Capitolo 2 – Fenomeni Endogeni Principali

annuncio pubblicitario
Capitolo 2 - Fenomeni Endogeni Principali
Capitolo 2 – Fenomeni Endogeni
Principali
ATTIVITA’ VULCANICA
A seguito di variazioni di temperatura e pressione, le rocce in
profondità possono fondere e trasformarsi in magmi, i quali
possono risalire in superficie dando origine a vulcani
24
ATTIVITA’ VULCANICA
In base all’origine, si possono distinguere 3 categorie di
magmi:
- Magma subcrostale: originatosi nel mantello superiore ad
elevata temperatura (1200°C)
- Magma intracrostale: originatosi nella crosta continentale
a temperature inferiori (500°C circa)
- Magma degli archi (arco-fossa e arco-cordigliera):
originatosi in profondità per fusione placche convergenti
25
Capitolo 2 - Fenomeni Endogeni Principali
ATTIVITA’ VULCANICA
In base alla composizione, si possono distinguere 3
categorie di magmi:
- Magma acido: contenuto in Silice (SiO2) maggiore del 65%
(magma molto viscoso)
- Magma intermedio: contenuto in Silice tra il 52% ed il 65%
- Magma basico: contenuto in Silice inferiore al 52%,
generalmente circa uguale al 45% (poco viscoso)
26
ATTIVITA’ VULCANICA
In base alla posizione, i magmi si possono formare in:
- Aree oceaniche: magmi basici (basalti) provenienti da
fusione mantello (subcrostali)
- Aree continentali: magmi basici (basalti) subcrostali o
magmi acidi (graniti) di origine intracrostale
- Aree di arco e di cordigliera: magmi intermedi (andesiti)
provenienti da crosta oceanica riassorbita dal mantello a
grandi profondità
27
Capitolo 2 - Fenomeni Endogeni Principali
ATTIVITA’ VULCANICA
Distribuzione dei vulcani attivi della Terra lungo i margini continentali e nei
punti caldi. Da notare l’evidente “Anello di Fuoco” attorno all’Oceano
Pacifico, che contiene 900 (66%) dei vulcani potenzialmente attivi del
mondo. I restanti 450 si trovano nella fascia Mediterranea (zone di
subduzione) e lungo i centri di espansione delle dorsali medio – oceaniche
(margini divergenti).
28
GIACITURA ROCCE MAGMATICHE
Plutoni: Corpi magmatici di grandi dimensioni, viscosi per la
loro composizione acida. Estensione areale: fino a centinaia
di km
Plutone granitico, con ricostruzione ideale della parte
asportata dall’erosione. Sono rappresentati schematicamente i
filoni: propaggini di corpi magmatici insinuate in fenditure di
roccia incassante
29
Capitolo 2 - Fenomeni Endogeni Principali
GIACITURA ROCCE MAGMATICHE
Vulcani: i magmi che fuoriescono in superficie come lave
formano gli apparati vulcanici
Tipo di edificio vulcanico: dipende da tipo di magma e
modalità di eruzione:
Magmi basici (fluidi): eruzioni caratterizzate da colate
laviche lente di temperatura elevata ed emissione tranquilla
di gas
Magmi acidi (viscosi): meno caldi, solidificazione rapida e
possibile ostruzione del condotto, con successive eruzioni di
tipo esplosivo (prodotti piroclastici)
30
TIPI DI EDIFICI VULCANICI
I diversi tipi di edifici vulcanici si differenziano in funzione del
tipo di magma (basico o acido), della sua temperatura e della
tensione di vapore
31
Capitolo 2 - Fenomeni Endogeni Principali
TIPI DI EDIFICI VULCANICI
Vulcani a scudo: si formano per emissione tranquilla di lave
fluide, a basso contenuto in silice, da un’apertura o condotto
centrale. La lava si raffredda e dà origine ad un basalto, la più
comune roccia vulcanica.
Il profilo dei vulcani a
scudo è blandamente
convesso verso l’alto,
come quello di uno
scudo appoggiato al
suolo.
Il vulcano a scudo Ferndandina nelle
Isole Galapagos. Il suo profilo convesso è
simile a quello dei vulcani delle Hawaii
32
TIPI DI EDIFICI VULCANICI
Il profilo dei vulcani a scudo è blandamente convesso verso
l’alto, come quello di uno scudo appoggiato al suolo.
Per lo più originati negli oceani, i
vulcani a scudo si trovano in
Islanda, nelle Isole Galapagos e
nelle Hawaii
L’isola di Hawaii in una immagine da
satellite: sono chiaramente visibili il
Mauna Loa (a Sud) ed il Mauna Kea
(a Nord)
33
Capitolo 2 - Fenomeni Endogeni Principali
TIPI DI EDIFICI VULCANICI
Stratovulcani: Attività vulcaniche effusive ed esplosive tra loro
associate costruiscono gli stratovulcani, talora definiti come
coni compositi, perché sono costituiti da livelli sia di materiale
piroclastico che di lava.
Sono stratificati (da cui il nome),
dato che sono costituiti da
un’alternanza di livelli di ceneri,
scorie e lava.
Esempi: Vesuvio, Fujiama
(Giappone), Monte Rainier
(USA), San Cristobal (Nicaragua)
Vulcano San Cristobal (Nicaragua)
durante l’eruzione del 1976
34
TIPI DI EDIFICI VULCANICI
Vulcani a caldera: un tipo particolare di stratovulcano è il
vulcano a caldera, generato da un rapido svuotamento
camera magmatica e sprofondamento di una zona anulare
intorno alla bocca eruttiva detta caldera
Il Crater Lake è una caldera, dovuta all’esplosione ed al successivo
collasso di un enorme stratovulcano noto come Monte Mazama, avvenuta
circa 6.900 anni fa.
35
Capitolo 2 - Fenomeni Endogeni Principali
TIPI DI EDIFICI VULCANICI
Stadi di sviluppo di una
caldera:
A) il magma riempie
completamente la camera
magmatica;
B) fenomeno eruttivo;
C) il tetto del serbatoio
sprofonda nella camera
magmatica originando la
caldera;
D) quando l’attività eruttiva è
cessata, la caldera può essere
occupata da un lago
36
MANIFESTAZIONI VULCANICHE PARTICOLARI
Piroclasti: insieme di ceneri, polveri, lapilli, ecc. che possono
accompagnare una attività vulcanica esplosiva e che, una
volta depositati, danno origine ai depositi piroclastici
Meccanismi di
deposizione:
1) per caduta gravitica;
2) per colata;
3) per ondata basale
37
Capitolo 2 - Fenomeni Endogeni Principali
MANIFESTAZIONI VULCANICHE PARTICOLARI
Ignimbrite: flusso di emulsione
trifase (gas, liquidi e solidi in
sospensione) molto caldo
prodotto da eruzione esplosiva
Nube ardente: flusso di emulsione bifase (gas e solidi in
sospensione) prodotta da eruzione esplosiva ma meno calda
dell’ignimbrite
Ondata basale: flusso di
emulsione bifase (acqua e solidi
in sospensione) prodotta dal
contatto tra lava in risalita e
acqua di falda che produce
violente esplosioni, generando un cratere vulcanico detto
maar
38
MANIFESTAZIONI VULCANICHE
Indice di esplosività vulcanica (VEI: Volcanic Explosivity
Index): ha valori compresi tra 0 e 8 a seconda del volume del
materiale emesso, della quota raggiunta dallo stesso e della
durata dell’eruzione.
La scala di “Classificazione” (vedi dopo) associa la specifica
eruzione con un vulcano ben conosciuto che ha mostrato lo
stesso tipo di attività. La scala di “Descrizione” impiega
aggettivi simili a quelli usati nei titoli di giornali per definire
l’eruzione.
Eruzione Monte St. Helens (USA) del 1980: indice 4 ed
eruzione definita da esplosiva a catastrofica.
39
Capitolo 2 - Fenomeni Endogeni Principali
MANIFESTAZIONI VULCANICHE
Rappresentazione grafica dell’Indice di Esplosività Vulcanica (VEI). Ad
esempio, un VEI=5 corrisponde ad un’eruzione molto grande, definita
come catastrofica, di tipo vulcanico, e con una colonna alta fino a 25 km.
40
MANIFESTAZIONI VULCANICHE
Plinio il Vecchio: storico e naturalista romano che morì durante
l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C.: prima di morire fu testimone di una
grande colonna di cenere con testa a forma di fungo o di incudine che si
innalzava dalla cima del Vesuvio. Tale colonna è stata definita “colonna
Pliniana”. In realtà, il termine “Pliniano” si riferisce a Plinio il Giovane
(cosiddetto per distinguerlo dall’omonimo zio Plinio il Vecchio) che
descrisse l’eruzione in due lettere a Tacito.
Colonne Pliniane si sono formate all’inizio dell’eruzione del Monte St.
Helens nel 1980 ed al Monte Pinatubo nel 1992 (vedi dopo)
41
Capitolo 2 - Fenomeni Endogeni Principali
MANIFESTAZIONI VULCANICHE
Nube pliniana carica di ceneri che si
eleva sopra il Monte Pinatubo
Colata piroclastica (nube ardente),
Vulcano Augustine (Alaska)
42
PERICOLOSITA’ VULCANICA
I vulcani come pericoli di origine naturale sono tra i primi posti
in termini di perdite di vite umane.
Esistono vari tipi di pericoli
connessi alle diverse attività
vulcaniche. Alcuni pericoli,
come i lahars (colate di
fango di origine vulcanica)
ed altri tipi di frane, possono
verificarsi anche quando il
vulcano non è in eruzione.
Pericoli di attività vulcanica
43
Capitolo 2 - Fenomeni Endogeni Principali
PREVISIONE DELLE ERUZIONI
Previsione: capacità di riconoscere quando e dove accadrà
un’eruzione vulcanica.
Esempio: Osservatorio dei Vulcani Hawaiani monitora le deformazioni che
possono preludere ad un evento vulcanico.
Il riempimento della camera magmatica provoca un rigonfiamento, quindi
un aumento graduale di pendenza dei fianchi che può essere misurato con
precisione ed un graduale aumento della sismicità.
44
PREVISIONE DELLE ERUZIONI
Le eruzioni avvengono dopo episodi di marcato rigonfiamento e
continuano fino a quando il magma si è esaurito.
Poche ore prima dell’inizio dell’eruzione il serbatoio si sgonfia rapidamente
mentre il materiale fuso si apre la strada verso la superficie.
Contemporaneamente si instaura uno scuotimento persistente del terreno
definito tremore vulcanico.
45
Capitolo 2 - Fenomeni Endogeni Principali
TERREMOTI
Dovuti a improvvise rotture o dislocazioni di grandi masse
rocciose della litosfera sottoposte a sforzi continuati oltre il
loro limite di deformazione elastica
Rottura avviene in corrispondenza di un volume di roccia. Per
convenzione si individua un punto preciso dal quale partono i
primi impulsi: fuoco o ipocentro.
46
TERREMOTI
Fuoco (ipocentro): punto in
cui avviene la rottura iniziale,
lungo la faglia
Epicentro: punto in
superficie situato sulla
verticale passante per il
fuoco
47
Capitolo 2 - Fenomeni Endogeni Principali
TERREMOTI
Ciclo di accumulo – deformazione – rilascio dell’energia per una faglia
trascorrente, secondo la teoria del rimbalzo elastico di Reid. Nell’istante
della rottura (c), l’energia viene rilasciata sotto forma di onde sismiche che
si irradiano in tutte le direzioni. (e) Spostamento di 2.5 m di una
staccionata causato dall’attività della faglia di San Andrea nel 1906,
California.
48
TERREMOTI
Onde sismiche
- Onde longitudinali (P o di compressione): moto delle
particelle nella stessa direzione di propagazione delle onde; si
propagano sia nei solidi che nei fluidi
- Onde trasversali (S o di taglio): moto particelle
perpendicolare alla direzione di propagazione delle onde; si
propagano solo nei solidi, con velocità inferiore alle onde P
49
Capitolo 2 - Fenomeni Endogeni Principali
TERREMOTI
- Onde di Love: onde superficiali che si sviluppano solo in
presenza di uno strato a bassa velocità e non si trasmettono
nei fluidi; spostamenti orizzontali e trasversali rispetto alla
direzione di propagazione
- Onde di Rayleigh: onde superficiali che determinano
spostamenti ellittici delle particelle il cui moto avviene nel
piano verticale e con verso retrogrado rispetto alla direzione di
propagazione
50
TERREMOTI
Movimento del terreno al passaggio
delle onde sismiche: (a) le onde P
comprimono ed espandono il
terreno; (b) le onde S spostano il
terreno in tutte le direzioni
perpendicolari alla direzione di
avanzamento delle onde stesse. In
figura è riportato solo il movimento
orizzontale. (c) Le onde di superficie
creano ondulazioni superficiali che
sono il risultato della combinazione
tra movimenti ellittici retrogradi delle
onde di Rayleigh (in figura) e quelli
delle onde di Love, che muovono il
terreno trasversalmente e
orizzontalmente rispetto alla loro
direzione di propagazione.
51
Capitolo 2 - Fenomeni Endogeni Principali
TERREMOTI
Sismogramma: risultato delle registrazioni delle onde
sismiche ottenute con i sismografi
Dai sismogrammi si può
risalire alla distanza
dell’epicentro in base alle
differenze dei tempi di arrivo
tra onde P ed S: tali
differenze aumentano al
crescere delle distanze.
Dati di 3 stazioni: permettono
di risalire all’epicentro
52
TERREMOTI
Distribuzione dei terremoti: lungo le zone di contatto tra
placche diverse.
Aree più facilmente soggette a sismi: Dorsali mediooceaniche; Fosse oceaniche; Fosse tettoniche continentali;
Catene montuose recenti
53
Capitolo 2 - Fenomeni Endogeni Principali
TERREMOTI
- Dorsali medio-oceaniche: terremoti poco profondi
- Fosse oceaniche: sistemi archi insulari (es. Giappone)
- Fosse tettoniche continentali: rift valley (Africa), California
- Catene montuose recenti: Himalaya, ecc.
54
TERREMOTI
Distribuzione dei terremoti in Italia
- Sicilia nord-orientale
- Arco calabro
- Appennino
- settore nord-orientale
55
Capitolo 2 - Fenomeni Endogeni Principali
TERREMOTI
Prevenzione
Conoscenze di base necessarie: distribuzione faglie
presenti nell’area in esame, condizioni suolo, probabilità di
frane, subsidenza o fluidificazione nel sottosuolo
Base per queste osservazioni:
-Carte geologico-strutturali: descrizione struttura geologica
e faglie attive nel Quaternario
-Carte dei depositi superficiali: tipo e spessore materiale
superficiale
-Carte dell’intensità sismica: intensità di terremoti in
epoche storiche
56
TERREMOTI
Prevenzione
Si possono ricavare:
-Carte di macrozonazione sismica: divisione in zone
omogenee rispetto al pericolo di eventi sismici
-Carte di microzonazione sismica: divisione in aree a
maggior rischio a livello locale (comunale)
57
Capitolo 2 - Fenomeni Endogeni Principali
TERREMOTI
Situazioni geologiche pericolose in relazione alle
costruzioni
A: Edificio sul ciglio di una
scarpata: esso oscillando può
crollare al piede della stessa
B: Edificio al piede di una
scarpata: può essere esposto
a crolli di roccia
C, D, E: Edifici costruiti su
terreni con caratteristiche
meccaniche diverse: si
possono creare cedimenti
differenziali che possono
indurre il crollo
58
TERREMOTI
Situazioni geologiche pericolose in relazione alle
costruzioni
F, G, H, I: Edifici
costruiti su materiali
con caratteristiche
geomeccaniche
sfavorevoli o su
situazioni in frana
59
Scarica