Micoplasmi I micoplasmi sono le più piccole forme batteriche (125250 nm di diametro) capaci di vita autonoma. Si distinguono dagli altri batteri per la mancanza della parete cellulare e, pertanto, per la loro incapacità di sintetizzare i precursori della parete cellulare, dalla quale deriva una resistenza intrinseca a tutti gli antibiotici che hanno come bersaglio la sintesi del peptidoglicano. Inoltre questi microrganismi hanno una membrana cellulare ricca di steroli (che la cellula però non riesce a sintetizzare). Per tali caratteristiche mostrano una notevole plasticità che permette loro di superare le membrane dei filtri sterilizzanti, oltre a presentare un elevato polimorfismo. Contrariamente ai virus, sono capaci di replicarsi su terreni di coltura acellulari ma ricchi di steroli. Micoplasmi I micoplasmi sono ubiquitari e possono ritrovarsi come saprofiti parassiti di animali e piante. Molte malattie delle piante e degli animali sono causate dai micoplasmi. Per la mancanza di parete cellulare i micoplasmi vengono raggruppati nella classe dei Mollicutes (parete soffice). Le principali specie patogene per l'uomo sono Mycoplasma pneumoniae, Ureaplasma urealyticum, Mycoplasma hominis e Mycoplasma genitalium. Micoplasmi I micoplasmi utilizzano a scopo energetico il catabolismo del glucosio o dell'arginina e, nel caso del genere Ureaplasma, dell'urea. Generalmente, durante la replicazione cellulare, la divisione del citoplasma e del genoma avviene in modo asincrono così che prima della formazione di una singola cellula possono apparire lunghi filamenti contenenti molti nuclei, che si trasformano poi in singole cellule. Possiedono il genoma più piccolo delle specie autoreplicanti, che varia dalle 500 000 Kpaia di basi circa negli appartenenti al genere Mycoplasma e Ureaplasma a circa l 000 000 di K. paia di basi degli Acholeplasma. Micoplasmi I micoplasmi si moltiplicano sulla superficie delle cellule degli epiteli delle mucose senza avere una capacità di penetrazione intracellulare. Sono immobili e il loro sviluppo è inibito dagli anticorpi specifici. Nei terreni solidi producono le caratteristiche colonie a uovo fritto che, per le loro dimensioni, si dividono in "large colony" e in "tiny-colony ", I ceppi che producono queste ultime, caratteristici della specie U. urealyticum, vengono definiti ceppi-T. Tuttavia in entrambi i casi le colonie hanno dimensioni ridotte: nelle forme più grandi variano tra i 100 e i 300 µm e nelle forme T non superano i 10-25µm. M. pneumoniae Il Mycoplasma pneumoniae è causa di alcune malattie respiratorie nell'uomo; la forma clinica più comune è una forma di polmonite definita (polmonite atipica primaria). Colpisce di solito le basse vie respiratorie, bronchioli terminali e gli alveoli, con il classico quadro clinico di una polmonite con interessamento di un singolo lobo polmonare, generalmente i più bassi. Tuttavia sono tre i quadri clinici sicuramente attribuiti a un'infezione da M. pneumoniae: la polmonite, la tracheobronchite e la faringite. M. pneumoniae Nella prima infanzia (al disotto di un anno di età) la forma clinica prevalente è la rinite. Sono stati descritti anche casi di meningite, meningoencefalite e neurite, senza nessun riscontro di una precedente infiammazione delle vie respiratorie. La malattia ha un periodo di incubazione di circa due-tre settimane. Il quadro clinico si può manifestare con vari sintomi, tra cui febbre, tosse e malessere; nei soggetti più anziani spesso si manifesta anche cefalea. La malattia ha nella grande maggioranza dei casi un andamento benigno e risponde al trattamento con antibiotici della classe delle tetracicline, dei macrolidi e dei fluorochinoloni. M. pneumoniae Almeno sei proteine si affacciano alla superficie esterna della membrana plasmatica, tra le quali la proteina Pl e la proteina P2 (adesività alle cellule e la stimolazione di anticorpi protettivi). M pneumoniae può inoltre elaborare altri fattori di virulenza che causano gravi alterazioni dell' epitelio bronchiale: H 202 e un superperossido che, penetrando nelle cellule, ne determinano la morte per inibizione della superperossidodismutasi, e una beta-emolisina ad azione citolitica. Questi eventi, inoltre, inducono una forte reazione infiammatoria che coinvolge anche la sottomucosa con estese infiltrazioni di cellule leucocitarie. M. pneumoniae La risoluzione della malattia sembra dovuta, principalmente, a un accumulo locale di anticorpi della classe IgA ed IgG. Queste immunoglobuline hanno un ruolo protettivo tramite tre meccanismi: -inducono la lisi batterica tramite l'attivazione del complemento; - agiscono da opsonine aumentando l'attività fagocitarla e il killing dei macrofagi; - bloccano la capacità dei batteri di aderire alle cellule bronchiali. M. pneumoniae La diagnosi eziologica di infezione da M. pneumoniae si fa sierologicamente tramite la valutazione della presenza delle IgG specifiche, ma data la diffusione di questi anticorpi nella popolazione, per avere delle indicazioni diagnostiche utili è necessario evidenziare una sieroconversione in due campioni di siero prelevati a distanza di almeno 5-7 giorni. Attualmente è utilizzabile un test sierologico rapido che rileva la presenza delle IgM specifiche. La presenza di questi anticorpi in un singolo campione permette di diagnosticare un'infezione in atto da M. pneumoniae. M. pneumoniae È anche possibile l'isolamento del microrganismo in terreni di coltura adatti da campioni clinici quali l'espettorato o il lavaggio bronchiale. Dopo il terreno di Chanock al lievito di birra con aggiunta di siero di cavallo sono stati sviluppati altri terreni simili, quale l'SP-4 di Tilly, disponibile sia nella forma monofasica all'agar sia nella forma bifasica con uno strato di brodo sopra la piastra di agar. Entrambi sono efficienti per lo sviluppo delle classiche colonie Nelle piastre devono anche essere evidenziate le colonie caratteristiche, che nei terreni bifasici si sviluppano entro tre giorni; successivamente si dovrà ricorrere all'identificazione della specie di appartenenza tramite antisieri specifici. Infine, attualmente è possibile evidenziare la presenza di M pneumoniae in campioni clinici mediante tecniche molecolari (PCR). - M. pneumoniae I micoplasmi rimangono in posizione extracellulare formando forme filamentose allungate che si dispongono parallelamente alle ciglia. Tuttavia si ritrovano dei microrganismi anche negli spazi intercellulari, che indica una loro capacità di penetrazione nella sottomucosa. M. pneumoniae, come superantigene, è anche in grado di determinare un' attivazione policlonale dei linfociti B e, per una similitudine antigenica con le strutture delle membrane delle cellule dell'ospite, riesce a indurre una serie di fenomeni autoimmuni quali eritemi, artriti, vasculiti. Infatti l'apparente alta prevalenza dell'infezione e l'andamento mite della malattia nella prima infanzia inducono a ipotizzare un ruolo della risposta immune a una reifezione quale causa delle manifestazioni più gravi che si osservano nell' età più adulta. Ureaplasma urealyticum Le specie più frequentemente isolate dal tratto genitourinario umano sono Ureaplasma urealyticum e Mycoplasma hominis. Dalle secrezioni genitali sono state isolate anche altre specie del genere Mycoplasma, quale M. genitalium. Sono stati descritti almeno 14 siero tipi di U. urealyticum e 7 sierotipi di M. hominis; tuttavia non vi sono dati in letteratura che con certezza definiscano uno specifico ruolo patogenetico a un particolare sierotipo. Ureaplasma urealyticum La prima colonizzazione delle vie genitali da parte di questi organismi avviene alla nascita durante il passaggio nel canale vaginale. U. urealyticum è stato isolato dai genitali di circa un terzo dei neonati di sesso femminile studiati, mentre M. hominis è risultato essere presente in una percentuale inferiore. Nei neonati di sesso maschile, la presenza di micoplasmi risulta meno frequente. U. urealyticum è stato isolato, in circa il 15% dei neonati di entrambi i sessi, nelle cavità nasali e nella gola. Tendono a persistere per circa due anni; successivamente, dopo la pubertà la nuova colonizzazione avviene con l'inizio dell' attività sessuale. Ureaplasma urealyticum U urealyticum e M. hominis sono considerati la causa di poche patologie: uretriti non gonococciche, epididimiti, alcuni casi di pielonefrite, certe febbri postpartum e certe forme di malattia infiammatoria pelvica. M. genitalium responsabile di infezioni a decorso cronico, germi capaci di aderire e di penetrare nelle cellule della mucosa genito-urinaria. In questi casi la diagnosi si effettua solo tramite l'isolamento dei micoplasmi con le stesse modalità descritte per M. pneumoniae nei campioni di secreti uretrali o vaginali o cervicale, nelle urine o in altri campioni clinici. Le indagini sierologiche non sembrano avere un grande valore diagnostico. Micoplasmi Tetracicline e l'eritromicina sono efficaci M. fermentans e M. hominis sono spesso ery-R resistenza alle tetracicline è stata riportata sia in M. hominis che in U. urealyticum. Uno dei protocolli terapeutici più comuni comprende uno o più cicli di due settimane con tetracicline (minociclina o doxiciclina), fluorochinoloni (ad es. ciprofloxacina), oppure macrolidi (ad es. claritromicina o azitromicina). Chlamydiaceae Parassiti intracellulari obbligati, si moltiplicano all'interno dei vacuoli di endocitosi delle cellule ospiti (il cui rivestimento membranoso ne ha ispirato il nome, dal greco chlamis, mantello), e sono dotate di diverse peculiarità concernenti l'organizzazione strutturale, le esigenze metaboliche e il ciclo replicativo (caratteristicamente dimorfico). Le clamidie sono a tutti gli effetti batteri, caratterizzati dalla forma coccoide, immobili e strutturalmente inquadrabili fra i gram-negativi (anche se alla colorazione di Gram sono preferite le colorazioni di Giemsa, Macchiavello o Gimenez). Chlamydiaceae Le clamidie parassite dei vertebrati sono classificate in quattro specie (Chlamydia trachomatis, C. psittaci, C. pneumoniae e C. pecorum), costituenti l'unico genere, Chlamydia, dell'unica famiglia, Chlamydiaceae, dell'ordine Chlamydiales. Questa classificazione non include le clamidie degli invertebrati e delle amebe, è unicamente basata su caratteri fenotipici. Anche se è desumibile dalla letteratura la possibilità che alcune manifestazioni cliniche umane siano correlabili con clamidie di più recente identificazione, le specie C. trachomatis, C. psittaci e C. pneumoniae si confermano le principali patogene per l'uomo Chlamydiaceae Le clamidie si moltiplicano all'interno di cellule eucariotiche, (ciclo replicativo dimorfico). Le due forme microbiche sono il corpo elementare e il corpo reticolare. Il corpo elementare (CE) è la forma infettante, capace di resistere in ambiente extracellulare e di avviare il processo replicativo legandosi alla cellula ospite e penetrando al suo interno per endocitosi. Ha piccole dimensioni (200300 nm di diametro) e un metabolismo relativamente inerte. Il corpo reticolare (CR) si origina dal CE per progressiva idratazione, subito dopo la sua penetrazione nel vacuolo di endocitosi, e rappresenta la forma microbica metabolicamente attiva, in grado di dividersi per scissione binaria all'interno della cellula ospite. Ha dimensioni maggiori del CE (800-1000 nm di diametro) e possiede una tipica organizzazione cellulare procariotica, con citoplasma ricco in ribosomi 70S e acido nucleico diffuso e fibrillare. È in grado di mantenersi vitale solo all'interno della cellula ospite e torna a trasformarsi in CE a seguito di un processo di disidratazione e condensazione cui va incontro al termine del ciclo replicativo. Chlamydiaceae • C. pneumoniae, C. psittaci: malattia polmonare • C. trachomatis: infezioni genitali e cheratocongiuntiviti • Parassiti endocel. obbligati (no prod. ATP) • Ciclo dimorfico • porine MOMP (antigeni http://microbewiki.kenyon.edu/inde x.php/Chlamydia diversi: serovar) • No peptidoglicano (R a inibitori di parete), CRP • Terapia: 1a scelta: tetracicline, macrolidi, 2a: fluorochinoloni Chlamydiaceae Peptidoglicano poco evidente più significativo un complesso di proteine MOMP (Major Outer Membrane Protein) di 40 kDa, da una proteina idrofila di 60 kDa ricca in cisteina e da una lipoproteina di basso peso molecolare, anch'essa ricca in cisteina (CRP, Cysteine-Rich Protein). Due involucri uno interno simile membrana citoplasmatiche, esterno contiene, oltre alla MOMP, la componente lipopolisaccaridica (endotossina o LPS) tipica dei batteri gram-negativi. La MOMP, contribuisce alla stabilità osmotica e al controllo dei processi di assorbimento di sostanze nutrizionali diverse, ivi incluso l'ATP, svolgendo funzioni di porina Il contatto e le interazioni fra i microrganismi in fase di crescita endocellulare e la cellula ospite sono in larga misura garantite da specifiche proteine (Inc) che il CR sintetizza e introduce nella membrana dell'inclusione utilizzando, verosimilmente, un sistema di secrezione di tipo III. Chlamydiaceae Le proteine Inc, organizzate in strutture fibrillari, si diffondono in tutta la cellula e promuovono la fusione di più vacuoli e impediscono al lisosoma di fondersi con il vacuolo. Interagiscono con il ciclo cellulare. La penetrazione avviene per endocitosi All'interno dell'endosoma, formatosi dopo la penetrazione del CE, si realizzano le condizioni riducenti verosimilmente necessarie per la trasformazione dello stesso CE in CR. Chlamydiaceae La moltiplicazione dei CR prosegue in modo asincrono, con tempi di divisione di circa 2 ore. L’endosoma, traslocatosi in prossimità dell'apparato del Golgi, va incontro a un progressivo ingrandimento e generalmente alla fusione con altri endosomi eventualmente formatisi in conseguenza della penetrazione nella stessa cellula di CE multipli. Nella cellula si forma una microcolonia di clamidie racchiuse in un' unica grossa inclusione intracitoplasmatica. Circa alla ventiquattresima ora dall'inizio dell'infezione diviene evidente il processo di condensazione e disidratazione dei CR e la loro trasformazione in CE. Chlamydiaceae A ciclo completo si liberano 100-1000 CE infettanti per cellula (per endocitosi inversa in C. tracomatis e C. pneumoniae, o per lisi cellulare in C. psittaci). In vivo, ma anche in vitro quando le cellule riescono a sopravvivere all'infezione acuta, è possibile che si instaurino infezioni persistenti, con periodiche riprese moltiplicative e lunghi periodi di apparente assenza del microrganismo o di sua presenza in sede endocellulare unicamente sotto forma di pochi CR morfologicamente atipici. In vivo, nelle mucose, dove l'attività delle clamidie appare maggiore in cellule in attiva replicazione, è possibile che processi di riattivazione si manifestino al verificarsi di infezioni intercorrenti sostenute da altri microrganismi in grado, come ad esempio Neisseria gonorrhoeae, di causare aumento del turnover cellulare. Chlamydiaceae CE e CR nessuna attività metabolica se separati dalla cellula ospite, sono privi di citocromi e flavoproteine per produrre ATP o di altre molecole a elevato livello energetico. Sulla base di tali osservazioni, le clamidie sono state considerate parassiti energetici e a questa loro caratteristica è stato primariamente addebitato il parassitismo intracellulare obbligato. In presenza di ATP esogeno, che trasportano al loro interno in virtù di specifiche ADP/ATP traslocasi, effettuano comunque le sintesi proteiche. In sede intracellulare, disponendo dei precursori forniti dalla cellula ospite, sintetizzano in modo autonomo acidi nucleici e lipidi. Chlamydiaceae Genoma fra i più piccoli genomi procariotici (circa 1000 kbp). In C. trachomatis è anche presente un plasmide criptico di 7,5 kpb, responsabile di funzioni essenziali per la crescita microbica, e di interesse pratico in quanto utilizzato quale principale bersaglio di rilevamento con saggi biomolecolari oggi a disposizione per la diagnosi delle patologie riferite a tale specie. Presenti geni per il controllo di vie metaboliche deputate alla produzione di ATP, alla sintesi del peptidoglicano. All'origine dei due principali caratteri che differenziano le clamidie da tutti gli altri batteri (il parassitismo energetico e l'assenza o comunque scarsa presenza di peptidoglicano) non vi sarebbero pertanto sostanziali differenze genetiche ma solo differenze nei livelli di espressione dei geni coinvolti. - Chlamydiaceae Le specificità antigeniche delle clamidie, sono connesse con il lipopolisaccaride e con la MOMP. Il lipopolisaccaride (LPS) esibisce un epitopo con specificità di genere (o di famiglia) in quanto presente in tutti i membri del genere Chlamydia (o della famiglia Chlamydiaceae). ma non induce formazione di anticorpi protettivi e può essere sintetizzato chimicamente e utilizzato quale antigene "di gruppo" in saggi commerciali sierodiagnostici. La MOMP è la proteina maggiore della membrana esterna, codificata dal gene omp I, capace di stimolare produzione di anticorpi dotati di attività neutralizzante in vitro. Esprime specificità di specie e, particolarmente in C. trachomatis, Ulteriori specificità antigeniche di rilievo, sono anche espresse dalle proteine di membrana ricche in cisteina (CRP), e da proteine terme-shock (hsp), parzialmente allocate in corrispondenza del complesso degli involucri esterni batterici. Di interesse è infine una lipoproteina di 29 kDa (MIP) ha analogie con una simile proteina prodotta da Legionella pneumophila, noto parassita intracellulare facoltativo; come in legionella, essa potrebbe svolgere un ruolo significativo nell' espressione della virulenza batterica. Chlamydiaceae È comunemente ritenuto che C. trachomatis e C. pneumoniae siano microrganismi dotati di esclusiva capacità infettante per l'uomo. C. psittaci infetta un gran numero di uccelli e mammiferi, incluso, occasionalmente, l'uomo. C. pecorum, quarto e ultimo componente del genere Chlamydia nella tassonomia ufficiale, sembra poter esprimere capacità infettante esclusivamente nei confronti di bovini e pecore Chlamydiaceae In sede extracellulare, nella forma di CE, le clamidie sono resistenti agli stress meccanici e osmotici sono invece facilmente termo-inattivabili In sede intracellulare, la loro moltiplicazione, quali CR, è inibita da tetracicline, rifampicina, macrolidi e fluorochinoloni. I sulfamidici inibiscono C. trachomatis, ma non C. psittaci, né C. pneumoniae. Il cloramfenicolo ha attività simile a quella dei sulfamidici. Chlamydiaceae La penicillina e l'ampicillina solo debolmente attive, (scarsa presenza, di peptidoglicano). Un effetto batteriostatico comunque si manifesta, con comparsa di formazioni anomale, irregolari. L’effetto è interessante, non solo sotto un profilo clinico, in quanto consente l'uso di tali molecole in situazioni particolari in cui ne sia specificamente richiesto l'impiego terapeutico (come ad esempio nel corso di alcune infezioni in gravidanza), ma anche sotto un profilo biologico, in quanto dimostra, nelle clamidie, oltre che il possesso dei geni richiesti per la sintesi del peptidoglicano, e l'effettiva capacità di sintetizzarlo, in misura sia pur limitata, anche la dipendenza da alcune funzioni che esso deve espletare, almeno nei CR, nel controllo e nella regolazione del loro processo divisionale. Altri antibiotici, quali aminoglicosidi, polimixine e glicopeptidi, sono del tutto inattivi nei confronti delle clamidie. Chlamydiaceae A differenza di quanto osservabile in vitro, le clamidie sono in grado in vivo di determinare solo effetti citopatici limitati. In corso di infezione naturale, sono anche limitati gli effetti tossici direttamente addebitabili al LPS batterico, la cui attività, al riguardo, si valuta sia circa cento volte inferiore rispetto a quella espressa dai LPS di Neisseria o Sa/monella. Sono invece molto evidenti, nei siti di infezione, i fenomeni infiammatori locali, principalmente consistenti, consistenti in fase acuta, in un'intensa infiltrazione di linfociti B e T, e in fase tardiva o di cronicizzazione, nella presenza di infiltrati prevalentemente formati da linfociti T e da cellule del sistema monocitomacrofagico, e nella successiva comparsa di manifestazioni fibrotiche, eventualmente evolutive verso consistenti compromissioni tissutali. Chlamydiaceae La risposta immunitaria, e in particolare quella cellulo-mediata, sarebbe responsabile di tali fenomeni infiammatori e verrebbe così ad assumere, oltre a un ruolo protettivo, anche un importante ruolo patogenetico, principalmente legato alla produzione di citochine stimolanti la fìbrogenesi. Tra i fattori di patogenicità delle clamidie, accanto a quelli condizionanti le loro capacità di adesione, colonizzazione e resistenza alla fagocitosi (eparani, componente glucanica della MOMp, proteine Inc, MIP), vanno allora certamente annoverati anche quelli attivi nella stimolazione dei linfociti T. Fra questi ultimi, oltre alla MOMP e alle proteine hsp, vi è il LPS, la cui attività tossica avrebbe in tale effetto la sua principale motivazione. Chlamydiaceae TNF-a sarebbe il principale responsabile dell' attivazione dei processi di fibrogenesi e cicatrizzazione. Gli anticorpi hanno scarso effetto protettivo e l'infezione può persistere, e subire occasionali riattivazioni, anche in presenza di titoli anticorpali elevati. È anche possibile, anzi frequente, l'evenienza che fra le capacità infettanti del microrganismo e le risposte dell'ospite vengano a stabilirsi equilibri stabili e che le infezioni da clamidie rimangano, per il loro intero decorso, asintomatiche. Chlamydiaceae Come già sottolineato, C. trachomatis, C. psittaci e C. pneumoniae sono le tre specie di clamidie principalmente, se non unicamente patogene per l'uomo. Le manifestazioni cliniche da esse determinate non presentano peculiarità in relazione all'incidenza stagionale e sono in genere ubiquitarie; solo tracoma e linfogranuloma venereo variano nella loro distribuzione geografica e appaiono fortemente condizionati dal livello socio-economico delle popolazioni interessate. Chlamydiaceae C. trachomatis È considerata la più rilevante in patologia umana. Caratterizzata da uno spettro d'ospite ristretto che risulterebbe esclusivamente limitato all'uomo, infetta preferenzialmente le cellule delle mucose. È suddivisa in 2 biotipi (tracoma e linfogranuloma venereo), 3 sierogruppi e 19 sierotipi. Ai diversi sierotipi sono addebitate differenti potenzialità patogene. I sierotipi A, B, Ba e C sono responsabili di una grave cheratocongiuntivite cronica, il tracoma endemico. Seconda causa di cecità nel mondo dopo la cataratta, fino ad alcuni decenni or sono il tracoma era presente anche nel nostro Paese, mentre oggi è quasi del tutto limitato ai Paesi in via di sviluppo Chlamydiaceae Inizia con un processo flogistico della congiuntiva e della cornea ed evolve con la formazione di processi cicatriziali, panno corneale, che, se non efficientemente trattati, diventano responsabili della perdita della capacità visiva. La trasmissione avviene, in condizioni di grave carenza igienica, tramite passaggio, da occhio a occhio, di secrezioni infette, realizzato con modalità diverse (mani, mosche, cosmetici ecc.). Chlamydiaceae I sierotipi B e Ba, unitamente ai D-K, sono altresì responsabili, prevalentemente in adulti di sesso maschile affetti da uretrite asintomatica, di una forma più blanda di congiuntivite follicolare monolaterale, la congiuntivite da inclusioni o paratracoma. La trasmissione, come nel tracoma, può avvenire con modalità differenti ma, in questo caso, la contaminazione con secrezioni genitali infette è la principale causa dell'infezione oculare. Secrezioni genitali contaminate sono anche all'origine di infezioni oculari cui i neonati possono andare incontro con elevata frequenza (20-50%) in corso di attraversamento di canali di parto infetti (congiuntivite neonatale). I neonati, nel 10-20% dei casi di infezione, possono anche andare incontro a polmonite (polmonite neonatale), che si manifesta in genere al termine della seconda settimana dalla nascita e ha un andamento subacuto. Chlamydiaceae C. psittaci Ornitosi o psittacosi (dal greco ornithos, uccello, o psittakos, pappagallo). Nell'uomo, l'infezione è spesso inapparente o lieve, ma può anche evolvere verso una polmonite grave o verso una forma settica a elevata letalità. Può essere causa di malattia professionale nei veterinari, nei lavoratori degli zoo, nei dipendenti dei negozi di animali domestici, negli addetti alla manipolazione del pollame. La trasmissione è aerogena e la sintomatologia simil-influenzale. Nei casi evolutivi, il microrganismo, presente nel sangue nelle due prime settimane di malattia, diffonde alle cellule del sistema retico-endoteliale del fegato e della milza e raggiunge quindi il polmone, dove dà origine a una polmonite interstiziale difficilmente differenziabile da quelle provocate da virus o da Mycoplasma pneumoniae. Chlamydiaceae C. pneumoniae Le prime dimostrazioni dell' esistenza di microrganismi oggi classificati in questa specie, così come le prime segnalazioni circa un loro possibile ruolo nella patologia acuta delle vie aeree, sono state effettuate a Taiwan, negli anni sessanta del secolo scorso, e i relativi isolati sono rimasti per lungo tempo noti, fino agli anni ottanta, come stipiti TWAR (Taiwan Acute Respiratory). Inquadrati nella specie C. pneumoniae, se ne è riconosciuta l'appartenenza a un solo sierotipo e se ne è confermato il ruolo nella eziopatogenesi di diverse affezioni comunitarie delle alte e basse vie aeree, quali sinusiti, bronchiti o polmoniti interstiziali, queste ultime anche ad andamento cronico, spesso coinvolgenti un solo lobo polmonare, in genere di modesta gravità. Ne è stata altresì accertata la trasmissibilità per via aerea, da uomo a uomo, e la larga circolazione in ambito umano con tendenza prevalente a dar origine a forme infettive lievi o del tutto asintomatiche; in molte aree geografÌche il 50% degli individui adulti presenta positività sierologia indicativa di infezione pregressa. Chlamydiaceae Da alcuni anni si vanno raccogliendo indicazioni sieroepidemiologiche su un suo presunto ruolo nell'Alzheimer, nell'aterosclerosi e nella malattia ischemica del miocardio. L’ipotesi, in particolare, di un coinvolgimento di C. pneumoniae nelle due ultime affezioni sembrerebbe avvalorata dalla dimostrata presenza di corpi elementari nell' endotelio coronarico, dalla presenza di microrganismi vitali, o di loro antigeni o acidi nucleici, in frammenti bioptici di placche ateromatose, nonché dalla capacità di C. pneumoniae di moltiplicarsi in cellule muscolari lisce, in cellule endoteliali delle coronarie e in macrofagi. La risposta infiammatoria a un'infezione cronica, facilitata dalla possibilità che il microrganismo instauri persistenza, sarebbe responsabile, in questi due casi, delle manifestazioni patologiche. Chlamydiaceae Per l'accertamento diagnostico delle infezioni da Chlamydia trachomatis, l'esame colturale è considerato il gold standard. La sensibilità è condizionata dall'entità del processo infettivo, dalla corretta raccolta del campione (secrezioni congiuritivali, uretrali, cervicali ecc.), dalle modalità di trasporto al laboratorio (che deve avvenire nel più breve tempo possibile e a freddo) e, infine, dall'impiego di adeguate tecniche colturali. Le' risposte si hanno in tempi relativamente brevi (48-72 ore). Altra modalità diagnostica, con sensibilità comparabile a quella dell'esame colturale, ancor più rapida nell' esecuzione, ma forse più dipendente dall' accuratezza del prelievo, è la ricerca del DNA batterico direttamente condotta nel campione con tecnica PCR o similare; in questo caso, come già detto, la sequenza bersaglio è quasi sempre il plasmide criptico costantemente presente nei sierotipi più diffusi del microrganismo. Chlamydiaceae Ulteriormente utilizzabili, ma dotate di minore sensibilità, sono la ricerca citologica delle inclusioni, la ricerca, nei campioni clinici, con tecniche ELISA o di immunofluorescenza, della presenza di antigeni batterici (LPS o MOMP), e infine la valutazione della risposta sierologica. Minore rilievo ha l'esame colturale nella diagnosi delle infezioni da C. psittaci e da C. pneumoniae. Questo è dovuto, nel primo caso, all'elevato rischio che la manipolazione di C. psittaci comporterebbe per lo staff di laboratorio, e nel secondo, per le difficoltà che C. pneumoniae mostra nell' adattarsi alla crescita in vitro. Nelle infezioni sia da C. psittaci sia da C. pneumoniae, gli accertamenti diagnostici sono principalmente di tipo molecolare (amplificazione mediante PCR) o sierologico, questi ultimi affidati alla dimostrazione di significativi movimenti anticorpali o della presenza di IgM, nei confronti degli antigeni di clamidia gruppo- (LPS) o specie-specifici (MOMP); le tecniche più frequentemente utilizzate sono le reazioni di fissazione del complemento e di immunofluorescenza. Chlamydiaceae Le tetracicline sono i farmaci di elezione per il trattamento delle manifestazioni patologiche provocate dalle clamidie e le segnalazioni di resistenze batteriche nei loro confronti sono rarissime. Sono anche utilizzabili, quali farmaci di seconda scelta, i macrolidi (ad esempio nelle donne gravide) e i chinoloni. Per quanto concerne la prevenzione, essa può essere effettuata migliorando le condizioni socio-economiche delle popolazioni (tracoma), stimolando la messa in opera di adeguate misure di igiene personale e sessuale (infezioni oculogenitali da C. trachomatis), (psittacosi), ricorrendo a trattamenti chemioprofilattici (complicanze del tracoma, infezioni del neonato da C. trachomatis. Chlamydiaceae Un'immunoprofilassi vaccinale sarebbe auspicabile per il controllo del tracoma nei Paesi in via di sviluppo e potrebbe trarre vantaggio dall'uso di preparazioni antigeniche purificate, derivate ad esempio dalla MOMP che, nel passato, hanno dato risultati deludenti, se non addirittura negativi. L effettiva realizzabilità di un tale vaccino, e l'opportunità stessa del suo eventuale impiego, richiedono tuttavia l'acquisizione di ulteriori, significative conoscenze sul ruolo protettivo, patogenetico, esercitato dall'immunità nel corso delle infezioni da clamidie. Legionella • 1976 Filadelfia “malattia dei legionari". • 34 specie diverse di legionella, 50 gruppi sierologici • da materiali umani oltre una dozzina di specie diverse, ma nell’85% dei casi :L.pneumophila (70-75%) e L. micdadei. • esigenti per la coltivazione (L-cisteina e sali di ferro) bastoncini Gram-, aerobi, sottili e pleomorfi, mobili per uno o più flagelli polari o laterali Legionelle Parassiti intracellulari facoltativi, si moltiplicano nei fagosomi dei monociti e dei macrofagi alveolari e possiedono almeno due fattori in grado di inibire l’attivazione dei fagociti: • Citotossina • Fosfatasi (blocca la produzione di anione superossido da parte dei neutrofili). Legionella ALTRI FATTORI DI VIRULENZA proteina di superficie Mip (macrophage infectivity potentiator) enzimi proteolitici (fosfolipasi C, metalloproteasi) → danno cellule parassitate. Studi sui meccanismi molecolari che governano le interazioni con protozoi e fagociti (1) Risoluzione del coiling: ??? Il fagosoma non si fonde con i lisosomi ma si circonda di materiale derivante dal reticolo endoplasmatico rugoso (fagosoma replicativo). Nei protozoi prende il nome di: endosome maturation blocked phagosome (EMB) Nei fagociti prende il nome di: legionella specific phagosome (LSP) Edelstein and Cianciotto, PPID, 2005 Legionella Forma matura Forma replicativa microbewiki.kenyon.edu Legionella Trasmissione: aerosol No trasmissione interumana. Probabilmente parassiti di amebe e protozoi ciliati Legionelle E' presente a basse concentrazioni negli ambienti acquatici senza che ciò dia luogo ad alcuna patologia (spesso non rilevabili analiticamente). Le patologie possono invece insorgere soltanto quando il batterio prolifera e si porta a concentrazioni elevate in sistemi idrici artificiali che non siano adeguatamente progettati, realizzati e mantenuti. Legionella Trasmissione: avviene per inalazione di batteri presenti nell’aerosol prodotto da sistemi di condizionamento o docce contaminati. Provoca un processo infiltrativo lobare: polmonite purulenta acuta. Entra all’interno dei macrofagi e dei monociti per fagocitosi: mentre l’attività dei vacuoli fagosomiali si arresta, i batteri si replicano e lisano le cellule. No trasmissione interumana. Edelstein and Cianciotto, PPID, 2005 53 Legionelle SINDROMI CLINICHE L’infezione asintomatica è frequente in tutti i gruppi d’età. i fattori di rischio sono il fumo, bronchite cronica, enfisema,terapia con steroidi, diabete mellito…. L. pneumophila (sierotipi 1 e 6): polmonite purulenta detta "malattia dei legionari" spesso complicata da lesioni renali ed epatiche, può presentare una mortalità elevata in assenza di pronto intervento terapeutico. forma febbrile simil-influenzale, con tendenza spontanea alla guarigione, nota come "febbre di Pontiac“ ruolo essenziale svolto dalle condizioni immunitarie dell’ospite al momento dell’infezione Legionella DIAGNOSI DI LABORATORIO • Campioni: LP, BAL, frammenti bioptici polmonari. sangue e urine • Esame microscopico: Gram debole; dimostrazione diretta nei campioni clinici mediante IF (bassa sensibilità) • Esame colturale: 3-5% CO2, 35ºC, crescita lenta, colonie piccole (1-3 mm) con aspetto di vetro smerigliato. L’isolamento dall’espettorato è difficile per la PMN BCYE Legionella DIAGNOSI DI LABORATORIO • Rivelazione antigenica: urine • Test sierologici: ricerca di ab specifici mediante reazioni di IF un aumento del titolo anticorpale di 4 o più volte (fino a 128 o più) è considerato diagnostico. Legionella • TERAPIA In vitro le Legionelle sono sensibili ad un ampio spettro di farmaci antibatterici. Per la loro localizzazione intracellulare, in vivo sono sensibili a pochi farmaci: MACROLIDI: azitromicina, claritromicina, (eritromicina), rifampicina e alcuni chinoloni (levofloxacina, ciprofloxacina) 57