastanti. - dinamico, per aumento di pressione in zone di frattura o di faglia; Il metamorfismo si attua in un campo di T compreso tra i 300 e gli 800 °C (al di sotto di essa si hanno processi di sedimentazione e diagenesi, al di sopra processi di rifusione o anatessi, con formazione di nuovi magmi) Tipologie delle rocce metamorfiche Tipologie principali sono costituite da quelle degli : - Scisti verdi; - Anfiboliti ad almandino; - A granulati (rocce che hanno subito vari cicli metamorfici); Queste tre categorie sono distinte per particolari condizioni di T e P. Struttura e tessitura Nelle rocce metamorfiche i minerali, cristallizzano contemporaneamente, a differenza delle magmatiche, assumendo quindi forme non ben definite (allotriomorfi). Una caratteristica distintiva è la struttura scistosa, ossia la suddivisone di una roccia in lastre sottili secondo piani sub-paralleli. Tale carattere è dovuto all’ orientamento della pressione ed è ben distinguibile per l’ orientamento che assumono i minerali di forma allungata e lammellare come le miche. Altre tessiture caratteristiche sono: - massiccia (senza orientazione); - zonata (bande parallele differenti per struttura e colore); - occhiadina (grossi noduli chiari circondanti da sottili bande scure); Metamorfismo di contatto Rocce sedimentarie (alcuni esempi). - Scisti argillose (di scistosità notevole, di grana fine e colore scuro); Micascisti, Filladi, da Argille; - Marmi, da Calcari (di grana molto diversificata, dai colori variabili – bianco, grigio venato, giallo -, Composti da Calcite o Dolomite, con quarzo e muscovite accessori) (fig. 29a); - Quarziti, da arenarie quarzose (di grana media e colore chiaro, composte quasi esclusivamente da quarzo con poca muscovite – mica ) (Fig. 29c); - Serpentiniti (di grana fine, colore verde, con notevole fibrosità o struttura massiccia, composte da serpentino, olivina, pirosseno ed anfibolo); 25 - Gneiss (di colore grigio chiaro, con tessitura occhiadina, alternate zone chiare – quarzo – e scure mica) (Fig. 29b). - Micascisto (Con struttura caratterizzata da scistosità notevole, di grana fine e colore scuro (grigio, nero) o argenteo in dipendenza dalla mica originaria) (Fig. 29b). Fig. 29 a - Marmo, metamorfica da preesistenti sedimentarie, caratterizzata da grossi cristalli di Calcite posti a giunti tripli Fig. 29 b - Gneiss, da preesistenti rocce magmatiche, presentante un classico orientamento direzionale dei cristalli;. Fig. 29 c. Quarzite. Roccia metamorfosata da preesistenti arenarie. Generalmente di grana media e colore chiaro e composte quasi esclusivamente da quarzo con poca muscovite (mica). Fig. 29d. Micascisto.. Roccia metamorfosata da preesistenti rocce argillose. Con struttura caratterizzata da scistosità notevole, di grana fine e colore scuro (grigio, nero) o argenteo in dipendenza dalla mica originaria 26 2. MATERIALI LAPIDEI ARTIFICIALI Laterizi, malte, intonaci, stucchi Oltre ai materiali lapidei naturali, le costruzioni sono caratterizzati dall’ impiego dei cosiddetti materiali lapidei artificiali, intendo con questo termine prodotti dell’ attività umana, derivati da materiali naturali (malte, laterizi, stucchi). Materiali laterizi sono destinati alla realizzazione di strutture murarie o di elementi della costruzione muraria (murature portanti, tramezzi, ‘ cosciature’ di porte e finestre), nonché di rivestimenti (pavimentazioni in cotto naturale o mattonelle ‘ stagnate’ ); le malte entrano a far parte della costituzione muraria, sia come elemento di connessione fra gli elementi lapidei delle murature (malte di allettamento), sia, in determinate tipologie murarie (murature a sacco, murature in calcestruzzo tradizionale), quale elemento fondamentale per la realizzazione di esse. Le stesse malte, con una diversa metodologia di organizzazione tecnologica delle parti e con una differente combinazione dei materiali componenti, definiscono le caratteristiche cromatiche e figurali delle architetture (intonaci), nonché degli elementi decorativi qualificanti le architetture (stucchi). Tali materiali, analogamente ai materiali naturali sono soggetti a deterioramento ed alterazione in ragione delle loro caratteristiche chimico-fisico-mineralogiche. La conoscenza di queste è indispensabile alla predisposizione delle corrette tecniche di intervento per la salvaguardia della loro consistenza fisica e dei significati che questa supporta all’ interno dell’ organismo dell’ architettura storica. 2.1. - Laterizi Proprietà delle argille per laterizi Il laterizio comune è derivato dalla cottura di materiali argillosi, provenienti dalla lenta alterazione di rocce silico-alluminose ad opera degli agenti atmosferici. Le argille per laterizi provengono generalmente da depositi alluvionali presenti in prossimità dei torrenti e fiumi o da aree di antica attività fluviale, successivamente scomparsa. I materiali migliori sono rinvenibili ai margini delle acque correnti e nelle zone di periodico alluvionamento. In tali zone all’ argilla si associa un contenuto in sabbia sottile che produce una pasta omogenea di colore grigio o bruno con poche impurità. Esistono anche sedimenti marini di argille, che formano ampie porzioni in rilievi collinari. Possono essere rinvenibili anche in depositi di origine marina. In queste il colore varia dal grigio al nero con tonalità azzurre dovute al Solfuro di Ferro (SFe), Pirite; gialle, rosse o verdi, per concentrazioni di ossido di Ferro e Manganese. Possono ritrovarsi anche resti fossili di organismi marini, a causa dei quali, per ottenere un materiale omogeneo, si deve effettuare un più laborioso e lungo processo di vagliatura. Le argille provenienti da depositi fluviali sono composti da argille ocracee ferruginose; formano spesso uno strato superficiale su roccie originarie su rilievi collinari o su terreni antichi delle altipiani. Queste si presentano con elevate concentrazioni di ossidi di Ferro, che gli conferisce un colore rosso, aranciato o scuro. Tali argille vengono generalmente impiegate per la produzione di materiale da pavimentazione. Composizione chimica I minerali argillosi sono costruiti dalla degradazione di precedenti rocce silicatiche per effetto di processi di ‘ lisciviazione’ (dissoluzione e rimozione ad opere dell’ acqua). Sono generalmente costituite da Fillosilicati (minerali argillosi o minerali delle argille) prodotti per alterazione di altri materiali silicatici, come l’ Ortoclasio. Fra gli altri componenti sono presenti quarzo, feldspato e miche, Carbonato di Calcio, Ossidi e solfuri di ferro, Sali di Potassio e Sodio. I minerali argillosi hanno dimensioni ridotte (inferiori a 4 micron) e quelli generalmente adoperati per la produzione di laterizi sono costituiti da Illite, Caolinite, Montmorillonite: Illite 2KAl2 (AlSi3) .O10(OH)2 Caolinite Al2 Si2 O5(OH)4 La caratteristica dei Fillosilicati è di avere un reticolo cristallino, formato dai gruppi tetraedrici –SiO4 a disposizione laminare, che gli fa assumere la classica disposizione a strati, e che gli consente di 27 scorrere fra loro in presenza di una certa quantità d’ acqua, disponendosi nel senso esercitato dalla pressione di quest’ ultima. Tale caratteristica conferisce alle argille le proprietà di plasticità e modellabilità. In relazione al tenore maggiore o minore di minerali argillosi dei suoli da cui si ricavava il materiale primo, venivano contraddistinte in terre grasse (più ricche di minerali argillosi, con scarsa presenza di Silice, e più plastiche) e terre magre, meno plastiche e più ruvide al tatto. Le prime sono capaci di assorbire fino al 70% dell’ acqua a contatto con esse, le seconde, assorbono meno acqua, ma son più friabili. Per ridurre l’ assorbimento d’ acqua le terre grasse potevano essere mischiate con le magre, o con sabbia silicea a grana fine o con polveri calcaree. Caratteristiche fisiche Durante il processo di formazione del Laterizio e segnatamente nella fase di essiccazione, conseguente alla perdita dell’ acqua di impasto in eccesso per evaporazione prima della cottura, le particelle argillose a seguito della perdita d’ acqua tendono ad avvicinarsi reciprocamente ed ad occupare gli spazi prima occupati dall’ acqua. Alla fine del processo essiccativo dell’ impasto fluido, caratterizzato da un forte ritiro dimensionale, cessa la fase di contrazione, lasciando all’ interno una struttura diffusamente porosa. La porosità presente nei laterizi è contraddistinta dalla presenza di pori diffusi, intercollegati e di ridottissimo diametro, in conseguenza della quale i laterizi sono estremamente esposti al fenomeno della risalita dell’ acqua per capillarità. Imbibilità e permeabilità di materiali laterizi Prove di imbibizione, ossia di assorbimento d’ acqua per immersione totale eseguite su materiali edilizi ha dato percentuali di assorbimento nell’ ordine del 35-55% contro lo 0-0,1% per le rocce poco porose (Graniti, Marmi), il 5-20% delle arenarie e delle Malte, il 20-30% del Calcare tenero, del Tufo, della Malta di Calce e pozzolana. Prove di adescamento Le prove di adescamento, ossia di assorbimento d’ acqua da parte di un materiale parzialmente immerso, sulla superficie non immersa, mostrano massime altezze e velocità di adescamento per il materiale laterizio, mentre tufi e malte, assorbono l’ acqua più lentamente. Caratteristiche e tipologie di laterizio in relazione alla cottura - Mattoni molto cotti: hanno colore rosso-bruno con deformazioni ed ampie porzioni vetrificate; hanno scarsa aderenza alle malte, ma per la loro elevata resistenza vengono impiegati in lavori fondali; - Mattoni cotti: hanno generalmente colore rosso vivo uniforme e vengono impiegati per le murature; - Mattoni imperfettamente cotti: hanno colore rosso chiaro, non sempre omogeneo, resistenza minori di quelli ben cotti, ma può essere comunque impiegato nelle murature; - Mattoni non sufficientemente cotti: hanno colore rosa o giallo-chiaro, poca resistenza meccanica, per cui vengono generalmente impiegati per la realizzazione di tramezzi o di elementi portanti che non richiedono elevate prestazioni. 28 2.2. - Malte Tipologie e caratteristiche materiche Le malte impiegate nelle costruzioni in muratura sono costituite da miscele di sostanze cosiddette ‘ leganti’ e da inerti o cariche, di diversa costituzione materica, che miscelate in rapporti precisi insieme ad una determinata quantità d’ acqua, formano un composto semifluido, avente proprietà adesive sui materiali da costruzione, una volta raggiunto l’ indurimento. Le malte sono così impiegate sia negli elementi costruttivi (murature, archi, volte, etc..), per legare i singoli elementi posti insieme a formare i sistemi murari, sia nella realizzazione delle finiture murarie, costituendo la superficie degli intonaci. I leganti adoperati sono costituiti dai seguenti: - Calce aerea - Calce idraulica - Gesso Gli inerti sono costituiti da materiali diversi, generalmente non reattivi, ma in alcuni casi conferenti proprietà particolari alle malte: - Sabbie (calcaree o silicee); - Coccio pesto, pozzolana (conferenti proprietà idrauliche al legante di calce aerea). Le principali tipologie dei composti si suddividono così in: - Malte di Calce aerea - Malte di Calce idraulica - Malte di Cemento - Malte di Calce e pozzolana (idrauliche) - Malte a coccio pesto (idrauliche) - Malte di Gesso 2.2.1 - Malte di calce aerea Le malte di Calce aerea vengono utilizzate già in epoca molto antica (sono precedute solamente dalla terra argillosa, impiegata nel 6° mill. e del Gesso, adottato già in Egitto e Mesopotamia, all’ inizio del 3° mill. ). L’ aerea di impiego della Calce sembra corrispondere al periodo Greco (Palazzo di Crosso, 1500 a.C., quale testimonianza sicura dell’ uso), anche se scialbature a base di latte di calce sono state trovate in zone risalenti al 4° Millennio in Palestina. Formazione della Malta di Calce In queste, il legante, la Calce comune, è derivato dalla cottura, dal successivo spegnimento, e dalla reidratazione di originarie rocce Carbonatiche. La materia prima della Calce aerea è costituita da rocce Calcaree, con percentuali di Carbonato di Calcio (CaCO3), attorno al 95%. Il processo produttivo del legante prevede le seguenti fasi: - Cottura della roccia Calcarea, ad una T fra 900° e 950°, che prova la decomposizione a spese del calore, del Carbonato di Calcio secondo la reazione: CaCO3 > CaO + CO2 Carbonato di Calcio Ossido di Calcio Anidride Carbonica (Calce viva) 29 - Spegnimento della Calce viva, per immersione in vasche d’ acqua, con la formazione di Idrossido di Calce, o calce spenta o calce idrata: CaO + Ossido di Calcio H2O Acqua > Ca(OH) 2 Idrossido di Calcio La reazione è esotermica con elevata cessione di calore. Durante lo spegnimento il materiale deve essere continuamente rimescolato e devono venire eliminate le parti non perfettamente cotte, perché potrebbero idratarsi successivamente provocando alterazioni del prodotto finale. - Stagionatura, per consentire la totale idratazione di tutte le porzioni di materiale. La stagionatura avviene in fosse, in cui viene lasciata a stagionare. Per impedire la carbonatazione della superficie esposta si può coprire questa con uno strato di sabbia umida, oppure rompere la crosta carbonatata, e mischiarla all’ interno, costituendosi come inerti all’ interno del composto (intraclasti). Il prodotto finale, costituito da una massa pastosa ed untuosa viene definito ‘ grassello’ . Durante il fenomeno della presa o Carbonatazione, la Calce subisce una notevole riduzione di volume. Di conseguenza la Calce, per essere impiegata come materiale costruttivo deve essere miscelata con degli inerti, per ridurre il ritiro ed evitare fatturazioni del materiale. - Carbonatazione o presa. Il grassello così ottenuto viene mischiato all’ inerte, generalmente costituito da sabbia di fiume, di cava o di mare (lavata), e all’ acqua d’ impasto in una percentuale che varia attorno all’ 1:3 1:1,5, nel rapporto fra inerte e legante, in relazione alla destinazione di impiego. Questo composto, esposto all’ aria, si carbonata formando una pietra carbonatica artificiale con inerti di taglia arenitica, secondo la seguente reazione: Ca(OH) 2 + CO2 Idrossido di Calcio Anidride Carbonica > CaCO3 Carbonato di Calcio Prodotti e caratteristiche Calce grassa Per calce grassa si intende una malta con elevata resa di ‘ grassello’ , ossia della componente di legante. Per estensione viene definita Calce grassa il legante a calce derivato dalla cottura di Calcari puri almeno per il 94% della composizione totale della roccia originaria. Calce magra Per calce magra si intende, in senso lato, una miscela di malta con un ridotto dosaggio di legante, e quindi con un ridotto potere adesivo dell’ impasto. Tale termine nella letteratura tecnica ottocentesca, designava anche le calci magnesiache, ossia derivate dalla cottura di Calcari magnesiaci (elevate percentuali di Carbonato di Magnesio, Mg(CO3)2), considerate poco adatte alla realizzazione di intonaci. Recenti studi hanno invece contraddetto questa opinione, facendo rilevare al contrario una maggiore durabilità di tali malte rispetto a quelle di sola Calce aerea. La Calce prodotta da Calcari magnesiaci ha comunque tempi di idratazione maggiori per la diversa maturazione dei diversi composti che la compongono. Latte di Calce Un prodotto, spesso adoperato storicamente per scialbi o tinte a base inorganica è costituito dal Latte di Calce, ossia Calce disciolta in grosse quantità d’ acqua in un rapporto attorno ad 1 a 800, fornendo un liquido lattiginoso, cui potevano venire aggiunte terre coloranti. Rapporto legante-inerte Il rapporto fra legante ed inerte, varia in relazione alla tipologia di impiego. Generalmente il rapporto fra Calce ed inerti è pari a 1:3, ma varia in dipendenza dell’ uso. Per l’ esecuzione di malte da intonaci, 30 ad esempio, la manualistica propone rapporti ridotti di inerte 1:2,5 o 1:1,5, con l’ uso di calci grasse, per migliorare l’ aderenza alla muratura. Problematiche delle malte di calce aerea Problematiche relativamente a parti non bene idratate possono essere derivate dalla cottura di Calcari Dolomitici (ossia con percentuale di Carbonato di Magnesio nella composizione chimica della roccia), per il più lento tempo di idratazione di tale componente rispetto al Carbonato. L’ idratazione, infatti, se successiva alla fase di presa può portare a parti di discontinuità del materiale finale. Durante il processo di presa il composto subisce una notevole riduzione di volume. La presenza di acqua di impasto eccessiva può determinare un eccesso di porosità del composto, mentre una troppo ridotta percentuale d’ acqua, potrebbe portare ad un eccesso di ritiro, con formazione di crepe e fessurazioni. Fessurazioni da ritiro possono essere ugualmente derivate da eccesso di legante in relazione agli inerti contenuti o da un’ asciugamento eccessivamente rapido della malta. Fenomeni di decoesione, invece, possono essere derivati da una troppo ridotta quantità di legante, tale da non consentire una buona adesione con il supporto, e una non perfetta legatura degli inerti. In relazione alle tipologie d’ uso vengono scelti gli inerti da mischiare al legante: più grossolani per lavori in fondazione, o per la realizzazione di conglomerati, di taglia sabbiosa per le malte di allettamento, di taglie via via decrescenti per i vari strati dell’ intonaco. Gli inerti possono avere spigoli rotondi o presentare spigoli acuti, che meglio consentono l’ingranamento della malta. Possono essere di natura silicea o carbonatica. 2.2.2. - Malte idrauliche Malte di calce idraulica Il legante nelle malte di Calce idraulica, è derivato dalla cottura di Calcari Marnosi, ossia di Calcari contenenti cospicue quantità di minerali argillosi. Tale caratteristica del materiale ne fa un prodotto di resistenza più elevata della calce aerea, capace di far presa anche in presenza d’ acqua. La prima citazione dell’ uso di malte idrauliche è riferita al Palladio, che la cita come Malta Nigra, nel suo trattato (1570). La conoscenza scientifica delle proprietà idrauliche di tale legante è tuttavia affrontata soltanto nel XIX sec. Ha colore grigio-giallastro e per tale motivo non viene mai adoperata direttamente per finiture negli esterni, ma eventualmente rivestita. Proprietà delle calci idrauliche Le proprietà della calce idraulica dipendono dalla reazione chimica che si verifica fra calce viva ed argilla (silicoalluminati) durante la cottura al alta temperatura, fra 800 e 1000°C. C + Calce viva Argilla AS > C2 S Silicato bi-calcico La reazione di presa forma anche in questo caso, silicati idrati di Calcio, oltre ad una certa quantità di calce viva. C2S Silicato bi-calcico + H2O > Acqua CSH + CH Tobermorite Calce libera La calce idraulica fa presa rapidamente grazie alle strutture fibrose del Silicato idrato di Calcio (Tobermorite), ma continua lentamente ad indurire successivamente per il processo di Carbonatazione. Limiti della Calce idraulica, non facilmente identificabile tramite analisi, sono dovuti alla possibilità di formazione di sali solubili. Sono state messe a punto miscele particolari atte a limitare tale problematica. Calci idrauliche a basso contenuto di Alcali, sono state sperimentate con successo per il consolidamento di intonaci mosaici e stucchi. Le calci prodotte con leganti idraulici sono meno meccanicamente resistenti del cemento, ma più delle calci aeree. Per le caratteristiche di maggiore deformabilità sono da preferire al cemento troppo rigido, ma bisogna controllare la formazione di eventuali sali solubili ed in particolare composti del Sodio. 31 Malte cementizie Il legante cementizio è costituito da una miscela artificiale messa a punto nella prima metà del XIX sec. definito Cemento Portland, poiché comparato come resistenza meccanica alla Pietra di Portland. Il legante cementizio è costituito dalla cottura di una miscela di Calce ed Argilla alla T di 1450 °C. La reazione che si produce è la seguente: ¯CC + AS Calcare Argilla > C2S + C3S+ C3A Silicati ed Alluminati di Calcio Il prodotto della cottura è detto clinker ed è in buona parte vetrificato. Questo viene macinato finemente con l’ aggiunta di Gesso (3-5%), al fine di ritardare la presa. La reazione di presa si sviluppa quando il clinker viene a contatto con l’ acqua, producendo la reazione: C2S + C3S+ C3A + H > CSH + CAH + CH Silicati ed Alluminati di Calcio Acqua Silicati e Alluminati di Calcio Idrati Calce idrata Conducente alla formazione di idrato di calcio idrato, che rende l’ ambiente fortemente basico (Ph intorno a 12,5). Presa del cemento La presa del cemento dipende sostanzialmente dai minerali silicatici. Per questo motivo il cemento fa ottima presa sui materiali silicatici. Le malte di cemento sono inoltre caratterizzate da un elevata resistenza meccanica. Il fenomeno della Carbonatazione produce non solo carbonato di Calcio, ma anche Carbonati di Calcio, Silice ed Allumina. Problematiche di natura conservativa nell’ impiego della malta di cemento nel restauro Alcune fenomenologie legate soprattutto al Cemento Portland rendono le malte cementizie poco adatte per interventi conservativi, in relazione ad alcuni fattori: - Fenomeni di innesco di corrosione delle armature. L’ invecchiamento del cemento rende l’ ambiente fortemente acido, arrivando ad un Ph di 8,5, che può innescare la corrosione dei ferri annegati nelle strutture cementizie; - Possibile reazione di materiali alcalini spesso aggiunti ai cementi, che possono provocare l’ insorgere di efflorescenze alcaline molto dannose per i supporti. Tale fenomeno è legato alla possibile formazione di sali solubili, che cristallizzano con molte molecole d’ acqua risultando fortemente espansivi. I sali più pericolosi sono quelli di Sodio, che determinano la formazione di Soda caustica, Mirabilite, e Natron, secondo le reazioni seguenti: alcali nel cemento + calce libera > NAOH Idrossido di Sodio (soda caustica) NAOH + Idrossido di Sodio NAOH Idrossido di Sodio CaSO4 . 2H2O > Gesso + CO2 Anidride Carbonica Na2SO4 . 10H2O Solfato di Sodiodecaidrato (Mirabilite) > NaCO3 . 10H2O Carbonato di Sodio decaidrato (Natron) - Caratteristiche di resistenza meccanica e porosità molto differenti dai materiali costruttivi tradizionali. Le malte di cemento presentano elevate resistenze meccaniche ed alti moduli elastici, risultando decisamente più rigide delle strutture in murature tradizionali, su cui vanno ad interagire. 32 In relazione agli intonaci la ridotta porosità delle malte di cemento e la piccolissima dimensione dei pori, da una parte facilita l’ assorbimento d’ acqua, dall’ altra non ne rende difficoltosa l’ evaporazione determinando fenomeni di distacco all’ interfaccia fra struttura muraria ed intonaco. Altri prodotti potenzialmente pericolosi presenti nelle Calci idrauliche e nel cemento sono costituiti da due sali: Ettringite e Thaumasite, presenti nella miscela del cemento Portland, ma che possono originarsi anche in malte idrauliche prodotte storicamente. Ambedue i componenti determinano un rigonfiamento del materiale originale, che in presenza di Thaumasite può arrivare ad uno sfaldamento del materiale originale. Generalmente la formazione di Ettringite precede quella della Thaumasite. Ambedue i composti si producono facilmente in climi freddi piuttosto che caldi (0-10°C) e ad elevati valori di Umidità relativa. Tali prodotti di alterazione sono innescati dalla presenza di Solfati e di acqua circolante. La formazione di Ettringite non è di per sé pericolosa, lo diventa in presenza di Calce e quindi in ambiente basico. Le formule grezze di questi due prodotti di alterazione ci informano dei composti componenti i due prodotti, e possono dare informazione sui meccanismi di produzione di questo tipo di alterazione (tabella 1 e 24). 4 L. COPPOLA, M. COLLEPARDI, "Il Ruolo dell’Umidità nel Degrado dei Materiali nelle murature", ‘Il Nuovo Cantiere’, n.6, pp. 15-16, Giugno (1996). 33 34 35 Nel caso dell’ Ettringite, può notarsi che si può formare per reazione del Solfato di Calcio, dell’ acqua e degli Alluminati di Calcio idrati: nel caso della Thaumasite, può notarsi che essa si può formare per reazione del Carbonato di Calcio, del Solfato di Calcio, dell’ acqua e dei Silicati di Calcio Idrati. Quindi la formazione di questi composti richiede la compresenza di: - Solfato di Calcio; - Acqua; - Malte di calce idrauliche, malte cementizie (perché tutte contengono Alluminati o Silicati di Calcio idrati). Modificazioni e formulazioni di malte cementizie L’ aggiunta di Pozzolana al Cemento nella composizione di cementi pozzolanici permettendo di legare la calce libera sotto forma di Silicato, impedisce il formarsi di alcune delle reazioni sudescritte, riuscendo anche a bloccare il Sodio Solubile. Per tali motivi il cemento pozzolanico sembra più adatto del Portland negli interventi strutturali necessari durante il restauro. Malte pozzolaniche Fanno parte di un gruppo di Calci aventi la proprietà di fare presa in acqua e dette quindi Calci idrauliche. Sono costituite da una miscela di Calce aerea con l’ aggiunta di terre di origine vulcanica, contenenti materiali a base di Silice ed Allumina, che reagiscono con l’ idrato di calce formando silicati (e\o Alluminati di Calcio) insolubili. Tali materiali vulcanici, a comportamento pozzolanico sono noti storicamente e vengono ricavati da cave esistenti in Campania (Pozzuoli e Bacoli), nella zona laziale, e nelle isole Eolie. Sebbene siano accomunate dal comune comportamento idraulico, queste pozzolane si differenziano per colore (rossastra la pozzolana laziale, grigio-gialle o grigie le altre due) o per la presenza o assenza di alcuni minerali che le diversificano dal punto di vista della composizione chimico-mineralogica. Sono pozzolanici anche alcuni materiali prodotti industrialmente, in genere derivati dal forte riscaldamento di sostanze contenenti Silice ed Allumina (terracotta, scorie della lavorazione del ferro e ceneri volanti delle centrali termiche). L’ uso di Calci pozzolaniche sembra sia documentato già in epoca ellenistica (III sec. a.C.). Il loro impiego è comunque accertato in epoca romana, ed impiegato per le strutture in Calcestruzzo (puteolana). Il materiale reattivo vetroso contenuto nei materiali pozzolanici reagisce con la calce idrata secondo la seguente formula: AS Silico-alluminatiCalce idrata + CH acqua +H = CAH + Alluminato di Calcio idrato CSH Silicati idrati di Calcio Intonaci e stucchi realizzati con malte idrauliche Le malte idrauliche sono state frequentemente impiegati per due usi principali: La realizzazione di malte destinate ad ambienti a contatto con l’ umidità, e la realizzazione di stucchi, per la proprietà di carbonatazione di tale legante in caso di spessori elevati. La tecnologia classica di epoca romana per gli stucchi impiega frequentemente per la realizzazione degli stucchi una struttura interna in malta idraulica, rinforzata con l’ impiego di inerti di grossa granulometria (pezzi di coccio, ferri e\o pietre) a costituire il corpo dello stucco. La tecnica dello stucco viene ripresa nel 1500 da Vasari e successivamente da Palladio, con l’ utilizzazione di coccio pesto al posto di pozzolana. 36 Malte a coccio pesto Comportamento idraulico conferisce anche l’ unione ad un legante aereo di frammento di cotto, nella realizzazione della cosiddetta malta a coccio pesto. Tale formulato ha origini antiche. Molto adoperato in epoca romana, dove veniva impiegato per la realizzazione del coementum per le murature nonché per le pavimentazioni interne delle abitazioni, ha trovato anche in epoche successive largo impiego. Alla malta di Calce venivano aggiunti infatti spesso frammenti laterizi,spesso derivati da rottami di tegole laterizie o mattoni, composti da Fillosilicati, che permettevano la formazione di Silicati ed Alluminati di Calce, analogamente agli altri tipi di malte idrauliche prodotte. 2.2.3. -Malte a base di gesso L’ impiego della malta di gesso è molto antica, risalendo almeno al periodo delle Antiche dinastie egiziane. Si diffonde soprattutto in Medio Oriente, sia per gli abbondanti giacimenti di materiale, sia perché a causa del clima secco africano, le caratteristiche negative di tale materiale (media solubilità), non si manifestano in climi a scarsa precipitazione. Rispetto alle malte di Calce aerea il Gesso possiede il vantaggio di una rapida presa ed indurimento. Storicamente viene adoperato sia come malta d’ allettamento nelle murature, sia come materiale per la composizione di elementi a Stucco, nonché per la definizione delle superfici interne. Formazione della malta di Gesso Il legante a base di Gesso si ricava per cottura da Rocce gessose, che si trovano o in forma cristallina, in cristalli grigiastri trasparenti, a forma prismatica e\o geminati, a forma di lancia (Selenite), o in forma di ammassi geminati compatti di cristalli aghiformi (Sericolite). Chimicamente il gesso è costituito da un minerale idrato (Solfato di Calcio bi-idrato), la cui formula composizionale è la seguente: CaSO4 . 2H2O Il processo produttivo del legante prevede le seguenti fasi: - Cottura del minerale La preparazione del legante è ottenuta per cottura del materiale a diverse temperature a seconda del prodotto finale che intende ricavarsi, trasformandosi nella fase anidra, secondo la reazione: CaSO4 . 2H2O > CaSO4 Gesso Anidrite Aumentando la T, fino a 900°C, il Gesso non idratato si scompone in una certa percentuale di Calcelibera (CaO), derivata dalla scomposizione del Solfato. Tali prodotti risultano di presa lenta e sono dotati di buone proprietà idrauliche, e per tale motivo il Gesso viene impiegato come ritardante di presa nella chimica del Cemento. - Macinazione. Il prodotto così ottenuto, viene macinato per ricavarne una polvere da reidratare successivamente tramite la miscelazione con acqua. A seconda del grado di macinazione viene impiegato per diversi usi. La polvere ottenuta si presenta di consistenza morbida e di un colore che va dal bianco grigiastro al bianco latteo, per eventuale presenza o meno di impurità presenti nel minerale. Prodotti del Gesso In relazione alla qualità del materiale originario, della cottura e della macinazione, vengono ricavato diversi prodotti base per l’ edilizia: - Gesso cotto ( o da muratore), è generalmente impiegato nelle costruzioni come malta di allettamento. Viene ottenuto per cottura alla T di 250°C da pietra di Gesso non selezionata. La più elevata T di cottura permette la disidratazione totale di tutte le parti della pietra originaria. La macinatura viene effettuata a grana grossa. 37 - Gesso Scagliola, di finissima macinazione, caratterizzato da una presa molto rapida, generalmente utilizzato nei rivestimenti parietali, in cui si richiedono accurate definizioni di superficie. - Gesso da modellatori, cotto a 180°C, e di finissima macinazione, viene impiegato per la preparazione di stucchi. - Gesso da finiture, è adatto alla costruzione di intonaci e parti decorative a rilievo. Le superfici finali possono essere levigate e lucidate, per fornire particolari effetti. Componenti non leganti delle malte (acqua, inerti) Acqua L’ acqua da impiegare nella formazione delle malte deve risultare priva di impurità e soprattutto di sali, che possano poi provocare fenomeni di efflorescenze con disgregazione del prodotto stesso in fase di asciugamento. L’ acqua impiegata quindi non deve mai essere acqua di mare per l’ elevato contenuto di sali in essa esistente. Acque dure, ossia ricche in Bicarbonato di Calce e Magnesio possono essere adoperate per la realizzazione di Malte di calce aerea, ma sono sconsigliate per la realizzazione di malte idrauliche. La temperatura dell’ acqua condiziona il tempo di presa della Malta. Nelle stagioni fredde, per evitare fenomeni di gelività ed accelerare la presa del composto, occorre riscaldare l’ acqua. In taluni casi prima della presa venivano stesi rivestimenti di paglia per tenere la superficie ad una maggiore temperatura. Allo stesso modo, in climi molto ventilati era abitudine riparare con teli umidi di iuta la superficie per evitare una presa eccessivamente veloce della malta, con conseguenti eccessivi fenomeni di ritiro, formanti crepe sulla superficie. Quantità d’ acqua La quantità d’ acqua da utilizzare per la realizzazione dell’ impasto è dipendente dal tipo di legante e dalla dose di inerti che viene unita all’ impasto. Eccessi d’ acqua ritardano la presa dei leganti e determinano un eccessiva porosità del prodotto finale scarsamente coeso e facile a disgregarsi. La quantità d’ acqua va aggiunta lentamente al fine di realizzare un impasto abbastanza lavorabile, non troppo morbido ed omogeneo, e privo di grumi. In ogni caso l’ acqua non deve formare ristagni sulla superficie o scorrere attorno all’ impasto. Il volume d’ acqua cresce in relazione al tenore di inerti ed alla finezza del legante (maggiore per inerti finemente macinati, come il cemento), nonché al clima del luogo ed alle caratteristiche di maggiore o minore porosità del supporto. In climi o stagioni umide e con materiali poco porosi, la quantità d’ acqua va ridotta; al contrario va aumentata in climi secchi e con materiali molto porosi. In questi casi prima di applicarla, va sempre bagnata la superficie del supporto murario per evitare che l’ acqua necessaria per la presa possa essere assorbita dal mezzo poroso. Inerti o cariche Sabbia, Ghiaia, Cariche idrauliche (pozzolana, coccio pesto, etc..) Vengono chiamati in tal modo perché non hanno caratteristiche reattive, come i leganti, ma partecipano alla formazione della malta con funzioni meccaniche. Gli inerti infatti costituiscono uno scheletro interno cui si avviluppano i cristalli del legante, aventi la funzione di distribuire gli effetti del ritiro sulla superficie dei singoli granuli evitando fessurazioni del prodotto finale. Sabbie Le sabbie, ossia le particelle detritiche derivate dal disfacimento di rocce ad opera degli agenti atmosferici, possono provenire da diversi ambiti. Si dividono in sabbie di Cava, di fiume, da depositi alluvionali, marine. Le ultime sono sconsigliate a meno di accuratissimi lavaggi per la presenza di sali (tuttavia in molta manualistica antica ne è citato l’ uso a condizione che siano sottoposte a lavaggio). Le migliori sono quelle fluviali, perché ben classate (ossia di granulometria simile), e quelle di Cava o da depositi alluvionali, che però devono essere sottoposte a filtraggio, per eliminare eventuali frazioni terrose o argillose presenti. Le sabbie possono essere silicee o Calcaree. Le prime, molto dure ben classate e poco friabili sarebbero da preferire, le seconde, più friabili, possono assorbire in parte l’ acqua d’ impasto. Le dimensioni dei granuli sono dipendenti dall’ impiego della malta. Per murature ordinarie e per malte di allettamento saranno di grossa e media granulometria (da 3 ad 1 mm), poiché deve avere 38 buone resistenze meccaniche, per le finiture, saranno di piccola granulometria, poiché per questa funzione, non sono richieste elevate proprietà meccaniche, ma una maggiore adesività. (Figg30,31,32,33). Ghiaie, pietrisco Formati da frammenti di roccia detritici, vengono impiegati per la produzione di calcestruzzi. La loro dimensione per normali calcestruzzi non supera i 4-5 cm, ma a seconda degli usi le pezzature possono aumentare. Per il confezionamento di calcestruzzi, generalmente si preferisce adoperare Calcari compatti o rocce granitiche o silicee. Cariche idrauliche naturali: Pozzolana, Coccio pesto Pozzolana Con il termine pozzolana si designa una roccia di natura vulcanica diffusa in varie località della Campania, Lazio e Sicilia. E’ in generale costituita da un Tufo (una sedimentaria piroclastica), a grana fine, originato da lapilli e cenere vulcanica. Ha composizione prevalentemente acida (silice dal 45 al 60%; allumina dal 15 al 20%; ossido di ferro dal 4 al 12%; Calcio, Magnesio, Sosio e Potassio dal 3 al 10%), che gli permette di formare, per reazione con la calce idrata degli idraulici (silico-alluminati) capaci di far presa anche in ambienti umidi. Il materiale era già conosciuto in epoca romana con il nome di pulvis puteolanum, per confezionare malti idrauliche. La pozzolana laziale ha colore violaceo-rossastro o grigiastro, per la maggiore presenza di ossidi di Ferro; quella campana è bruna o grigio-chiara. Coccio pesto Anche i materiali argillosi conferiscono proprietà idrauliche alle malte. Per tale motivo si impiegano frantumi laterizi per la realizzazione di Malte idrauliche. Si ottiene per frantumazione di laterizi a piccolo spessore (tegole, mattoni per pavimentazioni, vasellame, etc… ), in cui vi è maggiore presenza di silicato di Alluminio, per le maggiori temperature di cottura (Fig. 32). Per la fabbricazione del Coccio pesto venivano anche impiegati mattoni poco cotti, ridotti a granuli e sottoposti a successiva cottura. Tale prodotto, a causa della elevata temperatura raggiunta forniva un prodotto stabile e utile al suo impiego come materiale idraulico. Fig. 30 – Esempio di intonaco a calce con inerti sabbiosi. Il colore ocra chiaro è probabilmente determinato da frammenti del materiale lapideo immesso come inerte. Fig. 31 – Esempio di intonaco caricato con sabbia di mare (con strato di tonachino colorato in pasta), come si evince dalla presenza di conchiglie. 39 Fig 32 - Esempio di intonaco a coccio pesto. Sotto la finitura rosa in parte alterata sono visibili i frammenti di cotto. Fig. 33 – Esempio di intonaco con inerti lavici (grani di colore nero) e lateritici (coccio pesto). 2.2.4. - Intonaci Gli intonaci costituiscono la superficie di rivestimento delle murature, cui è affidata sia la funzione di protezione del supporto lapideo sottostante, sia la facies estetica del manufatto. L’ intonaco viene generalmente steso in 3 strati, a funzione diversa, ed a gradi via via decrescenti di porosità e granulometria degli inerti (Fig. 33): - lo strato di Rinzaffo, con inerti più grossolani, steso in modo irregolare, ha la funzione di aggrappaggio della superficie di Ariccio, costituente il vero e proprio corpo dell’ intonaco, al substrato murario; - lo strato di Ariccio (o corpo), costituente la superficie piana dell’ intonaco, generalmente con inerti di media granulometria, steso tramite l’ impiego di seste, ossia guide verticali su piani paralleli, per assicurarne la perfetta perpendicolarità della superficie, poi lavorato a fratazzo e lisciato. - lo strato di Finitura (o stabilitura o tonachino), costituito da materiale caricato con inerti di piccola granulometria, lisciato perfettamente, a volte con ferri caldi, o tramite sabbia silice o con un blocchetto di Arenaria, ad ottenere una superficie levigata. A tale strato può essere affidata direttamente la definizione cromatica tramite la miscelazione nella pasta del tonachino di terre colorate o ossidi. Al fine di ottenere particolari effetti decorativi, la superficie poteva essere poi lucidata tramite l’ impiego di sostanze grasse (saponi, cere, olio di lino, etc… ). Lo strato di finitura, destinato a rendere la qualità figurale della superficie poteva essere realizzato con miscele di diversi materiali, con rapporto legante\ inerte ridotto rispetto a quello impiegato negli altri strati (1:2,5 ed anche minore di questo). Le finiture erano generalmente realizzate o con grassello di calce e sabbia, o con grassello di calce e pozzolana, o per particolari finiture della superficie, con polveri di Marmo: Per ottenere un aspetto molto levigato e simile a quello del Marmo al grassello veniva aggiunta polvere di Marmo, e l’ impasto steso a spessore sottile di circa 2-3 mm. Tale realizzazione permetteva di ottenere una finitura molto fine, che poteva essere ancora ulteriormente levigata tramite la stesura di ferri caldi e successivamente lucidata con cere o saponi od olio di lino, stesi con movimenti rotatori con un panno sulla superficie (Figg. 35,36). 40 Fig 34 – Veduta dei tre strati di realizzazione di un intonaco in un esempio di rivestimento a coccio pesto. Fig 35 – Finitura lisciata a calce bianca. Fig. 36 – Finitura lisciata di un intonaco a coccio pesto. La tinta rosa è caratteristica di tale tipologia, per la presenza di polvere di cotto macinata 41 2.2.5. - Coloritura delle superfici ad intonaco Il colore può essere dato in pasta, miscelando i pigmenti nello stesso ultimo strato di finitura (tonachino colorato in pasta), oppure sovrapposto al monachino tramite una tinta. Tinte a Calce Il legante più adoperato è quello a base di grassello di calce, molto diluito in acqua, cui venivano aggiunti pigmenti colorati, resistenti in ambiente alcalino (ocre naturali ed ossidi di ferro) (fig. 37).. Il grassello ha la doppia funzione di legante per i pigmenti e di colore bianco per scalare le tonalità della tinta. Viene prima preparata la miscela di pigmenti diluiti in acqua, e poi aggiunto tanto grassello diluito quanto è necessario al fine di ottenere un effetto più o meno coprente. L’ applicazione va eseguita a pennello, dopo aver bene miscelato il composto, direttamente sulla finitura. Tale tinta permette la traspirazione della superficie, ma può dilavarsi facilmente per effetto dell’ acqua meteorica. A volte per ovviare a tale inconveniente venivano aggiunti dei prodotti organici naturali (caseina, colla, olio di lino, etc… ), per migliorare la fluidità della tinta e per realizzare una maggiore aderenza. Particolari effetti di profondità venivano ottenuti per velatura con trattamento della tinta a spugnatura. Fig 36 – Preparazione di una tinta a calce. Dall’ alto a destra, aggiunta di acqua al grassello, miscelazione delle terre coloranti con acqua, aggiunta del latte di calce alle terre coloranti, applicazione della tinta su una finitura a calce bianca. 42 Tonachino colorato in pasta E’ un intonaco di finitura composto da grassello di calce aerea colorato con pigmenti minerali naturali (terre ed ossidi minerali), resistenti all’ azione alcalina della calce (Figg. 38,39). Nel tonachino per evitare il ritiro vanno aggiunte sabbie carbonatiche bianche (per non influire sulla tinta) o silicee trasparenti. La superficie deve essere mantenuta umida durante la presa e l’ indurimento per evitare fessurazioni. Una variante è rappresentata dalla finitura a coccio pesto, sostituendo ai pigmenti colorati polvere di laterizi. Se il colore non viene dato direttamente in pasta, si realizza un’ ultima operazione consistente nella coloritura, dell’ ultimo strato di finitura. A questo scopo viene impiegata la Tinta, che rimane aderente per l’ uso di un legante organico od inorganico. Fig 38 – Intonaco colorato in pasta, recante tracce di tinta color rosa chiaro. Fig. 39 – Esempio di intonaco colorato in pasta. La disgregazione dello strato di finitura rende più evidente la totale colorazione di questa Tinteggio a tempera o a colla Le tinte a tempera o a colla vengono impiegate negli interni o in parti esterne coperte. Il legante è costituito da prodotti organici di origine animale, come colle derivate dalla cottura di pelli, caseina o tuorlo d’ uovo. Vengono dapprima miscelati i pigmenti con poca acqua, e successivamente ad idratazione avvenuta aggiunti i leganti organici. Per stemperare i toni si usa biacca di Piombo od bianchi minerali. Il tinteggio può essere applicato a qualsiasi tipo di supporto (a calce, di calce idraulica, a gesso), ma con adeguata preparazione della superficie, ottenuto con uno strato preparatorio di gesso e colla sciolta a caldo, o a polvere di Marmo sempre mescolata al legante organico. Tinte ai Silicati Le tinte ai Silicati di Potassio costituiscono prodotti a base inorganica introdotti in edilizia in Italia nel XIX sec. Esse sono costituite da una legante di Silicato di Potassio cui vengono aggiunti i prodotti coloranti. Il fissaggio del colore viene ottenuto per reazione del Silicato con il Carbonato di Calce del supporto della finitura, con formazione di Silicato di Calcio insolubile, particolarmente resistente a fenomeni aggressivi. Attualmente esistono due tipi di prodotti ai Silicati; uno, composto solo di materiale inorganico, l’ altro contenente circa il 5 % di composti polimerici, che ne consentono una migliore adesione, ma che determinano un effetto pellicolante, rendendole simili alle idropitture polimeriche. Limiti di tali tinte è 43 che non possono essere stese su precedenti trattamenti ad idropitture, che bisogna eventualmente rimuovere. Tinte a base polimerica Tinte contenenti polimeri quali leganti sono state introdotte nel in Italia nel secondo dopoguerra, generalmente designate come idropitture (o pitture lavabili). I prodotti polimerici impiegati inizialmente erano costituiti generalmente da resine acriliche o acetoviliniche. Attualmente, sono in produzione leganti a base di resine acriliche, alchiliche, di clorocaucciù, viniliche , epossidiche e poliuretaniche ( solubili in soluzione acquosa), a queste si aggiungono le fenoliche, le silossaniche, le siliconiche per quelle diluibili in solvente. I prodotti coloranti impiegati sono anch’ essi artificiali. Caratteristiche principali che le contraddistinguono sono costituite dalla loro proprietà di realizzare colori ‘ coprenti’ , ossia piatti, non permettendo la tradizionale profondità delle più tradizionali tinte a Calce, e di essere pellicolanti e poco traspiranti. Per tali motivi il loro impiego è sconsigliato su edifici storici (Figg. 40,41). I prodotti a base silossanica sembra siano fra i pochi che consentano caratteristiche di idrorepellenza e traspirabilità al vapore, senza conseguire effetti pellicolanti. Fig 40 – Idropittura. Diversamente dalle tinte a calce si presenta con colori uniformi, lucidi e piatti. In presenza di umidità o sali, per le caratteristiche antitraspiranti, si degrada formando bolle, che poi sotto l’ azione della pressione, rompono la pellicola, che si presenta con orli arricciati alle estremità. Fig. 41 – Rivestimento con pellicola a base polimerica L’ aspetto e la consistenza possono essere gommosi. In questo caso la superficie è stata trattata a graffiato, con incisioni della superficie su cui facilmente possono formarsi depositi di polveri e articolato. Pittura a fresco La pittura a fresco ha la particolarità di venire stesa sul supporto della finitura, quando questo non è ancora carbonatato in modo che il colore venga fissato durante la presa. Le tinte vanno stemperate in acqua e stese sul tonachino ancora fresco. Per questo motivo la finitura va stesa per giornate di lavoro, in quantità tale da non farla asciugare e su di essa, durante l’ inizio del processo di indurimento va steso il colore. Se la superficie indurisce bisogna eliminare la finitura indurita e ripetere il procedimento. I giunti delle varie stesure andranno nascosti in punti particolari della superficie. La tinta, come l’ impasto della finitura devono rimanere nella stessa composizione, per cui occorre preparare in un’ unica soluzione tutto il materiale necessario e lasciarlo sotto un velo d’ acqua. La tinta a fresco impedisce ritocchi e strati di velature successive per l’ azione decolorante offerta dal legante a calce sulle tinte fissate, come allo stesso modo ritocchi a tempera producono effetti diversi di colore su tale superficie. Per la realizzazione di figure, si disegnano queste con diverse tecniche: spolvero, ossia tramite passaggio di polveri da un cartone bucherellato seguendo la linea della figura; incisione con una punta metallica; disegnate a sinopia. 44 45 2.2.6 - Applicazioni decorative dei lapidei artificiali Stucchi Il termine indica una malta di grassello di calce fine, da Calcari bianchi puri a grana microcristallina, composta, con polvere sottile di Marmo, in funzione di inerte, poi impastata con acqua. Le proporzioni fra legante ed inerte sono in genere fra 1:1 ed 1:1,5, per le finiture, mentre lo strato più interno è normalmente composto con grassello di calce e sabbia silicea o coccio pesto, anche con aggiunta di gesso (Fig. 42). Dopo la presa e l’ indurimento lo stucco assume aspetto marmoreo e lucente grazie ad operazioni di lisciatura e lucidatura. Viene generalmente utilizzato negli interni, ed anche negli esterni, per definire cornici e parti ad ornato. L’ impasto è generalmente bianco, ma può essere anche pigmentato aggiungendo tinte minerali nella miscelazione, in genere ad imitare tutti i tipi di marmo colorati. Fig 42 – Materiali componenti lo stucco: Calce, coccio pesto, sabbia di fiume, gesso, polvere di marmo, impiegati per l’ esecuzione dei diversi strati. Cere ed oli per le opere di lustratura finale, atte a darne l’ effetto di lucentezza marmorea. In fondo, palme, canapa, ed elementi lignei utilizzati per costituire l’armatura interna di altorilievi a stucco. Esterni Parti a piccolo basorilievo Su parti a rilievo non eccessivo, lo stucco viene steso direttamente sul muro con cazzuole metalliche o spatole; i decori sono realizzati con stampi, per modellamento a mano, o con modine di legno a scorrimento per le cornici. Ornati a piccolo rilievo a motivo ripetuto Per ornati decorativi a motivo ripetuto, si utilizzano stampi di legno in negativo, internamente rivestiti di cera e polvere di marmo, per non provocare sbavature, impressi sulla superficie e poi rifiniti con uno straccio bagnato o con il raschietto. 46 Decorazioni a basorilievo Nelle decorazioni a bassorilievo modellate a mano, i contorni ed i diversi rilievi, vengono incisi con piccole punte di ferro. All’ interno dei campi, previa bagnatura della superficie, viene applicato lo stucco a spessore, poi rifinito. Altorilievi Nel caso di altorilievi o figure a tutto tondo, deve essere realizzata un’ armatura interna, metallica o lignea, da ricoprire con gli strati di fondo e successivamente con lo stucco (Fig. 43). Per rendere le parti agganciate a muro più leggere, vengono usate imbottiture di canapa, paglia, collegate a muro con chiodi e ganci metallici. Viene steso dapprima un abbozzo della struttura con calce e inerti grossi laterizi o lapidei. A questo viene dato lo strato di corpo, e con il raschietto si delineano i dettagli Prima della finitura, viene steso uno strano omogeneizzante di latte di calce e polvere di marmo, e successivamente lo strato di finitura su cui viene definito il modellato e l’ intaglio. La superficie viene poi rifinita con pezzuole umide o a mano. La levigatura della superficie viene ottenuta per compressione con ferri caldi e la lucidatura con sostanze grasse strofinate con movimenti circolari. Fig 43 – Altorilievo a stucco proveniente dalle opere serpottiane una volta esistenti nel distrutto Monastero delle Stimmate di Palermo. Interni Il materiale adoperato per realizzare lo strato a rilievo e l’ ariccio degli stucchi negli interni è costituito da una malta bastarda di Gesso e grassello di Calce. Questa miscela ha una presa più rapida di quella della malta di calce aerea e quindi il modellato va realizzato velocemente. Su questo strato va poi realizzato l’ ariccio con percentuale di gesso decrescente fino alla finitura con calce e polvere di marmo. Per elementi in serie, le forme possono essere preventivamente realizzate per colatura di malta di gesso in stampi, e successivamente applicate con perni lignei o metallici al supporto, e con malta fine per chiudere i raccordi fra le parti. Lo strato di finitura nasconde poi la serialità degli elementi. 47 Elementi a rilievo realizzati con intonaco Cornici marcapiano, Cornicioni terminali, Cornici di aperture L’ intonaco viene utilizzato anche per eseguire parti a rilievo decorativo come faasce marcapiano, cornici di porte e finestre, cornicioni terminali. Per elementi di poco aggetto la malta può essere costituita a spessore con un nucleo a rinzaffo a grossi inerti anche di rottami laterizi. Su questo viene poi dato lo strato di corpo e la finitura. Gli aggetti di maggiore sporgenza hanno invece un’ ossatura laterizia o lapidea con conci incastrati nella muratura e poi rivestiti da uno strato di rinzaffo, ariccio e finitura. Il profilo voluto viene realizzato grazie all’ uso di Raffetti o modine lignee, recanti la sagoma in negativo e fatti scorrere sullo strato di finitura (Figg. 44,45). Fig 44 – Modina, ossia sagoma lignea atta a realizzare profili di cornicioni di coronamento in intonaco. Fig 45 – Esemplificazione della realizzazione di un cornicione ad intonaco. 48 Intonaco a bugnato o ad imitazione di materiale lapideo Con l’ intonaco possono essere realizzati effetti di definizione a bugnato sulla superficie. L’ intonaco a bugnato può essere distinto in relazione allo spessore dei finti conci in: bugnato semplice (con la dimensione dei conci realizzata tramite incisione della finitura); a rilievo, a bozze lisce, con spigoli a cuscino (arrotondati) o vivi. Lo stesso singolo concio poteva simulare l’ effetto della pietra grezza (bugnato a rustico) o simulare specifici materiali lapidei (p.e. intonaco bugnato a finto travertino). Nel XIX e XX sec. si diffonde anche la lavorazione della superficie a finta cortina laterizia (figg. 46 a, b, c, d). Per il bugnato a rilievo la sporgenza può essere realizzata lasciando alcuni conci della muratura sporgenti in corrispondenza del rilievo, ma più spesso questi sono realizzati con una struttura di malta a spessore sovrapposta alla muratura. La superficie viene poi definita sull’ ariccio e successivamente definita dallo strato di finitura. Spesso il colore è conferito caricando nella malta di finitura inerti del materiale che si vuole simulare o simulando le caratteristiche tessiturali del materiale. Fig 46 a, b, c, d. – Intonaco a bugnato e finta pietra. Dall’ alto a destra: intonaco a bugnato semplice, intonaco a rilievo, intonaco a bugnato semplice a finto travertino, intonaco a finta cortina laterizia. 49 BIBLIOGRAFIA 1. Materiali lapidei naturali - M. E. TUCKER, Sedimentary petrology : an introduction to the origin of sedimentary rocks, Dipartment of geological sciences, University of Durham, Blackwell science, Oxford, 2. ed. 1991; - R. BUGINI, Le rocce ed il loro impiego in architettura. Appunti dalle lezioni – Centro CNR ‘Gino Bozza’, Milano, A.A. 1987-88; - A. MOTTANA, R. CRESPI, G. LIBORIO, Rocce e minerali, Arnoldo Mondatori Editore, Milano 1977; - Appunti dal Corso ‘Degrado del materiale lapideo della Regione Siciliana’, SINTESI, Dipartimento di Ingegneria chimica, Università di Palermo, 20 Marzo-28 Giugno 1995; 2. Materiali lapidei artificiali - U. MENICALI, I materiali dell'edilizia storica. Tecnologia e impiego dei materiali tradizionali, 1.a ed. ,Carocci, Roma 1992; - M. CAVALLINI, C. CHIMENTI, Pietre e marmi artificiali , 1.a ed., Alinea, Firenze 2000; - P. MORA ,L. MORA, P. PHILIPPOT, La conservazione delle pitture murali, 2.a ed.; Compositori, Bologna 2001,; in particolare pp. 43-77; - 50