Micoplasmi
I micoplasmi sono le più piccole forme batteriche (125250 nm di diametro) capaci di vita autonoma. Si
distinguono dagli altri batteri per la mancanza della
parete cellulare e, pertanto, per la loro incapacità di
sintetizzare i precursori della parete cellulare, dalla quale
deriva una resistenza intrinseca a tutti gli antibiotici che
hanno come bersaglio la sintesi del peptidoglicano.
Inoltre questi microrganismi hanno una membrana
cellulare ricca di steroli (che la cellula però non riesce a
sintetizzare). Per tali caratteristiche mostrano una
notevole plasticità che permette loro di superare le
membrane dei filtri sterilizzanti, oltre a presentare un
elevato polimorfismo. Contrariamente ai virus, sono
capaci di replicarsi su terreni di coltura acellulari ma
ricchi di steroli.
Micoplasmi
I micoplasmi sono ubiquitari e possono ritrovarsi come
saprofiti parassiti di animali e piante. Molte malattie delle
piante e degli animali sono causate dai micoplasmi.
Per la mancanza di parete cellulare i micoplasmi vengono
raggruppati nella classe dei Mollicutes (parete soffice). Le
principali specie patogene per l'uomo sono
Mycoplasma pneumoniae, Ureaplasma urealyticum, Mycoplasma hominis e
Mycoplasma genitalium.
Micoplasmi
I micoplasmi utilizzano a scopo energetico il catabolismo del
glucosio o dell'arginina e, nel caso del genere Ureaplasma,
dell'urea. Generalmente, durante la replicazione cellulare, la
divisione del citoplasma e del genoma avviene in modo
asincrono così che prima della formazione di una singola
cellula possono apparire lunghi filamenti contenenti molti
nuclei, che si trasformano poi in singole cellule. Possiedono il
genoma più piccolo delle specie autoreplicanti, che varia dalle
500 000 Kpaia di basi circa negli appartenenti al genere
Mycoplasma e Ureaplasma a circa l 000 000 di K. paia di basi
degli Acholeplasma.
Micoplasmi
I micoplasmi si moltiplicano sulla superficie delle cellule degli
epiteli delle mucose senza avere una capacità di penetrazione
intracellulare. Sono immobili e il loro sviluppo è inibito dagli
anticorpi specifici.
Nei terreni solidi producono le caratteristiche colonie a uovo
fritto che, per le loro dimensioni, si dividono in "large colony"
e in "tiny-colony ", I ceppi che producono queste ultime,
caratteristici della specie U. urealyticum, vengono definiti
ceppi-T. Tuttavia in entrambi i casi le colonie hanno
dimensioni ridotte: nelle forme più grandi variano tra i 100 e i
300 µm e nelle forme T non superano i 10-25µm.
M. pneumoniae
Il Mycoplasma pneumoniae è causa di alcune malattie
respiratorie nell'uomo; la forma clinica più comune è
una forma di polmonite definita (polmonite atipica
primaria). Colpisce di solito le basse vie respiratorie,
bronchioli terminali e gli alveoli, con il classico
quadro clinico di una polmonite con interessamento di
un singolo lobo polmonare, generalmente i più bassi.
Tuttavia sono tre i quadri clinici sicuramente attribuiti
a un'infezione da M. pneumoniae: la polmonite, la
tracheobronchite e la faringite.
M. pneumoniae
Nella prima infanzia (al disotto di un anno di età)
la forma clinica prevalente è la rinite. Sono stati
descritti anche casi di meningite,
meningoencefalite e neurite, senza nessun
riscontro di una precedente infiammazione delle
vie respiratorie.
La malattia ha un periodo di incubazione di circa
due-tre settimane. Il quadro clinico si può
manifestare con vari sintomi, tra cui febbre,
tosse e malessere; nei soggetti più anziani
spesso si manifesta anche cefalea. La malattia
ha nella grande maggioranza dei casi un
andamento benigno e risponde al trattamento
con antibiotici della classe delle tetracicline, dei
macrolidi e dei fluorochinoloni.
M. pneumoniae
Almeno sei proteine si affacciano alla superficie esterna della
membrana plasmatica, tra le quali la proteina Pl e la proteina
P2 (adesività alle cellule e la stimolazione di anticorpi
protettivi).
M pneumoniae può inoltre elaborare altri fattori di virulenza
che causano gravi alterazioni dell' epitelio bronchiale: H 202 e
un superperossido che, penetrando nelle cellule, ne
determinano la morte per inibizione della superperossidodismutasi, e una beta-emolisina ad azione citolitica. Questi
eventi, inoltre, inducono una forte reazione infiammatoria che
coinvolge anche la sottomucosa con estese infiltrazioni di
cellule leucocitarie.
M. pneumoniae
La risoluzione della malattia sembra dovuta,
principalmente, a un accumulo locale di anticorpi
della classe IgA ed IgG. Queste immunoglobuline
hanno un ruolo protettivo tramite tre meccanismi:
-inducono la lisi batterica tramite l'attivazione del
complemento;
- agiscono da opsonine aumentando l'attività
fagocitarla e il killing dei macrofagi;
- bloccano la capacità dei batteri di aderire alle cellule
bronchiali.
M. pneumoniae
La diagnosi eziologica di infezione da M. pneumoniae si fa
sierologicamente tramite la valutazione della presenza
delle IgG specifiche, ma data la diffusione di questi
anticorpi nella popolazione, per avere delle indicazioni
diagnostiche utili è necessario evidenziare una
sieroconversione in due campioni di siero prelevati a
distanza di almeno 5-7 giorni. Attualmente è utilizzabile
un test sierologico rapido che rileva la presenza delle IgM
specifiche. La presenza di questi anticorpi in un singolo
campione permette di diagnosticare un'infezione in atto da
M. pneumoniae.
M. pneumoniae
È anche possibile l'isolamento del microrganismo in terreni di coltura
adatti da campioni clinici quali l'espettorato o il lavaggio bronchiale.
Dopo il terreno di Chanock al lievito di birra con aggiunta di siero di
cavallo sono stati sviluppati altri terreni simili, quale l'SP-4 di Tilly,
disponibile sia nella forma monofasica all'agar sia nella forma
bifasica con uno strato di brodo sopra la piastra di agar.
Entrambi sono efficienti per lo sviluppo delle classiche colonie
Nelle piastre devono anche essere evidenziate le colonie
caratteristiche, che nei terreni bifasici si sviluppano entro tre giorni;
successivamente si dovrà ricorrere all'identificazione della specie di
appartenenza tramite antisieri specifici. Infine, attualmente è possibile
evidenziare la presenza di M pneumoniae in campioni clinici mediante
tecniche molecolari (PCR).
-
M. pneumoniae
I micoplasmi rimangono in posizione extracellulare formando
forme filamentose allungate che si dispongono parallelamente
alle ciglia. Tuttavia si ritrovano dei microrganismi anche negli
spazi intercellulari, che indica una loro capacità di
penetrazione nella sottomucosa. M. pneumoniae, come
superantigene, è anche in grado di determinare un' attivazione
policlonale dei linfociti B e, per una similitudine antigenica con
le strutture delle membrane delle cellule dell'ospite, riesce a
indurre una serie di fenomeni autoimmuni quali eritemi, artriti,
vasculiti. Infatti l'apparente alta prevalenza dell'infezione e
l'andamento mite della malattia nella prima infanzia inducono
a ipotizzare un ruolo della risposta immune a una reifezione
quale causa delle manifestazioni più gravi che si osservano
nell' età più adulta.
Ureaplasma urealyticum
Le specie più frequentemente isolate dal tratto genitourinario umano sono
Ureaplasma urealyticum e Mycoplasma hominis.
Dalle secrezioni genitali sono state isolate anche altre
specie del genere Mycoplasma, quale
M. genitalium.
Sono stati descritti almeno 14 siero tipi di U.
urealyticum e 7 sierotipi di M. hominis; tuttavia non vi
sono dati in letteratura che con certezza definiscano uno
specifico ruolo patogenetico a un particolare sierotipo.
Ureaplasma urealyticum
La prima colonizzazione delle vie genitali da parte di
questi organismi avviene alla nascita durante il passaggio
nel canale vaginale.
U. urealyticum è stato isolato dai genitali di circa un terzo
dei neonati di sesso femminile studiati, mentre M. hominis
è risultato essere presente in una percentuale inferiore. Nei
neonati di sesso maschile, la presenza di micoplasmi
risulta meno frequente. U. urealyticum è stato isolato, in
circa il 15% dei neonati di entrambi i sessi, nelle cavità
nasali e nella gola. Tendono a persistere per circa due anni;
successivamente, dopo la pubertà la nuova colonizzazione
avviene con l'inizio dell' attività sessuale.
Ureaplasma urealyticum
U urealyticum e M. hominis sono considerati la causa di poche
patologie: uretriti non gonococciche, epididimiti, alcuni casi di
pielonefrite, certe febbri postpartum e certe forme di malattia
infiammatoria pelvica.
M. genitalium responsabile di infezioni a decorso cronico, germi
capaci di aderire e di penetrare nelle cellule della mucosa
genito-urinaria. In questi casi la diagnosi si effettua solo tramite
l'isolamento dei micoplasmi con le stesse modalità descritte per
M. pneumoniae nei campioni di secreti uretrali o vaginali o
cervicale, nelle urine o in altri campioni clinici. Le indagini
sierologiche non sembrano avere un grande valore diagnostico.
Micoplasmi
Tetracicline e l'eritromicina sono efficaci
M. fermentans e M. hominis sono spesso ery-R
resistenza alle tetracicline è stata riportata sia in M.
hominis che in U. urealyticum. Uno dei protocolli
terapeutici più comuni comprende uno o più cicli di due
settimane con tetracicline (minociclina o doxiciclina),
fluorochinoloni (ad es. ciprofloxacina), oppure
macrolidi (ad es. claritromicina o azitromicina).
Chlamydiaceae
Parassiti intracellulari obbligati, si moltiplicano all'interno dei
vacuoli di endocitosi delle cellule ospiti (il cui rivestimento
membranoso ne ha ispirato il nome, dal greco chlamis,
mantello), e sono dotate di diverse peculiarità concernenti
l'organizzazione strutturale, le esigenze metaboliche e il ciclo
replicativo (caratteristicamente dimorfico).
Le clamidie sono a tutti gli effetti batteri, caratterizzati dalla
forma coccoide, immobili e strutturalmente inquadrabili fra i
gram-negativi (anche se alla colorazione di Gram sono
preferite le colorazioni di Giemsa, Macchiavello o Gimenez).
Chlamydiaceae
Le clamidie parassite dei vertebrati sono classificate in quattro
specie (Chlamydia trachomatis, C. psittaci, C. pneumoniae e C.
pecorum), costituenti l'unico genere, Chlamydia, dell'unica
famiglia, Chlamydiaceae, dell'ordine Chlamydiales.
Questa classificazione non include le clamidie degli invertebrati
e delle amebe, è unicamente basata su caratteri fenotipici.
Anche se è desumibile dalla letteratura la possibilità che alcune
manifestazioni
cliniche umane siano correlabili con clamidie di più recente
identificazione, le specie C. trachomatis, C. psittaci e C.
pneumoniae si confermano le principali patogene per l'uomo
Chlamydiaceae
Le clamidie si moltiplicano all'interno di cellule eucariotiche, (ciclo replicativo
dimorfico). Le due forme microbiche sono il corpo elementare e il corpo reticolare.
Il corpo elementare (CE) è la forma infettante, capace di resistere in
ambiente extracellulare e di avviare il processo replicativo legandosi alla cellula
ospite e penetrando al suo interno per endocitosi. Ha piccole dimensioni (200300 nm di diametro) e un metabolismo relativamente inerte.
Il corpo reticolare (CR) si origina dal CE per progressiva idratazione, subito dopo la
sua penetrazione nel vacuolo di endocitosi, e rappresenta la forma microbica
metabolicamente attiva, in grado di dividersi per scissione binaria all'interno della
cellula ospite.
Ha dimensioni maggiori del CE (800-1000 nm di diametro) e possiede una tipica organizzazione cellulare procariotica, con citoplasma ricco in ribosomi 70S e
acido nucleico diffuso e fibrillare. È in grado di mantenersi vitale solo all'interno
della cellula ospite e torna a trasformarsi in CE a seguito di un processo di
disidratazione e condensazione cui va incontro al termine del ciclo replicativo.
Chlamydiaceae
• C. pneumoniae, C. psittaci:
malattia polmonare
•
C. trachomatis: infezioni
genitali e cheratocongiuntiviti
• Parassiti endocel. obbligati (no
prod. ATP)
• Ciclo dimorfico
• porine
MOMP
(antigeni http://microbewiki.kenyon.edu/inde
x.php/Chlamydia
diversi: serovar)
• No peptidoglicano (R a inibitori di parete), CRP
• Terapia: 1a scelta: tetracicline, macrolidi, 2a:
fluorochinoloni
Chlamydiaceae
Peptidoglicano poco evidente più significativo un complesso di proteine
MOMP (Major Outer Membrane Protein) di 40 kDa, da una proteina
idrofila di 60 kDa ricca in cisteina e da una lipoproteina di basso peso
molecolare, anch'essa ricca in cisteina (CRP, Cysteine-Rich Protein).
Due involucri uno interno simile membrana citoplasmatiche, esterno
contiene, oltre alla MOMP, la componente lipopolisaccaridica (endotossina
o LPS) tipica dei batteri gram-negativi. La MOMP, contribuisce alla
stabilità osmotica e al controllo dei processi di assorbimento di sostanze
nutrizionali diverse, ivi incluso l'ATP, svolgendo funzioni di porina
Il contatto e le interazioni fra i microrganismi in fase di crescita
endocellulare e la cellula ospite sono in larga misura garantite da specifiche
proteine (Inc) che il CR sintetizza e introduce nella membrana
dell'inclusione utilizzando, verosimilmente, un sistema di secrezione di tipo
III.
Chlamydiaceae
Le proteine Inc, organizzate in strutture fibrillari,
si diffondono in tutta la cellula e promuovono la
fusione di più vacuoli e impediscono al lisosoma
di fondersi con il vacuolo. Interagiscono con il
ciclo cellulare. La penetrazione avviene per
endocitosi
All'interno dell'endosoma, formatosi dopo la
penetrazione del CE, si realizzano le condizioni
riducenti verosimilmente necessarie per la
trasformazione dello stesso CE in CR.
Chlamydiaceae
La moltiplicazione dei CR prosegue in modo asincrono, con
tempi di divisione di circa 2 ore. L’endosoma, traslocatosi in
prossimità dell'apparato del Golgi, va incontro a un progressivo
ingrandimento e generalmente alla fusione con altri endosomi
eventualmente formatisi in conseguenza della penetrazione
nella stessa cellula di CE multipli. Nella cellula si forma una
microcolonia di clamidie racchiuse in un' unica grossa
inclusione intracitoplasmatica.
Circa alla ventiquattresima ora dall'inizio dell'infezione diviene
evidente il processo di condensazione e disidratazione dei CR e
la loro trasformazione in CE.
Chlamydiaceae
A ciclo completo si liberano 100-1000 CE infettanti per cellula (per
endocitosi inversa in C. tracomatis e C. pneumoniae, o per lisi cellulare in
C. psittaci).
In vivo, ma anche in vitro quando le cellule riescono a sopravvivere
all'infezione acuta, è possibile che si instaurino infezioni persistenti, con
periodiche riprese moltiplicative e lunghi periodi di apparente assenza del
microrganismo o di sua presenza in sede endocellulare unicamente sotto
forma di pochi CR morfologicamente atipici.
In vivo, nelle mucose, dove l'attività delle clamidie appare maggiore in
cellule in attiva replicazione, è possibile che processi di riattivazione si
manifestino al verificarsi di infezioni intercorrenti sostenute da altri
microrganismi in grado, come ad esempio Neisseria gonorrhoeae, di
causare aumento del turnover cellulare.
Chlamydiaceae
CE e CR nessuna attività metabolica se separati dalla cellula
ospite, sono privi di citocromi e flavoproteine per produrre ATP
o di altre molecole a elevato livello energetico. Sulla base di tali
osservazioni, le clamidie sono state considerate parassiti
energetici e a questa loro caratteristica è stato primariamente
addebitato il parassitismo intracellulare obbligato. In presenza
di ATP esogeno, che trasportano al loro interno in virtù di
specifiche ADP/ATP traslocasi, effettuano comunque le sintesi
proteiche. In sede intracellulare, disponendo dei precursori
forniti dalla cellula ospite, sintetizzano in modo autonomo acidi
nucleici e lipidi.
Chlamydiaceae
Genoma fra i più piccoli genomi procariotici (circa 1000 kbp). In C.
trachomatis è anche presente un plasmide criptico di 7,5 kpb,
responsabile di funzioni essenziali per la crescita microbica, e di
interesse pratico in quanto utilizzato quale principale bersaglio di
rilevamento con saggi biomolecolari oggi a disposizione per la
diagnosi delle patologie riferite a tale specie.
Presenti geni per il controllo di vie metaboliche deputate alla
produzione di ATP, alla sintesi del peptidoglicano.
All'origine dei due principali caratteri che differenziano le clamidie da
tutti gli altri batteri (il parassitismo energetico e l'assenza o
comunque scarsa presenza di peptidoglicano) non vi sarebbero
pertanto sostanziali differenze genetiche ma solo differenze nei livelli
di espressione dei geni coinvolti.
-
Chlamydiaceae
Le specificità antigeniche delle clamidie, sono connesse con il lipopolisaccaride e con la
MOMP.
Il lipopolisaccaride (LPS) esibisce un epitopo con specificità di genere (o di famiglia) in quanto
presente in tutti i membri del genere Chlamydia (o della famiglia Chlamydiaceae). ma non
induce formazione di anticorpi protettivi e può essere sintetizzato chimicamente e utilizzato
quale antigene "di gruppo" in saggi commerciali sierodiagnostici.
La MOMP è la proteina maggiore della membrana esterna, codificata dal gene omp I, capace
di stimolare produzione di anticorpi dotati di attività neutralizzante in vitro. Esprime specificità
di specie e, particolarmente in C. trachomatis, Ulteriori specificità antigeniche di rilievo, sono
anche espresse dalle proteine di membrana ricche in cisteina (CRP), e da proteine terme-shock
(hsp), parzialmente allocate in corrispondenza del complesso degli involucri esterni batterici.
Di interesse è infine una lipoproteina di 29 kDa (MIP) ha analogie con una simile proteina
prodotta da Legionella pneumophila, noto parassita intracellulare facoltativo; come in
legionella, essa potrebbe svolgere un ruolo significativo nell' espressione della virulenza
batterica.
Chlamydiaceae
È comunemente ritenuto che C. trachomatis e
C. pneumoniae siano microrganismi dotati di
esclusiva capacità infettante per l'uomo. C.
psittaci infetta un gran numero di uccelli e
mammiferi, incluso, occasionalmente,
l'uomo. C. pecorum,
quarto e ultimo componente del genere
Chlamydia nella tassonomia ufficiale, sembra
poter esprimere capacità infettante
esclusivamente nei confronti di bovini e
pecore
Chlamydiaceae
In sede extracellulare, nella forma di CE, le clamidie
sono resistenti agli stress meccanici e osmotici sono
invece facilmente termo-inattivabili
In sede intracellulare, la loro moltiplicazione, quali
CR, è inibita da tetracicline, rifampicina, macrolidi e
fluorochinoloni.
I sulfamidici inibiscono C. trachomatis, ma non C.
psittaci, né C. pneumoniae.
Il cloramfenicolo ha attività simile a quella dei
sulfamidici.
Chlamydiaceae
La penicillina e l'ampicillina solo debolmente attive, (scarsa presenza, di
peptidoglicano). Un effetto batteriostatico comunque si manifesta, con comparsa di
formazioni anomale, irregolari.
L’effetto è interessante, non solo sotto un profilo clinico, in quanto consente l'uso di
tali molecole in situazioni particolari in cui ne sia specificamente richiesto l'impiego
terapeutico (come ad esempio nel corso di alcune infezioni in gravidanza), ma anche
sotto un profilo biologico, in quanto dimostra, nelle clamidie, oltre che il possesso dei
geni richiesti per la sintesi del peptidoglicano, e l'effettiva capacità di sintetizzarlo, in
misura sia pur limitata, anche la dipendenza da alcune funzioni che esso deve
espletare, almeno nei CR, nel controllo e nella regolazione del loro processo
divisionale.
Altri antibiotici, quali aminoglicosidi, polimixine e glicopeptidi, sono del tutto inattivi
nei confronti delle clamidie.
Chlamydiaceae
A differenza di quanto osservabile in vitro, le clamidie sono in grado in vivo di
determinare solo effetti citopatici limitati.
In corso di infezione naturale, sono anche limitati gli effetti tossici direttamente addebitabili al LPS batterico, la cui attività, al riguardo, si valuta sia circa
cento volte inferiore rispetto a quella espressa dai LPS di Neisseria o Sa/monella.
Sono invece molto evidenti, nei siti di infezione, i fenomeni infiammatori
locali, principalmente consistenti,
consistenti in fase acuta, in un'intensa infiltrazione di linfociti B e T, e in fase tardiva o di cronicizzazione, nella presenza di infiltrati
prevalentemente formati da linfociti T e da cellule del sistema monocitomacrofagico, e nella successiva comparsa di manifestazioni fibrotiche,
eventualmente evolutive verso consistenti compromissioni tissutali.
Chlamydiaceae
La risposta immunitaria, e in particolare quella cellulo-mediata, sarebbe
responsabile di tali fenomeni infiammatori e verrebbe così ad assumere,
oltre a un ruolo protettivo, anche un importante ruolo patogenetico,
principalmente legato alla produzione di citochine stimolanti la fìbrogenesi.
Tra i fattori di patogenicità delle clamidie, accanto a quelli condizionanti le
loro capacità di adesione, colonizzazione e resistenza alla fagocitosi
(eparani, componente glucanica della MOMp, proteine Inc, MIP), vanno
allora certamente annoverati anche quelli attivi nella stimolazione dei
linfociti T. Fra questi ultimi, oltre alla MOMP e alle proteine hsp, vi è il
LPS, la cui attività tossica avrebbe in tale effetto la sua principale
motivazione.
Chlamydiaceae
TNF-a sarebbe il principale responsabile dell' attivazione dei processi
di fibrogenesi e cicatrizzazione.
Gli anticorpi hanno scarso effetto protettivo e l'infezione può persistere, e
subire occasionali riattivazioni, anche in presenza di titoli anticorpali
elevati.
È anche possibile, anzi frequente, l'evenienza che fra le capacità infettanti
del microrganismo e le risposte dell'ospite vengano a stabilirsi equilibri
stabili e che le infezioni da clamidie rimangano, per il loro intero decorso,
asintomatiche.
Chlamydiaceae
Come già sottolineato, C. trachomatis, C. psittaci e C.
pneumoniae sono le tre specie di clamidie principalmente, se
non unicamente patogene per l'uomo. Le manifestazioni
cliniche da esse determinate non presentano peculiarità in
relazione all'incidenza stagionale e sono in genere ubiquitarie;
solo tracoma e linfogranuloma venereo variano nella loro
distribuzione geografica e appaiono fortemente condizionati dal
livello socio-economico delle popolazioni interessate.
Chlamydiaceae
C. trachomatis
È considerata la più rilevante in patologia umana. Caratterizzata da uno
spettro d'ospite ristretto che risulterebbe esclusivamente limitato all'uomo,
infetta preferenzialmente le cellule delle mucose. È suddivisa in 2 biotipi
(tracoma e linfogranuloma venereo), 3 sierogruppi e 19 sierotipi. Ai diversi
sierotipi sono addebitate differenti potenzialità patogene.
I sierotipi A, B, Ba e C sono responsabili di una grave cheratocongiuntivite
cronica, il tracoma endemico. Seconda causa di cecità nel mondo dopo la
cataratta, fino ad alcuni decenni or sono il tracoma era presente anche nel
nostro Paese, mentre oggi è quasi del tutto limitato ai Paesi in via di
sviluppo
Chlamydiaceae
Inizia con un processo flogistico della congiuntiva e
della cornea ed evolve con la formazione di processi
cicatriziali, panno corneale, che, se non
efficientemente trattati, diventano responsabili della
perdita della capacità visiva. La trasmissione avviene,
in condizioni di grave carenza igienica, tramite
passaggio, da occhio a occhio, di secrezioni infette,
realizzato con modalità diverse (mani, mosche,
cosmetici ecc.).
Chlamydiaceae
I sierotipi B e Ba, unitamente ai D-K, sono altresì responsabili, prevalentemente in adulti di sesso maschile affetti da uretrite asintomatica, di una forma più
blanda di congiuntivite follicolare monolaterale, la congiuntivite da inclusioni
o paratracoma. La trasmissione, come nel tracoma, può avvenire con modalità
differenti ma, in questo caso, la contaminazione con secrezioni genitali infette
è la principale causa dell'infezione oculare. Secrezioni genitali contaminate sono
anche all'origine di infezioni oculari cui i neonati possono andare incontro con
elevata frequenza (20-50%) in corso di attraversamento di canali di parto infetti
(congiuntivite neonatale).
I neonati, nel 10-20% dei casi di infezione, possono anche andare incontro
a polmonite (polmonite neonatale), che si manifesta in genere al termine della
seconda settimana dalla nascita e ha un andamento subacuto.
Chlamydiaceae
C. psittaci
Ornitosi o psittacosi (dal greco ornithos, uccello, o psittakos, pappagallo).
Nell'uomo, l'infezione è spesso inapparente o lieve, ma può anche evolvere
verso una polmonite grave o verso una forma settica a elevata letalità. Può essere causa di malattia professionale nei veterinari, nei lavoratori degli zoo, nei
dipendenti dei negozi di animali domestici, negli addetti alla manipolazione del
pollame.
La trasmissione è aerogena e la sintomatologia simil-influenzale. Nei casi evolutivi, il microrganismo, presente nel sangue nelle due prime settimane di malattia, diffonde alle cellule del sistema retico-endoteliale del fegato e della milza
e raggiunge quindi il polmone, dove dà origine a una polmonite interstiziale
difficilmente differenziabile da quelle provocate da virus o da Mycoplasma
pneumoniae.
Chlamydiaceae
C. pneumoniae
Le prime dimostrazioni dell' esistenza di microrganismi oggi classificati in questa
specie, così come le prime segnalazioni circa un loro possibile ruolo nella patologia
acuta delle vie aeree, sono state effettuate a Taiwan, negli anni sessanta del secolo
scorso, e i relativi isolati sono rimasti per lungo tempo noti, fino agli anni ottanta,
come stipiti TWAR (Taiwan Acute Respiratory). Inquadrati nella specie C.
pneumoniae, se ne è riconosciuta l'appartenenza a un solo sierotipo e se ne è
confermato il ruolo nella eziopatogenesi di diverse affezioni comunitarie delle alte e
basse vie aeree, quali sinusiti, bronchiti o polmoniti interstiziali, queste ultime anche
ad andamento cronico, spesso coinvolgenti un solo lobo polmonare, in genere di
modesta gravità. Ne è stata altresì accertata la trasmissibilità per via aerea, da uomo
a uomo, e la larga circolazione in ambito umano con tendenza prevalente a dar
origine a forme infettive lievi o del tutto asintomatiche; in molte aree geografÌche il
50% degli individui adulti presenta positività sierologia indicativa di infezione
pregressa.
Chlamydiaceae
Da alcuni anni si vanno raccogliendo indicazioni sieroepidemiologiche su
un suo presunto ruolo nell'Alzheimer, nell'aterosclerosi e nella malattia
ischemica del miocardio. L’ipotesi, in particolare, di un coinvolgimento di
C. pneumoniae nelle due ultime affezioni sembrerebbe avvalorata dalla
dimostrata presenza di corpi elementari nell' endotelio coronarico, dalla
presenza di microrganismi vitali, o di loro antigeni o acidi nucleici, in
frammenti bioptici di placche ateromatose, nonché dalla capacità di C.
pneumoniae di moltiplicarsi in cellule muscolari lisce, in cellule endoteliali
delle coronarie e in macrofagi. La risposta infiammatoria a un'infezione
cronica, facilitata dalla possibilità che il microrganismo instauri persistenza,
sarebbe responsabile, in questi due casi, delle manifestazioni patologiche.
Chlamydiaceae
Per l'accertamento diagnostico delle infezioni da Chlamydia trachomatis, l'esame
colturale è considerato il gold standard. La sensibilità è condizionata dall'entità del
processo infettivo, dalla corretta raccolta del campione (secrezioni congiuritivali,
uretrali, cervicali ecc.), dalle modalità di trasporto al laboratorio (che deve avvenire
nel più breve tempo possibile e a freddo) e, infine, dall'impiego di adeguate tecniche
colturali. Le' risposte si hanno in tempi relativamente brevi (48-72 ore).
Altra modalità diagnostica, con sensibilità comparabile a quella dell'esame colturale, ancor più rapida nell' esecuzione, ma forse più dipendente dall' accuratezza
del prelievo, è la ricerca del DNA batterico direttamente condotta nel campione con
tecnica PCR o similare; in questo caso, come già detto, la sequenza bersaglio è quasi
sempre il plasmide criptico costantemente presente nei sierotipi più diffusi del
microrganismo.
Chlamydiaceae
Ulteriormente
utilizzabili, ma dotate di minore sensibilità, sono la ricerca
citologica delle inclusioni, la ricerca, nei campioni clinici, con tecniche ELISA o di
immunofluorescenza, della presenza di antigeni batterici (LPS o MOMP), e infine la
valutazione della risposta sierologica.
Minore rilievo ha l'esame colturale nella diagnosi delle infezioni da C. psittaci e
da C. pneumoniae. Questo è dovuto, nel primo caso, all'elevato rischio che la
manipolazione di C. psittaci comporterebbe per lo staff di laboratorio, e nel secondo,
per le difficoltà che C. pneumoniae mostra nell' adattarsi alla crescita in vitro.
Nelle infezioni sia da C. psittaci sia da C. pneumoniae, gli accertamenti diagnostici sono principalmente di tipo molecolare (amplificazione mediante PCR)
o sierologico, questi ultimi affidati alla dimostrazione di significativi movimenti
anticorpali o della presenza di IgM, nei confronti degli antigeni di clamidia gruppo- (LPS) o specie-specifici (MOMP); le tecniche più frequentemente utilizzate
sono le reazioni di fissazione del complemento e di immunofluorescenza.
Chlamydiaceae
Le tetracicline sono i farmaci di elezione per il trattamento delle
manifestazioni patologiche provocate dalle clamidie e le segnalazioni di
resistenze batteriche nei loro confronti sono rarissime. Sono anche
utilizzabili, quali farmaci di seconda scelta, i macrolidi (ad esempio nelle
donne gravide) e i chinoloni.
Per quanto concerne la prevenzione, essa può essere effettuata migliorando
le condizioni socio-economiche delle popolazioni (tracoma), stimolando la
messa in opera di adeguate misure di igiene personale e sessuale (infezioni
oculogenitali da C. trachomatis), (psittacosi), ricorrendo a trattamenti
chemioprofilattici (complicanze del tracoma, infezioni del neonato da C.
trachomatis.
Chlamydiaceae
Un'immunoprofilassi vaccinale sarebbe auspicabile per il
controllo del tracoma nei Paesi in via di sviluppo e potrebbe
trarre vantaggio dall'uso di preparazioni antigeniche purificate,
derivate ad esempio dalla MOMP
che, nel passato, hanno dato risultati deludenti, se non
addirittura negativi. L effettiva realizzabilità di un tale vaccino,
e l'opportunità stessa del suo eventuale impiego, richiedono
tuttavia l'acquisizione di ulteriori, significative conoscenze sul
ruolo protettivo, patogenetico, esercitato dall'immunità nel
corso delle infezioni da clamidie.
Legionella
• 1976 Filadelfia “malattia dei legionari".
• 34 specie diverse di legionella, 50 gruppi sierologici
• da materiali umani oltre una dozzina di specie diverse,
ma nell’85% dei casi :L.pneumophila (70-75%) e L.
micdadei.
• esigenti per la coltivazione (L-cisteina e sali di ferro)
bastoncini Gram-, aerobi, sottili e
pleomorfi, mobili per uno o più
flagelli polari o laterali
Legionelle
Parassiti intracellulari facoltativi, si
moltiplicano nei fagosomi dei monociti e dei
macrofagi alveolari e possiedono almeno
due fattori in grado di inibire l’attivazione
dei fagociti:
• Citotossina
• Fosfatasi (blocca la produzione di anione
superossido da parte dei neutrofili).
Legionella
ALTRI FATTORI DI VIRULENZA
proteina di superficie Mip (macrophage
infectivity potentiator)
enzimi proteolitici (fosfolipasi C, metalloproteasi) → danno cellule parassitate.
Studi sui meccanismi molecolari che governano le interazioni con
protozoi e fagociti (1)
Risoluzione del coiling: ???
Il fagosoma non si fonde con i lisosomi ma si circonda di
materiale derivante dal reticolo endoplasmatico rugoso
(fagosoma replicativo).
Nei protozoi prende il nome di: endosome maturation blocked
phagosome (EMB)
Nei fagociti prende il nome di: legionella specific phagosome
(LSP)
Edelstein and Cianciotto, PPID, 2005
Legionella
Forma matura
Forma replicativa
microbewiki.kenyon.edu
Legionella
Trasmissione: aerosol
No trasmissione interumana.
Probabilmente parassiti di amebe e protozoi ciliati
Legionelle
E' presente a basse concentrazioni negli
ambienti acquatici senza che ciò dia luogo ad
alcuna patologia (spesso non rilevabili
analiticamente).
Le patologie possono invece insorgere soltanto
quando il batterio prolifera e si porta a
concentrazioni elevate in sistemi idrici
artificiali che non siano adeguatamente
progettati, realizzati e mantenuti.
Legionella




Trasmissione: avviene per inalazione di batteri
presenti nell’aerosol prodotto da sistemi di
condizionamento o docce contaminati.
Provoca un processo infiltrativo lobare: polmonite
purulenta acuta.
Entra all’interno dei macrofagi e dei monociti per
fagocitosi: mentre l’attività dei vacuoli fagosomiali si
arresta, i batteri si replicano e lisano le cellule.
No trasmissione interumana.
Edelstein and Cianciotto, PPID, 2005
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Legionelle
SINDROMI CLINICHE
L’infezione asintomatica è frequente in tutti i gruppi d’età.
i fattori di rischio sono il fumo, bronchite cronica, enfisema,terapia
con steroidi, diabete mellito….
L. pneumophila (sierotipi 1 e 6): polmonite purulenta detta "malattia
dei legionari" spesso complicata da lesioni renali ed epatiche, può
presentare una mortalità elevata in assenza di pronto intervento
terapeutico.
forma febbrile simil-influenzale, con tendenza spontanea alla
guarigione, nota come "febbre di Pontiac“
ruolo essenziale svolto dalle condizioni immunitarie dell’ospite al
momento dell’infezione
Legionella
DIAGNOSI DI LABORATORIO
• Campioni: LP, BAL, frammenti bioptici
polmonari. sangue e urine
• Esame microscopico: Gram debole;
dimostrazione diretta nei campioni
clinici mediante IF (bassa sensibilità)
• Esame colturale: 3-5% CO2, 35ºC,
crescita lenta, colonie piccole (1-3 mm)
con aspetto di vetro smerigliato.
L’isolamento dall’espettorato è difficile
per la PMN
BCYE
Legionella
DIAGNOSI DI LABORATORIO
• Rivelazione antigenica: urine
• Test sierologici: ricerca di ab specifici mediante reazioni di
IF
un aumento del titolo anticorpale di 4 o più volte (fino a
128 o più) è considerato diagnostico.
Legionella
• TERAPIA

In vitro le Legionelle sono sensibili ad un
ampio spettro di farmaci antibatterici.

Per la loro localizzazione intracellulare, in
vivo sono sensibili a pochi farmaci:
MACROLIDI: azitromicina, claritromicina,
(eritromicina), rifampicina e alcuni
chinoloni (levofloxacina, ciprofloxacina)
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