Carissimi,
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Rivista "Il Tempietto" n, 16
Presentazione
La Mostra esposta dal 1 al 9 dicembre 2014 nel salone del Liceo Don Bosco è stata
l'introduzione visiva a questo 16° numero della Rivista "Il Tempietto" dal titolo La
Grande Guerra, 100 dopo. Spinto dalla Mostra ad andare oltre la narrazione divulgativa,
è sorta in me insistente un'idea: nella Grande Guerra sono le radici del nostro tempo.
Non capiremmo infatti l'egemonia USA nel mondo che, dalla fine di quel conflitto nonostante una breve pausa di isolazionismo-, ha tolto il primato mondiale al vecchio
continente.Tramonta infatti l'egemonia mondiale della civiltà europea, la sua tecnica,il
suo progresso. E' la fine di un mondo!
Risalendo alla Grande Guerra risulta più chiara la "drammatica situazione del Medio
Oriente". Nel trattato Sèvres del 1920 vennero creati dai vincitori vari stati come
l'Arabia. L'Egitto, la Mesopotamia, la Palestina vengono poste sotto protettorato inglese;
la Tunisia, il Marocco, il Libano e la Siria sotto il protettorato francese; la Libia restava
all'Italia. Francia e Gran Bretagna durante il conflitto scoprirono la presenza del petrolio
del mondo arabo e da allora uno dei motivi della conflittualità di quella regione è l'oro
nero.
Nel 1917 con la dichiarazione di Balfour la Gran Bretagna si impegna a facilitare la
creazione, in Palestina, di una sede nazionale per il popolo ebraico, punto di partenza
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dell'attuale Stato d'Israele. Dal limitato numero di famiglie ebree che vivono in Palestina,
terra di arabi, si giunge ad uno stato ebraico che emargina la popolazione araba. I nuovi
stati sorti dalle ceneri dell'Impero Ottomano e la nascita di uno stato ebraico in Palestina,
resero il Medio Oriente una vera e propria polveriera. E la terra ove nacque il Signore
Gesù da Terra Santa è diventata Terra di guerra permanente.
Il petrolio, la ricchezza degli stati arabi, sembra essere il filo che unisce la situazione
creata artificialmente dopo la guerra all'attuale esplosione del fenomeno ISIS! Noi
continuiamo - scrive Franco Cardini spostando ancora più indietro le radici dell'oggi - a
considerare i valori delle conquiste della nostra civiltà come universali: e non vogliamo
renderci conto del fatto che essi sono stati fondati proprio sull'ineguaglianza e
sull'ingiustizia. Il cammino di ascesa civile della modernità, dal Cinquecento in poi, è
stato compiuto sulle teste , sulle spalle e - diciamolo pure- sui cadaveri delle popolazioni
degli altri continenti. Può non piacere: ma la globalizzazione, oggi, ha portato in
superficie questa contraddizione profonda; ha palesato che la nostra uguaglianza e il
nostro benessere hanno poggiato per lunghi secoli sulla miseria degli altri continenti e
sullo sfruttamento. E tutto ancor oggi continua, in un mondo nel quale milioni di africani
non possono saziare la loro sete e curarsi l'AIDS in quanto le nostre lobbies gestiscono a
caro prezzo le risorse idriche e tengono alti i costi dei brevetti di fabbricazione dei
medicinali."( Secolo XIX del 17 dicembre del 2014)
Chiaro il suggerimento dello storico: affamare e ridurre alla disperazione in nome della
logica del profitto e delle leggi del mercato non è meno criminale del criminale fanatismo
dei talebani o dell'ISIS. Ma si può escludere che il primo crimine sia la forza del
fanatismo e della crudeltà dell'ISIS?
Il trionfo del principio dell'autodeterminazione dei popoli infranse
l'impero
austroungarico in una ragnatela di stati: Polonia, Repubbliche Baltiche, Ungheria,
Cecoslovacchia. Si concesse agli stati del Sud di creare la Jugoslavia… e i Balcani sono
tuttora zona di "non pace".
La rivoluzione russa del 1917, infine, nata nella guerra mondiale, ha disseminato nel
mondo i suoi tentacoli tuttora vivi in America Latina e in Asia… anche se il 1989 col
crollo del muro di Berlino ha segnato la fine dell'impero bolscevico… e gli Usa sono
diventati i gendarmi del mondo. Ma la Russia prostrata dal fallimento del comunismo
reale e sconfitta dagli USA per il dominio del mondo, con Putin scompagina l'attuale
situazione geopolitica e tenta di riconquistare territori limitrofi persi. La Crimea è stata
recentemente invasa e oggi Putin sostiene le regioni filorusse dell'Ucraina orientale per
staccarle da Kiev.
Mussolini, Hitler, Stalin sono il prodotto nefasto della Grande Guerra, cui segue un
secondo conflitto mondiale, la guerra fredda e, nell'89, il crollo del muro di Berlino che
segna la fine del Socialismo reale e la crisi dell'URRSS.
In positivo - dopo il secondo conflitto mondiale generato dalle "condizioni di pace"
imposte ai vinti nel primo conflitto - dalla distrutta Europa sorge un'idea, fascinosa, che è
diventata realtà nel vecchio continente: l'Unione Europea… anche se la crisi mondiale
attuale mette a dura prova questo miracolo di pace e di benessere per il mondo intero.
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Fioriscono infatti spinte nazionaliste che spingono ad uscire dall'unione. Abbiamo tanto
rallentato la costruzione dell'Unione politica e la crisi da 6 anni incombe ancora sulla
zona Euro. Senza solidarietà, garantita dall'unione politica, l'interesse genera corse
solitarie di stati che tornano a confliggere.
La Rivista si articola in due parti. Nella prima si trovano interventi dei componenti del
Centro Culturale "Il Tempietto". Nella seconda sono raccolti una serie di articoli di
approfondimento, che rendono prezioso questo numero della Rivista.
Nella prima parte, dopo una prima visione generale della Grande Guerra, si passa a
riflettere sul "nuovo" che emerge dagli studi dell'ultimo decennio. Lo sguardo sosta
sull'esperienza di chi ha combattuto al fronte, sofferto a casa o sotto l'occupazione
straniera dopo Caporetto. Tracce di una storia denunciata negli uomini di cultura, in
particolare dai poeti dei vari paesi aderenti alle due coalizioni in guerra.
Arricchisce questa prima parte il breve ricordo del Diario ritrovato di un militare parente
dell'autore dell'articolo. Si tratta della vicenda del nonno della moglie di Luigi Garbato che
rievoca in modo elegante quei fili sottili che riportano alla Grande Guerra colti nel Diario di del
tenente Antonio Baliani, detto dai nipoti nonno Pucci.
Viene ripreso il filone garibaldino che attraversa la nostra storia. Ci riferiamo al mito di
Gauibaldi. Mito - scrive Salvatore Vento- che sarà successivamente declinato in aree
ideologiche completamente diverse: durante il periodo fascista, durante la lotta
partigiana del 1943-45 (vedi la costituzione delle Brigate Garibaldi) per la liberazione
dall'occupazione nazi fascista, alle elezioni del 1948 quale simbolo della lista del Fronte
popolare delle sinistre".
Nel 1914, al dilagare della Grande Guerra, sei degli otto figli di Ricciotti Garibaldi, figli
dell' "eroe dei due mondi", vanno a combattere da volontari sul fronte occidentale.
Vengono schierati nella legione italiana dell'esercito francese e combattono da veri e
propri eroi. Il primo a cadere in battaglia è Bruno Garibaldi. Molti garibaldini
combatteranno, nel 1915, sul fronte italiano nella Brigata Alpi, sotto il comando di
Peppino Garibaldi. Nel 1918 la brigata sarà trasferita in Francia, proprio perché conosce
già il fronte occidentale, insieme agli arditi di Curzio Malaparrte. Nella Brigata c'era
anche il poeta Ungaretti.
Benito Poggio, prima di passare in rassegna i sedici "poeti -soldato inglesi", ricorda che
la guerra - pur con i suoi dieci milioni di vittime, e le sue orrende mostruosità, proprio in
contrasto con tanta crudeltà ed efferatezza - diede origine ad una straordinaria fioritura di
poeti combattenti nei vari fronti che levarono la loro voce per condannare la barbarie
della guerra e la cruda realtà cui avevano assistito.
La Grande Guerra e l'arte italiana conclude la serie dei nostri articoli. Nell'orizzonte della guerra
Gigi Bovo s'accosta all'arte, in particolare al futurismo evidenziandone la rivoluzione
antropologica al fine di creare un uomo nuovo con il trionfo della macchina e della tecnica. "I
futuristi - scrive Giardina in 1914 la Grande Guerra - l'Italia neutrale spinta verso il conflitto sono giovani e impazienti. Si sentono soffocare dalla società in cui sono costretti a vivere.(…) La
guerra potrà spazzare un mondo putrido e creare l'uomo nuovo, il prezzo da pagare in sangue
sarà da accettare. Sono per l'intervento, dunque, non importa neanche a fianco di chi né per
che cosa. Trieste e Trento? Che importa? Lo scopo della guerra è la guerra".
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Ma c'è il dopo… c'è l'esperienza della guerra che
spira questi artisti. Scrive Gigi Bovo: "Nella mostra“La grande guerra degli artisti” voluta
nel novantesimo anniversario dell’entrata in guerra dell’Italia e realizzata a Firenze al
museo Marino Marini ( marzo 2006) a cura di Nadia Marchioni, l’importanza dei nomi
degli artisti, già notissimi all’epoca, e la bellezza delle tele e dei disegni e incisioni, tanto
dicevano, dall’interventismo alla tragedia della carneficina; dall’esaltazione retorica alla
consapevolezza amara". I grandi artisti erano impegnati, ognuno col proprio stile a
rendere onore al soldato, eroe umile e indispensabile, quindi alla Battaglia. L’ultimo
periodo in cui l’amor di patria in Italia, fu esistente e manifesto."
La seconda parte è un aiuto all'approfondimento del tema della Rivista: una luce sul primo
conflitto mondiale e sul sentire e operare dei credenti, in particolare dei cattolici.
Alberto Rinaldini
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