13
settembre2002
ASTRI
Gli asteroidi: temerli?
Un approfondimento su questi piccoli corpi
Il 1º gennaio 1801
l’astronomo siciliano Padre
Giuseppe Piazzi, direttore
dell’Osservatorio di Palermo, osservò un astro che
non figurava in nessuna delle carte celesti allora conosciute. Si rivelò essere il primo di una nuova classe di oggetti: gli asteroidi. Questi
sono piccoli pianetini di dimensioni che non superano
qualche centinaio di chilometri di diametro. Le loro orbite sono tutte eliocentriche,
ovvero i corpi orbitano intorno al Sole e fanno parte del
nostro sistema solare. Il pianetino fu chiamato Cerere in
onore della dea protettrice
della Sicilia. Oggi sappiamo
che Cerere è il più grande
degli asteroidi con un diametro di 1000 Km. Negli anni
successivi furono scoperti
Pallade (1802), Giunone
(1804), Vesta (1807), Astraea (1845). Nel 1891 ne furono scoperti già 300. Poi col
perfezionamento dei telescopi e con l’avvento della fotografia non è più passato anno
che non fosse stato scoperto
almeno un asteroide. Fu deciso allora di cambiare nomenclatura per l’identificazione del pianetino dando un
nome in codice
La fotografia facilita questo
tipo
di
ricerche.
L’esposizione prolungata
per alcune ore della lastra fotografica, inseguendo con la
macchina la rotazione delle
stelle, mostrerà queste puntiformi, dal momento che
sono state “inseguite” nel
loro moto; l’asteroide invece
lascerà una traccia luminosa
perché si è mosso fra le stelle fisse avendo un suo moto
proprio, non percettibile ad
occhio nudo, orbitando intorno al Sole. Il numero degli
asteroidi ad oggi scoperti è
intorno ai 5.000 e forse più.
Fra gli asteroidi scoperti circa 200 hanno un diametro
superiore ai 100 Km e gli
astronomi stimano che ne
esistano circa 100.000 dal
diametro superiore ad 1Km,
diventando esponenzialmente più numerosi man
mano che le dimensioni
scendono; fra quelli più piccoli è facile trovarne di forme
molto irregolari.
I mass media nello scorso
mese
parlarono
dell’asteroide “2002 NY40”
scoperto il 30 luglio scorso.
Ha un diametro di circa 700
metri e si rese visibile nei nostri cieli in un passaggio ravvicinato a poco più di 500
mila Km nella nottata fra il 17
e il 18 agosto scorso. Osservare un corpo di 700 metri a
poco più di 500 mila Km è
come osservare una monetina da 1 euro cent che ha diametro di 16 mm ad una distanza di 12 Km. Occorreva
disporre di un binocolo o
meglio di un telescopio che
mantiene una posa fissa senza doverlo sorreggere con le
mani e sapere esattamente
dove puntarlo. L’asteroide si
sarebbe mostrato alla vista
semplicemente come una
stellina fra le altre stelle. Per
osservare astri così deboli è
necessario conoscere a fondo il cielo fin nelle stelle più
piccole riconoscendo l’astro
intruso di passaggio giusto
per quella nottata.
pagina precedente
Posizioni dell’asteroide NY40 la mattina del 18 agosto scorso alle ore
3.00, 3.30, 4.00, 4.30 indicate dalle frecce (da sinistra verso destra). La zona di cielo interessa le costellazioni della Lira e di Ercole.
Vediamo qualche passaggio
ravvicinato precedente: il 14
giugno scorso l’asteroide
2002 MN grande un centinaio di metri è transitato nei
pressi della Terra ad una distanza di poco inferiore a 120
mila km, una distanza corrispondente a meno di un terzo della distanza Terra-Luna:
un valore che lo colloca tra i
6 passaggi più ravvicinati
mai registrati. Di questo
transito gli astronomi se ne
accorsero solamente 3 giorni dopo. L’ultima volta che
un oggetto celeste aveva gironzolato così vicino al nostro pianeta era stato l’8 dicembre 1994 quando
l’asteroide “1994 XM1” grande quanto una casa viaggiava
a 108.000 km/h, a 105.000
km sopra le nostre teste. O
l’asteroide VP11 che il 21 ottobre 1965, sfiorò la terra a
meno di 40.000 Km. Questo
ci fa capire evidentemente
che le condizioni limite di un
impatto siano, per nostra fortuna, più severe di quanto si
pensi.
Sarebbero circa 400 gli asteroidi ritenuti “pericolosi” per
la Terra. Ma niente allarmismo! In gergo per asteroidi
pericolosi si intendono quegli asteroidi la cui orbita si interseca con quella della Terra. Vale a dire quando uno di
questi pianetini attraversa la
nostra orbita, noi (la Terra)
siamo già passati o dobbiamo ancora passare, o viceversa. C’è la possibilità di
avere un incontro ravvicinato con la Terra se questa e il
pianetino dovessero transitare nello stesso istante in pun-
ti vicini all’incrocio delle rispettive orbite. È quello che
è avvenuto alcune settimane
fa. È il motivo per il quale
questi asteroidi vengono
continuamente tenuti sotto
osservazione.
Di impatti generati da asteroidi si ricordano due eventi:
in Arizona ad una sessantina
di chilometri ad est di Flagstaff si può osservare il “Meteor Crater” dal diametro di
1500 m e profondo 170; in
esso gli astronauti del progetto Apollo si recavano ad
esercitarsi in vista delle missioni lunari. Fu originato da
un asteroide di qualche decina di metri che circa
20-25.000 anni fa impattò la
Terra a una velocità stimata
di 30.000 Km/h. Nelle foreste della Siberia nelle vicinanze del fiume Tunguska il
30 giugno 1908 un grosso
bolide cadendo verso Terra
causò una tremenda esplosione nell’alta atmosfera la
cui onda d’urto devastò circa
2000 chilometri quadrati di
fitta foresta. Il boato fu udito
nel raggio di migliaia di chilometri. Si ebbero perfino disturbi atmosferici in tutto il
globo. Diversamente dal
caso in Arizona non si originò nessun cratere; si trattava evidentemente di un corpo fragile e poroso che si
disintegrò al contatto con gli
strati
più
densi
dell’atmosfera, forse era una
meteorite di tipo carbonacea. Fu l’onda d’urto a provocare il disastro. E che dire
dell’estinzione rapida avvenuta circa 65 milioni di anni
fa di molte specie animali e
vegetali che popolavano la
biosfera compresi i dinosauri e i grandi rettili che fino ad
allora avevano dominato
l’ecologia del pianeta? È recente la scoperta in strati di
sedimenti marini al confine
temporale fra il periodo geologico Cretaceo e il Terziario
di un’anomala abbondanza
di iridio, un metallo poco
presente fra le risorse minerarie terrestri. L’iridio è invece ricco nelle condriti, un
tipo di pietra meteorica. Da
questa scoperta, risalente
agli anni ’80, è scaturita
l’ipotesi che la grande estinzione avvenuta proprio a cavallo fra il Cretaceo e il Terziario fosse attribuita
all’impatto col suolo di una
meteorite.
L’innalzarsi di pulviscolo che
avrebbe oscurato il sole per
interi mesi e impedito la
respirazione e i processi di
fotosintesi o comunque in
generale uno stravolgimento
del clima sarebbero state le
dirette cause delle estinzioni.
L’asteroide passato lo scorso
mese ha fatto parlare di altri
asteroidi che sarebbero valutati ad alto rischio. Si tratterebbe di “1999 AN10”, un
asteroide di forma allungata
dal diametro di 800 x 1800 m
che nel luglio-agosto
dell’anno 2027 passerebbe a
distanza ravvicinata, secondo alcuni fino a 54.000 Km
dalla Terra (un settimo della
distanza Terra-Luna) ad una
velocità di circa 400.000
Km/h. E di “2002 NT7” scoperto il 9 luglio scorso dal
team LINEAR che è
l’acronimo di “Lincoln Near
Earth Asteroid Research
Project”, un progetto per la
ricerca e il monitoraggio
continuo di asteroidi ritenuti
pericolosi. Anch’esso secondo le simulazioni dovrebbe
passare vicino alla terra nel
febbraio del 2019. È sicuramente difficile fare previsioni esatte così a lungo termine in quanto l’asteroide può
subire mutamenti repentini
per le cause più accidentali,
non facilmente prevedibili e
valutabili. Tuttavia se il corpo celeste dovesse minacciare il nostro pianeta, andrebbe scoperto prima possibile
per avere tempo sufficiente a
mettere al sicuro l’astro killer. Fra le forme di messa al
sicuro dell’asteroide ne ho
trovate due fra le meno fantascientifiche.
Degli scienziati, coordinati
dalla Deimos Space di Madrid, hanno presentato
all’Agenzia spaziale europea
il progetto della missione
Don Chisciotte, composta da
due sonde, Hildalgo e Sancho. Andranno verso un
asteroide in rotta di avvicinamento alla Terra. Sancho orbiterà intorno all’asteroide
allo scopo di ricavarne i dati
fondamentali necessari e
l’Hidalgo sarà fatto impattare contro l’asteroide nella direzione giusta a velocità sostenuta per deviarne la traiettoria di qualche millimetro, quanto basta per schivarci. E se non mi ricordo male
era il sogno del vecchio dottor Spock. Il secondo progetto parte dall’ipotesi sviluppata da un ricercatore
RESTAURO
Rivivono l’antico Pomario
e l’antico Vigneto del Giardino di Boboli
Quest’anno l’intervento di Festo
(azienda leader nel settore delle
tecnologie pneumatiche) mira a riportare il Giardino di Boboli al suo
aspetto originario, con la nuova
piantumazione dell’antico Pomario
e del Vigneto situati nelle vicinanze della Palazzina del Kaffeehaus.
Torna così a splendere una parte
del Giardino dimenticata, che si aggiunge ai recenti ritrovamenti di
suggestivi “angoli” da tempo abbandonati o inaccessibili. Con il restauro del Pomario – eseguito
piantando ben 27 varietà di alberi
da frutto, oltre a 15 varietà di vitigno – Festo torna a Firenze dopo
aver sponsorizzato – sempre
all’interno del giardino -, nel 1999,
il quinto appuntamento di “Inventori e Invenzioni” con l’evento
“Horror Vacui? La scoperta del
peso dell’aria ovvero l’esistenza
del vuoto, omaggio a Evangelista
Torricelli”.
Il Giardino di Boboli è uno degli
esempi più grandiosi della tipologia
classica
del
“giardino
all’italiana”. La nascita e lo sviluppo di questo straordinario museo
“en
plein
air”
ha
visto
l’avvicendarsi di numerosi architetti nella direzione dei lavori
nell’arco di quattro secoli.
Si deve a Eleonora di Toledo, moglie del granduca , l’acquisto del
nel 1549. Il giardino venne ampliato e trasformato dal , a cui successero , e a partire dal 1569 . Statue e
“grotte” ornavano il giardino,
come documentato dalla lunetta
dipinta da che mostra il progetto
originale. Il giardino venne ampliato nel ‘600: tra il 1630 e il 1634 e
trasformarono l’anfiteatro di verzura in un’architettura murata, si
costruirono i labirinti, le ragnaie e
la vasca dell’Isola, mentre nel 1636
fu posta la statua dell’Abbondanza
iniziata da e terminata dal Tacca; e
nel 1677 fece costruire un serraglio
per gli animali più curiosi e rari. Nel
secolo successivo avvennero gli interventi più marcati. Tra questi, nel
1737 venne fondato l’Orto botanico che sarà annesso al progetto degli interventi architettonici e le
opere di giardinaggio ora in essere
è stato realizzato grazie al Direttore dell’Ufficio Giardini della Soprintendenza per i Beni Ambientali e
per il Paesaggio per le province di
Firenze, Prato e Pistoia e
all’architetto Mario A. Lolli Ghetti,
soprintendente ai Beni Culturali.
dell’Università dell’Arizona,
apparsa sull’autorevole rivista scientifica “Science” che
vede di mezzo l’effetto “Yarkovsky", dal nome dell’ingegnere polacco che lo descrisse nel 1900.Funziona così:
un oggetto roccioso che ruota davanti ad una fonte di calore assorbirà energia in
modo diverso, con alcuni
punti più caldi ed altri più
freddi. Quando queste zone
a causa della rotazione si troveranno in ombra ri-emetteranno l’energia accumulata.
Proprio questo piccolo gioco
di energie assorbite e
ri-emesse finisce per spingere l’oggetto, nel nostro caso,
l’asteroide scaldato dal Sole.
Annullare l’effetto Yarkovsky per deviare gli asteroidi da una rotta pericolosa
per il nostro pianeta ricoprendolo di un materiale
bianco. In questo modo
l’effetto Yarkovsky sarebbe
totalmente assente in quanto
l’intera luce solare sarebbe
riflessa completamente e ciò
provocherebbe cambiamenti nel moto dell’astro e nella
sua orbita futura. La forza
sviluppata dall’effetto termico è molto piccola, e ci vorrebbero decenni o secoli per
ottenere cambiamenti di rotta significativi. Del resto ciò
è proprio quello a cui puntano tutti i programmi di avvistamento degli asteroidi:
avere un larghissimo preavviso in modo da studiare tutte le possibilità. Considerando l’effetto Yarkovsky si è
già potuto spiegare ad esempio come mai un numero di
asteroidi più alto del previsto
venga strappato via dalla fascia tra Marte e Giove ed arrivi ad incrociare l’orbita della Terra.
Questi piccoli corpi risentono delle perturbazioni indotte dai pianeti (ben più grandi) del nostro sistema solare
e quindi non è possibile calcolare con assoluta precisione quale sarà il loro percorso
esatto a distanza di anni. Giove è senz’altro il più importante attrattore, data la sua
massa, e può causare forti
variazioni delle orbite degli
asteroidi che gli si avvicinino.
Un’arma a doppio taglio in
quanto potrebbe allontanare
“all’ultimo” un asteroide in
rotta di collisione verso di
noi ma anche far deviare verso di noi un asteroide non ritenuto pericoloso. Un altro
ruolo dei pianeti maggiori è
quello di catturare asteroidi
vaganti abbassando il rischio
di impatto sulla terra. Ma alla
nostra incolumità vengono
incontro anche tanti scienziati sparsi per il mondo in
cerca di asteroidi; proprio in
Italia è presente un gruppo
di ricercatori tra i più abili
del mondo nel calcolo delle
orbite e nelle previsioni future delle posizioni degli asteroidi. La Nasa si è rivolta
spesso a loro per una conferma di dati e parametri.
A cura della
Società Astronomica
Fiorentina
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