Profili formali e strutturali del diritto e

ALESSANDRO CATELANI
PROFILI FORMALI E STRUTTURALI DEL DIRITTO E SOCIOLOGISMO GIURIDICO
1.Il diritto positivo come complesso di norme giuridiche indispensabile all’esistenza della società.
2. Il contemperamento delle contrapposte sfere giuridiche dei consociati e la pluralità dei rapporti
giuridici. 3. Norme categoriche e norme ipotetiche. 4. L’identificazione del fenomeno giuridico con
il dato sociale. 5. Natura formale del fenomeno giuridico. 6. Natura strutturale del fenomeno
giuridico. 7. Il sociologismo giuridico di Santi Romano. 8. La critica al normativismo giuridico sulla
base della riaffermazione della pluralità delle fonti normative.
1. L’esistenza di una società implica che una volontà umana, espressione della
collettività, regoli i rapporti fra gli uomini che ne fanno parte: una società non può
esistere se i consociati, attraverso una volontà collettiva, non regolino i rapporti
intersoggettivi che fra di essi intercorrono. Il diritto è indispensabile in quanto vi
devono essere dei comandi i quali promanino dagli organi esponenziali della
collettività e che regolino l’agire dei consociati nei loro reciproci rapporti. Una
società in cui non vi sia alcuna regola di comportamento ed ognuno faccia quello che
vuole, non è una società. Una società, se esiste, è necessariamente ordinata,
organizzata da precetti che hanno tale fonte, e i cui destinatari sono coloro che ad
essa appartengono. Il fenomeno giuridico è un prodotto della vita associata, nel
senso che la società esprime necessariamente un complesso di norme giuridiche che
regolano l’agire dei consociati nei loro reciproci rapporti, e dalla cui esistenza il
corpo sociale non può prescindere.
Il diritto è una manifestazione di volontà perché contiene un imperativo, e
quindi un enunciato linguistico, che ha questo particolare contenuto. La norma è
una proposizione logica, ma non una qualunque proposizione logica, bensì è quel
particolare tipo di proposizione logica che si traduce in una manifestazione di
volontà. La norma non è un’entità statica, ma dinamica, è l’elemento strutturante di
qualunque società, che per essere tale deve venire organizzata.
Il diritto è, in contrapposizione all’essere, un dover essere imposto da
un’autorità umana, la quale agisce in quanto esponenziale di una certa collettività.
2. La funzione del diritto è quella di definire le contrapposte sfere giuridiche
dei consociati, attraverso una delimitazione di tutta la realtà. Anche gli Stati meno
civili, se sono società organizzate, non possono non fondare le proprie norme sul
contemperamento dei rapporti fra le contrapposte sfere giuridiche, spettanti ai
singoli soggetti che le compongono. La regolamentazione di tali reciproci rapporti è
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appunto il diritto. La presenza di una pluralità di soggetti richiede che l’individualità
di ciascuno su contemperi con quella dell’altro, così che sia assicurata la civile
convivenza di tutti.
Proprio in quanto il singolo non può vivere isolato, ma deve essere inserito in
una collettività, mentre l’esistenza del singolo estraniato dalla società non è
neppure astrattamente concepibile, ciascuna norma deve necessariamente avere lo
scopo di contemperare le esigenze di ciascuno con quelle degli altri consociati. Al di
là di un giudizio di valore che si può dare delle singole norme, occorre sottolineare
che ogni società civile presuppone una sua, se pure maggiore o minore a seconda
delle circostanze, aderenza al fine di contemperare adeguatamente le reciproche
sfere dei soggetti che la compongono.
Il diritto oggettivo definisce la posizione di ciascun soggetto nell’ambito
dell’ordinamento giuridico. E questa posizione a sua volta consta di una pluralità di
rapporti giuridici, nei quali quella posizione può essere astrattamente scomposta, e
che ne costituiscono altrettanti distinti settori. I rapporti a loro volta contengono
molteplici situazioni giuridiche soggettive. L’ordinamento è la struttura della società,
quale risulta dal complesso dei rapporti giuridici che definiscono la posizione dl
singolo al suo interno, in tutti i suoi molteplici aspetti. L’ordinamento non è
concepibile a prescindere da un complesso di nome che effettuino questo
condizionamento.
Il rapporto giuridico intersoggettivo è la cellula fondamentale nella quale si
suddivide la struttura di un ordinamento giuridico. Gli elementi costitutivi della
società sono i soggetti, le persone fisiche – o quelle giuridiche – che la compongono.
E la struttura della società attiene alla determinazione dei rapporti fra gli elementi
attivi del corpo sociale, condizionandone il comportamento. Tutto il diritto si
scompone in una pluralità di rapporti intersoggettivi, perché è fondamentalmente
un fatto di relazione, di rapporti di soggetti con gli altri consociati.
3. La norma giuridica è un imperativo categorico, perché non è condizionato
dalle scelte del destinatario. Tale imperativo è un comando che esige obbedienza,
ed è categorico perché incondizionato, dovendo essere seguito a prescindere dagli
obiettivi che il singolo, nella sua soggettività, mira a raggiungere. La norma
imperativa, nella sua categoricità, esprime un dover essere idoneo a strutturare il
corpo sociale.
Tale categoricità è un dato oggettivamente inerente alla volontà collettiva che
promana dagli organi esponenziali della società – anche se essa può derogarvi per
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sua libera scelta -, nonché per le norme che hanno una fonte diversa, ma che la
volontà collettiva considera tali.
Alla norma giuridica di natura categorica si contrappone la norma non
giuridica o pregiuridica di natura ipotetica.
La norma ipotetica è quella vincolante per il destinatario soltanto in quanto
esso espressamente vi aderisca. E l’adesione, se vi è, è dettata dalla volontà di
raggiungere quegli scopi che la norma ipotetica prefigge al singolo attraverso le sue
prescrizioni. La distinzione fondamentale, che è alla base della determinazione della
giuridicità, tra imperativo ipotetico e categorico, è fondata sul fatto che
nell’imperativo ipotetico si si comanda alcunché allo scopo di condizionare l’agire
del singolo in vista del raggiungimento di un certo fine, mentre in quello categorico
si impone un certo obbligo in maniera incondizionata.
4. Il diritto effettivamente vigente viene spesso identificato con il dato sociale.
Il diritto si identificherebbe con l’esistenza di una società organizzata, con il dato
sociale quale si riscontra all’interno di un ordinamento.
L’identificazione del fenomeno giuridico con il dato sociale è di per sé
impossibile. In quanto impone un certo comportamento ai consociati, e si traduce in
un dover essere, il diritto si contrappone alla società, e non può essere identificato
con tutto quello che accade, in riferimento al comportamento dei consociati, in
rerum natura. La società costituisce soltanto la sostanza, la materia grezza – se così
si può dire – di un fatto normativo. Il diritto non è la società organizzata, ma
l’organizzazione della società, è un aspetto della società ed esattamente il profilo
normativo della stessa. Il dato sociale allo stato puro, a prescindere dalla norma
giuridica, quale manifestazione della volontà umana e collettiva, è la negazione di
qualunque giuridicità. E’ vero invece che la società costituisce il contenuto della
norma, e ne è il presupposto. Poiché il diritto è il mondo non dell’essere, ma del
dover essere, la realtà sociale in sé considerata non è il diritto, ma il suo oggetto o
eventualmente la sua negazione, in quanto costituisce soltanto la materia grezza che
deve essere plasmata dalla norma. Se si negasse l’imperatività del diritto,
riconducendolo ad un puro e materiale rapporto di forza quale si riscontra in rerum
natura, ognuno potrebbe fare quello che vuole, dalle azioni più nobili a quelle più
ignobili, e tutte sarebbero indifferentemente legittime per la società.
Mancherebbero allora i fondamenti stessi dell’esistenza di una società organizzata,
la quale non può prescindere dall’esistenza del diritto.
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5. Il diritto, che nella sua intima essenza ha natura normativa, costituisce un
dato formale, che in quanto tale si contrappone a quello sostanziale della società,
sulla quale esso viene ad incidere.
L’essenza della giuridicità è nella norma, nella fattispecie astratta in grado di
condizionare la realtà, costringendola entro una veste formale, che l’organizza in
termini di struttura. Il pensiero, l’idea, quando si atteggi in termini di norma
categorica, ha come suo contenuto la realtà della vita associata. E il diritto è
un’entità astratta, quale rappresentazione ideale di una certa struttura, che ha come
suo contenuto il corpo sociale. La distinzione tra sostanza e forma è quella tra il
pensiero e l’idea, e la realtà concreta. La norma come entità astratta è la forma delle
cose, quale si atteggia in termini di struttura. La corrispondente realtà sottostante è
il corpo sociale.
La forma giuridica è la rappresentazione concettuale della realtà, è l’idea che
rappresenta l’atteggiarsi, il modo di essere delle persone e delle cose nei loro
reciproci rapporti. Ogni realtà materiale può essere rappresentata attraverso
concetti, attraverso idee, attraverso una rappresentazione del pensiero. Questa
realtà ideale, quale è rappresentata dal pensiero umano, costituisce un’astrazione
corrispondente ad una sottostante situazione concreta. Quando questa realtà
definisce i rapporti esterni ai comportamenti umani ed alle cose, allora si ha la
forma.
La forma, intesa in senso giuridico, è l’aspetto sensibile della società
considerata in ciò che attiene ai reciproci rapporti dei soggetti e degli oggetti che la
compongono, e che attengono alle relazioni intersoggettive nelle quali si sostanzia il
diritto. La forma, nel mondo giuridico, attiene ad un aspetto esteriore che
presuppone un certo contenuto, con il quale però non si identifica, e che viene
strutturato dalla regolamentazione intersoggettiva dei rapporti giuridici che si attua
attraverso le norme.
La norma dà la rappresentazione ideale di un certo fenomeno, che però viene
rappresentato generalizzando, attraverso caratteristiche costanti, i suoi aspetti. La
forma rispecchia l’aspetto esteriore della realtà compiuto attraverso quella
schematizzazione che è richiesta per effettuare la disciplina dei rapporti
intersoggettivi. Proprio perché l’idea è un’astrazione, è praticamente impossibile
che essa riproduca con assoluta esattezza la situazione concreta alla quale si
riferisce. L’idea implica sempre un’astrazione, una generalizzazione della realtà
materiale, che deve essere adattata alla materia, nella sua concretezza. E quanto più
nitida è l’immagine del reale che viene definita attraverso la forma, tanto meglio, in
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quanto più accurata, risulta essere la regolamentazione, compiuta dal diritto, delle
contrapposte sfere dei consociati.
La forma, come rappresentazione del reale, si traduce anche,
necessariamente, in una proposizione logica, la quale consta di prescrizioni di
comportamento. Il mondo delle idee è quello della logica. E la forma giuridica delle
cose si connette a quel particolare tipo di idee che è rappresentato dalle
manifestazioni di volontà aventi carattere normativo o precettivo. Il diritto,
attraverso la logica, esprime un’idea, e il mondo del diritto, che è quello della
norma, è il mondo delle idee. Proprio perché il mondo delle norme riflette
rappresentazioni astratte, che devono essere applicare al caso concreto, la norma
esprime, in termini imperativi, un’idea attraverso la logica.
Il diritto è logica e razionalità. La forma copre qualunque aspetto della vita
associata, per sua intrinseca natura. E la logica ne definisce il concreto atteggiarsi. La
logica è ciò che esprime quella particolare idea o concetto che è il precetto
imperativo, o norma di comportamento, alla quale occorre richiamarsi per definire
la consistenza della forma.
6. Strettamente connesso alla natura formale del diritto è il suo carattere
strutturale. Tale aspetto caratterizza il fenomeno giuridico, in quanto derivante dalla
categoricità delle norme giuridiche. La forma è la generica espressione di qualunque
entità normativa con la quale viene a identificarsi; mentre la realtà più
propriamente giuridica deve essere riservata a quei particolari aspetti formali che
sono espressione di norme giuridiche contenenti imperativi categorici e non
ipotetici, e pertanto idonei a creare una struttura. Nel caso del diritto si tratta di un
particolare tipo di forma, di quello che corrisponde unicamente a precetti di
comportamento che si traducono in norme giuridiche, le quali incidono sui rapporti
tra i consociati, modellandoli in termini di struttura, con carattere di rigidità. Si tratta
quindi di una forma particolare, quella giuridica, che è costituita da una struttura.
Il diritto è la struttura della società, e si identifica pertanto con la categoricità
della norma. Non è soltanto un fatto normativo, perché qualunque fenomeno
sociale può tradursi in un fatto normativo, ma è un fatto normativo qualificato dalla
categoricità del precetto. E’ questo l’elemento determinante della giuridicità. La
forma, per corrispondere ad un fenomeno giuridico, deve atteggiarsi in termini di
struttura, identificandosi con un imperativo categorico e non ipotetico. Il diritto vero
e proprio è per sua natura una forma rigida, e cioè una struttura, una forma dotata
di rigidità. Non ogni relazione intersoggettiva ha carattere giuridico, ma solo quella
dotata di rigidità.
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7. Se il fenomeno giuridico ha una sua spiegazione nei rapporti tra materia e
forma, nella natura formale del diritto, che si contrappone alla sostanza dei rapporti
sociali, questa concezione urta in maniera frontale con il comune modo di vedere,
che caratterizza tutta la cultura giuridica contemporanea, e che è basata sulla
svalutazione della norma a favore della socialità. L’ambiente culturale italiano è
dominato, da circa un secolo, dal sociologismo giuridico di Santi Romano, espresso
nella sua nota opera “ L’ordinamento giuridico “, che svaluta il normativismo, ed
identifica il diritto con la società. Tale impostazione è ormai nella nostra cultura
talmente consolidata e indiscussa da essere seguita con il fervore di un dogma del
quale, anziché discutere il fondamento, si debbano accertare le conseguenze e le
implicazioni. A distanza di circa un secolo dalla sua formulazione, la teoria che
identifica il diritto con la società viene considerata come un dato indiscusso, del
quale non è lecito dubitare. Neppure Norberto Bobbio, che ha identificato il diritto
con un fenomeno normativo, e che viene universalmente considerato un grande
filosofo, ha mai avuto un successo sia pur lontanamente paragonabile a quello di
Romano.
A dire il vero, in questi termini l’identificazione del diritto con la società è un
fatto locale, che non ha riscontro nella dottrina di altri Paesi, nei quali la teoria
romaniana non ha avuto uguale successo, al punto di essere, per molti, addirittura
sconosciuta. Ma da noi l’esaltazione della socialità del diritto è tale che qualunque
richiamo alla norma viene considerato necessariamente inattendibile, o tutt’al più
come una curiosità erudita, quale può esservene una tra centomila. Ogni riferimento
al significato delle norme viene considerato, sempre e necessariamente, come un
richiamo pietoso e anacronistico a idee ormai superate dalla “nuova” teoria della
pluralità degli ordinamenti giuridici. Tale teoria verrebbe incontro alle esigenze di
una società che ormai ammette, in contrapposizione al principio di statalità del
diritto, una pluralità di fonti normative.
8. Il sociologismo giuridico costituisce una muraglia impenetrabile, che si
traduce nella riaffermazione della pluralità degli ordinamenti giuridici. In questo
ambiente culturale, ogni richiamo alla norma giuridica viene considerato come una
riproposizione del positivismo giuridico, ormai superato da secoli per l’ormai
accertata presenza della pluralità delle fonti normative. Nell’ottica di questa
esaltazione dell’opera di Romano, e di disprezzo per tutte le altre, è ricorrente il
richiamo alla pluralità degli ordinamenti giuridici, che renderebbe superata ogni
rivalutazione del dato normativo. La presenza del diritto comunitario e
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internazionale, introducendo fonti normative extrastatali, avrebbe ormai dimostrato
l’inattendibilità di ogni decrepita valorizzazione della norma giuridica. Questa
sarebbe incapace di regolamentare nella sua compiutezza l’intero corpo sociale. Si
afferma che esiste la pluralità degli ordinamenti giuridici, e che ogni riferimento alla
norma, identificato con il giuspositivismo, è concezione inattendibile, alla luce della
teoria di Romano, che ammette una pluralità di fonti normative.
A tale modo di vedere si deve obiettare che la pluralità degli ordinamenti
giuridici costituisce un dato indiscusso, che non solo non contrasta, ma conferma
pienamente la natura formale del diritto; e che anzi ne è il necessario presupposto,
perché è proprio la pluralità delle fonti normative che consente alla norma giuridica
di disciplinare con assoluta completezza la realtà sostanziale costituita dalla materia
delle relazioni intersoggettive. Tale critica quindi non ha alcun rapporto con la
distinzione tra materia e forma nella quale si sostanzia il fenomeno giuridico, di cui
tale pluralismo costituisce invece la necessaria premessa; perché le norme non
potrebbero regolamentare la società, se ogni ordinamento non ne avesse di proprie.
E non è senza significato che nel mio libro “ Il diritto come struttura e come forma “
(Soveria Mannelli, Rubbettino, 2013 ), in cui si riconduce il fenomeno giuridico alla
sua essenza normativa sulla base della distinzione tra materia e forma, di tale
pluralismo diffusamente si tratti, considerandolo come un dato indiscusso; onde non
ha senso la critica che mira a confutare su tali basi l’essenza normativa del
fenomeno giuridico.
Ed è anche un grave errore combattere il normativismo negando la capacità
della norma giuridica di regolamentare nella sua compiutezza il corpo sociale.
Chiunque, solo perché esiste, appartiene ad una certa società, e l’uomo isolato non
è neppure astrattamente concepibile. E l’appartenenza alla società implica
necessariamente anche l’assoggettamento a quelle norme giuridiche che alla società
sono connaturate, perché senza di esse la società non può esistere. Il diritto è un
aspetto imprescindibile dell’esistenza di ciascuno. Né ha significato il numero
maggiore o minore delle norme che hanno ad oggetto il corpo sociale; perché a
livello interpretativo ogni norma giuridica si presta ad essere estesa fino a
regolamentare nella sua compiutezza qualunque aspetto della vita associata. Se si
vuole fare un esempio, che però è solo tale, perché altri infiniti se ne potrebbero
addurre, la Costituzione degli Stati Uniti d’America consta di poche norme, ma
nessuno ha mai dubitato che essa sia un grado di regolamentare l’esistenza di un
Paese di trecento milioni di persone, che costituisce per di più la massima potenza
mondiale.
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Si potrebbe addurre che la situazione del diritto positivo si è evoluta, e che si
configura ben diversamente da quella che ha giustificato l’arcaico normativismo. Ma
l’esistenza del diritto internazionale e comunitario non solo è un fenomeno
tutt’altro che recente, ma non è neppure venuta ad alterare la problematica
giuridica quale è sempre esistita quando ancora, nei secoli passati, si configurava
una realtà storica diversa da quella attuale. Il fenomeno giuridico non è mai stato
una realtà episodica e frammentaria, ma sempre ha investito ogni società nel suo
complesso, a prescindere dalla specifica configurazione delle fonti normative.
Il ricondurre la valorizzazione del dato normativo ad un arcaico e superato
positivismo giuridico significa disconoscere il significato di affermazioni che non
erano mai stata fatte prima d’ora, identificandole con una concezione statalista del
diritto, che non ha nulla a che vedere con l’opinione che si vuole criticare.
Tutto questo dimostra quanto sia difficile a livello dottrinale – a dire il vero
forse ancor più che di communis opinio – identificare, distinguendolo dall’informe
dato sociologico, il fenomeno più propriamente giuridico, considerato nella sua
natura strutturale e formale.
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